I. L’Impero Romano nel IV secolo L’Impero Romano nel 378 era immenso, con confini che toccavano il deserto a sud, il fiume Tigri a est e il Danubio a nord. L’impero, alla vigilia delle invasioni barbariche, non era affatto in decadenza. Aveva due problemi insolvibili: le continue usurpazioni di generali che venivano acclamati imperatori dalla truppe, e le scorrerie dei barbari. L’impero, in questa fase, aveva degli aspetti totalitari che però funzionavano per l’epoca, avendo risollevato l’economia. L’impero era in trasformazione, Costantino ha fatto capire che la religione cristiana era la più adatta a garantire la felicità dei sudditi, e così concluse l’epoca delle persecuzioni. II. L’Impero e i barbari Al di fuori dei confini, i Romani, sapevano benissimo dell’esistenza di altri popoli, come i persiani a oriente. Ma negli altri confini i popoli non erano temibili come a oriente, a sud l’impero è protetto al deserto. A nord invece la frontiera è marcata da Reno e Danubio, oltre il quale si trovano i barbari più pericolosi, contro i quali i Romani ebbero molti problemi nei secoli precedenti. Al di là del Danubio però i popoli erano sconosciuti. Popolazioni come i Goti avevano cominciato a civilizzarsi, mantenendo le loro tradizioni nomadi. La paura dei Romani era data dal grandissimo numero di barbari oltreconfine, e l’unico modo peer contenerli era castigarli quando necessario. Ma allo stesso tempo, i barbari sono anche manodopera a basso costo che potevano essere sfruttati in quelle province dove lo spopolamento era abbondante. Le élite così scoprono che i barbari sono profughi in cerca di terra e lavoro e nascono uffici incaricati all’accoglienza. III. I Goti e Roma I Goti erano uno dei più importanti fra i popoli barbari. Noi sappiamo bene che sono un popolo germanico, e anche la somiglianza fisica era appartenente ai Germani, ma per i Romani non poteva venire in mente. Erano semplicemente considerati barbari, vivevano ai margini dell’Impero venendo influenzati dal contatto con Roma, sapendo dell’esistenza di quella civiltà ricchissima oltre il confine danubiano. Sapevano di non doversi inimicare Roma che, nonostante l’imponente impero da difendere, prima o poi reagiva. Prima della battaglia di Adrianopoli, i capi gotici avevano raggiunto accordi con l’Impero Romano che gli forniva sussidi per sopravvivere. Gli stessi sussidi che facevano da stipendio anche per l’esercito. I Goti senza rendersene conto erano diventati dipendenti dall’impero, al punto di rischiare di non riuscire a sopravvivere se i Romani avessero sospeso i pagamenti. I barbari addirittura cominciarono a convertirsi al cristianesimo. Tra i più importanti Goti cristiani abbiamo Ulfila, di cui abbiamo il famoso Codex Argenteus, che ci consente di conoscere la lingua gotica. All’epoca il cristianesimo non si era ancora definito, solo in un secondo momento trionfò la corrente chiamata “cattolica”, fino ad allora si poteva anche uccidere avendo un’opinione diversa. I Goti ebbero problemi con i loro stessi connazionali, poiché molti capitribù non ammettevano un’altra religione. I Goti mantenevano buoni rapporti con i Romani, che però si guastarono con la fine della dinastia di Costantino. Con l’ascesa di Valentiniano, imperatore d’Occidente, e Valente, imperatore d’Oriente, assistiamo all’entrata in scena dei personaggi principali della storia di Adrianopoli. Valente era un fanatico religioso che perseguitò i cattolici e portò la società a lacerarsi per questioni religiose. Ebbe problemi anche sul fronte dei Goti, che in seguito a una ribellione da parte di Procopio, generale romano, contro Valente, avevano appoggiato il primo per poi infrangere i patti con Roma e perdere i sussidi. Il modo concreto in cui i Goti potevano far parte dell’Impero è la necessità, da parte di Valente, di mercenari. IV. L’emergenza del 376 Nell’autunno del 376 si diffusero notizie inquietanti. Si diceva che i barbari del Nord si fossero messi in movimento. Le notizie erano diffuse sottovoce, poiché la diffusione delle notizie era controllata dalla propaganda ufficiale. Valente e i suoi consiglieri però, non erano per niente preoccupati. Dalle steppe asiatiche era uscito un nuovo popolo, gli Unni, le cui poche informazioni erano terribili. Lo storico Ammiano Marcellino li paragonava agli animali, considerandoli senza ragione. Il nomadismo degli Unni li rendeva, agli occhi dei Romani, un nemico temibile. Gli stessi Goti erano terrorizzati dagli Unni, ma non ne sapevano nulla neanche loro, le loro uniche credenze sull’origine degli Unni erano basate su delle leggende. I Goti si sentirono costretti a fuggire in quella terra ricca e dov’era facile trovare lavoro che era l’Impero. E l’Impero aveva bisogno di manodopera, contadini abituati al lavoro nei campi e soprattutto di uomini da reclutare, giovani e nel pieno delle forze. I Goti cominciarono ad ammassarsi sulla riva del Danubio, e dall’altra parte li aspettavano i Romani che li avrebbero accolti e sostenuti con case e lavoro. Lo storico Eunapio racconta che alcuni gruppi di Goti tentarono di attraversare il fiume clandestinamente e l’imperatore finse di non rendersene conto per poter raccogliere ancora più velocemente questa manodopera. Il trasbordo dei Goti avvenne nella più completa confusione e sulla riva arrivavano sempre più profughi in ondate sempre maggiori, al punto che le operazioni furono interrotte, il fiume pattugliato per evitare sbarchi clandestini ed i convogli avviati lungo le strade. Il trasferimento fu tesissimo, i soldati romani erano diffidenti e li controllavano a vista, e i rifugiati erano in parte armati ed esasperati dal trattamento riservatogli. I convogli arrivarono alle porte di Marcianopoli, nell’attuale Bulgaria, dove furono accolti in un clima di diffidenza da parte della popolazione e nulla di pronto per l’accoglienza dei profughi. Vennero accolti i capitribù gotici dal conte Lupicino, e mentre banchettavano, all’esterno delle mura cominciava la ribellione dei Goti contro i soldati romani e, ormai infranto dai Romani il fatto accordato con i Goti, iniziò la guerra. V. Lo scoppio della guerra La ribellione dei Goti si abbatté come una catastrofe. I soldati Romani erano circa cinquemila ben armati, mentre i Goti erano scappati dalla fame e mal equipaggiati, ma in numero molto alto. L’attacco dei Goti fu talmente violento che lo schieramento romano rinculò e si sfasciò. In seguito alla sedizione dei Goti ci si chiedeva cosa avrebbero fatto queste popolazioni. Molte di queste popolazioni si stabilirono oltre i monti dell’Anatolia. Chiaramente le autorità di Adrianopoli non accettavano la presenza di quelle bande che avevano la tendenza a saccheggiare. Le popolazioni furono indirizzate a raggiungere il resto delle bande in Mesopotamia, ma a causa dell’incompetenza e della malafede di un magistrato romano, che gli negò le vettovaglie necessarie al viaggio, i Goti furono aggrediti dalla popolazione e in seguito caricarono la folla uccidendo molti civili. Questo portò a una voglia di vendetta contro una popolazione ingrata ed avviarono una serie di scorrerie nei pressi di Adrianopoli.