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Le guerre di religione in Francia e l’editto di Nantes

Anche la Francia dovette affrontare una serie di lotte civili e religiose, il cui esito fu il
consolidamento della monarchia nazionale. Dopo la morte di Enrico II (1559) il potere passò ai
suoi figli, e questo segnò un periodo di forte crisi che durò fino al 1598. Per via della giovane età dei
figli, in una prima fase il paese fu governato da Caterina de’ Medici, ma senza buoni risultati. Il
regno precipitò presto in un periodo di instabilità politica, guerre civili e lotte religiose, a cui si
legano i tentativi della nobiltà feudale di levarsi contro l’accentramento monarchico e ottenere più
privilegi. Nel paese, inoltre, si iniziò a diffondere il calvinismo (calvinisti → ugonotti).

La nobiltà francese si divise in:


● i Guisa, cattolici, duchi imparentati con la dinastia regnante (ostili agli ugonotti);
● i Borbone e i Coligny, ugonotti, sostenuti dalla piccola nobiltà.
La regina seppe sottrarsi al conflitto religioso con l’aiuto di Michel de’ Hospital, uno dei capi del
partito politico, che sosteneva che l’unità politica doveva essere raggiunta indipendentemente
dall’unità religiosa, evitando di parteggiare per una specifica fazione.

Nel 1562, Caterina promulgò l’editto di Saint-Germain, con il quale concedeva la libertà di culto
agli ugonotti, tuttavia i Guisa, contrari alla regina, risposero massacrando un gruppo di protestanti,
dando inizio al conflitto. Divenne presto una guerra europea, dato che re Filippo II di Spagna si
schierò con i cattolici ed Elisabetta I con gli ugonotti. Nel 1570, dopo numerose lotte, gli ugonotti
ottennero, con la pace di Saint-Germain, il diritto di professare la propria religione. Nello stesso
periodo, Gaspard de Coligny entrò a far parte del consiglio di Stato in modo tale da provare a far
intraprendere a re Carlo IX una politica antispagnola.
Per sancire la pacificazione tra ugonotti e cattolici, la cattolica Margherita di Valois fu promessa in
sposa al re ugonotto Enrico di Borbone. Tuttavia l’evento divenne un pretesto per sterminare
tutti gli ugonotti venuti alle nozze. Nel 1572, il re diede l’ordine di uccidere tutti gli ugonotti, perché
pensò che questi stessero preparando un colpo di mano. L’evento venne chiamato così “il massacro
della notte di San Bartolomeo”, che terminò con più di 10.000 vittime.

Dopo la morte di Carlo IX, nuovo re divenne Enrico III, cattolico ma preoccupato per il crescente
potere della lega cattolica di Enrico di Guisa. Per questo motivo, il re iniziò a concedere diversi
privilegi agli ugonotti, guidati da Enrico di Borbone. Seguì quindi la risposta cattolica, che aprì
l’ultima fase della guerra civile: la guerra dei 3 Enrichi. Si ricorse anche all’assassinio politico:
Enrico III fece assassinare Enrico di Guisa (1588), e una frate domenicano, per vendetta, assassinò
Entico III (1589). Enrico di Borbone, ultimo giocatore in campo, divenne re di Francia, ma si
dovette convertire al cattolicesimo.

Enrico di Borbone, detto anche Enrico IV, dovette affrontare ora l’incombere di una guerra per
l’autonomia e l’indipendenza della Francia contro Filippo II, il papa e i cattolici francesi, che non
avevano gradito la nuova successione. A questo punto, Enrico IV decise di porre fine alla guerra in
questo modo: nel 1593 abiurò la fede ugonotta e si convertì al cattolicesimo. Il suo potere venne così
riconosciuto. Tuttavia, pur essendo ormai cattolico, nel 1598 emanò l’Editto di Nantes, con il
quale concedeva:
● il libero esercizio del culto;
● la parità di diritti politici e civili per gli appartenenti ai vari culti;
● il possesso di un centinaio di piazzeforti (luoghi fortificati) per gli ugonotti.
L’editto di Nantes sanciva in questo modo il principio della tolleranza e della libertà di coscienza,
affermando che l’appartenenza a uno Stato non dipende dall'adesione ad una specifica religione.

Con la fine della guerra rifiorirono le attività commerciali e industriali, e la vita della Chiesa cattolica
fu arricchita dalla coesistenza con la fede ugonotta. Anche la monarchia si consolidò: Enrico IV
rafforzò i poteri dello Stato, poiché secondo lui solo uno Stato potente e accentrato sarebbe stato
in grado di garantire la coesistenza pacifica delle diverse religioni. Ricorse anche alla vendita delle
cariche pubbliche per legare a sé nuovi funzionari, ma l’opera di accentramento assolutistico
dovette terminare nel 1610, quando un frate fanatico assassinò il re.

La Francia di Richelieu e la restaurazione monarchica


Dopo l’editto di Nantes la Francia ritrovò il suo ruolo di potenza egemone in Europa. Enrico IV
adottò infatti una forte politica accentratrice, intraprendendo anche varie misure economiche-
finanziarie per risanare il debito pubblico del paese, anche grazie all’aiuto del duca di Sully, per poi
arrivare addirittura a fondare colonie e basi commerciali nel Nuovo Mondo.
Dopo la morte di Enrico IV il potere passò nelle mani del suo erede Luigi XIII, ma essendo che
aveva solo 9 anni, al potere salì la vedova Maria de’ Medici, che portò avanti la politica del marito,
ma decise di affiancarsi ad un gruppo di ministri italiani, decisione che le fece perdere l’appoggio
della corte e del popolo. La nobiltà quindi decise di recuperare il proprio potere convocando gli Stati
generali, per riformare il sistema della compravendita delle cariche: questo portò alla formazione
della nobiltà di toga. Gli stati generali, tuttavia, si chiusero con un fallimento.

Seguì un periodo di profonda confusione, che fu troncato dall’intervento del vescovo Richelieu, che
riuscì a conquistare la fiducia di Luigi XIII. In poco tempo Richelieu raggiunse una posizione
dominante nel governo francese, arrivando anche ad imporre l’assolutismo monarchico: consolidò il
potere e l’immagine del re attraverso la dottrina della “ragion di Stato”, che riconosceva al re di agire
anche al di fuori delle leggi con un potere assoluto.

Richelieu decise di colpire gli ugonotti (che erano diventati molto potenti), per limitarne il potere
politico e militare: persino la resistenza della piazzaforte La Rochelle cessò. Ai riformati fu concessa
una “pace di grazia”, che permetteva loro di continuare a professare il loro culto ma non di formare
centri di potere politico-militare. Richelieu combatté anche l’avanzata dell’alta nobiltà, ricorrendo
anche a repressioni di massa. Per estendere invece il controllo della Corona su tutti i territori, ricorse
alla vendita degli uffici. Dal punto di vista fiscale, invece, impose una pesante politica fiscale, che
però gravò sui ceti borghesi e contadini (formazione di molte rivolte popolari) .
Richelieu operò anche in campo economico promuovendo una politica mercantilistica: dette vita a
compagnie privilegiate e favorì lo sviluppo della cantieristica navale, avviando la penetrazione in
Africa e nel Canada. In campo culturale fondò l’Academie Francaise, per fissare le regole della
lingua nazionale. Sul piano dei rapporti internazionali, perseguì una politica antiasburgica, in modo
tale da rafforzare il proprio primato europeo.

Le Province Unite e l’età d’oro olandese


La nuova forma di governo federale olandese consentiva alle SPU di mantenere le proprie leggi e
consuetudini: il territorio continuava ad essere disomogeneo per lingua, cultura e anche religioso. Gli
Stati generali costituivano l’organo unificatore: qui giungevano i deputati delle province che
deliberavano all’unanimità su questioni di politica estera, economica e religiosa. Si trattava di una
forma di oligarchia repubblicana con tendenze monarchiche.

In poco tempo l’Olanda riuscì a stabilire la sua egemonia nei traffici internazionali, diventando un
grande centro commerciale, industriale e finanziario. Per questo motivo il XVI è detto “secolo
olandese”. L’Olanda riuscì anche ad estendersi economicamente, con le compagnie delle Indie
orientali e quelle occidentali: i porti olandesi svolgevano ora la funzione di empori di
ridistribuzione di ogni sorta di merce e prodotto. Amsterdam, in quest’ottica, divenne un
importante centro europeo per il credito e la finanza: fu fondato un banco di cambio sul modello di
alcune banche italiane. Fu fondata anche la Borsa. Non mancarono casi di speculazione finanziaria
alimentati dalla frenesia di acquisire grossi patrimoni in breve tempo. A conferma di quanto detto, la
città registrò uno sviluppo demografico di 120.000 abitanti (dai precedenti 30.000).

La crescita economica olandese fu determinata da più settori:


● manifatturiero;
● attività estrattive: sfruttamento di giacimenti di torba a fine energetico;
● agricolo: terreni bonificati e destinati a colture specializzate (tulipano);
● cantieristica navale: creazione del fluyt, imbarcazione che consentiva il trasporto di grossi
carichi con un ridotto equipaggio.

L’intolleranza religiosa e la Guerra dei Trent’anni


La politica di tolleranza e di pacificazione religiosa ebbe fine durante il regno di Rodolfo II, il quale
decise di attuare una politica contraria ai protestanti, nel tentativo di restaurare il predominio dei
cattolici. La situazione gravò quando i gesuiti tentarono di riconquistare i territori della Chiesa
Romana passati alla riforma, e all'espansione del calvinismo che cominciò a diffondersi nel
Palatinato Renano, che riuscì infine ad affermarsi grazie al principe elettore Federico V. Tuttavia,
la pressione controriformistica indusse i calvinisti a formare nel 1608 l’Unione Evangelica, alla quale
si contrappose subito una Lega cattolica, sostenuta dal duca di Baviera Massimiliano.

La situazione del SRIG aggravò ulteriormente quando Ferdinando d’Asburgo fu eletto re di


Boemia, regione caratterizzata da varie tensioni religiose. Egli, cattolico, cercò di riportare la
situazione sotto il suo controllo attraverso la revoca di alcuni diritti dei protestanti boemi. La
risposta boema fu data nel 1618 quando un gruppo di protestanti assalirono 2 luogotenenti imperiali
gettandoli giù dalla finestra (“defenestrazione di Praga”). Si aprì così la prima fase della Guerra
dei Trent’anni. Da lotta di religione divenne una guerra internazionale, a cui si unissero gli
svedesi, i francesi, i danesi e gli spagnoli (i quali si unirono subito alla Lega Cattolica). La guerra dei
trent’anni (svolta principalmente nel territorio tedesco) può essere divisa in 4 fasi: boema (Asburgo
vs calvinisti), danese, svedese e francese.

La fase boema vide prevalere il re di Boemia (divenuto imperatore). Sconfisse l’Unione Evangelica
nella battaglia della Montagna Bianca, a cui seguì una spietata repressione dei protestanti. Inoltre
Federico V del Palatinato perse il suo ruolo di grande elettore, che fu conferito invece a Massimiliano
di Baviera. Il conflitto riprese poi quando Cristiano IV di Danimarca scese in soccorso di Federico
V, dando inizio alla fase danese. Il re danese trovò l’appoggio dell’Inghilterra e della Francia di
Richelieu, ma fu battuto dal condottiero imperiale Albrecht von Wallenstein. Cristiano IV fu
costretto a firmare la pace di Lubecca, con la quale rinunciava ad ogni ingerenza contro l’impero. Fu
promulgato anche l’editto di restituzione, con il quale l’imperatore invitava i protestanti a restituire
tutti i beni confiscati alla Chiesa cattolica.

Questo provvedimento provocò la reazione del re svedese Gustavo II Adolfo, che aprì la 3° fase del
conflitto: la fase svedese. L’esercito nazionale svedese, dopo aver stipulato un trattato di alleanza
con il cardinale Richelieu, annientarono l’esercito asburgico nella battaglia di Breitenfeld. Una
volta che gli svedesi occuparono la città di Monaco (centro della Lega Cattolica), Ferdinando II
richiese l’intervento di Wallenstein, che però venne sconfitto nella battaglia a Lutzen (1632). Dopo
questa serie di sconfitte, Ferdinando II decise di porre fine agli scontri, revocando l’editto di
restituzione e stipulando la pace di Praga: la Svezia si ritirò. La Francia, di fronte a questa
riaffermazione del controllo asburgico sull’Europa centrale, decise di intervenire personalmente.
La fase francese vide schierarsi da una parte l’Impero e la Spagna, e dall’altra la Francia di Richelieu,
l’Olanda, la Svezia, il Piemonte e Venezia. Gli scontri si conclusero con la vittoria olandese nella
battaglia navale delle Dune e la vittoria francese nel 1643 a Rocroi. Nel frattempo, il nuovo
imperatore Ferdinando III, di fronte ad un paese devastato sia economicamente che umanamente,
decise di stipulare definitivamente, nel 1648, la pace di Westfalia.
L’Italia fu toccata solo in parte dal conflitto quando scoppiò la Seconda Guerra del Monferrato,
durante la quale le truppe di Wallenstein attraversarono la Lombardia (saccheggiando Mantova), ed il
Piemonte fu invaso e devastato dai Francesi. Inoltre, le truppe imperiali dei lanzichenecchi causarono
la diffusione di una terribile pestilenza (narrata nei promessi sposi) che colpì Milano. Le parti
raggiunsero un accordo con il trattato di Cherasco, con il quale si divisero alcuni territori del
Piemonte e della Lombardia. Il duca Vittorio Amedeo I di Savoia divenne re del Piemonte.

La pace di Westfalia: un nuovo assetto geopolitico per l’Europa e il


mondo
L’impero dovette firmare 2 trattati di pace in 2 città diverse di Westfalia: il 1° a Munster con i
Francesi (cattolici), e il 2° a Osnabruck con i protestanti. Dal punto di vista religioso, la pace di
Westfalia chiuse la guerra religiosa tenutasi in Germania, e affermò l’esistenza di 3 confessioni:
cattolica, luterana e calvinista. Inoltre, ai sudditi dell’Imperatore era consentito professare il proprio
culto, e l’imperatore rinunciò alla restituzione delle proprietà confiscate dai protestanti.
Dal punto di vista politico, la pace di Westfalia sancì il fallimento del disegno asburgico di
realizzare l’unità politica e territoriale dell’impero, ed inoltre, agli Asburgo rimase solo il dominio
dinastico su Austria, Boemia e Ungheria.

Per quanto riguarda le altre potenze:


● La Francia e la Svezia acquisirono nuovi territori;
● La Repubblica delle Province Unite venne riconosciuta indipendente dalla Spagna;
● La Confederazione Svizzera fu riconosciuta indipendente e autonoma;
● La Prussia-Brandeburgo garantì le basi territoriali per diventare una grande potenza.
Inoltre, la pace di Westfalia consolidò il principio dell’equilibrio tra le maggiori potenze europee.
Tuttavia, la guerra portò diverse conseguenze sul piano europeo, come l’arresto dell’incremento
demografico, il ricomparire di una violenta epidemia di peste e la devastazione delle campagne.

I paesi dell’Est Europa: Russia e Polonia


Il sovrano russo Ivan IV “il Terribile” si fece incoronare imperatore con il titolo di zar, ed avviò
una politica autocratica volta a unificare il Paese e a riaffermare il potere imperiale sulla nobiltà
terriera: i boiari (lo zar li perseguitò). Diede avvio anche ad una politica volta ad accentrare
l’amministrazione, e creò un corpo di funzionari devoti allo zar chiamato opricnina. Iniziò anche
una politica di espansione territoriale occupando Kazan e Astrakan e dando l’avvio alla
colonizzazione della Siberia (lavoro affidato alle tribù dei cosacchi).

Alla morte di Ivan IV il paese fu invaso da una serie di lotte per la successione (età dei torbidi), che
si conclusero con l’affermazione del nuovo zar Michele Romanov, e la sua politica fu caratterizzata
da un forte accentramento del potere. Dopo la sua morte, nuovo zar divenne Alessio Romanov, il
quale creò un importante codice giudiziario, ed iniziò una serie di riforme della liturgia ortodossa
per uniformare il culto russo a quello greco. Obiettivo delle riforme era la centralizzazione
dell’apparato ecclesiastico, che portò all’affermazione del primato dell’autorità imperiale su quella
ecclesiastica.

In Polonia, invece, la predicazione controriformistica dei gesuiti fece diventare il paese baluardo
della Chiesa Cattolica nell’Europa Orientale, tanto che il cattolicesimo si connotò come elemento
dell'identità nazionale polacca. La società polacca si basava su un potente ceto nobiliare terriero, e
con la morte dell’ultimo Jagellone, Sigismondo II, la monarchia si trasformò da ereditaria in elettiva.
La nobiltà, però, elesse come sovrano nel 1587 Sigismondo III Vasa, facendo entrare la Polonia in
un periodo di conflitti al termine dei quali dovette cedere una serie di territori. Inoltre, a questo si
aggiunse anche una grave crisi economica che avviò il Paese alla decadenza.

La costruzione dell’assolutismo: la Francia da Mazzarino a Luigi XIV


Con Luigi XIV si affermò totalmente il processo di formazione di uno Stato Assoluto. Il potere, dopo
la morte di Richelieu, passò al cardinale Mazzarino, e allo stesso tempo la reggenza venne affidata a
Anna d’Austria, madre del piccolo Luigi XIV. Mazzarino, godendo della fiducia di Anna, governò a
pieni poteri, riuscendo a fermare la guerra dei 30anni e a promulgare la pace di Westfalia. Allo stesso
tempo, tuttavia, ci fu un periodo di profonda instabilità finanziaria, che costrinse Mazzarino ad
aumentare l’imposizione fiscale e ad accentrare le funzioni di governo. Nacquero così 2 ribellioni dei
ceti privilegiati: la Fronda. La prima (1648) fu operata dalla nobiltà di toga, che, rifiutando di pagare
alcuni editti fiscali imposti a loro, si pose in aperto contrasto con la Corona. La “Fronda popolare”
occupò l’intera città, ma venne stroncata dall’intervento dell’esercito. Nel 1650 avvenne la 2°: la
“Fronda nobiliare” dell’alta borghesia, organizzata dal principe di Condé, riuniva sotto un’unica
unione la nobiltà di toga, principi di sangue reale, comandanti francesi ecc… Mazzarino fu costretto a
fuggire con Anna e Luigi XIV, ma Condé fece un errore: si alleò con gli spagnoli. Questo provocò la
reazione popolare: Condé fu sconfitto e Mazzarino, Anna e Luigi ritornarono in Francia.

In seguito, grazie all'alleanza con gli inglesi, Mazzarino sconfisse gli Asburgo di Spagna. La pace dei
Pirenei (1659) spartì diversi territori spagnoli tra Francia e Inghilterra. Essa sancì la definitiva
decadenza della Spagna e il rafforzamento della Francia, consolidato anche grazie al matrimonio
Maria Teresa di Spagna e Luigi XIV. Luigi prese finalmente il potere nel 1661, attuando un perfetto
modello di assolutismo monarchico, ma prima dovette riorganizzare lo Stato:
1. accentrò i poteri politici e decisionali nelle sue mani;
2. ridusse i poteri autonomi del Paese;
3. svuotò i Parlamenti e gli Stati generali di ogni potere effettivo;
4. intervenne in ambito economico (revisione fiscale e riordino della finanza);
5. formò un esercito permanente;
6. esercitò il suo controllo sulla vita sociale e religiosa dei suoi sudditi;
7. nelle province affidò il potere agli intendenti;
Infine, sostituì il particolarismo feudale con un rigido centralismo, poiché riservò le cariche più
importanti solo a affidate e utili persone. La nobiltà feudale mantenne molti dei suoi privilegi, ma era
svuotata da ogni contenuto politico (semplici cariche onorifiche).

Il sistema politico di Luigi XIV e il colbertismo


L’amministrazione statale era affidata al Consiglio superiore, organo ristretto che però prendeva le
decisioni più importanti. Il Sovrano si avvaleva di un sistema di Consigli, con cui si occupava del
rapporto con le province, delle decisioni giuridiche e fungeva anche da tribunale di giustizia. Ruolo
più prestigioso fu il "controllore generale del Consiglio delle finanze”, affidato a Jean-Baptiste
Colbert (controllava tutta la politica economica francese). Invece, gli intendenti in periferia avevano
il compito di applicare le disposizioni del re nelle province. Esisteva anche un ceto intermedio tra
nobiltà e Sovrano che serviva a garantire l’ordine e la gerarchia dello Stato centrale. Infine spostò la
sede regale a Versailles. Fu uno splendido mecenate, e seppe usare la cultura come uno strumento di
potere: seppe diffondere una cultura ufficiale, che non ammetteva dissensi, ed ogni forma di
contestazione veniva censurata e multata.

Egli pretese anche di esercitare il controllo delle coscienze dei sudditi in campo religioso, in modo
tale da prevenire ostacoli al suo potere. Operò così in 2 direzioni:
● sottomise sotto il suo potere l’episcopato cattolico;
● mosse guerra al calvinismo.
Fece approvare anche dal clero il gallicanesimo, che stabiliva la superiorità del sovrano e della
Chiesa di Francia sul papa. Innocenzo XI reagì iniziando un lungo conflitto con Luigi XIV.
Intraprese anche una dura lotta contro gli Ugonotti (protestanti che in alcune province costituivano la
maggioranza), limitando la loro libertà di culto e politica. Attraverso ogni sorta di persecuzione, di
violenza e di vessazione (come nel caso delle dragonnades, spedizioni anti-ugonotti), gli ugonotti
furono tutti costretti all’abiura. Con l’editto di Fontainebleau impose la religione ufficiale dello
Stato: il cattolicesimo. Molti “eretici” dovettero scappare in terre straniere.
Eliminati gli ugonotti, fu la volta dei seguaci del Giansenismo, corrente religiosa cattolica fondata da
Giansenio, caratterizzata da alcuni aspetti molto simili al calvinismo. Luigi XIV ordinò una serie di
persecuzioni, che finirono con la distruzione del monastero di Port-Royal. Il giansenismo fu
condannato anche da Papa Clemente XI, con la bolla Unigenitus Dei Filius. Luigi si servì di tutte
queste persecuzioni per affermare le pretese gallicane e per imporre il controllo dello stato sulle
coscienze dei francesi.

Dopo la Guerra dei 30anni, il sovrano affidò l’opera di risanamento economico a Colbert. Egli
trasformò la Francia in un Paese commerciale, industriale e marinaro, e promosse la formazione di
compagnie privilegiate per il commercio d’oltremare. Stimolò il sorgere di nuove industrie nazionali e
settori produttivi. La politica mercantilistica di Colbert di concretizzò in una serie di interventi rivolti
a ristrutturare l’intero sistema produttivo:
1. per favorire i commerci furono costruite nuove infrastrutture e migliorati i canali navigabili;
2. per unificare il mercato interno francese furono soppresse le dogane e fu avviato un
programma di unificazione dei sistemi fiscali;
3. per incentivare l’agricoltura fu promossa l’introduzione di nuove culture;
4. per creare prodotti competitivi furono promosse le grandi manifatture reali, che affermarono
in tutta Europa un nuovo gusto per lo stile francese, alimentando la richiesta di quest’ultimi.

Le guerre di Luigi XIV


La politica espansionistica di Luigi XIV mirava ad affermare l'egemonia francese su tutta l’Europa.
Intraprese così una serie di guerre di conquista economica e territoriale. La prima fu la guerra di
devoluzione, principio secondo il quale sia i figli maschi sia le figlie femmine di primo letto potevano
ereditare il patrimonio paterno, con lo scopo di strappare alla Spagna le Fiandre poiché la moglie di
Luigi XIV aveva il diritto di ereditare quei territori (e dato che non era stata pagata la somma per
rinunciare a quei territori). La Spagna e i Paesi Bassi si ribellarono, ma con la pace di Aquisgrana
(1668) i conflitti terminarono: alla Francia furono riconosciute 12 città delle Fiandre. Altra guerra fu
quella d’Olanda, che fu difesa però da Guglielmo III d’Orange, il quale formò una coalizione con
altri Stati contro la Francia. Venuto meno l’intervento inglese, la Francia si risolse a firmare la pace
di Nimega (1678), che assegnò alla Francia solo la Franca Contea. La 3° guerra fu la guerra della
Lega di Augusta, contro tutti gli stati del centro e del nord d’Europa. Il Re Sole fu costretto a firmare
la pace di Ryswick, con la quale rinunciò ai territori annessi dopo la pace di Nimega.

La guerra di successione spagnola fu combattuta per spartire i territori della corona di Spagna.
L’ultimo erede asburgico designò come suo successore Filippo duca d’Angiò, nipote di Luigi XIV, a
condizione che rinunciasse a unire la corona spagnola con quella francese. Molti stati furono contrari
a questa decisione, ed entrarono in guerra contro la Francia, decisi a impedire l’espansione francese
sulla penisola iberica. Si giunse poi a 2 paci: di Utrecht e di Rastadt. Filippo divenne re, ma dovette
rinunciare a ogni diritto sul trono di Francia, e ai domini d’Italia e dei Paesi Bassi (l’Italia passò sotto
l'influenza austriaca). A Utrecht, l’Inghilterra ottenne il permesso di commerciare con le colonie
spagnole d’America e ottenne il diritto di esercitare la tratta degli schiavi africani. A Rastadt vennero
sanciti i territori ottenuti dalla Francia, ma anche quelli che doveva restituire.
L'Inghilterra di Giacomo I Stuart
Giacomo I Stuart unificò le 2 corone di Inghilterra e Scozia e mise in atto il suo progetto di
accentramento monarchico assolutista attraverso una politica che prevedeva:
● la riaffermazione dell’autorità della Chiesa Anglicana;
● la non convocazione del Parlamento;
● l’imposizione di una forte tassazione, che danneggiò soprattutto i gentry;
● la creazione di una nuova aristocrazia, attraverso la vendita di cariche e titoli onorifici.
La sua azione politica, però, incontrò l’opposizione decisa dei membri del Parlamento, timorosi di
perdere i propri privilegi e di subire una calo delle esportazioni, e perciò dell’economia.

Altra opposizione la rappresentavano i cattolici e i puritani, avversi all’autoritarismo regio e alla


gerarchia episcopale anglicana. Si sfociò in persecuzioni, che costrinsero molti ad emigrare: tra questi
vi furono i padri pellegrini che a bordo della Mayflower raggiunsero il Nord America, dove fondarono
la colonia del Massachusetts.

La prima rivoluzione inglese e la presa del potere di Cromwell


La prima rivoluzione inglese avvenne tra il 1625 e il 1658. Tutto iniziò quando salì al trono Carlo I
Stuart, che accentuò il progetto assolutistico del padre, arrivando a convocare il Parlamento solo ogni
2 anni. Tuttavia, ben presto si trovò nella necessità di denaro, ma il Parlamento si rifiutò di dare
qualsiasi contributo fiscale. Nel 1628, la Camera dei Comuni presentò al re il Petition of Rights, con
cui ricordavano al re i diritti del costituzionalismo inglese (Magna Charta), aprendo definitivamente
lo scontro. Carlo accettò la petizione e ricevette il denaro che chiedeva, ma ben presto ritornò al suo
governo personale privo dell’approvazione parlamentare. Con il tempo iniziò a reprimere ogni forma
di opposizione politica e religiosa (istituendo la Camera Stellata e la Camera di alta commissione),
e concesse privilegi, monopoli commerciali, e tributi senza l’approvazione del Parlamento. Per
consolidare il suo potere, infine, cercò l’appoggio della Chiesa anglicana per tentare
un’uniformità religiosa, a scapito dei puritani e dei presbiteriani. Il conflitto si combinò così con
fattori religiosi.

La situazione cambiò quando la Chiesa presbiteriana scozzese rifiutò di adottare il Prayer Book. Il re
convocò le 2 camere perché finanziassero la guerra contro gli scozzesi. In questo tempo sciolse il
Parlamento per 2 periodi, una volta per aver messo in stato d’accusa la politica del re (Corto
Parlamento - 3 settimane in carica), e l’altra perché sconfitto dagli scozzesi (Lungo Parlamento - si
sciolse nel 1653).
La situazione si complicò con lo scoppio di una rivolta cattolica in Irlanda contro la dominazione
inglese (1641). Nello stesso tempo il Parlamento presentò la “Grande rimostranza”, nella quale
erano riassunti i motivi di contrasto con la Corona:
1. abolizione delle tasse arbitrarie;
2. abrogazione degli organi speciali dell’assolutismo;
3. diritto del Parlamento di approvare la nomina dei consiglieri del re;
4. approvazione di un atto che impedisse lo scioglimento del Parlamento senza il consenso dei
suoi membri.
Carlo I, approfittando della situazione di incertezza, nel 1642 irruppe nel Parlamento con
l’intenzione di arrestare i capi dell’opposizione, ma fallì: fu costretto ad abbandonare lui stesso la
capitale. Iniziava la guerra civile.
Con il re si schierò l’alta nobiltà, e con il Parlamento la gentry, gli yeomen, la borghesia cittadina e di
puritani. Le molteplici schiere si distinguevano per le loro tendenze moderate o radicali:
● i moderati (mercanti più ricchi) erano inclini a conservare l’istituto monarchico ed erano
favorevoli ad una Chiesa di Stato;
● i radicali (piccola e media borghesia) propugnavano l’abbattimento della monarchia e
l’istituzione di un regime repubblicano - molti si dichiararono “indipendenti”.
Tra gli indipendenti vi erano i levellers, che predicavano la sovranità popolare, suffragio universale e
la piena libertà religiosa.
A capo delle forze militari del Parlamento fu posto Oliver Cromwell, che creò il New Model Army,
esercito costituito dai volontari che era riuscito a portare dalla parte parlamentare. Il New Model Army
riuscì ad abbattere l’esercito regio, anche nella battaglia di Naseby (1645). Tuttavia, la maggior parte
del Parlamento era deciso a trovare una conciliazione con il re, e quando l’esercito fu dunque sciolto,
le truppe insorsero, appellandosi al mancato pagamento degli arretrati.

Nel 1648, Carlo I venne definitivamente sconfitto nella battaglia di Preston. Durante il processo, i
parlamentari cercarono di riaprire le trattative con il sovrano, ma Cromwell irruppe nella Camera
dei Comuni facendo arrestare tutti coloro contrari al procedimento contro il re. Coloro che rimasero
costituirono il Rump Parliament. Nel 1649 venne convocata un’altra assemblea, dove Carlo I venne
condannato a morte e decapitato. La monarchia venne abolita e fu istituito il Commonwealth, la
Repubblica unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda. Nel mentre Carlo II venne riconosciuto re da
una buona parte degli irlandesi e degli scozzesi, e Cromwell, capo del Commonwealth, condusse 2
campagne militari di repressione contro l’Irlanda e la Scozia.

In campo internazionale Cromwell puntò all’espansione commerciale inglese, e per togliere agli
olandesi il primato sui traffici internazionali proclamò il Navigation Act (nessuna merce inglese o
destinata all’Inghilterra poteva essere affidata per il trasporto a navi straniere). Gli olandesi reagirono
attraverso una dura guerra conclusasi con la loro sconfitta e con il riconoscimento della supremazia
marittima britannica su tutte le rotte oceaniche. Si apriva la fase dell’imperialismo inglese.
In politica interna fece tacere le pretese dei diggers e dei levellers, e sciolse il Parlamento e lo sostituì
con una camera di rappresentanza: Little Parliament. Nel 1653 sciolse definitivamente l’assemblea,
assumendo anche il titolo di lord protettore d'Inghilterra, Scozia e Irlanda. Il governo di Cromwell
assunse i connotati di una dittatura militare, la cui politica assolutistica fu diretta alla soppressione
dei privilegi nobiliari e all’eliminazione dell’autonomia delle città e delle contee. Anche il clero fu
sottoposto al controllo di un’apposita commissione incaricata di giudicarne il comportamento.

La Nascita del costituzionalismo inglese: la Gloriosa rivoluzione e il


Bill of Rights
Alla morte di Cromwell, successore divenne il figlio Richard, che non seppe però tenere il potere.
Dopo il suo ritiro, le forze parlamentari restaurarono la monarchia con Carlo II Stuart come
nuovo re, il quale firmò fin da subito la Dichiarazione di Breda, con cui si impegnava a governare
insieme al Parlamento, a concedere un’amnistia generale e a tollerare la libertà di coscienza.
Promulgò anche l’Editto di indennità e perdono con cui cancellò i delitti contro la monarchia, ma
perseguitò i responsabili della morte del padre. Carlo II, però, mostrò fin da subito un atteggiamento a
tratti assolutistico e filocattolico, e il Parlamento, che temeva un ritorno alla restaurazione papista,
votò il Test Act, con il quale si escludevano dalle cariche pubbliche tutti i non anglicani. Con
l’Habeas Corpus Act, si sancì anche il principio dell’inviolabilità della persona. Tuttavia, la frattura
tra la Corona e il popolo inglese si aggravò con la salita al trono di Giacomo II Stuart (cattolico), il
quale non si fece scrupolo a violare il Test Act, nominando nel Parlamento alcuni lord cattolici.

La minaccia di restaurazione assolutista e papista si fece più concreta quando Giacomo II annodò i
rapporti con Roma e Luigi XIV, e tentò di abolire il Test Act. I capi del Parlamento chiesero così
l’aiuto dello statolder Guglielmo d’Orange affinché intervenisse in difesa delle libertà religiose e
politiche inglesi. Giacomo dovette fuggire da Luigi XIV, e il Parlamento riconobbe come propri
sovrani Guglielmo d’Orange (III) e Maria Stuart. Si trattò di una rivoluzione pacifica, detta
“Gloriosa Rivoluzione”, che portò alla formazione della monarchia costituzionale.

I due sovrani proclamarono il Bill of Rights, un documento che poneva dei limiti al potere del
sovrano. Nasceva la prima monarchia parlamentare fondata sulla sovranità della nazione, che
imponeva la collaborazione tra il re ed il Parlamento (il Bill of Rights sanciva anche la separazione
dei poteri legislativo ed esecutivo). Con la nascita del costituzionalismo inglese, si affermò in
Inghilterra il sistema dei partiti, che assunse presto la forma del bipartitismo, il confronto politico
tra 2 partiti opposti:
1. quello conservatore, i tory, rappresentava gli interessi dei grandi proprietari aristocratici,
legati alla Chiesa anglicana e al legittimismo dinastico.
2. quello liberale, i whigs (borghesia mercantile), sosteneva il Parlamento.
La nascita della monarchia parlamentare fu poi suggellata da alcune riforme, come quella del
Triennal Act, che imponeva la convocazione del Parlamento almeno ogni 3 anni, quella
dell’abolizione della censura per la stampa, e l’Act of Settlement, che regolava la successione al
trono, escludendo i cattolici Stuart in favore dei protestanti Hannover.

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