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Biografia

Tito Livio nacque a Padova nel 59 a.C. ed è ritenuto il più importante storico dell’età augustea:
egli infatti ci permette di venire a conoscenza di argomenti di cui è fonte quasi esclusiva. Dalle
sue opere presero spunto molti letterati italiani come Petrarca e Machiavelli. Asionio Pollione
rilevava in Livio una certa Patavinitas, ossia una patina linguistica rivelatrice della sua origine o
un accentuato moralismo. Godette di condizioni agiate, dedicando la sua vita all’attività
letteraria, senza mai ricoprire delle cariche pubbliche di alcun genere.
Si recò a Roma per svolgere ricerche preliminari alla sua monumentale opera storica: Ab urbe
condita libri. Augusto si interessò e seguì l’opera, intrattenendo anche rapporti di amicizia con
l’autore. Livio esaltava Pompeo, mostrando invece una ostilità verso Cesare. Livio non fu
comunque un oppositore del principato: la celebrazione delle virtù tipicamente romane e
l’esaltazione degli ideali repubblicani però non contrastano con l’immagine che Augusto vuole
dare di sè.
Dato che l’opera di Livio conservatasi arriva solo al 167 a.C. non è possibile valutare cosa ne
pensasse del principato augusteo. Tuttavia il pessimismo con cui nella prefazione accenna
all’età contemporanea insinua già alcuni dubbi, perciò non lo si può definire il docile portavoce
del regime. Augusto probabilmente affidò il nipote Claudio alle cure dello storico che morì
sempre a Padova nel 17 d.C.

Ab urbe condita libri 142 libri 35 conservati


Senza riallacciarsi ad alcun predecessore, Livio concepì il grandioso disegno di narrare tutta la
storia di Roma a partire dalle origini, seguendo l’esempio degli antichi annalisti. Lavorò alla sua
opera tutta la vita, tenendo letture pubbliche man mano che la pubblicava in sezioni separate.

Libri Periodo Contenuti

I Origini-509 a.C. Prefazione generale


Periodo della monarchia
Cacciata dei Tarquini
Istituzione della res publica

II-V 509 a.C.-390 a.C. Guerre contro gli Etruchi ecc


Invasione dei Galli e incendio di Roma
Lotte fra patrizi e plebei (conquiste)

VI-X 390 a.C.-293 a.C. Prefazione alla sezione


Espansione di Roma in Italia
Ascesa della plebe

XI-XX 293 a.C.-219 a.C. Guerra contro Pirro - 1° guerra punica

XXI-XXX 219 a.C.-201 a.C. Prefazione alla sezione


2° guerra punica

XXXI-XLV 201 a.C.-167 a.C. Prefazione alla sezione


Vicende interne e guerre in Italia

XLVI-CXLII 167 a.C.-9 a.C. Vicende di politica interna ed estera


Libro I : L’età monarchica
Si presenta ricco di materiale leggendario, con un interesse antiquario assente negli altri libri. I
sette re non sono protagonisti: al centro ci sono Roma, le conquiste territoriali e
l'organizzazione interna dello stato. La monarchia sorge come istituzione, mostrando gli aspetti
negativi del regnum fino alla degenerazione in tirannide.

Libri II-X : L’esaltazione delle virtù romane


Sono la parte più bella dell’intera opera, con la graduale crescita di Roma che supera vari
pericoli secondo un disegno provvidenziale che sottopone le virtù a delle prove, per rendere
forte il popolo romano tanto da guidare moralmente il mondo. Questi valori sono incarnati da
personaggi esemplari, in quanto esprimono la grandezza di Roma.

XXI-XXX : La 2° guerra punica


Viene introdotta da una prefazione che ne annuncia il tema. I primi 5 libri sono dedicati alla
prima parte del conflitto, negativa per i romani, mentre gli altri 5 narrano della ripresa fino alla
vittoria di Roma. Non vi è alcuna cesura, ma emerge la figura di Scipione, come Annibale in
quelli precedenti. Ad Annibale viene dedicato solo un breve ritratto con l’elenco delle sue virtù e
dei suoi vizi.

XXXI-XLV : L’età dell’imperialismo


La tensione ideale della terza decade qui si allenta con la politica estera di Roma, che si avvia a
diventare imperialistica. Adottando lo schema di interpretazione moralistica Livio sottolinea
come il benessere materiale abbia influito negativamente. Inoltre si cerca una giustificazione
per le guerre che ora non sono più così necessarie per la salvezza di Roma.

Le fonti
Apparentemente Livio non ha mai affrontato ricerche di prima mano, nè consultato documenti
originali, fondandosi esclusivamente sulle opere dei predecessori. Le fonti mutano a seconda del
periodo e degli argomenti trattati. Principalmente sono:
- gli annalisti romani
- monografia di Celio Antipatro
- storico greco Polibio
- Origines di Catone
Pur tenendo presente per ciascuna sezioni più testi diversi, se ne segue uno soltanto, usando gli
altri solo come riscontro, non cercando mai di mediare tra versioni contrastanti. L’apporto
originale di Livio di fatto non sta nella storicità , ma nell’elaborazione letteraria,
nell’impostazione didascalica, morale e patriottica. Livio però non accetta tutto ciò che trova
nelle sue fonti, ma spesso critica come infondati e fantasiosi certi dati, o viceversa esprime il suo
apprezzamento. Inoltre usa spesso formule per dire discretamente al lettore che non si rende
garante di ciò che riferisce.
A causa della difformità , dell’enorme estensione cronologica e la sezioni staccate, ci sono
inevitabilmente errori, contraddizioni e confusioni. Può infatti capitare che passando da una
fonte all’altra, Livio raddoppi la descrizione di un evento, versioni contrastanti del medesimo
fatto, fraintendimenti di quanto legge nella fonte. Anche la sua totale inesperienza militare e
scarse conoscenze geografiche contribuiscono a creare confusione.

Finalità e carattei rideologici


La prefazione generale dell’opera permette di dedurre la concezione della storiografia secondo
Livio, ritenendo che il racconto veritiero e imparziale delle vicende passate adempiesse ad una
funzione didascalica, dalla quale se ne potesse trarre un insegnamento morale. La grandezza
dello stato romano è dovuta alle virtù che sono trascurate nel tempo presente, da qui si nota il
carattere patriottico, celebrativo e l’idealizzazione del passato con distorsioni di fatti.
Per principio i romani avevano uno stile di vita virtuoso che spiegava e giustificava la
benevolenza divina che accompagnava le loro imprese. Il MOS MAIORUM: pietas, fides, libertas,
concordia, iustitia, clementia, disciplina, prudentia, frugalitas, pudicitia, gravitas.

Lo stile
Il talento di Livio è letterario, con un racconto vario, avvincente, drammatico, con la padronanza
di mezzi espressivi e tecniche della storiografia tragica. Vediamo le cose principali:
- I materiali sono organizzati in episodi artisticamente unitari (inizio-svolgimento-fine)
che non costituiscono blocchi staccati ma si inseriscono nel flusso narrativo, in modo da
alternare parti piene di tensione ad altre descrittive.
- La monotonia degli eventi simili era rischiosa, col tentativo di inserire elementi di
varietà e di interesse umano.
- Per variare il flusso narrativo sono spesso usati i discorsi, che illustrano una situazione e
caratterizzano il personaggio che parla. Il carattere artificioso dei discorsi liviani è
evidente soprattutto nelle coppie di discorsi contrapposti, ma è frequente anche l’uso
del discorso indiretto che non interrompe il flusso narrativo.
- Lo stile non è uniforme, soprattutto fra i discorsi e gli episodi drammatici, stile che però
Quintiliano definisce abbondante, fluente e dolce che cade nella prolissità . Nelle parti
elaborate si ritrova uno stile ciceroniano, mentre in altre è semplice, perfino dimesso.
- Tra i libri più antichi e quelli più recenti ci sono differenze di stile e di lessico, come una
coloritura arcaica poetica accentuata nella prima decade, che si fai poi più moderata fino
a scomparire. Probabilmente Livio voleva nobilitare la parte più leggendaria della storia
con un colorito poetico per via del suo valore esemplare.

La prefazione I, 5
Livio si presenta ai lettori sottolineando la difficoltà dell’impresa in cui si era lanciato, a causa
della vastità del periodo storico, e spiegando le ragioni che lo avevano spinto ad intraprenderla.
Vuole contribuire a tramandare le gesta del popolo romano, aspira alla fama, distogliendo
l’attenzione del pubblico dai mali presenti, contemplando lo spirito sereno di quegli antichi
tempi. Questo spirito patriottico e nostalgico si unisce alla visione della storia come progressiva
decadenza delle antiche virtù .

Romolo e Remo I, 4, 5, 6, 3
Sulle origini di Roma vi erano due miti distinti: quello di Enea e quello di Romolo e Remo. Le due
leggende sono connesse secondo il criterio genealogico, facendo di Romolo e Remo dei lontani
parenti di Enea. I principali interventi dello storico sono nei passi più inverosimili come la
paternità di Marte e l’allattamento della lupa. Livio suggerisce infatti le interpretazioni razionali
dei fatti legendari, in modo che nel suo complesso la vicenda sia plausibile.

Lucrezia I, 57, 4-11, 58


Matrona aristocratica viene violentata dai uno dei figli del re Tarquinio, e per il suo onore e la
fedeltà verso il marito, decide di togliersi la vita, lasciando a loro il compito di uccidere chi
l’avesse costretta a tradire.

Il ritratto di Annibale XXI, 4, 3-9


Livio dedica un ritratto ad Annibale in occasione del suo arrivo in Spagna, elencandone le
qualità positive che ne fanno presagire un grande condottiero, ma concludendo con un breve e
tremendo elenco dei suoi vizi. Il nemico di Roma viene infatti contrassegnato con i vizi opposti
alle più importanti virtù romane.

Clelia II, 13, 6-11


La leggenda di Clelia si colloca agli albori della res publica, in relazione con quella di Mucio
Scevola, valoroso durante la guerra contro Porsenna, re della città di Chiusi. Mucio aveva tentato
di uccidere Porsenna, fallendo, uccidendo un altro uomo, finendo col’ autopunirsi bruciandosi la
mano destra. Così facendo suscitò molta ammirazione nel re che decise di deporre le armi. Gli
accordi di pace prevedevano la consegna di alcuni ostaggi da parte dei romani: tra questi vi è
Clelia, che guida la fuga di un gruppo di fanciulle. Sebbene violasse i patti, la sua azione suscita
ammirazione, soprattutto perchè donna. Porsenna liberò infine Clelia, concedendole di portare
via degli ostaggi a sua scelta.

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