Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
L’Europa moderna
• Linee di continuità, soggettive e oggettive, con il Medioevo
– la distanza dell’Europa moderna dal nostro orizzonte di esperienza
• Un mondo di “antico regime”
– Società di ordini
– Stato di ceti
• Demografia, forme di produzione, organizzazione del lavoro, consumi, rapporti politici, ruolo del
sacro… espressione di un mondo «pre-industriale»
• La visione del mondo
– Il carisma del potere, il ruolo della religione e delle istituzioni ecclesiastiche
2
L’impero Ottomano
conosce la sua massima
espansione territoriale
proprio in età moderna.
3
PARTE 1:
1. dimensione degli immaginari culturali: c’è l’immagine e l’iconografia antica del mondo tolemaico, la
quale fotografa la percezione degli stati e dei rapporti dei continenti del mondo antico proiettata nel
‘400 attraverso la riscoperta e il ritorno in auge di questa griglia geografica che viene anche
pragmaticamente consultata per guidare i progetti di espansione. Si tratta di un’immagine in cui, in
modo evidente, la terra prevale profondamente sull’acqua: i viaggi in mare erano infatti percepiti in
modo più agevole rispetto a come però si presenteranno poi.
4
D’altro canto è un’immagine che fotografa una soggettiva conoscenza del mondo (ignorando l’esistenza
del grande continente americano e conferisce all’Asia un certo gigantismo: il progetto di Colombo era
proprio quello di raggiungere l’Asia in un viaggio che non doveva nemmeno risultare così lungo ed
impegnativo).
Le cartine e le conoscenze geografiche sono uno strumento fondamentale per orientare i progetti di
espansione che trovano la loro realizzabilità sulla base della tecnologia.
2. dimensione della tecnologia: si tratta di una tecnologia in ambito pre-industriale, che si sviluppa in
ambito nautico producendo dei risultati molto positivi.
Le protagoniste della Prima espansione europea nella sua fase aurorale sono delle navi maneggevoli,
piccole di dimensioni, con uno scafo molto alto e una velatura composta che sono la sintesi di tradizioni
di navigazione in area mediterranea. Si tratta di navi con un pescaggio (area sommersa dello scafo)
5
ridotto ed un’ottima capienza/capacità di carico: le Caravelle (dal tardo ‘500, l’espansione avverrà
grazie ai Galeoni).
Grazie al loro complesso sistema di vele, le Caravelle, sono navi in grado di navigare in alto mare
approfittando in modo ottimale il regime dei venti garantendo la costruzione di rotte di andata e
ritorno nonostante le loro piccole dimensioni.
Queste imbarcazioni si affermano nel mondo iberico e anche Colombo nel suo primo viaggio partì con 2
Caravelle (la Nina e la Pinta) e una “Nao” (la Santa Maria), un’altra nave da carico. Sarà proprio lui ad
aprire la strada verso le Americhe rendendola un corridoio di mare, solcato continuamente durante gli
anni successivi, diretto tra la penisola iberica in particolare.
In Europa all’epoca inizia a delinearsi quella che sarà una rivoluzione militare con progressiva adozione
sistematica di armi da fuoco (c’erano anche navi, di piccole dimensioni con le bocche di cannone).
L’effetto sorpresa di fronte a ciò ha suscitato forte sorpresa. L’associazione di navi e cannoni ha
consentito ai portoghesi di farsi strada velocemente per l’oceano Indiano, nel caso Americano le armi
da fuoco hanno ovviamente lasciato un segno inizialmente, anche perché portarono con sé un’idea
della guerra molto diversa da quella di tipo rituale (legata anche a cicli di calendari religiosi), o di
scontro tra gruppi etnici, tipica delle popolazioni Amerindiane.
Questo è il livello di interazioni tra il “vecchio mondo” (quello prima dell’apertura della frontiera
atlantica), dalla penisola iberica (in particolare dal Portogallo) iniziano ad aprirsi rotte di andata e
ritorno verso l’Africa Subsahariana contestualmente la Spagna (la Castiglia in particolare) in questo
progetto, e poi Colombo otterrà proprio dai re di Spagna la possibilità di tentare il suo viaggio
Americano.
Gli europei intrecciano tutte queste competenze (cultura e tecnica) al fattore geopolitico.
6
3. Si ebbe anche il fattore geopolitico: si tratta di un fattore più concreto. Tra ‘400 e ‘500 l’Islam,
attraverso l’impero Ottomano spinge verso il Mediterraneo in maniera molto cospicua ed intensifica la
sua proiezione verso l’Europa continentale.
Nel 1453 cade l’impero bizantino e Costantinopoli si trova così sotto il controllo turco. Di lì a qualche
decennio i turchi assumeranno il controllo anche di quello che fu il grande Egitto Mamelucco.
Abbiamo un mediterraneo orientale sotto una sorta di controllo sempre più organico, legato anche al
fatto che gli Ottomani assumono il controllo dell’Egitto Mamelucco e ciò significa assumere il controllo
delle rotte del mar Rosso. Tutti i prodotti provenienti dall’Asia attraverso rotte carovaniere erano ormai
sottoposti al monopolio per quello che era l’approdo dei vari sistemi di rotte dell’impero Ottomano.
Questa congiuntura, di lungo periodo, che ha però una svolta così radicale dal ‘400-500, spinge l’Europa
a cercare delle soluzioni alternative. Fino al 1453 c’erano consuetudini di rapporti del mondo europeo
con il sistema delle rotte carovaniere che dopo tale anno vengono rinegoziate, naturalmente l’impero
Ottomano assume una posizione di preminenza.
4. Obiettivi economici:
- Ricerca di metalli preziosi:
Questi scambi via terra o nella combinazione mare-terra attraverso il mondo islamico non finiscono
naturalmente (Venezia manterrà un rapporto in quel contesto), comunque la situazione spinge verso la
ricerca di rotte alternative alimentando progetti con obiettivi economici molto completi (la ricerca di
metalli preziosi, di cui in Europa vi è carenza, come l’oro che divenne ossessione di espansione del
periodo: si ebbe anche corsa all’argento nella prima espansione iberica nelle Americhe, la scoperta
dell’oro nel Brasile della tarda età moderna, la corsa all’oro in California nella metà dell’800…).
L’argento, e anche i vari metalli, diventano proprio strumenti di scambio globali: nel momento in cui
l’argento americano servirà per comprare prodotti nell’Asia estrema, l’Europa avrà poco da offrire ai
cinesi, ma l’argento è appetibile per questi scambi.
7
- Ricerca di schiavi:
Nella società pre-industriale la manodopera, in una condizione coatta o nell’ottica della servitù
domestica, fa parte del panorama europeo. La ricerca di schiavi si implementerà quando si implanterà il
sistema delle piantagioni, prima nei sistemi atlantici delle isole portoghesi e delle Canarie e
successivamente nelle Americhe.
5. A legittimare tutto questo progetto che prende i suoi inizi dall’area iberica è il fattore religioso:
Questo accesso diretto spesso intreccia anche una sorta di immaginario geopolitico in cui c’è l’idea di
fare accordi con potenze percepite come lontane, non musulmane, in funzione anti-islamica. Si tratta di
uno degli elementi che fanno da sostanza al progetto di Colombo, perché c’è l’idea che la Cina sia
ancora associata al mondo descritto da Marco Polo (un mondo anche potenzialmente aperto al
confronto religioso). D’altro canto nell’Africa subsahariana viene introdotta la figura mitica di un re
denominato “Prete Gianni” ipotizzato come un potenziale alleato in chiave anti-musulmana.
A tutto ciò si intreccia un forte spirito di crociata (siamo nel XIII secolo e sappiamo che ancora all’epoca
era aperto il fenomeno della “Reconquista” = plurisecolare conflittualità tra i regni cristiani e la
presenza politica musulmana nella penisola iberica) contro l’Islam.
Associare la propria espansione ad un motivo religioso gli conferisce un obiettivo più alto associandola
all’idea di diffusione del cristianesimo nelle altre aree del mondo: le popolazioni di tutti gli spazi che
vengono integrati nella rete delle interazioni globali (in particolare di Spagna e Portogallo), vengono
evangelizzate (con esiti molto diversi in America, in Africa e in Asia).
L’espansione iberica aggrega una serie di obiettivi già menzionati in un rapporto forte con l’esperienza
plurisecolare della relazione con il mondo islamico. Perciò anche nella costruzione degli immaginari del
rapporto poi con aree che musulmane non sono (Asia, Africa subsahariana, America), la griglia musulmana
gioca un ruolo molto importante nella mediazione, per iniziare a prendere contatti con dei mondi che in
realtà assolutamente non hanno nulla di musulmano.
Il punto di svolta di questo processo è legato al tardo ‘400 in cui prima il Portogallo e poi la Castiglia iniziano
ad impegnarsi in modo sistematico del tentativo di inoltrarsi sempre di più, nel caso portoghese lungo le
8
coste dell’Africa verso quello che si comincia a comprendere alla fine del ‘400 essere una terra che ha un
Capo che prelude al passaggio ad un altro grande spazio acquatico, che è il Capo di Buona Speranza. Si
tratta di un progetto che prende forma nel tempo: il Portogallo lungo il ‘400 riesce a costruirsi un Atlantico
non trans-atlantico fatto di isole (Capo Verde, Azzorre… e le enclave lungo le coste dell’Africa che
consentono il primo rapporto con l’Africa subsahariana, l’inserimento dei portoghesi nel sistema degli
scambi africani e l’attivazione di una prima tratta atlantica di schiavi che dall’Africa occidentale i portoghesi
spostano verso altri Capi africani in parte e verso il mondo iberico).
In questo contesto si inserisce anche la Castiglia che ha un contenzioso forte con il Portogallo in relazione al
controllo delle isole canarie con un trattato che chiude la guerra civile aperta dal matrimonio tra Isabella e
Ferdinando, i sovrani che uniscono le colonie iberiche nel tardo ‘400: Trattato di Alcaçovas (1479).
Trattato di Alcaçovas
All’interno di questo trattato ci sono delle clausole atlantiche che riconoscono:
- le Canarie alla Castiglia: le Canarie diventano molto importanti perché diventano un laboratorio per le
popolazioni che subiscono l’invasione di quelle che sono le pratiche messe in atto nella conquista delle
Americhe. Si tratta di popolazioni non musulmane e non cristiane, considerate idolatre, oggetto di
campagne di controllo e conflitto molto severe. Le popolazioni delle Canarie avevano origini berbere,
quindi sono popolazioni che inizialmente arrivavano dal Marocco. Già a partire da ora vengono instaurati i
sistemi delle piantagioni nelle Canarie, sistemi adottati poi anche nelle Americhe.
- stabilisce una linea di separazione tra l’espansione portoghese e quella castigliana: a ciascuna delle due
corone iberiche viene data una freccia su cui indirizzarsi. Nel 1479 si diceva che il Portogallo poteva
proseguire la sua espansione verso l’Atlantico meridionale (verso l’avvistamento del Capo di Buona
Speranza). Mentre la Castiglia poteva continuare ad espandersi ad ovest delle Canarie.
L’espansione iberica
Questo trattato dà in qualche modo una razionalità diplomatica a quello che poi sarà il progetto di
Colombo: Colombo aveva presentato il progetto di andare nell’Asia descritta da Marco Polo a diverse corti
europee, i portoghesi avevano considerato il progetto non ben costruito e soprattutto, negli anni ’80 del
‘400, avevano già intuito che l’Africa era circumnavigabile (ci stavano arrivando). Colombo riesce a quel
punto ad accreditare il suo progetto presso i sovrani Castigliani non senza fatica: in una prima battuta gli
viene contestato in termini di fattibilità. Alla fine comunque riesce ad accreditarsi l’anno in cui i re di
Spagna assumono il controllo di Granada (ultimo territorio sottoposto ad un regime politico musulmano).
Per questi sovrani, che nel 1494 verranno denominati “re cattolici”, è un successo di prestigio e di
straordinaria portata perché farebbe in modo di porre il controllo cristiano a tutta la penisola iberica.
In quell’anno i re Isabella e Ferdinando dispongono anche l’espulsione degli ebrei spagnoli che rifiutano la
conversione: abbiamo un disegno di controllo territoriale ma anche di uniformità religiosa che accende
entusiasmi di tipo millenaristico negli ambienti spagnoli.
In realtà Colombo è anche molto abile a negoziare con i sovrani un accordo per tutelare il proprio impegno
a fronte della monarchia. Sostanzialmente viene delegato da Isabella di Castiglia, in particolare, l’effettuare
questa crociera atlantica in cambio di una percentuale dei proventi del viaggio di Colombo (che però è un
viaggio costruito sull’ipotesi. Colombo aveva sicuramente maturato una forte esperienza atlantica in
ambito portoghese, ma un viaggio di questa portata non era mai stato affrontato prima). Quindi Colombo
9
negozia con molta attenzione la propria posizione e richiede una sorta di privilegi perché i sovrani gli
avevano concesso uno spazio di manovra in quei territori di altissima portata.
Il viaggio si compie con un
itinerario che prevede uno scalo
sostanziale nelle isole Canarie, le
quali diventano così una sorta di
ponte per la Castiglia verso il
Nuovo Mondo.
Il viaggio ha come punto di
partenza quella che oggi
chiamiamo “Andalusia Atlantica”,
ovvero quell’area dell’Andalusia
che è limitrofa al portogallo.
Con il primo viaggio Colombo
prende contatto con delle isole che, poi si riveleranno sostanziali per la costruzione dell’America Spagnola,
la prima della quali è nelle Bahamas, Guanahani (che poi venne ribattezzata come San Salvador il 12
ottobre 1492), successivamente la lunga linea di costa di Cuba e poi anche l’isola di Española, che oggi
conosciamo come Haiti (Santo Domingo). È un viaggio che riporta Colombo nella penisola iberica all’inizio
del 1493.
Inizialmente Colombo aveva associato queste isole all’idea di Giappone (Cipango), era convinto che l’Asia
fosse prossima anche perché la visione di Cuba, anche nei viaggi successivi, gli fece pensare che si trattasse
di una penisola vista la forma allungata della linea di costa. La percezione del Nuovo Mondo era
assolutamente asiatica anche se alcuni uomini del tempo particolarmente avvertiti cominciano ad avere
delle precoci perplessità.
Colombo torna dal viaggio con assaggi di cibi, animali, i primi nativi e quello che ottiene, anche attraverso
una sorta di spettacolarizzazione del suo primo viaggio, è il riconoscimento ad effettuarne un secondo alla
fine del 1493. Questa volta parte con 1500 uomini e donne, animali, religiosi e gente competente con
l’obiettivo di costruire un primo avamposto spagnolo in quelle terre. Oggi il viaggio del 1493, nella
prospettiva della storia ambientale, è considerato sostanziale per l’unificazione microbica del mondo e
anche di piante e animali (è importante riflettere sull’impatto e l’incontro tra stili di vita diversi, sulla
competizione di animali, sulle novità agricole...).
In realtà attribuendole il diritto ad espandersi in tutto il mondo in nome di un primato di carattere religioso
perché l’espansione è legittimata dal cristianesimo e tale diffusione legittima il controllo di terre dove non
siano presenti altri principi cristiani.
Il primato della Rotta del Capo fino all’apertura del Canale di Suez (1869)
Fino all’apertura del Canale di Suez (tardo ‘800), la Rotta del Capo è stata la via più rapida per l’Europa di
entrare in rapporto diretto, senza mediazioni di vie di terra controllate prevalentemente dal grande
universo politico-economico-commerciale dell’Islam, con l’Asia. L’apertura di questa Rotta accelera
notevolmente il processo di espansione Portoghese che ha alle spalle una storia plurisecolare.
Contestualmente, per il popolo europeo, il viaggio di Colombo del 1492-93 è per almeno un paio di decenni
oscurato dall’evento rivoluzionario rappresentato dall’apertura della Rotta del Capo.
11
I portoghesi viaggiano gradualmente, non senza incontrare difficoltà, e le navi cannone diventano infatti un
forte strumento di dissuasione per inserirsi all’interno di una trama di rapporti commerciali fittissimi
preesistenti che tenevano unito l’Oceano Indiano, al subcontinente indiano, al Golfo Persico e poi
l’articolarsi del continente Asiatico.
Nelle Americhe, invece, abbiamo, sull’onda di questa ricerca dell’Asia agognata per via occidentale sulla
base della logica del “progetto Colombiano”, l’invasione che ha una serie di momenti:
È un viaggio che parte da Siviglia, circumnaviga il continente americano e poi si inoltra in un oceano, quello
Pacifico, di cui i castigliani avevano appreso la conoscenza nel 1513 (un conto però è vederlo da terra e un
conto è attraversarlo tutto). Da questo viaggio sopravvissero meno di 20 persone, tra cui c’era un italiano
che tenne un diario (testimonianza importante), uomini videro luoghi insoliti per gli europei (questo viaggio
fu interpretato quasi come un viaggio attuale nello spazio proprio per la presa di contatto con aree
assolutamente estranee all’esperienza di chi le stava attraversando). Coloro che riportarono le
informazioni, hanno cominciato a fare un’operazione che fu dapprima messa in moto da un lato da
12
Colombo e dall’altro dai portoghesi seppure con profonde differenze: nel caso di coloro che si spingevano
verso le Americhe lo sforzo era di una traduzione di un avvicinamento di questa novità umana e naturale,
ad un orizzonte conosciuto. Allora si usavano tutte le griglie, le enciclopedie dell’alterità che era conosciuta
all’epoca facendo confronti: per descrivere animali americani si diceva “assomiglia a un cavallo ma non è
esattamente la stessa cosa, gli indigeni lo chiamano così. Gradualmente questo Mondo Nuovo inizia a
delinearsi all’orizzonte dei primi esploratori e si sottopone alla brutalità di coloro che, mentre cercano un
accesso “occidentale” all’Asia, cominciano ad invadere a tutti gli effetti il continente americano. Già nel
1500 il Portogallo tocca, nel secondo viaggio verso l’Asia, un piccolo lembo di Brasile.
L’impero Portoghese
Tempi, spazi e forme di un’espansione marittima
L’apertura della Rotta del Capo
Per arrivare ad aprire la Rotta del Capo (cosa che genera sconforto nei Veneziani, i quali erano abituati a
fare da mediatori dei commerci a largo raggio utilizzando l’Egeo e l’Adriatico, e diventando loro il centro di
interscambio verso l’Europa) i nostri portoghesi hanno impiegato molte energie e l’impegno di un secolo.
Mentre gli spagnoli tentano di poter occupare i territori marocchini nell’ottica di un’espansione della
Reconquista (obiettivo che non ha luogo e che porta alla morte del sovrano Sebastiano alla fine del ‘500 in
uno scontro con le milizie marocchine), i portoghesi hanno un tenace successo nella costruzione di totte
atlantiche: prima gli arcipelaghi, poi le basi commerciali lungo le coste dell’Africa.
Nel caso della Cina, i portoghesi cercano in ogni modo di invadere l’entroterra, ma vengono duramente
confinati ai margini. Perciò praticano forme di commercio prevalentemente informali, fino a quando, ad un
certo punto viene loro concessa una città-isola, senza mura, in cui formare la loro base commerciale per
intrattenere rapporti con l’impero Cinese, ovvero la città di Macao.
L’impero Spagnolo
Tempi, spazi e forme di un’espansione territoriale
Scoperta/incontro, invasione/conquista
L’esperienza nelle Americhe è profondamente diversa.
La scoperta colombiana, che è stata definita come un “incontro tra mondi” nei secoli successivi, di fatto ha
determinato un’invasione in cui l’attore che viene da fuori vuole assumere il controllo dei territori con
obiettivi che sovvertono in maniera traumatica e radicale gli equilibri demografici, ecologici e socio-politici
delle società che ne sono oggetto.
Quindi dall’invasione abbiamo poi l’attivazione di veri e propri meccanismi di conquista con una cronologia
che è strettamente correlata ai viaggi di Colombo:
- abbiamo il 1° viaggio che dà una prima mappatura delle isole nel Golfo del Messico (l’isola di Haiti Santo
Domingo + l’isola di Cuba). Le altre isole sono invece oggetto di un’espansione più graduale.
- con il 2°viaggio Colombo arriva con l’intento e il progetto di radicare la presenza degli spagnoli nelle isole.
In questo contesto l’impatto dell’invasione è devastante perché queste prime spedizioni avevano come
obiettivo anche la ricerca di materie prime (metalli preziosi, tra cui l’oro) che trasforma questa prima
presenza in una sorta di far west in cui per recuperare i metalli preziosi si occupano territori deteriorando
gli equilibri dei vari gruppi etnici: si rastrellano le persone per farle lavorare nella ricerca dell’oro, si
sovvertono i cicli agricoli e poi si usurpa la terra di proprietà delle società locali per cominciare a impiantare
il proprio dominio territoriali inserendo nei contesti insulari nuove culture e soprattutto nuovi animali.
L’arrivo degli ovini e dei cavalli è un evento rivoluzionario all’interno delle isole e delle terre americane in
generale: l’arrivo di nuovi animali sovverte gli equilibri agricoli e ambientali e ciò avvenne.
Gli spagnoli non trovano in questa stagione l’oro e arrivano a commettere una distruzione irreparabile di
quella che era la ricchezza del mondo nativo al momento del contatto perché quei bottini di guerra si
fondono in oggetti che oggi sono esposti in musei. Quello che trovano fu l’argento: lo trovano in una grande
area mineraria dell’ “Alto Perù” (oggi è una città della Bolivia a 4000 metri) in c’è una grande vena
argentifera legata all’area di Potosi, e lo trovano nel Messico centro-settentrionale. Circola sotto forma di
lingotti oppure di monete che prendono il nome di “Real de a ocho” (moneta spagnola dal corso globale).
L’argento diventerà anche una grande voce delle espansioni europee verso l’Asia.
In particolare nelle Antille, la violenza del regime coloniale nascente ha prodotto effetti severissimi sulle
popolazioni locali che sono declinate già prima dell’avvio dei grandi cicli epidemici che hanno poi stravolto
l’America continentale, che è la seconda protagonista di questo fenomeno. Nel ‘500 la presa di posizione
degli Europei rispetto alle popolazioni autoctone era vista in una chiave del tutto legittima al contrario di
come in realtà fu.
Le popolazioni della America meridionale furono capaci in realtà di sopportare il duro colpo dell’invasione e
di sopravvivere con forza al dramma vissuto.
Nell’ottica delle società ispanoamericane, le due repubbliche, cioè le due comunità, sono quella Europa e
quella Indiana, considerate in teoria separate. Tuttavia, la realtà è quella che vediamo rappresentata
nell’immagine sopra.
Bisogna comunque ricordare che la tratta degli schiavi non nasce con l’invasione europea delle Americhe,
ma è un fenomeno di lungo periodo che caratterizza le dinamiche commerciali e le strutture delle società
africane. Ha le sue origini nel mondo antico ed era fortemente legata ad una intermediazione musulmana.
La tratta in realtà ha diverse direttrici di espansione:
- una verso il mediterraneo
- una verso l’Oceano Indiano
- una che da atlantica diventa gradualmente transatlantica (ha una continuità e una certa intensità che
produce nuove società multietniche nelle Americhe in cui la componente africana dipende dai contesti
imperiali europei. Nel Brasile portoghese per esempio avrà molto successo la tratta degli schiavi, mentre
per quanto riguarda l’impero Castigliano sarà meno frequente. La tratta degli schiavi verrà fatta propria da
Inglesi, Francesi e Olandesi nelle isole caraibiche e avrà grande rilievo in quelle che sono le colonie storiche
che daranno nascita agli Stati Uniti.)
Ecco perché oggi nel mondo si sono stimati circa 200 milioni di afro-discendenti (persone con discendenze
ancestrali africane che però vivono al di fuori del continente africano) nelle Americhe, in Europa e in Asia.
di trovarsi nella condizione paradossale di aver lavorato, a gratis in una condizione di stigma e di privazione
della libertà, per i coloni (piantagioni) e cresciuto i loro figli (lavori domestici).
In generale la tratta atlantica e transatlantica degli schiavi africani ha posto i loro discendenti in una
condizione di svantaggio strutturale sia materiale che nella percezione all’interno delle nuove società.
Queste sono le rotte della tratta degli schiavi dal continente africano.
Mentre questa è una mappa che spiega meglio la diffusione del fenomeno dall’Africa nelle terre Americane.
Per l’Africa questo è stato
un fenomeno decisamente
significativo: si tratta di un
prelevamento di persone
dal continente che provocò
un notevole calo
demografica.
Inoltre la tratta era gestita
in loco da capi commerciali
diplomatici o politici
africani quindi fu forte
anche l’impatto che ebbe
sui territori con una
diffusione dei conflitti per
anche accaparrarsi
prigionieri da poter
rivendere in un’ottica di
tratta transatlantica.
Un elemento che circola globalmente, che anche se non viene ricordato è importante, è quello delle armi
da fuoco all’europea che vanno in Africa e si spingono poi verso l’Asia.
18
Per quanto riguarda gli attori europei, i grandi primi promotori della tratta
transatlantica sono stati i Portoghesi e sono poi entrati in competizione con
questi poi anche Inglesi, Francesi e Olandesi. Successivamente la tratta degli
schiavi comincia a declinare come attività e fu promotrice della sua
abolizione (tra ‘600-700) proprio la Gran Bretagna.
Con l’avvio della Rivoluzione Industriale, questa forma di produzione
coatta, che era anche un modo brutale di incrementare la produzione in
assenza di meccanizzazione, comincia a essere considerata un’archeologia del passato rispetto alle
potenzialità di trasformare anche gli schiavi in lavoratori liberi (salariati).
Il dibattito poi si traduce in un sistema del tutto nuovo di leggi e anche se la leggenda nera della crudeltà
degli spagnoli ha delle basi solide di partenza, nella Spagna della metà del ‘500 (all’epoca di Carlo V) viene
promulgato un corpo di leggi, che aveva alle spalle già altri provvedimenti, che riconosce (ancora una volta
sulle disposizioni dei papi dell’epoca) l’umanità delle popolazioni native. Vengono così poste in una
condizione ambivalente: sono libere di conservare usi e costumi se non si trovano in contrasto con le leggi
dello Stato di Castiglia e della Chiesa; sono tenute però all’obbedienza al re, alla conversione e a pagare un
tributo.
In questo modo il riconoscimento delle libertà salvaguarda le comunità native
Americane che ora nel mondo ispanoamericano possono riprendersi
demograficamente ed entrare nella grande esperienza del meticciato. D’altra parte
c’è l’idea della subordinazione dal punto di vista dell’obbedienza, della conversione al
cristianesimo e del pagamento di un tributo che per molti anni fu ingente.
I luoghi più abitati hanno a che fare con la storia moderna e con i viaggi dei Portoghesi e con gli
insediamenti commerciali degli Olandesi.
“Antropocene”
Numeri popolamento umano
A questi numeri bisogna dare un grande peso perché nel loro intreccio con i modelli di sviluppo e i processi
di industrializzazione hanno messo in moto, secondo molti studiosi, il così detto “ANTROPOCENE”:
un’epoca, quella in cui stiamo vivendo, in cui la presenza dell’uomo sulla terra lascia un segno capace di
alterare gli equilibri del pianeta producendo effetti disastrosi sugli assetti climatici producendo dei disordini
di notevole portata negli equilibri ambientali (soprattutto nel caso delle conurbazioni).
- EX URSS, 17 milioni
- AFRICA, 87 milioni
- AMERICA => le stime “pre-1492” sono polarizzate tra 10 (secondo la visione “ribassista”) e 60 milioni
(anche se secondo alcuni studiosi la stima potrebbe raggiungere all’incirca 100 milioni).
Quello che è certo è che dai contatti con gli europei, a seguito dei viaggi di Colombo, la popolazione
comincia a declinare in maniera spaventosa.
- OCEANIA, 3 milioni
Inoltre la peste in Europa diventa “endemica”: si ripresenta a distanza di tempo, nel 1600 durante l’età
moderna in cui la diffusione di epidemie è collegata all’intreccio micidiale di crisi di sussistenza (la
popolazione era fragile a cause delle scarse condizioni di salute, anche dovute a cattive abitudini alimentari,
a causa della diffusa povertà) e di eventi bellici (le guerre, implicando spostamenti di numerose persone,
provocano la diffusione di virus/malattie).
Questo fenomeno lasciò il segno in ogni ambito della storia dell’uomo (anche in arte, letteratura…), nella
memoria culturale delle persone e nel rapporto tra l’uomo e la morte.
L’Europa moderna decise di reagire a tale catastrofe applicando delle norme/politiche sanitarie:
contenimento della mobilità degli individui, controllo delle loro provenienze, isolamento e cura. Tuttavia, le
epidemie rimasero comunque un fattore di crescita demografica incerta durante l’età moderna in Europa.
Migrazioni e deportazioni
Tornando all’Europa, sulla dimensione demografica pesano dei fenomeni che sono ancora oggi all’ordine
del giorno nella nostra esperienza:
o Sullo sfondo dei processi che interessano la formazione degli attori politici dell’Europa moderna, i
fattori politico-religiosi sono molto importanti:
- Nella cristianità latina si ha la Riforma Protestante che spacca la comunità cristiana e trasforma una
parte delle persone che vivono nel territorio in potenziali abitanti considerati eretici o papisti (legati alla
chiesa di Roma).
- ci fu anche l’intimazione ad abbandonare le terre di una lunghissima residenza che avviene in
relazione a comunità ebraiche europee che furono costrette a spostarsi nel continente.
o La storia del sistema demografico europeo è segnata anche da spostamenti (temporanei, per esempio
stagionali, o permanenti) per ricerca di migliori opportunità economiche.
o Deportazioni forzate:
- In una società pre-industriale che attiva forme di sfruttamento del territorio e di produzione agricola
massiva (Americhe), si instaura un sistema schiavista (che in Europa ormai non esisteva più) di
popolazioni africane e afro-discendenti.
22
Inizia così la tratta atlantica o transatlantica che sposta la tratta interafricana (fenomeno del continente
africano) verso il continente americano (in tre secoli si contano circa 12 milioni di persone arrivate vive
nel “Nuovo Mondo”).
- L’Australia viene avvistata nel quadro delle esplorazioni tardo ‘700esche da James Cook, e nel 1788 in
Australia viene fondata la prima colonia penale britannica a Botany Bay.
Si tratta di una colonia che vede la deportazione dall’Inghilterra dell’epoca dei detenuti inglesi (persone
che avevano commesso reati assolutamente blandi secondo i nostri standard) che danno il via a una
nuova colonizzazione.
La tratta atlantica
Si tratta di un fenomeno funzionale all’istituzione oltre oceano di regimi di condizione schiavista per le
popolazioni afro o afro-discendenti, che va poi a formare le strutture di queste nuove società multietniche
e multiculturali Americane. Lo fa con un’intensità funzionale alle attività produttive e alle necessità del
funzionamento delle attività economiche e delle strutture sociali nei diversi contesti.
Paradossalmente, con l’avvio della Rivoluzione Industriale, il più tenace degli oppositori della tratta diventa
proprio la Gran Bretagna. L’abolizione della tratta comincia a delinearsi già alla fine del ‘700 ma si attiva
all’inizio del XIX secolo, di lì a poco comunque la Gran Bretagna abolisce anche la schiavitù nelle sue
colonie.
Il doppio movimento
Queste grandi comunità afro-discendenti che si formano nelle Americhe sono dei singoli che portano con sé
il loro mondo (lingua e cultura), a volte anche mescolati ad altri che provengono da altre aree dell’Africa
occidentale, quindi si formano nuove identità all’interno del mondo africano nelle Americhe.
23
Nell’età moderna subisce un forte cambiamento anche l’economia: globalmente la voce di base è la terra,
che dà status in Europa, sulla quale si articolano una serie di rapporti di potere e da cui derivano i beni di
base grazie a cui le società si sorreggono. Non è un’economia che si esaurisce nella terra perché abbiamo
una ricca capacità manifatturiera nello spazio europeo (e non solo), l’elemento che però distingue queste
società dal mondo dell’inizio dell’800 è il fatto che ci troviamo in una situazione in cui la capacità di
produzione è legata a risorse disponibili in natura/risorse di energia “organiche” (acqua, vento,
combustione, forza animale, manodopera in stato di schiavitù).
- l’Europa ha aperto questo sistema di rotte intercontinentali che da un lato ha consentito di creare dei
regimi coloniali per cominciare a produrre nelle Americhe beni coloniali di interesse atlantico e europeo
(anche se poi si diffonderanno in tutto il mondo). Questa Europa, una volta che si incammina verso la
Rivoluzione Industriale, ha in mano le ragioni della sua egemonia (seppure temporanea) perché ha già
stabilito contatti di diversa formalizzazione con tanti spazi del mondo che possono essere o mercati o fonti
di approvvigionamento di materie prime.
In questo contesto la Gran Bretagna ha un vantaggio sostanziale rispetto al resto del mondo.
Commercio “triangolare”
Al tempo stesso abbiamo il salto di qualità delle reti commerciali rappresentato dall’espansione europea
che apre commerci a largo raggio creando una “triangolazione” nel mondo atlantico con un commercio che
tiene insieme l’Europa, l’Africa e le Americhe. In tale commercio circolano prodotti, forza lavoro in stato di
schiavitù, e beni che arrivano dalle Americhe, ma insieme a queste voci e abbiamo anche la circolazione di
persone che viaggiano in altra forma e una grande circolazione di idee, pratiche e lingue.
Hernan Cortés, sorretto dopo una fase di iniziale di opposizione, assume il controllo della capitale
dell’impero Azteco nel 1521 e di lì a pochi anni in realtà comincia a vagheggiare, anche spinto dal sovrano
spagnolo Carlo d’Asburgo (che voleva un po’ allontanarlo) a cercare una strada verso l’Asia estrema. Si apre
dal Messico un processo che porta all’apertura di una rotta che va d’Acapulco alle Filippine spagnole (e
filippine sono state sottoposte al controllo spagnolo fino al XIX secolo, fino al 1898).
Questa rotta ha funzionato per tre secoli, fino all’inizio dell’800 quando il Messico si è dichiarato
indipendente dalla corona spagnola.
Da Acapulco partiva l’argento americano (ancora oggi il Messico ha un distretto minerario importante), e le
Filippine vengono in parte occupate con un sistema alla spagnola e quindi la popolazione viene instradata
verso il Cristianesimo in un quadro multi-religioso e multietnico molto complesso. Ma, le Filippine sono per
la Spagna attraverso la mediazione Messicana la testa di ponte per avere rapporti diretti con la città di
Macao (quindi con la Cina).
Da Manila e da tutta quest’area sud-orientale arrivano prodotti di varia natura e persone in Messico, che
creano in Messico anche dei “meticciati” culturali e biologici che incorporano in quello spazio anche la
componente asiatica.
Rivoluzione agricola
La rivoluzione agricola ha avuto dei particolari distretti di eccellenza in aree particolari dell’Europa: per
esempio la Lombardia, alcune aree della Gran Bretagna, nei Paesi Bassi… Questa rivoluzione rese la
produzione più orientata alla circolazione al di là dei distretti locali/regionali e portò ad un nuovo rapporto
tra l’attività agricola e il possesso della terra.
Rivoluzione commerciale
Strettamente legata all’espansione europea è anche la rivoluzione commerciale. Dalla stagione iberica
dell’apertura delle grandi rotte, poi abbiamo l’emulazione degli altri (Olandesi, Inglesi e Francesi). Per cui il
mondo comincia ad essere avvolto, da un punto di vista europeo, da una serie di rotte che consentono a
questi attori economici di avere accesso a materie prime, di poter guadagnare dall’interscambio di prodotti
coloniali e di poter utilizzare alcuni di questi prodotti per poi quella che sarà la rivoluzione tecnologica.
La rivoluzione industriale ha il suo settore esemplare nell’industria tessile che risponde anche ai bisogni di
una popolazione in crescita e prospettivamente il cotone sarà la fibra della rivoluzione industriale (per la
resistenza alla meccanizzazione e per poter essere venduto come tessuto in giro per il mondo).
Le monarchie promuovono queste riforme per incrementare in realtà le loro entrate fiscali, le quali servono
per i loro processi di “burocratizzazione”, per il fasto delle coorti e per fare le guerre. Tuttavia, queste voci
entrano nei progetti politici delle monarchie del XVIII secolo organicamente.
La stessa cosa succede anche nell’America spagnola e in Brasile, diversamente però dal Nord America in cui
i coloni sono pochi e collegati tra loro, tanto che dal 1763-1776 dichiarano la loro indipendenza.
Nell’America spagnola le cose vanno un po’ diversamente anche alla luce del fatto che le società hanno la
compresenza di gruppi etnici che si ha paura di mettere in crisi (anche se sappiamo che poi la guerra di
Indipendenza Americana ha visto la partecipazione delle milizie afro-discendenti in nome di questo
progetto di emancipazione dalla Gran Bretagna).
28
La Rivoluzione Industriale
Una svolta epocale
Secondo ‘700 in Inghilterra
Si tratta di un vero e proprio fiorire di invenzioni che hanno consentito di rispondere a delle necessità
concrete e legate alla congiuntura in primo luogo in un settore esemplare: quello della produzione tessile.
Si ebbe un avvio della meccanizzazione che crea la necessità di produrre macchine in metallo e materiali
che reggano al movimento:
- sviluppo delle attività estrattive
- la messa a punto di una produzione che consenta alla costruzione di auto più resistenti
- avvio alla meccanizzazione con la macchina a vapore.
Questo percorso attraversa una porzione importante del ‘700, che poi si svilupperà nel corso del secolo
successivo e troverà un luogo specifico: la Gran Bretagna. Non si tratta di un fatto eccezionale, perché la
Gran Bretagna dell’epoca è un gran attrattore di attori economici con capacità che arrivano anche da altri
paesi. Certamente è quell’area dell’Europa in cui sono presenti i giusti ingredienti per lo svilupparsi di tale
fenomeno:
- All’inizio del 1700, l’Inghilterra ha superato le crisi delle guerre civili ed ha anche superato la Gloriosa
Rivoluzione, perciò si parla di una monarchia fondata sulla divisione dei poteri (che diventa anche un mito
per gli illuministi del XVIII secolo): si ha un sovrano la cui funzione è contenuta dall’istituto parlamentare.
Ciò significa che ha un quadro politico e istituzionale in rapporto con il fattore economico, finanziario e
espansionistico che è decisamente favorevole.
- Abbiamo la presenza di settori economici dinamici in ambito agricolo, finanziario, commerciale e
coloniale. Abbiamo reti commerciali con una sorta di partnership con il mondo angloamericano che però
entra in crisi nel secondo ‘700.
- La società e il contesto culturale sono aperti anche alla luce di una esperienza di impatto della Riforma
Protestante nel mondo inglese britannico che dopo la Rivoluzione Gloriosa ha portato ad un’apertura nei
confronti del pluralismo religioso.
- La propensione verso l’innovazione tecnologica è legata anche a forme di circolazione e di organizzazione
della cultura scientifica e di condivisione di saperi oltre che di pubblicità (passano attraverso una diffusione
di informazioni attraverso la stampa e attraverso contesti di discussione di tali argomenti).
Il fenomeno in senso generale emancipa le società dipendenti dalle forme di energia organica,
moltiplicando la capacità produzione di beni. La meccanizzazione del lavoro implica ovviamente una
riorganizzazione del lavoro, una ridislocazione dei luoghi di produzione che impatta sulla distribuzione della
popolazione sul territorio e sull’impiego di diverse fasce d’età. Anche il paesaggio cambiò notevolmente a
seguito di questo fenomeno di industrializzazione.
Questo fenomeno fonda le sue basi durante l’età moderna ma poi frutterà in seguito, queste basi sono
comunque importanti per spiegare le origini della (temporanea) egemonia europea.
due secoli e mezzo abbondanti: in questo contesto lo scarto che corre tra le generazioni del tardo ‘700 e
quelle dell’inizio dell’800 è impressionante.
Nel Mondo
La Rivoluzione Industriale, in questa forma che ha impattato moltissimo sull’ambiente (ridislocazioni di
unità produttive vicino a corsi d’acqua, produzione di scorie, emissioni, attività estrattiva…), ha interessato
la storia dell’Europea e degli Stati Uniti (entrambi però tra gli anni ’70 e ’80 del ‘900 attraversarono un
periodo di de-industrializzazione: il lavoro di fabbrica era diventato molto costoso e quindi la soluzione era
dislocare i centri produttivi al di fuori dello spazio Europeo e Nord Americano, in contesti in cui la
manodopera costasse meno provocando però un fortissimo impatto ambientale.)
Società
L’Antico Regime europeo
Di nuovo, una definizione: (società i ordini, stato di ceti)
Come l’avvio della Rivoluzione Industriale fa capire l’importanza dello scarto tra età moderna e mondo
contemporaneo, così lo fa il tipo di articolazione delle società europee rispetto a quello che è l’impianto che
formalmente oggi troviamo in un’ampia parte del mondo (anche se il concetto di democrazia può essere
declinato in modo del tutto formale, con una facciata, o più concretamente realizzato).
Nell’Europa Moderna, fino alla Rivoluzione Francese c’era il così detto “Antico Regime”: forme di
organizzazione delle società che i rivoluzionari hanno considerato “antiche”, e quindi da superare,
attraverso un processo di rivoluzioni politiche e sociali che ne hanno riarticolato gli assetti.
Nell’Europa e nella Francia pre 1789, c’erano società articolate in ordini cioè in grandi corpi sociali che sono
anche titolari di particolari diritti, doveri e funzioni che hanno la loro radice nella divisione della società
medioevale in “oratores” (ecclesiastici), “bellatores” (aritocrazia-nobiltà) e “laboratores” (tutti gli altri). In
questi ordini c’entra poco l’aspetto economico: all’interno della categoria degli “oratores”, ad esempio,
potevamo trovare sia cardinali che preti di campagna quasi analfabeti.
Comunque l’organizzazione di queste tre macro-categorie è variegata e dipende dal luogo in cui ci si trova.
30
Nella denominazione della Francia del ‘700, la categoria dei “laboratores” era denominata “terzo stato”
(tutti coloro che non sono ecclesiastici e non sono nobili, che ancora una volta, a seconda dei casi paese,
contengono al loro interno profili economici diversi: contadino e mercante).
Quindi, l’Antico Regime presuppone corpi sociali distinti secondo un’articolazione “triadica” (legata alla
tradizione feudale), dove il termine “sociale” non ha alcun significato economico, sottoposti a diritti e
doveri particolari sanciti da norme/leggi/consuetudini molto complesse e stratificate; questo è il motivo per
cui si parla di ordini o stati (nel senso di statuti), ovvero gruppi che hanno come quadro di riferimento
corpora di leggi distinte.
Stiamo parlando perciò di una naturale diseguaglianza, dei cittadini che ha alimentato un forte ribellisimo
delle società dell’antico regime sia per ragioni economiche, ma anche per tutela dei propri diritti rispetto
agli altri. Per delle autorità di vertice, governare un mondo così frastagliato non è facile: i sovrani avevano
spesso degli oppositori alle loro politiche.
Tuttavia, negli immaginari sociali dell’epoca, a parte le varie rivoluzioni, questi stati venivano considerati
funzionali a dare rotondità alla società nel suo complesso perché ognuno svolgeva il suo ruolo.
L’Europa moderna si è strutturata a fronte di eventi traumatici dal punto di vista religioso, pensiamo
all’antigiudaismo, all’espulsione degli ebrei e dei cristiani di origine musulmana (moriscos) dalla Penisola
Iberica e alla frattura dell’unità confessionale del cristianesimo latino che creano un legame tra fattore
religioso, mobilità e discriminazioni sociali.
Riforme e rivoluzioni
L’ascesa nell’individuo nell’Europa moderna
Questa società di Antico Regime, configurata a gruppi sociali, è un po’ l’impianto generale di un contesto
europeo in cui prende forma una complessa ascesa dell’individuo portatore di un diritto alla libertà politica,
sociale e di professione di fede.
aumenta il dibattito illuministico, il quale era intrecciato al Riformismo Settecentesco che aveva tra i suoi
scopi anche una semplificazione di questa selva di leggi e diritti particolari (i quali rendono molto complessa
la riforma sul piano economico e sociale).
Rivoluzione Francese
Tutti questi elementi sono alla base della Rivoluzione Francese di fine ‘700. Lo schema della società era
quello dell’Antico Regime, ma nel corso del XVIII secolo, le trasformazioni dei rapporti sociali, degli
immaginari e dei progetti dei vari corpi sociali erano profondamente mutati.
La Rivoluzione scoppiò perché la monarchia voleva mettere mano a una riforma fiscale che tocca in qualche
modo i privilegi del clero e delle aristocrazie. Sono propri questi corpi privilegiati a porre quindi resistenza.
Viene riunito così l’Assemblea degli stati generali, cioè un consesso in cui erano presenti i tre rappresentati
degli stati per offrire il loro consulto al sovrano (questa non veniva richiesta dall’inizio del ‘600). Così a fine
‘700 comincia ad aprirsi un dibattito, che col senno di poi fu la tomba dell’Antico Regime, in merito al
criterio di rappresentanza: i rappresentanti del terzo stato avevano alle spalle il 98 % dei francesi. Si generò
così una crisi che portò alla creazione di un’Assemblea legislativa composta dai rappresentanti del terzo
stato che vide come provvedimenti importanti l’abolizione dei diritti particolari (feudali) dell’aristocrazia e
la Costituzione Civile del clero (cambia il profilo del clero nella società francese). Il grande manifesto di
questo grande salto di qualità, che produsse effetti epocali anche nel resto d’Europa, è la Dichiarazione dei
Diritti dell’uomo e del cittadino (1789).
In questo documento si dichiara che gli uomini nascono uguali e sono tutti uguali di fronte alla legge, le
differenze sono legate ad indicatori che non toccano la fibra delle persone. Gli uomini sono tutti uguali di
fronte alla legge, e questa eguaglianza provoca notevoli effetti: nelle colonie francesi, ad esempio in quella
di Saint Domingue, viene rivendicata l’uguaglianza anche dalla popolazione schiava e afro-discendente.
Questa Dichiarazione ha alle spalle una tradizione di dichiarazioni in cui si enunciano anche grandi principi
politici, tra cui:
- La Dichiarazione di indipendenza dei Paesi Bassi settentrionali dalla Spagna (fine del ‘500). I territori che
oggi chiamiamo Olanda, si resero indipendenti dal sovrano spagnolo che li controllava.
- Bill of Rights (fine ‘600)
- La Dichiarazione di Indipendenza dei coloni angloamericani nel 1776 (in qualche modo si rifà al Bill of
Rights e al dibattito illuministico) con cui si rivendica a Giorgio III, ormai diventato un tiranno, di seguire
autonomamente il proprio percorso in nome dei diritti inalienabili dell’uomo.
32
Le società di questo policentrismo, con la loro organizzazione “triadica” e con la definizione di diritti e
doveri particolari, limitano l’esercizio dell’autorità superiore. Durante l’età moderna si ha un continuo
tentativo di affermarsi di questa autorità che non riesce nel suo intento.
stranieri, Francia e Spagna, che rompono questo equilibrio (questo schema lo ritroveremo nella storia
europea dell’età moderna, in cui l’instaurarsi di un primato/egemonia è stato contrastato/contenuto dalla
creazione di leghe di resistenza che hanno coniugato l’esercizio della guerra con la messa a punto dell’uso
della diplomazia.
A questo punto, i diplomatici, a partire dalla crisi di tardo ‘400 nello spazio italiano, diventano grandi
mediatori culturali, che non sono dei professionisti delle attività internazionali, ma sono figure poliedriche:
uomini spesso di cultura, laici o religiosi, che non solo cercano di mediare per la potenza di riferimento, ma
diventano anche osservatori della vita culturale (spesso portatori di arte, letteratura e testi tradotti…).
- il SACRO ROMANO IMPERO (962-1806): la struttura più longeva è quella del Sacro Romano Impero, sciolto
soltanto nel 1806 durante il periodo Napoleonico che all’epoca era una strana creature: l’autorità di vertice
è conferita ad un imperatore attraverso un meccanismo elettivo per cui questo imperatore è eletto da una
dieta di laici ed ecclesiastici. Il centro del S.R.I è il mondo tedesco e nell’epoca di cui ci stiamo occupando,
attraverso il meccanismo elettivo, l’autorità imperiale che tiene insieme questo mosaico di spazi politici è
quella degli Asburgo. Visto da vicino questo imperatore è un’autorità di vertice che governa con fatica un
mosaico di territori che durante tutta l’età moderna hanno mantenuto forme istituzionali molto diverse tra
loro e che riconoscono all’imperatore ubbidienza fino ad un certo punto.
Proprio in questo impero, la crisi religiosa diventa una vera e propria crisi politica e questo è il nesso con la
riforma dei principi tedeschi: un modo per limitare la presunzione dell’imperatore per subordinarli alla sua
azione.
Questo grande organismo perdura però fino all’inizio del 1800, quindi nel cuore dell’Europa noi abbiamo
una struttura istituzionalmente antica (anche se subirà profonde trasformazioni), che ambirebbe ad essere
governata da un imperatore che dovrebbe dare razionalità e invece ha questo mosaico di territori che al
loro interno si vivono come autonomi. Attraverso la crisi della riforma rivendicheranno, almeno in parte, la
loro libertà religiosa.
- il REGNO DI POLONIA in età moderna (monarchia elettiva dal secondo ‘500): un altro territorio grande
dell’Europa che ha una forma istituzionale che in qualche misura richiama la tradizione feudale è il Regno di
Polonia. Fu lungo tutta l’età moderna un territorio
vastissimo: fu una grande protagonista della storia
moderna europea, cancellata dalla memoria
culturale perché spartita tra i suoi nemici nel ‘700.
La modalità elettiva adottata nel ‘500 (il fatto che
la successione al trono prevedesse una elezione
che venne approvata dalla dieta locale) rende i
passaggi della successione estremamente delicati,
tanto che nel XVIII secolo questi passaggi di
elezione sono sempre più condizionati di vicini
della Polonia, ovvero Prussia, Russia e Austria che
alla fine se ne dividono i territori nel secondo 1700.
35
Nel corso dell’età moderna comunque, la Polonia ha avuto un ruolo essenziale in due aree: come
contenimento dell’espansione ottomana, ma anche come grande struttura proiettata verso il Baltico.
Sappiamo che la grande nemica storica della Polonia fu proprio la Russia.
Le Repubbliche
Non si intende la forma politica attuale di repubblica, ma a delle realtà geograficamente molto circoscritte
in cui la vita e il ruolo delle città è significativo e in cui il governo è affidato a degli organismi di tipo
oligarchico. Le Repubbliche sono figlie dell’esperienza medievale: ne troviamo due celeberrime nella
penisola italiana (Repubblica di Venezia, Repubblica di Genova), nell’area tedesca, nei Paesi Bassi e in
Svizzera. Comunque si parla di realtà di tipo oligarchico: la crisi tra i re di Spagna e i Paesi Bassi è legata ai
tentativi dei sovrani spagnoli (Filippo II) di mettere in discussione i privilegi e le autonomie di queste realtà
repubblicane.
Nell’esperienza europea le repubbliche sono realtà circoscritte, in esse spesso vige un’intensa vita culturale
e una forte circolazione anche perché le repubbliche sono tendenzialmente realtà che praticano con
efficacia il commercio a largo raggio.
A fine ‘700, secolo delle trasformazioni, con la Dichiarazione di indipendenza dei coloni angloamericani, la
Repubblica degli Stati Uniti d’America attribuisce una nuova connotazione alla nozione di repubblica
(rispetto alle oligarchie europee) nella misura in cui stiamo parlando di:
- un organismo territoriale proiettato ad un’espansione senza confini
- una forma politica basata sulla divisione dei poteri con un’autorità che detiene il potere esecutivo
(Presidente) con un mandato a termine.
Le Monarchie
Sono più giovani della tradizione imperiale, si sono affermate gradualmente quando alcune delle
repubbliche erano già affermate e sono le protagoniste della vita internazionale dell’Europa moderna.
All’inizio del nostro arco cronologico le possiamo vedere ben assestate in Portogallo, in Spagna (Regno di
Castiglia, Corona di Aragona e il Regno di Navarra che si aggregheranno nel tardo ‘400 grazie ad un’unione
dinastica) e in Francia. Inoltre abbiamo anche la monarchia presente nelle Isole Britanniche (Inghilterra e
Scozia come unità separate ad inizio percorso nella storia moderna, resteranno tali fino all’inizio del XVII
secolo con gli Stuart. Arriveremo alla nozione di Regno unito solo all’inizio del XVIII secolo) e la forma
monarchica in Scandinavia.
Le “due Europe”
Si delinea così politicamente la nozione delle “due
Europe”.
Mentre gli attori politici dell’Europa orientale attraversano gli oceani, si proiettano attraverso l’occupazione
territoriale nel continente Americano, la Russia procede per contiguità territoriale raggiungendo il Pacifico
nel corso dell’età moderna.
Dal nostro punto di vista, la mutua conoscenza è un fenomeno di più lungo periodo e nello status del
mondo Russo pesa la caduta di Costantinopoli nel 1453, però la saldatura tra gli orizzonti è un fenomeno
36
strettamente collegato al progetto di occidentalizzazione di Pietro Il Grande nel tardo ‘600 (con le sue
guerre, Pietro Il Grande ridimensiona lo status della Svezia, si riproietta sul Baltico e salda durevolmente la
Russia a questo nascente sistema degli stati europei con la costruzione di una nuova grande città affacciata
verso occidente e costruita integrando l’esperienza urbanista oltre che i modelli delle città sull’acqua in
Europa: parliamo di San Pietroburgo, Leningrado).
unico dal punto di vista internazionale, ma caratterizzato da meccanismo che (già evidente allora), di fronte
ai tentativi di egemonia che accompagnano tutta la storia moderna, crea in ultima analisi una sorta di
contenimento a queste aspirazioni che passa attraverso la guerra e all’esercizio della diplomazia.
Quest’Europa suddivisa in sistemi, tra ‘400-500, contestualmente apre una frontiera oceanica che nel
tempo, proietta la competizione degli attori politici che si confrontano in Europa anche al di fuori di questo
continente (lungo le rotte atlantiche e egli spazi in cui i Portoghesi e gli Spagnoli si sono orientati per primi
cronologicamente). Perciò la rivalità diventa globale e non più continentale.
Guardando le clausole delle guerre Europee con cui si fanno le paci e che pongono fine ai conflitti, lungo
l’età moderna, regolarmente con un crescendo, queste contengono delle voci in merito ai continenti
extra-Europei sui quali diversi attori europei hanno messo radici o sottratto ad altri europei.
Questa particolare organizzazione europea nel sistema di stati si accompagna con un’espansione europea
in cui si riverbera il conflitto che si svolge nel nostro continente. La formazione storica di un sistema di stati
in Europa, per cui ciò che succede in uno stato ha delle ripercussioni in un altro, è un processo che dura per
diversi secoli e ancora una volta è il XVIII secolo ad essere considerato come un secolo di svolta perché il
processo diventa organico in quegli anni. Ciò succede alla luce di una prima età moderna (‘500-600) in cui
sono la guerra e le conseguenti paci che portano all’integrazione dei sistemi regionali in un sistema di stati
organico.
La guerra è comunque sempre accompagnata dalla necessità di limitare il conflitto, per quanto possibile, e
di tenere aperti spazi di negoziazione attraverso alleanze. Perciò la formazione storica del sistema degli
stati in Europa lungo l’età moderna si intreccia con le concrete pratiche della diplomazia, le quali
stabiliscono anche delle norme e delle consuetudini.
In Europa prende forma così anche una società internazionale che ha fatto sì che i membri nei sistemi degli
stati europei si siano sentiti in qualche modo uniti da dei vincoli, che potevano certamente o indebolirsi o
rompersi, ma alla fine trattati e paci mettevano fine ai conflitti riequilibrando le situazioni.
Aragonese, sia il re di Francia). In questo contesto non tarderanno ad intervenire tensioni esacerbate dalla
crisi religiosa nello spazio europeo.
Queste guerre sono rese più pervasive rispetto al passato perché in realtà tra i grandi tratti della modernità
c’è certamente questa grande transizione verso quella che è stata denominata la Rivoluzione Militare, vale
a dire l’adozione graduale ma irreversibile di armi da fuoco portatili e una riorganizzazione degli eserciti in
cui la cavalleria rimane anche se è gradualmente soppiantata da una fanteria armata.
Accanto all’esercizio della guerra, implementato anche dalla Rivoluzione Militare, abbiamo anche lo
sviluppo della diplomazia che vede i sovrani, e i soggetti politici in generale, avere i propri emissari
(diplomatici) che circolano nello spazio europeo per raccogliere informazioni in merito a ciò che accade.
Queste sono figure, nell’età moderna, che svolgono un importante ruolo di mediazione anche dal punto di
vista culturale di contatto tra mondi che per questa via potevano avvicinarsi. Sono i diplomatici italiani con i
loro segretari che, all’epoca delle grandi scoperte, dell’apertura atlantica, dell’avvio dell’invasione spagnola
della Americhe e dell’apertura della rotta del Capo, fanno arrivare notizie, testi e anche oggetti in merito a
ciò che avveniva nel mondo Iberico (e attraverso il mondo iberico, nei contatti con il mondo extra-
europeo).
Nell’ “esperienza europea” dell’età moderna le grandi potenze sono di norma le monarchie
Di norma, nell’esperienza dell’Europa moderna, le grandi potenze sono delle monarchie perché hanno dalla
loro parte, pur avendo la difficoltà di raccogliere del denaro per fare la guerra, la maggiore propensione alla
conflittualità anche alla luce del fatto che i sovrani per le loro genealogie hanno delle aspirazioni
rivendicabili sulla base dei loro titoli.
Tra le eccezioni vanno ricordate le così dette Province Unite Settentrionali (attuale Olanda) che nel XVII si
ribellano alla Spagna imperiale di Filippo II, sono una federazione di realtà repubblicane (tenute però
insieme da un governo centrale e dinamico) e quindi un attore politico estremamente vivace, oltre che
capace sia di difendersi dall’attacco spagnolo che di sferrare un attacco nelle grandi linee commerciali
iberiche l di fuori dell’Europa.
La guerra e la diplomazia contribuiscono quindi nel corso dell’età moderna alla formazione di un sistema di
Stati e di una società internazionale europei.
Una crisi all’interno dei sistemi degli stati italiani tra lo Stato di Milano e il Regno di Napoli (all’epoca
controllato da un ramo della dinastia Aragonese spagnola) riesce a incrinare questo sistema degli stati itali
e, con una sorta di “cattiva percezione”, gli stati italiani commettono un errore fatale: lo stato di Milano
chiama in aiuto, contro il re di Napoli, il re di Francia con l’idea di risolvere i propri contenziosi. Tuttavia, la
discesa del re di Francia nello spazio italiano, alla fine del ‘400, fa scattare un meccanismo di opposizione al
rischio che il Regno di Napoli potesse diventare francese e determina l’intervento (per ragioni ancora una
volta dinastiche: il re di Francia rivendicava dei titoli sul Regno di Napoli e i re di Spagna difendevano invece
i titoli della dinastia Aragonese che all’epoca governava il territorio).
Quindi nel corso del suo regno ingrandirà i suoi territori europei per quanto concerne l’area Italiana con
un’acquisizione sostanziale: riesce a sottrarre il controllo del Milanese alla Francia. Il che corrisponde ad un
evento importantissimo per le Guerre d’Italia.
Il controllo del Milanese, per Carlo d’Asburgo era così importante perché consente, e consentirà anche ai
suoi successori, di tenere insieme la parte mediterranea dei possedimenti con la proiezione verso il mondo
tedesco e i Paesi Bassi. Milano era anche all’epoca una città di notevole rilievo grazie alla sua strategica
posizione geopolitica tra alpi e mediterraneo, alla sua agricoltura molto produttiva e alla sua tradizione
manifatturiera, oltre ad essere il corridoio essenziale per poter accedere al mondo transalpino e spingersi
verso i domini nel cuore dell’Europa.
Piano piano ci si avvicina così al concetto di pluralità di domini europei di cui Carlo d’Asburgo poteva dirsi
titolare. La ricchezza e la varietà di questi domini ha fatto temere all’Europa il “fantasma” dell’Impero
(“fantasma” anche sostenuto dalla propaganda di Carlo d’Asburgo a fronte delle conquiste Americane).
Comunque il grande vero antagonista di Carlo, oltre alla Francia (che si sentiva stretta e schiacciata dai
domini asburgici), era l’impero Ottomano, la cui spinta incisiva ebbe proprio nell’età di Carlo d’Asburgo un
momento topico.
Gli ottomani si spingono verso nord, nel cuore dell’Europa, arrivano a minacciare Vienna negli anni ’20 del
XVI secolo e assumono il controllo di metà dell’Ungheria.
Attraverso tutti questi fatti, gli spazi denominati “subsistemi separati”, cominciano ad entrare
durevolmente in rapporto tra loro anche se siamo ancora lontani da un sistema di stati europei di tipo
‘700esco.
L’età di Carlo V
I grandi teatri dell’azione di Carlo d’Asburgo (in ordine cronologico)
1. In Italia, Carlo V contro la Francia, per il controllo di Milano: alle origini della “preponderanza
spagnola” sull’area italiana
Carlo diventa re di Spagna quando la Francia e la Spagna si sono divise le zone
di influenza nello spazio italiano, quando si ebbe l’ascesa di una figura che, di lì
a pochi anni, diventa imperatore del Sacro Romano Impero (Carlo V) con il
controllo su vari territori, rendendo così il controllo di Milano una parte
fondamentale ed estremamente importante.
Con un forte e violento esercizio della guerra, Carlo riesce ad affermare,
attraverso il controllo di Milano, una preponderanza degli Asburgo di Spagna
nell’area Italiana che durerà fino alla fine del ‘700 (si tratta dell’Italia dei
“Promessi Sposi”).
La posizione di Carlo V nella crisi religiosa della riforma è decisa: Carlo vuole l’uniformità religiosa nel Sacro
Romano Impero e la presenza del Papa in Italia, assieme a questo primo motivo, fanno sì che l’Italia vivesse
molto limitatamente la crisi religiosa rispetto al resto d’Europa (area Germanica, Francia, Svizzera,
Scandinavia, Polonia, Isole britanniche...).
2. Nel Sacro Romano Impero, Carlo V contro i Principi passati alla Riforma (area tedesca)
Lutero diffonde le sue 95 Tesi in una stagione storica in cui il nonno di Carlo, Massimiliano, si era fatto
promotore di un tentativo di rafforzamento dell’autorità imperiale rispetto ai Principi. L’ascesa del
Giovanissimo Carlo imperatore, due anni dopo l’avvio della diffusione delle tesi Luterane, ha quindi luogo in
un momento di grande fervore dal punto di vista della diffusione di una dottrina con l’ispirazione di
ripristinare/restaurare il dettato delle sacre scritture e di tornare alle origini, ma questa frattura religiosa
43
comincia anche a tradursi in una frattura politica: per i Principi abbracciare la dottrina Luterana voleva dire
in qualche modo limitare l’influenza e l’autorità dell’imperatore nei loro confronti e nei loro territori, ma
soprattutto voleva dire assumer il controllo di situazioni e beni che invece per tradizione erano propri delle
istituzioni ecclesiastiche che facevano capo a Roma. Dunque per i Principi e le autorità politiche nell’area
Germanica, la crisi religiosa è stata anche un’opportunità per consolidare il proprio status rispetto l’autorità
di vertice, consolidare i propri mezzi e irrobustire le proprie funzioni rispetto alle società locali.
Non è infatti un caso che Carlo d’Asburgo cerchi per tutta la sua vita di trovare una soluzione politica con i
principi protestanti intrecciando la ricerca di un accordo di mediazione con grandi stagioni di guerra e di
conflitto.
L’area tedesca, quindi, durante tutti questi decenni della prima metà del ‘500, è attraversata da uno
scontro e da un braccio di ferro tra l’autorità imperiale e i Principi che si conclude nel 1555 (Pace di
Augusta). Questa pace tra Principi e l’autorità imperiale vede riconosciuto ai Principi il diritto e la libertà di
scegliere la confessione religiosa di riferimento: è il principio del “cuius regio eius religio” = “la relgiione è di
colui che ha il controllo del territorio” secondo cui i sudditi devono seguire la religione del loro governante.
Le sue ispirazioni erano quelle di diventare un pastore del mondo tedesco, e quindi anche di un’Europa
tenuta insieme dalla sua figura, tuttavia avviene il contrario.
La rottura con la Chiesa di Roma fu vista come una specie di occasione da parte dei sovrani per irrobustire
la loro autonomia e le loro risorse.
La riforma si espande fino alla Francia e ai Paesi Bassi, legati a Carlo d’Asburgo destabilizzando in qualche
modo le società locali.
Questo esito negativo sul territorio tedesco, portò Carlo alla decisione di dividere il suo impero enorme tra
due rami della sua dinastia.
Inoltre, Carlo d’Asburgo è stato chiamato in causa della messa a punto di una legislazione a tutela delle
popolazioni native americane, le quali diventano, attraverso un corpus di leggi detto “Leggi Nuove” negli
anni ’40 del XVI secolo, libere vassale di Carlo nella sua versione di Re di Spagna.
Grazie alle bolle del pontefice Paolo III e ad un dibattito sulla legislazione per una miglior tutela delle
popolazioni native, destinatarie dell’evangelizzazione, si arriva ad un corpus di leggi che vietano (almeno
44
sulla carta) la schiavitù delle popolazioni native riconoscendole libere e titolari di diritti a patto di rispettare
le leggi della Chiesa e il vincolo di obbedienza al re di Spagna che passava attraverso il tributo.
Abbiamo raggiunto così uno stabilimento di rapporti organici tra Penisola Iberica, la Francia, la Penisola
Italiana e l’area tedesca.
Al figlio, Filippo d’Asburgo (che noi conosciamo come Filippo III), Carlo attribuisce una pluralità di regni
rendendo quindi Filippo Re e non imperatore. Comunque i territori sotto il suo dominio sono talmente vasti
e grandi, con una proiezione intercontinentale, che la Spagna di Filippo II, III e IV fu denominata
“imperiale”. Questi regni comprendevano:
- regni spagnoli in quanto tali
- territori italiani (l’Italia spagnola che resterà tale fino al ‘700)
- le colonie americane (che nel frattempo hanno continuato ad ingrandirsi, da cui sono emerse grandi linee
d’argento)
- le Canarie
- gli avamposti del Maghreb
- Paesi Bassi
Flippo, diversamente dal padre, si formo in Spagna ed era molto legato al regno di Castiglia e all’area
iberica. In lui era presente un tratto di stanzialità maggiore rispetto a quello paterno, decisamente mobile.
45
Fu anche temporaneamente marito di Maria Tudor (la sanguinaria), la quale restaurò fugacemente il
Cattolicesimo.
Dal 1580, Filippo II re di Portogallo e del relativo impero marittimo: un progetto di egemonia cattolica
A fronte della morte del re del Portogallo, Sebastiano II, in una crociata in Marocco, per i titoli di cui è
portatore, si impone al Portogallo e diventa re di Portogallo assumendo anche il controllo dell’impero
Portoghese di oltre mare nel 1580. Dunque fino al 1640, i re di Spagna sono anche sovrani del Portogallo e
controllano l’impero Portoghese trasformandosi, agli occhi di tutti gli altri attori europei, in una super
potenza dell’Europa moderna. Inoltre, questa è una potenza Cattolica che ha anche il progetto di restaurare
il Cattolicesimo in Europa, il che produce una resistenza nello spazio specifico dei Paesi Bassi (che
formalmente gli appartengono, anche se vi si è ampiamente diffusa la riforma Protestante).
La politica di contenimento dell’autonomia dei Paesi Bassi, l’intervento nelle loro aspirazioni economiche e
soprattutto il tentativo di domarli attraverso il controllo delle istituzioni ecclesiastiche con l’idea di una
ricattolicizzazione creano l’apertura di un conflitto nei Paesi Bassi che sarà l’epicentro e il motore della
resistenza dell’Europa Protestante al disegno dell’egemonia spagnola nella prima età moderna.
La parte settentrionale dei Paesi Bassi si rende poi indipendente diventando a quel punto nemica, sul
terreno, della Spagna, la quale nei Paesi Bassi porterà avanti campagne belliche, che dureranno fino alla
metà ‘600 e che dreneranno risorse demografiche ed economiche molto cospicue.
I Paesi Bassi, gli inglesi e i francesi, di fronte ad una Spagna che controlla, non solo le Americhe, ma anche le
rotte dell’Africa e dell’Asia, cominciano a mettere in discussione la divisione del mondo di Tordesillas
(basata su una divisione del mondo promossa da Alessandro VI) penetrando nelle Americhe e lungo le rotte
che uniscono l’Europa all’Africa ea all’Asia. Vanno collocati in questo periodo i primi tentativi di
insediamento stabili in nord America, l’inizio della conflittualità nell’area Caraibica, il fondo di interesse di
attori europei che non siano il Portogallo in Brasile e l’apertura dell’ingresso di olandesi inglesi e francesi
nelle rotte che portano all’Africa Subsahariana e all’Asia.
Nella carta del mondo avevamo la così detta presenza dei monoteismi:
- l’islam con la sua articolazione su tre continenti (parte dell’Africa, dell’Asia e dell’Europa)
- plurime forme religiose nel continente asiatico (buddhismo, scintoismo, induismo, islam…)
- ebraismo, sempre visto da un punto di vista intercontinentale
- varie forme religiose nelle Americhe che furono in parte interpretate dagli europei come animismo (forte
connessione e vicinanza alla natura e ai suoi elementi) oppure idolatria.
In Europa
In questo quadro, l’Europa è il continente delle molte religioni perché abbiamo:
- una presenza cristiana, caratterizzata al suo interno da una divisione tra cristianesimo latino e ortodosso
legata al grande scisma del 1054
46
- comunità ebraiche articolatamente presenti in un quadro in cui queste dovettero confrontarsi già da
allora con il fenomeno dell’antisemitismo/antigiudaismo che si è esacerbato soprattutto sullo sfondo del
contesto della Peste Nera
- comunità musulmana, nella duplice accezione di popolazioni convertite all’islam (anche a causa
dell’espansione Ottomana) e di comunità storicamente già presenti (come la comunità dei Mori, e
Moriscos, in Spagna)
Si ebbe un tentativo di ricomposizione: il Concilio di Firenze (1439-1442), sullo sfondo dell’espansione degli
Ottomani che nel 1453 conquistano Costantinopoli.
Nel momento in cui Lutero diffonde le sue 95 tesi, non si deve pensare ad un Cristianesimo latino che aveva
alle spalle un’esperienza lineare ed assodata alla città di Roma perché non è così. Inoltre all’epoca la
religione, permea la vita delle persone e al contempo fa come una spugna che assorbe le istanze della vita
delle persone.
47
Basso clero
Il basso clero presentava fenomeni di ignoranza diffusa rispetto anche le pratiche di ordinaria
amministrazione, diventata tale con il senno di poi, dopo la crisi della riforma per la gestione delle comunità
nei vari contesti europei. Questo clero veniva criticato nelle fonti dell’epoca perché ignorante e irrispettoso
dei precetti base, quali la regola del celibato. Quasi veniva associato alla sfera del mondo sciamanico,
magico…
Lutero non fu né il primo né l’ultimo a denunciare tale situazione.
Dunque l’occasione della crisi era proprio la vendita di queste Indulgenze: «Secondo la dottrina cattolica, la
remissione innanzi a Dio della pena temporale per peccati già cancellati, per quanto riguarda la colpa, con
la confessione sacramentale; il fedele debitamente disposto e a determinate condizioni l’acquista per
intervento della Chiesa (Cod. iur. can., can. 992). Si tratta dunque di un atto di giurisdizione della
49
Chiesa sui fedeli viventi, per modo di assoluzione (potestà giudiziale); dai fedeli viventi è applicata ai defunti,
sui quali la Chiesa non ha più giurisdizione».
Nei primi secoli del cristianesimo, per la riammissione nella Chiesa dopo alcuni peccati si richiedevano
espiazioni pubbliche a volte lunghissime, pur essendo possibile, per es. nell’imminenza di persecuzioni, che
il vescovo anticipasse la riconciliazione. Via via che il cristianesimo si diffondeva in Europa e non più in
atmosfera di persecuzione, la pratica penitenziale pubblica fu sentita come sempre più grave e umiliante.
S’introdusse perciò, dapprima in Irlanda, l’uso della penitenza ‘tariffata’, imposta al peccatore dal ministro
del sacramento secondo ‘tariffe’ di opere soddisfattorie, proporzionate, per rigore e durata, alle colpe
commesse. Sempre dall’Irlanda si diffuse (8° sec.) la pratica delle redemptiones (o arrea), cioè
commutazioni di opere per cui una penitenza ineseguibile per lunghezza o per circostanze poteva essere
sostituita con digiuni, preghiere e mortificazioni ritenute di uguale valore. Verso la metà dell’11° sec.
apparvero remissioni generali, cioè condoni di un periodo di pena temporale (di giorni o settimane o anni)
applicabili a tutti i fedeli che compissero un pellegrinaggio, dessero particolari elemosine ecc., senza che il
ministro dovesse stabilire per ognuno le condizioni del riscatto della pena. Dalla pratica di queste
remissioni generali si passò a quella dell’i. plenaria, offerta per la prima volta in occasione della crociata
(1095) da Urbano II ed estesa alle mogli dei crociati, ai finanziatori, agli informatori, ai predicatori e poi
non più soltanto ai crociati di Terra Santa, ma anche a quanti combattevano per la fede contro gli eretici o
contro i nemici ‘ghibellini’ della Chiesa. I. plenarie furono altresì accordate a chi visitasse la Porziuncola ad
Assisi o la chiesa aquilana di S. Maria di Collemaggio nell’anniversario dell’incoronazione di Celestino V, e,
particolarmente solenni, per il Giubileo.
Le concessioni di i. si estesero dopo il 1300: oltre le i. papali si ebbero le lettere di i., emanate da uno o da
più vescovi, e attraverso queste si giunse alla facoltà per un confessore di conferire l’i. plenaria in punto di
morte e all’applicazione dell’i. ai defunti, che si ebbe con atti dei pontefici nel 15° secolo. Anche se la
dottrina teologica sull’i. era stata ormai pienamente elaborata, si diffondevano facilmente gli abusi, come
quelli, notissimi, che si ebbero sotto i papi del Rinascimento, in particolare Leone X (1515-17), contro cui
protestò Lutero. Il Concilio di Trento vi mise ordine con il decreto De indulgentiis che riassumeva la dottrina
cattolica e imponeva di usare moderazione e di evitare «ogni turpe lucro»,
Lutero, criticando quindi una pratica molto concreta, e facendolo da un punto di vista interno alla Chiesa
dell’epoca, comincia a mettere in discussione l’autorità della Chiesa-istituzione, e di conseguenza del Papa
stesso, e lo fa con l’intreccio tra una gran competenza teologico-dottrinale e il ricorso a questo metodo
filologico-umanistico dell’esame delle scritture (quello che Lutero propugna e articola è fondato su un
rapporto diretto con le scritture).
Lutero
Chi era Martin Lutero (1483-1546)
Origini famigliari e formazione
Era una persona che intreccia le aspirazioni di una famiglia di discreti mezzi, che
ebbe la fortuna di garantirgli un’educazione/formazione a livello universitario
con poi una presa di coscienza che porta questo giovane a optare per una
formazione di tipo ecclesiastico alla fine diventando monaco agostiniano,
umanista, teologo e grande conoscitore della dottrina.
conseguentemente la collettività di cui il singolo fa parte, riconfigurino il loro rapporto con la dimensione
religiosa smarcandosi dalla Chiesa-istituzione (realtà antica e ormai fatta di consuetudini), la quale parte
dall’assunto che l’uomo immerso nel peccato persegue la strada della salvezza (atto imperscrutabile della
divinità) non attraverso le elemosine, le penitenze e le espiazioni, ma attraverso un grande atto di
ridefinizione della sua relazione con la divinità che passa dall’affidarsi con la fede a Dio, alla lettura delle
Sacre Scritture (nell’ottica di questa relazione asimmetrica), operazione resa possibile grazie alla traduzione
della Bibbia in tedesco. La grande diffusione della riforma è infatti legata anche all’intreccio del fatto che la
Germania era una delle aree, che insieme all’Italia, aveva una fiorente presenza di stamperie (la stampa
segna un passaggio epocale nell’età moderna: letteratura più accessibile alla gente).
Teologia della giustificazione per fede: sola fide + la centralità delle Scritture: sola scriptura
La svalutazione delle opere (tutte le attività con dimensione concreta legate all’economia della Chiesa di
Roma) colpiva in maniera sostanziale l’istituzione ecclesiastica. Secondo questa nuova idea, non era il
pontefice a poter alleggerire la condizione del peccatore, ma è un’interazione tra il peccatore che prende
coscienza e un atto incommensurabile della divinità in un quadro in cui il cristiano dovrebbe incorporare il
Dio nell’uomo. Ciò ha luogo grazie all’esercizio quotidiano della lettura delle Sacre Scritture.
Tornando allo spazio tedesco, la frattura che si delinea dopo la diffusione delle 95 tesi e la posizione
assunta da Lutero, sostenuto politicamente rispetto l’autorità imperiale non ha una ricomposizione: questo
fenomeno irreversibile lascia un segno nella storia dell’Europa moderna perché vuol dire che la Chiesa di
Roma perde una grande quantità di fedeli, perde entrate, e autorità. L’apertura di rotte atlantiche e
subsahariane, infatti, è stata letta in un’ottica di compensazione: L’Europa divisa dalla frattura della riforma
è almeno in parte compensata dalla nascita di queste nuove forme di cristianità nel segno di un’obbedienza
a Roma. Il pensiero va ovviamente alle nuove comunità Amerindiane, ma il quadro si amplierà anche alla
Francia e all’Impero Portoghese.
La frattura è nettamente marcata nell’area tedesca dove gli sforzi di Carlo V portarono ad una
riconciliazione e ad una pace (La Pace di Augusta del 1555) con i Principi protestanti, sebbene dopo una
tenace resistenza da parte di questi ultimi. Questa pace, contro le speranze di Carlo di Asburgo, stabilisce
per il Sacro Romano Impero il principio confessionale fondato sulla libertà dei Principi di scegliere ed
orientare i propri territori o verso il luteranesimo o verso il cristianesimo (con tutto quello che ne
consegue). Perciò questa pace segna la vittoria della lega che si è opposta ai tentativi di restaurazione
dell’unità religiosa proposti tenacemente lungo la vita di Carlo d’Asburgo.
maniera estremamente complessa, ed alimentando delle guerre molto cruente, con le relazioni
internazionali: i Paesi Bassi dipendono dal re spagnolo Filippo II (re cattolico con un disegno di
restaurazione religiosa e controllo delle autonomie di questi territori che metterà rapidamente in crisi i
rapporti tra il giovane Filippo II e i Paesi Bassi), ma sono un territorio ubicato in una situazione strategica
che sta nel mezzo al fermento della diffusione della Riforma (area tedesca, verso la Scandinavia, Francia
limitrofa dove si era diffuso il calvinismo e isole Britanniche).
In Svizzera
Una riforma cittadina
La riforma, in un contesto multiconfessionale come quello Svizzero, vede una presenza importante del
riformatore Zwingli a Zurigo, il quale mette in opera una prassi che ritroveremo in tutte queste figure di
riformatori, cioè una relazione dinamica e dialettica con la proposta luterana con delle prese di posizione
articolazioni dottrinali che marcano una distanza dalla proposta di Lutero. Nel caso di Zwingli, con una
enfasi legata anche al ruolo del cristiano nello spazio cittadino come attore di un’azione che ha una
possibilità di amministrare e riformare anche nella quotidianità, tratto che è possibile riscontrare anche
nella figura dell’umanista francese Calvino.
In Francia
Calvino (1509-1564)
Calvino continuerà sui passi di questa riforma del cristiano inserendo alcune nozioni, che possiamo trovare
già in Lutero, ma che poi rielaborerà in una forma molto più netta. L a sua idea in merito alla visione
dell’uomo prevede:
- la predestinazione: è Dio che sceglie gli eletti, ma il cristiano ha il compito ancora una volta di agire come
se la pratica della vita quotidiana fosse guidata da un sentimento dettato dalla fede (comunque la
predestinazione rimane un qualcosa di imperscrutabile).
- il governo dei “santi”
Il calvinismo, in Francia, nei Paesi Bassi e nel mondo Britannico dove si diffonde, introduce l’idea che di
fronte ad un sovrano tiranno, la comunità ha un diritto di resistenza per cui può disconoscerlo.
Comunque il calvinismo è estremamente significativo perché diventa il grande motore dell’indipendenza
dei Paesi Bassi; si diffonde a livello transnazionale e si intreccia a contesti cittadini, ad ambienti commerciali
diventando uno dei motori dell’espansione europea in materia di Riforma che risponde al presunto
monopolio iberico, garantito a Spagna e Portogallo dalla divisione del mondo di fine ‘400.
L’aspirante al trono di Francia del periodo, Enrico IV, calvinista, rinuncia alla fede tornando al cattolicesimo
ma questa ricomposizione avviene a fronte della promulgazione dell’editto di Nantes (1598): risultato diverso
dalla Pace di Augusta perché riguarda un regno in questo caso, che consente a tutti gli Ugonotti francesi, con
tutta una serie di vincoli di esercitare la loro confessione all’interno del regno. Significativamente, tra gli atti
che configurano l’assolutismo di Luigi XIV (quasi un secolo dopo), c’è l’abolizione dell’editto di Nantes (ancora
una volta nell’età moderna si auspicherebbe ad un’uniformità religiosa per governare nel modo più
efficiente).
Emigrazione dei calvinisti europei nel Nuovo Mondo e nei “Nuovi Mondi”
Il calvinismo è anche protagonista di grandi fenomeni migratori transnazionali: calvinisti europei, britannici
e non solo, che si spostano verso il Nuovo Mondo ad esempio.
Erasmo e la Spagna
Nella penisola iberica dei regni di Spagna e Portogallo, assistiamo alla circolazione di idee che vengono
associate alla riforma (e per la Spagna, anche ad Erasmo da Rotterdam).
Erasmo da Rotterdam era un umanista con la capacità di esercitare un’etica della responsabilità ed un esame
diretto dei testi, nel clima incandescente di quegli anni.
Nel caso della Penisola Iberica, la presenza di persone provenienti dall’area riformata per ragioni commerciali
di mobilità, può suscitare l’interesse/attenzione dell’inquisizione spagnola (tribunale ecclesiastico che
vigilava sull’ortodossia dei cristiani spagnoli, con particolare attenzione a quei “nuovi” cristiani appena
convertiti dall’ebraismo e dall’islam).
La Spagna quindi rimane esterna, da un punto di vista delle sue popolazioni, mentre invece i re di Spagna
(come Filippo II) erano interessatissimi a ribaltare questa frattura e trasformare la restaurazione cattolica
55
dell’Europa in un progetto di egemonia degli Asburgo di Spagna e eventualmente anche, come avverrà nella
Guerra dei trent’anni (inizio ‘600), di sinergia con gli Asburgo d’Austria.
La Riforma Italiana
Nel caso italiano abbiamo un fenomeno importante, però l’Italia comunque rimane legata all’orizzonte
cattolico, innanzitutto da un punto di vista politico e territoriale: a partire dagli anni ’30 del ‘500 e dal in
maniera ancora più netta dall’ascesa di Filippo II (fine anni ’50 del ‘500), L’Italia è sottoposta ad una
preponderanza della Spagna i cui sovrani sono dei ferventi sostenitori della Restaurazione Cattolica. D’altro
canto è fisicamente presente in Italia con un’autorità, e anche un potere territoriale significativo, il pontefice.
Dunque questi due elementi impediscono una diffusione della riforma come fenomeno significativo. Tutto
ciò non toglie comunque che l’Umanesimo Italiano abbia figure e filoni che si aprono anche sulla base di una
preesistente riflessione in relazione alla Riforma della Chiesa all’evangelismo (rapporto diretto con le
scritture, e riflessione individuale di respiro). Alcuni riformatori italiani dovettero anche lasciare l’Italia per
ripararsi all’estero.
Ci furono anche dei fenomeni di tipo sociale più organizzati o comunità/piccoli gruppi con un certo numero
di persone che passano alla riforma e scelgono di lasciare l’Italia anche per andare a rifugiarsi per certi versi
in luoghi più sicuri dato che il rischio che si correva era alto. In Italia quindi abbiamo un fenomeno di
dissimulazione, che poi ritroviamo anche in giro per tutta l’Europa.
All’interno di questo concilio, emerge ancora una volta il primato del pontefice ribadendo il ruolo
fondamentale delle gerarchie considerate come irrinunciabili intermediari tra il fedele/comunità dei cattolici
romani e la sfera del sacro/dimensione divina (mentre per Lutero si parlava di sacerdozio universale).
Quest’intermediazione era necessaria anche per la lettura dei testi sacri che vengono poi presentati in latino.
Le critiche così calzanti di Lutero che si innestavano su preesistenti critiche in merito alla Chiesa come
istituzione portano comunque ad una profonda riorganizzazione della Chiesa Cattolica Romana.
- si recepisce la critica che condannava il cumulo di queste cariche remunerate attribuite ad un singolo
ecclesiastico: quindi si vieta il cumulo di benefici ecclesiastici in teoria
- si recepisce la critica contro l’assenza dei vescovi dalle loro diocesi e si impone la residenza dei vescovi, che
diventano figure chiave di questa riforma della Chiesa di Roma uscita dal Concilio di Trento.
- i vescovi diventano localmente (nelle loro diocesi o arcidiocesi) le figure di raccordo tra la comunità locale,
che può anche essere molto ampia, e l’autorità Romana; inoltre sono tenuti a, da un lato, rendere conto a
Roma delle condizioni delle loro diocesi, e dall’altro a visitare loro stessi le loro diocesi per rendersi conto
delle condizioni e per trasformare le linee della riforma del Cattolicesimo romano in un’azione che garantisca
la miglior organizzazione, la crescita e l’ortodossia delle comunità locali. Tutto ciò fu molto significativo
storicamente per la grande produzione di documenti all’epoca.
- a fronte dell’accusa dell’ignoranza del clero, della sua scarsa conoscenza/dimestichezza con le scritture e
con l’articolazione della liturgia, si punta ad un sistema di formazione di un clero in degli appositi istituti
(seminari). L’obiettivo è di sensibilizzare, disciplinare, quasi di rievangelizzare le popolazioni rimaste
nell’alveo della Chiesa di Roma perché siano obbedienti e scandite nella loro vita quotidiana, oltre che per
contrastare quello che Roma temeva moltissimo, cioè la diffusione di idee riformate (che potevano generare
una resistenza anche politica o movimenti di ribellione sociale ed economica).
- si ridefinisce infatti anche il ruolo dei parroci nelle parrocchie rendendoli più influenti sui cittadini grazie alla
loro formazione esemplare.
Per quanto riguarda la Chiesa di Roma si dà molta attenzione alla pratica della confessione e un’enfasi su
quelli che sono i momenti che scandiscono l’esistenza del fedele da un punto di vista personale (battesimo,
matrimonio se ha luogo, rito della sepoltura), ma anche collettivo (processioni, devozioni, espiazioni,
predicazioni…).
I gesuiti
Un ordine “moderno” al servizio del Papa
Fondazione nel 1540
I grandi promotori di questa globalizzazione o proiezione planetaria del progetto della Chiesa di Roma cheha
dovuto fronteggiare il trauma della riforma sono i Gesuiti. Si parla di un ordine “moderno” perché rientra tra
gli ordini religiosi che vengono fondati sull’onda del trauma della riforma, ci sono tutta una serie di
congregazioni che prendono forma in quegli anni ma quella che più attirò l’attenzione degli storici è quella
dei Gesuiti.
Questa congregazione ha come peculiarità il voto di obbedienza al Pontefice anche se poi i Gesuiti operano
nel mondo iberico dove sono i re di Spagna e Portogallo che si occupano degli affari ecclesiastici, perché
Roma ha delegato loro il compito dell’evangelizzazione dei popoli con cui sono entrati in contatto oltre
all’evangelizzazione delle Chiese nei “Nuovi Mondi”.
Cina e Giappone
I gesuiti sono anche molto attivi lungo le rotte dell’impero portoghese e si fanno promotori di un disegno
europeo di cattolicizzazione del mondo intero.
I gesuiti ebbero, in particolare, interazioni con l’impero cinese, e, soprattutto, con il Giappone in cui una
quota non irrilevante della popolazione è disponibile alla convesrione al cristiansimo. Comunque in entrambi
59
casi abbiamo un enorme impatto nelle opinioni pubbliche nel mondo cattolico che aveva accesso a queste
informazioni e, pure attraverso la mediazione dei religiosi in Europa, anche una diffusione di queste notizie
presso segmenti di pubblico meno aperti al mondo.
Questi contatti con l’Asia sono di grande impatto perché c’è l’idea della diffusione della propria religione
anche a fronte di queste istituzioni politiche portatrici di una tradizione di saperi che avevano agli occhi dei
religiosi stessi una grande antichità e autonomia rispetto all’esistenza europea e il mondo classico. Questi
tentativi comunque in Asia hanno una forza limitata perché nei due contesti c’è un tentativo di tenere ai
margini la penetrazione religiosa, mentre in Europa l’impatto è fortissimo perché i gesuiti diventano fonti di
importantissime informazioni su questi grandi imperi/regni Asiatici.
D’altro canto, il Giappone che inizialmente, con il suo periodo di crisi politica, aveva tenuto le maglie larghe
permettendo l’ingresso dei missionari, di fronte al rischio di una conversione della popolazione, ha assunto
poi una posizione di chiusura che ha portato prima ad una vera e propria forma di persecuzione nei cofronti
dei religiosi cattolici in loco oltre che dei neofiti, e successivamente nel bando dei missionari cattolici e della
presenza degli iberici nell’arcipelago nel corso ddella prima metà del ‘600. È interessante che poi agli iberici
e ai gesuiti si sostituiscano gli olandesi e i protestanti, nei rapporti con il Giappone: si tratta di rapporti
confinati a scambi commerciali, ma gli olandesi vengono accettatti dai giapponesi perché appunto non si
presentano come attori promotori di proselitismo verso le altre religioni/”civiltà”.
La crisi in Francia
Le Guerre di Religione nel secondo ‘500, in Francia, coesistono a questo scontro e giungono alla
promulgazione dell’editto di Nantes che implica una bi-confessionalità all’interno del regno di Francia
generando numerose tensioni nella storia che corre dall’inizio del ‘600, fino all’ascesa e oltre di Luigi XIV, il
quale vede l’autorità monarchica spesso in difficoltà (dovendo quindi ricorrere a figure come quelle di
Richelieu, Mazzarino… per la gestione del potere). Piano piano si cercava di confinare l’autorità degli
ugonotti, fino al 1685, anno dell’abolizione dell’editto di Nantes, evento che provocò un esodo di tutti quelli
che rifiutano di abiurare/professare solo nel loro intimo la loro professione religiosa.
instabilità dello spazio europeo molto a lungo (a causa della posizione geopolitica strategica dei Paesi Bassi).
Al tempo stesso, rompere con la Spagna per i Paesi Bassi settentrionali ha voluto dire anche lanciarsi nei
commerci a largo raggio (attaccare le rotte iberiche contro un’autorità politica e religiosa che ormai non viene
più riconosciuta come tale).
La crisi in Inghilterra
Il fattore religioso diventa sostanziale anche nella storia del ‘600 inglese: c’è l’opposizione ai sovrani Stuart,
che sono anglicani, ma per stile di governo, percepiti come sovrani più accentratori e sospettati di un inghippo
con il cattolicesimo. La relazione cn il Parlamento e con la società inglese si inasprisce anche alla luce del
proliferare di dottrine religiose di tipo riformato.
Finno ad arrivare alla Gloriosa Rivoluzione di fine 1600 in Inghilterra, la cui motivazione è proprio legata al
fantasma di una restaurazione cattolica legata alla nascita di un erede di Giacomo II che porta ad una rottura
dell’ordine e alla scelta di affidare la guida del paese, attraverso una disposizione del Parlamento, ad una
principessa Stuart sposata con Guiglielmo d’Orange e quindi ad inaugurare definitivamente un Regno in cui
cade questo fantasma e si ridefiniscono le relazioni tra autorità monarchica e Parlamento (grazie al Bill of
Rights). Anche a fronte della lunga storia del ‘6600 inglese, viene riconosciita con l’Atto di Tolleranza (1689)
la presenza nella società britannica di una pluralità di altre denominazioni, anche a fronte dell’anglicanesimo,
nonostante ci siano comunque dei vincoli in nome dei quali si possono esercitare o meno le confesioni e viga
una certa discriminazione dei cattolici.
Le Chiese cominciano a subire il controllo delle autorità politiche che ne contengono l’autorità sotto diversi
profili : economico, di influenza sulla popolazione e sulla vocazione internazionale. Questo è per esempio il
caso della crisi, seppure temporanea, che chiude un’epoca durata secoli del grande dinamismo internazionale
dell’ordine dei gesuiti, i quali, nel contesto di una competizione imperiale sempre più definita e concentrata
nello stabilire confini tra l’America spagnola e il Brasile portoghese, si trovano in una posizione di frontiera
tra i due imperi.
Le sue fasi
Le origini del conflitto sono interne al mondo del
Sacro Romano Impero e ai rapporti tra
l’imperatore Asburgo e il mosaico dei poteri
politici divisi dalla frontiera della riforma in un
quadro in cui gli Asburgo d’Austria hanno il
disegno di ristabilire il loro primato attraverso un progetto di restaurazione cattolica che produce una tenace
resistenza nell’ambito dei poteri politici passati invece alla riforma e anche l’intervento di paesi limitrofi che
si sentono minacciati dall’espansione degli Asburgo d’Austria che punta ormai verso l’area del Baltico.
Quindi, la Guerra dei Trent’anni, che è articolata su una pluralità di fasi, vede una prima spinta degli Asburgo
verso l’area Baltica, sostenuti dal 1621 anche dalla Spagna (cugini Asburgo di Spagna). Pertanto questa guerra
può essere vista come una guerra degli Asburgo, in relazione al vasto mondo passato alla riforma, che si
traduce in un conflitto trent’ennale nel fulcro dell’Europa. Tale conflitto produce nell’area tedesca un declino
demografico (in alcune aree particolarmente assorbite dalla guerra di enorme signficato), che ripropone il
rapporto tra guerra ed epidemie, carestie, il quale a fronte di questa espansione inarrestabile degli Asburgo,
produce un fenomeno decisamente significativo in merito alle relazioni internazionali.
- finita questa guerra, dal secondo ‘600, la potenza europea che aspra al primato è la Francia di Luigi XIV, la
quale, attraverso le sue politiche e i suoi sistemi di alleanze, comincia a tenere insieme tutta l’Europa.
Teniamo conto chhe Danimarca e Svezia hanno partecipato alla Guerra dei Trent’anni, hanno cercato di
contenere l’espansione Asburgica verso il Baltico, hanno dovuto cedere a più miti consigli e la morte del Re
di Svezia produce l’intervento Francese, ma tutti questi elementi ci fanno vedere come l’area baltica inizia a
connettersi con tuttti gli altri subsistemi.
- si ha quindi una riorganizzazione all’interno dell S.R.I in cui i poteri territoriali, soprattutto quelli più cospicui
e dinamici, cominciano ad autopercepirsi come dei soggetti largamente autonomi. D’altro canto, gli Asburgo
d’Austria, scottati dalla Guerra dei Trent’anni, cominceranno ad occuparsi in modo più organico con i territori
ereditati riorentando il loro slancio verso una riconquista dei territori occupati dagli ottomani all’inizio
dell’età moderna.
Rivolte e rivoluioni sullo sfondo della crisi europea della prima metà del XVII secolo
È nella cornice della Guerra dei Trent’anni che possiamo inseire una serie di altri importanti fenomeni
europei:
- la crisi dei rapporti tra i primi Stuart e il Parlamento, associata alla prima Rivoluzione Inglese e alle guerre
civili della prima metà del ’600.
- la fine dell’unione delle corone iberiche: prima la ribellione del portogallo che porta alla separazione delle
corone, e poi una grande tensione all’interno dei territori legati alle colonie spagnole ache in relazione alla
Catalogna.
L’esaurimento della dinastia degli Asburgo di Spagna è legato alla figura di Carlo II di Spagna (sovrano che ha
governato la Spagna nel secondo ‘600 senza eredi). La morte o il cambiamento di status dei candidati che di
volta in volta erano stati identificati per prendere il posto di Carlo II d’Asburgo, ha fatto sì che quest’ultimo
affidasse l’eredità spagnola ad un nipote di Luigi XIV (candidato francese).
La garanzia di questo passaggio, per farla accettare a livello europeo, era legata alla promessa di non unire le
due corone, spagnola e francese, nel caso la persona destinata a subentrare come sovrano spagnolo, cioè
Filippo di Borbone, si fsse trovato nelle condizioni di diventare re di Francia. In realtà queste garanzie sono
fragili a causa, una volta trasmesso il titolo a Filippo di Borbone nel primo ‘700, dell’avvicinamento tra la
Spagna, ancora imperiale, e la Francia di Luigi XIV.
Ciò produsse la creazione di una grande coalizione in cui fanno da guida gli olandesi e gli inglesi, ma che
coinvolge una certa pluralità di Stati europei, che alla fine dello svolgimento del conflitto porta ad una
divisione degli enormi territri legati alla Spagna tra due soggetti in Europa (entrambi portatori dei diritti ad
avere un controllo su questi territori). Al candidato francese, Filippo di Borbone, proposto dall’ultimo Asburgo
di Spagna, questa lega anti-francese oppone un Asburgo e quindi la Guerra di Successione diventa una guerra
europea ed anche un conflitto riproposto tra i Borboni francesi, il candidato dei Borbone in Spagna e gli
Asburgo d’Austria (sostenuti dalla coalizione anglo-francese).
65
La guerra produce delle sostanziali trasformazioni geopolitiche sul terreno, le quali vengoono rattificate da
due paci:
la Pace di Utrecht (1713) e la Pace di Rastatt (1714 fra l’Europa e l Mondo.
- La Pace di Utrecht interessa anche il contesto extra-europeo della Spagna e degli oppositori del candidato
francese
- La Pace di Rastatt invece interessa i nuovi assetti in Europa.
Carlo VI d’Asburgo
Gli Asburgo d’Austria, che hanno dovuto rinunciare alle loro aspirazioni sulla corona spagnola, però hanno
avuto come compensazione Paesi Bassi e territori italiani, essendo contestualmente impegnati in questa
politica di espansione verso i territori occupati dagli ottomani.
Dunque, questa nuova Europa si presenta come un nuovo spazio politico caratterizzato da una pluralità di
grandi potenze di natura diversa l’una dall’altra:
- La Gran Bretagna: si distingue certamente da tutte sotto vari punti di vista, in particolare sotto il punto di
vista politico perché con la Glriosa Rivoluzione si instaura una monarchia basata sulla divisione dei poteri in
cui il ruolo della monarchia è contenuto dall’autorità parlamentare, e successivamente, anche un governo di
gabinetto retto da primi ministri che sono anche espressione di orientamenti politici diversificati in relazione
alla gestione delle relazioni internazionali in Europa, dei rapporti imperiali o dei progetti interni ai paesi.
- La Francia: ridimensionata rispetto alle grandi aspirazionidiLuigi XIV, rimane comunque una grande potenza
anche per la sua popolosità, la sua compattezza territoriale.
- Abbiamo gli Asburgo d’Austria che si stanno proiettando sull’area italiana e che sono impegnati in questa
espansione verso sud est.
- La Prussia si è anche distinta come un grande ed importante attore europeo, proprio durante gli anni della
Guerra di Successione Spagnola.
Il declino della Svezia e l’ascesa (e “occidentalizzazione”, sul piano geopolitico) della Russia
In un altro dei subsistemi del continente europeo era in corso il conflitto noto come Seconda Grande Guerra
del Nord, che contrappone alla Svezia una serie di oppositori tra cui il più tenace ed orientato a conseguire
un risultato di contenimento dell’egemonia sul Baltico della Svezia è senz’altro la Russia di Pietro il Grande.
Questo è un evento epocale per la storia del sistema di stati europei perché questo lungo conflitto alla fine è
vinto dalla Russia, che si garantisce un accesso stabile e significativo al Baltico proiettandosi verso occidente.
Il suo impero alla fine del ‘600 si è esteso via terra con una progressione inarrestabile, è arrivato al Pacifico,
a pesare sull’Europa occidentale in un’ottica di saldatura di questi subsistemi attraverso la fondazione di una
nuova città costruita secondo i modelli e i progetti architettonici di città europee tipo Amsterdam, Venezia:
San Pietroburgo, la quale anche grazie ad artisti è stata trasformata in un centro di straordinario rilievo nella
storia euroepa del 1700.
La Russia, di natura imponente ed imperiale, con il grande progetto di occidentalizzazione anche da un punto
di vista politico ha aperto una tensione all’interno del Mondo Russo di lungo periodo certamente, ma l’eveto
di maggiore spessore è comunque l’avvicinamento al mondo occidentale nell’ambito della Grande Guerra
del Nord.
Teniamo anche presente che un secolo dopo Napoleone farà anche una grande campagna in Russia.
La successione polacca pone nella storia del XVIII un problema: il re di Polonia è un re che viene eletto dalla
dieta dei nobili polacchi e, che a fronte della sistuazione geopolitica che abbiamo descritto con la fine della
Guerra del Nord, trasforma i passaggi dinastici in grandi crisi internazionali, in cui cominciano ad avere un
rilievo i vicini della Polonia che vogliono sostenere un loro candidato a loro favorevole.
Questa guerra ai nostri fini è importante perché produce un perfezionamento nella ridistribuzione dei
territori nell’area italiana. Alla fine del conflitto, in Polonia scende un candidato legato all’area tedesca (e
quindi il disegno francese di sostenere un candidato polacco viene meno), ma, di converso, i Borbone
ottengono dei riconoscimenti nell’area italiana: questione del regno di Napoli e del figlio del re di Spagna
(guardo meglio sul libro a cosa ci si sta riferendo).
Ciò significa che non c’è più il controllo diretto dei territori che ha caratterizzato la prima età moderna.
- abbiamo i portoghesi in Brasile: dopo la fine dell’unione delle corone hanno riorientato le loro energie verso
il Brasile (dove è stato scoperto l’oro attorno alla fine del ‘600) ed è un impero in espansione enorme ma
compatto territorialmente (al contrario degli spagnoli).
- abbiamo gli inglesi che dall’inizio dell’età Stuart (e quindi in ritardo rispetto agli iberici) hanno iniziato ad
insediarsi lungo le coste atlantiche degli attuali Stati Uniti (East Coast) gradualemnte, con un’autorizzazione
regia come sfondo. C’erano gli Stuart che autorizzavano compagnie e gruppi a partire lasciando loro il
compito di instaurarsi ed organizzarsi nei territori di destinazione. Le motivazioni che hanno spinto alla
formazione delle 13 colonie, che poi lottarono per l’indipendenza nel 1776, richiamano la storia d’Europa:
1- trovare nuovi “Messici” e nuovi “Perù”
2- aprire reti commerciali con un entro terra che si immagina sia non lontano dall’Asia
3- aprire colonie commerciali: primo insediamento stabile a James Town nel 1607
4- fondare colonie legate alla dissidenza religiosa nell’ottica di costruire nuove società in linea con gli
allineamenti dottrinali di questo mondo passato alla riforma
5- donare territori a dei protetti da parte dei sovrani inglesi.
Gli inglesi avevano come obiettivo quello di raggiungere anche la Baia di Hudsone nell’ottica di trovare un
accesso occidentale a Nord Ovest verso l’Asia.
68
- abbiamo inoltre anche una presenza francese: i francesi avevano esplorato le coste del Nord America tra
‘400-500, ma gli insediamenti stabili si registrano a partire dal ‘600. Abbiamo una penetrazione lungo l’area
del fiume San Lorenzo dove si fonda il Quebec francofono (colonia storica francese), le cui città nel Nord
America sono tra le più antiche. Tra ‘600 e ‘700, i francesi hanno continuato ad espandersi anche
nell’entroterra Americano attraverso la costruzione di piste e di rapporti con le popolazioni native (con
l’iniziale scopo di procurarsi pellicce e di stabilire rapporti politici e commerciali con le popolazioni native).
Questo porta i francesi a delle campagne di esplorazione che li conducono a rivendicare il controllo di un’area
dell’entroterra americano che arriva fino al golfo del Messico dove alla fine del ‘700 viene fondata la città di
Nuovelle Orléans. Questi territori verranno puntualmente coinvolti nelle dispute internazionali europee
perché sono percepiti come delle importanti proiezioni di potenza, presenza demografica ed economica in
un’ottica che replica in qualche maniera la concorrenzache caratterizza le relazioni internazionali nello spazio
euroepeo.
Questo processo delle riforme attraversa i diversi paesi d’Europa e al testo stesso si riverbera anche a realtà
territoriali più piccole delinando degli svolgimenti, che troveranno la loro concretizzazione nella Rivoluzione
Francese, in rapporto tra questo slancio modernizzatore e il suo impatto sulle strutture delle società
dell’Antico Regime europeo ed extra europeo (ambiscono a riorganizzare anche gli imperi coloniali).
La Prussia
Un regno “macchina da guerra”
La Prussia si fa le ossa in Europa come un vero e proprio regno “macchina da guerra”, nel senso che è una
struttura che ha nella promozione dei propri obiettivi geopolitici e militari un aspetto fondante di un progetto
che coniuga l’esercizio della guerra e un disciplinamento profondo delle società anche ad un progetto di
modernizzazione del regno fortemente favorito dal chiamare in Prussia anche esperti provenienti da altri
contesti europei.
I teatri extraeuropei
Nord America
Tra America e Francia c’erano molti
contenziosi aperti nei teatri extra-
europei, per questo l’Inghilterra si pone
assieme alla Prussia in un conflitto
contro l’esagono. Ecco dunque che una
guerra che in Europa si conclude con un
ritorno allo status precedente (la Prussia
conserva il territorio della Slesia), al di
fuori dell’Europa lo scntro tra Inglesi e
Francesi produce degli esiti significativi
per l’alterazione dell’equilobrio nei
territori Americani (il Nord America) e
nelle aree extraeuropee contese tra
Francia ed Inghilterra.
La Guerra dei Sette Anni vede lo scontro tra i coloni britannici e quelli francesi (con anche Inglesi e Francesi
più largamente intesi) in America, con il paradosso di colonie costiere molto popolose (colonie
angloamericani lungo l’east coast) che bramerebbero ad espandersi verso l’entroterra dove però all’epoca
era presente l’impero francese più dilatato. Il conflitto tra inglesi e francesi, perciò, era all’ordine del giorno
in quest’area Nord Americana.
70
L’Inghilterra non tarderà, come vedremo, a sovvertire i rapporti tra Londra, il sovrano, il parlamento inglese
e i coloni americani, i quali hanno altre abitudini/speranze ed obiettivi: tutto ciò portò alla costruzione di una
resistenza, da parte di alcuni coloni, alle riforme delle relazioni imperiali nell’arco di 13 anni, che porta alla
dichiarazione di indipendenza. Quindi la Guerra dei Sette Anni segnerà un po’ sia l’apogeo che il declino
dell’imponenza coloniale britannica.
India
La Guerra dei Sette Anni impatta anche in altre aree del mondo, sempre in un’ottica di ascesa e vittoria della
Gran Bretagna.
La Francia subisce degli esiti infausti anche nel subcontinente indiano. L’ambiente è importante perché già
all’inizio dell’epoca dei viaggi e delle esplorazioni europee nel mondo, Colombo, agli occhi dei
contemporanei, non tarda ad essere sovravanzato dall’apertura della Rotta del Capo: i portoghesi avevano
aperto questo sistema di rotte che puntava prima all’India per poi spingersi ad arrivare in Cina e Giappone
prendendo contatto con questi imperi asiatici.
L’area del subsontinente indiano, all’epoca retta da una struttura imperiale grande, è stata una destinazione
appetitissima in primo luogo dei portoghesi (che hanno anche costruito un’enclave territoriale affacciata sul
grande braccio del Mare Arabico: città di Goa) e poi di olandesi, inglesi e francesi. Questi ultimi hanno cercato
di penetrare nell’area indiana in modo diverso dagli iberici: con delle “compagnie mercantili” che si sono
guadagnate uno spazio proprio nell’area del subcontinente indiano.
La “compagnia delle Indie orientali britannica” e la “compagnia francese” cominciano ad opporsi in maniera
sempre più pugnace a partire dal ‘600-700 interferendo anche con le faccende politiche e militari del
subcontinente indiano stesso entrandone addirttura a farne parte.
La Guerra dei Sette Anni è anche detta Mondiale perché appunto segna la resa dei conti tra queste due
compagnie nel subcontinente indiano che va a favore, ancora una volta della Gran Bretagna, la cui compagnia
si afferma come l’attore commerciale, politico e diplomatico europeo accreditato ad interagire con i poteri
del subcontinente confinando e ridimensionando il senso della presenza francese in loco.
Questi eventi avvengono proprio quando si schiude l’orizzonte della rivoluzione industriale in inghilterra.
71
efficiente), nel caso del gigantesco impero spagnolo abbiamo una realtà di grandi regioni tenute però distanti
le une dalle altre (anche da enormi ostacoli naturali) e dall’affaccio su due oceani. Anche se pure l’America
spagnola si renderà indipendente più avanti, sullo sfondo dell’internazionalizzazione della Rivoluzione
Francese.
Per trattare dell’impero ottomano bisogna fare un lungo salto indietro dal ‘500 di Carlo V al ‘200. È proprio
in quest’epoca che gli ottomani iniziano ad essere registrati dalla storia: erano parte di una tribù nomade
dell’Asia centrale che durante il medioevo escono da quell’area verso l’ovest, alcuni prendono la direzione
nord mentre altri quella a sud: gli ottomani a cui noi ci riferiamo prendono quella a sud. Verso la metà del
XIII secolo fanno la loro comparsa in Anatolia, l’attuale Turchia, che all’epoca era un campo di battaglia perché
ancora si fronteggiavano due potenze regionali di riferimento: l’Impero Bizantino e i Turchi Selgiuchili
(un’altra popolazione seminomade che prima degli Ottomani era arrivata in loco). Gli ottomani tra queste
due potenze cominciano ad inserirsi come mercenari, quindi combattono per il migliore offerente tra i due;
in questa fase sono però ancora religiosamente neutrali (animisti), scelgono però ben presto il campo
dell’Islam.
Poco a poco questa tribù di mercenari, questo esercito mobile, basato ancora sulla cavalleria (come tutte le
tribù nomadi), comincia a conquistarsi una base territoriale (oltre ad essere pagati in denaro contante ad un
certo punto ricevono anche territori da amministrare) e il primo territorio ottomano è una regione a sud di
Costantinopoli attorno alla città di Bursa. Siamo alla fine del ‘200, guerra dopo guerra e ampliamento dopo
ampliamento, l’impero ottomano diventa una delle potenze regionali dell’area Anatolica.
Murad I
La prima figura alla quale si può abbinare una specie di salto di qualità è quella del sultano Murad I (1362-
1389), uno dei primi che si fa chiamare proprio “sultano” (inizialmente il titolo più alto per gli ottomani era
“bei” = signore), titolo assolutamente più prestigioso. Con Murad I siamo nella seconda metà del ‘300; sotto
questo sultano, l’impero, dalla
zona di Bursa, si erano espanso a
tutta l’Anatolia nord occidentale,
arrivando anche in Europa.
Quindi per la prima volta nel
‘300, gli ottomani attraversano il
mare e mettono piede in Europa
conquistando dei territori
europei. L’impero Bizantino
esiste ancora anche se è l’ombra
di se stesso, sempre più ridotto a
una parte della Grecia, alla costa
settentrionale del Mar nero e alla
città di Costantinopoli.
74
È sotto il regno di Murad I che si afferma la pratica del “devsirme” e fa la sua comparsa il corpo dei giannizzeri
(due pilastri attorno cui verrà costruita la potenza ottomana almeno fino al ‘700 inoltrato):
devsirne: erano una serie di recquisizioni di schiavi attuate nei territori cristiani perché un musulmano
non può prendere un altro musulmano come schivo, e il bacino in cui queste recquisizioni forzate
venivano attuate era l’area dei Balcani. Questa istituzione è particolare perché questi schiavi venivano
introdotti in due carriere differenti:
- Militare: per quelli più giovani e forti
- Civile: per quelli con doti intellettuali più spiccate
Il devsirne implicava sia la recquisizione di uomini che di donne, le quali non avevano la possibilità di
essere inserite in questi due tipi di carriera, ma venivano introdotte nell’Arem (non aveva solo la funzione
di dare al sultano concubine, mogli e servitù; ma era anche una sorta di accademia di eccellenza in cui le
ragazze venivano fornite di un’educazione che nel resto dell’impero non era consentita (né a donne, ma
nemmeno alla stra grande maggior parte degli uomini). Con il tempo (in particolare nel ‘500), le più
fortunate/scaltre/ambiziose di queste ragazze, le favorite dal sultano, a cui davano anche un figlio/erede,
acquisirono un potere davvero importante anche nelle questioni politiche dell’impero (all’epoca di
Soleimano (‘500-600) si parlerà infatti di “sultanato delle donne”).
Come le ragazze venivano istruite, anche i ragazzi venivano istruiti, quelli che venivano introdotti alla
carriera Civile, e avvicinati alla burocrazia fino ad arrivare a livelli di influenza molto molto elevati. Di fatto
si può dire che tutta la “burocrazia” ottomana (funzionari che mandavano avanti l’impero sia nella grande
capitale che nelle capitali regionali dell’impero) veniva proprio da questi schiavi (schiavi perché dovevano
seguire la volontà del sultano, ma dal punto di vista dell’influenza erano molto più importanti di alcuni
membri dell’aristocrazia guerriera turca).
Gli schiavi che venivano iniziati alla carriera militare invece venivano introdotti al corpo dei “giannizzeri”,
ovvero un corpo di élites che toglieva il sonno ad una buona metà dei sovrani europei e ai nemici degli
ottomini. Questi giannizzeri erano un gruppo (fino alla prima metà dell’500 almeno) molto solido e
fedele.
In Europa in quel periodo non esisteva ancora un’organizzazione militare stabile e professionale come
potremmo intenderla al giorno d’oggi: i sovrani disponevano di forze militare relativamente esigue e
quando dovevano guerreggiare si servivano di mercenari all’interno dei loro stati o dall’esterno (le
compagnie di ventura), ma anche dell’appoggio di grandi nobili feudatari che ponevano le loro forze a
servizio del re. La stessa cosa succedeva anche tra gli ottomani in parte, ma la forza dei giannizzeri, che
era una forza permanente e numericamente sviluppata (migliaia e migliaia di soldati), proteggeva in ogni
momento il sultano in tempo di pace e lo seguiva in tempo di guerra.
Un’altra partcolarità del corpo dei giannizzeri era l’armamento: erano dotati di armi da fuoco che
rappresentavano, dal punto di vista tecnologico, l’orrizzonte più lontano a cui si potesse guardare in quel
momento. Come gruppo armato, assomigliavano un po’ al corpo dei pretoriani (soldati che erano alle
dirette dipendenze del volere dell’imperatore romano): come i pretoriani,a partire dal terzo secolo,
cominciarono anche ad avere un peso politico essendo così vicini all’imperatore, la stessa cosa succederà
con il tempo ai giannizzeri che a partire dal ‘600 diventeranno una forza di reazione e di ostacolo alla
politica autonoma dei sultani.
realtà subiscono una sconfitta clamorosa nella battaglia di Ankara. Tale sconfitta viene coronata anche dalla
cattura del sultano da parte di Tamerlano. L’impero di Tamerlano fu effimero in realtà perché dopo la sua
morte, questo impero si sfascerà, e questa battuta d’arresto ottomana parimenti sarà effimera perché
nonostante dopo la cattura e morte di Bayezid I (sultano che presenziana durante la Battaglia di Ankara), ci
sarà una sorta di guerra civile tra i suoi successori/figli per la conquista del trono.
Una volta conclusa questa fase, gli ottomani riprenderanno dal punto in cui erano rimasti.
Costantinopoli
Si ha in questi decenni un’obiettivo principale: Costantinopoli. Prendere la città dallo scarso impero bizantino
che vi era rimasto attorno nel ‘400, rappresentava un’obiettivo per due ragioni:
- ragione di tipo strategico: Costantinopoli si trovava in mezzo al territorio ottomano ed era evidente che non
poteva essere tollerata a lungo una potenza indipendente al centro dei loro possedimenti. È vero che da molti
anni, gli imperatori bizantini si erano piegati per forza di cose a pagare un tributo ai sultani, ma questo non
bastava.
- la seconda ragione era che Costantinopoli Impero Romano, e gli ottomani, in quanto potenza ambiziosa,
mettono gli occhia anche su questa eredità dell’impero bizantino che ne era gestore in prima persona. Gli
ottomani vogliono prendere il posto dell’Impero Romano e vogliono essi stessi diventare un impero di nome,
oltre che di fatto.
Costantinopoli aveva una storia di assedi da parte delle varie potenze islamiche lunga secoli, non era la prima
volta che Costantinopoli cadesse sotto le mani dell’Islam e lo stesso padre di Maometto II aveva tentato
un’assedio di Costantinopoli fallendo però.
Oltre alla conquista di Costantinopoli, Maometto II si impegna in una politica di espansione che porta l’impero
ottomano a diventare virtualmente padrone dei Balcani, di buona parte dell’Anatolia e del Mar Nero perché
nella zona della Crimea, anche se non si ha una conquista diretta, i clan tatari locali rimasti, come tante altre
potenze di confine, fanno atto di vassallaggio nei confronti del sultano di Costantinopoli. Queste lotte di
Maometto II vengono combattute a spese un po’ dei regni Balcanici (Serbia, Bulgaria...) un po’, ma meno, a
spese dei potentati Anatolici e molto di più a spese di Venezia. Venezia era stata nel medioevo una delle
grandi potenze di riferimento dell’Europa cristiana e aveva degli interessi notevoli in quello che diventerà
l’Egeo degli Ottomani perché buona parte della Grecia era sotto l’influenza veneziana e anche genova aveva
molte colonie nel mar Nero oltre che nell’Egeo. Poi questi territori di Genova e di Venezia vengono
conquistati dagli ottomani e devono quindi sottomettersi all’impero ottomano con grande
ridimensionamento sia di Genova che di Venezia a livello di influenza politica nella regione.
Nel caso della morte di Maometto II, i due figli che si disputano la successione erano:
- Cem (1459-1495), primogenito e favorito dal padre
- Bayezid II (1447-1512)
La guerra di successione non va bene per Cem, che viene sconfitto a più riprese e deve lasciare il trono a
Bayazid.
Inizialmente, appena dopo la morte del padre c’era stata una prima battaglia tra i due. Dal suo governatorato
di Konya, Cem aveva marciato su Istanbul per prendere il trono ma ci era arrivato prima Bayezid, che godeva
del supporto dell’esercito e dei giannizzeri, i quali occupano la capitale e lo proclamano sultano. Cem allora
viene allora sconfitto militarmente dalle truppe di suo fratello, fugge e si rifugia nell’Egitto dei Mamelucchi.
I Mamelucchi erano molto contenti di avere Cem alla loro mercé perché avere il pretendente al trono del tuo
vicino più potente è una cosa su cui si può giovcare con molta proficuità, però non avevano davvero
77
intenzione di impegnarsi in una guerra all’ultimo sangue contro gli ottomani: avrebbero preferito tenerlo più
come spauracchio.
Invece Cem aveva una certa ambizione: dopo aver lasciato i mamelucchi torna di nuovo all’impero, raccoglie
un altro esercito e viene sconfitto nuovamente. Dopo quest’ulteriore sconfitta comincia una sua
pregrinazione da esule non più in territorio islamico mamelucco, ma europeo. Si rifugia dapprima presso i
Cavalieri di Rodi, proprietari dell’omonima isola, gli altri nemici di suo fratello e degli ottomani. Questi erano
gli ex Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni (ordine militare risalente all’epoca delle crociate), i quali dopo la
cacciata da San Giovanni d’Acri, avevano trovato una sede nell’isola di Rodi. Rodi verrà conquistata
dall’ottomano Solimano il magnifico nel 1521, sarà la sua prima conquista, e ciò costringerà i Cavalieri a
spostarsi nuovamente, questa volta verso Malta. Rimarranno a Malta fino all’epoca napoleonica, ma quando
Malta fu occupata dagli inglesi, si trasferirono a Roma, dove sono tutt’ora e dove stanno in quanto Stato
semi-sovrano (Sovrano Ordine Militare di Malta) non avendo più un ruolo militare, ma esercitando attività di
beneficenza ad alto livelllo.
All’epoca erano invece una spina nel fianco degli ottomani perché erano in mezzo ai loro possedimenti,
avevano una flotta attiva, ricevevano aiuti da tutta l’Europa e assorbivano membri da tutte le potenze
europee dedicandosi in particolare ad attività di pirateriaa nei confronti della navigazione ottomana nell’area
dell’Egeo.
Cem trova rifugio presso di loro ma, le peripezie di questo principe non finiranno qui perché verrà trasferito
in francia e il re di Francia lo cederà a sua volta al Papa (per questo lo troviamo a Roma). Tutto ciò fino a
quando Carlo VIII scenderà in Italia e manderà di nuovo Cem alla corte Francese fino alla sua morte nel 1495.
Questo interesse per avere Cem a propria disposizione era dovuto sia al fatto che rappresentava un possibile
mezzo di pressione per Bayezid II (sultano in carica), sia al fatto che Bayezid stesso, in cambio della promessa
di non far tornare Cem nell’impero ottomano, pagava una cifra stratoferica agli europei per le sue necessità
(era una sorta di introito che i protettori di Cem avevano a disposizione).
Anche per questo motivo, per il fatto che Bayezid doveva sempre guardarsi dalla minaccia latente del fratello,
il suo non è un regno di grandi conquiste, ma preferisce non cimentarsi in grandi campagne di espansione.
In ogni caso, in questi anni in cui Selim rimane come governatore di Trebisonda (25 anni), riesce a costruirsi
nella città una base di potere di tutto rispetto. Questa base di potere si basa su un approccio costruttivo con
le élites economiche locali:
- quella mercantile (Trebisonda era un’importante città sulla via della Seta, era uno dei terminali attraverso
cui le ricchezze dell’Asia prendevano il mare e arrivavano in Europa. Tutto questo grande volume di merci
veniva tassato e consisteva in uno degli introiti maggiori di cui il governatorato ottomano poteva disporre,
78
tra l’altro avere le chiavi di questo flusso era uno strumento di pressione molto importante per i turchi che
avrebbero potuto tranquillamente chiudere il rubinetto dei commerci con Venezia con degli effetti dannosi).
- quella dei proprietari terrieri (composta sia dai greci locali che dai trimarioti, ovvero gli ex soldati ottomani
che avevano lasciato il servizio attivo. Questi venivano ricompensati con un timar, cioè un’appezzamento di
terreno con un diritto di sfruttamento dei suoi contadini associati.).
Oltre alle élites economiche locali, Selim si preoccupa anche di costruirsi una forza militare, la quale mette
insieme inglobando nel governo ottomano delle forze che, fino a quel momento, erano state fonte di
turbolenza: delle tribù o delle entità semi-tribali come Curdi e Karamanidi (centri di poeter etnici che avevano
il controllo del territorio o lo disputavano agli ottomani nell’Anatolia sud-orientale), da sempre considerati
come reietti e nemici pericolosi.
Selim cambia atteggiamento nei confronti di queste forze e le riesce ad inglobare in un sistema che a lui fa
riferimento, sostanzialmente li assolda come mercenari e dà loro trattamenti favorevoli da un punto di vista
fiscale, terriario/fondario (distribuzione delle terre).
Questo atteggiamento è in stridente contrasto con un altro aspetto del carattere e della politica di Selim che
sarà alla base della crisi che lo porterà al trono: a differenza dei suoi predecessori, lui non salirà al trono dopo
la morte del padre e dopo la guerra civile, ma sarà lui stesso a provocare questa guerra costringendo suo
padre all’abdicazione.
In realtà il favorito del sultano era un altro figlio, il primogenito Ahmet, con cui Bayezid aveva un legame
molto stretto: aveva fatto in modo che fosse sempre coinvolto negli affari di governo, che fosse apprezzato
dalle élites di palazzo e che instaurasse dei buoni rapporti con queste per favorire la sua ascesa al trono. Si
spargono anche voci secondo cui Bayezid sarebbe lui stesso disposto in prima persona ad abdicare in favore
di Ahmet. Questi fatti si trasformano in un motivo di contesa tra il Sultano e i suoi figli che porterà allo scoppio
della Guerra Civile.
linea di estremo rigore e fermezza: Selim pensa che con i safavidi pensa che si debba usare il pugno di ferro
e che si debba concentrare tutte le forze dell’impero contro questa minaccia proveniente da oriente.
Il padre di Selim ha invece tutt’altra impostazione: è più preoccupato dalle minacce che vengono dai paesi
meridionali o europei d’occidente, dai Balcani, da Venezia e dai mamelucchi piusstosto che da quelle di
questo impero appena nato.
Il problema è che però, avendo questa doppia natura politica e religiosa, l’impero safavide si può considerare
anche una minaccia interna perché nelle stesse frontiere dell’impero ottomano esistevano larghissime
minoranze sciite sparse un po’ dovunque: una di queste minoranze farà scoppiare nel 1510 una rivolta
nell’area di Manisa, dove era governatore Korkut (fratello di Selim). Il capo di questa rivolta si chiamava
Sahkulu (in turco significa “Schiavo dello Scià”), capo ribelle che dà il via ad una ribellione che costerà
parecchia fatica ed umiliazioni all’impero ottomano per essere sedata. Verrà mandato un primo esercito per
sedare la ribellione che verrà sconfitto, poi un secondo esercito comandato dal Gran Visir (primo ministro del
sultano) con cui si riuscirà nell’intento, a costo però di gravissime perdite (tra cui quella del Gran Visir). Il
sultano riesce quindi a mettere ordine nel proprio impero però la minaccia politico-religiosa degli sciiti
diventa evidente assieme al fatto che l’establishment costituito da Bayezid e dal figlio Ahmet non sembra in
grado di dare risposte convincenti al problema che si pone, ma che sia Selim a sapere come mettere le cose
a posto.
Sulla scia di questa ribellione Selim decide di prendere l’iniziativa e comincia piazzando in crimea suo figlio
Solimano come governatore: governatorato di facciata perché il vero potere era detenuto dalla famiglia Giray
(capi tatari della regione). Questo legame tra Selim, Solimano e la Crimea costituisce un passo verso la
conquista del trono perché Ahmet, fratello rivale pericoloso, tenta di portare dalla sua i tatari della Crimea
mandando degli emissari che parlano con il figlio primogenito dei Giray (Mehmed) promettendo
l’indipendenza totale della Crimea se i tatari cosegnerano a lui Selim e Solimano. Invece il padre Mengli, Khan,
si accorge di questa manovra, sventa la macchinazione e si conquista in questo modo la riconoscenza di Selim.
Quindi tra la Crimea ed il futuro sultano si stabilisce un vincolo molto forte (diciamo anche che la madre di
Solimano, era la figlia del Khan della Crimea).
vittovagliamento e munizioni lungo il cammino: c’erano malattie, le diserzioni e quindi una volta rrivati
lontani dai confini l’esercito con cui si era partiti era molto diverso da quello con cui si arrivava.
L’impero safavide durerà ancora un paio di secoli e verrà poi sostituito alla metà del ‘700 rappresentando
una minaccia sia politica che religiosa per l’impero ottomano, però non sarà mai più in grado di contestare
veramente la supremazia ottomana sul mondo musulmano.
- Nel 1516-1517 si ha la seconda grande campagna di Selim contro i mamelucchi.
Questa costruzione gigantesca Selim la lascia proprio sul più bello, all’età di 40 anni quando muore lasciando
il trono a Solimano, figlio unico, il quale si incaricherà sia di consolidare le conquiste paterne che di proseguire
sull’esempio di Selim ampliando ulteriormente il raggio dell’impero ottomano.
Solimano sarà molto più impegnato in una politica di espansione verso occidente rispetto al padre,
ovviamente ai danni di Venezia, dell’Ungheria e dell’impero asburgico, il quale troverà proprio in Soleimano
uno dei contraltari più duri da affrontare in tutta la sua storia.
Soleimano era anche detto “Il Magnifico”, oltre a “il Legislatore”, già nel 1511 era governatore di Caffa e nel
1512 di Manisa.
81
Le spezie e i cristiani
Quando i portoghesi arrivano a Calicut, nell’India sud occidentale nel 1498, la leggenda narra che trovarono
dei mercanti arabi che chiedono loro “che cosa ci fate qui?” in tutte le lingue della comunicazione dell’età
moderna (tra cui anche l’italiano che all’epoca era lingua di comunicazione e scambio culturale). I portoghesi
rispondono “cerchiamo cristiani e spezie”, questa è la motivazione principale che viene data per giustificare
i viaggi portoghesi in Asia ed effettivamente ha anche un po’ di verità.
- Le spezie erano il corebusiness del commercio internazionale dall’epoca dell’impero romano (pepe e tutte
le altre spezie, anche quelle più preziose/esotiche) che arrivaavno tutte dall’India e dal sud-est asiatico.
Queste spezie erano molto ricercate in Europa per una questione di status symbol della ricchezza delle élites
dell’epoca, usate per codire i banchetti dei grandi pranzi (alcune spezie costavano anche più dell’oro).
- Quella dei cristiani è una questione molto complessa che riguarda le rivalità religiosa e politica tra l’Europa
cristiana e il vicino medio-oriente islamico fra medioevo ed età moderna, oltre alle vicende iberiche della
Reconquista. La leggenda voleva che in Asia esistesse un fantomatico principe cristiano che attendeva con
ansia i principi cristiani europei per allearsi in una lotta contro l’islam: la leggenda del Prete Gianni.
82
L’India
Per arrivare sull’India nel momento in cui
giungono anche i portoghesi, l’impero Mogol
ancora non esisteva. Le entità politiche principali
dell’India tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500
erano, a partire da nord:
- il sultanato di Delhi: uno stato musulmano di
lunag tradizione che esisteva già da circa 300
anni che era governato dall’ultima dinastia dei
Lodi (l’ultimo sovrano è stato proprio Ibrāhīm
Lōdī, di una dinastia afghana sciita).
- regno di Vijayanagar (all’estremo sud): ultimo
grande regno indu della storia dell’India
moderna
- una serie di principati minori, sebbene molto
estesi, nella parte centrale, musulmani
prevalentemente (sia sunniti che sciiti).
Ma il momento storico in cui il subcontinente indiano è stato più unito è stato nell’epoca di dominio
britannico, sotto il raj (che in indiano vuol dire “regno intero”) britannico dal 1858 al 1947 quando nascono
L’India e il Pakistan odierni.
Quindi nella sua storia pluri-millenaria, l’India è sempre stata un insieme di stati divisi che sono in relazione
(culturale, commerciale…) pacifica o meno tra loro, in un contesto dinamico e in cui l’india unita è di fatto un
mito/una costruzione orientalistica occidentale.
Nel ‘500, gli imperi più forti del continente euro-asiatico erano quelli asiatici e la super potenza del
mediterraneo era l’impero ottomano (non la Spagna o l’Inghilterra…), il quale rivaleggiava con gli altri imperi
asiatici: la Persia (che si stava strutturando in quel periodo), l’impero Mogol e l’impero Cinese. Quindi il ‘500
è un secolo in cui nel continente euro-asiatico, le potenze europee sono potenze secondarie dal punto di
vista tecnologico, militare e anche economico. La conquista dell’sia pericò, che si realizza nel XIX secolo da
84
parte delle potenze europee, nel ‘500 era imprevista, imprevedibile e non pronosticabile nella maniera più
assoluta (sia per quanto riguarda l’Asia occidentale che quella meridionale ed orientale).
La Cina ricorda il periodo tra ‘700 e ‘800, in cui si ebbe la grande inversione degli equilibri, come l’avvio di un
periodo associato alla vergogna (sentimento di esser stati costretti a sottoporsi alle grandi reti globali).
I portoghesi si inseriscono all’interno delle reti commerciali afroasiatiche che fanno centro sull’oceano
Indiano, e che poi in realtà procedono lungo i mari dell’estremo oriente, in un’ottica in cui, rispetto
all’esperienza del mondo atlantico, si inseriscono coniugando guerra, diplomazia, solidarietà ed antagonismi
in una rete di circuiti commerciali preesistenti all’interno dei quali hanno un ruolo sostanziale i mercanti
musulmani in cui la religione tiene insieme persone dalle provenienze etniche molto variegate.
Quindi i portoghesi si inseriscono in una rete commerciale già avviata e molto sviluppata di commerci
interasiatici e ne diventano co protagonisti e non dominatori assoluti. Quelli che i portoghesi dominano per
una cinquantina d’anni sono solo i commerci dall’Asia meridionale all’Europa delle spezie (non avevano il
dominio totale dei commerci). La conquista di Malacca era stata fondamentale perché si trattava di un porto
di collegamento importantissimo tra l’Asia orientale e quella meridionale (i portoghesi avevano il vantaggio
di avere le navi migliori dell’epoca però la loro presenza era numericamente molto limitata e la concorrenza
agguerrita: stati Indiani, la Cina, gli stati del sud-est asiatico, la Persia, gli Arabi e gli ottomani che non
vedevano di buon occhio la presenza portoghese nell’oceano Indiano occidentale…)
Impero Mogol
Mogol è il termine italiano, e lo possiamo trovare traslitterato in molte altre varianti linguistiche tra cui
“Timuridi” che deriva dal nome del fondatore di questo impero: Babur (1483-1530), nome che di per sé
significa -tigre-, il quale secondo la leggenda era discendente di Tamerlano che in persiano si dice timur
(timuridi = discendenti di Tamerlano).
Dunque i mogol erano discendenti delle migliori stirpi guerriere del medioevo nell’area asiatica: Tamerlano
e Gengis Khan. Scorreva sangue di nomadi delle steppe e la discendenza è infatti quella turco-mongola, per
origine simile a quella degli ottomani (altra tribù turca).
Akbar (1542-1605)
Humayun muore subito dopo aver riconquistato Delhi e sale al trono
quello che nelle storie dell’India è considerato il primo vero imperatore
Mogol: Mohammad Akbar (1542-1605), detto “il grande”, che regna dal
1556 fino alla morte nel 1605.
Akbar è quindi il nipote di Babur, il figlio di Humayun e il vero fondatore
dell’impero dei Mogol. Da abile stratega e condottiero coraggioso,
consolida le tutte le conquiste fatte dal nonno e dal padre nell’India
settentrionale, ottiene brillanti vittore militari e il suo governo è anche
caratterizzato da una capacità diplomatica che gli permette di assimilare
nell’aristocrazia guerriera mogol le élites dei principali stati Indiani
sottomessi: si tratta di un’aristocrazia guerriera seminomade che
conquista dei principati territoriali con una storia plurisecolare. Akbar crea
un vero e proprio impero in cui le comunità etniche e religiose collaborano
in maniera pacifica sotto la figura “paterna” dell’imperatore.
La gran parte dei sudditti più fedeli di Akbar sono dei Principi induisti, non covertiti all’islam (Indu = religione
ufficiale dell’India), i quali diventano i principali sostenitori mogol di Akbar. In questo caso facciamo
specialmente alla “Confederazione dei Rajput” (guardo la cartina bianco e nera): rajput significa “piccoli
principi” ede erano dei signorotti che governavano quasi tutta l’india centro-settentrionale e che in gran
parte di sottomettono pacificamente al Gran Mogol (equivalente di “imperatore”) diventando ufficiali di alto
rango. Questi principi sono induisti e fieri oppositori dell’Islam, legati alla loro religione tradizionale, che
entrano in massa nell’esercito del Gran Mogol.
In un processo analogo a quello che avveniva nell’Europa dell’epoca, Akbar inizia una centralizzazione dello
stato attraverso due azioni:
- crea quello che chiamiamo “catasto” (una mappa delle proprietà immobiliari e terriere dell’epoca)
- struttura un sistema fiscale gestito dallo stato e avvia quindi ad un processo di centralizzazione che per
l’epoca non poteva essere considerato in maniera assoluta, ma che ha tutte le caratteristiche che attribuiamo
agli stati moderni (facendo riferimento alla storia europea): pressione fiscale gestita dalla capitale e gestione
della forza (dal centro e non dalle periferie).
Alla metà del XVi secolo, con il regno di Akbar, il regno mogol inizia una fase ascendente che durerà fino ai
primi del ‘700 (quando morirà l’imperatore Aurangzeb).
Akbar e la religione
Nel 1562, quando Akbar è ormai maturo, prende saldamente in mano le redini del potere e avvia una riforma
amministrativa del suo regno arrivando con l’idea, che soltanto accogliendo il carattere multietnico,
multiculturale e plurireligioso dei territori indiani che governava, avrebbe potuto guidare più facilemnte il
suo impero di recente creazione.
Le caratteristiche di questa multiculturalità del regno di Akbar si manifestano bene nel suo rapporto con le
religioni e in particolare nel rapporto tra l’islam e gli altri culti presenti nel continente indiano.
_______________________________________________________________________________________
PICCOLA DIGRESSIONE RELIGIOSA NECESSARIA:
Il subcontinente indiano nella sua storia millenaria genera una religione caratteristiche che in lingua moderna
chiamiamo induismo (ancora oggi la religione della maggior parte degli indiani). A partire dal VII secolo, arriva
l’islam in India grazie alla prima espansione musulmana (quella che porterà gli arabi in Spagna), e giunge fino
alle regioni della foce dell’Indo dove adesso c’è il Pakistan meridionale (dove era arrivato secoli prima
Alessandro Magno).
86
Passano tre secoli circa in cui l’islam rimane confinato nell’India nord-occidentale. Successivamente, a partire
dalla fine del X secolo arrivano le comunità musulmane (le tribù turche) che portano l’islam all’interno del
subcontinente indiano fino a sud. Sulle coste l’islam si radica e sono proprio le città commerciali i luoghi in
cui si diffonde di più questa religione (gli arabi erano i mercanti principali). Poi, a partire dall’XI secolo
abbiamo invece anche una penetrazione militare da nord che porta molti principati indiani a diventare
musulamni, l’ultimo e più importante dei quali era Il Sultanato di Delhi, predecessore dell’impero Mogol.
Comunque gli indiani non si convertono in massa: 12% di musulamni su tutta l’India, mentre il restante è
composto da induisti.
Ne consegue che, fin dal XII secolo, i giuristi musulmani devono trovare un accordo/una giustificazione
teologiaca al fatto che i sultani musulmani, chiunque essi siano, non riescono a convertire tutti gli indiani e
non possono nemmeno sterminarli in quanto pagani: nel dettato del Jihad sunnita, dell’espansione dell’islam
in terre che islamiche non sono, in linea teorica, un sultano musulamno può accettare sotto al suo regno
soltanto sudditi monoteisti (ebrei, cristiani…). I politeisti invece o si convertono o devono morire (in linea
teorica), ma ciò non avenne nel continente indiano ovviamente, anche per una questione di disequilibrio
numerico. Questa giustificazione la trovano in uno dei principi dell’induismo per cui si crede che ci sia un
principio di Dio unico da scendono tutte le divinità del pantheon, di conseguenza i giuristi sunniti affermano
che anche gli induisti siano di base monoteisti.
Un percorso simile lo avevano fatto quando, spostandosi più ad occidente, nelle regioni dell’odiero Iraq,
incontrarono i zoroastriani, i quali invece perseguivano unculto duale in cui le due divinità si scontravano
rappresentando bene e male (anche loro vengono fatti passare come monoteisti ma è palese che non lo
siano).
_______________________________________________________________________________________
Quindi Akbar si trova a governare un sultanato che in linea teorica musulmano sunnita, ma che è in pratica
ha solo una piccola parte di sudditi sunniti per vari motivi:
- una gran parte dell’élite turco-militare è sciita e non sunnita, quindi nel regno dei mogol abbiamo una
grande percentuale di sciiti.
- in India si è creato un islam caratterizzato da una forte influenza dei Sufi (terza grande corrente dell’islam
di cui l’aspetto tra maestro e allievo assume una forte importanza, anche questa corrente è di fatto una
variante estremamente mistica e ritualistica. Anche il sufismo ha di per sé molte varianti ma è poco
apprezzato dai sunniti ortodossi)
- infine l’India ha una popolazione per la maggior parte induista e non musulmana.
Akbar prende atto di questo e di fatto fa una mossa politicamente geniale: abolire la così detta Jizya (tassa
sulla persona che, all’interno dei regni musulamni, tutti coloro che non sono musulmani dovevano pagare
maggiorata), il che provoca una serie di ripercussioni dal punto di vista dei suoi rapporti con le élites sunnite
ed ortodosse.
Addirittura Akbar fonda un culto di colpe, un culto sincretico, in cui di fatto riunisce nella sua figura sia le
caratteristiche diel Dio imperatore indiano, sia le caratteristiche di un leader religioso musulmano
(allontanandosi dalle idee dell’ortodossi islamica).
Akbar non governò come avrebbe fatto un monarca musulmano, ma come un Dio imperatore indiano
fungendo da padre spirituale e secolare del popolo. Egli costruì gran parte della sua posizione di imperatore
emanando il decreto di “infallibilità”: qualcosa di scioccante per i musulamni perché, nella loro idea, l’unico
infallibile è Dio e nessun essere umano, nemmeno il califfo, si può definire infallibile (nemmeno Maometto
stesso può). Un imperatore, che dichiara giusta, eterna e incontrastabile ogni sua decisione, è dal punto di
vista religioso al di fuori dell’islam sunnita e quindi crea una frattura all’interno dei musulmani sunniti
all’interno del mogol. Ai decreti di infallibilità che invece erano emanati dagli imperatori indiani, gli Indu erano
favorevoli perché li vedevano come parte della tradizione.
Dunque, questi decreti ponevano la parola di Akbar un gradino più alto rispetto alla legge islamica.
87
Sempre negli anni ’80, fonda anche una religione di corte, che nelle traduzioni occidentali suona come “fede
divina”, il cui motto è “Allah Akbar” che può avere due traduzioni:
- “Allah è grande”
- “Akbar è Dio”
Quindi, con questo motto di corte, Akbar si presenta ai sui sudditi musulmani come un sunnita devoto che
grida “Dio è grande”, mentre agli induisti come un imperatore divino legato alla tradizione imperiale indiana.
A questo punto, Akbar abbandona l’ortodossia islamica a favore di una sorta di misticisto Sufi (gran parte dei
rituali associati alla sua religione di corte derivano infatti da questa variante molto spirituale dell’islam che
invece è molto importante nell’Asia meridionale e nel subcontinente indiano).
Nella sua corte, Sikandra, Akbar, che secondo le tradizioni dei principi era analfabeta, amava assistere alle
discussioni dotte fra i religiosi di tutte le varie confessioni presenti nel suo regno (compresi i cristiani) senza
partecipare però, perché lui non si sentiva ovviamente in grado di sostenere un dibattito teologico.
Questa era una situazione molto impegnata che ovviamente non ha un successo pratico: la religione di corte
di Akbar non si radica nella popolazione e muore con lui sostanzialmente, si tratat più di una costruzione
politica di Akbar per governare il suo impero. Di questa costruzione politica scrivono cose terrificanti sia gli
intellettuali viaggiatori musulamni che passano di lì, sia i gesuiti, accomunati dall’analogo odio verso un
imperatore che si proclama Dio.
Relazione che fa un Gesuita, Daniello Bartoli (1608-1685), il quale non ha parole tenere su questo culto
sincretico fondato da Akbar:
“Akbar istitutore e capo di una nuova religione formata di varie parti prese alcune dal Corano di Maometto,
altre dalle scritture Indu e altre ancora dai Vangeli di Cristo come un opportunista: prende il meglio delle
religioni e pretende di crearne un’altra.
Facendo questo, bandì un congresso generale e convocò tutti i maestri di questa scienza e i capitani di guerra
delle città attorno a Delhi. Una volta che aveva tutti i nasi rivolti verso sé, parolò come un fino e malvagio
politico dicendo: -Un impero, che si regge con un solo imperatore, non deve avere sudditi sparsi in regioni
diverse che si odiano l’una con l’altra. Ciò, la discordia delle tante maniere di leggi, che si osservano
nell’impero Mogol, non solo differenti ma anche nemiche le une delle altre. Quante religioni, tante partizioni.-
Doversi dunque tutte recare in una, ma in una tale che insieme sia una e tutte. […] Sono stati ad acclamarlo
per primi proprio i suoi sudditi di più alto grado che nessun’altra fede in Dio non avevano più (erano disposti
ad abbandonare la loro religione per abbracciarne un’altra tanto erano sottomessi all’imperatore).”
Questo ultimo punto affrontato da Bartoli ci fa capire come ci sia una profonda verità quando si dice che i
regni Asiatici siano dispotici per antonomasia.
In un’epoca come quella della prima modernità (in cui la religione aveva una particolare importanza sociale),
il fatto che i sudditi siano disposti a switchare da una religione all’altra perché sottomessi all’imperatore, non
piace molto né ai cristiani né ai musulmani.
Morte di Akbar
Quando Akbar muore nel 1605, l’impero si estendeva dall’India settentrionale, dall’Afghanistan meridionale
sino al Bengala e arrivando fino all’India centrale e alla parte settentrionale del Deccan (punta meridionale
dell’India, la penisola).
Sotto i suoi successori, i grandi Mogol per eccellenza probabilmente, ovvero suo figlio Jahangir (che regna dal
1569 al 1627) e Shāh Jahān (che regna fino al 1666), proseguono le espansioni verso sud con un ritmo non
elevatissimo, si consolida la forza dell’impero, che diventa uno dei principati più ricchi del mondo e centro
dei commerci mondiali, e si prosegue lungo la line di Akbar di costruire un impero multiculturale e
plurireligioso.
Tutto si mantiene in questo equilibrio fino a quando Araungzeb, a seguito di una lotta sanguinosa con i suoi
fratelli, prende il potere dopo aver sconfitto l’ultimo erede al trono del 1658.
88
Alla morte di Shāh Jahān, tra i 4 figli, che erano i governatori delle principali province dell’impero, Dara era il
favorito per ascendere al trono (governatore del Bengala, regione più ricca di tutto l’impero). Nonostante
ciò, Araungzeb (che in gioventù era stato destinato ad una carriera religiosa perché era sicuraemnte il più
devoto tra tutti i fratelli) batte tutti i rivali ad uno ad uno e prende il potere. Con lui inizia il momento
culminante di questo impero mogol, in cui Araungzeb (che significa “conquistatore del mondo”), fino al
momento della sua morte controllava tutta l’India tranne la punta meridionale estrema. Sotto al suo regno
ottieniamo quansi la completa unificazione dell’impero.
Tuttavia, in questi primi anni di Guerra Civile tra fratelli e di conflitti con una serie di principi indu (Maratha)
che resistevano all’espansione mogol nell’area meridionale, i mogol subiscono anche delle offese da parte di
questi Maratti. Sta di fatto che negli anni ’90 si giunge ad una dolorosa unificazione del subcontinente
meridionale, questa situazione di guerra e di conflitti comunque logora le finanze imperiali. All’inizio del ‘700,
l’India, è ancora un centro produttivo di altissima importanta (non abbiamo una crisi economica), solo che la
terra aveva svuotato i tesori imperiali e la riscossione delle tasse nelle province diventa sempre più difficile.
Dopo Araungzeb sale al trono il suo primogenito Bahādur Shāh, che regna fino al 1712 senza fare nulla di
speciale e la tradizione vuole che con lui l’impero centralizzato abbia fine. Dopo la sua morte si aprono 7 anni
di guerra civile in cui cambiano 4/5 imperatori, fino al 1719 in cui sale al trono l’imperatore ci riesce a
consolidare questa situazione di crisi: Muʿaẓẓam Shāh
Muʿaẓẓam Shāh fa una scelta politica decisiva ed importantissima: rinuncia al controllo delle province
dell’impero per concentrare il suo controllo nell’area dell’India settentrionale intorno al Gange. Allontana le
fazioni che avevano creato scompiglio e anche tutti i suoi generali più capaci da Delhi per evitare che questi
si ribellassero a lui, in particolare manda il suo comandante Niẓām al-Mulk nel Deccan meridionale (decide di
allontanarlo e di nominarlo governatore del Deccan). Da lì a qualche anno, Nizam smette di mandare le tasse
all’impero e si comporta da sovrano indipendente (1723-24). All’inizio degli anni venti anche il governatore
del Bengala smette di mandare le tasse all’impero, come tutte le province più importanti. In teoria i
governatori continuano a rispettare la volontà dell’imperatore, ma in pratica si comportano come sovrani
indipendenti e si ritorna alla situazione originaria di stati indipendenti e staccati che si trovano solo in
relazione tra loro.
L’unità imperiale di fatto finisce alla fine degli anni ’20 con la politica di Muʿaẓẓam Shāh e, scrivono le storie
dell’India, a seguito delle guerre civili di Araungzeb e delle guerre civili che hanno seguito la morte del primo
figlio di quest’ultimo. Quindi ormai l’imperatore è una figura simbolica e un sovrano territoriale come tutti
gli altri e nemmeno il più forte.
Si crea quello che nella storia dell’India viene detto “periodo dell’anarchia” anche se non è che c’è un’anarchia
vera e propria: il potere è chiaro che sia in mano ai governatori locali (erano come dei sovrani in pratica).
Compagnie europee
In questa situazione di crisi dell’impero si inseriscono le compagnie europee che operavano in India dal XVI
secolo come ospiti del Gran Mogol e dei governatori, non come invasori conquistatori.
Alla fine del ‘600 (1686-1690), si combatte una guerricciola tra gli inglesi di Bombay (una delle più importanti
basi inglesi in India) e i Mogol. Il governatore inglese di Bombay, Robert Child, si rifiuta di pagare le tasse
dovute ogni anno per i commerci nel porto di Bombay (dazio doganale nel porto di Bombay) e quindi per tre
anni manca il pagamento. Ad un certo punto, l’imperatore Araungzeb manda una piccola spedizione militare
così Bombay viene facilmente assediata e gli inglesi arrestati, fatti in catene e costretti a sfilare incatenati
causando il fallimento della Compagnia delle Indie Orientali Inglesi.
89
Gli inglesi di Bombay vengono quindi sconfitti ed umiliati, l’imperatore li considera così poco importanti che
non li caccia nemmeno dal territorio e permette loro di rimanere a Bombay continuando a pagare le tasse
considerandoli come uno dei problemi minori del suo impero.
Una cinquantina di anni dopo (nel 1746-7) avviene un evento epocale dall’altra parte dell’india a sud-est: si
scontrano uno di questi principi indiani che governava la provincia del Karnatico con il governatore francese
Joseph-François Duplaix (1697-1763). Si scontrano perché in questa situazione di anarchia, i francesi
appoggiavano un rivale della provincia del Nawab Karnatico, cioè un altro principe indiano che rivendicava
quel trono e che avrebbe favorito i commerci francesi. Si combatte quindi una battaglia che si svolse vicino
alla baia portoghese di Sao Tomé in cui si scontrano 300 francesi e un migliaio di mercenari indiani con 10mila
cavalieri del Nawab del Karnatico: si tratta di una battaglia navale in cui, contro le aspettative, gli indiani
vengono sconfitti. Le ragioni della vittoria francese sono essenzialmente legate alla rivoluzione militare in
corso all’epoca.
Una vittoria clamorosa della Gran Bretagna che mette in gioco, in particolare, inglesi e francesi, si registra in
occasione della Battaglia di Plassey (1757). Francesi ed Inglesi appoggiavano principi rivali indiani e si
scontrano direttamente e non in un gioco che porta gli indiani ad essere sempre più dipendenti dalle armi e
dagli eserciti occidentali. Gli inglesi, dopo aver battuto i francesi, conquistano il Bengala sconfiggendo anche
il suo governatore e diventano una potenza territoriale indiana. La Compagnia delle Indie Orientali Inglese
diventa, dopo questa battaglia, una potenza territoriale vera e propria che porta, nella seconda metà del
‘700, ad una ricalibrazione dei poteri indiani in cui abbiamo sovrani indiani eredi dell’impero Mogol che si
relazionano con la potenza britannica in ascesa, i francesi sulla difensiva. Quindi ormai, a fine ‘700 inizio ‘800,
controllano le regioni più ricche e abbattono nel 1709 e nel 1804 due principi indiani tra i più potenti e di
fatto ottengono all’inizio dell’800 il controllo sull’India che poi porterà a metà del secolo a formare l’impero
britannico vero e proprio.
Questi territori non avrebbero mai immaginato che dopo tredici anni dalla Guerra dei Sette Anni avrebbero
dichiarato la loro indipendenza dalla Corona Britannica attraverso la Dichiarazione del 1776 in cui la condotta
del re, dei suoi ministri e del Parlamento inglese è sottoposta a un giudizio molto duro articolato a partire da
quelli che sono i pilastri della cultura politica inglese (Bill of Rights della fine del ‘600 che ha sancito la
transizione della Gran Bretagna verso un tipo di monarchia fondata sulla divisione dei poteri che ha
definitvamente allontanato gli Stuart e lo spettro di una restaurazione Cattolica dai propri orizzonti).
Questo meccanismo di allenaze, come sempre, e anche in Europa, porta ad avere sostenitori o meno alla
propria parte e in questo caso ad opporsi al progetto austriaco di recuperare la Slesia è proprio la Gran
Bretagna, la quale sostiene in chiave antifrancese la Prussia. Tuttavia, sugli scenari globali, Gran Bretagna e
Francia, si combattono su una scala che a tutti gli effetti è americana e mondiale.
Le Compagnie delle Indie che si sono formate nell’Europa moderna (inizio XVII) cominciano ad essere oggetti
di assalti crescenti da parte degli antagonisti di quelli che all’epoca erano signori di entrambi gli Imperi (Filippo
d’Asburgo, Filippo III e Filippo IV). Queste Compagnie sono degli attori molto particolari perché sono delle
compagnie mercantili con un’autorizzazione regia (sono associate quindi alle autorità politiche di riferimento)
che operano anche in maniera largamente autonoma mischiando una serie di vocazioni: quella commerciale,
politica…
Quell indiano e quello angloamericano, sono due teatri del conflitto che certamente, per gli inglesi ed i
francesi, hanno un significato ben più importante di quello in Europa dove la Guerra dei Sette Anni finisce nel
1763 con un ristabilimento dello stato delle cose (la Slesia rimane alla Prussia). Al contrario, i teatri
extraeuropei sono oggetto di cambiamenti epocali nel senso che gli inglesi vincono, sostenuti nel nord
America dai loro coloni angloamericani e dal confronto francese, e assumono quindi il controllo di un enorme
entroterra. Il senso della presenza Britannica e lo stile di governo messo in opera dalla madre patria nei
confronti dei territori di oltremare cambia in maniera sostanziale anche perché contestualmente, le
Compagnie inglesi ebbero la meglio su quelle francesi: ancora una volta, in Europa, si ha l’affermarsi della
Gran Bretagna come attore prominente nello spazio del subcontinente indiano.
E’ stato evidenziato anche come questa preminenza si
delinei in un momento in cui l’Inghilterra comincia il suo
cammino verso la Rivoluzione Industriale: questa
combinazione di motivi, offre alla Gran Bretagna un
vantaggio differenziale che interessa in primo luogo la
sua posizione di grande potenza in Europa, da un punto
di vista commerciale, marittimo ed internazionale, e in
prospettiva comincia a dare il segno che questo mondo
euroasiatico (di prevalenza musulmana) inizia ad
entrare in crisi perché la posizione degli inglesi nel
subcontinente indiano diventa la testa di ponte per
un’altra stagione dell’espansione europea (XIX secolo: la
Gran Bretagna e altri paesi europei, grazie al loro
vantaggio differenziale, si guadagnano una temporanea
egemonia sul resto del mondo).
verso i Caraibi) in cambio della parte occidentale della regione ancora sconosciuta agli europei denominata
“La Louisiana Spagnola”.
1763-1776, l’Escalation che porta alla Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti
Si apre così una crisi che nella sua parte più alta coinvolge anche meccanismi politici e che fa rivendicare agli
ambienti coloniali più pugnacei e strutturati una richiesta sostanziale: essere equamente ed adeguatamente
rappresentati in modo da poter approvare disposizioni che, se calate dall’alto, erano lette in modo
assolutamente arbitrarie. Quindi il motto del nascente movimento indipendentista (che si accompagna anche
al sabotaggio delle merci inglesi, il cui più famoso è il Boston Tea Party = svuotamento di un grande carico di
tè a Boston proveniente dall’India) è una rivendicazione di una rappresentanza all’interno delle istituzioni
britanniche che rendesse partecipi di questo cambiamento di passo dell’impero britannico i coloni americani.
Tutta queste situazione tende a deteriorarsi fino al 1775 quando si giunge ai primi scontri sul terreno, e al
1776 quando si dichiara L’Indipendenza degli Stati Uniti.
93
Dichiarazione di Indipendenza
Dichiarazione d’indipendenza
In Congresso, 4 luglio 1776
Quando nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto
a un altro popolo e assuma tra le potenze della terra lo stato di potenza separata e uguale a cui le Leggi della
Natura e del Dio della Natura gli danno diritto, un conveniente riguardo alle opinioni dell'umanità richiede che
quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione.
[Modalità di comunicazione che ci dà anche il senso delle culture politiche circolanti in questi insediamenti che ricorrono ad un
registro che intreccia la tradizione britannica (con le sue strutture argomentative) e il fenomeno della circolazione dei Lumi a livello
transatlantico nel corso degli anni centrali del XVIII secolo]
Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi
sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il
perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i
loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare
questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di
organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.
Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in
conseguenza l'esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d'un
malgoverno finchè siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma
quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela
il disegno di ridurre gli uomini all'assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo
e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l'avvenire. Tale è stata la paziente sopportazione delle
Colonie e tale è ora la necessità che le costringe a mutare quello che è stato finora il loro ordinamento di
governo. Quella dell'attuale re di Gran Bretagna è storia di ripetuti torti e usurpazioni, tutti diretti a fondare
un'assoluta tirannia su questi Stati. Per dimostrarlo ecco i fatti che si sottopongono all'esame di tutti gli uomini
imparziali e in buona fede.
10) Ha istituito una quantità di uffici nuovi, e mandato qui sciami di impiegati per vessare il popolo e divorarne
gli averi.
11) Ha mantenuto tra noi, in tempo di pace, eserciti stanziali senza il consenso dell'autorità legislativa.
12) Ha cercato di rendere il potere militare indipendente dal potere civile, e a questo superiore.
13) Si è accordato con altri per assoggettarci a una giurisdizione aliena dalla nostra costituzione e non
riconosciuta dalle nostre leggi, dando il suo assentimento alle loro pretese disposizioni legislative miranti a:
a) acquartierare tra noi grandi corpi di truppe armate;
b) proteggerle, con processi da burla, dalle pene in cui incorressero per assassinii commessi contro gli abitanti
di questi Stati;
c) interrompere il nostro commercio con tutte le parti del mondo;
d) imporci tasse senza il nostro consenso;
e) privarci in molti casi dei benefici del processo per mezzo di giuria;
f) trasportarci oltremare per esser processati per pretesi crimini;
g) abolire il libero ordinamento dileggi inglesi in una provincia attigua, istituendovi un governo arbitrario, ed
estendendone i confini si da farne nello stesso tempo un esempio e un adatto strumento per introdurre in queste
Colonie lo stesso governo assoluto;
h) sopprimere le nostre carte statutarie, abolire le nostre validissime leggi, e mutare dalle fondamenta le forme
dei nostri governi;
i) sospendere i nostri corpi legislativi, e proclamarsi investito del potere di legiferare per noi in ogni e qualsiasi
caso.
Egli ha abdicato al suo governo qui, dichiarandoci privati della sua protezione e facendo guerra contro di noi.
Egli ha predato sui nostri mari, ha devastato le nostre coste, ha incendiato le nostre città, ha distrutto le vite del
nostro popolo.
Egli sta trasportando, in questo stesso momento, vasti eserciti di mercenari stranieri per completare l'opera di
morte, di desolazione e di tirannia già iniziata con particolari casi di crudeltà e di perfidia che non trovano
eguali nelle più barbare età, e sono del tutto indegni del capo di una nazione civile.
Egli ha costretto i nostri concittadini fatti prigionieri in alto mare a portare le armi contro il loro paese, a
diventare carnefici dei loro amici e confratelli, o a cadere uccisi per mano di questi.
Egli ha incitato i nostri alla rivolta civile, e ha tentato di istigare contro gli abitanti delle nostre zone di frontiera
i crudeli selvaggi indiani la cui ben nota norma di guerra è la distruzione indiscriminata di tutti gli avversari,
di ogni età, sesso e condizione.
A ogni momento mentre durava questa apprensione noi abbiamo chiesto, nei termini più umili, che fossero
riparati i torti fattici; alle nostre ripetute petizioni non si è risposto se non con rinnovate ingiustizie. Un principe,
il cui carattere si distingue così per tutte quelle azioni con cui si può definire un tiranno, non è adatto a
governare un popolo libero.
E d'altra parte non abbiamo mancato di riguardo ai nostri fratelli britannici. Di tanto in tanto li abbiamo avvisati
dei tentativi fatti dal loro parlamento di estendere su di noi una illegale giurisdizione. Abbiamo ricordato ad
essi le circostanze della nostra emigrazione e del nostro stanziamento in queste terre. Abbiamo fatto appello al
loro innato senso di giustizia e alla loro magnanimità, e li abbiamo scongiurati per i legami dei nostri comuni
parenti di sconfessare queste usurpazioni che inevitabilmente avrebbero interrotto i nostri legami e i nostri
rapporti.
Anch'essi sono stati sordi alla voce della giustizia, alla voce del sangue comune. Noi dobbiamo, perciò,
rassegnarci alla necessità che denuncia la nostra separazione, e dobbiamo considerarli, come consideriamo gli
altri uomini, nemici in guerra, amici in pace.
Noi pertanto, Rappresentanti degli Stati Uniti d'America, riuniti in Congresso generale, appellandoci al
Supremo Giudice dell'Universo per la rettitudine delle nostre intenzioni, nel nome e per l'autorità del buon
popolo di queste Colonie, solennemente rendiamo di pubblica ragione e dichiariamo: che queste Colonie Unite
sono, e per diritto devono essere, stati liberi e indipendenti; che esse sono sciolte da ogni sudditanza alla Corona
britannica, e che ogni legame politico tra esse e lo Stato di Gran Bretagna è, e deve essere, del tutto sciolto; e
che, come Stati liberi e indipendenti, essi hanno pieno potere di far guerra, concludere pace, contrarre alleanze,
stabilire commercio e compilare tutti gli altri atti e le cose che gli stati indipendenti possono a buon diritto fare.
95
E in appoggio a questa dichiarazione, con salda fede nella protezione della Divina Provvidenza,
reciprocamente impegnamo le nostre vite, i nostri beni e il nostro sacro onore.
Da un lato, la Guerra di Indipendenza è un evento fondamentale per la formazione degli Stati Uniti per come
li intendiamo noi oggi, dall’altro è una grande guerra atlantica e mondiale dato che alla fine di questa si
definiscono dei nuovi assetti (in particolare per il nord America). Si realizzano delle campagne militari molto
difficili inizialmente per il nord America, il quale si deve confrontare con l’esercito britannico, che ha una
maggiore organizzazione e più forza, oltre che con
l’organizzazione francese. I coloni angloamericani hanno la
meglio e sono abilissimi nel gestire la pace.
Con l’Indipendenza, che viene riconosciuta attraverso un trattato nel 1783, questi insediamenti
angloamericai si incamminano verso una strada che è impegnativa dao che devono darsi un nuovo assetto
96
che troverà la sua struttura con la costituzione del 1787 (che entra in vigore nel 1789: altezza dello scoppiare
della Rivoluzione Francese). Questa costituzione sancisce oltre oceano la nascita di una nuova forma politica,
inedita per l’esperienza europea: una grande Repubblica (le repubbliche in Europa erano territorialmente
circoscritte) con una costituzione scritta, ancora in vigore integrata da emendamenti, che fonda un regime
politico basato sulla divisione dei poteri (colpise molto i settori politici dell’illuminismo o del nascente
liberalismo europei più rpoiettati verso forme di allentamento e destrutturazione dell’Antico Regime).
L’impegno finanziario profuso dai francesi per sostenere i coloni certamente non era di carattere
rivoluzionario nei contenuti ma semmai geopolitico (speranza che la vittoria dei coloni mettesse ordine in
Nord America permettendo ai francesi di recuperare almeno parzialemnte l’impero perduto).
Nel corso degli anni ’80 del 1700, il dibattito in merito al riassetto dei territori è un altro elemento importante
da tenere in considerazione per quanto riguarda il rapporto tra Rivoluzione Americana e Rivoluzione
Francese. Questo mosaico di territori, diventati Stati, ha una futuro che nella sua eterogeneità (anche nella
distribuzione demografica di afrodiscendenti e coloni) va verso la scelta di una grande unione retta da una
carta costituzionale, discussa e approvata tra il 1787 e il 1789: la Costituzione.
La Costituzione
La Costituzione americana viene anche temperata dal documento del Bill of Rights (1689) con i dieci
emendamenti della costituzione.
La Costituzione americana è chiaramente fondata sulla divisione dei poteri:
- Legislativo > attribuito ad una camera di rappresentanti al senato, i quali, congiuntamente, configurano il
Congresso degli Stati Uniti di cui poi vengono declinate le modalità di composizione per garantire un
equilibrio tra entità politiche-territoriali molto eterogenee dal punto di vista del popolamento introducendo
il criterio della proporzionalità (in base al popolamento ovviamente) per la Camera dei Rappresentanti e
invece l’eguaglianza di rappresentanti al Senato. Con questo meccanismo di controollo reciproco tra le
braccia del potere legislativo si garantisce un equilibrio e una certa composizione.
=> per l’esperienza europea già questo è una trasformazione sostanziale perché questo è un organismo
legiferante.
- Esecutivo > rispetto all’esperienza europea, abbiamo il passaggio di autorità politiche legate a meccanismi
dinastici o oligarchici complessi all’idea di un potere esecutivo conferito ad un presidente che rimane in carica
per un periodo di quattro anni quadiuvato da un vice presidente prescelto per lo stesso periodo di tempo di
cui si declinano con precisione le norme di elezione.
- Giudiziario > rappresentato ai suoi vertici da una corte suprema che garantisce la costituzionalità delle leggi
che reggono l’unione.
A cascata, poi, singoli Stati si dotano di strutture di governo che naturalmente devono essere sintoniche con
l’impianto della costituzione.
97
Rivoluzione Francese
Alle origini della Rivoluzione Francese
Nei nascenti Stati Uniti abbiamo forti circuiti di circolazioni di Europei che non solo cominciano a muoversi
verso questi territori, ma che li vistano e ne rendono conto/descrivono; questa diffusione di informazioni ha
un peso al fronte dell’attivarsi del fenomeno della Rivoluzone Francese.
La Rivoluzione Francese è un evento, che per la storia europea e della Repubblica Francese in generale,
straordinario e molto complesso.
Questo schema è regolarmente presente nella struttura dei fatti che hanno portato allo scatenarsi della
Rivoluzione Francese.
Dal momento che la Convocazione degli Stati Generali dell’anno prima aveva l’apparenza di un’assemblea
dell’Antico Regima divisa per ordini in cui era ipotizzabile che gli ordini privilegiati avrebbero fatto “squadra”
contro il terzo stato, ma in realtà è poi diventata un dibattito bello e buono che porta all’emersione della
nozione di Terzo Stato come rappresentante del 98% dei francesi, nel giugno del 1789 il TAerzo Stato si separa
dall’Antico Regime e si autoconvoca in un’Assemblea legislativa al processo che tra l’estate 1789-1791 porta
alla destrutturazione dell’Antico Regime in Francia. L’assemblea che si forma dal terzo stato è dotata di organi
legislativi e costituenti che operano una serie di provvedimenti sostanziali per porre fine alla società di ordini:
1789
- Abolizione diritti feudali
- La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (26 agosto)
1790
- La Costituzione Civile del Clero che cambia lo status degli ecclesiastici francesi rendendo i religiosi
funzionari della monarchia tenuti a giurare fedeltà alla Costituzione Civile del Clero (atto che produce
una spaccatura nel mondo ecclesistico in francia e non solo tra clero costituzionale, fedele alla
Costituzione Civile, e refrattario, che resiste ad essa) e confiscandone anche i loro beni.
- La riforma dell’amministrazione
- La riforma della giustiza
- Liberalizzazione dei commerci
1791
- La Costituzione Francese viene emanata e mette fine legale all’assolutismo (prima delle tante
Costituzioni francesi =/= Costituzione americana che è molto longeva). La Francia è ancora una monarchia
e il sovrano si sente ancora ostaggio della situazione più che mai, spera che i suoi vicini intervengano
contro questo cambiamento di regime, ma prende atto di questo cambiamento posto su carta
costituzionale, la quale sancisce libertà ed eguaglianza dei diritti + divisione dei poteri (il governo è
monarchico, il potere giudiziario è delegato ai giudici eletti dal popolo e l’Assemblea Nazionale fa da
organismo legislativo promulgando leggi e orientando l’esercizio della vita associata). Abbiamo quindi
una monarchia costituzionale finalmente con la fine legale dell’assolutismo.
- delinearsi di un contesto internazionale che guarda con preoccupazione ciò che sta succedendo in francia e
che medita il sostegno alla monarchia sottoposta a questa trasformazione in nome delle antiche solidarietà
dinastiche.
Gli schieramenti all’interno dell’Assemblea Nazionale + nascita e sviluppo di un nuovo gioco politico
Gli schieramenti all’interno dell’Assemblea Nazionale si articolano secondo le logiche degli orientamenti
politici che muovono da destra a sinistra, fino ad un’estrema sinistra (Foglianti, Girondini, Giacobini,
Montagnardi…), con il radicamento di questo gioco politico sul territorio, con la nascita di figure di leader
politici e infine con la moltiplicazione degli strumenti di circolazione delle idee di comunicazione (diffusione
di una ricchissima produzione scritta, di tipo iconografico e satirico). Tutto ciò conduce ad un consolidamento
dell’opinione pubblica, ma anche l’influenza degli orientamenti ideologici dei nascenti partiti.
La Francia rivoluzionaria nell’arco di un paio d’anni inizia a farsi promotrice di un progetto di espansione verso
l’esterno molto aggressivo che porta di nuovo a riaccendersi di questa rivalità globale tra Gran Bretagna e
Francia. La Gran Bretagna rimane quindi tenacemente ostile, sia durante l’età Rivoluzionaria che quella
Napoleonica, a questo ex grande regno (che nel 1791 prende una costituzione abbiamo detto).
La guerra alla fine viene dichiarata nell’aprile del 1792 e abbiamo il delinearsi da parte francese un’ottica di
salvataggio dell’esperienza rivoluzionaria che divide a sua volta i suoi rivoluzionari al suo interno. Questa
guerra ha un inizio duro per i francesi, ma che poi dimostra la forza della Francia.
Sempre nel 1792 viene dichiarata la Repubblica, poco dopo la Rivoluzione Americana. Questa Repubblica non
si limita a dichiarare decaduto il sovrano, ma si ha un iter che vede un processo del re: questo iter dividerà
ancora una volta i rivoluzionari, ma alla fine porterà alla condanna del re.
La Repubblica Francese
Un nuovo regime politico: la Repubblica
100
La Repubblica che nasce nel 1792 ha una prima stagione (circa due anni) in cui la nuova assemblea legislativa
alla convenzione delinea il profilo di questo nuovo stato che è alle prese con una situazione emergenziale di
guerra in cui la vita politica assume dei caratteri di forte conflittualità e ricorso alla violenza per normare lo
scontro tra le parti e affermarsi sui suoi competitori: stagione del Terrore, accompagnanta dall’uso dello
strumento scientifico della ghigliottina per regolare i rapporti con gli oppositori.
Rifondare la società
Si tratta di uno slancio progressivo di grande radicalità che ha creato una vera e propria agenda per l’800
europeo:
- abolizione della schiavitù che parte da un’area di crisi feroce nella colonia di Saint Domingue (dove è
scoppiata una grnade rivolta degli schiavi), ma successivamente si estende a tutto l’impero francese.
- istruzione elementare obbligatoria
- calmiere sui prezzi e altre misure sociali
- la coscrizione obbliogatoria (creazione di grandi armate di popolo: si combatte per difendere la Repubblica
e la Rivoluzione => abbiamo un cambiamento nella partecipazione alla guerra per alcuni segmenti sociali che
partecipandovi possono anche sperare di crescere sotto un punto di vista sociale)
- la riforma del calendario (nuovo calendario civico con nuova nominalizzazione dei mesi)
- la “scristianizzazione” => desacralizzazione e anticlericalismo
Un contesto emergenziale
La guerra si articola tanto in Francia quanto nel resto d’Europa, nell’Atlantico e nelle Americhe. Tuttavia, si
tratta di una guerra a cui dalla Francia si comincia a partecipare in un modo nuovo grazie alla leva in massa.
Le armate rivoluzionarie nel tempo diventano delle possibilità di crescita sociale per i soggetti
particolarmente sociali e anche dei contenitori multinazionali in cui persone provenienti da diverse realtà
europee entrano in contatto e operano insieme creando rapporti che cambiano la vita dei singoli e la
percezione di grandi dimensioni della vicenda europea all’epoca in corso.
- riprende l’idea della precedente costituzione (1791) in merito al suffragio censitario (hanno diritto di voto
quella quota di popolazione che ha requisiti economici e di istruzione che la rendono libera da
condizionamenti, in concreto è un esercizio di voto limitato ad un ceto possidente)
- si articola l’Assemblea Legislativa con due camere (già negli USA si aveva un sistema bicamerale in cui una
ca,mera controlla l’altra)
- il potere esecutivo della forma Repubblicana (che è un regime rappresentativo fondato sull’eguaglianza
giuridica degli individui) è affidato ad un Direttorio, ovvero un comitato formato da 5 membri.
Invece si svilupperà una nuova idea di Repubbliche, per esempio le repubbliche sorelle di espansione francese
in cui si diffondono nuove forme politche, nuovi linguaggi politici e nuove trasformazioni (Olanda, Belgio e
Italia).
La politica estera del Direttorio rilancia la ricerca del primato della Francia
Il fatto che il Direttorio ha questo progetto espansivo militare molto dinamico ed opportunistico nei paesi
soggetti a trasformazione, assieme ad una situazione interna molto delicata in Francia con una polarizzazione
tra fautori di una riforma più radicale e settori che sperano che le cose tornino come prima della Rivoluzione,
favorisce l’ascesa di quelli attori che emergono come operatori delle grandi armate sia nello spazio europeo
che mediterraneo. La grande scrisi aperta nella Rivoluzione Francese porta la guerra in Europa, nell’Atlantico
(a causa della posizione con gli inglesi) e nelle Americhe.
Il Direttorio, la Repubblica nata dopo il colpo di stato di Robespierre e dei suoi, cerca di allontanarlo dai teatri
più prossimi all’Europa perché è una figura che sta assumendo un protagonismo legato all’arte della guerra
con una grande capacità di mobilitare ampi gruppi umani attorno alla sua persona.
1799, II coalizione: Austra, Russia, Impero Ottomano contro la FRncia, mentre continua la guerra
atlantica globale con l’Inghilterra
Il 1799 è stato un anno difficile per il Direttorio e per la Rivoluzioen Francese perché gli oppositori
internazionali si oppongono al disegno egiziano e c’è anche un’opposizione trasversale nell’area italiana, pure
soggetta all’espansione rivoluzionaria. Abbiamo quindi alla fine dell’anno un colpo di stato che porta
all’ascesa della figura di Napoleone alla scalata dei vertici di questa forma politica che diiventerà ibrida
(passiamo dal Direttorio al Consolato che poi diventerà la base di un nuovo stato Napoleonico, che sarà
un’esperienza cronologicamente breve).
Codice Civile
Con Napoleone nasce il Codice Civile della nuova società Francese: impianto in cui gli aspetti più progressivi
e di apertura al mondo femminile della Rivoluzioen Francese sono stati sacrificati per una visione della società
molto più gerarchica in cui però si normano gli aspetti di un assetto che vira verso una visione borghese dei
rapporti tra i generei, le generazioni e i regimi di proprietà.
1804, dopo le colonie anglo-americane, è il secondo paese americano, ed è il primo paese con forte
componente afrodiscendente nelle americhe, a rendersi indipendente.
A fronte degli eventi di Haiti, la Francia vende la Louisiana dagli Stati Uniti che raddoppiano così la loro
dimensione all’inizio dell’800.