Il capolavoro di Virgilio è l'Eneide. Le sue opere principali sono le
Bucoliche e le Georgiche. Quest’opera di Virgilio in realtà un'opera che ha che gli viene commissionata gli viene commissionata dal dallo stesso Princeps Augusto Ottaviano che ancora non era un Imperatore a tutti gli effetti, anche se aveva stabilito un regime che noi chiamiamo e definiamo Principato, aveva pieni poteri. Augusto si presentava come colui che aveva soltanto portato la pace e l'ordine dopo le guerre civili e aveva formalmente riconsegnato nelle mani del Senato tutta tutte le prerogative, che quest’ultimo aveva di fatto. Aveva pieni poteri (c'era stato un lungo periodo di guerra, di guerre civili e poi ancora qualche campagna militare giusto per rinsaldare i confini meridionali e quelli occidentali dei possedimenti Romani) però Augusto si pose alla base di quello che era la sua politica, soprattutto il desiderio di raggiungere la pace e l'ordine ripristinando gli antichi valori: quelli del Mos maiorum (cioè il costume degli antenati le tradizioni), i valori morali che dapprima le guerre civili, in realtà, avevano spazzato via sicuramente. Augusto ha perseguitato i nemici che aveva: i cesaricidi di Cesare (da Bruto e Cassio, coloro che avevano insomma ordito la congiura contro Giulio Cesare), Marco Antonio (da lui sbaragliato nel 31 a.C. nella battaglia di Azio, suicidatosi assieme a Cleopatra l’anno successivo). A quel punto Augusto era rimasto l'unico ad avere i pieni poteri, assumerà pieno controllo di Roma e, facendosi investire dal Senato da tutta una serie di prerogative negli anni (come per esempio quella che dà il nome alla stessa organizzazione politica si fa dare il titolo di Princeps Senatus, il primo del Senato, cioè colui che prende la parola per primo). Ciò che bisogna sottolineare è che però vuole anche riportare Roma all'ordine e governare con clemenza, con giustizia, con pietà. Augusto, porta avanti un programma politico ma anche culturale molto ampio: vuole insomma risistemare tutto, vuole portare Roma di nuovo alle tradizioni del passato e vuole formare uno stato in cui i cittadini abbiano determinati punti di riferimento che siano il lavoro, valori tradizionali, rispetto per il potere. Dovrà fare ricorso comunque ad altre risorse di quell'epoca, che erano affidate ai poeti e agli scrittori. Lui si avvale di un suo collaboratore famoso, Mecenate, perché amava l'arte e quindi proteggeva gli artisti coinvolgendoli nel programma Augusteo ed è diventato famoso come il circolo di Mecenate. Tutti questi artisti come Orazio, Ovidio, Livio e lo stesso Virgilio si presentavano spesso alla corte di Augusto celebrando la politica. Dopo le georgiche, Virgilio aveva avuto successo presso lo stesso Augusto, che aveva ascoltato la lettura di quest'opera e gli era piaciuta molto. A quel punto commissionò un poema che potesse celebrare le sue gesta. Vuole rendere Cesare famoso, in realtà noi sappiamo che il poema Virgiliano in realtà non parla affatto, o meglio, non parla di Augusto bensì di un altro personaggio. Tra l'altro, Enea è un progenitore di Julio, non perché era figlio di Anchise e di Afrodite/Venere, La letteratura latina, rispetto a quella greca, è molto diversa: La letteratura greca nasce con i poemi omerici che non erano stati messi per iscritto. Nella letteratura del mondo romano succede esattamente il contrario: Roma, dalla sua fondazione (753 a.C.), arriva a produrre testi letterari soltanto circa 500 anni dopo. È pur vero che la prima produzione letteraria Latina di rilievo riguarda soprattutto poemi epici ma sono molto diversi rispetto a quelli omerici, in particolare perché i poemi epici Latini sono poemi epico-storici. Nella letteratura latina, il desiderio di celebrare il proprio passato, la propria storia e le gesta dei personaggi più famosi, diventa prevalente su tutto il resto e quindi gli autori più famosi di quell'epoca come (in ordine cronologico) Nevio, scrittore del Bellum Poenicum (parla della Prima guerra Punica), Ennio, scrittore dell’Annales (parla un po’ della storia di Roma celebrandone i valori e le vicende). Virgilio faceva decisamente il contrario, cioè prendeva le distanze da quello che a saltare un passato mitico però questa cosa assume ancora un valore diverso rispetto ai poemi omerici perché è vero che le vicende che vengono narrate nell'Eneide si collocano in un passato lontanissimo e mitico, però questo passato è la radice del presente Virgiliano, quindi l'età augustea. C'è un fortissimo legame anche se non è non si coglie subito tra il passato e il presente perché proprio l'eroe dell'Eneide è colui che ha il compito di gettare le basi di quella che poi sarà la civiltà romana futura che raggiungerà il suo momento culminante nell'età augustea Però la figura di Enea così come ce l'ha presentata il mito, ricordandovi che le versioni del mito sono anche a volte diverse tra di loro, era presente già nell'Iliade però non aveva un ruolo di spicco, non era una figura particolarmente importante; è giovane e molto valoroso, è molto forte, però lui non si distingue soltanto per essere un guerriero coraggioso e valoroso ma anche perché è molto saggio e rispettato da tutti (anche gli dèi lo amano perché lui ha una caratteristica fondamentale: la Pietas (diversa dalla pietà della lingua italiana). Enea, dopo la distruzione della città di Troia, si allontana dalla città investito di una missione sacra voluta dal fato e cioè quella di portare i compagni ai famosi sacri Penati in una terra lontana nel Lazio e fondare la città dalla quale sarebbe poi nata una stirpe e sarebbe derivata un'altra città che appunto sarebbe diventata la futura Roma. La versione del mito è ripresa da Virgilio da Nevio. La cosa che più dovete ricordare è che c'è una presenza dominante del fato in questo poema, è il destino o il fato che ha stabilito quello che Enea deve fare, aveva una missione da compiere: deve raggiungere una nuova patria e dopo che vi giungerà (dopo una serie di peripezie che si sviluppa nel corso dei primi 6 libri dell’Eneide) nel Lazio. Si fermerà dopo avere combattuto una guerra assai dura contro le popolazioni locali, in particolar modo Turno (re dei rutuli). L'eroe ha delle Virtù morali elevatissime e inoltre è un eroe a cui è stato affidato un compito, una missione, un destino: deve affrontare un viaggio per realizzare tale destino. Nell'affrontare il viaggio incontra una serie di ostacoli e quest’ultimi (che gli vengono posti da forze molto ostili), li riesce a superare proprio perché è valoroso ma anche perché è assistito dagli dei grazie alle sue qualità morali. Quindi alla fine raggiunge l'obiettivo che si era prefisso quindi è chiarissimo che c'è alla base del poema un intento celebrativo perché vuole esaltare Roma e la sua potenza perché hanno portato nel mondo pace e giustizia e questo poi sarà un ritornello che troveremo nella storia di Roma sempre e comunque. I costumi degli antenati erano il modo di vivere che essi avevano, era un modo di vivere semplice e austero con una forte devozione religiosa quindi un grande attaccamento ai culti e ai riti religiosi quindi secondo Virgilio, questa è veramente l'essenza dello spirito del popolo romano e quindi Enea ne diventa l'incarnazione, perché è colui che ha un fortissimo senso del dovere e del sacrificio dell'annullamento dei propri interessi personali, di quelli che sono i superiori interessi e la pietas (è una parola che non si può tradurre in italiano si deve usare un discorso per poterla tradurre perché un insieme di doti)posseduta da Enea. Essa è definita da valori come: la fedeltà alle leggi dello stato, la devozione verso gli dèi, il rispetto per i propri antenati e quindi il senso della famiglia, il dovere civile… Quindi potremmo tradurlo con “devozione”. Nel fare la guerra vi è un eroe che si sacrifica e fa il suo dovere ma non gli piace combattere, non prova quel desiderio di violenza e di sangue (provato da Achille). Lo fa perché sa che l'unico modo per poter ottenere il fine è giungere alla al compimento di quella missione che gli è stata gli è stata data attribuita da parte di Virgilio. Ha una grande capacità di porre attenzione alle sofferenze, ai vinti, ai deboli (e questo anche attraverso appunto la figura dello stesso Enea). L’eroe virgiliano ripudia la guerra che fa morire.