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Indice
Descrizione fisica
Alessandro Magno in sella a
Personalità Bucefalo nel mosaico della battaglia
Relazioni personali di Isso, conservato presso il Museo
Biografia archeologico nazionale di Napoli.
La nascita
L'educazione
La caccia al leone e l'incontro con Bucefalo
Le prime spedizioni
L'esilio di Alessandro e l'assassinio di Filippo
Il consolidamento del potere
La campagna nei Balcani
L'insurrezione delle poleis
Conquista dell'Impero persiano
La battaglia del Granico
La resistenza di Mileto e l'accordo con la città di
Sardi
Il controllo delle zone conquistate
L'assedio ad Alicarnasso
I primi tradimenti e il nodo gordiano
Battaglia di Isso (333 a.C.)
Preludio
La battaglia
Dopo la battaglia
L'ambasciata di pace
Damasco e Tiro
La conquista di Gaza
Egitto
La costruzione di Alessandria
L'oracolo di Amon
Battaglia di Gaugamela (331 a.C.) e fine di Dario
Preludio
Forze in campo
La battaglia
Dopo Gaugamela
Persepoli
L'inseguimento di Dario
Il destino degli assassini di Dario
La sorte di Parmenione e dei suoi figli
Guerriglie in Sogdiana
La sorte di Clito
Spedizione in India
Invasione dell'India
Ritorno
Ultimo periodo di regno e morte
Dopo la morte
Successione
Fonti storiche e leggenda
Alessandro nella cultura di massa
Letteratura
Cinema e televisione
Animazione
Musica
Giochi di carte
Videogiochi
Note
Annotazioni
Fonti
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
Descrizione fisica
(LA) (IT)
(C. Svetonio Tranquillo, Vita dei Cesari, traduzione di Francesco Casorati, Roma, Newton Compton editori
s.r.l., 2011: Il divino Augusto, 18.1.)
Alessandro non era dotato di un fisico particolarmente avvenente: era piuttosto basso, tozzo e di
corporatura robusta. Era mancino ed era affetto da eterocromia, aveva cioè gli occhi di colore diverso
(uno azzurro e l'altro marrone, o forse nero), e la sua voce ci viene descritta come aspra.[1] Portava
sempre il collo leggermente inclinato verso sinistra e soffriva di alcune malformazioni congenite che,
alcuni storici affermano, potrebbero in parte aver contribuito alla sua morte.[2] Aveva i capelli ispidi e
rossicci, sebbene tendesse spesso a tingerli di biondo utilizzando una mistura di fiori di zafferano,
acqua di potassio e fiori di zucca , trattandoli poi con profumi, incenso e mirra. Aveva l'usanza di
radersi il volto anche passata la giovane età (cosa piuttosto inusuale tra i greci del suo tempo),
probabilmente a causa del fatto che gli crescesse pochissima barba; per non sfigurare in mezzo ai suoi
dignitari, indusse anche loro a non portarla.
Alcuni dei più evidenti tratti della personalità di Alessandro si erano formati secondo il modello dei
suoi genitori. Sua madre, Olimpiade, era enormemente ambiziosa, e lo aveva incoraggiato a credere
che fosse il suo destino sconfiggere l'Impero Persiano.[7] L'influenza di Olimpiade instillò la credenza
del destino in Alessandro, e Plutarco ci dice che la sua ambizione “mantenne il suo spirito greve e
superbo con l'avanzare degli anni”. Tuttavia, suo padre Filippo fu il più immediato e influente
modello di Alessandro, il quale sin da bambino l'aveva visto fare campagne militari praticamente
ogni anno, vincendo battaglia dopo battaglia, sopravvivendo a gravi ferite. Il rapporto di Alessandro
con suo padre forgiò la parte competitiva della sua personalità; egli aveva il bisogno di surclassare
suo padre, come si può vedere tramite il suo spericolato comportamento in battaglia.[7] Tuttavia,
Alessandro era preoccupato che suo padre non gli avrebbe lasciato “nessuna grande o eccezionale
impresa da esibire al mondo”; egli infatti sminuiva le imprese di suo padre davanti ai suoi compagni.
Stando a Plutarco, Alessandro aveva tratti di violento e incauto temperamento; aveva una natura
impulsiva, che sicuramente ha influito in alcune delle sue decisioni. Sebbene Alessandro fosse
ostinato e non rispondesse bene agli ordini impartitigli da suo padre, egli era aperto al dibattito ben
motivato. Aveva inoltre un lato più tranquillo - logico, intuitivo e calcolatore. Aveva un forte desiderio
verso la conoscenza, un profondo amore per la filosofia ed era un appassionato lettore; questo era
senza dubbio dovuto almeno in parte alla tutela di Aristotele. Alessandro era intelligente e imparava
in fretta. La sua intelligenza e razionalità fu ampiamente dimostrata dalla sua abilità e successo come
generale. Aveva un grande autocontrollo per i “piaceri della carne”, in contrasto con la sua difficoltà
nel porsi limiti quando invece si trattava di alcolici.
Alessandro era un erudito e padroneggiava sia le arti sia le scienze. Egli aveva poco interesse negli
sport o nei giochi Olimpici (a differenza di suo padre), cercando solo di eguagliare gli ideali omerici di
onore (τιµή, timè) e gloria (κῦδος, kudos). Aveva molto carisma e una forte personalità,
caratteristiche che lo resero un grande leader. Le sue abilità uniche furono ulteriormente dimostrate
dall'inettitudine dei suoi generali nel mantenere unita la Macedonia e preservare l'impero dopo la sua
morte — solo Alessandro riuscì a farlo.[8]
Durante i suoi ultimi anni, e specialmente dopo la morte di Efestione, suo grande amico e amante,
Alessandro cominciò a mostrare segni di megalomania e paranoia.[9] Le sue straordinarie conquiste,
insieme con il suo stesso ineffabile senso del destino e l'adulazione dei suoi compagni, potrebbero
aver causato questo effetto. Le sue illusioni di grandezza sono chiaramente visibili nel suo testamento
e il suo desiderio di conquistare il mondo, in quanto, egli è secondo varie fonti definito come
possessore di un'illimitata ambizione, un epiteto il cui significato è diventato un cliché storico.
Sembra che egli stesso si credesse una divinità, o almeno cercava di farsi trattare come tale.
Olimpiade insistette sempre che lui fosse il figlio di Zeus, una teoria a quanto pare confermata ad
Alessandro da un oracolo di Amun a Siwa. Egli dunque incominciò a identificarsi come il figlio di
Zeus. Alessandro adottò gli elementi tipici del vestiario e dei costumi persiani dell'epoca,
pretendendo per esempio l'atto del proskynesis (questa è la prova che Alessandro fosse
estremamente rispettoso verso la cultura persiana), una pratica che i Macedoni disapprovavano, ed
erano riluttanti ad accettare.
Questo comportamento gli costò l'affetto di molti dei suoi compatrioti. In ogni caso, Alessandro era
anche un sovrano pragmatico che comprendeva le difficoltà del governare persone culturalmente
differenti, molte delle quali vivevano in regni dove il sovrano era considerato una divinità. Perciò,
piuttosto che megalomania, il suo comportamento potrebbe essere stato un tentativo pratico di
rafforzare il suo governo e preservare l'unità dell'impero.
Relazioni personali
Lo stesso argomento in dettaglio: Relazioni personali di Alessandro Magno.
Alessandro si sposò tre volte: Rossane, figlia del nobile sogdiano Ossiarte di Bactria, per amore; e le
principesse persiane Stateira II e Parysatis II, la prima figlia di Dario III e quest'ultima figlia di
Artaserse III, per motivi politici. Apparentemente aveva due figli, Alessandro IV di Macedonia da
Rossane e, possibilmente, Eracle di Macedonia dalla sua amante Barsine. Perse un altro bambino
quando Rossane abortì a Babilonia.
Green sostiene che ci sono poche prove nelle fonti antiche che Alessandro avesse un interesse carnale
per le donne; tant'è vero che non ha prodotto un erede fino alla fine della sua vita. Tuttavia, secondo
Ogden, Alessandro avrebbe concepito almeno tre figli in otto anni, più di quanto avesse fatto suo
padre alla stessa età. Oltre alle mogli, Alessandro aveva molte altre compagne, essendo arrivato ad
avere un vero e proprio harem, nello stile dei re persiani, ma usandolo comunque con parsimonia,
mostrando un grande autocontrollo nei "piaceri del corpo". Tuttavia, Plutarco descrisse come
Alessandro fosse infatuato da Rossane complimentandosi con lui per non aver esercitato forza su di
lei. Green ha suggerito che, nel contesto del periodo, Alessandro strinse amicizie abbastanza forti con
le donne, tra cui Ada di Caria, che lo adottò, e persino la madre di Dario, Sisigambi, che
presumibilmente morì di dolore dopo aver sentito della morte di Alessandro.
Biografia
La nascita
Alessandro nacque a Pella, seconda capitale del regno di Macedonia (la prima fu Verghina), attorno
al 20 o 21 luglio del 356 a.C. (o forse verso il 6 dello stesso mese).[14] Era figlio del re macedone
Filippo II e della principessa epirota Olimpiade. Entrambe le famiglie si consideravano discendenti
diretti da due famosi eroi mitici: quella del padre Filippo da Eracle, quella della madre da Achille.[15]
Alessandro si mostrò sempre affascinato da questa sua origine mitica e, nel corso della sua vita, ebbe
in più occasioni a dimostrare di identificarsi con entrambi questi poderosi eroi dell'antichità,
specialmente con quest'ultimo.
L'educazione
Aristotele insegnava in una scuola ubicata nei "Giardini di Mida", a Mieza, località ai piedi del
massiccio del Bermio (attuale Monte Vermio, nei pressi dell'attuale città di Naoussa, nella Grecia
settentrionale[21].
Non si sa fino a che punto gli insegnamenti di Aristotele abbiano influito sul pensiero di Alessandro.
Sembra molto probabile che non potessero esservi molti punti di incontro tra i due: le teorie politiche
di Aristotele erano quelle classiche della grecità, fondate sulla concezione antica e provinciale della
città-stato, che ad Alessandro, che come il padre sognava di unificare la Grecia intera sotto un'unica
guida, dovevano stare ben strette.
Alessandro fu comunque un allievo brillante e capace: la sua abilità nella retorica e nel suonare la lira
furono già oggetto di un discorso pubblico di Eschine ad Atene quando Alessandro aveva solo dieci
anni.[22] Il principe macedone divenne anche ben presto un buon filosofo; in una lettera inviatagli da
Isocrate, l'oratore ateniese si complimenta con lui per la sua competenza e bravura.[23]
Alcune fonti ci dicono che il giovane Alessandro già in tenera età possedesse la tempra straordinaria
che dimostrò più compitamente negli anni successivi della sua breve e intensa vita. Molti episodi ci
raccontano delle mirabili gesta del principe da ragazzo, come la leggendaria caccia al leone in cui
Alessandro uccise la temibile bestia da solo. Estremamente importante per la vita di Alessandro fu il
suo incontro con l'indomabile cavallo Bucefalo, che le fonti ci raccontano nei particolari.
Quando il principe aveva circa dodici anni, un amico del padre Filippo, il generale Demarato di
Corinto, comprò l'animale per l'impressionante somma di tredici talenti con l'intento di farne dono al
re. Questi, spaventato dalla apparente indomabilità dell'animale,
stava per rinunciare al regalo, quando Alessandro notò che il
cavallo era soltanto spaventato dalla propria ombra. Allora gli si
avvicinò, gli volse il muso verso il sole, e quindi gli montò in
groppa: da allora si dice che Bucefalo non si lasciò più montare da
nessun altro che non fosse il principe.
Le prime spedizioni
Lo stesso argomento in dettaglio: Ascesa del regno di
Macedonia. Il giovane Alessandro Magno doma
Bucefalo
Raggiunti i sedici anni di età, nel 340 a.C., Alessandro terminò la
sua formazione con Aristotele. Impegnato in una spedizione
contro Bisanzio, Filippo decise che il figlio era pronto a intraprendere la reggenza del regno di
Macedonia, che lasciò sotto il suo controllo. Durante l'assenza di Filippo, la tribù tracia dei Maedi
decise di ribellarsi al governo di Pella: Alessandro guidò la difesa con velocità e competenza, tanto
che in breve tempo disperse i rivoltosi. Nel cuore del loro territorio decise di fondare una nuova città,
Alessandropoli, insediandovi coloni greci.
Al suo ritorno, Filippo inviò nuovamente il figlio a sedare alcune rivolte in Tracia. In quei mesi, la
città di Amfissa cominciò a coltivare alcune terre che erano sacre al dio Apollo: questa si presentò
come l'occasione perfetta per Filippo di intervenire in Grecia, in cui da tempo voleva cominciare a
estendere la sua influenza. Egli inviò sul luogo Alessandro a capo di un contingente militare, che
raggiunse ben presto nel 338 a.C.; l'esercito macedone, passando dalle Termopili, raggiunse e occupò
la città di Elatea, a pochi giorni di marcia da Tebe e Atene. Gli ateniesi, guidati da Demostene,
decisero quindi di allearsi con i tebani per fronteggiare il comune nemico macedone.
Gli eserciti si scontrarono nei pressi di Cheronea, in Beozia. La battaglia che ne conseguì prese il
nome di Battaglia di Cheronea, in cui la cavalleria macedone, guidata dal giovane Alessandro, ebbe la
meglio sui trecento soldati del battaglione sacro tebano,[24] considerato fino a quel momento
invincibile. Dopo la vittoria, l'esercito di Filippo discese indisturbato tutta la penisola ellenica fino al
Peloponneso, dove solo Sparta si oppose alla sua avanzata. Tuttavia, il re macedone decise di non
rischiare una guerra con i Lacedemoni, la cui aurea leggendaria di guerrieri invincibili era ancora ben
viva nell'immaginario comune, e si ritirò a Corinto.
Qui, nel 337 a.C., costituì una nuova alleanza panellenica chiamata Lega di Corinto, modellata sulla
base della Lega panellenica anti-persiana del 481 a.C. e comprendente tutte le polis greche con
l'eccezione di Sparta. Filippo ne fu nominato Hegemón, "comandante", ed è in quest'occasione che
per la prima volta si fa ufficialmente menzione dell'intenzione del re macedone di invadere la Persia.
Tornato a Pella, Filippo si innamorò perdutamente della nipote (e forse figlia adottiva) del suo
generale Attalo, Cleopatra Euridice, che divenne la sua settima moglie. Questo matrimonio portò
all'accendersi di aspri contrasti tra Alessandro e suo padre; il principe era probabilmente
preoccupato della sua posizione di erede, poiché il futuro figlio di Cleopatra Euridice sarebbe stato
l'unico figlio legittimo di Filippo che fosse interamente di sangue macedone (la madre di Alessandro,
Olimpiade, era epirota).
Per fuggire l'ira del padre, Alessandro fuggì con la madre a Ricostruzione della mappa del
Dodona, in Epiro, dove regnava il fratello di lei, Alessandro Mondo Antico come immaginato da
d'Epiro. Qui restò pochi giorni, prima di continuare verso l'Illiria, Ecateo di Mileto nel V secolo a.C.
dove trovò rifugio da un re locale. Filippo, tuttavia, decise di
perdonare molto presto il figlio, che richiamò a Pella dopo appena
sei mesi.
Nell'estate di quell'anno, il 336 a.C., mentre si trovava a Ege, la capitale ancestrale del regno
macedone, per assistere al matrimonio di sua figlia Cleopatra con lo zio Alessandro d'Epiro, Filippo
fu assassinato da una delle sue guardie, Pausania di Orestide, che fu quasi subito scoperto e ucciso da
altre guardie del re, amiche di Alessandro. Non sappiamo quali siano le motivazioni alla base
dell'assassinio, e anche le fonti antiche discordano. Alcuni, tra cui Plutarco, accusano Olimpiade o lo
stesso Alessandro di essere stati a conoscenza della congiura, se non di avervi addirittura preso parte.
Altri pensarono che il mandante dell'assassinio fosse il re di Persia, Dario III, da poco salito sul trono
di Persepoli. Secondo Aristotele, infine, Pausania era un amante di Filippo, e avrebbe ucciso il re per
vendicarsi di violenze sessuali a lui inflitte da parte dei seguaci di Attalo, zio della nuova moglie di
Filippo, e non convenientemente punite dal sovrano.[26] Il fatto, comunque, che si abbiano
testimonianze attendibili dell'esistenza di alcuni complici, in attesa di raccogliere Pausania in fuga,
tende a escludere quest'ultima ipotesi in favore di un complotto politico.
In ogni caso, alla morte del padre, Alessandro fu immediatamente proclamato re dall'esercito e dai
dignitari, all'età di soli vent'anni.
Consolidato così il suo potere in patria, Alessandro poté cominciare a guardare alla penisola ellenica.
Qui, infatti, la notizia della morte di Filippo aveva dato vita a una serie di rivolte e insurrezioni a
Tebe, Atene e in Tessaglia. Alla guida di un numeroso esercito, scese nuovamente in Grecia:
dapprima causò la resa dell'esercito tessalico, quindi continuò la marcia verso sud fino alle Termopili,
dove fu riconosciuto comandante della Lega Anfizionica. A questo punto si diresse verso Corinto,
dove incontrò il filosofo cinico Diogene. L'incontro è divenuto celebre grazie allo scambio di battute
che sarebbe avvenuto tra i due: Alessandro, che ammirava molto la filosofia cinica, avrebbe chiesto a
Diogene cosa potesse fare il re di Macedonia per lui, e il filosofo avrebbe risposto di spostarsi più in
là, poiché la sua figura gli nascondeva il sole.[28] Sembra che Alessandro fu positivamente colpito
dalla risposta, poiché disse: «Veramente, se non fossi Alessandro vorrei essere Diogene».[N 6]
A Corinto, Alessandro prese il titolo che fu del padre di Hegemón della Lega Ellenica, e fu messo a
capo dell'esercito greco nella imminente spedizione contro l'Impero Persiano.
Ricevuto l'appoggio dei Greci (con l'eccezione ancora di Sparta), Alessandro decise di rivolgersi a
nord, per assicurare i confini del suo regno prima della spedizione in Persia. Nella primavera del 335
a.C. partì alla volta dei Balcani. I primi a essere sconfitti furono i Triballi, una popolazione stanziata
in una regione più o meno corrispondente all'odierna Bulgaria settentrionale; dopo una serie di
battaglie vittoriose,[29] in cui Alessandro diede prova di grande abilità strategica, i Triballi guidati dal
loro re Sirmo furono definitivamente sconfitti sul fiume Ligino ed alla foce del Danubio,
(rispettivamente battaglia del fiume Ligino e battaglia dell'isola di Peuce), subendo perdite enormi a
fronte della sola cinquantina di morti macedoni.[30] Percorrendo il corso del fiume, Alessandro si
ritrovò sulla sponda del Danubio, che seguì per tre giorni fino a che non trovò l'esercito dei Geti,
alleati dei Triballi, sulla sponda opposta. Alessandro guadò il fiume di notte, cogliendo di sorpresa
l'esercito nemico e costringendolo a battere in ritirata.
Dopo circa 4 mesi di campagna, ad Alessandro giunsero notizie di altre insurrezioni in Illiria,
comandate dal re dei Dardani Clito e dal re dei Taulanti Glaucia. Egli decise quindi di marciare verso
est, e uno dopo l'altro sconfisse gli eserciti dei rivoltosi, assicurandosi così la pace nel confine
settentrionale.
Dopo le vittorie nei Balcani, si sparse in Grecia la voce che Alessandro fosse rimasto ucciso in
battaglia. Questa notizia provocò una nuova ribellione a Tebe e Atene, probabilmente in parte
alimentata dai Persiani.[31]
Con una marcia rapidissima (più di 200 chilometri percorsi in soli quattordici giorni),[32] Alessandro
raggiunse Tebe e la circondò. L'esercito macedone travolse ogni fortificazione, e rase quasi al suolo
l'intera città, risparmiando solamente i templi e la casa del poeta Pindaro. L'intero territorio della
polis fu diviso tra le città beote confinanti. Atene fu risparmiata, a patto che la città consegnasse i capi
del movimento anti-macedone: alla fine solo il generale Caridemo fu esiliato, e in seguito si alleò con
i persiani di Dario.[33]
Era giunto il momento per Alessandro di partire per la tanto desiderata campagna in Asia. Prima
della partenza, però, il macedone si volle fermare all'oracolo di Delfi per ascoltare il vaticinio della
Pizia. Per il tempo in cui il re arrivò al tempio, però, l'Oracolo non poteva essere consultato.
Alessandro, però, non si perse d'animo: costrinse con la forza la sacerdotessa nel tempio e la obbligò
a vaticinare, e solo a questo punto ella avrebbe espresso il suo responso: Alessandro sarebbe stato
«invincibile».[34]
Conquista dell'Impero persiano
Strabone di Amasia, nel V libro della sua opera, "Geografia", descrive un'ambascieria inviata nel 335
a.C. da Alessandro al senato di Roma per minacciare ritorsioni in caso non avesse posto termine alle
azioni di pirateria svolte dalla marina della città di Anzio, a loro sottomessa, in ciò accogliendo le
richieste di aiuto delle città della Magna Grecia, in primis Taranto, tutte preoccupate del nascente
espansionismo aggressivo romano. Per risposta, Roma, che aveva da poco sottomesso la greca
Neapolis (odierna Napoli), nella primavera dell'anno seguente, poco prima dell'inizio della campagna
contro la Persia, inviò una corona d'oro in segno di ubbidienza[35].
Nella primavera del 334 a.C. Alessandro, dopo aver lasciato al fidato generale Antipatro la reggenza
di Macedonia, passò l'Ellesponto alla guida di un grande esercito.
Le fonti discordano fin dall'inizio sul numero esatto delle truppe di Alessandro: probabilmente si
trattò di una fanteria di circa 48.000 unità, 6.000 cavalieri e una flotta di 120 triremi. Tolomeo, uno
dei generali più fidati del condottiero macedone che tenne un diario sulla spedizione, ci dice invece
che le armate erano inizialmente composte da 30.000 fanti e 5.000 cavalieri, Anassimene di
Lampsaco descrive 43.000 fanti e 5.500 cavalieri, mentre Callistene, lo storico ufficiale della
campagna, contava una fanteria di 40.000 unità e una cavalleria di 4.500. Sappiamo per certo, in
ogni caso, che i soldati provenivano in gran parte dall'esercito del Regno di Macedonia, ma vi erano
anche contingenti greci provenienti da tutte le città che facevano parte della Lega di Corinto.
Giunto indisturbato sulle coste dell'Asia minore, Alessandro si recò subito a rendere omaggio alla
tomba dell'eroe Protesilao, secondo il mito il primo guerriero acheo a sbarcare sulle spiagge di Troia
in occasione del famoso assedio della città. Ivi giunto, compì un sacrificio e rese palese la sua
intenzione di conquistare l'intero Impero di Persia con un gesto di sicuro effetto: gettò la propria
lancia e la lasciò conficcarsi nel suolo, nella terra d'Asia.
Il comandante delle truppe del Gran Re di Persia nella regione era un mercenario greco di nome
Memnone, nato a Rodi e che aveva sposato una donna persiana. Egli sosteneva che la tecnica
migliore per stroncare subito l'avanzata di Alessandro nel continente fosse quella della cosiddetta
"terra bruciata": attirare l'esercito macedone verso l'interno, e bruciare e distruggere tutto ciò che
c'era nei dintorni, così da rendere per i macedoni impossibile l'approvvigionamento dei rifornimenti.
I satrapi persiani, però, non furono d'accordo nell'infliggere al proprio territorio danni così
ingenti,[36] e preferirono invece scontrarsi direttamente con le armate di Alessandro il prima
possibile.
Lo scontro ebbe luogo presso il fiume Granico, nei pressi del sito dell'antica Troia. La tattica di
Alessandro era chiara: aprire dei varchi nella fanteria nemica, lasciando poi spazio alla cavalleria per
spezzare l'esercito persiano (che era disposto lungo le ripide rive del fiume) e permettendo così alla
falange macedone di caricare con le sarisse e porre fine alla battaglia.
La vittoria fu schiacciante, anche se Alessandro venne ferito, e fu addirittura necessario che Clito il
Nero gli salvasse la vita. L'esercito persiano subì perdite tremende, mentre i macedoni contarono
appena un centinaio di morti.[37] Alessandro inviò trecento tra le armature nemiche più belle ad
Atene per essere esposte sull'acropoli, un ovvio riferimento ai trecento guerrieri spartani di re
Leonida che si batterono valorosamente alle Termopili nel 480 a.C.
Si dice che a questo punto Parmenione suggerì di attaccare la flotta nemica, avendo notato buoni
auspici per la vittoria in mare (un'aquila che si era poggiata sulla spiaggia vicino alle loro
imbarcazioni); Alessandro, tuttavia, gli rispose che aveva male interpretato i segni e che la vittoria
sarebbe venuta per terra, in quanto il volatile si era poggiato sul suolo; l'evento è probabilmente
inventato.[39] I Macedoni sconfissero gli avversari e reclutarono trecento uomini nemici nel loro
esercito (questo reclutamento indusse alla resa i combattenti nemici più valorosi).
Contro la città di Sardi bastò un accordo con il suo capo, Mitrine, che accolse Alessandro come fosse
un amico; il re macedone permise ai cittadini di continuare a regolarsi con le leggi già in uso e
concesse inoltre ulteriori privilegi.[40] Raggiunse Efeso, dove i mercenari nemici impauriti erano
precedentemente fuggiti, e la occupò instaurando una democrazia al posto della precedente
oligarchia, come era avvenuto nelle altre città conquistate.[41] La città entrò a far parte della Lega di
Corinto. Questa sua politica portò ad Alessandro molti consensi e provocò la resa spontanea di altre
città. Tutte le πόλεις (pòleis) della costa, che avevano mal sopportato le ingerenze persiane,
salutarono il macedone come un compatriota liberatore.
Il governo della Caria fu affidato ad Ada, ultima sorella di Mausolo e di Pissodaro (colui che anni
prima aveva progettato un matrimonio fra sua figlia e uno dei figli di Filippo).[42] La donna chiese
udienza al conquistatore, lasciando Alinda (luogo dove aveva trovato rifugio) per incontrarlo; nel
parlargli lo denominò figlio.[43]
Mentre il grosso dell'esercito svernava in Lidia (terra poi concessa ad Asandro) al comando di
Parmenione, Alessandro passò in Licia, in Panfilia, in Pisidia e in Frigia; quest'ultima venne concessa
al comandante della cavalleria tessalica (Calate) e in sua sostituzione Alessandro nominò nuovo
comandante della cavalleria Alessandro Linceste, scelta poi rivelatasi infausta; Linceste, in seguito, fu
da lui fatto arrestare con l'accusa di tradimento.[44]
L'assedio ad Alicarnasso
L'intento di Alessandro era quello di conquistare tutte le città costiere impedendo l'attracco alle navi
nemiche; nel frattempo si ebbe la notizia della morte di un figlio di Dario, ucciso per ordine dello
stesso padre in quanto era in procinto di tradirlo.[45]
Si trovò di fronte ad Alicarnasso, una roccaforte dove si era
rifugiato Memnone per aiutare la flotta persiana disposta nelle
acque vicine; la città era provvista di un grande fossato e
disponeva di scorte sufficienti a resistere a un eventuale lungo
assedio. In questa battaglia il macedone utilizzò le macchine che
lanciavano pietre per difesa e non per attaccare le mura.
Diodoro differisce totalmente da questa versione (narrata fra gli altri da Arriano-Tolomeo); secondo
l'autore, soltanto all'inizio stavano avendo la meglio i Macedoni, guidati fra gli altri probabilmente
dai battaglioni di Addeo e Timandro, ma di fronte al secondo assalto molti dei greci si spaventarono e
la paura aumentò ancora di più all'ingresso dello stesso Memnone, il cui esercito ammutolì per un
attimo lo stesso Alessandro. Soltanto grazie ai veterani, al cui comando si pose Atarrias, che spronò i
più giovani e inesperti, riuscirono a sconfiggere l'esercito nemico uccidendo Efialte, uno dei
comandanti nemici. L'episodio ritrova conferma in un racconto successivo riguardante Clito il Nero e
Alessandro, nel quale il primo ricordò al secondo che senza l'intervento di Atarrias i Greci forse
sarebbero ancora ad assediare Alicarnasso.[48] Si riportano anche i nomi dei generali nemici, gli stessi
Efialte e Trasibulo, che tempo prima vivevano ad Atene e di cui Alessandro chiese la consegna, ma a
cui fu dato la possibilità dell'esilio e quindi di allearsi con Dario. In ogni caso la resistenza non superò
i due mesi.[49]
La città venne incendiata dai Persiani,[50] mentre il generale nemico Memnone fuggì rifugiandosi
temporaneamente sull'isola di Cos. Il re macedone, entrato nella città, ordinò di uccidere chiunque
avesse appiccato il fuoco e quando si rese conto dei danni che aveva subito la fece distruggere
completamente; visti, però, i resti ritrovati, sembra che questa sia un'esagerazione.[51]
Alessandro lasciò Orontobate, che si era rifugiato nella roccaforte di Salmacide, dando incarico a due
dei suoi uomini più fidati (Tolomeo di Filippo e Asandro) di conquistare le restanti città della
regione, lasciando a loro parte dell'esercito (3.000 fanti e 200 cavalieri). Nel frattempo il re
macedone avrebbe proseguito la sua conquista dell'Impero Persiano.
A questo punto il re macedone diede il congedo a tutti i militari che si erano sposati poco prima di
partire per la spedizione[52] e inviò parte del suo esercito a Perge, mentre lui continuava il suo
percorso costiero. Dopo un evento fortuito (il vento cambiò al suo passare rendendo agevole il
passaggio in una zona altrimenti impervia)[53] riscosse molti consensi e contributi da parte dei suoi
uomini che subito convertì in paghe per i soldati.
Alessandro viaggiò per Termesso, Aspendo e Faselide. Nel frattempo arrivò da Parmenione Sisine, un
messaggero persiano inviato da Dario III col proposito di persuadere Alessandro di Lincestide a
uccidere il proprio re; se quest'ultimo avesse accettato la proposta avrebbe ricevuto un premio di
duemila talenti d'oro (a cui si aggiungeva la corona stessa). Il generale dunque, ritenendo rischioso
comunicare la risposta per iscritto, inviò ai persiani un messaggero travestito, evitando così ogni
possibile pericolo di intercettazione, per chiedere come avrebbe dovuto agire.[54]
Gli storici non concordano con questo passo per via della presenza di tanti punti oscuri. Anche la
sorte di Alessandro di Lincestide viene raccontata in vari modi: Tolomeo dopo la sua cattura non
citerà più il suo nome; forse fu ucciso per un tradimento quattro anni dopo le vicende narrate,
oppure, come racconta Aristobulo, egli morì addirittura prima della partenza per la conquista
dell'Asia, ucciso da una donna a cui chiese del denaro.[55] Dati certi riportano però l'esistenza di un
comandante dei Traci con tale nome, sia all'epoca di Tebe sia in Asia.
Altri resoconti identificano Sisine come uomo di fiducia del re macedone, che gli rimase fedele sino a
poco prima della battaglia di Isso, quando gli venne commissionato l'omicidio di Alessandro;
scoperto, per ordine del re, Sisine venne poi ucciso dagli arcieri.[56]
Dopo aver fatto dono al veterano Antigono Monoftalmo di un ampio territorio, Alessandro giunse
nell'antica capitale Gordio, dove si svolse l'episodio del celebre nodo gordiano: pare che esistesse un
antico carro, il cui giogo era assicurato da un nodo inestricabile e che un oracolo avesse promesso il
dominio dell'Asia a chi fosse riuscito a scioglierlo. Il macedone, dopo alcuni tentativi, risolse il
problema estraendo la spada e tagliando il nodo con un colpo netto.[57] Diversamente, Aristobulo
afferma che fu facile per il re sciogliere quel nodo, senza l'utilizzo della propria spada, bensì
staccando semplicemente la spina che teneva il nodo legato al carro.[58]
A Gordio, nel maggio del 333 a.C., Alessandro aspettò che Parmenione lo raggiungesse insieme con le
sue truppe, cui si aggiunsero 4.000 soldati (di cui 3.000 erano Macedoni).[59] Riuscì a far avere ad
Antipatro 500 talenti e 600 ne donò ad Anfotero, per rinforzare la flotta greca, rispettando
l'alleanza.[60]
In seguito Memnone, dopo aver conquistato Chio e le città di Lesbo (Mitilene non riuscì mai a
conquistarla), tentò di preparare trecento navi con cui partire per invadere Eubea e Attica,[61] ma si
ammalò e morì. La sua azione di resistenza fu proseguita da un suo parente, Farnabazo, aiutato da
Autofradate. I due ottennero piccole vittorie (fra cui la conquista di Mitilene, Mileto e Tenedo)
alternate ad altrettante piccole sconfitte, ma il numero dei loro soldati non impensieriva Alessandro.
Preludio
Alessandro nel giugno del 333 a.C. entrò nella Cilicia e scese in una radura descritta tempo prima da
Senofonte,[62] arrivando dopo molte miglia a Tarso. Nel frattempo Dario III, a Susa, venuto a
conoscenza della morte del suo più celebre generale, convocò il consiglio di guerra; Caridemo chiese
di essere posto al comando di un esercito di 100.000 uomini,[63] ma l'imperatore persiano decise di
muoversi personalmente a partire da luglio. Verso la fine di agosto o l'inizio di settembre partì. Le
cifre dell'esercito persiano non sono riportate correttamente da nessun cronista storico del tempo:
erano 600.000 secondo Arriano e Plutarco,[64] 400.000 fanti a cui si sommano 100.000 cavalieri
secondo Giustino e Diodoro, mentre Callistene e Curzio Rufo riferiscono solo di 30.000 mercenari
greci; altri riportano che il contingente schierato fu di 160.000 unità.
In ogni caso Dario aveva radunato un'armata numerosa, tre o quattro volte superiore a quella
macedone. I Persiani si schierarono nella pianura a est dei monti Amanos (oggi chiamati Nur),
all'uscita del passo denominato "porte siriache", acquartierandosi nella città di Sochi (o Sochoi).[65]
Nel frattempo Alessandro fu colpito da una malattia, forse per aver nuotato nel Cidno. Il medico
Filippo di Acarnania si occupò di curarlo, ma alcuni temettero che potesse invece cercare di
ucciderlo, visto che da poco si era unito alle schiere di Alessandro. Secondo Arriano e Curzio,
Parmenione.[66] fece pervenire ad Alessandro una lettera dove si riferiva dell'intenzione del medico di
ucciderlo. Alessandro lesse la lettera poco prima di bere il rimedio approntato dal medico e,
confidando della sua lealtà, bevve comunque il farmaco e subito dopo gli consegnò la lettera. Il re
guarì verso la fine di settembre. Successivamente passò per Anchialo, dove una tradizione diceva che
questa città e quella di Tarso furono costruite in un giorno e, dopo la conquista di Soli, corse a Mallo,
dove era in atto una guerra civile che fece terminare; qui venne a conoscenza che Dario era
posizionato a Sochi e decise quindi di affrontarlo.[67] Alessandro lasciò i feriti e i malati delle sue
truppe a Isso, poi riprese la marcia e giunse a Miriandro dove si accampò.[68] Qui decise di attendere
Dario attraverso le Porte Assire (oggi chiamato Passo Beilan).[69]
La battaglia
Fiducioso della superiorità numerica del suo esercito, Dario si spostò alle spalle del nemico, nella
pianura costiera di Isso, l'odierna Dörtyol; la sua idea era quella di spezzare l'esercito macedone,
confidando che l'alto numero dei soldati reclutati lo avrebbe portato alla vittoria anche su un terreno
meno favorevole, nella ristretta pianura chiusa tra i monti del Tauro, il mare e il fiume Pinar,[71] dove
poterono essere schierati non più di 60.000 fanti, 30.000 cavalieri, altri 20.000 uomini e dietro a
loro 30.000 mercenari greci.[72] Il tutto equivaleva per capacità alla falange macedone.[73] Ancora più
dietro vennero schierati altri soldati, mentre Dario occupava il centro come loro usanza,[74] su un
carro con 3.000 uomini posti a guardia. Alla sinistra si posero 6.000 arcieri e 20.000 fanti sotto il
comando di Aristomede.[72]
Lo scontro ebbe inizio alle cinque e mezzo del primo novembre.[75] Alessandro guidò direttamente la
carica con la cavalleria leggera sull'ala destra: superò gli sbarramenti posti dalle truppe persiane
mentre la falange, meno veloce nei movimenti, cedeva lentamente al nemico che l'attaccava da ogni
parte.[76] Nel suo slancio, Alessandro raggiunse quasi il sovrano persiano e si dice cercò di colpirlo,
non riuscendoci, con una lancia. Dario decise di ritirarsi, costretto a lasciare il suo carro e a darsi alla
fuga su un cavallo,[77] mentre suo fratello Ossatre rimase a combattere sino alla morte.
Dopo la battaglia
La battaglia si concluse con una completa disfatta dei Persiani, tra i quali si contarono oltre 110.000
morti[78] fra cui ufficiali quali Savace (satrapo d'Egitto), Arsame, Reomitre e Atize, i quali avevano già
combattuto in passato contro l'avanzata macedone uscendone in salvo. Il Grande Re perse le sue
migliori truppe, quasi tutti i più validi ufficiali del suo esercito e
soprattutto il proprio prestigio di condottiero, distrutto dalla sua
precipitosa fuga davanti al nemico.
Il giorno successivo Alessandro andò con Efestione a far visita alle La famiglia di Dario davanti ad
prigioniere. In quell'occasione Sisigambi non seppe riconoscere Alessandro, Justus Sustermans.
chi dei due fosse il re, rendendo omaggio alla persona sbagliata.
Un servo le fece notare l'errore e il conquistatore macedone per
evitarle l'imbarazzo le disse di non preoccuparsi in quanto entrambi erano Alessandro;[81] il
condottiero, adeguandosi a come già aveva fatto con Ada tempo addietro, incominciò a rivolgersi alla
regina persiana chiamandola madre.[82] Visitò i feriti, pur essendo lui stesso uno di loro, e onorò ogni
soldato che si fosse distinto durante la battaglia offrendo ricompense adeguate.[83]
L'ambasciata di pace
Giunto a Marato, il conquistatore macedone ricevette alcuni ambasciatori inviati dal re persiano;
questi chiedevano la pace e il riscatto dei prigionieri. Gli ambasciatori erano accompagnati da una
lettera con la quale si ricordava ad Alessandro che, ai tempi del padre Filippo, la Macedonia e la
Persia erano state alleate e furono i Macedoni a infrangere per primi tale alleanza.[84]
Alessandro rifiutò le proposte di pace di Dario preferendo la via della conquista all'accontentarsi dei
numerosi territori fino a quel momento assoggettati. Invece di proseguire immediatamente verso
l'Asia preferì entrare in Egitto al fine di coprire le spalle al suo esercito prima della spedizione
successiva.
Damasco e Tiro
Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Tiro (332 a.C.).
La città oppose un'accanita resistenza, forte anche del fatto che Cartagine aveva promesso di inviare
presto soccorsi. La parte nuova era ubicata su un'isola vicino alla costa (si parlava di una distanza di
700 metri); Alessandro pensò dunque di utilizzare dei detriti dell'antica città continentale, distrutta
due secoli prima da Nabucodonosor II (dopo un assedio di tredici anni), per unire l'isola alla costa
rendendola dunque una penisola, usando anche alberi, legname a cui venivano alternati strati di
macigni e detriti.[92] Intanto racimolò, durante un viaggio che lo portò anche a Sidone, una piccola
flotta composta da 224 navi, fra cui alcune quinqueremi del re Pnitagora, sovrano dei ciprioti[93] a cui
il conquistatore donò una miniera di rame. Oltre a loro riuscì ad aggiungere alle sue fila anche 4.000
mercenari comandati da Cleandro.
L'assedio durò sette mesi (dal febbraio del 332 a.C. sino a luglio-agosto). Fra le varie idee utilizzate vi
fu quella di due navi unite a prua che trasportavano degli arieti. La resistenza dei Tiri fu eroica:
riparavano ogni breccia creata, gettavano pietre contro le navi che trasportavano gli arieti (anche se
tali massi furono raccolti e catapultati lontano dagli assalitori), tagliavano le corde che reggevano le
ancore anche con l'uso di palombari (in seguito furono sostituite da catene).[94] Inoltre, dato il gran
numero di tecnici e ingegneri presenti nella città, costruirono facilmente tante nuove macchine da
guerra per opporsi con più efficacia all'assedio;[95] a loro si contrapponeva, nella costruzione di
macchine all'avanguardia, un solo inventore tessalo, Diade.
Giunse un'altra lettera da Dario, una proposta di pace, probabilmente durante l'assedio a Tiro.[96]
Questa volta alla proposta erano allegati molti doni fra cui 10.000 talenti, la mano di sua figlia e il
possesso di un vasto territorio sino all'Eufrate. Vi fu qui una celebre conversazione fra Parmenione e
Alessandro: «Se io fossi Alessandro, accetterei la tregua e concluderei la guerra senza più correre altri
rischi». «Lo farei se fossi Parmenione; ma io sono Alessandro e come il cielo non contiene due soli,
l'Asia non conterrà due re».[91]
Fu probabilmente la notizia della morte della moglie, avvenuta durante il travaglio di un nuovo
nascituro, a far cambiare idea al re.[97] Infatti, saputo del secondo rifiuto, Dario si dedicherà a
radunare un esercito ancora più vasto del precedente. Nel frattempo la flotta navale macedone
sconfisse molti dei suoi nemici, fra cui Carete, fuggito tempo addietro dalla Grecia stessa.
Gli abitanti di Tiro vennero informati che i rinforzi da Cartagine non sarebbero giunti e di
conseguenza escogitarono altre difese ancora più cruente, fra cui quella di gettare dalle mura sabbia e
fango bollente che una volta entrate nelle armature degli assedianti avrebbero causato ustioni.[98] Si
dice che Alessandro abbia avuto dei dubbi sulla prosecuzione dell'assedio; alla fine scelse di
continuare ciò che aveva incominciato, dato che una rinuncia sarebbe stata una testimonianza troppo
grande della sua non invincibilità.[99]
Plutarco racconta che, giunti all'ultimo giorno del mese di agosto, l'indovino Aristandro predisse,
dopo aver interpretato i segni che il cielo stava dando, la conquista della città entro la fine del mese;
Alessandro quindi decise che quel giorno non era più il trenta ma il ventotto del mese.[100] Alla fine di
agosto le navi di Alessandro subirono un pesante attacco e quelle di Pnitagora, Androclo e Pasicrate,
dopo essere state speronate, affondarono l'una dopo l'altra. Non appena il macedone si accorse di
quanto stava accadendo ordinò alle navi più vicine di avvicinarsi al molo nemico impedendo così
l'uscita di altri convogli e permettendo di concentrare l'azione su quelli rimasti.[101] I Macedoni
utilizzarono a quel punto varie tattiche: l'attacco a entrambi i porti, un diversivo con una piccola
unità navale e l'attacco decisivo alle mura. L'offensiva fu inizialmente guidata da Admeto, ammiraglio
della nave del re, poi ucciso in quella battaglia.[102] Successivamente l'attaccò fu guidato da
Alessandro in persona. Per paura della sconfitta imminente ci fu chi preferì uccidersi.[103] La città
infine cadde e le perdite macedoni furono in quell'attacco circa una ventina, che si sommano alle
circa quattrocento nel corso di tutto l'assedio.[104]
In quest'occasione si vide la furia del re: fece uccidere 8.000 cittadini (di cui 2.000 vennero
crocifissi)[105] e molti di più furono ridotti in schiavitù o venduti; si mostrò tuttavia benevolo con chi
aveva trovato riparo nei templi, fra cui il re di Tiro, Azemilco. Alessandro fu dunque di parola e
sacrificò, come aveva chiesto di fare in precedenza al dio locale, la catapulta che aveva fatto per prima
breccia nella città.[106]
La data della caduta della città è controversa: Arriano cita il mese di luglio, all'epoca in cui si
distingueva come magistrato d'Atene Aniceto, che aveva cambiato nome in Nicerato per festeggiare la
vittoria di Alessandro.[107]
La conquista di Gaza
Nel contempo decise di fare costruire torri più alte delle mura
nemiche in modo da poterle colpire dall'alto grazie all'utilizzo di
catapulte (le elepoli non riuscivano ad avvicinarsi abbastanza).
Per utilizzarle occorreva prima costruire un terrapieno;
nonostante i Macedoni avessero a disposizione solo fango e sabbia
vi riuscirono in pochi mesi, secondo Diodoro in due.[110] Batis
diede l'ordine ai suoi uomini di incendiare le macchine nemiche, Testa di Alessandro conservata
ma i soldati che uscirono dalla fortezza furono attaccati. Durante presso Copenaghen.
questa azione Alessandro fu raggiunto da un colpo di catapulta. Si
riparò con lo scudo ma l'impatto fu così forte da romperlo,
trafiggendo l'armatura e ferendolo a una spalla. Questo episodio era stato predetto dall'indovino che
aveva visto la vittoria del macedone.[111]
Il re non aspettò che la ferita guarisse, ma ritornò alla battaglia; durante l'assedio la ferita riprese a
sanguinare e a gonfiarsi,[112] ma il condottiero abbandonò il campo solo quando stava per svenire.[113]
Il terrapieno che venne costruito raggiunse un'altezza di 75 metri, una piccola montagna eretta
durante l'estate;[114] da quell'altezza, anche se si cercò di alzare le mura della città, i nemici furono
facili bersagli delle macchine nemiche. Inoltre, grazie alle gallerie scavate, le mura vennero fatte
cadere.[115] Quasi tutti gli uomini della città morirono mentre i restanti diventarono schiavi. Si
racconta che il destino di Batis, che durante i combattimenti venne ferito più volte,[116] ricordasse per
similitudine quello di Ettore; infatti, analogamente al condottiero troiano, venne legato al carro di
Alessandro e trascinato; molte aggiunte apportate ai resoconti dopo la morte di Batis rendono
l'accaduto più tragico. La città venne poi ripopolata.
Gerusalemme aprì le porte e si arrese. Secondo Flavio Giuseppe, ad Alessandro sarebbe stato
mostrato il libro biblico di Daniele, si pensa l'ottavo capitolo, dov'è indicato che un potente re
macedone avrebbe assoggettato l'Impero Persiano;[117] tuttavia tale informazione non è storica,
poiché il Libro di Daniele fu composto solo nel II sec. a.C.
Egitto
Nel novembre del 332 a.C. Alessandro incominciò il viaggio verso l'Egitto; superato dopo tre giorni il
deserto e il lago Serbonide, giunse in quelle terre venendo accolto come un liberatore e facendosi
consacrare faraone: qui, infatti, il giogo persiano era maggiormente avvertito e poco accettato, poiché
solo dodici anni prima il popolo era libero dal potere dei Persiani.[118]
La conquista dell'Egitto non era stata concordata con la lega di Corinto quindi il re macedone non
poté unirla con il resto delle sue conquiste. Inoltre si astenne dal nominare un satrapo al quale
preferì la collocazione strategica di alcune sue guarnigioni in posti chiave come Menfi e Pelusio. Per
la gestione amministrativa del territorio furono scelti due nomarchi, Doloaspi e Petisi, mentre
l'amministrazione delle finanze fu affidata a un greco residente in Egitto, Cleomene di Naucrati.[119]
Assegnò ai suoi uomini cariche militari ma non civili. Durante la sua marcia apprese delle varie
vittorie riportate dagli alleati: Lesbo, Tenedo e Cos erano ora in mano sua.
Dimostrò grande rispetto per gli dei egiziani[120] e una profonda devozione per Ramses II, suo mito e
icona, in onore del quale costruì una stele; a Menfi fece un sacrificio al bue Api, ingraziandosi così i
sacerdoti egiziani:[121] tempo addietro, durante la riconquista persiana del territorio egiziano,
Artaserse III aveva ucciso un toro sacro e ne aveva divorato la carne, mentre il re macedone con
questo gesto conquistò la fiducia del popolo.
La costruzione di Alessandria
Alla fine del 332 a.C., sulle rive del Nilo, Alessandro decise di edificare una grande città che
testimoniasse la sua grandezza; si racconta però che dopo un sogno, nel quale gli furono recitati
alcuni versi dell'Odissea sull'isola di Faro,[122] decise di costruirla nella regione del Delta del Nilo su
una stretta lingua di terra tra la palude Mareotide e il mare. Egli stesso disegnò la disposizione di
piazze e mura da costruire[123] (le linee del disegno furono tracciate sul suolo utilizzando della
farina).[124]
La città venne chiamata Alessandria d'Egitto. Il progetto topografico fu realizzato dal celebre
architetto dell'epoca Dinocrate di Rodi[125] con la collaborazione di Cleomene da Naucrati. Le
indicazioni fornite dal re macedone vennero rispettate. Fu la prima delle molte città a cui diede il suo
nome.[126]
L'oracolo di Amon
In seguito Alessandro (o forse prima, secondo alcuni studiosi)[127] decise di andare a far visita al
celebre santuario oracolare di Amon (l'equivalente di Zeus nella mitologia egizia). Per raggiungerlo
dovette percorrere 200 miglia fino a quella che in seguito verrà chiamata Marsa Matruh, recandosi
dunque all'oasi di Siwa nel deserto libico. Del viaggio si raccontarono gli episodi più incredibili, come
i corvi che gracchiavano avvertendo i viaggiatori che avevano intrapreso la strada sbagliata o quello,
riferito da Tolomeo, dei serpenti parlanti che gli avrebbero fatto da guida.[128]
Questo viaggio fu forse intrapreso perché Alessandro sapeva che lo avevano compiuto in precedenza
Perseo ed Eracle.[129] I resoconti vennero scritti venti mesi dopo l'accaduto, quindi il dialogo
intercorso potrebbe essere stato inventato conoscendo i successivi avvenimenti favorevoli al Dio
Alessandro.[130]
Le domande che pose furono più di una: inizialmente, chiese se avesse vendicato la morte del padre,
ma gli venne risposto che non si trattava di suo padre in quanto lui era una divinità;[131] allora
riformulò la domanda chiedendo se degli uccisori di Filippo vi era rimasto qualcuno ancora in vita e
se sarebbe diventato signore degli uomini. La risposta fu positiva per entrambe le richieste.[132] Si
narra che in quell'occasione l'oracolo compì un piccolo errore di pronuncia dicendo «paidios» (figlio
di Zeus) invece di «paidion» (figlio),[133] offrendogli in tal modo un punto di partenza per l'istituzione
di un culto divino incentrato sulla sua persona. Davanti ai suoi alleati non volle però vantare questa
discendenza.
Arriano differisce da questa narrazione rivelando che il re macedone non pose le domande sopra
citate,[134] ma supponeva che avesse chiesto, per via di indizi lasciati quattro anni dopo l'incontro,[135]
quali divinità avesse dovuto ingraziarsi per trionfare sui suoi nemici.
Dopo un anno di sosta nel regno egiziano ritornò in Asia.[136] Nel frattempo giunsero rinforzi inviati
da Antipatro (circa 900 uomini).
Preludio
Alessandro si fermò a organizzare i suoi uomini per quattro giorni, fino alla sera del 29 settembre. Il
re, nonostante i suoi consiglieri gli avessero suggerito di effettuare le prime mosse di notte, attese
l'alba per intraprendere l'attacco, affermando che «non ruba le vittorie»,[142] e uccidendo una persona
la sera stessa con un rituale misterioso.[143] Successivamente cadde in un sonno talmente profondo
che Parmenione si preoccupò a tal punto da chiedere al proprio re come mai dormisse come se avesse
già vinto lo scontro imminente. Alessandro rispose che la battaglia era già praticamente vinta in
quanto ci si doveva scontrare con un esercito che cercava di evitare ogni contatto.[144]
Il contatto con l'esercito di Dario avvenne all'alba del 1º ottobre,[145] Lo scontro avvenne presso il
villaggio di Gaugamela (poi Tell Gomel), nei pressi delle rovine di Ninive e non ad Arbela[146] come
qualcuno sosteneva.[147]
Forze in campo
La battaglia fu di vitale importanza per Alessandro. Si racconta che egli avesse solo 30.000 fanti e
3.000 cavalieri contro un milione di Persiani. Il numero di Persiani, imprecisato in realtà, è secondo
alcuni storici di numero molto inferiore a quanto si racconta[148] e variava a seconda della fonte
riportata:
A tale esercito Alessandro aveva frapposto gli eteri (circa 10.000) con le sarisse al centro, i portatori
di scudo (circa 3.000) che coprivano la loro destra, i cavalieri (fra cui il re) ancora più a destra, poi
arcieri (circa 2.000), frombolieri e lanciatori di giavellotto.[155] Il lato sinistro affidato a Parmenione
era quasi unito agli eteri. A entrambi i lati, per prevenire un possibile accerchiamento, vi erano due
piccole unità nascoste e poste in obliquo rispetto al resto delle forze, pronte ad attaccare; se non fosse
bastato avrebbero potuto ritirarsi per lasciare spazio alle riserve. Alessandro cercò solo di utilizzare al
meglio le sue risorse, eliminando il superfluo nell'armamento.[156] I suoi uomini più fidati, Clito il
Nero, Glaucia, Aristone, Eraclide, Demetrio, Meleagro ed Egeloco, erano tutti ai comandi di Filota,
figlio di Parmenione, mentre l'altro suo figlio, Nicanore, si trovava al centro insieme con Ceno,
Perdicca, l'altro Meleagro, Poliperconte e Simmia. Nella parte più interna vi erano Cratero, Erigio,
Filippo il figlio di Menelao, arrivando infine a Parmenione. Oltre a loro Andromaco guidava la
cavalleria dei mercenari.
Per evitare di essere accerchiato da un esercito tanto più numeroso del suo e disteso su un fronte
lunghissimo, Alessandro aveva schierato una seconda linea dietro il fronte di battaglia. La vittoria fu
decisa dall'attacco della cavalleria all'ala destra, da lui stesso guidata, mentre il generale Parmenione
teneva fronte alla cavalleria nemica sul lato opposto.
Alessandro si preparò in grande stile per la battaglia: portava una veste tessuta in Sicilia, il pettorale
che faceva parte del bottino di Isso, l'elmo di ferro creato da Teofilo, la spada donatagli da uno dei re
di Cipro, e un manto elaborato da Elicone, regalo della città di Rodi.[157]
La battaglia
Le truppe di Mazeo si scontrarono con quelle di Parmenione arrivando in prossimità del campo dove
erano segregati i prigionieri; fra questi spiccava la regina di Persia, madre di Dario,[162] che non venne
liberata in quanto i soldati si diedero alla fuga alla notizia della ritirata del loro re.
Ci fu un attacco diretto da parte di Alessandro nei confronti del re nemico: il macedone colpì il
cocchiere di Dario con una lancia uccidendolo. Il sovrano persiano, perso il carro, fuggì su una
giovane cavalla. Il conquistatore inseguì il nemico ma fu richiamato da alcuni messaggeri inviati da
Parmenione che chiedeva aiuto per affrontare un gruppo nemico. Il re macedone, anche se
terribilmente seccato da questa richiesta, fece finta di nulla e acconsentì permettendo all'avversario
di salvarsi nuovamente.[163] L'episodio del messaggero è molto discusso fra gli storici in quanto non è
certa la sua collocazione temporale e non è chiaro nemmeno come abbia fatto a individuare e
raggiungere il proprio re in quella nuvola di polvere; forse era un modo per evidenziare l'incapacità di
Parmenione.[164] Altri discutono sull'atteggiamento di Dario: questa sarebbe la sua seconda fuga
davanti al nemico e pare un'esagerazione se si pensa al coraggio che ha mostrato all'inizio del suo
regno.[165]
Senza il comando reale le truppe rimanenti furono facile preda dei Macedoni. Inizialmente i Persiani
pensavano che fosse il re a essere stato trafitto dalla lancia. Successivamente, prima che si potessero
riorganizzare, furono attaccati dalle truppe guidate da Arete. Se da un lato dello schieramento si
inseguivano e uccidevano i nemici, dall'altro ancora si combatteva e Mazeo stava prevalendo sui
Macedoni,[166] a tal punto che solamente la tattica prefissata di Alessandro li salvò da morte certa. Ci
fu un pesante scontro di cavalleria dove i Persiani cercarono un varco per fuggire dal campo,
combattendo ormai solo per salvarsi.[167] Lo scontro si spostò sul fiume Lico dove molti persiani
furono inghiottiti per via dell'armamentario troppo pesante che possedevano[168] e quando si fece
buio la lotta terminò. Mazeo si ritirò a Babilonia dove successivamente si arrese agli invasori.
I morti furono molti: se ne contavano circa 1200 fra le file dei Macedoni. Molti di più i feriti fra cui
Parmenione, Perdicca e in seguito anche Efestione. Per Arriano si contarono circa 300.000 morti fra
i Persiani e solo un centinaio circa fra gli alleati di Alessandro,[169] mentre Diodoro ne cita 90.000 fra
i Persiani e 500 fra la coalizione macedone.[170]
Dopo Gaugamela
Alessandro riprese l'inseguimento del re nemico appena le acque si furono calmate. Da poco superata
la mezzanotte, partì alla volta di Arbela dove, giunto sul far del giorno, non trovò Dario (fuggito nei
territori montuosi della Media) ma solo parte del suo tesoro. Non poté proseguire oltre poiché i
cavalli erano esausti, tanto da doverne uccidere un migliaio.[171] Durante il tragitto di ritorno verso il
campo, il conquistatore fu attaccato da alcuni cavalieri e dovette trafiggerne qualcuno con la propria
lancia prima di venire aiutato dai suoi uomini. Durante questo scontro Alessandro si espose in prima
persona e, secondo Curzio Rufo, fu grazie al suo valore e non alla fortuna che ottenne la vittoria.[172]
Caddero nelle mani del re macedone magazzini, preziosi e decine di migliaia di prigionieri. Decise di
informare i Greci che le loro città non erano più soggette alla tirannia e da ora in poi si sarebbero
governate con leggi proprie[173] (affermazione vera solo in parte considerando la Grecia del tempo).
Divise quindi il bottino inviandone una parte ai Crotoniati, in Italia, come riconoscimento per il
coraggio mostrato da Faillo di Crotone nel secolo precedente, durante la seconda guerra persiana.[174]
Continuò la marcia, questa volta senza alcuno scontro. Degno di nota durante il tragitto fu l'incontro
di una voragine da cui continuamente usciva fuoco e nella quale si poteva osservare una corrente di
uno strano liquido (nafta).[175] Si trattava dei fuochi eterni di Baba Gurgur.
Alla fine di ottobre Alessandro entrò in Babilonia dove ottenne la sottomissione del satrapo Mazeo.
Quest'ultimo fu lasciato al governo della provincia affiancato da un comandante militare e da un
tesoriere greco. Qui riposò circa cinque settimane ed ebbe tempo per osservare i giardini pensili
costruiti da Nabucodonosor, cercando di far inserire in quella meraviglia anche piante di origine
greca; con l'eccezione dell'edera quest'idea non ebbe fortuna.[176]
Dopo aver superato il fiume che all'epoca si chiamava Pasitigris (in seguito Karun), entrò poi nel
territorio degli Uxii, a circa sessanta chilometri da Susa, che in parte non si arresero al nuovo re.
Chiesero ad Alessandro un tributo da versare se avesse avuto intenzione di passare per le loro terre.
La risposta del macedone fu quasi di sfida, chiedendo loro di farsi trovare pronti al momento del suo
passaggio; poi li attaccò di notte, forte degli 8.000 uomini della falange, radendo al suolo ogni loro
possedimento.[182] Gli Uxii sopravvissuti attaccarono ancora ma furono sconfitti ogni volta. In una
giornata il macedone risolse un problema che affliggeva il regno persiano da quasi due secoli.[183]
Restava ancora Ariobarzane, governatore della Perside, che voleva fuggire con il tesoro rimasto,
sapendo che l'intero esercito macedone era più lento del suo. Alessandro divise in due parti i suoi
uomini, avanzando con la metà più veloce e raggiungendolo in cinque giorni presso le Porte persiane,
nelle attuali montagne dello Zagros. Qui la lotta lo vide impegnato contro un congruo numero di
nemici (40.000 uomini a cui si aggiungevano 700 cavalieri secondo Arriano,[184] 25.000 soldati
secondo Rufo,[185] a cui Diodoro aggiunge 300 cavalieri). Per evitare di incappare in una sconfitta,
Ariobarzane fece edificare un muro che ostruiva in parte l'unica strada percorribile dai Macedoni.
Alessandro tentò un primo assalto che non diede alcun risultato, anche per via della frana provocata
dagli stessi Persiani; si ritirò dunque qualche miglio più a ovest, raggiungendo la radura denominata
Mullah Susan. Qui vi era un'altra strada da prendere, a prima vista più ovvia, ma Alessandro la evitò
non volendo lasciare i suoi morti «insepolti».[186]
La resa dei conti arrivò, grazie anche a un pastore della zona, il quale rivelò ai macedoni un percorso
che potevano intraprendere per aggirare i Persiani. Le truppe di Alessandro incominciarono l'attacco
e successivamente vennero in sostegno quelle di Cratero. Ariobarzane riuscì comunque ad arrivare
con pochi uomini sino a Persepoli ma i cittadini non gli aprirono le porte, costringendolo a tornare al
combattimento trovando la morte.[187]
Persepoli
Nel mese di gennaio dell'anno 330 a.C. Alessandro entrò infine a Persepoli (che poi divenne Takht-i
Jamshid), capitale dell'Impero Persiano, dove trovò circa centoventimila talenti di metallo prezioso
non coniato.[188] Il re nemico aveva intanto trovato rifugio ad Hamadan (conosciuta all'epoca come
Ecbatana), dove fu raggiunto dai suoi uomini di fiducia (Besso, Barsaente, Satibarzane, Nabarzane,
Artabazo) e da 2.000 mercenari greci. Alessandro rimase per un lungo periodo a Persepoli, inviando
dei soldati a Pasargade e chiedendo a Susa l'invio di una grande quantità di animali da soma per il
trasporto del denaro. Partì con una piccola parte dell'esercito, per circa trenta giorni, alla conquista
delle tribù che si trovavano vicino alle colline della regione, sottomettendo i nomadi e il resto della
provincia. Quando tornò, continuò a far dono, a chi lo aveva aiutato, di beni proporzionati all'aiuto
offerto, come era nel suo stile.[189] Prima di lasciare la città restituì il potere locale al governatore della
città e affidò 3.000 macedoni ad un suo uomo di fiducia.
Si dice che verso la fine della primavera Alessandro abbia dato l'ordine (o forse lui stesso fu
direttamente l'artefice) di provocare un incendio, che devastò i palazzi, bruciando in parte anche il
tesoro. In seguito furono analizzati i resti della sala delle cento colonne di Serse dove si comprese che
le travi caddero e il fuoco si alimentò a dismisura.[190] Si dice, secondo il racconto di Tolomeo, che
contraddicendo un consiglio di Parmenione vendicò in tal modo l'incendio di Atene[191] e la sorte di
Babilonia.[187] Plutarco, citando l'episodio, aggiunge che di questo atto si pentì immediatamente,
dando ordine di spegnere l'incendio.[192] Un'altra versione, tardiva rispetto alle precedenti, ritiene che
l'incendio stesso possa essere nato per errore, sotto suggerimento di Taide, una donna greca che
aveva viaggiato con Alessandro e i suoi uomini.[193] Anche se l'episodio di Taide non trova gli storici
concordi, la donna è, come si racconta nei Deipnosofisti, la compagna di Tolomeo, da cui avrà tre
figli.[194]
In Grecia intanto Antipatro aveva sconfitto nella battaglia di Megalopoli (autunno del 331 a.C.) il re
di Sparta Agide III, eliminando definitivamente l'ultima opposizione delle città greche al dominio
macedone.
L'inseguimento di Dario
Nel maggio del 330 a.C. Alessandro marciò verso Ecbatana, che si trovava a 450 miglia di distanza da
Persepoli. Durante il tragitto ricevette alcuni rinforzi, arrivando a un totale di 50.000 uomini.[195]
Dario, sapendo della velocità con cui il suo nemico si stava muovendo, cambiò i suoi piani, non
dirigendosi più verso Balkh (in Afghanistan) come aveva in precedenza previsto, ma verso le Porte
Caspie, anche se fra i suoi uomini incominciarono a manifestarsi i primi dissensi. Durante la marcia
l'esercito macedone patì la sete e molti soldati morirono lungo la strada.
Il re macedone venne a conoscenza dei movimenti di Dario quando si trovava a Rei, vicino a Teheran.
Raggiunse quindi il passo ma ad attenderlo c'erano due messaggeri che lo informarono di una rivolta
incominciata da Besso, Barsaente e Nabarzane contro il loro re. Dario venne arrestato. Alessandro
decise di raggiungere Besso, riuscendoci in un giorno e mezzo.[196] Continuò poi la sua corsa essendo
a conoscenza del luogo dove Dario era tenuto prigioniero; scelse 500 opliti, che fece montare a
cavallo al posto dei cavalieri,[197] e galoppò di notte percorrendo ottanta chilometri, arrivando poi
all'alba a Damghan, dove giunsero in 60.[198]
In ogni modo il conquistatore macedone, dopo aver coperto il cadavere con il suo mantello, lo riportò
indietro e lo fece seppellire con tutti gli onori nelle tombe reali. A Ecbàtana, Alessandro congedò i
contingenti delle città greche, poiché il compito di vendicare l'invasione della Grecia da parte di Serse
era ormai concluso. Reclutò il fratello di Dario (Essatre)[200] e strinse amicizia con Bagoa.
Besso si proclamò re di tutta l'Asia[201] e con il nome di Artaserse V fu inseguito attraverso le regioni
dell'Ircania. Durante il tragitto Bucefalo, che veniva utilizzato da Alessandro solo per le grandi
occasioni e quindi normalmente veniva tenuto in
custodia da alcuni soldati, venne catturato da alcuni
barbari. Appena venne a conoscenza del fatto, il re
macedone inviò ai barbari un araldo con cui minacciò di
morte ognuno di loro e le rispettive famiglie. Questi
ultimi, impauriti, restituirono subito il cavallo
arrendendosi e Alessandro li trattò con onori, dando
anche una ricompensa a chi gli riportò il fidato
compagno.[202]
In queste regioni il re macedone fondò una serie di città con il nome di Alessandria, tra cui quella
nota con il nome di Alessandria del Caucaso, che non ebbe un lungo futuro: scavi effettuati a Bor-
i-Abdullah (a sud della futura Begram) portarono alla luce resti di una città fondata successivamente
a quella del re macedone e di un'altra presso l'attuale Kandahar, in Afghanistan. Dopo aver indugiato
per alcuni mesi (ripartì probabilmente a maggio o dopo), Alessandro arrivò sino all'Hindu Kush,
celebrato da Aristotele, convinto che sopra tali vette si poteva osservare la fine del mondo
orientale.[208]
Scendendo l'Hindu Kush, i soldati macedoni dovettero affrontare la fame; il cibo era venduto a prezzi
esorbitanti e non trovando foraggio per gli animali, molti di essi vennero uccisi per cibarsi delle loro
carni. Se Besso avesse continuato con la sua tecnica di bruciare i campi, o se in quel momento di
debolezza avesse attaccato, avrebbe avuto buone probabilità di vittoria; invece cambiò strategia,
bruciando solo le barche dopo aver attraversato il fiume Osso (oggi Amudarja). Per tale condotta
venne abbandonato da buona parte del suo esercito. Le sue motivazioni sono forse da ricercare nelle
azioni compiute da Artabazo, che aveva sconfitto e ucciso Satibarzane[209] in una battaglia non
lontano da Herat.
Attraversando Kundz, Alessandro arrivò sino a Balkh. Per continuare l'inseguimento si cercò di
evitare la marcia diurna a causa dell'eccessivo caldo. Arrivati vicino a Kilif, decise di congedare feriti,
anziani e quei pochi Tessali che avevano preso congedo tempo addietro, pagandoli lautamente.
Rimaneva il problema di come attraversare quel profondo fiume, dove non era affatto facile
costruirvi un ponte; si decise quindi di riempire delle pelli di paglia secca e cucirle tutte insieme,
costruendo in tal modo delle zattere in grado di galleggiare. L'intero esercito riuscì ad attraversare il
fiume in cinque giorni.[210]
Besso, che si trovava in compagnia di un altro generale, Spitamene, fu infine abbandonato dai suoi
compagni, tradito e fatto prigioniero. Venne successivamente consegnato nudo a Tolomeo e arrestato
nell'anno 329 a.C.. Fu poi mutilato e una corte di giustizia persiana lo dichiarò colpevole di alto
tradimento; venne infine giustiziato a Ecbàtana.[211]
L'agire di Spitamene non fu inizialmente chiaro a Alessandro che pensava volesse arrendersi, mentre
voleva invece solo disfarsi di un alleato poco affidabile.
«Ce que j'aime dans Alexandre le Grand ce «Quello che mi piace in Alessandro Magno
ne sont pas ses campagnes que nous ne non sono le sue campagne militari che noi
pouvons pas concevoir, mais ses moyens non possiamo neanche concepire, ma i suoi
politiques [...] Il avait eu l'art de se faire metodi politici [...] Aveva avuto l'arte di farsi
aimer des peuples vaincus. Il eut raison de amare dai popoli vinti. Ebbe ragione a far
faire tuer Parménion qui, comme un sot, uccidere Parmenione, che, come uno stolto,
trouvait mauvais qu'il eût quitté les mœurs disapprovava che lui avesse abbandonato i
grecques» costumi greci»
Il re macedone fece convocare Dimno, il quale preferì uccidersi; l'unico dato certo allora era che
Filota sapeva dell'intrigo e non ne aveva parlato con lui. Seguendo il consiglio di Cratero, durante la
notte il colpevole fu sorpreso nella sua tenda, catturato e messo in catene. Differisce da questo, solo
inizialmente, il racconto di Plutarco: secondo l'autore era Limno di Calestra colui che disse al suo
amato Nicomaco (e fratello di Cebalino) del complotto, ma solo perché sperava che anche lui ne
facesse parte come Limno stesso;[215] inoltre Filota era da tempo controllato da una donna,
Antigone.[216] Dimno è citato da Curzio Rufo e Diodoro Siculo.[217]
Alessandro, in Egitto, non aveva dato retta alle insinuazioni di un coinvolgimento dello stesso Filota
in un complotto ordito contro di lui,[218] ma questa volta fu condannato per alto tradimento dal
tribunale dell'esercito[219] e ucciso con i complici a colpi di lancia;[220] secondo altri venne prima
torturato e solo al momento della confessione venne ucciso.[221] Qualcuno riferisce anche che avesse
fatto il nome del vero cospiratore, un certo Egeloco, morto poco prima.
Il re macedone non si riteneva ancora soddisfatto e cercò altri possibili traditori fra gli amici di Filota;
uno di essi fuggì rapidamente e i suoi fratelli vennero arrestati (ma seppero difendersi a parole fino a
scagionarsi), mentre il prigioniero Alessandro di Lincestide venne condannato a morte. Alla
condanna scampò invece Demetrio, una sua guardia del corpo.
Alessandro, venuto forse a conoscenza di una lettera scritta da Parmenione ai suoi figli, dove riferiva
di oscuri piani,[222] lo fece uccidere da alcuni suoi stessi ufficiali.[223] La stessa sorte toccò al terzo
figlio di Parmenione, per prevenirne una possibile ribellione; Alessandro era infatti preoccupato da
una probabile unione tra i soldati di Clito e quelli fedeli a Parmenione, la quale avrebbe portato alla
formazione di un esercito numericamente superiore al suo. Vi erano ancora dei simpatizzanti del
generale: questi vennero radunati in una piccola unità che combatté con coraggio,[224] mentre gli
eteri, comandati in precedenza da Filota, vennero affidati a Efestione e a Clito. Prima di lasciare la
città di Farah, Alessandro decise di cambiarle nome, chiamandola Proftasia (Anticipo).[225]
Guerriglie in Sogdiana
Alessandro era intento a combattere il suo ultimo avversario persiano degno di nota, Spitamene, ma
non fu facile, in quanto questi riuscì a mettere contro i macedoni buona parte della nobiltà della
Sogdiana. Il re macedone, all'altezza del fiume Syr Darya, aveva lasciato alcuni contingenti nelle varie
fortezze (sette in tutto) che dovevano proteggere i confini al nord. Trascorse un breve periodo prima
che tutte le truppe venissero massacrate e gli avamposti conquistati.[226]
In pochi giorni Alessandro riuscì a riconquistare tutte le fortezze,[226] rendendo schiavi i sopravvissuti
nemici. Solo contro Ciropoli (attuale Ura-Tjube, o poco a sudovest di Chodzent - Istaravšan,
nell'attuale Tagikistan), la più imponente, ebbe difficoltà; inizialmente venne soltanto isolata e messa
sotto assedio da Cratero[227] per impedire il sopraggiungere di eventuali rinforzi nemici, ma quando
cominciò l'attacco venne notato un passaggio fortuito: un corso d'acqua prosciugato che passava
sotto le mura. I Macedoni riuscirono così a penetrare nella fortezza e aprirono le porte agli assalitori.
Alcuni resoconti riportano che durante questa azione Alessandro fu colpito in testa e al collo da un
lancio di una pietra.
Nel frattempo tutti i soldati inviati in precedenza da Alessandro vennero attaccati su un'isola del
fiume Zeravshan e uccisi sino all'ultimo uomo in un'azione guidata direttamente da Spitamene.[230]
Alessandro, venuto a conoscenza dell'accaduto, in tre giorni con 7.000 uomini al seguito cercò di
raggiungere il nemico senza riuscirci; ormai il numero dei soldati era sceso a circa 25.000.[230] Gli
vennero in aiuto altri 21.600 uomini provenienti dalla Grecia, guidati da Asandro e Nearco.[230]
Alessandro lasciò una parte dei soldati a Cratero ma le incursioni di Spitamene continuarono, fino a
quando quest'ultimo non subì una prima sconfitta da Ceno. Tradito subito dopo dai suoi alleati, fu
offerta al re macedone la sua testa; Alessandro gli rese gli onori facendo in modo che il generale
Seleuco sposasse sua figlia.
L'estrema resistenza venne dal satrapo Ossiarte che si chiuse ad Arimazes sulla Rocca Sogdiana (nei
pressi dell'attuale città di Ghissar in Tagikistan) che fu presa d'assalto e conquistata nel marzo del
327 a.C. da un corpo specalizzato di 300 rocciatori macedoni, cui Alessandro aveva promesso un
compenso di 12 talenti argentei a testa, un'enormità visto che un talento equivaleva a circa 35 kg del
prezioso metallo. D'altronde, Quinto Curzio Rufo scrisse che "Il numero dei ribelli ammontava a
30.000 uomini ben armati e le alte mura a strapiombo rendevano il luogo inespugnabile; inoltre la
neve profonda rendeva difficile l'avvicinamento e forniva abbondanza d'acqua ai difensori, e le scorte
di cibo permettevano loro di resistere a un assedio di 2 anni. Nel perimetro la roccia aveva una
diametro di circa 25 km e le case in spessa muratura ed il legname accumulato per riscaldarsi
permettevano di resistere bene al freddo. E quando Alessandro intimò ad Ossiarte la resa, costui lo
sfidò affermado che Alessandro avrebbe fatto meglio a procurarsi soldati alati per poter aver ragione
del loro rifugio e che l'assedio era del tutto inutile"[231]. Ossiarte fece atto di sottomissione e venne
risparmiato, mentre sua figlia sedicenne, Roxane, venne data in moglie ad Alessandro e lo seguì fino
alla sua morte a Babilonia mentre era incinta. La campagna ebbe fine con l'assalto alla Rocca di
Sisimitre (o Rocca di Chorienes), ubicata presso l'attuale Kohiten, non lungi dal Passo di Kolugha o di
Derbend, nell'attuale Uzbekistan.
La sorte di Clito
Il proposito di Alessandro di unificare in un solo popolo Greci e Persiani e soprattutto la sua idea di
dare un carattere divino alla monarchia, cominciarono ad alienargli le simpatie del suo seguito.
L'opposizione si manifestò soprattutto quando decise di imporre il cerimoniale della proskýnesis,
tipico della corte persiana, ai suoi sudditi occidentali; la cerimonia prevedeva che chiunque
comparisse davanti al re si prosternasse davanti a lui per poi rialzarsi e ricevere il bacio e ciò andava
contro l'idea greca di omaggio accettabile da parte di un uomo libero a un altro uomo. Alessandro
dovette comunque abbandonare il tentativo di introdurre tale pratica (che comunque non aveva reso
obbligatoria), dato che quasi tutti i Greci e i Macedoni si rifiutavano di eseguirla.
A Samarcanda nel 328 a.C., Alessandro, durante una serata di festeggiamento con i suoi generali e
ufficiali, accolse alcuni uomini giunti dalla costa, venuti a offrire della frutta al loro signore. Il re
incaricò Clito il Nero di portarli dinnanzi al suo cospetto e per incontrarli dovette sospendere un
sacrificio in atto, cosa mal vista dagli indovini. In seguito, durante il banchetto si ascoltarono i versi
di un poeta di corte, un certo Pranico, che schernì i generali.[232] Clito, in stato di ebbrezza, si offese
più degli altri, ricordando al re di avergli salvato la vita tempo addietro (nella battaglia del Granico).
Seguirono parole dure da entrambe le parti; il generale criticava aspramente la politica di
integrazione fra Macedoni e Persiani perseguita da Alessandro e lo definì non all'altezza di suo padre
Filippo, il vero Macedone. Il re dopo aver parlato con Artemio di Colofone e Senodo di Cardia gli
lanciò contro una mela cercando subito dopo una lama,[233] arma subito sottratta da Aristofane.
Alessandro prese poi a pugni colui che aveva rifiutato di suonare la tromba mentre gli amici di Clito
cercavano di allontanarlo. Il peggio avvenne quando Clito ritornò citando dei versi di Euripide,[234]
dove ricordava che il merito delle vittorie in battaglia era dei soldati, cosa che i capi
dimenticavano.[235] Al sentire quelle parole, Alessandro prese una lancia e lo trafisse, uccidendolo.
Nel 327 a.C. fu scoperta una congiura tra i paggi del re, che furono tutti condannati a morte e
giustiziati. Ne fece le spese anche Callistene, nipote di Aristotele e storiografo di corte, strenuo
oppositore della cerimonia della proskýnesis e maestro dei paggi, che venne tenuto prigioniero e poi
giustiziato, alienando a Alessandro molte simpatie del mondo intellettuale e filosofico greco.
Spedizione in India
Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna indiana di Alessandro Magno.
Alessandro, dopo aver assoggettato la regione della Sogdiana, giunse ai confini dell'odierno Xinjiang
cinese, dove fondò un'altra Alessandria, che chiamò Eschate (Ultima), l'odierna Chodjend, nell'agosto
329 a.C., in una zona della Valle di Fergana nota per i vigneti reali persiani che producevano un
ottimo vino. Soggiornò ancora a Samarcanda e nella Bactriana.
Sposò Rossane, figlia di un comandante della regione, per
rafforzare il suo potere in quei territori.
Invasione dell'India
Alessandro aveva forse intenzione di arrivare fino alla vallata del Gange, ma l'armata macedone
giunta sul fiume Ifasi (oggi Beas), stanca dell'idea di proseguire una lunga campagna contro i potenti
indiani (il Regno Magadha stava attrezzando un potente esercito di centinaia di migliaia di soldati e
migliaia di elefanti che spaventava i macedoni) fra giungle monsoniche, febbri malariche ed elefanti
da guerra, si rifiutò di seguirlo oltre verso est dopo un ammutinamento durato tre giorni. Arriano di
Nicomedia scrive che il Macedone pianificò allora di marciare verso est, raggiungendo le rive del
Gange da cui aveva appreso notizie a Taxila, per affrontare gli imperi dei Nanda: il Regno Magadha
ed il Regno dei Gangaridai del Bengala, in piena decadenza, volendo raggiungere lo "Oceano Ultimo",
ma i suoi uomini stanchi di marce estenuanti in un clima caldo afoso, sottoposti a settimane di
pioggie monsoniche che rendevano le strade acquitrini e pantano, di fronte a giungle infestate da
seprenti velenosi, belve feroci ed insetti, in una terra ignota e non cartografata prima d'allora, verso
una destinazione ignota con distanze altrettanto sconosciute, fecero venire meno la coesione
indispensabile per ontinuare ad avanzare. Sempre Arriano, inoltre, narra che i macedoni, avendo
trovato i coccodrilli lungo il corso dell'Indo, interpretarono la scoperta erroneamente come se il
fiume fosse un affluente del Nilo per cui non si capiva il motivo per procedere oltre. Alessandro
allora, a malincuore, dovette accettare la decisione dei suoi uomini ma promise che avrebbe ritentato
l'impresa indiana l'anno successivo con un esercito interamente composto da soldati persiani[236].
Attraversato l'Indo, l'avanzata macedone verso oriente fu - dunque - arrestata dalla stanchezza dei
soldati. La campagna indiana si arrestò al fiume Ifasi (Beas), ultimo immissario a Est del fiume Indo.
Questo grande fiume con i suoi affluenti venne a costituire così, nel progetto di Alessandro, l'estremo
confine naturale e storico del suo immenso impero, in territorio dell'odierna India, in una zona tra le
attuali città indiane di Gurdaspur e di Amritsar. Prima di riprendere la via del ritorno, Alessandro
fece innalzare sulla riva sinistra del fiume Ifasi dodici altari agli dei, in forma di torri. Al centro una
colonna di bronzo portava la scritta: "Qui si fermò Alessandro". A distanza di 2500 anni, è
praticamente impossibile conoscere l'esatta ubicazione dei dodici giganteschi altari di confine, in
quanto il corso - mutevole nei secoli - del fiume può averli erosi, fatti crollare, sepolti sotto diverse
decine di metri di spessore di limo. Addirittura, lo studioso indiano Ranajit Pal del Bhandarkar
Oriental Research Institute di Nuova Delhi, propone la suggestiva teoria che i dodici altari furono
fatti asportare dal re Asoka dell'Impero Maurya che ne riciclò le colonne utilizzandole come
basamento per le sue statue sparse per tutta l'India[237]. Infine, va citata la teoria di un generale
indiano,[238], secondo cui la teoria dell'ammutinamento delle truppe di Alessandro sarebbe un falso
storico. Egli ritiene che truppe che avevano marciato per otto anni attraverso deserti e pianure,
attraversato fiumi imponenti, valicato vette alte anche 7.000 metri, percorso circa 30.000 km in ogni
clima e con condizioni meteorologiche spesso avverse, e che adoravano il loro condottiero,
difficilmente avrebbero scelto di ammutinarsi. La ragione più probabile fu la libera scelta di
Alessandro di non proseguire oltre in quanto, gli esploratori inviati in ricognizione, avevano percorso
circa 330 km e gli avrebbero riportato la notizia che il Regno di Nanda che si estendeva al di là del
Beas stesse reclutando un esercito enorme per le forze macedoni, composto da 200.000 fanti,
80.000 cavalieri, 8.000 carri da guerra, e 6.000 elefanti da guerra. A riprova di ciò, il militare cita le
fonti classiche secondo cui il Beas era la frontiera tra il Regno di Poro ed il reame indiano dei Nanda,
che Alessandro avesse inviato esploratori in avanscoperta, che uno dei motivi di preoccupazione dei
suoi soldati fosse la consistenza dell'esercito avversario ed, infine, la proposta di Alessandro di
ritentare l'impresa l'anno successivo con un'armata più numerosa vista e considerata la difficoltà di
aver ragione di Poro con il suo esercito molto esiguo rispetto a quello che si sarebbe dovuto affrontare
in India. Egli conclude col dire che questa rinuncia divenne definitiva per Alessandro probabilmente
a causa della difficoltà dell'arruolamento di ulteriori militi e questo mancato intervento in India dei
Macedoni spalancò le porte, appena un lustro dopo all'ascesa dell'Impero Maurya con Chandragupta,
che iniziò proprio a conquistare le terre dei Nanda, per riversarsi, poi, nei domini macedoni degli
attuali Pakistan ed Afghanistan in cui il potere centrale era molto debole. Per quanto Alessandro non
ebbe l'opportunità materiale per invadere l'India, la sua fama di sovrano saggio ed invincibile penetrò
ugualmente nella regione, tanto che, a tutt'oggi, si tramanda la sua epopea condita da episodi più o
meno fantasiosi, come l'incontro mitologico con gli acefali (uomini senza testa che possedevano il
volto incastonato nel torace) o la discesa in fondo al mare all'interno d'una campana di vetro per
poter esplorare anche gli abissi.
Ritorno
Alessandro seguì quindi la valle dell'Indo fino alla sua foce, dove
sorgeva la città di Pattala. Da qui spedì una parte dell'esercito, al
comando di Cratero, verso l'Afghanistan meridionale, mentre egli
seguì la costa attraversando la regione desertica della Gedrosia
(attuale Makran nel Pakistan e nell'Iran meridionale). La discesa
del corso dell'Indo fu accompagnata da una dura lotta,
combattuta con inaudita ferocia, contro la guerriglia che
ostacolava la marcia dell'esercito macedone, e vide tutta una serie
di battaglie vittoriose (Andaca, Arigaeum, Massaga, Malavas,
Euspla, Ora, Bazira. Nell'assalto alla rocca di Aorno (odierna Pir
Sar, pochi chilometri ad ovest della città di Thakot, in Pakistan),
nell'aprile del 326 a.C., una freccia colpì Alessandro, trapassando
Cameo rappresentante Alessandro la corazza della sua armatura (e con essa anche la pleura e un
(325 a.C.). polmone); il condottiero scampò di poco alla morte.
Nella primavera del 323 a.C. Alessandro condusse una spedizione contro il popolo montanaro dei
Cossei e inviò una spedizione per esplorare le coste del Mar Caspio.
Durante i preparativi di invasione dell'Arabia e la costruzione di una flotta con cui intendeva
attaccare i domini cartaginesi, venne colpito da una grave malattia, che gli provocò una febbre che lo
portò alla morte il 10 giugno[N 7] del 323 a.C., al tramonto, a meno di 33 anni. Secondo un annedoto
«disperando della vita – racconta un emulo del Pseudo-Callistene – Alessandro risolse di gettarsi
nell'Eufrate per nascondere la sua morte ai soldati e persuadere il mondo che si era ricongiunto con i
padri della sua stirpe celeste. Ma essendosi sua moglie Rossane opposta a questo disegno, egli la
rimproverò piangendo di contrastare la gloria, concessagli dalla sorte, di essere un dio.»[239] Nel suo
testamento commissionava la costruzione di magnifici templi in diverse città, la costruzione di un
mausoleo intitolato a suo padre (che avrebbe dovuto rivaleggiare in imponenza con le piramidi
egizie), la prosecuzione dell'unione fra Persiani e Greci, la conquista dei territori cartaginesi (Nord
Africa, Sicilia e Spagna), l'espansione verso occidente e la costruzione di una strada in Africa lungo
tutta la costa; i suoi successori ignorarono gran parte del testamento ritenendolo eccessivamente
megalomane e inattuabile.
Sulle cause della sua morte sono state proposte varie teorie, tra cui: l'avvelenamento da parte dei figli
di Antipatro o da parte della moglie Rossane (in particolare avvelenamento da arsenico[240]); una
ricaduta della malaria che aveva contratto nel 336 a.C.; un eccessivo abuso di alcool durante una cena
(tale da causargli coma etilico o insufficienza epatica fulminante o pancreatite acuta); alcolismo e
cirrosi epatica; o anche, secondo le caratteristiche della febbre, tifo addominale,[241], leucemia
fulminante[242], e molte altre.[243] Un recente studio ipotizza anche la sindrome di Guillain-Barré,
seguita a febbre intestinale batterica, sostenendo che Alessandro sarebbe stato dichiarato deceduto
prima della morte effettiva per insufficienza respiratoria, in quanto paralizzato o in coma.[244] Il corpo
venne infatti esposto per sei giorni e non si decompose, e questo fatto fu considerato prova
dell'origine divina del re.[241][245]
Secondo le notizie
di Flavio Arriano,
noto anche come
Arriano di
Nicomedia, [246]
Alessandro
Magno, già
febbricitante, si
ammalò per
essersi bagnato Alessandro Magno nel fiume Cidno
nelle acque gelide salvato dai suoi soldati,
La morte di Alessandro, di Karl von Piloty. del fiume Cidno, Metropolitan Museum of Art, New
all'inizio parve York.
riprendersi, ma
poi morì probabilmente per una ricaduta di polmonite. Quinto
Curzio Rufo descrive come ciò avvenne nella sua Historiae Alexandri Magni Macedonis[247].
Dopo la morte
Il luogo di sepoltura di Alessandro è stato oggetto di disputa[250]: oggi, si ritiene che il corpo
mummificato di Alessandro, contenuto in un sarcofago d'oro massiccio, possa essere stato portato in
Egitto da Tolomeo I nel 321 a.C., e sepolto inizialmente nella necropoli di Saqqara[251]; in seguito fu
trasferito in un grandioso mausoleo, nella città da lui fondata, Alessandria d'Egitto (dopo lo
spostamento della capitale da Menfi), centro del potere tolemaico. Esso sorgeva in un grande
complesso oggi andato distrutto e fondeva elementi ellenistici ed egizi. Sono state ipotizzate diverse
ubicazioni sotto l'attuale città, seguendo le descrizioni della posizione del mausoleo date da diversi
storici antichi, come Strabone.[252]
Secondo un ricercatore e giornalista del National Geographic, Andrew Chugg, sarebbe addirittura
possibile che i resti del corpo di Alessandro si trovino sepolti a Venezia nella basilica di San Marco, in
quanto le ossa del re macedone sarebbero state scambiate per errore durante il Medioevo con quelle
del santo evangelista, e portate nella città italiana nel IX secolo.[245][257]
Successione
Alessandro ebbe due figli: Eracle di Macedonia[258], nato nel 327
a.C. da Barsine (figlia del satrapo Artabazus di Frigia) e
Alessandro IV di Macedonia, nato nel 323 a.C. da Rossane (figlia
del satrapo Ossiarte di Battriana). Aveva anche numerosi amanti,
tra i quali l'amico Efestione e Bagoas.
Al morente Alessandro fu chiesto il nome di colui che aveva scelto Una rara moneta di Tolomeo I; sul
rovescio è raffigurato Alessandro
come suo successore. Egli diede un'indistinta risposta nella quale
trionfante su un carro trainato da
qualcuno comprese Eracle (il figlio avuto da Barsine) e altri «tôi
elefanti, a ricordare il successo
kratistôi»[259] (e cioè al migliore, al più capace).[260]
della campagna in India.
Subito dopo il suo decesso, ci fu la cosiddetta Spartizione di
Babilonia, che vide contrapporsi due linee di successione: il figlio
di Alessandro avuto dalla moglie Rossane, Alessandro IV, e il suo fratellastro Filippo Arrideo. Poiché
il primo era ancora in fasce e il secondo era infermo di mente, i generali dell'esercito macedone
(Diadochi) elessero un reggente, Perdicca, successivamente accettato in modo formale dall'assemblea
dei soldati.
Nel 322 a.C. Perdicca si scontrò con Tolomeo (uno dei Diadochi e satrapo d'Egitto), contro il quale
mosse guerra e rimase ucciso.
Successivamente i Diadochi elessero come reggente Antipatro, anche se questi non fu accettato da
tutti. Ne nacque una guerra civile nel corso della quale trovarono la morte i familiari ancora in vita di
Alessandro, tra cui i due figli, la moglie Rossane, la madre Olimpiade, la sorella Cleopatra, la
sorellastra Euridice e il fratellastro Filippo.
Ognuno offre una differente immagine del re macedone e, come dice Strabone, "tutti coloro che
scrissero di Alessandro preferirono il meraviglioso al vero".
Alessandro divenne una leggenda mentre era ancora in vita ed
episodi meravigliosi furono narrati già dai suoi contemporanei
che avevano assistito alle sue imprese. Oggi il suo nome viene
equiparato ai più grandi condottieri di ogni tempo, come Giulio
Cesare, Gengis Khan e Napoleone.
Letteratura
▪ Il Romanzo di Alessandro è una raccolta di storie con elementi fantastici e leggendari, diffuse e
popolarissime fin dall'antichità, sulla sua vita. Collegato ad esso è anche il poema cavalleresco
Giuramento del pavone.[261]
▪ Lo scrittore olandese Louis Couperus scrisse il romanzo storico Iskander. De roman van
Alexander den Groote, del 1920, su Alessandro dopo l'invasione dell'Asia. Basato largamente
sugli storici Quinto Curzio Rufo, Arriano e Plutarco, vi racconta le condizioni psicologiche di
Alessandro negli ultimi anni di vita.
▪ Nel 1929, Klaus Mann pubblicò a Berlino presso la casa editrice Fischer, Alexander. Roman der
Utopie.
▪ Robert Payne pubblicò nel 1954 il romanzo Alexander the God, sulla sua vita.
▪ Nel 1958, il francese Maurice Druon scrive il romanzo Alexandre le Grand.
▪ Dal 1969 al 1981, la scrittrice britannica Mary Renault scrisse una trilogia di romanzi storici sulla
vita del macedone: Fuoco dal cielo (sui suoi primi anni fino all'adolescenza), Il ragazzo persiano
(sulla sua conquista della Persia, la spedizione in India, e la sua morte, raccontate dal punto di
vista di Bagoa, un eunuco persiano ed eromenos di Alessandro) e Giochi funerari (sugli eventi
seguiti alla sua morte). Alexandros appare anche in altri romanzi della Renault: brevemente in La
maschera di Apollo; vi si allude in Le ultime gocce di vino e indirettamente in The Praise Singer.
In aggiunta, Renault scrisse anche una biografia sul macedone: The Nature of Alexander.
▪ Ivan Antonovič Efremov scrisse il romanzo storico Thaïs l'ateniese (1972) sulla vita dell'etera
greca Thaïs, mentre segue Alessandro nelle sue campagne militari. Alessandro e Thaïs hanno
una relazione amorosa nel romanzo.
▪ Lo scrittore francese Roger Peyrefitte scrisse una trilogia su Alessandro, qui visto da erudito: La
Jeunesse d'Alexandre (1977), Les Conquêtes d'Alexandre (1979) e Alexandre le Grand (1981).
▪ Nel 1998, lo scrittore italiano Valerio Massimo Manfredi ha pubblicato la prima edizione della
trilogia Aléxandros, che comprende Il figlio del sogno, Le sabbie di Amon e Il confine del mondo.
Tali romanzi sono sempre stati pubblicati dalla Mondadori. Lo stesso autore, inoltre, ha
pubblicato un saggio storico intitolato La tomba di Alessandro, che affronta le tematiche delle
circostanze della sua morte, ubicazione della sua tomba e le sue volontà. Manfredi ha anche
realizzato, per la trasmissione radiofonica di Rai Radio 2 "Alle Otto della Sera" un ciclo di 20
episodi riguardanti Alessandro Magno.
▪ Nel 2007, lo scrittore spagnolo Javier Negrete ha pubblicato il romanzo Alessandro Magno e
l'aquila di Roma. In Italia il romanzo è uscito 12 anni dopo, pubblicato da Newton Compton
Editori.
Cinema e televisione
▪ Alessandro il Grande, 1956 di Robert Rossen (titolo originale Alexander the Great), nel quale
Alessandro era interpretato da Richard Burton,[262] con Fredric March e Claire Bloom;
▪ Alessandro il Grande, 1980 di Theodoros Angelopoulos (titolo originale O Megalexandros).[263]
▪ Alexander (2004), diretto dal regista Oliver Stone e interpretato dall'attore Colin Farrell, girato con
la consulenza storica di Robin Lane Fox;[264]
▪ Baz Luhrmann aveva pianificato un film inconsueto su Alessandro Magno, con Leonardo
DiCaprio, ma la realizzazione di Oliver Stone lo ha costretto a posticipare l'evento a data da
destinarsi (il film avrebbe dovuto basarsi sulla trilogia di romanzi di Valerio Massimo Manfredi
Aléxandros).[265]
Animazione
▪ Nel 1999 la giapponese Madhouse ha prodotto la serie anime Alexander Senki (Cronache di
Alessandro), intitolata in Italia Alexander, con il character design di Peter Chung (autore di Æon
Flux);
▪ Nel 2003 il noto mangaka giapponese Yoshikazu Yasuhiko ha dedicato al personaggio di
Alessandro il volume Alexandros;
▪ Nel 2006 nella light novel Fate/Zero di Gen Urobuchi appare Alessandro come servant convocato
dal Sacro Graal.
Musica
▪ Il gruppo metal britannico Iron Maiden ha inserito una canzone intitolata Alexander The Great nel
proprio album Somewhere in Time del 1986. La canzone, composta completamente dal bassista
Steve Harris, incomincia con una citazione di re Filippo II e descrive la vita di Alessandro Magno
attraversandone i punti principali: la nascita, le sconfitte inflitte a Persiani, Sciti e Egizi, le
conquiste di Persepoli, Babilonia e Susa, la leggenda del "nodo gordiano", la diffusione
dell'Ellenismo e la mancata marcia sull'India, non intesa come Stato moderno ma come regione
che allora comprendeva, tra gli altri territori, anche il Pakistan;
▪ Il musicista brasiliano Caetano Veloso ha incluso nel 1998 nel suo album Livro una canzone
epica su Alessandro Magno intitolata Alexandre;
▪ Roberto Vecchioni ha dedicato a Alessandro Magno la canzone Alessandro e il mare, inclusa
nell'album Milady del 1989.
▪ Nell'album Kokler (Roots) del gruppo turco dei Baba Zula, è presente una canzone dal titolo
Iskender, dedicata a Alessandro. Oltre alla versione lunga, è stata inserita anche una versione
dub, più corta;
▪ L'album The Fourth Legacy, del gruppo metal Kamelot, comprende la canzone Alexandria, che si
riferisce alla città omonima del macedone, intendendola come una rappresentazione concreta
della mentalità e dei sogni del sovrano.
Giochi di carte
▪ Già sul finire del Quattrocento, la figura di Alessandro fu inserita nelle carte da gioco francesi
come Re di Fiori, con la didascalia ALEXANDRE, e in tal modo si è conservata fino all'Ottocento,
quando presero piede nuove raffigurazioni.[266]
▪ Nelle carte dei Tarocchi, il conquistatore macedone appare nel mazzo Sola Busca (oggi alla
Pinacoteca di Brera) come Re di Spade, con la didascalia ALECXANDRO M.[267], e nel mazzo
Leber, anche qui come Re di Spade (oggi alla Biblioteca municipale di Rouen), con la didascalia
ALEXANDER MAGNUS REX MACEDONICUS.[268]
Videogiochi
▪ Il 23 novembre 2004 è uscito Alexander della Ubisoft, basato
sul film diretto da Oliver Stone.
▪ Nel 2006 è uscito Rome: Total War: Alexander, espansione
del videogioco Rome: Total War basata sulle conquiste di
Alessandro.
▪ Nel 2009 la FX Interactive ha pubblicato Sparta II - Le
conquiste di Alessandro Magno, prodotto dall'azienda russa
World Forge.
▪ Altro videogioco ispirato dal film di Oliver Stone è Alexander: Il
Tempo degli Eroi, prodotto dalla Deep Silver.
Note
Annotazioni
1. ^ Il nome Alexandros deriva da ἀλέξ [aléx] e ἀνὴρ, ἀνδρὸς
[anḕr, andrós] e significa "protettore dell'uomo".
2. ^ Tale racconto fu poi oggetto di emulazione da parte di
Scipione l'Africano; cf. Braccesi Lorenzo, L'Alessandro
occidentale: il Macedone e Roma, L'Erma di Bretschneider, Alecxandro M. come Re di Spade
2006, p. 102, ISBN 978-88-8265-376-7. nei Tarocchi Sola Busca,
3. ^ Una volta Alessandro regalò a Leonida incenso e mirra, Pinacoteca di Brera, Milano.
pregandolo in tal modo di smettere con la sua avarizia.
Plutarco, Vita di Alessandro, 25, 5.
4. ^ Aristotele era imparentato con Ermia di Atarneo, con cui poco prima Filippo aveva instaurato
una pace strategica; infatti dal suo territorio si doveva partire per l'attacco alla Persia e i genitori
di entrambi (Nicomaco e Aminta II) si conoscevano. Si veda Plutarco, Vite parallele - Alessandro
e Cesare, pag. 46-47, BUR, ventitreesima edizione, 2009, ISBN 978-88-17-16613-3.
5. ^ Denominata «della cassetta»; alcuni, come Strabone (XIII, 1,27) affermano che fosse stata
scritta dai compagni di Alessandro, Callistene e Anassarco. Altri sostengono che il conquistatore
stesso avesse contribuito alla sua stesura
6. ^ Probabilmente fu un seguace di Diogene ad aggiungere dei particolari alla storia dell'incontro
tra il filosofo cinico e Alessandro. Confronta il testo con Plutarco, Vita di Alessandro, 14, 2-3.
7. ^ I dodici giorni di agonia sono minuziosamente registrati nelle tracce delle Efemeridi reali, ovvero
la cronaca ufficiale delle giornate del re; vedi Musti.
8. ^ Lo considerava come «termine di riferimento per calcolare la durata dei regni degli dei
egiziani». Si veda Diodoro Siculo, Biblioteca storica, volume primo, note alle pag 172-173,
Milano, BUR, 2004, ISBN 88-17-10021-8..
Fonti
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15-16, ISBN 978-0-7538-2413-9.
2. ^ (EN) Hutan Ashrafian, "The death of Alexander the Great—a spinal twist of fate", in Journal of
the History of the Neurosciences, 13 (2), luglio 2004, pp. 138-142.
3. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 4, 1-8.
4. ^ Ateneo di Naucrati, I deipnosofisti, o sofisti a banchetto, 10.45 434F e 435A, si veda anche:
(EN) William W. Fortenbaugh, Lyco of Troas and Hieronymus of Rhodes, Transaction Publishers,
2004, p. 155, ISBN 978-0-7658-0253-8.
5. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 32, 5.
6. ^ (EN) Gregory S. Aldrete, Scott Bartell e Alicia Aldrete, Ancient linen body armor - Unraveling the
linothorax mystery, Baltimora, Johns Hopkins University Press, 2013, ISBN 978-1-4214-0819-4.
7. Green, p. 4.
8. ^ Green, pp. 24-26.
9. ^ Green, pp. 23-24.
10. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 15, 8.
11. ^ Arriano, Anabasi di Alessandro,, I, 11, 7-8.
12. ^ Claudio Eliano, Varia Historia, 12, 7, 1533. Il testo greco originale, Ποικίλη ἱστορία, è
accessibile gratuitamente on-line in Bibliotheca Augustana (http://www.hs-augsburg.de/~harsch/g
raeca/Chronologia/S_post03/Aelianus/ael_hi00.html).
13. ^ Secondo Platone, invece, il ruolo dell'erómenos competeva ad Achille, che era molto più
giovane dell'amico ( Simposio, 179e-180a.).
14. ^ Lane Fox, p. 34.
15. ^ Citati, p. 15.
16. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 28.
17. ^ Marta Sordi, Responsabilità, perdono e vendetta nel mondo antico, Vita e Pensiero, 1998, p.
145, ISBN 978-88-343-0081-7.
18. ^ Lane Fox, p. 37.
19. ^ Musti, p. 621.
20. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 8, 4-5.
21. ^ https://www.facebook.com/Ambasciatadigreciaaroma/posts/1133530133406111/
22. ^ Nella primavera del 346 a.C., racconta Eschine che Alessandro suonava la lira e dialogava
amabilmente, da Eschine, contro Timarco (p. 168)
23. ^ Isocrate, Epistole V.
24. ^ Frediani, p. 57.
25. ^ Plutarco, 9, in Vite Parallele, ASIN: B00PJCIXX0.
26. ^ Peter John Rhodes, A history of the classical Greek world: 478-323 BC, quarta edizione, Wiley-
Blackwell, 2006, p. 321, ISBN 978-0-631-22564-5.
27. ^ Mossé, p. 11.
28. ^ Per il dialogo si veda fra gli altri: H. A. Guerber, The Story of the Greeks, Yesterday's Classics,
2006, pp. 305-306, ISBN 978-1-59915-011-6.
29. ^ La prima di queste è descritta in Frediani, pp. 63-64.
30. ^ Tutta la battaglia viene descritta con particolari e mappe in Frediani, pp. 64-65.
31. ^ Mossé, p. 13.
32. ^ Lane Fox, p. 82.
33. ^ George Grote, History of Greece, Volume 12, Editore Harper, 1872, p. 108.
34. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 14, 6-8.
35. ^ Strabone di Amasia: "Geografia", Vol. III; Libro V; Capo VII
36. ^ Michael Thompson, Richard Hook, Osprey Publishing, 2007, Granicus 334 BC: Alexander's
First Persian Victory, pag 23, ISBN 978-1-84603-099-4.
37. ^ Frediani, p. 113.
38. ^ Quelle che provenivano dall'Egitto terminato il vecchio incarico. Si veda John Maxwell O'Brien,
Alexander the Great: the invisible enemy : a biography, pag 65, Milano, Routledge, 1994,
ISBN 978-0-415-10617-7.
39. ^ Arriano, Anabasi, I, 18, 6-9.
40. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, III, 12,6; V, 1,44.
41. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII, 24, 1 aggiunge anche che furono tolti i contributi che
pagavano in precedenza, ma in realtà al posto dei tributi chiese una «contribuzione» al suo dire
momentanea.
42. ^ Musti, p. 639.
43. ^ Ariano 1, 23, 8
44. ^ Frediani, p. 115.
45. ^ Lane Fox, p. 133.
46. ^ James R. Ashley, The Macedonian Empire: The Era of Warfare Under Philip II and Alexander
the Great, 359-323 B.C., pag 207, McFarland, 2004, ISBN 978-0-7864-1918-0.
47. ^ William Mitford, The history of Greece Volume 5, pag 153, Cadell and Davies, 1818.
48. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, VIII, 1, 36.
49. ^ Lane Fox, p. 136.
50. ^ Citati, p. 23.
51. ^ Arriano, Anabasi, I, 22, 6.
52. ^ Arriano, Anabasi, I, 24, 1.
53. ^ Arriano, Anabasi, I, 26, 4.
54. ^ Arriano, Anabasi, I, 25, 10.
55. ^ La donna riferì che di Alessandro l'uomo portava solo il nome, da Aristobulo, fr, 2 b Jacoby
56. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, III, 7, 11.
57. ^ La descrizione non è riportata da Diodoro; Mossé, p. 17.
58. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 18, 4.
59. ^ Lane Fox, p. 109.
60. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, III, 1, 20.
61. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII: 29,1-2 e 31,3.
62. ^ Senofonte, Anabasi 1,21,22
63. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII, 30, 4.
64. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 18, 6.
65. ^ Luisa Prandi, Callistene: uno storico tra Aristotele e i re macedoni, pag. 101, Editoriale Jaca
Book, 1985, ISBN 978-88-16-95017-7.
66. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 19, 2-9.
67. ^ Donald W. Engels, Alexander the Great and the logistics of the Macedonian army, pag 46,
University of California Press, 1980, ISBN 978-0-520-04272-8.
68. ^ Arriano, Anabasi di Alessandro, Libro II, cap. VI.
69. ^ Daniele Forconi, Il crollo dell'impero persiano, in Alessandro Magno, Firenze, Giunti Gruppo
Editoriale, 2002, p. 53, cit., ISBN 88-09-02760-4.
70. ^ Lane Fox, p. 165.
71. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 20, 5-7.
72. Le cifre sono prese da Frediani, pp. 134-135.
73. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, III, 9, 2.
74. ^ Ogni ordine sarebbe stato impartito ed eseguito in metà tempo, così in Senofonte, Anabasi,
1,8,21
75. ^ Lane Fox, pp. 167-168.
76. ^ Arriano, Anabasi, II, 6.
77. ^ Lane Fox, p. 173.
78. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 20, 10.
79. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, III, 11, 27.
80. ^ Musti, p. 641.
81. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, III, 12, 7.
82. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII, 37, 6.
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86. ^ Ateneo, Dipnosofisti, XIII 607 f 608 a
87. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 21, 7-9.
88. ^ Arriano, Anabasi, II, 14, 4-9.
89. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 2, 2.
90. ^ Giustino, XI,10.11
91. Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XXX, 18.
92. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 3, 9.
93. ^ Rufus J. E. Atkinson, Virginio Antelami, Tristano Gargiulo, Quintus Curtius, Lorenzo Valla, 1998,
Storie di Alessandro Magno, Scrittori greci e latini. Volume 1, pag 101, ISBN 978-88-04-43468-9.
94. ^ Lane Fox, pp. 187-188.
95. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII, 41, 3.
96. ^ Arriano, Anabasi, II, 25, 13; con tale data non concorda Plutarco, che indica la ricezione della
missiva nella primavera del 331 a.C.
97. ^ Citati, pp. 101-102.
98. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 3, 24-26.
99. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 4, 2.
100. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 25, 1-3.
101. ^ Frediani, p. 162.
102. ^ W. W. Tarn, Alexander the Great: Volume 2, Sources and Studies, Volume 2, pag 120,
Cambridge University Press, 2003, ISBN 978-0-521-53137-5.
103. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 4, 12.
104. ^ Arriano, Anabasi, II, 24.
105. ^ Edward Farr, History of the Persians, pag 252, Robert Carter, 1850.
106. ^ Lane Fox, p. 190.
107. ^ Arriano, Anabasi, II, 24, 6.
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109. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 6, 8.
110. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII, 48.
111. ^ Arriano, Anabasi, II, 26, 26-27.
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ventitreesima edizione, 2009, ISBN 978-88-17-16613-3.
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128. ^ Lane Fox, pp. 206-207.
129. ^ Callistene, fr. 14 Jacoby
130. ^ Si confronti Polibio XII,23
131. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII, 51, 3.
132. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 27, 5-7.
133. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 27, 9.
134. ^ Arriano, Anabasi, III, 4, 5.
135. ^ Arriano, Anabasi, VI, 19, 4.
136. ^ Mossé, p. 22.
137. ^ Arriano, Anabasi, III, 7, 3.
138. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 9, 13.
139. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 9, 17-21.
140. ^ Lane Fox, p. 233.
141. ^ Arriano, Anabasi, III, 8, 2.
142. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 31, 11-12.
143. ^ Lane Fox, p. 234.
144. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 32, 3-4.
145. ^ Musti, p. 645.
146. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 31, 6-7.
147. ^ Le stesse indicazioni si hanno da Tolomeo e Aristobulo, si veda Plutarco, Alessandro Cesare,
pag 111, BUR, ventitreesima edizione, 2009, ISBN 978-88-17-16613-3.
148. ^ Non potevano superare i 12.000 uomini secondo Hans Delbrück, History of the Art of War:
Warfare in antiquity, pag 212, U of Nebraska Press, 1990, ISBN 978-0-8032-9199-7., mentre
Robin Lane Fox cita 30.000 uomini, Lane Fox, p. 236.
149. ^ Marco Giuniano Giustino,11,6,11
150. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII, 39, 4.
151. ^ Arriano, Anabasi, III, 8.
152. ^ Secondo la fonte il problema più grande dell'esercito persiano era costituito dall'inettitudine del
comandante in campo. Si veda William W. Tarn. Storia del mondo antico, volume V, p 311
153. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 9, 10.
154. ^ Arriano, Anabasi, III, 8, 3-5.
155. ^ Lane Fox, p. 237.
156. ^ Arriano, Anabasi, III, 9, 1.
157. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 32, 9-11.
158. ^ J.F.C. Fuller, The Generalship of Alexander the Great, 1958, pag 178
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160. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII, 58, 5.
161. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 15, 14-17.
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164. ^ Lane Fox, p. 245.
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168. ^ Curzio Rufo, Storie di Alessandro Magno, IV, 16, 16.
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170. ^ William Napoleon Hendricks, A comparison of Diodorus' and Curtius' accounts of Alexander the
Great, pag 94, Duke University, 1974.
171. ^ Frediani, p. 197.
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174. ^ Dell'aiuto fornito da Faillo nella seconda guerra persiana si veda Erodoto, 8,47
175. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 35, 1-4.
176. ^ Lane Fox, pp. 255-256.
177. ^ Da una descrizione di un soldato tessalo, Strabone XV,3.3
178. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 36, 2.
179. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 36, 7.
180. ^ Plutarco, Alessandro Cesare, pag 133, BUR, ventitreesima edizione, 2009,
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181. ^ Plutarco, Vita di Alessandro, 39, 12-13.
182. ^ Frediani p. 201. .
183. ^ J.F.C. Fuller, The Generalship of Alexander the Great, 1958, pag 228
184. ^ Arriano, Anabasi, III, 18, 2.
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186. ^ Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, XVII, 68, 4.
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247. ^ Historiae Alexandri Magni Macedonis (Storie di Alessandro Magno il Macedone)
«Il fiume Cidno scorre attraverso la città. Era allora estate, il calore della quale brucia con
la vampa del sole nessun'altra costa più di quella della Cilicia, ed era incominciato il
momento più caldo del giorno. L'acqua limpida del fiume invitò il re coperto di polvere e
sudore, a lavarsi il corpo ancora accalorato; così, dopo essersi tolto la veste, di fronte
all'esercito, - pensando che sarebbe stata anche una bella cosa, se avesse mostrato ai
suoi di accontentarsi di un abbigliamento semplice e poco costoso - si immerse nel fiume.
Non appena entrate le membra iniziarono ad irrigidirsi con un improvviso brivido, poi il
pallore si diffuse, e il calore vitale abbandonò quasi tutto il corpo. I servitori accolgono fra
le braccia Alessandro simile ad uno morente, e lo portano privo di conoscenza nella
tenda. Grande preoccupazione e quasi lutto c'era già nell'accampamento. Tutti,
piangendo, si lamentavano che dopo tante peripezie e pericoli il re più famoso di ogni
tempo e di ogni ricordo potesse esser loro portato via non già in combattimento, ucciso
dal nemico, ma mentre rinfrescava il suo corpo in acqua.»
Bibliografia
Storie antiche
Saggi e biografie
Narrativa
Voci correlate
▪ Aristotele
▪ Bucefalo
▪ Dandamis
▪ Filippo II di Macedonia
▪ Impero di Alessandro Magno
▪ Incontro tra Diogene di Sinope e Alessandro Magno
▪ Nodo gordiano
▪ Peritas
▪ Regno di Macedonia
▪ Relazioni personali di Alessandro Magno
▪ Romanzo di Alessandro
▪ Storici di Alessandro Magno
▪ Tiro (Libano)
▪ Tomba di Alessandro Magno
▪ Volo di Alessandro
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Collegamenti esterni
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▪ Alessandro Magno, su sapere.it, De Agostini.
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ole=&nation=&subjectid=500280655) · LCCN (EN) n79004067 (http://id.loc.gov/authoriti
es/names/n79004067) · GND (DE) 118501828 (https://d-nb.info/gnd/118501828) · BNE
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608)
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