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La storiografia ellenistica.

Gli storici di Alessandro Si suole dare inizio alla storiografia ellenistica con gli storici che fecero di
Alessandro Magno e delle sue imprese l’argomento delle proprie opere. La maggioranza di coloro che
scrissero opere storiche sua Alessandro Magno furono uomini molto vicini al re macedone, compagni
d’armi, retori, personaggi di corte e poligrafi, quasi tutti partecipanti alla grande spedizione in Oriente.
Alcuni di essi, testimoni diretti di questo evento straordinario, si improvvisarono anche storici “per
circostanza”, senza esserlo per elezione e formazione. Le loro opere o per sincera ammirazione nei
confronti di Alessandro o per propaganda nei confronti di un sovrano che aveva interesse che la sua figura
venisse eroizzata e divinizzata, naturalmente non erano prive di elementi celebrativi e contenevano, in
maggiore o minore misura tratti di amplificazione romanzesca.

Dunque con gli storici contemporanei di Alessandro ebbe origine un filone di storiografia romanzesca sulla
figura e sulle imprese del re macedone, che poi si sviluppò in tutta l’età ellenistica e nei primi secoli dell’età
imperiale.

Il prodotto più emblematico di questo filone è rappresentato dal Romanzo di Alessandro, erroneamente
attribuito allo storico Callistene, he circolava in più redazioni e cominciò a prendere la forma che ci è stata
tramandata fino a noi tra il II e il III sec.d.C.

1. Callistene allievo e pronipote di Aristotele, fu in stretto contatto con Alessandro ma venne


giustiziato poiché coinvolto nella congiura dei paggi.
Scrisse:
 Le gesta di Alessandro arrivavano fino alla battaglia di Gaugamela (331 a.C.)
 Le Elleniche andavano dalla pace di Antalcida (386 a.C.) alla terza guerra sacra (356 a.C.)
 I Pitionici una lista dei vincitori dei giochi pitici di Delfi
2. Eumene fu segretario di Filippo II e capo della cancelleria di Alessandro.
Scrisse:
 Le Efemeridi il diario di viaggio ufficiale della spedizione di Alessandro Magno
3. Tolemeo futuro sovrano d’Egitto.
Scrisse un’opera che dava particolare attenzione agli aspetti tecnico-militari della spedizione di Alessandro
4. Nearco
Descrisse la spedizione navale che partì dalle coste dell’Asia e arrivò fino al Golfo Persico
5. Aristobulo
Scrisse un’opera dalla conquista di Tebe alla morte di Alessandro (335-323 a.C.)
6. Anassimene
 Elleniche una storia della Grecia dalle origini alla battaglia di Mantinea (362 a.C.)
7. Clitarco
 Storie di Alessandro in 12 libri
Gli storici dell’età dei diadochi Si tratta di una storiografia, purtroppo, per noi quasi del tutto perduta e
interessa quel periodo storico immediatamente successivo alla morta di Alessandro Magno, caratterizzato
da sanguinose lotte tra i diadochi, che portarono alla divisione dell’impero in grandi regni territoriali.
1. Ieronimo di Cardia fu al servizio di Eumene.
Scrisse:
 La storia dopo Alessandro raccontava i fatti dalla morte di Alessandro alla morte di Pirro (323-272 a.C.)
Gli storici di età successiva come Arriano, Diodoro Siculo e Plutarco riconobbero notevole autorità,
probabilmente perché l’opera adottava il criterio dell’αυτοψία, ritenuto a partire da Tucidide
determinante per giudicare l’attendibilità di una narrazione storica.

2. Duride di Samo Si formò ad Atene e fu allievo di Teofrasto.


Delle sue opere rimangono titoli e frammenti
 Storie
 Storia di Agatocle
 Annali di Samo
3. Filarco
Scrisse in 28 libri una Storia che andava dal 272 a.C. al 219 a.C.

Nel XIX secolo il filologo tedesco Eduard Schwartz ipotizzò l’esistenza di un vero e proprio filone tragico
all’interno della storiografia dei diadochi, opposto a quello razionalistico di stampo tucidideo.
Tale teoria nacque incrociando due testimonianze:
1. un frammento di Duride di Samo, in cui condanna storici come Eforo e Teopompo, incapaci di
allietare il racconto storico con mimesi e piacere nell’espressione;
2. un passo di Polibio, che biasima gli storici come Filarco per il loro poco rigore scientifico, poiché
propongono una visione romanzata e ricca di pathos
Questa netta divisione, che presuppone l’esistenza di un vero e proprio filone storiografico di questo
tipo, non è più accettata, ma si riconosce semplicemente in alcuni storici la tendenza a drammatizzare i
fatti storici che vengono descritti.

Storiografia locale
1. Megastene Storia indica;
2. Manetone Storia egiziana;
3. Berosso Storia Babilonese;
4. Marmor Parium (dal mitico re ateniese Cecrope al III sec.a.C.).
5. Timeo di Tauromenio Storie siciliane con excursus geografici e mitici narrava la storia dell’isola dalle
origini alla prima guerra punica in 38 libri.

Storiografia utopistica Si tratta di una commistione tra storiografia, etnografia e filosofia.


1. Ecateo di Abdera Storia egizia viene idealizzato l’Egitto come terra felice e si mescolano mito e storia
2. Evemero di Messina Sacra iscrizione dimostra l’origine umana degli dei.
Polibio

Polibio è la figura più rilevante della storia ellenistico-romana, la secolare tradizione storiografica greca
viene a confronto con la nuova emergente realtà dell’imperialismo romano e con la classe politica che ne
promuoveva lo sviluppo.

La vita.

Nacque a Megalopoli, in Arcadia, centro della Lega Achea, attorno al 200 a.C. circa. Il padre Licorta era stato
più volte stratego della Lega stessa e seguiva la linea del suo predecessore, Filopemene, che aveva tentato
di unificare il Peloponneso sotto la Lega Achea, cercando di mantenersi indipendente da Roma e dalla
Macedonia.
Appartenendo ad una famiglia della classe dirigente, riceve oltre ad un elevato grado di cultura, soprattutto
nel campo della storiografia, un’educazione incentrata sull’arte politica e la specializzazione militare. Polibio
deve aver dedicato molta attenzione anche alle discipline connesse alla tecnica militare: in un passo
contenuto nel nono libro, tracciando il profilo del comendante ideale, Polibio si sofferma in particolar modo
sull’astronomia, sulla geometria e sulla geografia.
Nel 168 a.C. i Romani, guidati da Lucio Emilio Paolo, vincono a Pidna contro il re Macedone Perseo, che
aveva tra i suoi alleati anche la Lega Achea. In conseguenza di ciò, Polibio viene deportato a Roma come
ostaggio assieme ad altri sospettati filomacedoni. Grazie all’amichevole interessamento di Scipione
Emiliano, figlio di Lucio Emilio Paolo, entra a far parte dell’elites romana filellenica, che ruotava attorno al
Circolo degli Scipioni. In una celebre pagina del trentunesimo libro Polibio narra come sia nata l’amicizia
con Scipione Emiliano: tutto cominciò con il prestito di alcuni libri e la discussione sul loro contenuto;
cresciuta poi l’amicizia e la familiarità, Scipione chiese a Polibio di dedicarsi esclusivamente alla sua
formazione e di diventare suo collaboratore, Polibio accettò l’offerta.
Dopo un breve ritorno in patria, si stabilisce definitivamente a Roma, compiendo però vari viaggi di studio
in Africa, Gallia e Iberia.
Seguì l’Emiliano in veste di consigliere militare nella campagna africana del 149-146 a.C., che porterà alla
distruzione di Cartagine, e in quella spagnola contro Numanzia del 134-133 a.C.
Dopo la distruzione di Corinto ad opera di Lucio Mummio, avvenuta nel 146 a.C., Polibio ritorna in Grecia
sotto le vesti di ambasciatore non ufficiale, per intercedere per la sorte dei connazionali vinti.
Si reca anche ad Alessandria e Rodi come ambasciatore nominato dal senato romano.
Tornato in Grecia, muore ottantenne per una caduta da cavallo.

Opere perdute.

 Vita di Filopemene;
 Guerra di Numanzia;
 Sulla tattica;
 Sull’abitabilità della zona equatoriale
Le storie.

L’opera, in 40 libri, si riallaccia alle Storie di Timeo di Tauromenio e tratta delle vicende che vanno dallo
scoppio della prima guerra punica (264 a.C.) alla battaglia di Pidna (168 a.C.).
Essa ci è giunta lacunosa:
 libri I, II, III, IV e V giunti per intero, contenuti nel Codice Vaticano Greco 124, risalente al X
secolo;
 degli altri libri abbiamo solo frammenti.
Il contenuto dell’intera opera può essere però ricostruito grazie a degli excerpta:
 Excerpta antiqua (libri VI-XVIII)
 Excerpta historica (libri XIX-XL)

Un’opera di tale ampiezza e complessità pone alla critica moderna il problema, ancora irrisolto, delle
modalità e dei tempi di composizione.
Sono state fatte due ipotesi:
1. opera scritta in maniera continuativa;
2. opera composta di getto in un determinato periodo.
L’ipotesi forse più probabile è che la parte degli eventi fino alla battaglia di Pidna sarebbe stata composta
nel decennio di permanenza stabile a Roma (160-151 a.C.), mentre il resto dell’opera sarebbe stato
aggiunto dopo gli avvenimenti del 146 a.C.
Dato che lo stile è uniforme nel corso di tutta l’opera, la composizione di quest’ultima sarebbe avvenuta in
età matura e in un periodo di tempo non eccessivamente dilatato; certamente l’opera non ricevette una
revisione finale da parte dell’autore.

Contenuto dell’opera.

 Libri I-II proemio contenente l'esposizione dei princìpi del metodo storiografico polibiano; 


fatti dal 264 (scoppio della prima guerra punica) al 220 (prodromi della seconda), esposti in
maniera sintetica.

 Libri III-V fatti fino al 216 (battaglia di Canne), esposti molto dettagliatamente (tre libri per
quattro anni).

 Libro VI excursus sulla teoria delle costituzioni.

 Libri VII-XII successivi a Canne. Di qui in poi Polibio adotta una specie di metodo annalistico,
dedicando un libro a un'Olimpiade (lasso di tempo di quattro anni) o a mezza
Olimpiade (lasso di tempo di due anni).

 Libro XII excursus polemico sugli storici precedenti e in particolare su Timeo di Tauromenio.

 Libri XIII-XXXIX fatti storici fino al 144, esposti sempre con lo stesso metodo, ma con maggiore
spazio riservato ai fatti più recenti (libri 30-39). Il libro 34 conteneva
un excursus geografico.

 Libro XL rassegna cronologica.


La metodologia storiografica.

Le critiche che Polibio mosse nei confronti dei suoi predecessori sono visibili in diversi punti dell’opera. Egli
fu un critico molto severo verso entrambi gli orientamenti principali della storiografia del IV e III sec.a.C, sia
per quanto riguarda la storiografia isocratea sia per quanto riguarda gli storici di Alessandro.
Egli dichiara di voler riportare la storiografia a quei criteri di obiettività e rigore scientifico che sono
considerati fondamentali per questa disciplina.

δεῖ τοιγαροῦν οὐκ ἐπιπλήττειν τὸν συγγραφέα τερατευόμενον διὰ τῆς ἱστορίας τοὺς ἐντυγχάνοντας οὐδὲ τοὺς
ἐνδεχομένους λόγους ζητεῖν καὶ τὰ παρεπόμενα τοῖς ὑποκειμένοις ἐξαριθμεῖσθαι, καθάπερ οἱ τραγῳδιογράφοι, τῶν
δὲ πραχθέντων καὶ ῥηθέντων κατ' ἀλήθειαν αὐτῶν μνημονεύειν πάμπαν, (κ)ἂν πάνυ μέτρια [11] τυγχάνωσιν ὄντα. τὸ
γὰρ τέλος ἱστορίας καὶ τραγῳδίας οὐ ταὐτόν, ἀλλὰ τοὐναντίον. ἐκεῖ μὲν γὰρ δεῖ διὰ τῶν πιθανωτάτων λόγων
ἐκπλῆξαι καὶ ψυχαγωγῆσαι κατὰ τὸ παρὸν τοὺς ἀκούοντας, ἐνθάδε δὲ διὰ τῶν ἀληθινῶν ἔργων καὶ λόγων εἰς τὸν
πάντα χρόνον διδάξαι καὶ πεῖσαι τοὺς φιλομαθοῦντας, [12] ἐπειδήπερ ἐν ἐκείνοις μὲν ἡγεῖται τὸ πιθανόν, κἂν ᾖ
ψεῦδος, διὰ τὴν ἀπάτην τῶν θεωμένων, ἐν δὲ τούτοις τἀληθὲς διὰ τὴν ὠφέλειαν τῶν φιλομαθούντων. (II, 56, 10-12)

Non deve dunque lo storico cercare di stupire i suoi lettori col racconto di fatti prodigiosi, né inventare discorsi
verosimili, né numerare tutte le possibili conseguenze dei fatti, come fanno i tragediografi, ma sinceramente fare
menzione delle cose veramente dette e compiute, anche se sono del tutto mediocri. Non uguali infatti, ma
esattamente opposti, sono i fini della storia e della tragedia. Il poeta tragico deve con le parole più convenienti stupire
e commuovere al momento gli spettatori, mentre lo storico, con l’esposizione dei fatti e delle parole reali, deve
prefiggersi di ammaestrare e convincere in modo duraturo chi è desiderosa di apprendere: nella tragedia prevale,
anche se menzognera, la verosimiglianza che crea l’illusione negli spettatori, nella storia la veridicità per il vantaggio di
chi è desideroso di imparare.

Polibio conferisce all’elite culturale latina un’opera per la quale guarda in modo selettivo ai modelli letterari
greci. Il filone draammatico di Duride e Filarco, che attribuisce alla storia un valore psicagogico e che vuole
competere con l’oratoria e con la tragedia, costituisce, ovviamente, il modello negativo e il bersaglio
polemico dell’autore. Egli condanna la storiografia drammatica, ricca di pathos, che mirava a coinvolgere
emotivamente i lettori e li rendeva incapaci di valutare oggettivamente i fatti.
Come già per Tucidide, anche per Polibio il fine della storia non è il piacere momentaneo o stupire il lettore,
come farebbe un poeta tragico, bensì quello di essere utile.

Aspra è la critica di Polibio nei confronti dello storico Timeo, accusato di aver concepito una storiografia
libresca, priva dell’esperienza diretta dei fatti narrati (αυτοψία), inoltre gli rimprovera la scarsa
dimestichezza con gli aspetti politico-militari, che, nella visione polibiana, costituisce la più importante
competenza dello storico, oltre alla tendenza dello storico di Tauromenio all’erudizione.

Troppo severo il giudizio di Polibio verso Timeo:

 anche in Timeo abbiamo pragmatismo e lungimiranza storica;


 Timeo riconosce il ruolo di Roma e Cratagine;
 l’autore costituisce una fonte per la conoscenza dell’Occidente greco;
 il suo stile è elegante e curato;
 nonostante le critiche Polibio riconosce la sua autorità.
Caratteri fondamentali della storiografia polibiana.

La prima cosa che va messa in evidenza è la lezione del metodo tucidideo: per entrambi, Tucidide e Polibio,
lo storico è uno studioso attento e scrupoloso, che finalizza la sua attività alla ricerca della verità e deve
pertanto studiare attentamente le fonti scritte (documenti, atti, memorie…), deve visitare personalmente i
luoghi dove avvengono gli avvenimenti, deve esercitare direttamente l’attività politica e militare
(affermando la necessità dell’αυτοψία, da un lato Polibio si inserisce in una lunga tradizione storiografica,
cui fanno capo Erodoto e Tucidide, dall’altro mette in risalto uno dei pregi maggiori della sua opera, infatti, i
principali eventi della sua vita lo hanno portato sui principali teatri di avvenimenti a fianco dei principali
protagonisti).
Se per gli avvenimenti più recenti ha avuto anche la possibilità di accedere ai documenti ufficiali e archivi sia
in Grecia sia a Roma. A documentazione degli avvenimenti più lontani nel tempo Polibio ha fatto ricorso
anche alle versioni di altri storiografi, usando il criterio dell’εικός,ciò che più probabilmente si avvicinava
alla verità (criterio utilizzato anche da Tucidide).

Di richiamo tucidideo è anche la distinzione delle tre cause:


 αιτία, la causa vera e profonda;
 πρόφασις, la causa apparente;
 αρχή, l’inizio.

Come si può notare, la casistica è tucididea ma diversi sono i significati attribuiti alle singole parole (nel
capitolo 23 del primo libro Tucidide chiama αιτία la causa occasionale e πρόφασις la causa vera e profonda)

Anche per i discorsi Polibio si rifà al programma di Tucidide, sostenendo che non ha alcun senso inventare i
discorsi, come ha fatto Timeo, e che bisogna attenersi a discorsi effettivamente pronunciati e riferire di
questi solo i più efficaci.

La storia, secondo Polibio, deve essere in primo luogo pragmatica e deve avere un fondamento scientifico,
questo è il carattere fondamentale della storiografia polibiana, dal quale si evince chiaramente il criterio
metodologico che la sostiene.
Soltanto l’informazione precisa intorno ai fatti e i ragionamenti che ne conseguono possono portare a
ricavare utilità pratica dallo studio di questa disciplina, che ha una funzione paideutica.

Questo tipo di storia, utile, non è necessariamente lontano dal piacere: è naturale che da uno studio
importante e utile scaturiscano la passione e il piacere della scoperta. Il piacere di cui parla Polibio non è lo
stesso che scaturisce dall’ascolto di una favola, ma ciò che nasce da quanto è intrinsecamente grandioso, gli
eventi della storia contemporanea sono tali da destare meraviglia e dunque piacere.

Un altro carattere fondamentale della storia è l’universalità: ulteriore compito dello storico è il ripresentare
una visione globale dei fatti perché non è possibile arrivare ad una conoscenza completa e sicura
dell’universale attraverso le storie parziali, che riguardano singoli avvenimenti.
Tra i suoi predecessori solo Eforo aveva tentato di creare una storia universale, ma senza dare al suo
racconto una visione di insieme individuando il centro propulsore degli avvenimenti.
Roma al centro della storia.
[1]    Ἄρξει δὲ τῆς πραγματείας ἡμῖν τῶν μὲν χρόνων ὀλυμπιὰς ἑκατοστή τε καὶ τετταρακοστή (…)
[3] ἐν μὲν οὖν τοῖς πρὸ τούτων χρόνοις ὡσανεὶ σποράδας εἶναι συνέβαινε τὰς τῆς οἰκουμένης πράξεις (διὰ)
τὸ καὶ (κατὰ) τὰς ἐπιβολάς, (ἔτι) δὲ (καὶ τὰς) συντελείας αὐτ(ῶν ὁμοίως δὲ) καὶ κατὰ το(ὺς τόπους
διαφέρ)ειν ἕκαστα (τῶν πεπραγμ)ένων.[4] ἀπὸ δὲ τούτων τῶν καιρῶν οἱονεὶ σωματοειδῆ συμβαίνει
γίνεσθαι τὴν ἱστορίαν, συμπλέκεσθαί τε τὰς Ἰταλικὰς καὶ Λιβυκὰς πράξεις ταῖς τε κατὰ τὴν Ἀσίαν καὶ ταῖς
Ἑλληνικαῖς καὶ πρὸς ἓν γίνεσθαι τέλος  [5] τὴν ἀναφορὰν ἁπάντων. διὸ καὶ τὴν ἀρχὴν τῆς αὑτῶν
πραγματείας ἀπὸ τούτων πεποιήμεθα τῶν  καιρῶν. (I, 3,1;3-5)
Dal punto di vista della cronologia la mia storia inizierà dalla centoquarantesima Olimpiade(…). Nei tempi
precedenti a questa data i fatti erano, per così dire, slegati tra loro perché ciascuna vicenda non aveva alcuna
relazione con le altre, né quanto ai piani di attuazione di quanto al suo svolgimento, né ancora quanto ai
luoghi in cui avveniva. Da questo preciso momento invece, la storia è come un tutto organico: le vicende
dell’Italia della Livia settentrionale si intrecciano con quelle dell’Asia e della dieta e tutte convergono in un
unico fine. Per tale motivo ho fissato l’inizio della loro trattazioni proprio dalla data che ho ricordato.

Il dominio romano, secondo Polibio, ha avuto l’effetto di connettere le storie parziali dei singoli (κατά
μέρος) dell’ecumene in una prospettiva totale e unitaria (τά καθόλου): la storia di Polibio, che tratta di
Roma, sarà la prima ad ottenere la prerogativa dell’ universalità.

Polibio si rende conto di ritrovarsi davanti a eventi eccezionali (το παράδοξον).


Ma cosa ha provocato questa singolare concomitanza di eventi? Dice Polibio, nel quarto capitolo del primo
libro, che a partire dalla vittoria di Roma su Annibale la τύχη ha fatto convergere in un’unica direzione quasi
tutte le vicende del mondo e le ha costrette tuttea piegarsi ad un unico fine.
Dal 220 a.C. le vicende dell’Italia e dell’Africa si intrecciano con quelle della Grecia e dell’Asia e Roma,
estendendo il proprio dominio su tutto il Mediterraneo, comincia ad imporsi come potenza mondiale.
L’eccezionalità del fenomeno impone la necessità di concepire una storia che sia universale e che ponga al
centro dell’attenzione lo stato romano.
La τύχη assume per Polibio valenze diverse:
 necessità insita negli eventi (concilia il razionalismo pragmatico con il finalismo tipico del pensiero
ellenistico);
 una cieca casualità che emerge laddove lo storico non riesce a spiegare in maniera razionale i fatti;
 “l’incognita dell’equazione dei fatti umani” (Attilio Rovere).

Polibio usa la τύχη come una formula di garanzia valida e accettata da tutti, per conciliare il lettore comune,
poco propenso all’esposizione scientifica di una storiografia di tipo politico; tuttavia essa non determina
tutti gli avvenimenti, all’uomo rimane il χαιρός, cioè l’occasione favorevole che il buon comandante deve
saper intuire per poter determinare in un modo o nell’altro gli eventi (si profila così la contrapposizione
machiavelliana tra fortuna e virtus, come per Machiavelli, anche per Polibio l’uomo può intervenire con la
sua ratio e la genialità del suo operato).

La teoria delle costituzioni.

Tra le cause che hanno determinato il successo di Roma Polibio individua in primo luogo l’organizzazione
politica, all’analisi della quale è dedicato l’intero sesto libro.

Roma ha adottato una costituzione mista, che, a giudizio dello storico, è la migliore forma di governo
poiché in essa si trovano rappresentati in egual misura i tre poteri fondamentali:
1. consoli – monarchia;
2. senato – aristocrazia;
3. assemblee popolari – democrazia.
Questi tre poteri riescono a collaborare in modo talmente armonioso da impedire che l’uno prevalga sugli
altri, garantendo in tal modo alla res publica una situazione di equilibrio e stabilità interna.

L’elogio della costituzione mista non è un aspetto originale del pensiero di Polibio, ma appartiene alla più
illustre tradizione storiografica e filosofica della grecità (lo troviamo nelle Storie di Tucidide, nella
Repubblica di Platone e nella Politica di Aristotele).

All’influenza platonico-aristotelica è attribuibile anche un’altra idea fondamentale della riflessione


polibiana, cioè, la teoria della degenerazione delle costituzioni.

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