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l'allevamento e l'artigianato, e di Màgia Polla, figlia a sua volta d'un facoltoso mercante,
Magio, al cui servizio aveva lavorato il padre del poeta in passato.Virgilio frequenta la
scuola di grammatica a Cremona, poi la scuola di filosofia a Napoli, dove si avvicina alla
conobbe molti poeti e uomini di cultura e si dedicò alla composizione delle sue opere.
dell'eloquenza doveva fare di lui un avvocato e aprirgli la via per la conquista delle varie
cariche politiche. L'oratoria di Epidio non era certo congeniale alla natura del mite Virgilio,
riservato e timido, e dunque quantomai inadatto a parlare in pubblico. Infatti, nella sua
prima causa come avvocato non riuscì nemmeno a parlare. In seguito a ciò Virgilio entrò
in una crisi esistenziale che lo portò, non ancora trentenne, a spostarsi dopo il 42 a.C. a
Napoli, per recarsi alla scuola dei filosofi Filodemo di Gadara e Sirone per apprendere i
precetti di Epicuro.Gli anni in cui Virgilio si trova a vivere sono anni di grandi
sconvolgimenti a causa delle guerre civili: prima lo scontro tra Cesare e Pompeo,
culminato con la sconfitta di quest'ultimo a Farsalo (48 a.C.), poi l'uccisione di Cesare (44
a.C.) in una congiura, e lo scontro tra Ottaviano e Marco Antonio da una parte e i
cesaricidi (Bruto e Cassio) dall'altra, culminato con la battaglia di Filippi (42 a.C.). Egli fu
distribuzione delle terre ai veterani dopo la battaglia di Filippi mise in grave pericolo le sue
(Pollione, Varo, Gallo, Alfeno, Mecenate e dunque lo stesso Augusto), Virgilio sia riuscito
Si spostò poi a Napoli con la famiglia e in seguito, nel 38 a.C., si fece assegnare da Mecenate
Virgilio frequentava.
Virgilio entrò dunque nel circolo del "primo ministro imperiale", che raccoglieva molti
letterati famosi d’epoca.Il poeta frequentava le tenute terriere di Mecenate, che egli
conobbe meglio Augusto. Divenne il maggiore poeta di Roma e dell'Impero e le sue opere
prima della sua morte, verso il 26 a.C.Dopo il 29 a.C. il poeta iniziò la stesura dell'Eneide, e tra
il 27 a.C. e il 25 a.C., l'imperatore Augusto richiese a Virgilio degli estratti del poema in corso
di stesura. Nel 22 a.C. il poeta lesse ad Augusto alcune parti dell'Eneide, tra cui quasi
sicuramente, il celebre VI libro.La fama del vate dopo la morte fu tale che egli fu
considerato una divinità degna di ricevere onori, lodi, preghiere, e riti sacri. Già Silio
Italico (appena un secolo dopo), che acquistò la villa e la tomba di Virgilio, istituì una
celebrazione in memoria del Mantovano nel suo giorno di nascita (le Idi di ottobre). In tal
modo questa celebrazione si tramandò anno per anno nei primi secoli dell'era volgare,
vide in Virgilio ("Vergilius") il suo secondo patrono e spirito protettore della città di Napoli,
dopo la vergine Partenope. Egli divenne in particolare un simbolo dell'identità e della libertà
politica di Napoli: fu per questo che nel XII secolo i conquistatori normanni, col consenso
il vaso con le sue ossa, al fine di indebolire e sottomettere Napoli al potere normanno
distruggendo l'oggetto di culto che era la base simbolica della sua autonomia. I resti di
Virgilio furono salvati dalla popolazione che li trasferì all'interno di Castel dell'Ovo, ma in
seguito vennero qui sotterrati e nascosti per sempre ad opera dei Normanni. Da allora i
napoletani ritennero che il potere protettivo del Poeta verso la città fosse
vanificato.Durante l'Alto Medioevo Virgilio fu letto con ammirazione, il che permise alle sue
profeta di Cristo, sulla base di un brano delle Bucoliche (la IV ecloga) annunciante la venuta
di un bambino che avrebbe riportato l'età dell'oro e identificato per questo con Gesù.La
presenza di Virgilio è costante nello svolgimento della letteratura italiana. L'eco della sua
poesia risuona sovente nelle opere dei nostri più grandi scrittori.Per Dante Alighieri,
l'Eneide diviene modello di alta poesia, fonte di ispirazione di tanti suoi versi. È vero, egli
avverte il fascino anche di altri grandi autori del passato, di "Omero, poeta sovrano" di "
Orazio satiro", "Ovidio", "Lucano", e poi "Tullio e Lino e Seneca morale" (Inferno, 4, 102 e
passim), ma è Virgilio la sua guida, Virgilio "l'altissimo poeta" (ibid.,80). Dante riconosce la
grandezza morale, il peso del pensiero antico e nella sua opera fa confluire insieme i valori
della nostra letteratura: un discepolo di Virgilio, al di là del pensiero medievale. Dalla lettura
delle sue opere apprese il senso di partecipazione al dolore universale, la pietas, intesa
quest'ultima nel senso morale di adesione al cielo sì, ma anche di attenzione ai valori della
terra. Egli si accosta al mantovano non solo per capire "come l'uom s'eterna", ma anche
per perfezionare lingua e stile.Con diversa e più moderna sensibilità si avvicina a Virgilio un
cultore degli studia humanitatis come Francesco Petrarca. Il dolore umano alla scuola del
poeta antico trova innumerevoli rivoli per elevarsi in una poesia soavemente malinconica.
Da lui deriva l'amore per le belle lettere, la nobiltà dei sentimenti e del pensiero, da lui l'arte
della perfezione stilistica. La lingua italiana diviene, come vuole de Sanctis, "la dolcissima
delle lingue".[29] Intuisce e tramanda ai posteri i più alti segreti della poesia del
mantovano. Virgiliano nell'anima, vive a lui unito nello spirito, gli dedica epistole. Petrarca
venne salutato come il nuovo Virgilio, modello di poeta, elegante, raffinato: si colloca tra i
grandissima influenza come l'imperatore Augusto, del governatore provinciale Gaio Asinio
Pollione e del ricco Gaio Cilnio Mecenate, secondo leggende medioevali di scarsa o nessuna
attendibilità, il grande poeta avrebbe potuto beneficare in molti modi la città di Napoli in
cui tanto amava risiedere.I suoi biografi medioevali infatti ci narrano che fu Virgilio a
pressi di Serino, in Irpinia) che servisse questa e anche altre città, come Nola, Avella,
Pozzuoli e Baia. Inoltre avrebbe esortato Augusto a creare per Napoli una rete di pozzi e
termali terapeutici a Baia e Pozzuoli, per cui fu anche necessario scavare un traforo nella
collina di Posillipo, l'odierna "Grotta di Posillipo", nota per tale motivo fino al XIV secolo
religione in generale (come si nota dalle sue opere letterarie), avrebbe fatto installare
due sculture di teste umane in marmo, una maschile e allegra, l'altra femminile e triste, sulle
mura della città e precisamente ai lati della porta di Forcella al fine di fornire un presagio
casuale fausto o infausto (una sorta di innocua cefalomanzia minerale) per i cittadini di
lussuosa villa reale di Poggioreale, ma andarono poi perdute a causa della distruzione del
complesso. Come riportano i suoi più antichi biografi, Virgilio aderì al neopitagorismo,
corrente filosofica e magica allora molto diffusa nelle colonie della Magna Grecia, in
particolare a Neapolis, una delle poche poleis magnogreche che dopo la conquista romana
neopitagorico e mago gli sono attribuite diverse immagini magiche e talismani volti alla
protezione della città di Napoli che tanto amò, secondo alcuni biografi medievali e
rinascimentali.