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L’epopea trionfale di Alessandro Magno già durante il suo stesso svolgimento ha alcuni
storici “ufficiali”. Callistene, pronipote di Aristotele, accompagna il Macedone e ne scrive le
vicende fino alla battaglia di Gaugamela (331 a.C.), ma cade in disgrazia e viene messo a
morte nel corso della cosiddetta “congiura dei paggi” nel 327 a.C. Eumene di Cardia ne
raccoglie in un certo senso il testimone e redige dei “diari” ufficiali, le Efemeridi, che trattano
degli avvenimenti a partire dal 330 a.C. Dopo la morte di Alessandro, la parabola del
conquistatore è raccontata dal suo generale Tolemeo, il fondatore della dinastia che governa
l’Egitto per due secoli, e da Aristobulo di Cassandrea, a quanto pare il “tecnico” a capo del
genio nel corso della spedizione. Il suo resoconto, per quanto probabilmente fin troppo
oleografico nel ritrarre il sovrano, doveva però essere ricco di interessanti dettagli naturalistici
relativi alle terre attraversate dai Macedoni.
Combattuta nell’autunno del 331 a.C., la battaglia di Gaugamela (nei pressi dell’odierna città
irachena di Mosul) segnò un punto di non ritorno nella guerra tra le truppe macedoni di Alessandro
Magno e l’esercito persiano sotto il comando di Dario III. Nei due anni precedenti, dopo la vittoria di
Isso, sulla costa ai confini tra Cilicia e Siria, Alessandro aveva occupato la sponda mediterranea fino
all’Egitto, dove si era fatto consacrare faraone e aveva fondato la città che ancora oggi tramanda il
suo nome. Iniziava così l’irresistibile marcia verso oriente che avrebbe portato in pochi anni
Alessandro a regnare su un impero immenso, dall’Egitto alle vette dell’Hindu Kush e fino alle
estreme propaggini dell’India. La morte lo coglierà nel 323 a.C. a Babilonia, che aveva proclamato
capitale del suo impero.
Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che custodisce il grandioso mosaico in cui si narra la
battaglia tra Alessandro e Dario, ha organizzato attorno a quest’opera monumentale la rassegna
Alessandro Magno e l’Oriente, in corso dal 29 maggio al 28 agosto 2023. Il mosaico, scoperto nella
Casa del Fauno a Pompei durante gli scavi condotti nella prima metà dell’Ottocento, è datato tra la
fine del II e l’inizio del I sec. a.C., ed è composto da quasi due milioni di tessere, che coprono una
superficie di oltre diciotto metri quadrati. In contemporanea con l’apertura della mostra, il mosaico
viene sottoposto a un delicato restauro che si concluderà nella primavera del 2024: è stato allestito
un “cantiere aperto”, in modo da permettere agli studiosi e ai visitatori di seguire in diretta il
procedere dei lavori.