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12/04 storia antica

Iniziamo con la parte dedicata a storia romana e iniziamo col chiarire che la storia di Roma è una storia
diversa rispetto a quella Greca, perché noi abbiamo parlato all’inizio di quanto sia difficile inquadrare i greci
in un’unica accezione. Infatti, non abbiamo parlato di storia greca, ma abbiamo parlato di storia dei greci e
studiando questa parte ci siamo resi conto come spesso i greci siano venuti in contrasto fra di loro; quindi, a
volte abbiamo incontrato una società completamente differente, 2 concezioni del modo di intendere la
città, la città-stato in maniera completamente diversa. Questo non si può dire sicuramente per Roma,
perché per quanto riguarda Roma noi abbiamo la storia di una città che partendo dalle origini arriva fino al
476 d.C. a estendere la sua potenza e il suo dominio in tutto il Mediterraneo. Quindi, parliamo di una città
che poi divenne padrona incontrastata della storia del mediterraneo per molti secoli, fino al V secolo.

La storia romana - quadro


storico

* Le origini e l’età
monarchica (753 a.C. – 509
a.C.)

* L’età repubblicana (509-31


a.C.)
Età monarchica significa la fase dei re di Roma, famosissimi re di Roma
* L’età imperiale (31 a.C. – che ormai tutti conosciamo e che vedremo più nello specifico.
476 d.C.)
Età repubblicana cioè l’età che ha caratterizzato maggiormente Roma in
quanto repubblica, ovvero la cosa pubblica e come Roma ha gestito la repubblica ha influenzato la storia
dell’uomo.

Età imperiale è nel momento in cui il potere cessa di essere gestito dal senato e dal popolo di Roma e passa
nelle mani di una figura che si pone al di sopra o che collabora con il senato e con il popolo, quindi con un
imperatore (da Augusto in poi fino ad arrivare all’ultimo imperatore di Roma che si chiama Romolo
Augustolo, un ragazzetto che posto da un generale barbaro Odoacre e da quel momento in poi finisce la
storia dell’Impero romano d’Occidente (invece quello d’Oriente è continuato ancora fino al XV secolo d.C.).

Noi ci soffermeremo maggiormente sull’età monarchica e sull’età repubblicana.

Ora iniziamo a vedere le origini di Roma e principalmente il mito attorno alla fondazione di Roma, perché
noi dati storici attendibili, sicuri, certi, sulla fondazione di Roma non ne abbiamo. Dobbiamo fare un po’ una
crasi fra il mito, ciò quello che ci viene raccontato e anche le informazioni archeologiche, che abbiamo in
merito alla fondazione di Roma.

Un primo problema per quanto riguarda le origini di Roma è dovuto al fatto che tutte le informazioni
storiografiche sulla fondazione di Roma sono informazioni molto tarde; infatti, i due principali storici che ci
parlano della fondazione di Roma sono Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso, che vivono: Tito Livio a cavallo tra
I secolo a.C. e I secolo d.C. e Dionigi di Alicarnasso anche, è uno storico del I secolo a.C.). Quindi, rispetto
alla fondazione di Roma che è avvenuta nell’ VIII secolo a.C. abbiamo uno scarto di 8 secoli; questi storici ci
raccontano una cosa che è avvenuta secoli prima di loro e in più ad un certo punto della storia di Roma c’è
stata una distruzione degli edifici dei palazzi relativi agli archivi. Loro lavorano anche su fonti che partono
da un certo punto in poi dal IV secolo in poi. Quindi, loro scrivono tardi e lavorano su fonti che anch’esse
sono tarde, non lavorano su fonti contemporanee dell’epoca. Un altro problema è che di entrambi gli
storici abbiamo pezzettini di opere (problema dell’esiguità dei documenti). Ad esempio, Tito Livio ha scritto
un’opera monumentale che si chiama Ab Urbe Condita, dalla fondazione della città di Roma, che era di 142
libri e a noi ne restano pochissimi, ne restano una trentina su per giù. Anche di Dionigi di Alicarnasso è
andato perduto molto; su una ventina di libri ne resta su per giù la metà.

Per quanto riguarda la data della fondazione di Roma, all’inizio erano state proposte due date; la prima
dell’814 a.C. è una data che poi è stata scartata, non è stata accettata come reale, proposta da uno storico
che voleva mettere in collegamento la data della fondazione di Roma con la data della fondazione di
un’altra città sua eterna nemica, Cartagine. Quindi, era troppo palese dire due città che poi sono diventate
nemiche che guarda caso sono nate nello stesso anno, era voler far coincidere troppo le cose. Quella che
adesso trova la sua attendibilità è quella del 753 a.C. fra la notte del 20 e del 21 aprile. Ma qual è la storia
del mito di Roma? Tutto è collegato in fondo all’arrivo di Enea sulle coste del Lazio; l’Eneide di Virgilio era il
racconto di questo giovane, Enea, che fugge da Troia in fiamme e ha in qualche modo il compito di fondare
una nuova città, cioè è quasi una missione. Per puro caso, Enea si innamora della regina Didone che stava
fondando Cartagine, ma poi la lascia perché sente l’obbligo di dover compiere un altro destino e Didone si
uccide e lancia quest’eterna maledizione fra le due città che Cartagine e Roma saranno per sempre
nemiche.

Questa è la statua a Villa Borghese del Bernini


di Enea che si porta sulle spalle il padre, il
figlioletto Ascanio e anche le statuette dei
penati. Enea è proprio il simbolo della pietas
romana, cioè il rispetto delle tradizioni, il
proprio passato, ciò che si eredita, il rispetto
verso la tradizione, il padre, la famiglia e anche
il rispetto verso la religione perché si portano
anche le statuette delle divinità familiari che
stavano adorando. Quindi, Enea incarna
pienamente le virtù romane di pietas, infatti,
viene chiamato anche da Virgilio stesso il pius
Enea, il pius per eccellenza.
Secondo la tradizione la storia inizia con Enea. Molte storie, molte fondazioni di popoli antichi sono nate
con questi eroi che fuggono da Troia in fiamme. Enea fugge dal Lazio, incontra Didone e lì nasce il problema
fra di loro, poi finalmente Enea giunge sulle coste del Lazio e lì ci sono dei problemi.

Livio mette in discussione il fatto che è veramente il figlio di Enea e di Lavinia. A volte si dice che questo
bambino sia figlio di Enea e di Lavinia, altre volte si dice che Enea se lo porta già da Troia. Da questo
bambino, Ascanio, detto poi Iulo, inizia la cosiddetta gens Silvia; cioè Ascanio ha un figlio, Silvio, e da questo
bambino inizia la cosiddetta dinastia Silvia, che regna sulla città di Alba Longa (questa città si trova nella
zona del lago Albano, vicino Roma).

Alla morte di Enea, il figlio Ascanio non era ancora maturo per comandare, tuttavia il potere rimase intatto
finché egli non ebbe raggiunto la pubertà. Nell’intervallo di tempo, lo Stato latino e il regno che il ragazzo
aveva ereditato dal padre e dagli avi gli vennero conservati sotto la tutela della madre Lavinia (moglie di
Enea). Questo Ascanio sia se la madre era Lavinia oppure se era la moglie di Enea ancora prima, in ogni caso
era figlio di Enea. Dal momento che la popolazione di Lavinio era in eccesso, lasciò alla madre o alla
matrigna la città ricca e fiorente e ne fondò una nuova, per conto suo, sotto il monte Albano che, dalla sua
posizione allungata nel senso della dorsale montana, fu chiamata Alba Longa.

(quadro della situazione: abbiamo Enea che fugge da Troia in fiamme, giunge sulle coste del Lazio, incontra
la popolazione dei latini guidata dal re latino che dà in moglie sua figlia ad Enea; da questa rela

zione o da quella precedente di Enea con la moglie troiana nasce questo figlio, Ascanio, che alla morte del
padre eredita il potere e fonda poi una nuova città, Alba Longa; poi si sposa, ha un figlio di nome Silvio, da
cui inizia questa discendenza che regna sulla città di Alba Longa.)

Perché è importante questa dinastia? Da questa dinastia arriviamo poi a due grandi importanti personaggi
che si chiamano Numitore e Amulio, due fratelli (stiamo parlando sempre della dinastia Silvia). Il primo,
Numitore, era illegittimo erede al trono di Alba Longa, ma il fratello, Amulio, lo estromette, gli toglie il
potere e fa uccidere i figli maschi di Numitore, perché così non potevano prendere poi il posto del padre e
la dea del fuoco fa diventare sacerdotessa vestale (sacerdotessa di vesta) la figlia di Numitore, Rea Silvia,
che è la mamma dei due gemelli: Romolo e Remo. Cosa succede una volta che Amulio usurpa il trono? Livio
lancia dei segnali perché già sa, scrive nel I secolo a.C., quindi è già a conoscenza di quello che è avvenuto.
Credo che rientrassero in un disegno del destino tanto la nascita di una simile città quanto l’inizio della più
grande potenza del mondo dopo quella degli dèi (sta parlando della Roma del I secolo). La vestale cioè
questa giovane ragazza Rea Silvia, vittima di uno stupro, diede alla luce due gemelli; sia che fosse in buona
fede, sia che intendesse rendere meno turpe la propria colpa attribuendone la responsabilità a un dio,
dichiarò Marte padre della prole sospetta. Quindi, Rea Silvia dice che il padre di questi due gemelli è il dio
Marte; ma né gli dèi né gli uomini riescono a sottrarre lei e i figli alla crudeltà del re, lo zio Amulio, il quale
dà l’ordine di arrestare e incatenare la sacerdotessa e di buttare i due neonati nella corrente del fiume. Poi
c’è tutta la storia in merito a dove viene buttata questa cesta con questi due fanciulli, che ricorda tanto
anche altre ceste di altre civiltà, di altre popolazioni; ad esempio, gli ebrei con Mosè, lui viene gettato in
una cesta.

Comunque, gettano questi due bambini nella corrente del fiume Tevere. Tuttora è viva la tradizione orale,
secondo la quale quando l’acqua bassa lasciò in secco la cesta galleggiante nella quale erano stati
abbandonati i bambini, una lupa assetata proveniente dai monti dei dintorni deviò la sua corsa in direzione
del loro vagito e accucciata offrì loro il suo latte con una tale dolcezza che il pastore capo del gregge (pare si
chiamasse Faustolo) la trovò intenta a leccare i due neonati. Faustolo poi, tornato alle stalle, li diede alla
moglie Larenzia, affinché li allevasse

. C’è anche chi crede che, questa Larenzia i pastori la chiamassero lupa perché si prostituiva: da ciò lo
spunto di questo racconto prodigioso.

Quindi, abbiamo fatto un po’ il quadro di questi due gemelli, figli di questa donna, di questa giovane
ragazza Rea Silvia; quando lo zio Amulio scopre questa cosa arresta e fa incatenare la nipote e butta questi
bambini nel Tevere, che però vengono secondo alcuni trovati da una lupa, proprio un animale in carne ed
ossa (ecco perché adesso il simbolo di Roma è questa lupa che allatta i gemelli) e poi vengono trovati da
questo pastore Faustolo che li dà alla moglie Larenzia, oppure c’è anche qualcuno che dice che vengono
allevati da una lupa che i pastori chiamavano cosi la moglie di Faustolo perché era una prostituta. Fatto sta
che, comunque questi fanciulli, o da una lupa umana o da una lupa animale, vengono cresciuti da questo
pastore e dalla moglie. I due fanciulli scoprono poi di avere delle origini regali, erano i nipoti del legittimo re
di Alba Longa, Numitore. Quando lo scoprono danno il via ad una ribellione contro lo zio Amulio e
ristabiliscono sul trono il nonno Numitore, quindi, vincono la guerra, stabiliscono di nuovo sul trono il
nonno (il legittimo re di Alba Longo) e a loro spetta fondare un’altra città, Roma.

Così, affidata Alba Longa a Numitore; Romolo e Remo furono presi dal desiderio di fondare una città in quei
luoghi in cui erano stati esposti ed allevati. (Quindi, siamo nella zona del Palatino.) Inoltre, la popolazione di
albani e latini era in eccesso e a questi si erano anche aggiunti i pastori.

Tutti insieme, certamente nutrivano la speranza che Alba Longa e Lavinio sarebbero state piccole nei
confronti della città che stava per essere fondata. (Anche qui Livio dà un’anticipazione di una cosa che già
sa; quindi, le speranze di questi uomini non sono speranze reali. Romolo e Remo nel momento in cui
fondano la città non sanno già che diventerà grande, è Livio che già sa e lo scrive, questa è la coloritura
dello storico.)

Su questi progetti poi si innestò un tarlo ereditato dagli avi, cioè la sete di potere, e da lì nacque la contesa
fatale dopo un inizio abbastanza tranquillo. Siccome erano gemelli e il rispetto per la primogenitura non
poteva funzionare come criterio elettivo, toccava agli dèi che proteggevano quei luoghi indicare, attraverso
gli auspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione.
L’ auspicio era una pratica antica religiosa, che quasi sicuramente i romani ereditano dagli etruschi, e
consisteva nel guardare, osservare, gli uccelli e il volo degli uccelli. (Spicio, il verbo latino, significa guardare,
da cui deriva anche specchio.) Quindi, osservando il volo degli uccelli si poteva capire se la divinità era
favorevole o meno, affinché si facesse qualcosa. Anche qui torna forte il legame tra religione e atto politico.
Quindi, prima di compiere un atto politico, come la fondazione di una città, è fondamentale consultare il
favore della divinità, attraverso questa pratica dell’osservare il volo degli uccelli e capire che cosa la divinità
stesse dicendo. Così, per interpretare i segni augurali Romolo scelse il Palatino e Remo l’Aventino, che sono
due dei famosissimi colli di Roma. Si mettono tutti e due ad osservare, per vedere la divinità che segni
mandava. Remo vede per primo sei uccelli, sei avvoltoi; Romolo, invece, vede dopo di Remo dodici avvoltoi,
quindi, ne ha visti di più. Adesso che cosa vale ai fini del favore della divinità: chi ha visto per primo meno
uccelli o chi ha visto dopo più uccelli? Quindi, ne nasce una discussione e dal rabbioso scontro a parole si
passò al sangue; Remo, colpito nella mischia, cadde a terra. L’omicidio (assassinio) di Remo è famosissimo
nella storia della fondazione di Roma. C’è anche un’altra versione, più nota, secondo la quale Remo per
prendere in giro il fratello avrebbe scavalcato le mura appena erette e quindi Romolo, al colmo dell’ira,
l’avrebbe ammazzato aggiungendo queste parole di sfida: ‘così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi
scavalcare le mie mura’. In questo modo, Romolo s’impossessò da solo del potere e la città appena fondata
prese il nome del suo fondatore, Roma, perché fondata da Romolo. Questo è il mito, che più o meno tutti
conosciamo, attorno alla fondazione di Roma.

Naturalmente, non si può prendere per vero, per certo, per sicuro, questo mito; ci sono degli elementi che
sconfinano nel fantasioso, nel fantastico, che poi ritornano anche in altri racconti di altre civiltà (es. il fatto
di mettere i bambini nella cesta). Questi elementi ci fanno capire che per questi racconti mitici si segue una
sorta di ‘vademecum’. Questo è il mito della fondazione di Roma, tuttavia c’è anche una realtà storica
dietro questo mito, che è una realtà meno fantasiosa, meno affascinante, ma che può appoggiare su alcuni
elementi.

(Quando parliamo di date, 753, che Varrone propone la data del 753, lui non dice 753 a.C., perché non
poteva pensare in un avanti e dopo Cristo, dal momento che è nato prima di Cristo; quindi, non ha idea di
chi sia Cristo. Noi utilizziamo questo sistema di avanti e dopo Cristo; Varrone utilizza un altro sistema,
utilizza il suo sistema di datazione, che poi è stato ricavato con un processo deduttivo da parte degli storici
moderni.)

Quindi, abbiamo questo mito: Romolo che fonda la città di Roma e dà il suo nome a questa città; in realtà,
può essere più vero il contrario, cioè che Roma prende questo nome e poi per un processo a ritroso si
inventa un fondatore che, guarda caso, ha il suo stesso nome. Come ad esempio: il popolo barbaro dei
Franchi si inventa che ha questo fondatore di nome Francone.

La tradizione mitica è che Roma prenda il nome dal suo fondatore, Romolo; invece, è più probabile il
contrario, cioè che Roma si sia chiamata Roma e che poi la tradizione le abbia appioppato questo fondatore
di nome Romolo. Quindi, se Roma non deriva da Romolo, perché Roma si chiama Roma? Ci sono anche qui
le più varie ipotesi, non lo possiamo sapere con certezza. Qualcuno dice che Roma derivi da un nome antico
che significa mammella, in riferimento ai colli, a questa forma del colle che assomiglia ad una mammella.
Qualcuno, invece, dice che prende il nome dall’antico nome del Tevere, Rumon e poi Roma. Le teorie sono
varie e una certezza non ce l’avremmo mai. L’unica certezza che sicuramente abbiamo è che questo
processo, di cui parlavamo, è un processo all’inverso, cioè che chi fonda Roma da questo nome a questa
città per i motivi più vari e poi si inventano questa tradizione di questo giovane che, guarda caso, aveva
questo nome.

Quale può essere la realtà attorno alla fondazione di Roma? Di sicuro possiamo parlare di un sinecismo,
cioè di un’unione di più villaggi, che erano sparsi evidentemente nella zona attorno ai colli e che in qualche
modo questi villaggi si uniscono e fondano una città più grande.
Quindi, quasi sicuramente Roma nasce da un frutto di aggregazione, di sinecismo, di villaggi che erano
sparsi in quella zona e che poi fondano una città più forte, perché quella zona necessitava di un controllo
maggiore. Quando si dice l’unione fa la forza, quindi, questi villaggetti sparsi si uniscono, fondano una città
più grande per controllare meglio quella zona: dell’Isola Tiberina (a Trastevere), nella zona Campidoglio,
dove c’è il comune di Roma, poi c’è la zona del Palatino.

Dove nasce Roma? I primi muri sono sicuramente sulla zona del Palatino e quindi, si sviluppa
principalmente attorno a questa zona del Palatino. Perché nasce proprio in questa zona? (sul Palatino, nella
zona abbastanza vicina all’Isola Tiberina).

Sicuramente è stata proposta e probabilmente e questo è un momento del fiume dove l’Isola Tiberina
spezza un po’ anche la corrente del fiume, la rende meno impetuosa e, quindi, più navigabile, più
maneggevole, più gestibile anche il tratto del fiume. Siamo in una zona, tutto sommato, molto fertile, molto
adatta alla nascita di una città. Quindi, Roma nasce lì, un po’ quasi sicuramente per la bella presenza del
fiume Tevere. L’unione delle civiltà, delle città antiche, tra fiumi e città è un’unione feconda che trova; tante
città nell’antichità sono sorte presso fiumi, naturalmente. Quindi, è una zona molto fertile, con una bella
presenza di acqua e anche di acqua facilmente gestibile, perché c’è l’Isola Tiberina; da questa zona poi
passava anche quella che poi solitamente anche noi conosciamo come Via Salaria, che adesso è una statale.
Che cos’era la Via Salaria e perché si chiama così? Banalmente è la via che veniva utilizzata dai pastori, dagli
allevatori, per il commercio e anche l’acquisizione del sale; si prendeva il sale dalle saline della zona anche
di Ostia, ci sono anche lì vecchie saline, che forse adesso non ci sono più. Poi si andava anche nella zona
dell’interno degli Appennini, dove le comunità di pastori vivevano e quindi, il sale era essenziale per la
conservazione degli alimenti; finché non è stato inventato il frigorifero, l’essiccazione e anche il fatto di
salare i cibi era l’unico metodo di conservazione. Quindi, nasce in una zona di passaggio, anche molto
importante, dalle saline fino all’interno degli Appennini e ben oltre. Perché Roma nasce proprio lì? Perché è
una zona estremamente favorevole alla nascita e allo sviluppo di una città. Anche la stessa via Salaria ebbe
un’importanza grandissima nella storia di Roma; sono state combattute anche importanti guerre per il
controllo della via salaria, perché controllare il commercio del sale significava controllare una grossa fetta di
commercio dell’antichità. I nostri Stati adesso cercano di controllare altre importanti vie, altri importanti
luoghi, mi vengono in mente: produzione di petrolio, di oppio, oppiacei vari, di droga, ecc..; questi sono
diventati i luoghi che sono importanti da controllare adesso, invece, nell’antichità era più importante
controllare le vie legate al commercio sale.

Quindi, Roma nasce proprio lì fondata da questo mitico Romolo, che dà l’avvio poi a questa lunga tradizione
dei famosissimi 7 re di Roma. Naturalmente non possono essere sette, perché il numero sette ritorna anche
nel fatto dei sette colli, quindi, è un numero simbolico, già legato alla storia di Roma. Poi non possono
essere sette perché dalla fondazione di Roma fino alla nascita della Repubblica sono 250 anni circa, perché
la Repubblica inizia nel 509 a.C., quindi, siamo dal 753 al 509 a.C. Quindi abbiamo sette re per 250 anni, con
un’aspettativa di vita media molto alta per l’epoca, almeno una trentina d’anni a re, visto che i re erano a
carica vitalizia naturalmente. La tradizione ci ha tramandato i nomi di questi 7 re di Roma che, non sono
sette, ma sicuramente sono molti di più; sappiamo anche i nomi di questi re, ad ognuno è stata associata
qualcosa. Ad esempio, abbiamo Romolo, che è il fondatore, colui che per primo ha fondato la città e le ha
dato anche le sue prime istituzioni politiche; poi, ci sono gli altri 3, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco
Marcio. Anche a loro, la tradizione associa delle cose, cioè ognuno di loro diventa rappresentativo di
qualcosa. Ad esempio, Numa Pompilio è rappresentativo del potere religioso, della religione, perché
avrebbe dato a Roma le prime istituzioni religiose. Gli altri due sono i re del potere militare, rappresentano
il potere militare, con le grandi conquiste di Roma oltre Roma stessa. Ad esempio, Tullo Ostilio, secondo la
tradizione, avrebbe conquistato e distrutto la città di Alba Longa (quella città di cui parlavamo prima). Gli
ultimi 3 sono i re etruschi: Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo. Anche a loro vengono
associate delle cose. Quini, la tradizione fa risalire ad esempio, a Tarquinio Prisco un momento molto
florido economicamente, lui avrebbe reso Roma una città più bella e più funzionale (più ‘moderna’),
l’avrebbe dotata, ad esempio, di una fogna: la cloaca massima, avrebbe fatto pavimentare il Foro Boario,
cioè la zona del mercato degli animali, del commercio degli animali; e, secondo la tradizione, Servio Tullio
l’avrebbe fatta pavimentare, l’avrebbe resa più agibile, perché spesso e volentieri era molto vicina alla zona
del Tevere ed era facilmente soggetta ad allagamenti; avrebbe costruito un Tempio a Giove sul
Campidoglio. Quindi, ad ognuna di queste figure è associata qualcosa, che avrebbero fatto/compiuto, ma
che probabilmente sono cose che state fatte, non da una persona singola, ma che poi sono state fatte come
processi che sono avvenute nel corso del tempo e che poi sono state associate a qualcuno.

Abbiamo un numero sette, che come dicevamo prima, è un numero simbolico che non può essere accettato
così, tout court (senza essere accompagnato dai necessari chiarimenti) e poi abbiamo questi re che in realtà
rappresentano una tipizzazione di qualcosa; ad ognuno è associata una tipizzazione: potere legislativo,
religioso, militare. Quello più interessante sicuramente, su cui la tradizione si è concentrata molto di più, è
Servio Tullio.

Ora vediamo come, secondo la tradizione, Romolo una volta fondata la città, avrebbe dotato Roma di
istituzioni politiche. Romolo è il fondatore, nonché il primo che l’ha dotata di istituzioni politiche. A cavallo
tra la fondazione della città e questa cosa, c’è un altro fatto: il famosissimo ratto delle Sabine. Che vuol
dire? I Romani fondano questa città e banalmente hanno bisogno di donne e vanno dai Sabini, con una
scusa rimangono lì e ad un certo punto rapiscono queste giovani fanciulle sabine, se le portano a casa, le
sposano. Poi da questa cosa, da questa offesa anche, nasce la lotta tra i romani e i sabini, che poi viene
interrotta da queste giovani fanciulle che non volevano perdere né i loro mariti né i loro padri. Anche il
ratto delle Sabine è un’altra di quella cosa tipicamente mitologica.

Vediamo cosa dice Livio in merito a come Romolo gestisce il potere, cioè quali istituzioni crea, una volta che
è re.

A una guerra così catastrofica seguì improvvisamente un felice periodo di pace che rese le donne sabine più
gradite ai loro mariti e ai loro genitori, ma, sopra tutti, a Romolo stesso. Così, quando questi divise la
popolazione in trenta curie e diede ad esse il nome delle donne. Senza dubbio il loro numero era in qualche
modo superiore: la tradizione non ci informa se fu l’età, la loro classe sociale o quella dei loro mariti,
oppure un’estrazione a sorte il criterio utilizzato per stabilire quali dovessero dare il nome alle curie. Nello
stesso periodo vennero formate tre centurie di cavalieri. Ramnensi e Tiziensi devono i loro nomi a Romolo e
a Tito Tazio; quanto invece ai Luceri, nome e origini sono poco chiari. Di lì in poi, i due sovrani regnarono
non solo in comune, ma anche in perfetto accordo.

Che informazioni possiamo ricavare da questo pezzo di Livio? Per prima cosa ricaviamo un’informazione
preziosa: che insieme a Romolo governa un certo Tito Tazio (già da 7 re siamo arrivati ad 8). Tito Tazio,
anche lui era sabino. Questi due sovrani governano non solo in comune, ma anche in perfetto accordo;
quindi, abbiamo bene due re, Romolo e Tito Tazio (durante questa prima fase). Altra informazione preziosa:
che Romolo divide la popolazione in 3 tribù (la tribù è un’unione di uomini), che si chiamavano: Ramnensi
che deve il suo nome a Romolo ed è di origine latina, Tiziensi che deve il suo nome a Tito Tazio ed è di
origine sabina e un’altra tribù si chiamava i Luceri, che dice Livio: le origini e nome sono poco chiare;
qualcuno ha proposto che questo nome Luceri derivasse da un re etrusco, che si chiamava Lucumone.
Quindi, abbiamo una città, la cui popolazione è divisa in tre tribù, ognuna di queste di un’origine diversa, da
una parte i latini, da una parte i sabini, da una parte gli etruschi. Poi, nello stesso periodo vengono formate
3 centurie di cavalieri (chi sono i cavalieri? Banalmente sono quelli che vanno a cavallo), che all’interno di
un esercito sono anche una parte importante e solitamente sono cavalieri quelle persone più ricche, perché
mantenere un cavallo non era semplice. 3 centurie di cavalieri quindi circa 300 uomini (una centuria è
l’unione di cento uomini). Abbiamo trecento uomini cavalieri, quindi tra i più ricchi, che avevano la
possibilità durante le guerre di combattere a cavallo e poi divide la popolazione in trenta curie a cui dà il
nome di queste donne sabine. Cos’è una curia? Adesso il termine curia lo associamo alla Chiesa (che prende
il suo nome anche da questo), banalmente il termine curia forse qualcuno ha proposto che significa ‘unione
di uomini’ da cum viri e sulla base di queste trenta curie si divide la popolazione; abbiamo un totale di circa
10 curie a tribù, quindi, 30 curie. Abbiamo 3000 uomini e 300 cavalieri. Il numero all’interno di queste curie,
il numero all’interno della centuria, varia. La curia all’inizio è un’unione di 100 uomini ma poi passerà ad
avere numero imprecisato; nasce come centuria, come cento uomini, ma poi il numero varia nel tempo e
anche di molto.

Che cosa facevano queste curie? Queste curie banalmente formavano l’assemblea popolare. I Comizi
curiati erano la più antica e la prima assemblea popolare a Roma. È molto probabile che le assemblee
popolari investivano il re del comando militare, cioè dell’imperium (l’imperium è il comando militare).
Infatti, c’è una legge che interessa soprattutto l’età repubblicana, che si chiama lex curiata de imperio, cioè
la legge dei comizi curiati sul comando militare. Quindi, l’assemblea popolare aveva banalmente il compito
di investire il re del comando militare, approvare o esprimere dissenso anche nei confronti delle proposte
formulate dal re e anche approvare la designazione di un nuovo re dopo la morte del suo predecessore
(approvare non eleggere il nuovo re).

Chi è che sceglieva il nuovo re alla morte del re? Lo sceglieva il senato. Che cos’era il senato? Il senato con
Romolo era formato da 100 uomini, i più anziani, ecco perché senato deriva dal latino ‘senex’, cioè vecchio,
anziano. Con Romolo era formato da 100 anziani, che facevano parte del consiglio del re, consigliavano il re,
erano i cosiddetti ‘patres’ e quando moriva il re era compito del senato nominare un inter-rex, cioè una
persona che prendeva il potere a turno fra i senatori nell’attesa che si scegliesse il nuovo re, che poi doveva
essere anche approvato dalle assemblee popolari. Quindi, i 100 uomini più anziani sceglievano questo re,
anche se poi nel mito qualcuno non è stato scelto così, però in teoria doveva essere scelto dal senato. Che
funzione aveva questo re nell’età monarchica? Naturalmente aveva funzioni religiose; ogni figura che ha un
potere politico a Roma è legata in qualche modo anche ad una sorta di investitura religiosa. Il re era
l’intermediario fra la popolazione, i suoi cittadini e la divinità e naturalmente aveva anche le funzioni
militari, il cosiddetto imperium, che in qualche modo gli veniva affidato, concesso, dai famosi comizi curiati,
che erano loro, era l’assemblea popolare che investiva il re dei poteri militari. Questa più che essere una
caratteristica dell’età monarchica a Roma, è una caratteristica dell’età repubblicana che poi vedremo.
(prende il potere non suona tanto bene, perché non se lo prende con la forza, ma c’è sempre dietro in
qualche modo una decisione di un’assemblea, consapevole o meno, che da il re il potere a qualcuno, glielo
concede questo imperium. Quindi, l’imperium aveva funzioni militari, che gli veniva in qualche modo, non si
sa bene come (sono ipotesi), riconosciuto dall’assemblea popolare, dai comizi curiati e poi naturalmente
aveva anche altri poteri, come quello giudiziario, principalmente anche decidere di questioni giudiziarie in
merito all’esercito (se qualcuno scappava, se qualcuno tradiva. Era il re quindi una carica elettiva, si veniva
scelti re, non si diventava re perché figli di … e durava naturalmente a vita.

Quindi, queste erano le strutture politiche della Roma monarchica; abbiamo questo re che in qualche modo
viene scelto dal senato e poi approvato dal popolo, che ha:

- funzioni principalmente religiose, dunque, è l’intermediario tra la popolazione (la città) e la


divinità,
- funzioni militari, quindi, è il capo dell’esercito
- poteri giudiziari

Poi abbiamo il senato e il popolo di Roma, che accompagnano e sono elementi essenziali della città di
Roma; ecco perché la città di Roma ha la sigla s.p.q.r. senatus populusque romanus, che significa il senato e
il popolo di Roma che restano, per l’età repubblicana, le due figure principali su cui si poggia la politica
romana (senato e popolo).

Tuttavia, abbiamo detto prima che, era importante soffermarsi un attimo su Servio Tullio, il sesto re di
Roma (stando al numero canonico), anche lui appartenente al rame etrusco.
16.20

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