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Russo
Storia Romana
Università degli Studi di Milano
118 pag.
Vediamo le fonti archeologiche ed epigrafiche, più che quelle letterarie, perché sono più affidabili
in quanto più antiche (e quindi hanno più chance di riportare lacerti di storia di Roma in maniera
affidabile) rispetto alle forme letterarie che sono più tarde oltre che, come ci diceva Livio, meno
affidabili in quanto derivante perlopiù dalla tradizione orale.
La prima che vediamo è quella proveniente dalla Tomba Francǫis di Vulci, una tomba della
necropoli etrusca di Vulci così chiamata dal nome dello scopritore e databile al 340-330 a.C. (epoca
più tarda rispetto alla monarchia romana ma nonostante questa discrepanza, questo reperto è
utile perché è cmq più antico delle fonti letterarie che abbiamo). Questo manufatto ci dà delle
info riferibili certamente al IV sec a.C. e noi sappiamo che le nostre prime fonti letterarie (su
Roma) risalgono all’opera di Fabio Pittore (III-II secolo a.C.) che sicuramente si rifaceva alla fonti
più antiche che però sappiamo essere marchiate dal problema della convenzionalità e della
ricostruzione a posteriori. Nella slide c’è una ricostruzione della planimetria della tomba, che però
a noi interessa per il ciclo pittorico che orna molte delle stanze (cubicula) che formavano il
sepolcro. Vediamo in figura una ricostruzione moderna dell’interno della tomba con il ciclo
pittorico (che possiamo ancora vedere oggi) che narra episodi mitici e storici (che hanno degli
agganci con la tradizione letteraria che viene quindi confermata da un dato archeologico).
Sulla sinistra, a parte il riferimento a Nestore ed Eteocle/Polinice, a noi interessa il riferimento al
Sacrificio dei Troiani: i troiani, guidati da Enea, svolsero un sacrificio per gli dèi non appena
toccarono le coste del Lazio (Enea dopo un lungo peregrinare per il Mediterraneo da Troia, con il
padre Anchise e il figlio Ascanio, e dopo aver conosciuto Didone così come vuole il mito, giunse in
Italia dove avrebbe fondato, grazie ad Ascanio, la città di Lavinio da qui poi sarebbe discesa la
fondazione di Roma) → Il riferimento a questo mito è strettamente legato al mito romano.
Dall’altro lato abbiamo delle figure storiche (“Ciclo storico”) dove ritornano molte delle figure viste
sopra. Vediamo ad esempio un riferimento a Marco Camillo e Gneo Tarquinio. Ma come facciamo
ad essere sicuri che quel personaggio sia proprio lui? perché c’è scritto il nome (si tratta di un ciclo
di affreschi narrativa e quindi c’è la didascalia).
Nel ciclo storico è narrata la liberazione di Celio Vibenna dove vediamo una serie di personaggi,
ripresi in diversi episodi, e rappresentati in nudità perché nell’arte antica, la nudità era tipica della
rappresentazione degli eroi. Abbiamo quindi Celio Vibenna da un lato, dall’altro Aulo Vibenna e in
mezzo Mastarna e Lars Ulthes (personaggio etrusco che non compare nelle fonti letterarie a
differenza dei primi 3). Qui ci si riferirebbe a una serie di episodi che ebbero come protagonisti un
certo Mastarna con i suoi sodales (= aiutanti di guerra) cioè Celio e Aulo Vibenna (nomi
sicuramente etruschi, origine confermata anche dalle fonti che li menzionano nell’ultima fase della
monarchia romana cioè nella fase etrusca). Pare ci sia stata una guerra tra questi e i romani che si
risolse nell’accettazione degli etruschi a Roma. Tra questi si staglia Mastarna che era il nome
originario etrusco del re Servio Tullio (secondo re della fase etrusca, importantissimo per la storia
di Roma) e che vediamo rappresentato nelle slide successiva.
A loro volta divise in 30 curie, o sottosezioni, che quando si riunivano in una assemblea davano
luogo ai comitia curiata (= assemblee curiate). Non è molto chiaro quale fossero i compiti di
queste assemblee in età monarchica, sappiamo solo che fu la più antica forma di assemblea
popolare romana che, come tale, sopravvisse anche in età repubblicana (dove abbiamo anche
altri tipi di comizi: centuriati, tributi e concilia plebis). La funzione dei comizi curiati in età
monarchica si può quindi ricostruire sulla base di quella che essi ebbero in età repubblicana:
attribuivano la lex de imperio ad un magistrato appena eletto, cioè non appena un console
(uno dei pochi magistrati ad avere l’imperium) veniva eletto dai comizi centuriati o da altre
assemblee del popolo, i comizi curiati votavano l’attribuzione formale dell’imperium al nuovo
console (quindi votavano la lex de imperio). In età monarchica quindi potrebbe essere che una
volta eletto il re, egli ricevesse formalmente l’imperium dai comizi curiati (ma è solo una
supposizione). In età repubblicana poi i comizi curiati si occupavano anche della transitio ad
plebem o al patriziato cioè pratiche secondo cui un plebeo poteva diventare patrizio e
viceversa (che vedremo poi).
Numa Pompilio
Dopo un interregno di circa 5 anni, fu eletto Numa Pompilio di origine sabina che fu il re che
introdusse e rese sistematici i vari culti della religione romana. Introdusse il culto di Quirino che è
l’apoteosi, la divinizzazione di Romolo subito dopo la sua morte (benché ucciso perché aveva
mostrato tendenza tiranniche). Da Quirino arriva quirites, altro nome con cui vengono indicati i
cittadini romani. Introdusse poi molti collegia e soprattutto dei legami stretti tra figure sacerdotali
ed esercizio dei diritti politici = commistione tra politica e cariche sacerdotali (ad esempio il
magistrato, ad esempio un console o anche un magistrato minore come il pretore, esercitavano
anche poteri religiosi come il trarre gli auspici che era un’operazione religiosa). Un atto civico
(esempi elezioni) doveva essere anticipato da un atto religioso. Questo non vuol dire che a Roma
non fossero presenti anche i sacerdoti (come il pontifex maximus, gli augures, gli aruspices, ecc),
con esclusiva funzione religiosa, che affiancavano i magistrati.
Tullo Ostilio
Allargò l’aria di controllo nel Latium Vetus intorno al pomerium. Aldilà di questo aspetto è
importante perché introdusse a Roma dei simboli tipici della monarchia etrusca e che diverranno
simboli tipici di quella romana, e poi con il passaggio alla repubblica, simboli dei consoli o dei
magistrati supremi. Quali sono?
- Sella curùlis particolare tipo di trono su cui sedevano i re (e poi i consoli);
- Lictores coloro che accompagnavano re e poi consoli, portando con se fasci di verghe con
la scure = simbolo di imperium, di potere;
- La toga praetexta , orlata di rosso per gli alti magistrati, cioè la tipica veste dei più
importanti politici romani;
Nel 509 cadde la Roma dei Tarquini e nacque, convenzionalmente, la Repubblica → a Roma si
instaura l’imperium consolare.
2 fatti che già secondo i romani in età antica, caratterizzavano e distinguevano il potere
repubblicano da quello monarchico:
- Limitazione cronologica , almeno dal punto di vista ideologico (poi vedremo): i nuovi
consoli, eletti dai comizi centuriati, duravano in carica solo un anno laddove il re restava re
fino alla morte. Tutti coloro che cercavano di rimanere in carica più a lungo, erano accusati
di usurpazione o meglio di adfectatio regni (= ‘aspirazione alla monarchia’) e per questo
potevano essere uccisi (tale era l’odium regni e quindi l’odio per la monarchia che si era
instaurato dopo la cacciata dei Tarquini) poiché non era concesso (a meno di deroghe
particolari) restare in carica per più di un anno senza ulteriori elezioni.
Questa visione che vuole Roma repubblicana dotata anche di tutte le innovazioni già nel 509 a.C.,
è fatta propria anche da Cicerone che, nel De republica che ci è giunto quasi per intero e in cui
l’autore parla della natura dello stato romano, afferma che per quanto riguarda le riforme
istituzionali, esse si esaurirono nei primi decenni dell’età repubblicana quasi a voler dire che la
forma dello stato repubblicano fu raggiunta in tempi rapidissimi. Per C. l’ultimo atto istituzionale
sarebbe stato il decemvirato = commissione di 10 individui patrizi con il compito, a metà V secolo,
di stilare le leggi della XII tavole cioè leggi, perlopiù di diritto privato, che regolavano la vita di
Roma, il primo corpus scritto di leggi che abbiamo per Roma arrivato a noi per tradizione indiretta
nelle fonti giuridiche. La produzione di leggi poi sarebbe continuata ma quelle fondanti si risolsero
in quegli anni.
Questa visione è distorta ed è dovuta al fatto che le fonti che noi leggiamo, in primis Fabio Pittore
(primo annalista di Roma), non avevano una visiona diacronica di Roma: laddove i fatti militari
erano percepiti nella loro successione cronologica, diacronica anche grazie alla struttura
annalistica delle prime opere storiografiche, per i fatti istituzionali (leggi, innovazioni, ecc) era
diverso perché essi venivano letti in maniera distorta e sincronicamente cioè le fonti spesso non
erano in grado di percepire la distanza cronologica che poteva esserci tra un provvedimento
legislativo e un altro → tendenza ad appiattire la distanza cronologica tra vicende di natura
politico-istituzionale.
Gli obblighi religiosi non venivano trasmessi attraverso iniziazione né insegnati, ma erano
trasmessi mediante la tradizione (mos maiorum), gentilizia (manes) e quindi delle singole famiglie
o dello stato, dell’intera res publica.
Mos maiorum = ‘costume degli antichi’ cioè tradizione, insieme di regole che venivano
tramandate di generazione in generazione che sovraintendevano ogni aspetto nella vita privata e
pubblica, nella dimensione religiosa, di Roma. Tutto ciò che a Roma non era fissato per legge
scritta, cioè per una legge promulgata da un magistrato e approvata dai comizi centuriati o tributi,
ma era consuetudine faceva parte del mos maiorum. Pur non essendo scritta, aveva comunque
forza di legge perché qualunque cosa fosse fatta in sua osservanza era considerata legale e giusta
(ci furono molti momenti in cui politici, per giustificare atti innovativi o controversi, ricorsero al
mos maiorum).
La base dell’ordinamento romano era costituito dalle magistrature. Anche Cicerone, nel trattato
“De legibus” (dedicato allo studio delle leggi di Roma e del concetto generale di legge nel mondo
antico), comincia la sua esposizione delle istituzioni romane partendo proprio dai magistrati
spiegando ad esempio quale fosse la funzione del console, del questore, e così via. I magistrati
sono coloro che, in eredità del re, gestivano la res publica in tutti i suoi aspetti. Non è un caso che il
grande storico tedesco nel IX secolo, Theodor Mommsen, abbia iniziato anch’egli lo studio delle
istituzioni di Roma repubblicana nel suo Diritto pubblico romano, proprio partendo dalle
magistrature.
- Per alcuni studiosi moderni, i plebei sarebbero stati clientes dei patrizi: secondo loro quindi
già al tempo della monarchia esisteva l’istituzione della clientela tipica dell’ età
repubblicana dove i personaggi più potenti, appartenenti alla nobilitas, avevano una serie
di clientes cioè una clientela composta da individui di rango sociale inferiore che avevano
bisogno dei politici, detti patroni, per diversi motivi (sostegno economico, sociale, rapporti
di gratitudine). Vantaggio per i patroni ad avere una grande clientela? Sinonimo di prestigio
sociale e forza politica: maggior era il numero dei clienti che attendevano nell’atrio il
patrono, maggiore era il suo peso politico (e questo ce lo dicono le fonti).
- Motivazioni etniche: i patrizi sarebbero gli antichi latini cioè i più antichi abitanti di Roma, i
latini di Romolo che si erano stanziati sulle pendici del Palatino; in quest’ottica quindi i
sabini di Tito Tazio, accettati da Romolo e stanziati sul Quirinale, sarebbero i plebei ( anche
solo cronologicamente in posizione inferiore);
- Motivazione economiche e sociali: i patrizi sarebbero stati proprietari terrieri, i plebei
artigiani e commercianti. Questa distinzione è valida per le prime fasi della Roma
repubblicana ma appare opinabile che questa distinzione ci fosse anche nell’età di Romolo,
cioè sembra una proiezione di fatti repubblicani sullo scenario mitico della Roma più
arcaica → th storicamente più valida ma è poco probabile che essa valesse anche in età
monarchica.
Nessuna delle prime due hp è stata approvata all’unanimità = il problema rimane aperto.
Bisognerebbe conoscere nel dettaglio la storia ma sappiamo che la fase monarchica pullula di fonti
letterarie falsificate.
Inoltre questa distinzione patrizi-plebei, validissima per l’età repubblicana, sembra non perché i
primi consoli, eletti nel 509 a.C., furono due plebei!!!! Come spiegare questa aporia? Appare
un’aporia solo se si assume il punto di vista della prima repubblica (quando il consolato era chiuso
ai plebei) ma, se lasciamo questo punto di vista e consideriamo che ai primissimi anni della
repubblica i plebei avevano un qualche ruolo nella vita politica (che poi dovette andare diminuire)
non possiamo che concludere che questa distinzione fu una costante nel periodo primo
Ad ogni modo la distinzione tra patrizi e plebei rimane in età repubblicana, le famiglie patrizie
rimangono e rimane anche l’indicazione di patriziato che, entro la nobilitas, indicava cmq una
situazione di maggior prestigio. Il termine patres, nel senato repubblicano, indica il significato di
senatori patrizi distinzione che, entro il senato, aveva un risvolto giuridico perché quando
morivano due consoli (o uscivano dalla carica senza nuova elezioni) gli auspicia tornavano al
senato (che poi li consegnava temporaneamente all’interrex) MA non a tutto il senato bensì solo ai
senatori patrizi!!!! E questo costituiva una sorta di ricordo dell’antico privilegio che attribuiva ai
soli patrizi la possibilità di accedere le cariche (età più arcaica di Roma repubblicana).
I plebei non sono omogenei dal punto di vista sociale ed economico → diverse esigenze:
- Rivendicazioni economiche (plebei più poveri): diminuzione dei tassi di interesse applicati
ai debiti, abolizione della schiavitù per i debitori insolventi (nexum), distribuzione di ager
publicus cioè piccoli appezzamenti terreni che potessero rendere indipendenti anche i
nullatenenti.
- Rivendicazione politiche (plebei più ricchi): accesso alle magistrature cittadine, richiesta di
leggi scritte. Le leggi a Roma, in età arcaica monarchica e primo repubblicana, furono
tramandate per via orale o, se scritte, erano custodite gelosamente dai sacerdoti
(pontifices) tutti di natura patrizia → la conoscenza precisa e dettagliata delle leggi era
appannaggio dei soli patrizi = enorme svantaggio per i plebei che erano così sottoposti a
leggi di cui conoscevano solo in parte il dettato (per sentito dire). Ad esempio in campo
giudiziario, il processo a Roma era di carattere formulare cioè ogni processo doveva seguire
la pronuncia di determinate formule fissate per legge, pronuncia che rendeva valido o
meno il processo (formule mal pronunciate = processo decadeva!! Quindi lo stesso
principio che regolava i principi religiosi). Se i plebei non erano a conoscenza, in maniera
precisa, delle formule ecco che essi si trovavano anche qui in posizione di svantaggio.
La differenza tra patrizi e plebei riguardava anche la struttura militare: i patrizi, tutti ricchi, avevano
all’inizio una preminenza e i plebei si trovavano relegati a posizioni di inferiorità (anche se
abbiamo visto che molti plebei potevano permettersi pari armature). Coloro che non avevano
introito, i proletari o capite censi, erano addirittura esonerati dal servizio militare che significava
non poter esercitare alcun diritto politico pur essendo un cittadino romano.
↓
495-94 a.C. (in base alle fonti oscilla), primo momento fondamentale della lotta: prima secessione
della plebe sull’Aventino, chiamata da alcuni storici “sciopero” della plebe perché essa si ritirò
fisicamente sull’Aventino (forse anche a causa di una crisi economica che le fonti riportano a
questa altezza) nel tempio di Cerere, Libero e Libera (divinità plebee) abbandonando le proprie
attività. Ma quale fu questa crisi economica? La caduta della monarchia forse coincise con una crisi
economica degli etruschi (fine VI secolo- inizio V scolo a.C.) che vide interruzione dei commerci tra
Etruria e gli avamposti etruschi nella Campania quindi nell’Italia meridionale. E sappiamo che
Roma era in mezzo a questi commerci e ne trasse vantaggi e quindi la crisi che si innescò riguardò
anche Roma, soprattutto i plebei che vivevano di commercio! I patrizi dovettero scendere a
compromessi e concedere ai plebei la creazione dei primi istituti plebei che continueranno fino
all’età imperiale. La prima istituzione creata furono i concilia plebis tributa (o concilia plebis) cioè
un’assemblea per i soli plebei. Le assemblee a Roma erano organizzate in diversi sezioni di voto
(centurie, tribù e curie) che racchiudevano la totalità della popolazione romana (maschi adulti), sia
patrizi che plebei, anche se con peso inferiore per i più poveri; i concilia plebis del 494 a.C. invece,
univano i soli plebei e quindi non si rivolgevano ai patrizi. Questi concili plebei avevano potere
elettorale (eleggere magistrati) e legislativo cioè potevano emettere leggi che erano dette
plebiscita (plebisciti in it.) perché riguardavano solo i plebei ed erano fatti solo dai plebei, quindi
non avevano effetti sui patrizi.
Per quanto riguarda il potere elettorale abbiamo la creazione dei tribuni della plebe, all’inizio 2
poi 10, che erano i magistrati della plebe cioè coloro che dovevano fare il bene della plebe. Che
fossero 2 all’inizio non è casuale = risposta plebea ai due consoli che erano solo patrizi. Questi
tribuni, al pari dei consoli, avevano il diritto di proporre le leggi (o plebisciti) ai concilia plebis che
dovevano poi votare si o no; essi erano poi caratterizzati da alcune prerogative tipiche dei soli
tribuni della plebe sempre per proteggere i plebei da eventuali soprusi dei patrizi:
- erano caratterizzati dalla sacrosanctitas cioè nessuno poteva fare loro del male fisico, pena
la condanna e il divenire sacro (sacer) cioè il macchiarsi di sacrilegio per cui si poteva
essere uccisi. Notiamo come i provvedimenti plebei scaturiti dalla secessione sull’Aventino,
sono note come leges sacratae cioè consacrate quindi intoccabili!
- Erano dotati dello ius auxilii cioè il diritto per un plebeo di appellarsi a un tribuno della
plebe, nel caso in cui si sentisse oggetto di ingiustizie da parte di un magistrato patrizio.
- Ius agendi cum plebe: diritto di avere a che fare con la plebe cioè il diritto di far riunire i
concili della plebe. Importante perché, se non si riunivano i concili, non potevano essere
promulgati i plebisciti e non si potevano eleggere i nuovi tribuni (carica 1 anno, come i
consoli). E’ lo stesso dritto che avevano i consoli di chiamare i comizi centuriati.
Un altro provvedimento fu la creazione degli edili plebei (una magistratura romana in mano ai
patrizi) che dovevano occuparsi della manutenzione di strade, edifici, organizzazione giochi, ecc.
Essi furono introdotti per custodire e gestire il tempio sull’Aventino dedicato alle 3 divinità plebee
e si contrapponevano così agli edili patrizi detti curuli perché rimandano alla sella curule cioè uno
dei simboli tipici del console che diventa poi, generalmente, un simbolo del patriziato.
Dopo il decemvirato quindi ritornò tutto come prima, quasi ma perché? Intanto per la lex Canuleia
ma soprattutto perché, noi sappiamo dalle fonti, che i patrizi di fronte alla riapertura al
matrimonio misto introdussero nel 444 a.C. , per reazione, la figura dei tribuni militari con poteri
consolari (e che quindi dovevano affiancare i consoli patrizi) che rimasero in vigore, come
istituzione e non in carica, fino al 367 a.C. Questo sarebbe stato un modo per garantirsi rispetto ad
eventuali eccessive prese di potere dei plebei e quindi i patrizi furono mossi dalla paura di vedersi
sottratto il monopolio del consolato.
Tali tribuni, prima 3 e poi 6, potevano essere anche plebei e, in quanto tali, non potevano trarre
auspici. Allora, se potevano esserlo anche i plebei, qual era la loro funziona a favore dei patrizi? Le
stesse fonti antiche, pur ammettendo che fu un provvedimento che avrebbe dovuto essere a
favore dei patrizi, non sanno spiegarsi in che modo questi tribuni militari (da non confondere con i
Molti dei provvedimenti richiesti dai plebei erano di natura economica e tra questi, con una
visione un po’ diacronica, citiamo tre episodi famosi, storicamente dubbi, in cui Spurio Cassio,
Spurio Melio e Marco Manlio proposero in tre diversi momenti, vari progetti di leggi agrarie
(distribuzione gratuita di grano alle classi più povere) cosa che non fu vista di buon occhio dai
patrizi perché poteva andare contro loro stessi → i 3 furono accusati di adfectatio regni
(aspirazione tirannica tramite leggi demagogiche = pratica politica che mira ad ottenere il
consenso popolare facendo proprio il malcontento della popolazione) e condannati a morte.
Storicamente dubbi perché? Molte di questi leggi arcaiche dell’età arcaica della prima repubblica
ricordano troppo le leggi volute più tardi dai Gracchi → potrebbe essere ennesimo caso di
retrodatazione voluta. Sicuramente è certo che spesso le classi meno abbienti vissero periodo di
crisi economica.
Leggi Licinie Sestie (367 a.C.)
Furono fatte approvare dai tribuni della plebe Caio Licinio e Lucio Sestio Laterano e furono
oggetto di opposizione da parte dei patrizi a tal punto che fu necessario addirittura richiamare in
città M. Furio Camillo (sacco gallico) per sedare i disordini in città).
Esse proposero:
- Riduzione debiti. Una misura che, se vera (ed è verosimile), doveva riguardare i plebei più
poveri
- Limitazione nell’occupazione di ager publicus a 500 iugeri (a sfavore dei patrizi e in
favore dei plebei) ma questo è un provvedimento sospetto perché richiama, quasi parola
per parola, il provvedimento voluto molto più tardi (131 a.C.) da Tiberio Gracco. Anche qui
retrodatazione. E’ possibile che esistesse una legge che volesse tutelare i plebei ma che la
legge avesse questo aspetto è parecchio dubbio.
- Introduzione della possibilità che un console fosse plebeo. Il primo console plebeo fu
proprio, nel 366 a.C., Lucio Sestio Laterano che nel 367 aveva fatto approvare questa
norma.
- Fu creata l’edilità curule, come compensazione per i patrizi, ma in realtà questa edilità
esisteva già ma fu qui cristallizzata la differenza tra questa (a cui non potevano accedere i
plebei) e quella plebea (prima secessione). Fu poi creato il pretore, secondo magistrato
Dal 367 a.C. in poi abbiamo una serie di leggi che aprono progressivamente le magistrature curuli
ai plebei e leggi che migliorano la posizione giuridica dei plebei fino ad una vera equiparazione
quasi completa.
Nel 344 a.C. abbiamo il plebiscito Genucio che ammise che entrambi i consoli potessero (non
dovessero) essere plebei (nel 367 le leggi Licinie Sestie avevano permesso che 1 console fosse
plebeo!). Ma questo avverrà solo nel 172 a.C. quando i fasti (liste dei consoli) registrano la prima
coppia di consoli plebei. Questo plebiscito proibì poi la reiterazione del consolato entro 10 anni
cioè si introduce per la prima volta il problema della reiterazione della cariche = se uno è stato
console in un determinato anno può candidarsi per l’anno successivo? Non è da poco perché se un
console fosse rimasto in carica per troppi anni si sarebbe corso il rischio di tensione alla tirannide.
Ecco che il plebiscito, in teoria, proibì questa cosa ma poi spesso non rispettata. Fu poi superato il
problema con la creazione della figura del proconsole(proconsul) cioè un console decaduto che
continuò ad avere alcuni poteri tipici del consolato. Il primo proconsole ci fu nell’età della seconda
guerra sannitica quando, di fronte all’emergenza per la durezza della guerra (forche caudine in cui
i romani furono umiliati dai sanniti) si scelse di prolungare il potere a uno dei consoli affinché
portasse avanti la guerra intrapresa. Il proconsolato prevedeva contemporaneamente l’elezione
dei consoli regolari. I proconsoli, insieme ai propretori, saranno poi usati per gestire le province (lo
vedremo).
Altre magistrature furono poi aperte ai plebei per cui abbiamo:
- Primo edile curule plebeo (366 a.C.): apertura edilità curule ai plebei;
- Primo dittatore plebeo (356 a.C.): prima solo patrizi;
- Primo censore plebeo (351 a.C.): il censore a Roma era una figura fondamentale, eletta
ogni 5 anni perché ogni 5 anni aveva il compito di compiere il censimento (contare i
cittadini e collocarli in base alla ricchezza nelle 5 classi di censo e questo significava
determinarne anche il peso militare e quindi politico).
- Primo pretore plebeo (336 a.C.): principalmente funzione giudiziaria.
Nel 326 a.C. - Lex Petelia Papiria abolisce definitivamente la schiavitù per debiti (nexum)
sancita per iscritto dalle leggi delle XII tavole.
Altro momento fondamentale fu la cesura di Appio Claudio Cieco.
Censore nel 312-311 a.C. introduce diverse riforme quali:
- Prima monetazione di Roma, detta romano-campana, poiché la zecca si trovava a Napoli;
Per ora ci soffermiamo sul suo apporto alla lotta tra patrizi e plebei: introduce nuovi criteri per
il calcolo del censo che fino ad allora si basava solo sulle proprietà terriere, cioè sui beni
immobili. In questo calcolo erano svantaggiate i plebei che svolgevano attività magari anche
più redditizie dello sfruttamento dei terreni. Ecco che viene con lui introdotto un calcolo che si
basa anche sui beni mobili (ricchezza bestiame, ricchezza monetaria e sulla proprietà anche di
edifici) → porta alla ribalta i plebei ricchi che salgono nella prima classe!
Le altre due riforme non furono approvate ma sono cmq importanti:
- Propose di includere nel senato anche coloro che non avevano ricoperto una
magistratura (quindi i plebei che, pur potendo ora accedere alle magistrature grazie alle
nuove leggi, non avevano avuto, per via del censimento con vecchio calcolo, grande voce in
capitolo nelle assemblee quindi non riuscivano ad essere eletti). Inoltre per entrare in
senato era necessario un censo minimo che per colpa del vecchio calcolo, i plebei avevano
effettivamente ma non sulla carta.
- Propone poi di ridistribuire la plebe urbana in tutte le tribù esistenti, mentre all’epoca,
come successivamente, la plebe era concentrata nelle 4 tribù urbane. Cosa vuol dire? Lo
capiremo meglio quando vedremo come funzionavano i comizi tributi che erano un tipo di
organizzazione basata sul concetto di tribù e non di centuria. Quello che ora ricordiamo è
che a Roma, non in questa età ma in età storica, le tribù era 35 di cui 31 rustiche e 4
urbane; la tribù era un distretto territoriale in cui i cittadini romani, dell’ager romanus,
erano registrati. Le rustiche riguardavano territori di ager romanus fuori da Roma quindi
le proprietà fondiarie e quindi qui vi erano registrati i proprietari terrieri e quindi i patrizi.
Nelle urbane erano invece registrati quelli che avevano il domicilio a Roma e che lì vi
svolgevano i propri affari (i plebei quindi). Questa disparità portava al fatto che i patrizi
avevano maggior peso rispetto alle tribù urbane che avevano quindi meno peso politico.
Bisognerà aspettare l’entrata del nuovo calcolo censitario.
Tra gli altri interventi di Appio Claudio Cieco ricordiamo poi lo Ius Flavianum cioè la prima raccolta
di leggi di Roma a non essere appannaggio dei soli patrizi a differenza delle Leggi delle XII tavole
che, nonostante le buone intenzioni rimasero di appannaggio dei soli patrizi. Queste nuove leggi,
volute da Appio, furono scritte da Cneo Flavio, suo cliente. È una prima raccolta di norme e
formule giudiziarie completamente accessibile a tutti. Fu poi anche pubblicato un calendario in cui
erano indicati i dies fasti e i dies nefasti: i primi dedicati alle divinità e gli altri no. In quelli non
dedicati alle divinità si poteva fare ed esempio il mercato, riunire un’assemblea (se per errore
avessero riunito un assemblea in un giorno fasto, tutto quanto approvato sarebbe stato nullo).
Questa distinzione era sempre stata nota ai patrizi che custodivano tutte le informazioni. Con
questo calendario anche i plebei potevano regolarsi.
Schematizzando il funzionamento magistratuale romana alla fine degli scontri tra patrizi e plebei:
- Alla base c’era popolo diviso in:
a) concilia plebis eleggevano 4 edili plebei e 10 tribuni della plebe
b) comitia centuriata o tributa dove:
- i tributa eleggevano 4 questori che gestivano la cassa pubblica, 26 Vigintisex viri
(magistratura inferiore che corrispondevano alle prime fasi della carriera politica) e gli edili
curili;
- i centuriata eleggevano le magistrature più importanti dotate di imperium: 6 pretori (prima
solo 2), 2 consoli e 2 censori. Da queste cariche derivava poi il senato sulla cui formazione
ci soffermeremo oltre.
Ricordiamo poi interrex, nominato dal senato, e il dittatore (con il suo collaboratore, magister
equitum) nominato dai consoli.
- Centurie: introdotta da Servio Tullio. Era composta da soli 100 uomini, poi ciascuna
centuria (sezione militare + assemblea) raccolse un numero sempre maggiore. Nel “De
Republica” Cicerone descrive anche l’ordinamento dello stato di Roma e afferma che una
centuria delle classi inferiori conteneva quasi più cittadini dell’intera prima classe = la
distribuzione dei maschi nella centurie non era equa perché le centurie della classi più alte
raccoglievano meno cittadini e questo è comprensibile se si pensa che le centurie della
prima classe raccoglievano solo i cittadini più abbienti di Roma (che erano inferiori). Le
ultime classi censitarie quindi esprimono un numero inferiore di centurie pur accogliendo
un gran numero di cittadini.
- Tribù: indica una circoscrizione territoriale entro cui i cittadini erano registrati in base alla
loro residenza/domicilio. In epoca storica, quindi dalla fine della prima guerra punica, le
tribù saranno 35 (31 rustiche, 4 urbane).
Funzione principale:
- Promulgazione della lex curiata de imperio con cui formalmente affidavano l’imperium ai
magistrati, consoli e pretori, appena eletti dai comizi centuriati. I rappresentanti di queste
30 curie erano quindi i 30 littori che portavano i fasces.
- Competenze anche in materia sacrale e diritto privato: in materia di adozioni e del
passaggio da patrizio e plebeo e viceversa, erano loro ad approvare o meno l’adozione.
▫Sotto la quinta classe vi erano i proletari (= che avevano i figli), o i capite censi (avevano
solo la propria persona), che non avevano nulla. Questi per molto tempo, non entrarono a
far parte dell’esercito quindi non espressero voto fino alla riforma di Caio Mario (fine II sec-
inizio I sec a.C) che accolse nell’esercito anche loro che saranno, per la prima volta,
stipendiati perché sarà lo stato a comprare per loro l’armamento minimo → nasce il
concetto di esercito di professionisti cioè di militari, soldati che facevano le guerre non
perché obbligati dallo stato ma lo facevano di lavoro).
Dove si svolgono?
Non potevano riunirsi in città, nel Foro, perché erano l’assemblea del popolo in armi e
NESSUNO poteva entrare in Roma con le armi. Si riunivano quindi nel Campo Marzio che dal
nome rivela la sua origine (Marte è il dio della guerra).
Funzioni principali:
- Proporre leggi che avevano a che fare con il diritto internazionale (guerre, trattati
pace/alleanza), funzione in linea con la natura di questa assemblea.
- Eleggevano i magistrati cum imperio
- Giudicavano i cittadini nei casi di emissione eventuale di pena capitale (per lo più in età
medio-repubblicana)
- Dichiaravano guerra
Anche questi sono basti sul voto collettivo. Il computo finale sarà basato sui voti delle singole
centurie → si vota centuriatim (centuria = sezione di voto). Lo spoglio avviene per centuria.
Fino al 241 a.C. si iniziava a votare dalla prima classe, poi si diffonde l’usanza della centuria
praerogativa = si votava a sorte per capire la prima centuria che avrebbe votato. Perché si
dice che la prima classe, con gli equites, comandava? Perché una volta che avesse votato la
centuria prerogativa (di qualunque classe essa fosse) l’ordine di votazione riprendeva dalla
prima classe e, poiché appena una centuria votava veniva reso noto il voto e visto che la
votazione si interrompeva non appena si raggiungeva la maggioranza (metà + 1) delle 193/95
centurie, ecco che subito si raggiungeva la maggioranza. Tra l’altro, normalmente, i più ricchi
erano sempre d’accordo e quindi spesso esprimevano già 98 voti (che è già la maggioranza
assoluta!!!). Non si tratta di scrutinio perché non tutte le centurie votavano (le classe più
povere spesso non arrivavano nemmeno a esprimere il voto perché si interrompeva appena
raggiunta la maggioranza). Il magistrato che aveva indetto le elezioni/votazioni esprimeva
infine, tramite la procedura della Renuntiatio, la decisione dei comizi centuriati. Il cittadino
sfila davanti al rogator pronunciando il nome del candidato e poi, con l’introduzione delle
leges tabellariae, lo scriveva su una tavoletta.
Funzioni:
- Giudiziarie (soprusi dei patrizi, prigione per debiti, ecc);
- Elettorali: eleggevano gli edili (della plebe)e i tribuni della plebe;
- Legislative: emettevano i plebisciti (plebis scitum da sciscere/scire = ‘interrogare la plebe’ e
quindi deliberare) che verranno poi equiparati alle leges publicae dalla Lex Hortensia.
4) Comizi dell’intera popolazione le cui sezioni elettorali erano costituite dalle tribù. Fine prima
guerra punica abbiamo un numero fisso di 35 (prima numero tribù in crescita perché Roma
continuava ad espandersi, ad espandere il suo ager: il nuovo territorio veniva fatto
corrispondere ad una nuova tribù oppure inserito in una tribù già esistente). Quindi un
totale di 35 voti! I cittadini iscritti in una tribù si esprimevano e la tribù diceva SI o NO.
Chi li convocava?
I magistrati cum imperio.
Funzioni principali:
- Legislative: su quasi tutti i campi della vita pubblica tranne in materia di guerra
- Elettorali: eleggevano tutti i magistrati sine imperium come i questori e gli edili (primi due
del cursus honorum)
- Giudiziarie
Dove si riunivano?
Nella città, in particolare nel Comitium cioè il Foro romano. Essendo il numero di cittadini
sempre maggiore, spesso venivano convocati nel Campo Marzio che era il luogo più ampio.
Anche qui (come in tutti) valeva il voto collettivo detto tributim (cioè per tribù). Il voto era
espresso viritim (= cittadino per cittadino) all’interno di ogni tribù ma era alla fine tributim ai
fini della delibera comiziale.
Differenza con i comizi centuriati: la votazione avviene contemporaneamente per tutte le tribù
MA qui lo scrutinio si interrompe non appena si raggiungeva la metà + 1 (18) mentre nei
centuriata ad interrompersi era la votazione.
I momenti più importanti sono quelli in cui l’elettore/votante riceveva una tabella (tavoletta
cerata) dove esprimeva il proprio voto e che veniva poi messa in una cista (urna) controllata da
alcuni custodes che si trovavano alla fine dei corridoi (saepta). La proclamazione dei voti
iniziava con la sortitio della prima tribù da scrutinare chiamata tribus principim (alter ego di
centuria praerogativa). Anche qui, dopo questa prima, si ricominciava a scrutinare. Anche qui
erano i più ricchi ad avere al parola definitiva perché, essendo proprietari terrieri, erano
- Liberti: erano a tutti gli effetti cittadini romani (o almeno in parte). Essi erano gli schiavi
liberati dai propri padroni. Gli schiavi non erano considerati cittadini ma, se liberati, lo
diventavano con limitazioni: liberti era un nome che indicava il loro stato di ex schiavo e
inoltre non votavano in tutte le tribù (anche se avessero avuto residenza in una tribù
rustica) ma solo in quelle urbane allora il loro voto era annullato perché disperso nella
massa di voti individuali delle tribù urbane. Oltretutto i liberti non avevano neppure lo ius
honoris e quindi non potevano candidarsi alle magistrature (avevano quindi solo il diritto
elettorale attivo, ma non passivo). Dal IV secolo a.C. il voto dei liberti venne ristretto
sempre più fino ad essere concentrato in una sola tribù urbana, l’Esquilina.
Il voto, fino agli anni ’30 del II secolo a.C., fu solo ORALE, quindi non segreto.
Questo fino alla Lex Gabinia (139 a.C.) che introduce il voto scritto.
Quando il voto era orale era ancora più facile per i ricchi perché potevano controllarlo e quindi
comprarlo preventivamente (controllando poi che si mantenesse la promessa). Presso il rogator,
colui che, fino a questa legge, chiedeva al votante per chi volesse votare, si trovavano spesso dei
compagni/collaboratori dei candidati che dovevano controllare le operazioni elettorali → per un
candidato era molto facile sapere se un cittadino aveva o meno votato a suo favore.
Nel 139 a.C., o più precisamente negli anni ’30 del II secolo a.C., era finito da un pezzo lo scontro
tra patrizi e plebei (Lex Hortensia) tuttavia ancora i ricchi controllavano il voto. Cicerone, che nel I
secolo a.C:, divenne un importante esponente della nobilitas ebbe a criticare duramente 3 leggi:
- Lex Gabinia (139 a.C.) introduce il voto scritto nei comizi elettorali;
- Lex Cassia (137 a.C.) introduce il voto scritto nei comizi giudiziari;
- Lex Papiria (131 a.C.) introduce il voto scritto nei comizi legislativi.
Il rogator segna con un puntum, nella sua tavola, il voto espresso e le tavole vengono messe poi
nella cista per essere scrutinate. Infine: Renuntiatio (vd sopra).
Durante l’impero le assemblee non decaddero del tutto subito ma furono ridimensionate nella
possibilità di esprimere la loro opinione in ambito legislativo, giudiziario ed elettorale: furono
subordinate al volere dell’imperatore. Come ci dice Cassio Dione, storico greco nonché senatore
romano nell’età severiana, questa incoerenza tra il funzionamento di un istituto repubblicano
come le assemblee e l’esistenza dell’imperatore fu solo apparente perché, da Augusto in poi, nulla
poteva accadere che non fosse voluto dall’imperatore che, grazie al suo peso morale, riusciva a
dominare anche i comizi. Il popolo sentiva l’autorità dell’imperatore e non poteva fare a meno di
votare il candidato indicato dall’imperatore (commendatio dell’imperatore) quindi non era un
obbligo sulla carta ma in concreto si.
In età augustea avanzata e poi in età tiberiana, avremo un nuovo metodo: alle assemblee
repubblicane si aggiunsero le centurie destinatrici (in numero di 10, poi 15) cioè dei nuovi gruppi
elettorali formate da un numero vario di senatori e cavalieri, che progressivamente assunsero il
ruolo dei vecchi comizi centuriati e fu demandato a loro la funzione di eleggere i magistrati. In
questo sistema i vecchi comizi centuriati continuavano ad esserci ma non potevano che dire SI
perché veniva presentato loro un candidato che addirittura era già stato approvato dalle centurie
destinatrici su spinta/raccomandazione dell’imperatore.
Magistrature (prossima lezione)
Consoli, pretori, questori, edili (tutti creati dal V secolo a.C.) continuarono ad esistere almeno
nominalmente anche in età imperiale. Questori ed edili continuano ad avere funzioni reali; i
consoli avevano perso molto del loro potere originario (potevano chiamare i comizi, indire
elezioni, promulgare legge) MA solo su impulso imperiale.
Altro dato che introduce Gellio è quello della potestas: i magistrati apicali erano in possesso
dell’imperium e della potestas (posseduta anche dai magistrati inferiori). Essa è la capacità di ‘dire
il diritto’ che i vari magistrati potevano esercitare in maniera differente.
Quindi tutte le magistrature avevano la potestas (se pur in forme diverse), non tutte l’imperium.
Ecco perché oggi si distingue tra magistrature superiori e inferiori.
Superiori → possiedono imperium e gli auspici maggiori (pretori, consoli, censori, dittatori ed
interreges). Solo i pretori e i consoli sono magistrature annuali ordinarie; i censori venivano eletti
ogni 5 anni; i dittatori e gli interreges erano NOMINATI e restavano in carica per poco (massimo 6
mesi e 5 giorni rispettivamente).
Inferiori → senza imperium militare e senza capacità di trarre gli auspici. Tribuni militari, collegi
dei 3 incaricati delle pene capitali, il collegio dei 10 incaricati dei processi di libertà, i questori e
gli edili in ordine di importanza e cronologico. Eccetto i tribuni militari tutte le altre cariche
restavano in carica 1 anno. Il nuovo anno consolare iniziava a Gennaio e i consoli servivano anche
ad indicare l’anno (annali). Un anno a Roma si indicava nominando i consoli in carica in quell’anno
(in Grecia si contavano gli anni per olimpiade).
Cursus honorum = sequenza ben precisa che prevedeva:
tribunato militare (cioè il servizio militare) → esercizio di una delle cariche più basse (collegio di
3/10 individui visto prima) → questura → edilità → pretura → consolato → censura (questo solo
dal IV secolo a.C. perché prima di questa data abbiamo censori ancora prima di aver rivestito il
consolato).
Introduciamo ora i promagistrati (proconsole o propretore): dalla fine IV secolo a.C. si iniziò, per
motivi diversi, a nominare (no eleggere) dei magistrati che decadevano dalla carica (di console o
pretore, alla scadenza dell’anno) ma mantenevano alcuni aspetti del loro potere. Per quello stesso
anno venivano eletti contemporaneamente i nuovi consoli/pretori. Il primo caso di questa
prorogatio imperii si ebbe nel 326 a.C. circa quando, sotto la minaccia dei sanniti, il senato
prolungò l’imperium del console di quell’anno affinché finisse di portare avanti l’azione militare.
DITTATURA
Non è una vera magistratura perché non è elettiva ma nominato da uno dei consoli (in accordo
con il senato). Vi si ricorreva solo in circostanze straordinarie cioè quando le magistrature più alte
si rivelavano insufficienti a gestire avvenimenti che riguardavano la città. Alcune th vogliono la
dittatura una magistratura di origine latina cioè essa sarebbe stata un’antica magistratura
monocratica latina (delle città che componevano la Lega) da cui Roma avrebbe preso esempio.
Quello che sappiamo è che certamente nelle città latine il dictator era la figura più potente e lo
stesso avvenne a Roma perché la dittatura fu superiore anche ai consoli MA bilanciata dalla durata
ridotta (6 mesi) e inoltre il consolato era eletto ogni anno, la dittatura solo in emergenza e doveva
attenersi al compito per cui era stato nominato.
Tutte le magistrature erano sottoposte al dittatore compreso il tribuno della plebe (Leggi Valerie
Orazie: nessuna carica era immune dallo ius intercessionis del tribuno della plebe ECCETTO la
dittatura!).
Il dittatore poi nominava un suo collaboratore (magister equitum) e questo rivela la natura
strettamente militare di questa carica (almeno alle origini): nelle città latine era una figura che si
nominava in emergenza bellica, a Roma invece si nominava, nel corso del III secolo, anche per
sostituire i consoli in carica quando questi erano assenti ad esempio:
- potevano indire le elezioni nel caso in cui a Novembre, periodo in cui andavano eletti i
consoli per l’anno successivo, i consoli non fossero presenti (si parla di dictator comitiorum
habendorum causa);
- oppure potevano essere nominati durante alcuni riti religiosi, prerogative del console,
sempre in assenza del console in carica;
La dittatura scomparve per molto tempo nel 202 a.C.: alla fine della seconda guerra punica si
nominò un dittatore e poi per più di un secolo, fino a Silla, non ce ne sono stati più. Come lo
sappiamo? Dalle fonti storiche e poi ce lo dicono i Fasti che non registrano più anni dittatoriali.
Perché? Verosimilmente nel corso della seconda guerra punica (Annibale) furono reiterate le
nomine di dittatori di vario genere quindi si abusò così tanto, secondo la storiografia moderna, che
si preferì non ricorrervi più perché era (pur essendo una figura repubblicana) un potere
monocratico, vicino al re, e quindi non ben visto dai romani.
Gli ultimi due dittatori di Roma (di tutta la storia di Roma) furono Silla e Cesare che
cronologicamente furono in carica per più di 6 mesi (Cesare fu dittatore perpetuo fino alla sua
uccisione, Silla non lo fu perché si ritirò ma rimase comunque in carica più del dovuto). Queste due
dittature furono nuove anche per la motivazione: rei publicae constituendae = ebbero lo scopo di
riformare lo stato! Silla portò avanti una vera e propria riforma dello stato (aumentò ad esempio
il numero dei senatori a 600). Con l’età imperiale, la dittatura fu abolita perché non poteva
coesistere con un’altra figura apicale come quella dell’imperatore.
LA CENSURA
I censori erano 2 in età storica. Ogni 5 anni dovevano portare avanti la discriptio classum cioè il
censimento, la suddivisone/distribuzione in classi del corpo civico romano. Oltre a contare i
cittadini quindi bisognava anche dividerli in classi. Fino al IV secolo la censura ebbe un ruolo di
secondo piano infatti poteva essere rivestita prima di consolato e pretura perché bisognerà
aspettare che questo sistema di collegamento tra censo e diritto politico entrasse pienamente a
regime e bisognava aspettare anche che si superasse la separazione tra patrizi e plebei perché
impediva a questa regola del censo di agire (perché finché i plebei furono esclusi, potevano essere
ricchi quanto volevano ma non sarebbero mai stati registrati nelle alte classi di censo alte perché
li, fino ad Appio Claudio, venivano registrati solo i proprietari terrieri e quindi i patrizi).
La censura divenne quindi importante quando si iniziò a calcolare anche i beni mobili e quando i
censori, grazie alla Lex Ovinia (318-312 a.C.), si videro affidato il compito di organizzare il
reclutamento del senato (lectio senatus da legere = in latino è anche ‘scegliere’). Il censore quindi
doveva formare la lista (album) di coloro che, per censo, per aver rivestito una magistratura o
moralità, avevano il diritto di sedere nel senato. Da questa lista poi sia andavano prendere, mano
a mano che i senatori morivano, i sostituti → si costituiva così l’ordo senatorius (ordine
senatoriale).
I censori controllavano, come detto, la moralità dei senatori da iscrivere nella lista e tale controllo
si chiamava regimen morum = ‘regime dei costumi’. Una delle regole del mos maiorum era quello
che a un certo punto fu interdetto ai senatori di portare avanti attività commerciali ritenute non
appropriate (poteva farlo tramite un prestanome; pena: non entrare nella lista dei possibili
senatori).
Roma VS Latini
Le prime città che ebbero a che fare con Roma sono le città della Lega latina cioè appartenenti al
nomen latinum (= ’nazione latina’). L’utilizzo del termine nomen eccezionalmente veniva usato
per indicare una popolazione esterna a Roma e se viene fatto è proprio perché i latini ebbero per
Roma un ruolo fondamentale, ruolo che venne riconosciuto da Roma stessa. I romani dunque
indicava le varie popolazioni del Lazio (Volsci, Equi, Sabini ma anche gli Etruschi che vivevano nella
parte settentrionale del Lazio moderno) con il termine populus mentre, per i latini, utilizzava
Lazio antico (Latium Vetus) area intorno alla città di Roma in cui ricadevano le città latine. Fu la
prima area ad essere interessata dall’espansione del dominio romano. A Nord del Tevere invece
abbiamo Veio (etrusca), Pirgi (nei pressi dei quali vengono le laminette d’oro testimonianza di
lingua etrusca), Cere (etrusca anch’essa). Tutte queste città vennero incorporate nel territorio
romano divenendo vero e proprio territorio romano (a differenza di altri territori che verranno
dominati da Roma senza però entrare a far parte dell’ager romanus).
Guerre romano-latine: così chiamate perché furono molti i contrasti tra Roma e Lega latina
(confederazione che riuniva tutte le città latine).
Tra i più importanti scontri (aldilà degli episodi miti dell’età monarchica con Anco Marcio)
ricordiamo:
1) Battaglia del Lago Regillo (499/496 a.C.)
Fu il climax della prima guerra che si combatté nel primo decennio del V secolo a.C.
- Quando si conclude? 493 a.C. - Foedus Cassianum
Cioè con la stipula del Trattato romano-latino (che prende il nome dal nome del console che lo
firmò, Spurio Cassio Vecellino): pone Roma, città comunque latina poiché di fondazione mitica
latina, a capo della Lega latina.
- Fino a quando rimase valido? Fino al 390 a.C quando, in occasione del sacco gallico,
approfittando della debolezza di Roma, i latini vi ripresero le ostilità.
Roma si scontrò con tutta la Lega latina (tranne poche città che passarono dalla parte di Roma).
In età monarchica la Lega era costituita da 8 città
tra cui la più importante era Alba Longa fondata secondo il mito da Ascanio, da cui sarebbero
arrivati Romolo e Remo → ecco perché Roma si considera città latina
In età repubblicana diventano 35
Questa Lega fu sciolta nel 340-338 a.C. al termine di quella che viene chiamata la guerra la grande
Guerra romano-latina che portò all’incorporazione dei territori dell’ex Lega entro l’ager romanus.
Cosa previde il trattato Cassiano? Regolò i rapporti tra Roma e le altre città della Lega Latina (da
questo momento Roma vi entrò ufficialmente) stabilendo:
- Alleanza, su un piano di parità tra Roma e le altre città latine (solo teoricamente);
- Ogni città, a turno, comanda l’esercito comune (anche questo teoricamente);
- Stabilì dei privilegi che legavano Roma e le altre città differenziandole dal resto delle città
del Lazio che non facevano parte della nazione latina. Quindi accomunò queste città da un
punto di vista giuridico (da cui il concetto di diritto latino cioè di una cittadinanza che, pur
non essendo pienamente romana, era cmq in una posizione privilegiata proprio per questa
comunanza giuridica stabilitasi).
Stabilì quindi
● ius connubis = diritto di matrimonio
● ius commerci = diritto di tenere rapporti commerciali.
L’ultimo capitolo dei rapporti tra romani e latini fu la Guerra romano-latina (340-338 a.C.) i cui
antefatti vanno cercati nell’assetto che si era formato tra Lazio meridionale e Campania
settentrionale durante la prima guerra sannitica che si era conclusa con un trattato che
riconosceva ai romani una nuova e ampia zona di influenza che arrivava fino al fiume Liri (verso la
Campania settentrionale)
↓
ampliarsi verso Sud (oltre il Lazio propriamente detto) del potere di Roma
La prima guerra sannitica era scoppiata a seguito delle richieste d’aiuto rivolte dai Sidicini di Teano
e da Capua ai romani contro i Sanniti. La popolazione di Teano (Campania settentrionale) fu invasa
dai Sanniti e per questo chiese aiuto a Capua che non resse il nemico e quindi si rivolse a Roma. La
guerra finì con una parità (la tradizione romana dice che vinsero i romani) e noi possiamo dirlo
con certezza perché si concluse con un rinnovo del trattato (354 a.C.), che già vigeva prima delle
guerra, che fissava al fiume Liri il discrimine tra l’area di influenza romana e quella di influenza
sannitica; semmai quello che entrambi guadagnarono fu che i Sanniti si tennero Teano e Roma
riuscì a sottomettere Capua e con essa, indirettamente, tutte le città che erano sottoposte a Capua
(città a capo della Lega campana).
Questo potere di Roma creò malcontento negli abitanti di Teano, Capua e anche nei latini, se pur
non coinvolti → alleanza tra Latini, Campani, Sidicini, Aurunci e Volsci contro Roma che trovò
un inaspettato alleato nei Sanniti : RIBALTAMENTO.
Noi teniamo la datazione 343-341 a.C. per questa guerra ma sappiamo che le date della prima
guerra sannitica sono problematiche tanto è vero che alcuni ne negano l’esistenza e vedono
piuttosto nella più grande guerra contro i latini, un intermezzo sannitico.
La guerra romano-latina durò pochi anni (date incerte) e fu traumatica per i latini perche quella
30ina di città che facevano parte della Lega, furono trattate da Roma in maniera diversa:
- Alcune entrarono a far parte dello stato romano come municipi ( all’epoca = città sul
territorio romano, non di cittadini romani, in possesso di una certa autonomia politica
interna ma privi di autonomia per la politica estera);
- Altre ottennero lo status di città di diritto latino e in quanto tali godevano dei diritti antichi
(ius connubi e commerci a cui si aggiunsero ius migrandi e suffragi);
- Altre ottennero alcuni diritti dei cittadini romani, furono obbligati ad essere censiti e quindi
a servire come soldati, come alleati accanto alle legioni romane (NON furono cittadini
romani pieni perché NESSUNO OTTENNE LA CITTADINANZA ROMANA COMPLETA);
- Altre città che si erano ribellata a Roma, persero i loro privilegi/status di città latine (anche
giuridicamente) e diventarono città straniere che i romani trattarono come città alleate (i
socii di Roma come Tivoli e Preneste). Anche loro autonomia per politica interna, non
Roma mise in campo tanti strumenti diversi per gestire i rapporti con le città della ex lega: Roma
non applicava mai lo stesso strumento di controllo e, secondo gli studiosi, questa elasticità fu un
po’ la chiave del suo successo. Alcune divennero colonie (città con diritto latino che godevano di
privilegi con Roma), altre divennero socie (alleate e come tali dovevano pagare tasse e fornire
truppe), altre ancora ottennero una semicittadinanza.
A parte i latini, i Campani (più tardi: IV secolo inoltrato), e le popolazioni minori come Volsci ed
Equi, l’altro grande nemico dell’Italia antica di Roma furono gli Etruschi.
L’Etruria storica corrisponde a parte dell’Umbria, al Lazio settentrionale e all’intera odierna
Toscana MA, in cartina (nella slide 01:04:56) vediamo l’area di INFLUENZA etrusca che include
anche Roma che si trova proprio al confine tra confine etrusco vero e proprio e un’area di
influenza etrusca che si spinge fino all’area campana intorno a Cuma. Roma si trovava proprio al
centro di questi tratti commerciali che andavano dal cuore dell’Etruria all’Italia meridionale,
dove c’erano i Greci.
Le città etrusche erano città stato, come quelle greche (polis) e come sarà Roma (come la
definiscono le più antiche fonti greche).
Politica interna: rette o da un monarca o da un’oligarchia (classe ristretta)
Politica estera: erano tutte indipendenti , ciascuna con un’ager di riferimento ma erano tutte unite
in leghe/confederazioni che in questo caso si chiamano dodecapoli (=12 città). Noi consociamo
storicamente diverse confederazioni di 12 città tra cui spicca quella che aveva nella città di Cere
(oggi Cerveteri) il principale centro e tra le altre città Veio e Tarquinia (nome che tradisce la
possibile origine dei re romani).
- Aristodémo di Cuma (tiranno presso cui si era rifugiato Tarquinio) si trovò insieme ai Latini
ad affrontare gli Etruschi nella battaglia di Aricia (aldilà dei tratti sicuramente mitici è
storicamente attendibile poiché rimanderebbe alla tensione tra Etruschi e Latini nel Lazio)
- Prima spedizione contro Veio nel 479 a.C. (con cui ebbe a combattere ben 4 guerre) con
cui si contendeva il controllo del tratto finale del Tevere (importante per il commercio). Le
fonti la indicano come una sorta di guerra gentilizia perché non fu l’intero corpo civico
romano a prendervi parte ma solo la Gens Fabia (i Fabii) famiglia patrizia antichissima di
Roma (da cui Fabio Pittore e Il temporeggiatore). È chiaro che questa guerra fu guidata dai
Fabi che si portarono dietro i loro clientes. Fu una disfatta per i Fabi ma cmq fu motivo di
gloria per loro quello di essersi opposti a questo nemico.
- Vediamo ancora gli Etruschi all’epoca delle guerre civili tra Silla e Mario : molte città
presero la parte di Mario e alla vittoria di Silla (che diviene dittatore con lo scopo di
riformare lo stato) molte delle città etrusche che avevano patteggiato per Mario (come
Volterra) furono rase al suolo.
- Dal punto di vista amministrativo: suddivisone in 11 regiones dell’Italia antica (dal Nord
fino all’odierna Calabria perché Sicilia e Sardegna non erano regioni ma province quindi
non erano giuridicamente connesse al concetto di Italia) portata avanti da Augusto. Tra
queste regioni l’Etruria diventa la Regio VIII (Lazio settentrionale, Toscana, parte
dell’Umbria e dell’Emilia Romagna).
Possiamo concludere che gli Etruschi incisero di più nel periodo monarchico perché influenzarono
molto e contribuirono positivamente alla definizione della civiltà romana dal punto di vista
politico, culturale, artistico e monumentale (grande Roma dei Tarquini). I rapporti tra Roma ed
Prossima lezione: Sanniti (Silla arrivò a dire che nessun romano avrebbe potuto stare tranquillo
fino a quando anche un solo Sannita sarebbe vissuto).
Nel corso dei decenni si ebbe una differenziazione tra i sanniti interni ed esterni: originariamente
erano una popolazione appenninica che si diffuse poi altrove e questo fu dovuto anche a carestie/
epidemie che portavano parte della popolazione all’emigrazione → alcuni si spinsero verso le
coste della Campania che conoscevano da molto la civiltà greca (dopo età micenea i primi
approdi/centri commerciali greci nell’Italia meridionale, cioè nella Magna Grecia, riguardarono
proprio la Campania con l’aria di Pozzuoli, Cuma e dintorni) e la civiltà etrusca basate sul concetto
di città-stato, di città → i sanniti, che conoscevano solo la tribù, si fecero influenzare da queste
città e, cambiando anche il nome in “Campani” (perché li si erano insediati), adottarono anch’essi il
sistema politico della città-stato. Anche dal punto di vista commerciale cambiarono: i Sanniti
dell’interno era usi alla pastorizia e non conoscevano i commerci, i Sanniti campani invece furono
dediti al commercio!
La prima guerra sannitica nacque come scontro fra popolazioni di ceppo sannitico (interni e
campani).
Passo tratto dal V libro della Geografia di Strabone che riporta quanto avvenne all’indomani della
battaglia di Porta Collina (82 a.C.) che si inserisce nel contesto delle guerre civili e che vide
contrapposti gli ultimi baluardi sanniti a Silla. Strabone ci riporta un discorso (fittizio) che Silla
avrebbe pronunciato all’indomani della battaglia scegliendo di distruggere la civiltà sannitica
uccidendo fino all’ultimo sannita perché nessun romano avrebbe potuto vivere tranquillo finché i
Sanniti avessero avuto una propria autonomia. Questo è inverosimile dal punto di vista storico
perché nel I secolo a.C. erano ormai pochi i Sanniti rimasti, ma testimonia come furono davvero
questi nemici temuti e pericolosi. Bisognava quindi distruggere anche gli antichi centri come
Boviano (capitale dei Sanniti) che ancora oggi esiste come Boiano, comune del Molise.
Roma ebbe la meglio sui Sanniti che dovettero allontanarsi da Capua ma non rinunciarono a
Teano. Anche Roma cmq ebbe un guadagno: nuovi alleati e controllo riconosciuto su Capua e sul
territorio della Lega Campana → i latini non ci stanno e danno il via alla grande guerra romano-
La prima guerra sannitica è viziata anch’essa da enormi problemi di carattere storiografico perché
le fonti antiche sono incerte sugli eventi a causa di una ridondanza di episodi senza valore storico
→ alcuni ne negano esistenza (vedo ieri). Perché? Perché per i Sanniti non ebbe alcuna
ripercussione. Con certezza alla metà IV secolo (guerra romano-latina) Roma estese la sua area
di controllo anche alla Campania.
- Tale guerra assunse una direzione più favorevole ai Sanniti quando Roma cercò di attaccarli
anche alle spalle (dalle aree costiere dell’Adriatico dove c’erano i Frentani). Per farlo, fondò
una serie di colonie tutte intorno ai territori dei sanniti pentri, atte a contenere le
spedizioni sannitiche e rendere più facile l’attacco ai sanniti. Tra queste 13 colonie (incluse
6 nuove tribù di diritto latino) vi fu l’importante colonia Luceria (oggi Lucera, Puglia
settentrionale) fondata nel 312 a.C.
Tra gli altri elementi che permisero a Roma di attaccare facilmente era intervenuta la
costruzione della via Appia che migliorò rapporti con la Campania attraverso cui
trasportare le legioni romane.
- Nel 308 a.C. presero parte alla guerra gli Etruschi a favore dei Sanniti ma non giocarono un
grande ruolo bensì servirono solo a distrarre il nemico dal Nord MA ben presto costretti a
firmare una pace (diverso sarà il loro ruolo nella terza guerra sannitica).
- 304 a.C. Conquista di Bovianum, principale centro sannita, da parte dei romani che
costringono i sanniti a firmare un trattato di pace: STOP SECONDA GUERRA SANNITICA.
Con esso Roma confermò quanto già visto nel trattato del 354 a.C. recuperando Cales e
Fregellae. Tra le altre clausole:
● Altre popolazioni minori (Equi) persero la loro autonomia e vennero inglobate nell’ager
romanus e furono controllate grazie a uno stanziamento di colonie di diritto romano.
●Le altre popolazioni minori di stirpe sannitica (Marsi, Peligni, Marrucini, Frentani e
Vestini) diventarono tribù alleate di Roma.
● Gli Ernici, accusati di ribellione (fino ad ora fedeli alleati di Roma) vennero incorporati
nello stato romano senza diritto di voto.
La pace durò ben poco → nel 298 a.C. circa scoppia la terza guerra sannitica.
- Da parte romana invece abbiamo l’episodio della Devotio del console Publio Decio Mure.
Si tratta di un rito religioso tramite cui un console (per alcuni un qualunque cittadino)
sceglieva di immolarsi ai Mani (= anime dei defunti) per salvare il proprio esercito. In
entrambi casi destinatari del rito sono le divinità infere (i Mani e Tellus, divinità della
terra). Ideologicamente corrisponde proprio all’idea di Legio Linteata.
Questo dimostra che uno dei due riti dovette essere una ricostruzione storiografica falsificata (non
si sa quale dei due). Livio ci narra della Devotio di Publio Decio Mure figlio e lo stesso Livio
rimanda alla Devotio del padre.
- cittadini stanziati nelle città latine intorno a Roma → per volere di Roma, andavano a
fondare colonie di diritto latino (colonia di Anzio fu la prima colonia latina).
- oppure ancora si poteva trattare di cittadini romani che fondavano una colonia di diritto
latino MA dovevano accettare di perdere il loro status di diritto romano e diventare quindi
cittadini di diritto latino.
Le colonie di diritto latino furono più grandi e numerose perché avevano scopo difensivo e
strategico (controllare i territori). Ad esempio, per la preoccupazione dei Sanniti fu fondata la
colona di Esernia (oggi Isernia, Molise) nella seconda metà del III secolo, a controllo del Sannio
Pentro.
In Italia meridionale, prima dello scoppio della prima guerra punica, Roma fondò poche colonie ma
preferì ricorrere a trattati di alleanza.
Passo trattato da Livio sullo scioglimento della Lega Latina, in cui lo storico fa vedere i vari modi
che Roma ebbe per definire lo stato giuridico delle città appartenenti all’appena decaduta lega.
Aulo Gellio definisce le colonie dei “piccoli simulacri di Roma” perché quando si fondavano
colonie soprattutto di diritto romano, non solo si attuava il rito del pomerio, ma la nuova colonia
rispettava l’assetto di Roma (Foro, piazza principale, su cui dava il tempio dedicato alla triade
capitolina).
Come si vede nella cartina, alla fine della terza guerra sannitica, l’aria di controllo dei romani in
Italia divenne sempre più ampia soprattutto per quanto riguarda l’area centro meridionale, a
scapito dei Sanniti. L’area non divenne tutta ager romanus ma fu legata a Roma da trattati di
alleanza. Roma, a quest’altezza, non sceglie di distruggere i Sanniti (come farà Silla) ma sceglie di
lasciarle autonome limitandosi a controllarli tramite rapporti di alleanza forzata con lo
stanziamento di colonie che dovevano controllare i territori non appartenenti all’ager romanus in
cui erano stanziate queste comunità alleate.
Con i Greci Roma non si era ancora scontrata. I greci erano presenti in Italia da molti secoli a
partire dal fenomeno della colonizzazione in Sicilia e poi nelle coste dell’Italia meridionale. Furono
quindi sempre in buoni rapporti (se pur non alleati). Perché? L’espansione di Roma non era giunta
a tal punto da disturbare le città della Magna Grecia e gli interessi di Taranto (Tarentum), colonia
spartana, più importante città della Magna Grecia. Sarà proprio dal malcontento di Taranto nei cfr
dell’espansionismo romano che si avrà lo scoppio della guerra pirrica che indica una sorta di
evoluzione dell’espansionismo romano: Roma si trovò per la prima volta a combattere contro un
nemico nuovo, proveniente dall’esterno, Pirro, re dell’Epìro (oggi aree montuose interne
dell’Albania) che poteva vantare parentela alla lontana con Alessandro Magno. Il suo regno,
chiamato anche regno dei Molossi (antica tribù), rappresentava uno dei tanti centri nati intorno
alla Grecia, sorti dopo ala caduta dell’impero macedone di Alessandro Magno che si dissolse nei
regni ellenistici.
Vediamo quale fu la situazione geopolitica che portò Pirro ad attraversare l’Adriatico ed entrare in
Italia per muovere guerra ai romani tra 280 e 275 a.C..
Guerra di Pirro
(280.275 C.)
Tratti salienti:
- Vi prese parte la repubblica romana da un lato e dall’altro Pirro a capo di coalizione greco
– italica;
- Scoppiò a causa della rottura da parte di Roma del trattato di Capo Lacinio (firmato da
Roma e Taranto che definiva la zona di influenza romana rispetto a quella tarantina);
- Scontro tra Pirro e romani che si risolse in una serie di vittorie per Pirro che però non portò
al finale trionfo (fu poi sconfitto e costretto a lasciare la penisola).
Tra IV e III secolo a.C. le città della Magna Grecia si era scontrate con le popolazioni italiche
dell’interno, di stirpe sannitica (che si trovavano anche nella parte meridionale dell’Appennino)
che tendevano a spostarsi sulle aree costiere per motivazioni commerciali. Le coste ospitavano di
per sé o città campane o città greche (colonizzazione dal VII secolo a.C.) tra cui la più importante fu
Taranto che dovette confrontarsi spesso con i Bruzi e i Lucani (nell’area appenninica dell’odierna
Basilicata) che tendevano ad attaccare le aree sulla parte costiera ionica dell’odierna Calabria
sottoposta all’influenza tarantina. Taranto, secondo un atteggiamento che dimostrò già, priva di
un esercito importante (le poleis greche erano prive di eserciti importanti) si risolse a chiamare più
volte in aiuto comandanti stranieri (xenikòi strategòi) proveniente da Grecia, Sparta, Epiro e Sicilia
(vennero chiamati quindi Archidamo III di Sparta, Cleònimo di Sparta, Alessandro Il Molosso e
Agàtocle tiranno di Siracusa).
Per Taranto non era una novità chiamare aiuti dalla madre patria (Sparta) o da altre città della
Magna Grecia (come Siracusa).
Anche Pirro fu chiamato e anzi, fu l’ultimo di questi comandanti stranieri chiamato da Taranto, in
questo caso, contro Roma.
I rapporti tra Roma e Taranto erano tesi sin dalla terza guerra sannitica prima con l’alleanza tra
Roma e Napoli (spaccando il corpo civico in due fazioni) e poi per la fondazione della colonia latina
di Luceria (non lontano da Taranto) nella seconda guerra sannitica perché i tarantini temevano
questo espansionismo nella Apulia (Puglia) che ritenevano di propria pertinenza.
Alla fine della seconda guerra sannitica, vedendo che i romani avevano vinto, ritennero necessario
stipulare un trattato che servisse a delineare il punto geografico preciso oltre il quale non era
concesso alle navi romane di andare. Questo punto fu riconosciuto nel promontorio di capo
Lacinio (oggi capo Colonna presso Crotone) ma Roma lo superò = casus belli della guerra pirrica.
I tarantini tra l’altro, nello stesso momento storico dovettero chiamare lo spartano principe di
Sparta, Cleonimo, contro i Lucani (acerrimi nemici dei tarantini) che ancora, alla fine del IV secolo,
muovevano verso Taranto e che avevano trovato un alleato nei romani. Fu una scelta che voleva
sicuramente provocare una reazione dei Tarantini (anche se non fu dichiarata guerra).
Città della Magna Grecia (vedo cartina slide): Neapolis, Tarentum, Capo Lacinio (freccia azzurra).
Nella slide successiva vediamo l’area di influenza romana poco prima dello scoppio della guerra
pirrica (area marrone non tutta di ager ma controllata). Nell’area più chiara invece ci sono le aree
in cui il controllo romano non era ancora arrivato tra cui anche l’area dei Sanniti che per ora non
ricevettero ancora colonie al suo interno con funzione di controllo. L’area lilla è quella di controllo
tarantina che oltre a Crotone include anche Turii (che costituì una della cause dello scoppio della
guerra).
- Le richieste di Pirro furono respinte anche grazie all’opposizione di Appio Claudio Cieco
che fu portato in senato (la leggenda lo vuole cieco) pronunciando un’orazione forte contro
Pirro e Cinea perché Roma, accettando, avrebbe perso il controllo sull’Italia meridionale e,
come sappiamo, Appio Claudio Cieco fu sempre un sostenitore di questo espansionismo (si
pensi alla Via Appia che collegava Roma alla Campania).
Conseguenze per Roma? Pirro lasciò a Roma le città della Grecia anche quelle che si erano
rivoltate contro Roma. Taranto, come ci dice Polibio, capitolò nel 272 a.C. e i romani
continuarono a combattere sottomettendo tutte le popolazioni che si erano schierate con
Pirro. Cosa interessa a noi? Roma ampliò il suo dominio su TUTTA l’Italia meridionale grazie
a una guerra il cui impulso venne da una città greca.
Il controllo non era diretto = queste città greche non facevano parte dell’ager romanus ma
furono costrette a firmare trattati di alleanze. Ad esempio Taranto, non fu rasa al suolo
(nonostante fosse stata lei a chiamare Pirro) ma fu costretta a diventare socia → mantenne
le sue strutture politiche interne, fu privata di buona parte della flotta, perse la possibilità
di svolgere politica estera autonoma. L’ager romanus per ora era ancora nelle zone
limitrofe a Roma → dovremo aspettare il I secolo a.C. perché anche l’Italia meridionale
divenne ager romanus.
È inevitabile a questo punto per Roma, scontrarsi con Cartagine. Ormai Roma era una
città di carattere nazionale, non più una città-stato → 3 guerre puniche in cui le prime due
videro gli scontri su suolo italico.
1) 509/508 a.C.: data sospetta perché coincide con inizio periodo repubblicano. È un trattato
che sembra più adattarsi a una città etrusca che latina (proteggeva le coste laziali e Roma
all’epoca non aveva grandi interessi su quei territori).
Esiste un dibattito storiografico antico:
- Polibio afferma che egli ha potuto vedere il testo ma non è riuscito a tradurlo per la
lingua troppo arcaica.
- Anche Livio testimonia non esplicitamente ma implicitamente quando, parlando del
trattato di Filino (306 a.C.), afferma che questo sarebbe stato il terzo trattato e noi
sappiamo che ce ne fu uno anche nel 348 a.C. (quindi il terzo deve essere quello del
509).
- Per Diodoro Siculo quello del 348 sarebbe stato il primo trattato tra le due città quindi
nega il trattato del 509.
- La critica moderna tende ad ammetterne l’esistenza (però non proprio nel 509 ma
almeno negli ultimi anni del VI secolo a.C.).
In sintesi: il trattato riconosce il dominio di Roma sul Lazio e Cartagine come potenza
navale (su Sicilia, Sardegna e Corsica).
Questo trattato non fa altro che ribadire quanto già stabilito in quello del 509 (alcuni
studiosi lo ritengono una copia con l‘aggiunta di alcune città incluse in questa sfera di
protezione).
Sempre Polibio ci riporta il testo: in Sardegna o in Libia (= Africa settentrionale) nessun
romano doveva commerciare o fondare città e se una tempesta li avesse portati lì, si
sarebbero dovuti allontanare entro 5 giorni.
Così chiamato perché dal nome dello storico di Siracusa che ne ha parlato e che
consociamo solo perché sappiamo che Polibio lo consultò per scrivere la parte della sua
opera sulle guerre puniche. Polibio dice quindi di aver trovato tracce di questo trattato di
Filino che metteva in stretta connessione il trattato con lo scoppio della prima guerra
punica MA Polibio è scettico nei confronti di questo trattato e della testimonianza di Filino
perché non ne aveva trovato traccia in nessun archivio romano e poi perché è probabile
che Filino (storico filo cartaginese e antiromano) se lo sia inventato per mettere in cattiva
luce i romani visto che, dalla sua esistenza o meno, dipendeva la responsabilità di chi aveva
dato il via allo scontro:
- se esisteva, allora è stata colpa dei romani che hanno rotto il trattato
- Se non esisteva, la responsabile sarebbe stata Cartagine.
L’area di controllo romana, in rosso, si è ampliato molto intorno all’area appenninica, (presa ai
Sanniti) con le sue colonie/socie; in giallo l’area dei greci si è allargata a danno dei cartaginesi; in
verde i cartaginesi che persistono però a controllare le isole oltre che aree sempre più vaste
dell’area settentrionale.
4) 279/278 a.C.
Quando Cinea Tèssalo si trovava a Roma per convincere il senato a firmare la pace con
Pirro, per spronare i romani giunsero anche i cartaginesi con una flotta → Roma e
Cartagine si legavano e promettevano di portarsi aiuto nel caso in cui una delle due si
trovasse in guerra con Pirro. La situazione del Mediterraneo occidentale in questi anni si
presenta così: il dominio rosso di Roma ancora più sviluppato dopo la terza guerra sannitica
(comprende anche gli alleati, non è tutto ager romanus); i greci, in giallo, sono in difficoltà
tanto è vero che Taranto si trova Roma tanto vicino ed è per questo che chiama Pirro; in
verde i cartaginesi che si sono di nuovo espansi in Sicilia a oriente a danno di Siracusa = allo
scoppio della guerra pirrica i cartaginesi avevano un grande potere e quindi si capisce bene
perché era disposti ad aiutare Roma e contrastare l’espandersi del dominio greco in Italia
meridionale.
I dettagli delle battaglie sul manuale. Diciamo solo che Roma, pur non essendo una potenza
marittima, seppe tenere testa anche grazie a nuove tecniche (slide battaglie).
Vince Roma → conquista la Sicilia prima provincia impero romano (solo a Oriente, Siracusa,
rimase indipendente).
Alla fine della guerra ci fu un trattato: i cartaginesi dovevano lasciare la Sicilia + Cartagine non
poteva muovere guerra ad alcun nemico senza prima chiedere autorizzazione ai romani e questo
fu il motivo per cui Cartagine perse la Sardegna e la Corsica per la ribellione dei mercenari. Ma
perché? Perché se avesse potuto intervenire contro i suoi ex mercenari, forse avrebbe potuto
mantenere le isole. Polibio stesso, pur essendo filo romano, disse che Roma forse sfruttò un po’
questo lato del trattato perché non concedendo a Cartagine la possibilità di reagire, non ha fatto
altro che aprirsi le porte del dominio sulla Sardegna stessa; Secondo Polibio si poteva lasciare la
Sardegna a Cartagine anche perché doveva pagare fonti belliche, i danni di guerra a Roma, e per
farlo aveva bisogno di introiti → Cartagine dovette cercare altrove questi introiti → espansione di
Cartagine in area iberica (coste meridionali della Spagna) che sarà tra le cause della seconda
guerra punica.
L’espansionismo sull’Iberia, dove Cartagine fonderà anche la colonia di Carthago Nova (odierna
Cartag(h)ena), determinerà l’intervento di Roma.
L’espansionismo cartaginese spaventò Marsilia, colonia greca da tempo alleata di Roma (e
secondo la tradizione anch’essa di origine troiana), perché temeva che Cartagine arrivasse in
- Furono in molti a preferire che invece si andasse allo scontro e quest’altra parte
dell’élite espresse le sue perplessità e riuscì a porre al fianco di Q. Fabio Massimo, il
magister equitum M. Terenzio Varrone, maestro comandante della cavalleria che
affiancava il dittatore.
Tra coloro che tradirono Roma ci fu Capua e questo fu eclatante perché era alleata di Roma fin
dalle guerre sannitiche. Perché lo fece? Perché Annibale promise a Capua che sarebbe diventata la
città principale della penisola italica → sconcerto per Roma (lo vediamo nel discorso che il console
fece ai capuani e che ci tramanda Livio: i capuani avevano preferito fare fronte con un nemico
estraneo all’Italia, che arrivava dall’Africa e che dunque avrebbe ridotto l’Italia a provincia
dell’Africa, Capua compresa; questi nemici sono disumani e compiono cose empie).
Altra città traditrice fu Arpi, in Puglia settentrionale, tuttavia in questo passo di Livio, vediamo
come i soldati romani si rivolsero a quelli di Arpi incitandoli a lasciare il fonte punico affermando
che mentre i romani e gli abitanti erano entrambi appartenenti allo stesso fronte etnico, Annibale
era uno straniero e quindi perché (chiedono) combattete con un individuo che ci renderà tutti
schiavi?
Sono tutti discorsi fittizi ma reali nel contenuto!! Sappiamo per certo che Arpi abbandonò il fronte
punico tornando ad essere alleata di Roma (sicuramente non per questo discorso ma più per
ragioni economiche); Capua invece no → quando Roma vinse la seconda guerra, Capua fu punita
con la privazione dell’autonomia politica che le era stata lasciata e con la privazione delle
magistrature locali: non ebbe più i propri magistrati ,ma li ricevette da Roma → PUNIZIONE
GIURIDICA.
Roma, per convincere gli alleati, predicevano che Annibale avrebbe ridotto l’intera Italia ad una
provincia dell’Africa (insopportabile per i romani e tutti gli italici).
Il trattato che pose fine alla guerra fu siglato nel 201 a.C. con la solita richiesta di indennità ma
viene incluso anche il re Massinissa importante perché, nella seconda guerra punica, questo re
della Numidia (a sud del territorio Cartaginese) divenne alleato di Roma compiendo azioni di
disturbo lungo i confini meridionali dello stato di Cartagine → Cartagine fu costretta a distogliere
alcune truppe dal fronte romano. Massinissa, al pari di Roma, ricevette indennità di guerra e i
romani ribadirono che i cartaginesi non potevano far guerra a nessuno senza autorizzazione del
senato romano; tra l’altro i cartaginesi furono costretti a consegnare una buona parte della loro
flotta → si tentò di ridimensionare il potere marittimo di Cartagine (perché dopo la prima guerra
punica i Cartaginesi si seppero riprendere andando in Spagna). I romani infine ottennero il
controllo di parte della costa meridionale della penisola iberica: fondate le prime province
Hispania Ulterior e Hispania Citerior.
- Massinissa, primo re cliente di Roma (il suo regno era libero e autonomo ma era
subordinato rispetto a Roma);
- Impossibilità per Cartagine di fare guerra a qualsiasi nemico.
Questi due punti si saldarono e portarono allo scoppio perché Massinissa si approfittò della
posizione di privilegio e cominciò ad erodere parti dello stato di Cartagine che non poteva reagire
senza autorizzazione di Roma!! Chiese il permesso al senato romano che però non lo concesse. Ci
fu un difficoltoso dibattito nel senato di Cartagine (sinedrio) che conosciamo dalle fonti antiche e
che vide:
- Una parte che voleva reagire, capitanata da Annibale (che non era morto nella Battaglia
di Zama) ;
- Filo cartaginesi che avrebbero voluto l’aiuto di Roma ed evitare di contraddire il
trattato con Roma.
Questa parte filo cartaginese ebbe la meglio all’inizio tanto che mandò in esilio Annibale (presso
Antioco III, guerra siriaca) per dimostrare buone intenzioni a Roma ma non bastò perché Cartagine
alla fine reagì contro Massinissa rompendo il trattato.
Massinissa invece di essere punito per le scorrerie nel territorio di Cartagine, adesso fu appoggiato
da Roma che aveva dichiarato guerra al re della Numidia e quindi, a Roma.
Anche a Roma ci fu un dibattito: cosa fare di Cartagine.
- Per alcuni (Marco Porcio Catone, Il Censore) era da distruggere per la pace di Roma;
- Per altri (come alcuni degli Scipioni) era necessario mantenerla in vita perché se Roma
l’avesse definitivamente sconfitta, sarebbe venuto meno il metus punicus cioè ‘il
terrore dei cartaginesi’ che era necessario poiché a Roma avremmo avuto un
rilassamento dei costumi e i giovani non avrebbero pi avuto necessità di un duro
addestramento militare.
Ebbe la meglio Catone → inizia l’assedio di Cartagine che venne distrutta → viene lì costruito il
nucleo di quella che sarebbe stata un’altra provincia: la provincia d’Africa. I territori di Cartagine
divennero ager publicus e furono dati in affitto a coloni italici, romani e libici → colonizzazione
mista che serviva a tenere sotto controllo i punici che erano sempre un po’ una preoccupazione.
Fu scelta poi la città di Utica che venne ingrandita e divenne la nuova capitale della nuova
provincia.
L’importanza di questo avvenimento sta nel fatto che Roma inizia ad adottare un nuovo sistema di
controllo: non più alleati (che potevano funzionare per i territori vicini a Roma e che Roma non
Il pagamento dei tributi non viene chiamato tributum o stipendium (termine tecnico per
indicare le tasse delle città provinciali) ma si utilizza il termine decime = decima parte del grano
che ogni città produceva → per molto tempo si disse che la Sicilia fino alla conquista dell’Egitto,
rappresentava per Roma il granaio.
Cicerone ci dice poi che nella riscossione di queste tasse, Roma non introdusse una nuova
legge ma si rifece alla Lex Hieronica che è una legge che fu introdotta nel corso del III secolo da
Ierone di Siracusa, tiranno, che alle città sottoposte al suo controllo richiese il pagamento di un
tributo in grano.
Guerre servili
Furono 3 ed interessarono al Sicilia:
1) 135-132 a.C. a cui seguì la lex Rupilia;
2) 102-98 a.C. intervento di un personaggio che vedremo poi nelle lotte civili, Gaio Mario;
3) 73-71 a.C. famosa per la figura di Spartaco.
Nell’età delle guerre civili la Sicilia tornerà ad essere protagonista all’interno dei giochi di potere
del secondo triumvirato ma, in età repubblicana, fu interessata poco da fatti importanti per la
- 5 Città immuni e libere non sono federate perché erano state vinte da Roma, o comunque
si erano trovate in condizioni di svantaggio, e godevano di una posizione giuridica
privilegiata perché Roma aveva deciso che non dovessero pagare il tributo e fossero
indipendenti e libere. Ma queste città erano tali non per un trattato bilaterale ma per
gentile concessione: trattato unilaterale → Roma poteva revocare i vantaggi quando
voleva. Lo stesso accadeva alle città alleate del suolo italico: NB non confondere queste con
le alleate provinciali (l’Italia non fu provincia fino a Diocleziano).
- Grande numero di città che dovevano pagare la decima. Non ne conosciamo i rapporti con
Roma ma è verosimile che esse mantenessero un’indipendenza interna che prevedeva di
mantenere i propri organi (come tutte le città provinciali) quindi i propri magistrati, senato
e comizi. Non erano però libere cioè non potevano avere politica indipendente con le altre
città della provincia. Tra queste rientrano anche le 40 città che si erano date in fidem a
Roma (anche se prima si erano opposte a Roma durante la guerra punica). La Deditio in
fidem era una procedura verbale e formale con cui una comunità si affidava a Roma che
doveva proteggerla in cambio di diritti sulla comunità stessa. Come detto Roma era
clemente e preferiva non avere nemici ma alleati (lasciando indipendenza, ecc) e infatti
furono pochi quelli a cui questo non andò bene e quando accadde che ci furono rivolte,
come la guerra sociale, non fu per ottenere maggiore dipendenza (che già era garantita)
ma per entrare a far parte dello stato di Roma.
- Infine c’erano pochissime città (ce lo dice Livio) che furono davvero conquistate,
assediate e vinte → trattamento peggiore = non rase al suolo ma private del proprio ager
Cicerone ci parla solo delle prime, Livio ci parla anche delle censorie. Perché Livio lo fa e Cicerone
no? Una delle ipotesi è che l’unica differenza era “a chi si pagava” il tributo (fosse grano o meno),
cioè chi le riscuoteva? Per le decumane i questori, magistrati provinciali di carattere finanziario
che raccoglievano il grano e lo spedivano a Roma. Le città censorie invece lo avrebbero pagato al
censore. Il fatto che Cicerone non ne parli, sarebbe una prova che esse, dal punto di vista
numerico, era davvero poche quindi egli potrebbe averle dimenticate per svista o si può pensare
che le città che mossero causa a Verre fossero tutte decumane.
Un aspetto importante fu la differenziazione anche giuridica, oltre che ideologica, tra provincia e
Italia: l’Italia fu giuridicamente qualcosa di diverso dalla provincia ciò che vale per l’Italia non
valeva per la provincia ad esempio l’auspicatio, fondamentale per Roma, era intimamente
connesso al concetto di Italia = poteva avvenire solo su suolo italico perché la Sicilia e poi tutte le
province, fu vista come qualcosa di extra-italico. Quindi abbiamo una definizione dal punto di vista
Il legame con il regno di Pergamo, prima di tipo amichevole e basta, si rafforza quindi a partire da
questa guerra ed è qui che inizia a circolare una tradizione per cui a Roma sarebbe stata portata la
rappresentazione di una divinità (la Grande Madre rappresentata da una pietra nera a forma di
cono allungato) da Pessinunte (nel regno di Pergamo) a Roma; secondo le fonti antiche il dono fu
dato all’ambasceria romana giunta a Pergamo a seguito della lettura di un oracolo contenuto nei
Libri Sibillini (letti da sacerdoti particolari in momenti difficili): se Roma avesse trasportato l’idolo,
sarebbe stata in grado di cacciare dall’Italia il nemico punico, Annibale → Da un punto di vista
ideologico il regno di Pergamo ebbe un gran ruolo, a cementare un rapporto positivo tra i due.
Tale rapporto poi si andò ad esplicare nel contesto del più grande mito troiano perché secondo la
tradizione la dea era originaria della Troade, mitica patria dei romani → Tutto unito dal punto di
vista ideologico, religioso e propagandistico. L’idolo venne portato entro il pomerio, sul palatino
venne costruito un nuovo tempio che venne dedicato nel 191 a.C. e in onore della dea si tennero
per la prima volta i Ludi Megalenses (Megale = ‘grande’ in greco), celebrati con spettacoli teatrali
per i quali scrissero alcune opere Plauto e Terenzio. La divinità fu accolta a Roma da un giovane
della famiglia degli Scipioni (e coerentemente sarà uno Scipione a sconfiggere Annibale!).
Il console Tito Quinzio Flaminino fu colui che guidò le operazione e che vinse Filippo V nella
battaglia di Cinocefale (In Tessaglia) nel 197 a.C.→ fu costretto a lasciare i territori che aveva sotto
controllo e a pagare alcune indennità di guerra. Come solito però, alla fine di questa seconda
guerra, Roma non intervenne in maniera dura e infatti il regno di Macedonia rimase esattamente
com’era (dovette solo rinunciare ai possedimenti che aveva da poco incorporato) → risentimento
della Lega Etolica che avrebbe voluto lo smembramento del regno macedone per poi averne una
parte. La Lega Etolica tra l’altro non ottenne nulla di quello che aveva richiesto ai romani, a
differenza di tutti gli altri che fecero parte della coalizione → secondo le fonti fu una vendetta per
la famosa pace del 206 a.C.!!!!
Furono compromessi i rapporti tra Roma e Lega Etolica.
Trattato di pace tra romani e macedoni, nelle parole di Livio: Europa significa Grecia perché,
nell’età antica, il concetto di Europa si identificava quasi totalmente con la Grecia cioè con
l’Occidente a cui si contrapponeva l’Asia cioè tutto ciò che stava aldilà dell’Ellesponto (odierno
stretto dei Dardanelli) e quindi l’Oriente. I romani poi si impossessarono del concetto di Europa ed
esso arrivò a coprire territori ben lontani dalle Grecia. Le truppe che erano state trasferite in
Grecia da Flaminino per muovere guerra ai macedoni, furono ritirate nel giro di pochi anni al
massimo (2/3 anni dopo, cioè nel 194 a.C.) e questo fu motivo di grande successo perché la
propaganda macedone si aspettava che i romani avrebbero esteso il loro dominio sulla Grecia ed
invece i romani, astuti, ritirarono tutte le legioni lasciando la Grecia libera e anzi vollero
proclamare la libertà e l’autonomia delle Grecia raggiunta grazie al loro aiuto. Questo grande
annuncio fu dato nel corso dei giochi Istmici a Corinto, importanti per la grecità completa perché a
Corinto si riunivano tutti gli ambasciatori dell’intera Grecia, tutte le comunità greche → Roma era
così la prima città barbara (non greca, tutt’al più troiana ma i troiani potevano essere sia greci che
barbari perché la loro grecità non era così netta) ad essere invitata ai giochi istmici di Corinto!! È
qui che il console Flaminino proclamò la libertà della Grecia secondo le parole riportate in un
passo di Livio: in una situazione di silenzio assoluto, in tutti scoppiò una grandissima gioia =
ASTUZIA di ROMA nel conquistarsi il favore dei greci.
Terza guerra macedonica
Questa guerra aveva mostrato come l’espansionismo faceva comodo a tutte le classi:
- i ricchi vedevano aperte nuove vie commerciali con maggior circolazione di merci ma anche di
schiavi tanto che ci fu un’evoluzione dell’economia perché c’erano più braccia
- i più poveri perché, con l’abolizione del tributum, smisero di pagare!
Testimonianza di Cicerone dal De offìcis in cui si richiama l’abolizione del tributum grazie
all’enorme tesoro macedone che Emilio Paolo portò a Roma.
Altra testimonianza di Livio che invece ci dice come fu organizzato il regno di macedonia in 4 stati
e vediamo che Roma pretese per sé lo sfruttamento delle miniere d’oro e d’argento che fu vietato
ai macedoni a cui fu permesso solo l’utilizzo di quelle di ferro e di altri materiali.
- Viene sciolta la Lega Achea che, approfittando del disordine causato da Andrisco, si ribellò
a Roma (per la punizione subita) ma fu vinta da Metello che scese in Grecia continentale
portando con sé l’altro generale Lucio Mummio Acaico. Quest’ultimo saccheggiò Corinto,
principale città della Lega Achea, riducendo l’area a provincia. Le fonti sono qui incerte:
secondo alcuni l’area dell’Achaia (dove si trovava le città della Lega) già in questo momento
divenne provincia cioè la provincia di Achaia che poi avrebbe inglobato tutta la Grecia (il
Peleponneso, Atene e così via); per altri invece questa non divenne subito provincia ma
divenne una sorta di protettorato della provincia di Macedonia.
La guerra siriaca
(192-188 a.C.)
Passo indietro. Roma contro Antioco III, re di Siria membro della dinastia Seleucide fondata da
Seleuco I Nicatore che fu compagno di Alessandro Magno e, dopo la morte di quest’ultimo, regnò
sulla parte orientale dei domini di Alessandro Magno e cioè sulla Mesopotamia, sulla Siria, sulla
Persia e sull’Asia minore dando vita all’impero seleucide.
Il regno seleucide era a contatto con quello di Pergamo (che si trovava tra quello seleucide e quello
macedone = forti antipatie per entrambi → Anche nella guerra di Siria il regno di Pergamo giocò un
ruolo importante).
Antioco approfittò della debolezza di Filippo V, impegnato nella seconda guerra macedonica, per
stendere i propri possedimenti a danno del regno macedone e delle città greche sulle coste
dell’Asia minore, in particolare nell’area dell’Eolide (più o meno in corrispondenza dell’Ellesponto
che addirittura attraversò e giunse in Tracia, da sempre sotto il dominio macedone).
Questo allargamento di potere spaventò il regno di Pergamo che chiese aiuto a Roma.
Roma fondò sul suo ruolo di protettrice la giustificazione del muovere guerra ad Antioco. La
tradizione vuole che Antioco III abbia mosso guerra a Roma su istigazione di Annibale che si
trovava alla sua corte dopo essere stato esiliato dopo la seconda guerra punica.
La guerra scoppiò alla fine del 192 dopo una lunga serie di trattative tra Roma e i legati di Antioco.
Si cercò di non arrivare alla guerra e di mettere in cattiva luce l’avversario attribuendone il casus
belli.
L’importanza della propaganda fu tale che lo storico moderno Badian ha parlato in termini di
<<Cold War>> cioè guerra fatta inizialmente solo di propaganda. Negli incontri che si svolsero a
Corinto, Efeso e Roma, furono usati argomenti propagandistici per giustificare il ricorso alla guerra.
Il principio alla base dell’ideologia seleucide fu quello del “diritto di lancia”(dorichtetos chora in
greco) = diritto di ampliare il regno di Siria perché i territori che stava, aveva e avrebbe
conquistato facevano già parte dell’antico impero seleucide fondato da Seleuco I (come aveva
detto Filippo V a proposito della seconda macedonica). Oltretutto per Antioco era ridicolo che una
città barbara come Roma avocasse a sé il diritto di proteggere le città greche (anche se i romani
fossero stati troiani, esserlo non significava essere greci a differenza di Antioco III che era greco a
La dimensione del concetto di ecumenico cambia con i decenni e con i secoli cambiando anche le
percezioni geografiche.
Situazione geopolitica
I seleucidi si sono allargati riducendo di molto l’area del regno di Pergamo (Smirne, Lampsaco e le
altre furono le prime a cadere sotto i seleucidi). La Macedonia era non belligerante (non prese le
parti di nessuno..non si direbbe dalla cartina → controllo manuale); la Lega Achea prende la parte
dei romani, la Lega Etolica passa al fronte seleucide contro Roma.
Prima sconfitta subita da Antioco fu alle Termopili (importante perché lì morì Leonida con gli
spartani nel corso delle guerre greco-persiane)→ la guerra continua con diverse vittorie a favore
dei romani. Vi prende parte anche Scipione l’Africano in qualità di legato/consigliere del fratello
Lucio Cornelio Scipione (l’Africano non poté essere mandato come console perché non poteva
essere letto tale non essendo ancora passati 10 anni dall’ultimo incarico nel 194 a.C.; nonostante
ciò sappiamo che a dirigere le operazioni di guerra fu poi nei fatti l’Africano).
Antioco viene quindi sconfitto definitivamente da Roma e i suoi alleati nella battaglia di
Magnesia nel 190 a.C.
Segue la pace di Apamèa del 188 a.C. importante perché dimostrò ancora una volta quale fosse la
politica che Roma tendeva ad assumere nei cfr dei regni ellenistici: anche qui non prese azioni
punitive nei cfr della Siria che rimase come prima; semmai perse i vari territori su cui si erano
allargati (aree nell’Eolide, Tracia e così via). Gli altri territori furono distribuiti diversamente ai vari
alleati: ad essere premiati furono soprattutto Rodi e Pergamo. Le città greche rimasero tali e
indipendenti come alla fine della seconda guerra macedonica (almeno per ora). Antioco pagò
indennità di guerra, dovette distruggere gran parte della guerra e consegnare i nemici di Roma tra
cui Annibale che però fuggì sul Mar nero, in Bitinia, dove poi si suicidò. La Siria qui ancora non
decide di usare il sistema provinciali, preferisce alleati.
Situazione geopolitica
Regno di Pergamo notevolmente ampliato, Rodi ha dei territori anche sulla terraferma e non solo
sull’isola, il regno seleucide è ridotto alla Siria e alle zone orientali.
Come Roma organizza il regno seleucide? Notazione di Livio: la consuetudine antica fu quella di
inviare 10 senatori a gestire le questioni dell’Asia in cui, anche se non fu ridotta a provincia,
bisognava decidere cosa dare a chi. Questo fu deciso in un incontro a cui presero parte gli
ambasciatori di tutti gli alleati + i 10 senatori romani che dovevano controllare che non ci fosse
alcun rischio per Roma.
Ager = ‘territorio’. Nel corso dell’espansione sulla penisola italica, Roma preferì non annettere i
territori ma stipulare trattati. Il territorio di queste comunità alleate rimaneva di pertinenza delle
comunità (usato a scopi di agricoltura, pastorizia, commercio: per sussistenza).
In altri casi Roma invece annetteva i territori con conseguente espandersi dell’ager romanus cioè
del territorio di Roma, organizzato poi in tribù territoriali che servivano per dividere in unità
elettorali i cittadini romani (anche coloro che avevano il domicilio su questi territori rurali
Questa suddivisione in 3 tipi di ager implicava una serie di regole giuridiche e leggi che
sovraintendeva lo sfruttamento da parte dei cittadini romani, latini, italici del territorio del proprio
ager.
Prima della guerra sociale, l’ager romanus era diviso in due tipi di municipi (= comunità autonome,
ciascuna dotata di una sua peculiare forma amministrativa):
- Municipia optimo iure comunità di cittadinanza romana nelle quali i cittadini godevano di
diritti della cittadinanza romana in maniera completa. Era come se abitassero a Roma;
- Municipia sine suffragio la cittadinanza non prevedeva il diritto di voto a Roma (votavano
solo entro i loro municipi per le proprie magistrature).
NB: Munucipia erano preesistenti all’espandersi del dominio romano su di esse (erano città già
esistenti) VS colonie che sono invece aree fondate dove prima non c’era niente, sono città nuove.
Aulo Gellio, poligrafo, ci dice a proposito dei municipi, che tutti sono legibus sui set suo iure
utentes = sono in grado di utilizzare le proprie leggi e il proprio diritto → anche lui rimarca l’ampia
autonomia interna.
Nell‘ ager romanus c’erano distretti non urbanizzati, privi di municipia, in cui vigeva il sistema
pagano-vicanico. In queste aree ad amministrare intervenivano le praefecture = sistema di
amministrazione tipicamente romano per aree prive di città.
L’ager inoltre poteva essere:
- Publicus parte più grande del territorio romano, territorio appartenente allo stato che lo
gestiva in modo da farlo fruttare (canoni di affitto a privati). La differenza rispetto al
privatus è che tali privati dovevano pagare una qualche forma di tassa, vectigal, allo stato
che così traeva guadagni da questi territori demaniali o pubblici. Esso poteva poi essere
distribuito (regalato o concesso ai privati per un certo tempo) in determinate occasioni: ad
esempio le concessioni viritane (= concessioni fatte agli ex soldati che ricevevano come
premio un appezzamento di terreno perché lo sfruttassero gratuitamente. Perché? Perché,
dopo aver prestato servizio per molti anni al servizio di Roma, avessero una fonte di
sostentamento). In realtà a seguito delle guerre d’oltremare, ci fu un tale sconvolgimento
entro la società, che anche lo sfruttamento dell’ager publicus, nel II secolo a.C., andrà
incontro a enormi sviluppi.
- Privatus costituito dai terreni in piena proprietà privata (dominum ex iure Quiritium) di
cittadini privati che avevano su di essi un durevole sfruttamento. Era un dominio definito in
Il primo municipio a ricevere la civitas sine suffragio fu Cere, nel 390 a.C., per aver accolto gli
oggetti sacri di Roma e aver ospitato le vestali durante il sacco gallico.
Sempre Aulo Gellio ci parla della civitas sine suffragio mentre spiega che cos’è il municipio: coloro
che la possiedono sono senza diritto di voto + dispensati dagli affari e dalle cariche a Roma + ci
parla delle Tabulae Caerites (o ceritane cioè ‘tavole di Cere’) tavole su cui dal 390 a.C. venivano
scritti i nomi di quei cittadini che non avevano il diritto di voto (prima quelli di Cere e poi anche
quelli degli altri municipi). Queste tavole erano custodite e compilate dai censori. In epoca
repubblicana, quando cadde in disuso la concessione della civitas sine suffagio (perché dopo la
guerra sociale, non aveva più senso visto che tutti i municipi divennero municipi con cittadinanza
piena) a Roma persistette l’uso di queste tavole ma su di esse vi si scrivevano ora quei cittadini
romani che, per qualche motivo (ad esempio condanna a processo) avevano perso li diritto di voto
(temporaneamente oppure no).
Il primo municipio optimo iure fu Tuscolo (Tusculum) nel 381 a.C., che dopo la guerra romano-
latina, nel momento in cui Roma sciolse la lega di cui questa città faceva parte, mantenne la
cittadinanza completa senza essere punita.
Nel passo vediamo i trattamenti riservato alle altre città. Ad esempio gli Anagnini ottennero la
cittadinanza romana senza diritto di voto MA persero la propria autonomia interna → varietà
trattamenti.
AGER LATINUS
Inizialmente corrispondeva al territorio in cui ricadevano le comunità della lega Latina (erano le
uniche all’inizio appartenenti al nomen latinum). Dopo lo scioglimento della Lega latina, abbiamo
un’evoluzione nel concetto di latinità (latinitas): non è più una caratteristica innata ma diventa
uno status giuridico → a pari della civitas romana viene introdotta la citivitas lati