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STORIA E ISTITUZIONI DELL’AMERICA LATINA

Periodo coloniale (1492-1800)

Questo periodo vede i processi di scoperta, conquista e colonizzazione dei territori e il consolidarsi del regno di Spagna e del
regno del Portogallo. Nell’approdare nelle Americhe, Colombo attraversa la linea stabilita con i trattati di Alcáçovas-Toledo
del 1479-89, che divideva la parte dei territori che spettava alle spedizione degli Spagnoli a nord e quella dei portoghesi a sud.
Perciò nel 1493 viene posta la questione di legittimità delle spedizioni a Papa Alessandro VI, il quale emana la Bolla Papale
Inter Caetera in cui sposta la linea in verticale a 100 leghe ad ovest da Capo Verde e stabilisce che gli spagnoli possono
spingersi ad ovest e i portoghesi ad est. Questa bolla non corrisponde però agli interessi del Portogallo e quindi nel 1494 viene
firmato il trattato di Tordesillas in cui la linea viene spostata a 370 leghe da Capo Verde.

I territori spagnoli vengono divisi in quattro vicereami che vengono divisi in provincias, audencias e capitanías generales. I
primi due che si formano sono Nueva España nel 1535 e Perù nel 1542, mentre successivamente nascono Nueva Granada nel
1717 che si stacca dal Perù e il vicereame del Rio de la Plata nel 1776. Le capitanie rappresentano zone strategiche dove gli
spagnoli avevano lasciato le proprie truppe. È proprio la presenza di maggiori truppe che fa sì che in quelle zone ci saranno
ritardi nei processi di indipendenza. Per quanto riguarda i territori portoghesi inizialmente non c'è un particolare interesse sulla
conquista. Tra il 1532 e il 1548 creano 15 capitanie ereditarie che sono avamposti sulle coste dalle quali poi si addentrano. Nel
1565 viene fondata la città di Rio de Janeiro che permette di controllare l’espansione spagnola e nel 1763 viene fondato il
vicereame, con sede e poi capitale fino al 1961 Rio de Janeiro. In entrambi i territori vengono inviati funzionari coloniali dalla
madrepatria, che si occupano dell’amministrazione, e si forma un’élite locale coloniale composta da creoli, i discendenti dei
conquistatori. Questa élite creola svolge un ruolo fondamentale nel commercio e nella cultura e grazie a loro scoppieranno i
moti rivoluzionari. Il commercio delle Indie era molto legato al monopolio della madrepatria di cui i territori americani
rappresentavano solamente una periferia economica. La madrepatria vieta quindi il commercio tra i vicereami in quanto il loro
unico scopo era quello di fornirle materie prime. In entrambi i territori viene introdotto un ordinamento politico e giuridico
(leggi, decreti, norme) misto, che riprende le regole del diritto della madrepatria e inserisce il diritto indiano, volto a risolvere i
problemi specifici delle colonie.

Condizioni della popolazione

In epoca coloniale si assiste ad uno scontro tra due civiltà, quella locale indigena, e quella europea. L'impero spagnolo
sosteneva che la popolazione locale fosse molto arretrata e quindi aveva bisogno di essere istruita e convertita alla religione
cattolica e alla civiltà europea. Si assiste quindi da un lato alla politica di limpieza de sangre, ovvero purezza di razza e
dall’altro ad un genocidio silenzioso dovuto alle conquiste, alle guerre, alle malattie e allo sfruttamento: si passa da 40-60
milioni a 5-8 milioni in soli quattrocento anni. Per questo motivo l’impero si apre anche a tratte di schiavi dall’Africa,
soprattutto verso il centro America dove la presenza di indigeni era minore, per lavorare nelle piantagioni.

Per quanto riguarda la condizione giuridica degli abitanti si verificano tre diverse realtà, in base ai diversi tipi di popolazione.
Nei popoli sedentari, l'indigeno viene assegnato ai conquistatori-coloni attraverso l’encomienda. All’encomendero vengono
assegnati indigeni, con le proprie terre e villaggi, che in cambio di lavoro (forzato) potevano ricevere istruzione. Nel 1511 Fray
Antonio de Montesinos assistendo alla situazione degli indigeni a Santo Domingo, afferma che gli indigeni non possono essere
trattati come schiavi. Tra il 1512 e il 1514 vengono quindi pubblicate le leggi di Burgos in cui viene istituito il Requerimiento
ovvero un testo che va letto agli indigeni per far capire loro che sono sudditi del regno spagnolo. Il Requerimiento si apriva con
la spiegazione dell’esistenza di Dio e proseguiva poi con un’ingiunzione rivolta a chi ascoltava di capire quanto detto,
riconoscere la chiesa come sovrana universale, accettare i re di Spagna come sovrani delle terre e consentire il diritto di
predicare la religione. Se accettavano queste condizioni diventavano sudditi, se invece si opponevano potevano essere ridotti in
schiavitù. Questo Requerimiento, per differenze culturali e linguistiche, non veniva però spesso capito dagli indigeni che
venivano trattati come schiavi. Quindi nel 1537 Papa Paolo III con la Bolla Sublimis Deus Indios veros homines esse dichiara
che gli indigeni sono esseri umani e quindi devono essere liberi, ma l’encomienda viene mantenuta in quanto strumento di
protezione e istruzione per gli indigeni, considerati minori e incapaci. Questa condizione dura fino ai moti rivoluzionari, dato
che l’encomienda è ereditaria, e nell’Ottocento gli indigeni, partecipando ai moti rivoluzionari, diventano uomini liberi. In
realtà non diventano davvero liberi ma avviene quella che viene chiamata inclusión simbolica, dato che rimaneva l'obiettivo di
una società bianca e omogenea.

Le riduzioni gesuitiche (1609-1768) si riferiscono invece a missioni che vengono fondate con il proposito di convertire alla
religione cattolica e obbligare a vivere in queste aree gli indigeni, come uomini liberi. Vengono create 33 missioni in un'area di
circa 100.000 km², che comprendevano circa 2500-7000 abitanti ciascuna. Queste riduzioni si mantengono per un secolo e
mezzo fino a quando vengono soppressi gli ordini dei gesuiti (nel 1759 in Portogallo e nel 1767 in Spagna) e poi espulsi nel
1768. Nel 1773 viene abolito definitivamente l’ordine dei Gesuiti da papa Clemente XIV ma viene poi riammesso nel 1814 da
papa Pio VII. Alcune di queste aree vengono conquistate, mentre altri indigeni riescono a scappare.

Per quanto riguarda i popoli non sedentari che vivevano nell’estremo sud, nel 1573 Filippo II aveva ordinato di avanzare le
spedizioni per scoprire nuovi territori e nuove popolazioni, ma l’occupazione era difficile e venne quindi svolta in modo
pacifico, con trattati di pace, scambio dei prigionieri e commercio.

Processi di indipendenza (1810-1824)

La rottura del vincolo coloniale avviene con percorsi diversi tra territori coloniali spagnoli e portoghesi, entrambi però
innescati con le invasioni napoleoniche. Per quanto riguarda i processi di indipendenza tra Portogallo e Brasile, a fine
novembre del 1807, a causa dell’invasione di Napoleone in Portogallo, la corte di Lisbona, aiutata dalle 36 navi scortate dalla
Gran Bretagna, lascia il Portogallo ed arriva in Brasile. Sono circa 10mila persone, tra cui Giovanni VI e la corte, e oggetti tra
cui arredi, uffici, archivi e biblioteche. Nel 1808, la corte raggiunge Rio de Janeiro che diventa sede della casa regnante. Dato
che la Gran Bretagna aveva aiutato in questo processo si instaurano fin da subito rapporti commerciali. Nel 1821 dopo essere
stato liberato dal dominio francese, il nuovo governo creato a Lisbona, chiama re Giovanni VI a tornare in patria. Il governo
cerca di adottare misure di ricolonizzazione per non perdere il dominio sulla colonia brasiliana, che però non vengono
accettate. Nel 1822 Pedro I, figlio di Giovanni VII, decide di staccarsi in maniera pacifica dichiarando l'indipendenza del
Brasile. Nel 1824 viene istituita una costituzione monarchica con a capo Pedro I. Nel 1831 sale al potere Pedro II che rimane il
potere fino al 1889 quando è costretto ad abdicare e il Brasile diventa una repubblica.

Per quanto riguarda i processi di indipendenza dei territori spagnoli, agli inizi dell'Ottocento i territori coloniali spagnoli erano
abitati da 17-18 milioni di abitanti di cui 8 milioni indigeni, 1 milione neri (introdotti attraverso le tratte di schiavi dall’Africa),
5 milioni mezcla e 4 milioni creoli. Tra le cause endogene si possono quindi individuare questi continui e profondi mutamenti
sociali e l'insoddisfazione dell'élite creola. Questa élite veniva infatti esclusa da cariche amministrative e non veniva
rappresentata nel consiglio delle Indie in madrepatria che era composto solo da spagnoli. Inoltre, rivendicava il fatto che era
una popolazione colta che studiava e viaggiava, e chiedeva libertà di commercio tra i vicereami. Tra le cause esogene invece ci
sono i nuovi modelli di rivoluzione che si diffondono, come la rivoluzione degli Stati Uniti (1776) o la rivoluzione francese
(1789). Le ex colonie inglesi oltre ad essere un modello volevano aiutare le colonie spagnole a raggiungere l’indipendenza per
cacciare le potenze europee dal continente americano e stabilire relazioni commerciali con l’America Latina.

L’evento che fa scoppiare i moti rivoluzionari è l’invasione napoleonica. Dopo essersi recato in Portogallo, Napoleone decide
nel 1808 di occupare il regno di Spagna e obbliga Fernando VII ad abdicare in favore di Giuseppe Bonaparte. Sia la penisola
che le colonie insorgono, dichiarando l’illegittimità dell’abdicazione e rifiutando la presenza dei Francesi, instaurati a Madrid.
In Spagna comincia la resistenza contro i francesi, che spingono gli spagnoli a Cadice, dove si instaura un governo liberale
fedele alla corona. Nel 1812 a Cadice viene istituita una Costituzione liberale, per la quale vengono invitati anche i
rappresentanti delle colonie, i cui interessi vengono però schiacciati dalla maggioranza spagnola. Tra il 1820 e il 1823 viene
fatto un colpo di stato liberale e viene reintrodotta la costituzione, ma dal 1823 al 1833 torna la monarchia assoluta.

La notizia della caduta del re provoca scompiglio nelle colonie, in cui le élite creole decidono di creare delle Juntas, o cabildos
abiertos, nelle principali città (Caracas e Buenos Aires) per governare in assenza del monarca. Queste Juntas dichiarano
l’illegittimità dell’abdicazione di Fernando VII e assumono il potere in via transitoria in nome del sovrano. Sconfitti i francesi,
nel 1814 torna al potere Fernando VII che dichiara nulla la costituzione di Cadice e decide di restaurare l’assolutismo, facendo
particolare attenzione nel riportare ordine nelle colonie. È allora che prende il via la vera e propria guerra per l’indipendenza
dal dominio spagnolo. I due principali esponenti sono Simon Bolívar, che ha guidato la liberazione della Colombia, del
Venezuela, dell’Ecuador e del Perù e José de San Martin, che attraversa le Ande fino ad arrivare in Perù dove si incontra con
l’altro libertador. Nella sierra del Perù si uniscono e sconfiggono definitivamente le truppe spagnole nell’America del Sud, con
la battaglia di Ayacucho del 1824. Simon Bolivar è colui che fonda la Gran Colombia, sostenendo la necessità di allearsi per
difendersi contro l'espansionismo e affermare il panamericanismo.

Per quanto riguarda la Francia, Napoleone cerca di instaurare rapporti con le colonie, per convincerle a giurare fedeltà a
Giuseppe Bonaparte. Quando però scoppiano i moti decidono di non opporsi ma anzi appoggiare la rivoluzione. Anche gli
Stati Uniti appoggiano i moti rivoluzionari e cominciano a pubblicare libri sulla storia di indipendenza e la costituzione in
spagnolo così da diffondere l'idea di rivoluzione e di indipendenza. Nel 1822 riconoscono la Gran Colombia, il Messico, e altri
stati e cominciano a dare il loro appoggio a Cuba. Nel 1823 enunciano la dottrina Monroe che è un avvertimento agli stati
europei affinché non intervengano negli affari dei nuovi stati americani. Questa dottrina ha due principali obiettivi: allontanare
le potenze europee e proiettare la propria civiltà, dominando l’emisfero settentrionale al fine di elevare la condizione dei popoli
che erano stati sottomessi. Anche la Gran Bretagna svolge un ruolo importante in questo periodo. In primo luogo, sostiene la
corte di Lisbona quando viene attaccata da Napoleone, diventando quindi partner commerciale del Brasile. Inoltre, dopo un
primo temporeggiamento, sostiene i moti rivoluzionari dei territori spagnoli, in modo da stabilire rapporti commerciali con
tutto il continente. Soprattutto nella seconda metà dell'Ottocento, definito il secolo britannico, diventerà il maggior partner
commerciale dell'America Latina.

Periodo di lunga attesa (1824-1850)

Durante i primi decenni successivi alle guerre d’indipendenza i territori spagnoli vivono un periodo di lunga attesa,
caratterizzato da instabilità politica e stagnazione economica. L’instabilità politica, chiamata anche febbre costituzionale, si
manifesta soprattutto nell'impossibilità delle nuove autorità politiche di imporre l’ordine e di fare valere la legge delle loro
costituzioni sui territori delle nuove nazioni, spesso soggetti alle continue lotte tra caudillos, ovvero militari e referenti che
tramite il loro carisma e la loro forza rivendicano il proprio potere. Questo periodo è inoltre caratterizzato da contrasti tra
centralismo e federalismo, tra stato e chiesa, tra liberali e conservatori, da dibattiti sul riconoscimento dei diritti e delle libertà e
sulle forme dell'ordinamento giuridico. Per quanto riguarda invece la stagnazione economica, la produzione e il commercio
soffrono degli effetti distruttivi delle guerre e dalla rottura del legame con la madrepatria. Le economie si trovano d’un colpo
prive dei vitali introiti del commercio coloniale e devono cercare nei nuovi partner commerciali, come per esempio la Gran
Bretagna. Questo ha contribuito all’instabilità politica, perché, non avendo le risorse necessarie per edificare le strutture e per
imporre la propria autorità, è difficile guidare il processo di state-building. Oltre a ciò, mancava un progetto unitario e
condiviso e spesso le élite creole avevano l'ambizione di sostituirsi alle autorità spagnole e proporre una nazione che ricalcasse
quella coloniale. Per quanto riguarda le cause sociali c'è invece l’assestamento tra le varie popolazioni che abitavano l'America
Latina. La popolazione era divisa tra creoli, indigeni, affidati a coloni, afro discendenti, destinati alla schiavitù, e spagnoli. Una
volta raggiunta l’indipendenza, le élite creole, decise a mantenere il potere, cominciano a pensare a cosa fare con gli schiavi.
Nel 1811 viene emanata la ley Libertad de Vientres in cui si stabilisce che i figli delle donne schiave devono essere
riconosciuti liberi, a partire dai 15-16 anni e poi sempre più avanti.

Costruzione degli stati-nazione (1850-1898)

Nella seconda metà del secolo, gli elementi che avevano causato instabilità e stagnazione economica si attenuano e i governi
sono finalmente in grado di imporre la legge sull'intero territorio nazionale. Prendono forma per la prima volta gli stati
moderni, caratterizzati dalle tipiche funzioni di esercizio del monopolio della violenza, creazione di un'amministrazione fiscale,
giudiziaria e scolastica nazionale, controllo e definizione delle frontiere esterne e istituzione di una costituzione effettiva. Nelle
nuove costituzioni vengono spesso ripetuti i concetti di Ordine e Progresso e di Pace e Amministrazione. In esse viene
introdotta l'idea di una repubblica in cui il potere sia diviso: da un lato, un potere esecutivo forte incarnato da un presidente
(presidenzialismo), dall'altro lato un potere legislativo appoggiato sul congresso e infine il potere giudiziario basato sul
modello degli Stati Uniti.

Dalla metà dell'Ottocento fino alla prima guerra mondiale, l'America Latina viene investita da un'ondata di globalizzazione. Il
commercio lievita a ritmi battenti e arrivano nuovi flussi di capitali. L'America Latina si integra nell'economia mondiale come
periferia, creando un patto neo-coloniale legato al principale partner commerciale, la Gran Bretagna. Si sviluppa quindi il
modello economico primario-esportatore basato sul libero mercato in cui l'America Latina si specializza nell'esportazione delle
materie prime di tre principali macro aree: minerali, prodotti tropicali e agro-pastorizia, e in senso contrario importano capitali,
tecnologia, saperi e manufatti. Come conseguenza si ha che da un lato l'America Latina vive il boom dei commerci, la
creazione di nuove infrastrutture, l'utilizzo di nuove terre fertili, l'avvio dell'inurbamento e l'espansione delle città, elementi che
comportano il consolidamento dello stato; dall'altro lato però l'economia rimane dipendente dalle esportazioni e dalla domanda
estera e quindi lo sviluppo dell'industria locale rallenta.

Questo periodo è caratterizzato anche da grandi cambiamenti sociali. Innanzitutto, aumenta l'immigrazione europea (14
milioni). Questo, insieme alle migliori condizioni di vita dovute alla fine della guerra, contribuisce ad un incremento
demografico. Ci sono anche processi di urbanizzazione e inurbamento, perlopiù diretto a una o poche città principali, e un
processo di scolarizzazione. I paesi avevano infatti alti livelli di analfabetismo e verso la fine del secolo si sviluppano quindi
nuovi sistemi educativi basati soprattutto sul modello anglosassone e statunitense. Grazie allo sviluppo economico si ha una
terziarizzazione, sia nel pubblico che nel privato, le élite cominciano ad essere più attratte dai valori borghesi, anche se ancora
legate ai latifondi, cambiano i ceti popolari e crescono i ceti medi.

Si ha quindi poi una trasformazione politica. Dalle oligarchie che possedevano il potere politico ed economico, si passa a
sistemi con rappresentanza e partecipazione politica delle nuove classi medie. Inoltre, nascono nuovi partiti politici, che
rappresentano le nuove classi, e i primi sindacati.
Sempre in questo periodo nei paesi dell'America Latina emerge il problema di migliorare la razza. Sul modello anglosassone,
gli stati latini aspirano ad avere immigrati europei, perché erano considerati superiori alle popolazioni indigeni Afro e mulatte.
A fine Ottocento, Cile ed Argentina invadono la popolazione della Patagonia, svolgendo attività di sterminio, di
smembramento e di smistamento e la popolazione indigena viene quindi dispersa. La conquista da parte del Cile avviene con la
Pacificación de Araucanía (1863 e 1880-83), mentre quella dell'Argentina con la Conquista del Desierto (1880). L'Argentina si
spinge poi nel Gran Chaco (1884-1930), in cui verranno creati dei latifondi di piantagioni da zucchero in cui gli indigeni
vengono costretti a lavorare.

Prima metà del Novecento: populismi

Una volta stabiliti i paesi e l’economia, l’America Latina comincia un processo di modernizzazione. Si passa da una società di
élite a una società di massa, portando a lunghe crisi politiche economiche e sociali, di cui il riflesso sono le oligarchie incapaci
di costruire il consenso. In termini politici stava aumentando la domanda di democrazia e di partecipazione da parte dei nuovi
ceti sociali, proletariato e ceto medio, che formavano sempre più partiti, per chiedere elezioni libere e trasparenti. Tra le cause
economiche invece, ha influito la crisi del modello primario-esportatore, che con la Prima Guerra mondiale e la crisi del 1929
ha visto una riduzione delle entrate e un crollo del prezzo delle materie prime. Questa crisi ha portato i paesi latino americani a
sostituire quello che non potevano importare con prodotti delle industrie locali di facile produzione, spostandosi verso il
modello ISI (industrializzazione per sostituzione delle importazioni). Ciononostante, le esportazioni continuavano a
rappresentare il maggior fattore di crescita delle economie. Inoltre, i paesi hanno cominciato ad aprirsi sempre di più verso gli
investimenti da parte degli Stati Uniti, aumentando la loro egemonia e il loro senso di superiorità. La consapevolezza che il
modello primario-esportatore non fosse eterno come si pensava ha generato scarsità di beni, inflazione, disoccupazione che, in
assenza di sistemi previdenziali, ha portato a grosse rivolte e scioperi, spesso di stampo socialista, e a forte instabilità politica.

In alcuni casi questi elementi hanno portato alla nascita dei populismi. I populismi erano regimi fondati su ampie basi popolari
di cui ottenevano il consenso e a cui promettevano vaste politiche di distribuzione della ricchezza. Erano regimi, spesso
autoritari, volti alla giustizia sociale e a rappresentare il popolo nella sua complessità, che intendevano come una comunità
organica e omogenea oppressa da nemici che ne minacciavano l’unità. A loro capo spicca sempre un leader carismatico, che
dialoga con il popolo senza intermediari e che nega la legittimità agli avversari. Se da un lato erano grandi canali di
integrazione e nazionalizzazione delle masse, dall’altro spesso ricorrevano a pratiche politiche autoritarie, ostili al pluralismo e
in difesa dell’unità della nazione.

La fine della seconda guerra mondiale ha portato un’ondata di democratizzazione in tutta l'America Latina, che tuttavia è
durata pochi anni. Infatti, a partire dagli anni ‘50 e ‘60, la restaurazione autoritaria cominciava a prendere il sopravvento.
Anche l’economia subisce una forte crescita dopo la seconda guerra mondiale, quando i paesi europei in ricostruzione avevano
bisogno di materie prime. Dalla metà degli anni ‘50 però entra in una fase di stagnazione, che porta a maggiori tensioni sociali
e politiche, soprattutto nel campo dell’agricoltura. Dal punto di vista sociale, avviene un grande aumento della popolazione e
da processi di inurbamento, che hanno aumentato i divari tra città e campagna e tra centro e periferia. Per quanto riguarda
invece l’influenza degli Stati Uniti, si sviluppano il panamericanismo e l’anticomunismo. L’attuazione del panamericanismo si
può vedere in tre principali momenti: nel 1946, l’Atto di Chapultepec sancisce l’uguaglianza tra gli stati, il non intervento in
affari altrui e la sicurezza comune; nel 1947 il Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca stabilisce il principio di aiuto
reciproco in casi di un attacco ad uno stato; nel 1948 viene fondata l'Organizzazione degli Stati Americani (OSA).
L’anticomunismo, strategia prioritaria degli Stati Uniti, si espande anche negli stati latino americani e viene incarnato dalle
Forze Armate.

Il ciclo rivoluzionario: i conflitti armati interni

Dalla rivoluzione cubana e il mito che ne consegue, una parte dell’America Latina vive una lunga stagione rivoluzionaria,
guidata dalle guerriglie urbane, condotte in aree urbane o metropolitane (Montoneros e Tupamaros), o rurali (foquismo),
ovvero piccoli focolai di guerrieri organizzati nelle campagne (Sendero Luminoso e FARC). Nell’America Centrale, in Perù e
in Colombia c'era una forte presenza degli Stati Uniti, le forze politiche non erano in grado di far fronte alle trasformazioni
sociali ed economiche e continuavano ad avere un forte legame con le oligarchie terriere. Dall’altro lato il popolo chiedeva
riforme agrarie e maggiore partecipazione politica. Inoltre, la chiesa, che aveva sempre avuto un ruolo importante, comincia ad
essere più attiva, in nome della Teologia della Liberazione. Nel 1962 il Concilio Vaticano II aveva infatti ripensato le relazioni
con i fedeli, al quale la chiesa doveva essere più vicina. Nel Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM) viene messo in
atto quanto detto attraverso la pubblicazione della Teologia della Liberazione nel 1968, nella quale viene stabilita una
maggiore partecipazione della chiesa nell'aiutare attivamente la comunità. Questa teologia ispira molti membri del clero a
partecipare ed aderire alle guerriglie.
La crescita economica continuava ad essere molto fievole e la disoccupazione era sempre alta, se non per il settore terziario che
però non portava molti profitti. La forbice delle disuguaglianze cresceva sempre di più, generando forti conflitti sociali. La
maggior parte degli stati comincia quindi ad adottare un modello economico desarrollista, fondato sullo sviluppo dell’industria,
sul ruolo motore dello stato e sulla protezione del mercato interno. Tutto ciò porta in questi paesi alla nascita di una ideologia
marxista latinoamericanizzata in cerca di una democrazia fondata sull'uguaglianza sostanziale, sulla socializzazione dei mezzi
di produzione e sull’antimperialismo. Dall’altro lato, gli stati e le istituzioni, con il sostegno delle Forze Armate e degli Stati
Uniti, hanno cercato di reprimere questi tentativi di rivoluzione, scatenando i conflitti armati interni. Gli Stati Uniti, con la
promozione dell’Alleanza per il Progresso, prevedono di stanziare 20 milioni di dollari per promuovere lo sviluppo e il
miglioramento delle condizioni politiche e sociali nei paesi dell’America Latina, affinché si risolvessero queste tensioni sociali.
L’Alleanza per il Progresso fallisce perché, seppur in parte utilizzate per favorire lo sviluppo economico e per promuovere
misure previdenziali, molti governi hanno usato l’anticomunismo come arma per combattere le mobilitazioni sociali e
polarizzare maggiormente la società.

Per porre fine a questi conflitti armati interni, la comunità internazionale promuove molti negoziati ed accordi di pace. Nel
1987 vengono fatti gli accordi di Esquipulas che prevedevano democratizzazione, elezioni libere, fine dei movimenti
insurrezionalisti e cooperazione per la democrazia, la libertà, la pace e lo sviluppo della regione. In tutti i paesi vengono
istituite le commissioni di verità che pubblicano gli informes per fare memoria sui crimini commessi, vengono approvate leggi
di amnistia e i militari rimangono ancora molto presenti.

Il ciclo controrivoluzionario: svolte autoritarie

L’eredità dei populismi, la diffusione del modello della rivoluzione cubana, lo sviluppo delle guerriglie rurali e urbane, la crisi
economica, l'oscillazione tra il modello primario-esportatore e l'ISI, le oscillazioni tra desarrollismo e liberismo, la
polarizzazione della società per le riforme economiche, le nuove rivendicazioni, gli alti livelli di disoccupazione e il ruolo
sempre più importante delle Forze Armate portano alla nascita di dittature civico-militari. La lunga stagione autoritaria si
caratterizza per colpi di stato in cui i militari salgono al potere dichiarando di dover portare a termine, senza limiti temporali, il
loro obiettivo, ovvero riportare l'ordine e la sicurezza e rigenerare la nazione. A base di tutto questo c'è la Dottrina della
Sicurezza Nazionale, che partiva dall’idea, tipica della guerra fredda, che il mondo fosse diviso in due blocchi, quello
occidentale democratico e quello totalitario. Per questo motivo una volta saliti al potere, entrano in tutte le istituzioni e
dichiarano fuori legge tutti gli oppositori, attraverso meccanismi di repressione e sospensione della democrazia, senza limiti
neanche in termini di diritti umani. Inoltre, sciolgono il congresso, sospendono i partiti politici, istituiscono i tribunali militari
di competenza e limitano diritti e libertà. Oltre ai sistemi di repressione singoli dei paesi, viene istituita una rete di
collaborazione tra i regimi per individuare ed eliminare gli oppositori, il Plan Condor, nata su iniziativa del Cile con sede ad
Asunción in Paraguay. A livello economico i nuovi regimi vogliono risanare le economie per riportare la calma ed eliminare
elementi di malcontento e conflittualità. Per farlo, impongono le teorie liberiste, volte allo sviluppo economico, rendendolo più
efficiente e competitivo, e orientate a favorire l’accumulazione del capitale interno e all’attrazione di capitale estero. Se da un
lato queste teorie dovevano promuovere lo sviluppo economico, dall’altro portano a maggiori livelli di disuguaglianza. Inoltre,
dal 1964 l’aiuto militare degli Stati Uniti, con la pubblicazione della Dottrina Mann, è cresciuto a ritmi sostenuti, rendendo più
solidi i rapporti con le Forze Armate latinoamericane e legittimando i regimi militari alla lotta contro il comunismo.

Tra le tattiche per la repressione, viene applicata quella delle sparizioni forzate, che dà origine al fenomeno dei desaparecidos,
con l’obiettivo di eliminare l'opposizione ed esercitare un controllo sociale attraverso la paura. La sparizione forzata è l'arresto,
la detenzione, il rapimento o qualsiasi altra forma di privazione della libertà da parte di agenti dello stato il cui obiettivo finale
è quello di occultare il corpo. La sparizione ha un carattere continuo, permanente, imprescrittibile e plurioffensivo. Diventa un
crimine di lesa umanità quando è parte di un attacco generalizzato e sistematico. Con il Plan Condor si è accentuato questo uso
perché è diventata la forma più sofisticata di repressione per ottenere informazioni, rimuovere i leader e i guerriglieri che
avevano l'impunità e per intimidire la popolazione e quindi evitare la mobilitazione sociale. Alcuni dei desaparecidos venivano
uccisi e gettati nelle fosse comuni, altri venivano detenuti e poi liberati. Un'altra tattica utilizzata è quella dei voli della morte,
attraverso la quale i detenuti venivano caricati sugli aerei, narcotizzati e poi buttati in mare. Infine praticavano la sottrazione di
neonati e bambini, separando le donne incinte dal resto dei detenuti e una volta nati davano i bambini in adozione a famiglie di
militari per istruirli e facevano sparire le madri. Una volta messa in luce questa serie di repressioni, nella società civile, nasce
una rete spontanea alla ricerca di familiari scomparsi. In Argentina per esempio, nel 1977 nasce l'associazione de Madres de
Plaza de Mayo, dalla quale si staccano nel 1978 las Abuelas. Con la transizione alla democrazia il gruppo si divide in Madres
de Plaza de Mayo-Linea Fundadora che accettano i risarcimenti, e Madres de la Plaza de Mayo che invece rifiutano i
risarcimenti perché vogliono indietro i loro famigliari.

La transizione alla democrazia


Queste esperienze civico-militari si concludono verso la metà degli anni 80 per una serie di fattori. Da un lato, il nuovo
presidente degli Stati Uniti, Carter, prende posizione sui diritti umani, minacciando con sanzioni i regimi che continuavano a
violarli. Dall’altro, manifestazioni e movimenti sociali contro le violazioni dei diritti umani e contro i regimi si facevano
sempre più presenti, appoggiati anche dallo sviluppo di timide opposizioni. Inoltre, le economie cominciano ad entrare in crisi,
aumentando le disuguaglianze sociali e diminuendo il consenso della popolazione. La transizione alla democrazia e la
smilitarizzazione avvengono in diversi modi, ma in tutti i casi non sono avvenute per via rivoluzionaria, ma bensì avviene con
grande controllo e influenza dei militari. Questo influenzerà le decisioni dei governi futuri, in continua minaccia di un ritorno
dei militari. I nuovi governi si trovano quindi ad affrontare il problema di consolidare le istituzioni democratiche, convocando
un nuovo congresso, permettendo la formazione di nuovi partiti politici, reintroducendo lo stato di diritto e modificando le
costituzioni per riconoscere nuovi diritti e libertà.

Per quanto riguarda l'aspetto economico, ci si riferisce a questo decennio come decade perdida, in quanto la disoccupazione, la
povertà e la distribuzione della ricchezza peggiorano notevolmente. I regimi precedenti avevano fatto affidamento a grandi
prestiti da banche europee e statunitensi per portare avanti la modernizzazione, creando però un problema di debito pubblico.
Inoltre, la stagnazione dell’economia, la contrazione delle esportazioni e il rialzo dei tassi di interesse non aiutavano i paesi ad
uscire da questa congiuntura. Si aprono perciò al Washington Consensus, ovvero un patto con gli Stati Uniti e il Fondo
Monetario Internazionale per liberalizzare l'economia, favorire l’ingresso di capitali esteri, privatizzare il sistema previdenziale
e quindi tagliare i fondi pubblici.

Per far fronte alla richiesta di ricostruire la verità sulle violazioni dei diritti umani e di far funzionare la giustizia, ci sono stati
parecchi intoppi per le nuove democrazie. Durante i regimi erano state infatti approvate delle leggi di amnistia che i nuovi
governi civili si trovano costretti a mantenere, per non rischiare in nuovi golpes. Il problema della verità e riconciliazione viene
risolto quindi le commissioni di verità e di riconciliazione, che hanno il compito di indagare quanto successo durante il regime.
Il difficile accesso agli archivi e il riuscire a guadagnarsi la fiducia dei familiari dei desaparecidos, non ha però reso facile
questa operazione. Il problema della giustizia non viene però risolto da queste commissioni perché non sono tribunali: quello
che fanno è raccogliere dati e testimonianze per scrivere e pubblicare gli informes in cui viene ricostruita la verità e la memoria
affinché queste cose non si ripetano più. I documenti spesso si concludono con raccomandazioni alle istituzioni per continuare
con le indagini e diffondere il contenuto degli informes. I governi però non riescono a fare giustizia per la presenza delle leggi
di amnistia, e quindi hanno quindi previsto forme di risarcimento o riparazione alle vittime e ai familiari in forma economica.
Nel 2001, con il caso Barrios Altos, la Corte Interamericana de los Derechos Humanos dichiara che tutte le leggi di amnistia
sono da annullare perché violano i diritti fondamentali e che la società ha il diritto di sapere la verità e lo stato il dovere di
portare giustizia. Solo Argentina e Uruguay riescono ad annullare le leggi, mentre gli altri paesi riescono ad aggirarle.

Presidenze progressiste

Gli anni 90 sono caratterizzati dal rafforzamento delle istituzioni, dal riconoscimento dei diritti e libertà, dagli accordi
internazionali e integrazione regionale, dalla verità e riconciliazione e da cambiamenti nelle costituzioni. Sul fronte economico
si mantiene la svolta liberista che molti paesi avevano già avviato. L’obiettivo era quello di aprire le economie alla
competizione internazionale per renderle più efficienti e accrescere il ruolo del capitale privato a discapito di quello statale, per
riassorbire il deficit pubblico. L’economia cresce lentamente, fino a che la crisi finanziaria internazionale negli anni 90, mette
in luce ancora una volta i difetti del modello economico dell’area. L’occupazione diminuisce ed aumenta solo in impieghi poco
produttivi, la breccia salariale si amplia ancora di più, la qualità dei servizi comincia a dipendere dal reddito, la povertà
aumenta e la disuguaglianza diventa ancora più acuta. Questo genera malcontento e fa sì che la priorità nei governi del nuovo
millennio siano più concentrati sulla questione sociale.

Negli anni 2000 emergono quindi le presidenze progressiste, caratterizzate da volti nuovi che rappresentano una rottura con il
passato. Vanno distinte però due sinistre. Da un lato c’è la sinistra riformista, volta a fondare una democrazia rappresentativa
con una cultura pluralista, a cercare l’uguaglianza sociale, a rispettare i vincoli macroeconomici, ad avere una politica estera
aperta, e a preferire riforme piuttosto che rivoluzioni. La sinistra più radicale invece ambisce a rifondare la nazione, scrivendo
una nuova costituzione, cambiando il nome del paese e promuovendo nuove leggi e riforme. Soprattutto i radicali sono
riconducibili al neo-populismo perché si rivolgono alle masse, promettono aiuti, rinnovano i valori della patria e finiscono per
polarizzare la società e la politica. Entrambi riconoscono nuovi diritti e nuove tutele soprattutto a indigeni e minoranze, e nel
rispetto dell’ambiente e della pachamama, usando una narrativa ecologista. Uno dei problemi è però che queste derive neo-
populiste portano alla polarizzazione della società e spesso assumono tratti autoritari, come nel problema della successione al
potere. L’elettore però è diventato maturo e premia o punisce il governante in base al programma e agli obiettivi raggiunti.

Il primo decennio del nuovo millennio è caratterizzato da una forte crescita dei capitali esteri, dalla crescita dei prezzi delle
materie prime, da condizioni finanziarie positive e dal basso tasso di inflazione. I nuovi governi adottano un modello estrattivo
che porta ad un grande crescita economica, grazie all’elevato sfruttamento delle risorse naturali, anche non rinnovabili, da
destinare come materie prime con scarsa lavorazione. A questo riguardo si può far riferimento alla narrativa eldoradista,
secondo cui le risorse naturali sono state saccheggiate dalle multinazionali straniere che gestiscono lo sfruttamento e intascano
i profitti e quindi bisogna riappropriarsi delle risorse naturali per far crescere l'economia e per poter applicare politiche sociali,
o emancipadora perché la riappropriazione delle terre permetterà sovranità economica e politica. Investono quindi molto sul
sistema import-export ma non sull'industria locale, che da un lato favorisce una crescita economica, ma dall’altro in caso di
calo di domanda, l’economia locale non è sufficientemente forte. Inoltre, il modello economico estrattivo ha un forte impatto
ambientale e sociale. Infatti, accanto alle opere infrastrutturali, come le dighe, che sfruttano le risorse e all’estrazione di
petrolio e di minerali, c'è la coltivazione della soia che impoverisce i terreni e utilizza pesticidi spesso cancerogeni. Dato che
l’area latino americana rappresenta il 60% della biodiversità mondiale è importante per i presidenti cercare di risolvere questo
problema.

In ogni caso la crescita economica ha permesso nuove politiche sociali per favorire la diminuzione delle disuguaglianze e della
povertà tramite sussidi, una maggiore diffusione del benessere e l'inclusione sociale. Secondo i dati del 2013 la povertà è
passata dal 44% al 31,4% e quella estrema dal 19,4% al 12,3%; i programmi sociali hanno coinvolto almeno il 20% della
popolazione; sono state costruite nuove infrastrutture; sono stati estesi i sistemi di sanità e istruzione; e c’è stata una forte
crescita dell’occupazione. Risulta quindi difficile abbandonare il modello estrattivo, perché oltre alla crescita economica, rende
possibile anche il miglioramento delle condizioni sociali. L’altra faccia della medaglia è che questo modello ha aumentato i
livelli di conflittualità socio-ambientale, tra istituzioni, imprese multinazionali/nazionali, che fanno investimenti per il capitale
e le tecnologie in cambio di concessioni di territori per esplorazioni e sfruttamento delle risorse, e la società civile, che
comprende gli abitanti delle zone interessate, i campesinos, le comunità indigene, i difensori dell’ambiente, le associazioni o le
ONG. Nel 2021 si è arrivati all’Accordo di Escazú che prevede una democrazia ambientale, in cui ci sia una tutela dei popoli
indigeni e dei difensori dell’ambiente

A livello internazionale un elemento fondamentale è la riduzione del potere degli Stati Uniti e organi internazionali come il
Fondo Monetario Internazionale con dichiarazioni antimperialiste. Invece, con la fondazione di nuove organizzazioni, come la
Unasur, si favorisce il regionalismo e l'integrazione regionale, includendo anche Cuba. Per favorire questo regionalismo nel
1998 la OSA lancia la Iniciativa para la Integración Regional Suramericana, per favorire collegamenti tra gli stati che si evolve
nel 2015, sotto direttiva della Unasur nella CONSIPLAN (Consejo Suramericano de Infraestructura y Planeamiento).

Cuba

La storia dell'indipendenza di Cuba è diversa da quella degli altri paesi dell’America Latina. Cuba infatti non aderisce ai moti
rivoluzionari del 1810, perché le rivendicazioni avrebbero avuto un impatto troppo importante nell'economia, che girava
intorno alle piantagioni di zucchero e alla schiavitù (50% della popolazione). Un primo tentativo di indipendenza e di
autonomia si ha tra il 1868 e il 1878 con la Guerra dei 10 anni che parte da est, la zona più povera, fino ad arrivare ovest, zona
più conservatrice e conosciuta per il suo quietismo coloniale. Nel 1878 viene quindi firmato il Patto di Zanjón dove vengono
accolte alcune delle richieste della protesta: si concede maggiore autonomia, commercio e rappresentanza in madrepatria, ma si
ordina di terminare la schiavitù.

Nel 1895 si assiste ad un secondo tentativo di rivoluzione, al quale Madrid reagisce fortemente mandando una serie di truppe
per reprimere la rivoluzione. Tra i principali ideologi della rivoluzione c’è José Martí, una figura molto importante nella storia
di Cuba e nella letteratura latino americana. Martí partecipa e sostiene i primi moti rivoluzionari di Cuba e muore nelle prime
fasi della repressione da parte degli Spagnoli (1895). Martì rappresenta l'ideologo della rivoluzione e dell'Indipendenza, a lui si
rifà infatti Fidel Castro e in generale tutta l'America Latina. È il fondatore del Partido Revolucionario Cubano e ha sostenuto
l'idea che Cuba dovesse staccarsi dalla Spagna e mantenere la propria unicità culturale. Nel suo pensiero c’era la necessità di
una rappresentanza popolare e di un processo di costruzione nazionale sorto dal basso. inoltre, sosteneva la necessità di
migliorare il sistema educativo perché reputava l’istruzione fondamentale per avere figure affidabili al governo dell'isola.

I moti rivoluzionari riprendono nel 1898 causano una nuova reazione violenta da parte del governo spagnolo. Il 15 febbraio
1898 la corazzata Maine, che apparteneva agli Stati Uniti ed era presente sull’isola di Cuba, esplode. Gli Stati Uniti danno
quindi un ultimatum a Madrid di cessare il fuoco, cosa che non avviene. Il 20 marzo nel Congresso degli Stati Uniti, grazie
anche alla stampa che ha rafforzato l’opinione pubblica, si decide quindi di entrare in guerra per garantire la pace,
l’indipendenza di Cuba ed eliminare il dominio spagnolo dal continente americano. Ha inizio così la guerra ispano-americana.
Il 10 dicembre 1898 viene firmato il trattato di Parigi in cui la Spagna e gli Stati Uniti dichiarano l'indipendenza di Cuba. Gli
Stati Uniti intervengono per diversi motivi. In primo luogo per rispettare la dottrina Monroe, e in secondo luogo per motivi
geopolitici. Cuba rappresentava infatti una zona di accesso al golfo e al Centro America che avrebbe permesso agli Stati Uniti
di espandere la propria potenza in tutto il continente e rafforzare quindi la propria posizione. In quell’epoca infatti, gli Stati
Uniti avevano già un ruolo importante nel continente. Fin dal 1810 avevano assistito e sostenuto i moti e la formazione dei
nuovi stati. Nel 1822 riconoscono appunto il Messico e la Gran Colombia (1819-1831) composta da Venezuela, Colombia,
Ecuador e Panama (che però si stacca nel 1903 sempre grazie all’aiuto degli Stati Uniti). Nel 1823 riconosce la Repubblica
Federale del Centro America (1823-1840) composta da Guatemala, El Salvador, Nicaragua, Honduras e Costa Rica. Inoltre,
dagli anni trenta avviano una serie di guerre contro il Messico per ottenere gli stati di Texas (1836), California, New Mexico,
Colorado e Arizona (1848).

Durante la guerra ispano-americana Stati Uniti e Cuba avevano stipulato una serie di rapporti economici secondo cui gli Stati
Uniti fornivano investimenti e filiali per l'industria saccarifera nel settore minerario e dei servizi (luce e acqua) a Cuba e Cuba
esporta il 40% di zucchero verso gli stati uniti. Con la fine della guerra ispano-americana questi rapporti economici vengono
rafforzati e Cuba diventa di fatto diventa un protettorato statunitense. Si sviluppa maggiormente la produzione di zucchero di
cui il 50% viene esportato verso gli Stati Uniti con un prezzo favorito e si continua con il modello primario esportatore senza
sviluppare quindi le industrie locali e senza spostarsi al modello ISI. Con la crisi del 1929, gli Stati Uniti spostano gli
investimenti nel settore turistico, nelle banche, nei servizi. Dal punto di vista dei cambiamenti sociali, si ha un’urbanizzazione,
con una stima di 6/7 milioni di abitanti nelle città, si adotta uno stile di vita statunitense, si sviluppa il turismo e si creano
legami tra classi politiche ed economiche che sfociano nella corruzione, mentre nelle campagne rimane una situazione di
povertà e scarsi servizi. Sul livello politico, nel 1900 viene stipulata la costituzione cubana in cui si stabilisce il suffragio
diretto per l’elezione dei presidenti. La maggior parte dei presidenti che vengono eletti sono filo-americani (come Fulgencio
Batista dal 33 al 58) e spesso vengono eletti con imbrogli. Nel 1902 viene emanato l'emendamento Platt, con il quale viene
garantito il diritto di intervento nell'economia e nella politica di Cuba da parte degli Stati Uniti, e nel 1904 si trasforma in un
trattato permanente per cui si garantisce il diritto di intervento e la presenza degli Stati Uniti in territorio cubano nell'isola dei
Pini (fino al 1925) e nella base di Guantanamo (ancora oggi).

Negli anni successivi vengono fondati i principali partiti politici. Nel 1925 viene fondato il Partido comunista che si trasforma
in Partido Socialista Popular nel 1943. Nel 1943 si fonda il Partido Autentico che ha come motto “Cuba para los cubanos” e
che presenta due presidenti populisti, Ramon Grau Martin e Prio Socarras. Questi presidenti seguono appunto la corrente
politica del populismo (massimi esponenti Peron e Vargas) che si caratterizza per la presenza di persone che emergono dalla
platea e da progetti che sono volti a tenere in considerazione gli interessi delle masse, spesso poco riconosciute. Spesso però
diventano autoritari e cercano di controllare le masse. Questi due governi vengono però rovesciati da Fulgencio Batista, un
presidente filo-americano. Infine nel 1947 viene fondato il Partido Ortodoxo o del Pueblo Cubano che si oppone agli Stati
Uniti e si ispira all'ideologia di José Marti. È un partito molto più forte e radicale degli altri due e nel suo programma prevede
avviare una riforma agraria e provvedere a interventi economici per ridurre le disuguaglianze e la povertà. È un progetto
moralizzatore e denuncia la corruzione dilagante. In questo partito emerge la figura di Fidel Castro che guiderà la rivoluzione
cubana.

Questa rivoluzione ha diverse cause. Tra esse spicca la questione nazionale, ovvero la volontà di diventare davvero
indipendente, dato che dopo l’indipendenza dalla Spagna era diventata un protettorato statunitense. La causa sociale sta nel
fatto che l’espansione della produzione della canna da zucchero e i rapporti di produzione capitalisti avevano trasformato i
contadini in braccianti, disoccupati per gran parte dell'anno. Si aggiunge poi la motivazione politica, quando con un golpe de
estado sale al potere Fulgencio Batista, che blocca i canali democratici. A tutte queste cause strutturali si affianca la figura
emergente di Fidel Castro che offre una strategia autonoma e alternativa con un programma politico e un’ispirazione
nazionalista e democratica cheimbocca il cammino della rivoluzione sociale e dell’antimperialismo militante, alla quale
aderiscono le piu diverse e varie forze. Il 26 luglio 1953 organizza un assalto alla Moncada a Santiago che però fallisce. Lui e i
suoi compagni vengono incarcerati e fondano il Movimento 26 Luglio. Nel 1955 grazie ad un'amnistia si rifugia in Messico. Il
24 e 25 novembre 1956 insieme a 82 uomini a bordo del Granma ritorna a Cuba e si rifugia nella Sierra Maestra, dove dal 1956
al 1959 lui e gli altri barbudos organizzano una recluta di 2000 uomini per fondare il nuovo ordine rivoluzionario. L'8 gennaio
1959 entrano all'Avana e rovesciano il potere filostatunitense, costringendo Batista a fuggire a Santo Domingo.

Nel primo periodo post-rivoluzionario (1959-1961) vengono adottate riforme economiche, sociali e politiche di stampo
socialista. Dal punto di vista politico si ha un cambio nella classe dirigente, eseguendo arresti e condanne per coloro che
appoggiavano il governo filostatunitense. Inoltre, si ha la realizzazione di una democrazia popolare o diretta realizzata grazie a
una realizzazione di sistemi di partecipazione politica e la fondazione di numerose organizzazioni di massa. Con l'affievolirsi
dello spirito rivoluzionario questi organismi diventano perlopiù organi attraverso i quali ramificare il potere e il controllo
sociale del partito comunista cubano. Il Partido Comunista Cubano viene fondato nel 1965 ed è l’unico partito ammesso. Nel
1976 viene emanata la Costituzione in cui si afferma l’irreversibilità del regime socialista. Inoltre, vengono stabiliti i principi
dell’elezione diretta: i cittadini votano i 605 deputati dell’Assemblea Nazionale, la quale designa il Consiglio di Stato formato
da 31 membri, che elegge a sua volta il Presidente, che sceglie il Consiglio dei Ministri. Fidel Castro in quanto ideatore della
rivoluzione è visto come il Lider Maximo e tra il 1959 e il 2008 ricopre diverse cariche: comandante delle Forze Armate,
presidente del Consiglio dei Ministri, presidente del Consiglio di Stato, presidente della Repubblica e primo segretario del
Partito Comunista. Sul versante sociale vengono affermati i principi etici e moralizzatori, intervenendo in situazioni di
corruzione, contrabbando, prostituzione e riciclaggio del denaro. Seguendo l’ispirazione egualitaria, vengono introdotte
politiche salariali e occupazionali e miglioramenti nell’accesso universale ai servizi essenziali, come casa, istruzione e sanità.
Dal punto di vista economico, negli anni successivi alla rivoluzione ci sono tensioni con gli Stati Uniti, che smettono di
comprare materie prime da Cuba. Fidel Castro realizza quindi una riforma agraria volta ad espropriare il 40% delle terre
appartenenti agli Stati Uniti per distribuirle alle cooperative e ai contadini (problema degli indennizzi). Procede anche alla
nazionalizzazione delle industrie (zuccherifici e raffinerie) e di tutti i servizi (luce, telefoni, banche, ferrovie, alberghi, ecc)
arrivando nel maggio del 1961 ad avere il 96% della proprietà dei mezzi di produzione, dichiarandosi socialista e fedele ai
principi del marxismo-leninismo. Con la rottura dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti, Cuba si trova ad avere una
montagna di zucchero che non riesce ad esportare e ad avere difficoltà nell’importazione di manufatti. Nel 1960 gli Stati Uniti
emanano il primo embargo, al fine di impedire l’instaurazione del governo socialista, ma Cuba comincia ad esportare i suoi
prodotti all’Unione Sovietica, all’Europa dell'Est e alla Cina in cambio di prodotti tra cui il petrolio e materia greggia.

Gli Stati Uniti continuano nell’intento di bloccare la nascita dello stato socialista di Cuba e tentano di creare l'Alleanza per il
Progresso che però fallisce. Nell'aprile del 1961 gli Stati Uniti sbarcano nella Baia dei Porci in Nicaragua, dove erano presenti
esuli cubani, per tentare una controrivoluzione. Dopo alcuni giorni di lotta, anche questo progetto fallisce. Nel 1960
l'Organizzazione degli Stati Americani (OEA) emana la Declaración de San José de Costa Rica in cui si condanna
l'intromissione dell'Unione sovietica, della Cina e degli stati dell'Europa in una questione interna di Cuba. Fidel Castro
risponde con la Prima Dichiarazione dell'Avana in cui afferma che la dichiarazione sia un esempio di imperialismo degli Stati
Uniti e afferma che l'Unione Sovietica stia solamente offrendo un sostegno economico. Nel 1962 dopo la dichiarazione di Fidel
Castro, la OEA espelle Cuba dall'organizzazione, in quanto governo autoritario. Fidel Castro pronuncia quindi la Seconda
Dichiarazione dell’Avana in cui accusa gli stati che hanno votato l'espulsione di essere stati incapaci di ribellarsi contro la
potenza degli Stati Uniti e afferma che solo attraverso la rivoluzione si può eliminare la sua presenza. Nell'ottobre del 1962 con
la crisi dei missili, la OEA dichiara la necessità di vigilare Cuba affinché non compri nuove armi e viene emanato l'embargo
definitivo. Nel 1964 Cuba rompe tutte le relazioni diplomatiche con gli stati dell’America Latina, eccetto che con il Messico.

Con questa rivoluzione si crea quindi il mito-modello della rivoluzione cubana che è riuscita a rovesciare il potere degli Stati
Uniti con una grande determinazione ed è un'alternativa politica economica e sociale ai modelli già esistenti. La rivoluzione
ispira la nascita delle guerriglie per portare avanti gli ideali di Castro e ribellarsi contro i governi autoritari. Queste guerriglie
sono di due tipi: rurali (foquismo) che erano piccoli focolai di guerrieri organizzati nelle campagne, che entravano in città per
coinvolgere la popolazione urbana, oppure quelle urbane condotte in aree urbane o metropolitane. Esempi di guerriglie rurali
fondate sul modello cubano sono quella del Sendero Luminoso in Perù guidato dal Guzman e contrastato da Fujito, oppure le
FARC sviluppate in Colombia. Mentre tra guerriglie urbane si ricordano i Montoneros in Argentina, che erano il braccio
armato di Peron, e i Tupamaros in Uruguay. Tutte queste guerriglie, tranne le FARC che sopravvivono fino al 2016, vengono
represse dai governi conservatori. A partire dagli anni 60 Si hanno reazioni con svolte autoritarie per reprimere questi focolai
di tentativi di rivoluzione. A sostegno di queste svolte ci sono sempre gli Stati Uniti. L’esempio lampante di come l’idea della
rivoluzione cubana si sia diffusa, è il tentativo di Che Guevara che nel 1966-67 decide di realizzarla in Bolivia. Nella zona di
Ñancahuazù, zona montagnosa e quindi impervia e difficile da raggiungere, riunisce diversi guerrieri, ma l’esperimento fallisce
e il Che muore il 9 ottobre 1967. Questo perché era visto come straniero e perché non ottiene l’adesione dei minatori, che
rappresentavano la classe principale.

Cuba rimane nell'orbita dell'Unione sovietica fino agli anni ‘90. Nel 1989 con la fine della guerra fredda, l'Unione Sovietica
comincia un processo di frammentazione ed emerge la debolezza dell'ideologia. Con la crisi economica dell’URSS viene meno
il partner commerciale di Cuba, generando difficoltà economiche (manca luce, materie prime e manufatti). a queste si aggiunge
l'embargo che nel 1992 gli Stati Uniti rinnovano e rafforzano, sostenendo che la sua abolizione è possibile solo quando a Cuba
ci saranno le elezioni democratiche, il pluripartitismo, il rispetto dei diritti umani e delle libertà e verranno fatte delle riforme
economiche. Fidel Castro decide quindi di adottare un piano di emergenza, conosciuto come Periodo Especial, in cui lo stato
riduce le sue funzioni e si estende il razionamento di tutti i beni di consumo, favorendo il mercato nero e aumentando le
disparità. La crescente pressione sociale e la crisi economica obbligano il governo ad adottare misure di liberalizzazione
dell’economia. Cuba si apre al turismo, agli investimenti, alle attività dei privati e alla produzione agricola non statale. Tuttavia
questa liberalizzazione dura poco, perché alla fine degli anni ‘90 emerge la figura di Hugo Chavez in Venezuela che si propone
di realizzare il socialismo del XXI secolo. A questo punto Cuba trova un erede ideologico e un partner commerciale. Il
governo di Chavez si impegna ad appoggiare con aiuti economici il regime cubano, permettendo loro di tornare ad una
gestione centralizzata. A partire dagli anni 2000 tutta l'America Latina viene investita dall’ondata rosa di progressismo,
creando quindi rapporti economici tra Cuba e l'America Latina.

Il 31 luglio 2006, a causa di problemi di salute, Fidel Castro cede temporalmente il suo posto al fratello Raul Castro. Due anni
dopo il lider maximo decide di allontanarsi ufficialmente dalla politica. Il paese che il nuovo presidente si trovava in mano
aveva bisogno di una profonda ristrutturazione economica. Comincia con una serie di riforme non strutturali, tra cui l’accesso a
hotel turistici, la compravendita di macchine, case, telefoni. Nel 2011 comincia quel che viene chiamato Proceso de
Actualización del sistema economico del paese. Aumenta il peso del settore non statale in alcuni comparti dell’economia
cubana, agricoltura, edilizia, servizi e la distribuzione; trasferisce molti lavoratori dal settore pubblico a quello privato;
aumenta il peso delle cooperative di credito e servizio, espandendo la figura dell’usufrutto; garantisce la possibilità di avviare
attività imprenditoriali e commerciali in proprio (cuentapropistas); favorisce il turismo e gli investimenti esteri. L'accelerazione
dell’agenda riformista è dovuta anche in parte alla crisi dell’economia venezuelana, maggiore partner commerciale di Cuba e
dalla morte nel 2013 del presidente Chavez.

Con l’elezione di Obama nel 2009 si ha un nuovo interlocutore che vuole riprendere rapporti con l'America Latina. Utilizza
degli strumenti di Public Diplomacy per facilitare ricongiungimenti, rimesse, servizi postali e tutti quei collegamenti per
riprendere i contatti con Cuba. Nel dicembre 2014 c'è la dichiarazione ufficiale della decisione di avviare un processo di
normalizzazione delle relazioni tra i due paesi. L’amministrazione Obama rimuove Cuba dalla lista degli Stati che favoriscono
il terrorismo e revoca il divieto per i cittadinistatunitensi di viaggiare all’isola. Il principale motivo del ricongiungimento da
parte di Cuba era la possibilità di abrogare l’embargo. Nel 2016 Obama visita Cuba, dichiarando che la sua presenza nell’isola
dimostrava che Cuba non avesse niente da temere del potente vicino e riaffermando i principi liberali a cui Cuba dovrebbe
ispirarsi. Con queste dichiarazioni e con le riforme economiche svolte da Castro, la parte del partito più conservatore si
rafforza e consolida le proprie posizioni, imponendo un rallentamento della riforma economica. Anche Raul Castro si scaglia
contro Obama riaffermando il monopartitismo. In questa fase si consolidano anche le relazioni con la Santa Sede, grazie alla
visita del 2015 di Papa Francesco. Infine, in occasione del vertice di Panama del 2015 in cui si riunisce la OEA, Cuba viene
invitata a rientrare nell'organizzazione ma rifiuta. Un altro evento significativo di questo periodo è che nel 2015 Cuba ospita i
negoziati di pace tra Colombia e le FARC, ponendo fine alle guerriglie che erano nate solo grazie al modello di rivoluzione di
Cuba. La situazione però cambia quando Trump, eletto nel 2016, critica Obama e le sue scelte di riallacciare i rapporti con
Cuba e impone delle restrizioni nei rapporti economici, chiudendo l'ambasciata, rafforzando l’embargo e reinserendo Cuba
nella lista degli Stati terroristi. Infine, sempre nel 2016, il 25 novembre muore Fidel Castro.

Nel 2018 Raul Castro rinuncia a tutte le cariche, tranne quelle di partito, e passa il testimone a Miguel Diaz-Canel, che si
ritrova a capo di un paese all’orlo di una nuova crisi economica. Nel 2019 viene redatta una nuova costituzione. Il progetto di
costituzione è stato scritto dall’Assemblea Nazionale che lo ha condiviso alle assemblee locali per discuterlo. Queste
assemblee hanno proposto degli emendamenti che l'Assemblea Nazionale ha recepito solo in parte (la proposta dell’elezione
diretta viene esclusa). Questo testo è stato poi passato per un referendum, che ha ottenuto l'86,85%. Il lato positivo è che è stato
incluso il popolo, il lato negativo è che continua ad esserci sempre e solo un partito e quindi non c'è opposizione. La novità
della costituzione sta nella separazione delle cariche e nel fatto che viene riconosciuta al presidente una carica di 5 anni con un
massimo di due mandati e con un massimo di 60 anni alla prima elezione. Inoltre vengono costituzionalizzate le riforme
economiche: resta la proprietà socialista dei mezzi di produzione però si introduce la proprietà privata e personale, si aprono a
investimenti stranieri e viene introdotto il cuentapropista ovvero il lavoratore autonomo che rappresenta almeno il 13% della
forza lavoro.

Tra i nuovi diritti riconosciuti però non viene inserito il matrimonio delle persone dello stesso sesso. Infatti uno degli elementi
più cupi di Cuba è sempre stata la repressione degli oppositori e degli omosessuali che, a partire dal 1968, venivano rinchiusi
nelle UMAP (Unidades Militares de Ayuda a la Producción), in quanto dovevano essere rieducati e isolati. Dagli anni 80
cominciano ad allentare molto lentamente questa politica di repressione però nella costituzione del 2019 viene inserito solo il
matrimonio generico come istituzione che lo stato deve proteggere, senza far riferimento a quello omosessuale. Con il
Referendum, approvato al 67%, del 25 settembre 2022 viene approvato però un Nuovo Código de la Familia in cui vengono
riconosciuti il matrimonio omosessuale, l’adozione da parte di coppie omosessuali, il divieto del matrimonio infantile, la
maternità surrogata, la responsabilità genitoriale a anziani. Nella costituzione del 2019 anche la libertà di stampa, di riunione,
di manifestazione e di associazione non vengono riconosciute perché vanno ancora sottoposti ad un controllo statale.

Messico

L’indipendenza del Messico è diversa dagli altri stati dell’America Latina. Nel 1810 i moti vengono portati avanti da due
sacerdoti, fatti portavoce delle classi sociali più basse. Questi moti vengono subito repressi aiutati anche dalla restaurazione nel
1814 del governo di Ferdinando VII. Nel 1821, Agustin de Iturbide propone il Plan de Iguala da Agustin, i cui punti principali
erano: stabilire l'indipendenza del Messico dalla Spagna; stabilire la religione cattolica come unica religione; e stabilire
l'unione degli eserciti che lottavano nella guerra d'indipendenza. In base a questo piano il governo spagnolo avrebbe accettato
il Messico come nazione indipendente governata da una monarchia moderata, la cui corona sarebbe stata offerta a un principe
europeo. Questo progetto viene però rifiutato dalla Spagna, De Iturbide si propone allora imperatore e scoppiano i veri i propri
moti rivoluzionari guidati da Lopez de Santa Ana. Il Messico diventa quindi indipendente e nel 1824 si instaura una repubblica
federale sul modello degli Stati Uniti, al quale tra il 1836 e il 1853 dovrà cedere ampi territori. Tra il 1824 e il 1855 c'è quindi
una lunga attesa, in cui si creano forti contrasti tra federalisti e centralisti e tra liberali e conservatori per cui vengono stipulate
cinque costituzioni diverse e si assiste a 50 passaggi di potere esecutivo.

Nel 1855 si ha finalmente un passaggio al liberalismo. in quell’anno Benito Juarez pubblica le leggi de La Reforma, volte a
demolire i privilegi della Chiesa, a cui confisca le proprietà, a iniziare un processo di secolarizzazione, a laicizzare l’istruzione
pubblica e ad applicare una riforma agraria. Tali leggi, condensate nella Costituzione del 1857, anno in cui Juarez sale al
potere, e la moratoria sul debito chiesta alle potenze europee, suscitano una reazione dei più conservatori. Le potenze europee
nel 1864 sbarcano a Veracruz in soccorso dei conservatori e Napoleone III pone sul trono Massimiliano d’Asburgo. L’evento
porta Juarez a cercare sostegno negli Stati Uniti che però erano nel mezzo della guerra di secessione. L’impero messicano dura
fino al 1867, quando una volta lasciato solo, Massimiliano d'Asburgo non riesce a mantenere il potere e viene fucilato. Torna al
potere Benito Juarez, che ci rimane fino al 1872.

Nel 1876 sale al potere Porfirio Diaz che rappresenta il potere delle oligarchie. Nel 1884 modifica la costituzione in modo da
poter essere rieletto fino all’infinito, restando infatti al potere fino al 1910, quando scoppia la rivoluzione messicana. Il
porfiriato fu di fatto un’autocrazia in cui viene bloccata la Reforma proposta da Juares e si ha uno sviluppo economico
notevole. Rafforza i rapporti centro-periferia, creando un sistema di camarillas attraverso cui controllare tutto il territorio;
ricuce i rapporti con la chiesa e si avvale del sostegno dei grandi proprietari terrieri. Nel 1892 emergono le figure degli
científicos ovvero studiosi senza opinione politica a cui vengono affidate alcune delle cariche più importanti. È proprio a
questa classe che si deve lo sviluppo e la modernizzazione. In questo periodo c'è un aumento del PIL dell'8%, vengono
sviluppate le infrastrutture come le ferrovie, che passano da 650 km a 19.000, nascono le industrie tessile, mineraria e
petrolifera nel nord e si sviluppa l'agricoltura nel sud dove viene favorita la formazione di latifondi. Nascono quindi la classe
media imprenditoriale, la classe operaia e la classe contadina, le quali chiedono una partecipazione politica.

Nel 1910 viene fondato il partito anti rielezione o partito dei costituzionalisti da Madero che aveva l'obiettivo di cacciare
Porfirio Diaz dal potere e rifondare lo stato di diritto. Madero sfida Porfirio Diaz alle elezioni, ma non riuscendo a vincere
impugna le armi e dà il via alla rivoluzione. La rivoluzione nasce quindi come una rivoluzione politica sotto la pressione delle
élite liberali del nord che rivendicavano il potere. Ottenuto l’esilio del dittatore, Mader fu travolto dai dissensi del popolo
rivoluzionario. Tra questi c’è la classe operaia guidata da Pancho Villa a nord che chiede riforme del lavoro e la classe
contadina guidata da Emiliano Zapata nel sud che chiedono l'abolizione dei latifondi e una riforma agraria. Questa rivoluzione
diventa una vera e propria guerra civile dove le forze politiche si scontrano tra di loro. Victoriano Huerta si impadronisce con
forza del potere, ma viene poi cacciato grazie alla forza dei moti che lo schiacciavano da nord e da sud e grazie all'aiuto degli
stati uniti. La rivoluzione si conclude con la vittoria dei costituzionalisti, con un compromesso tra le forze rivoluzionarie e con
la presidenza di Carranza dal 1916 al 1920.

Risultato del compromesso è infatti la Costituzione del 1917 che accoglieva i principi liberali, come la separazione tra stato e
chiesa, e i principi sociali e nazionalisti, come i diritti per i lavoratori e una riforma agraria. Questa costituzione mantiene la
struttura federale, introduce l'elezione diretta del presidente che si occupa del potere esecutivo, elimina la possibilità di
rielezione e introduce un congresso bicamerale. Attua una riforma agraria ed introduce la proprietà dello stato sulle risorse
naturali del suolo del sottosuolo e della terra. Fino a quel momento non si era mai parlato di questo tema perché si concedeva
agli individui e alle imprese multinazionali straniere di costruire e sfruttare il suolo. Con questa riforma si limitarono quindi le
concessioni future e nel 1925 si riducono a 50 anni le concessioni già accordate. Si argina così il processo di sfruttamento delle
risorse naturali che avveniva in Messico e gli investimenti delle multinazionali si spostano quindi in Venezuela. L'articolo 123
di questa Costituzione, per la prima volta in America Latina, riconosce i diritti dei lavoratori. Vengono stabiliti: l’orario di
lavoro, le condizioni di lavoro di donne e giovani, la maternità, il salario minimo, gli straordinari, lo sciopero e il
licenziamento. Vengono anche rivisti i rapporti tra stato e chiesa, proclamando la libertà di insegnamento che deve essere laico,
libero e gratuito. Viene vietata la possessione dei beni immobili alla chiesa e viene introdotto il matrimonio civile. Infine viene
eliminata la possibilità della chiesa di possedere una personalità giuridica ed intervenire nella vita politica. Il nuovo presidente
Calles si trova ad avere a che fare con la difficile applicazione della nuova costituzione e con la violenta guerra cristera contro
le dure misure anticlericali.
L'istituzionalizzazione della rivoluzione e della costituzione avviene con Lázaro Cárdenas (1934 - 1940). È esponente del
Partido Nacional Revolucionario fondato da Calles ed è esponente del populismo. Le sue misure sono state decisive in tutti gli
ambiti. Da il via alla riforma agraria, espropriando 18 milioni di ettari, regolarizzando le occupazioni dei latifondi e
promuovendo la gestione collettiva delle terre tramite l'ejido alle comunità indigene. Nel 1938 avvia il processo di
nazionalizzazione delle ferrovie e della Pemex, impresa petrolifera. Infine sviluppa l'istruzione pubblica e laica, fondando il
Colegio de Mexico e il Politecnico, e accoglie gli esuli della guerra civile spagnola. Anch’egli, come la maggior parte dei
populisti e nazionalisti si ispira ad una concezione organicistica della società. Ne deriva quindi in sostanza un regime semi-
autoritario con un grande controllo delle masse. Questo viene fatto attraverso l’istituzione della Confederación Nacional de
Campesinos e della Confederación de Trabajadores Mexicanos. Nel 1938 il partito diventa Partido de la Revolución Mexicana
che si riorganizza regionalmente e per settore assorbendo le varie classi sociali. Nel 1946 il partito si trasforma in Partido
Revolucionario Institucional (PRI).

Il Partido Revolucionario Institucional (PRI) durante i suoi quasi 50 anni di governo (1946-1994) aveva garantito la stabilità e
il regolare svolgimento dei processi elettorali, spesso però una mera facciata del principio democratico, che non veniva
veramente applicato. Tra gli anni 60 e 80 il Messico vive la Guerra Sporca, caratterizzata da una violentissima repressione,
tramite massacri di studenti che protestavano per passare ad una democrazia vera. Nel 1997 il Messico si apre finalmente al
pluripartitismo e il PRI perde la maggioranza del governo, che viene conquistata dal Partido Revolucionario Democrático, la
formazione di sinistra nata nel 1989. Nel 2000 ottiene la maggioranza il primo partito di destra il Partido de Acción Nacional
(PAN) con Vicente Fox (2000-2006) e Felipe Calderón (2006-2012). Con questi due governi l'economia registra tassi di
crescita mediocri, un costante aumento della disoccupazione ed una maggiore percezione dell'insicurezza e della corruzione.
Nel 2006 emerge la figura di Andrés Manuel López Obrador (amlo) che viene sconfitto da Calderón per solo 0.56 punti. Amlo
definisce il processo elettorale come fraudolento e illegittimo e inizia una fase di resistenza e protesta, che ottiene un'adesione
positiva. Il presidente Calderón focalizza l'azione del suo governo nella lotta contro la criminalità organizzata, attuando una
politica di "mano dura", volta ad eliminare i capi del narcotraffico. Questa politica ha però un riscontro negativo perché
aumenta il livello di violenza. Si arriva quindi a una crisi umanitaria: ci sono più di 350.000 omicidi di cui la maggior parte dei
sensori attivisti e giornalisti e oltre 100.000 desaparecidos. Nel 2008 il Messico ottiene aiuti anche dagli Stati Uniti, con
l'Iniciativa Mérida, che però non migliora la situazione. Nel 2011 López Obrador fonda il Movimiento de Regeneración
Nacional (Morena), che ottiene una grande adesione. Nelle elezioni del 2012 arriva però al secondo posto, lasciando la
maggioranza relativa al PRI, con Enrique Peña Nieto. Arrivato alla presidenza, dà vita al Pacto por México, un patto che
prevedeva un rafforzamento dello stato, la democratizzazione dell'economia e della politica, la partecipazione cittadina e la
lotta alla corruzione. Alla fine del 2013 però i livelli di approvazione del presidente registrano un calo, soprattutto nell'ambito
della sicurezza, in quanto le misure isolate e poco strutturali rimangono inefficaci. Nel 2018 Amlo sale al potere con circa il
53% dei voti, frutti del disincanto della società civile, dell'aumento della disuguaglianza, della violenza e della corruzione.
Nella presidenza di Lopez Obrador si ritrovano le connotazioni tipicamente populiste, propone infatti una repubblica fondata
sui principi di onestà, di giustizia e dell'amore e nei suoi discorsi si riferisce sempre al nemico mafioso e corrotto. Nonostante
ciò, alla fine del 2019 i dati di sicurezza e crescita economica non sono incoraggianti: il Messico rimane il paese con la più
altra breccia di disuguaglianza e continua ad essere un paese molto violento.

Brasile

Durante i moti rivoluzionari del 1810, il Brasile ha pochi contatti con il resto dell'America Latina, alla quale cerca di imporre la
propria egemonia, e stringe rapporti commerciali con la Gran Bretagna. Significativi per capire i tentativi espansionistici del
Brasile sono i casi dell’espansione in Uruguay e in Paraguay.

Nel corso dell’Ottocento anche il Brasile si va a definire e presentare al mercato internazionale come fornitore di materie
prime. La produzione era quella di cotone e zucchero, soprattutto nel nord-est, e del caffè, del quale il Brasile rappresenta il
70% della produzione mondiale. Nel 1851 viene bloccato il traffico degli schiavi, presenti nelle piantagioni di cotone e
zucchero. Questo evento genera una forte stimolazione dell’immigrazione, soprattutto nel sud, perché c’era bisogno di
manodopera. Neglianni successivi vengono emanate una serie di leggi che pian piano portano fine al fenomenodella schiavitù.
Nel 1871 viene emanata la legge sulla Libertà di Ventre a partire dai 21 anni d’età, nel 1885 viene emanata la legge sulla
libertà degli schiavi con più di 65 anni e nel 1888 viene emanata da lei aurea che comporta l'abolizione definitiva della
schiavitù. Quest’ultima comporta la perdita del consenso verso la monarchia di Pedro II da parte dei latifondisti del nord-est.
La perdita del consenso è una delle tante cause che implicano il passaggio da Monarchia a Repubblica. In realtà dagli anni ‘70
nel sud si era formato il Partito Repubblicano che si faceva portavoce delle istanze degli stati del Brasile che chiedevano un
decentramento amministrativo, delle riforme e l'abolizione della schiavitù. Un’altra delle cause è lo sviluppo delle forze
armate, composte da militari di tutte le classi sociali compresi gli schiavi, che chiedevano riforme strutturali. Per mano di un
colpo di stato militare nasce quindi nel 1889 la Repubblica Federale degli Stati Uniti del Brasile, composta da 24 stati. La
Costituzione, emanata nel 1891, prevedeva il federalismo, con ampia autonomia dei singoli stati, il presidenzialismo, la
separazione stato-chiesa, il matrimonio civile, lo stimolo dell'immigrazione e il rafforzamento del rapporto economico con
Gran Bretagna e Stati Uniti. Aspetto importante di questo regime,che dura fino al 1930, è l'alternanza al potere delle oligarchie
degli stati più forti economicamente: San Paolo (caffè) e Minas Gerais (allevamento), che riceveva grande sostegno da Rio
Grande do Sul, zona a confine con Argentina e Uruguay dotata di un forte esercito.

Il 1930 è una data simbolo: lo stato di San Paolo non tiene conto della regola dell'alternanza elettorale e presenta un nuovo
candidato, rompendo gli equilibri che si erano creati. Gli stati di Minas Gerais e Rio Grande do Sul propongono l’Aliança
Liberal con Getúlio Vargas come presidente e João Pessoa, vice presidente. Vargas si presenta come portavoce degli interessi
dei tenentes, giovani ufficiali che chiedono riforme elettorali per contrastare la corruzione e i brogli dovuti all'alternanza. Nella
proposta di governo ci sono: il voto segreto e il voto per le donne, l'estensione dell'istruzione, un nazionalismo economico e il
riconoscimento dei diritti dei lavoratori. Le elezioni vengono vinte però dal candidato paulista, che nomina Pessoa come
vicepresidente. Questo crea tensioni e atti di violenza che terminano con l'uccisione di Pessoa. I tenentes organizzano quindi un
colpo di stato e si crea una Junta militare con a capo Getulio Vargas. Dal 1930 al 1945 a capo del governo c’è quindi Vargas
che instaura una variante tropicale delle dittature europee.

Nei primi anni Vargas promuove l'accentramento politico e un deciso nazionalismo economico. Passa dal modello primario
esportatore all’ISI (indursitalizzazione per sostituzione delle importazioni) e fonda la più grande compagnia siderurgica. Crea
un forte legame con le forze armate, ripagando i tenentes che lo avevano sostenuto, attraverso la maggiore produzione di armi.
Con queste riforme economiche diminuisce notevolmente l'importanza dei latifondisti. Nel 1934 viene stipulata la
Costituzione, basata sui principi del nazionalismo e del corporativismo. Vargas voleva uno Stato forte ed unitario posto a tutela
della identità nazionale e nel 1935, dopo alcuni tentativi rivoluzionari, decide di sospendere la Costituzione ed eliminare ogni
forma di pluripartitismo. Nel 1937 impone una dittatura che chiama Estado Novo, quindi non si legittima attraverso le elezioni,
ma impone appunto una dittatura senza costituzione. Come Porfirio Diaz, per rinnovare l'apparato burocratico, utilizza la figura
degli interventores (soprattutto i militari) che vengono mandati con l'incarico di sostituire la vecchia burocrazia corrotta. Per
integrare al regime i ceti medi e popolari, sviluppati nelle grandi città dove crescevano l'industria ed i servizi, stabilisce un
sistema corporativo, dove lo Stato controllava le organizzazioni dei lavoratori, e introduce leggi sociali e vantaggi ai lavoratori
dell'industria. In questo modo comincia quindi a fondare il mito popolare di Vargas “padre del popolo”. A livello sociale
coinvolge le masse urbane attraverso una legislazione che riconosce i diritti e tutele per i lavoratori. Una cosa importante è che
si rivolge alle masse urbane (forze armate operai e inverventores) e non a quelli rurali che erano ancora legati alle vecchie
oligarchie. ottiene così il consenso dei latifondisti perché non vengono toccati i loro privilegi.

Durante la seconda guerra mondiale, Vargas rinnega le affinità con le potenze dell'Asse e si schiera con gli Alleati, offrendo
sostegno militare agli Stati Uniti che ricambieranno con sostegni economici e investimenti. Questa scelta, di lottare cioè per la
democrazia contro i totalitarismi, contraddice Vargas che si trova costretto ad affievolire la dittatura, a convocare le elezioni e
a permettere la nascita di nuovi partiti: il Partido Trabalhista Brasileiro e il Partido Social Democrático. La sua esperienza di
governo termina nel 1945, anno in cui c'è una ventata di democratizzazione dovuta alla fine della guerra. Un colpo militare
obbliga le dimissioni di Vargas e si instaura un nuovo governo militare con a capo Dutra. La caduta dell’Estado Novo non
sancisce però la fine di Vargas, che viene eletto senatore a vita e nel 1950 viene eletto presidente con il 49% dei voti, grazie al
sostegno dei due nuovi partiti. Il suo mandato finisce nel 1954, anno del suicidio, tra le cui cause c’è anche lo scandalo intorno
alla Petrobras.

Nel periodo post-guerra il Brasile, insieme agli altri stati dell’America Latina che erano intervenuti in guerra, partecipa al
progetto di ricostruzione dell'Europa, aumentano le esportazioni. Negli anni ‘50 queste esportazioni diminuiscono e l’economia
brasiliana entra in crisi, aumenta l'inflazione e si hanno alti tassi di disoccupazione. Il settore siderurgico vive un momento di
contrazione, entra in crisi la Petrobras e aumentano le proteste dei lavoratori. Vargas si trova quindi a dover venire a capo della
crisi economica e degli scandali della Petrobras. Gli Stati Uniti volevano aprire questa impresa al capitale straniero, cosa che
va contro il nazionalismo di Vargas. Si creano quindi tensioni interne tra le posizioni nazionaliste di Vargas e quelle più aperte
agli investimenti stranieri dei militari filo statunitensi. Nello stesso periodo, Vargas tenta di estendere le riforme ai lavoratori
rurali, per venire incontro alle loro esigenze, generando così malcontento nei latifondisti. Non riuscendo a venire a capo di
questi problemi, nel 1954 si suicida con la famosa frase: esco dalla vita per entrare nella storia.

Nel 1956 sale al potere Kubitschek che presenta come programma il Plan de Metas che punta allo sviluppo economico del
paese, promettendo che in cinque anni i progressi che altrimenti avrebbe fatto in 50 anni e accettando capitale straniero, e al
settore siderurgico, soprattutto nella produzione delle auto, dei trasporti e delle vie di comunicazione. Nel 1960 viene fondata a
Brasilia come capitale, evento che stimola un forte impulso sul sistema delle infrastrutture e sviluppa l'istruzione per ridurre
l'analfabetismo. Nel 1961 Goulart riprende le riforme del predecessore, adottando a uno stile più populista. Avvia una riforma
agraria, estendendo i diritti dei lavoratori anche a quelli rurali e avviando una serie di espropriazioni di terreni dei latifondisti e
delle multinazionali. Queste riforme richiamano l'attenzione dei militari, con il sostegno degli Stati Uniti, che nel 1964
rovesciano il governo e instaurano una dittatura civico-militare che dura fino al 1985. Gli Stati Uniti avevano infatti emanato la
Dottrina Mann, in cui si proponevano di sostenere economicamente gli stati dell'America Latina affinché cominciassero la lotta
contro il comunismo. La caratteristica fondamentale di questa dittatura, e di tutte quelle che poi seguiranno, è che c'è un
coinvolgimento non solo dei militari ma anche di una fascia conservatrice della società civile.

Nata dal colpo di stato del 1964 la dittatura brasiliana si prolunga fino al 1985. Le cause della nascita di questi regime si
possono trovare nei tumori dei militari sulla sicurezza, minacciata dal governo di Goulart, e sullo sviluppo del paese, ostruito
dal populismo e il caos sociale. Si apre così il lungo regime che vede cinque militari susseguirsi al potere attraverso atti
istituzionali che garantivano loro poteri praticamente assoluti. Realizzano una forte repressione, che con il finire della dittatura
si affievolisce, proibendo i partiti tradizionali oppositori, esercitando controllo sui mezzi di comunicazione, torturando e
detenendo oppositori, e imponendo i loro funzionari in tutte le istituzioni. Ammettono l'esistenza di un bipartitismo apparente,
che vedeva da un lato Arena il partito dei militari e dall'altro il MDB (Movimento Democrático Brasileiro), partito di
opposizione guidato dai militari. Dal 1974 il Brasile inizia un percorso di allentamento della repressione, con l'obiettivo di
approdare a una democrazia forte e controllata. Cominciano così a riammettere i partiti politici, approvano una legge di
amnistia per i reati politici dei civili, fanno rientrare gli esuli e si liberano dei prigionieri politici.

Dal punto di vista economico, il regime decide di portare avanti la modernizzazione autoritaria, per promuovere lo sviluppo
economico. Approfondiscono il processo di industrializzazione estendendolo ai settori più avanzati e sfruttando appieno le
risorse nazionali. Si aprono gli investimenti stranieri, che vedono nel Brasile un partner ideale in cui fondare le loro
multinazionali dato il basso costo di manodopera, e ad una maggiore esportazione, ottenendo il 10% di crescita del PIL e un
alto consenso dei ceti medio-alti. Gli investimenti portano una crescita economica, ad un aumento delle esportazioni industriali
e dell'occupazione industriale. L'idea della modernizzazione autoritaria prevedeva prima la crescita economica e poi il
miglioramento delle condizioni sociali. Da un lato quindi si è prodotto un boom demografico, una rapida urbanizzazione e la
riduzione dell'analfabetismo, ma dall'altro la disoccupazione rimane elevata e la forbice delle disuguaglianze si è allargata
ancora di più. Le classi sociali più basse rimangono quindi insoddisfatte e i militari nel 1966 decidono quindi un sistema di
pensioni e nel 1971 un fondo rurale pensioni accessibili a tutti così da ottenere il loro consenso. Il 1973 e 1979 sono anni
importanti perché le crisi petrolifere fanno emergere come la modernizzazione autoritaria fosse ancora dipendente dalle
esportazioni e dagli investimenti stranieri. A questo si aggiungono l'aumento del debito e dell'inflazione, che portano il regime
a chiedere prestiti al Fondo monetario Internazionale che, nel 1983, concede in cambio di alcune condizioni quali la riduzione
dei salari e i tagli della spesa. Questo genera una maggiore perdita di consenso e la timida opposizione guidata dal MDB
comincia a farsi più forte e ad avviare una transizione. Nel 1985 vengono indette delle elezioni indirette del congresso che
confermano i candidati del MDB, Neves e Sarney, come presidente e vice. Quando Neves si ammala, Sarney diventa
presidente e guida la transizione alla democrazia.

Per quanto riguarda la questione di giustizia, transizione e verità, il processo è molto lungo. Durante il governo di Sarney, la
legge di amnistia del 1979 viene estesa anche ai militari e agli agenti dello stato. Nel 1985 viene pubblicato Brasil Nunca Mais
scritto dagli arcivescovi. Queste indagini sono volte a fornire dati sulle sparizioni e sulle morti ma manca una ricostruzione
completa di come funzionava il sistema. Nel 2012 Dilma Rousseff istituisce la Comissão Nacional da Verdade, ma continua ad
essere mantenuta la legge di amnistia. La ricostruzione della verità si occupa del periodo 1946-1988 e il numero di vittime
risulta inferiore rispetto agli altri paesi.

La transizione alla democrazia è caratterizzata da un'apertura verso i partiti politici, da cui emerge il PT (Partido dos
Trabalhadores), formato nel 1980, che raccoglie il consenso dei moderati, del centro-sinistra, dei sindacati, del mondo cattolico
e intellettuale, della sinistra, dei contadini e delle minoranze minoranze. Dal punto di vista economico il Brasile deve cercare di
recuperare le sue forze in quanto si trova ricoperta di debiti e con un'inflazione molto alta. Il primo governo democratico si
conclude, dopo anni di tensioni sociali e condizioni economiche e sociali sfavorevoli, con l'elezione di Collor de Mello. Già nel
1992 però, il presidente viene rimosso per impeachment perché implicato in fenomeni di corruzione. Viene sostituito da
Fernando Cardoso che attua una serie di riforme economiche che riescono a portare il Brasile fuori dalla crisi. Sostituisce la
moneta introducendo il Real, apre l'economia agli investimenti e riporta l'inflazione dal 2400% al 25%. Gli otto anni di
governo di Cardoso si caratterizzano per il primato dell'economia sulla politica, con l'attuazione di teorie liberiste, che hanno
portato da un lato ad una altissima crescita economica e dall'altro all'aumento della disoccupazione, delle disuguaglianze e
della povertà.

Questa situazione porta la figura di Luiz Inácio Lula da Silva, detto Lula, ad emergere come leader del PT e come uno dei
primi esponenti dell'ondata progressista. Dopo aver più volte fallito, nel 1989, 19-l94 e 1998, nel 2002 e nuovamente nel 2006
viene eletto come presidente. Quando sale al potere, riceve un paese forte economicamente grazie al Plan Real di Cardoso.
Avvia quindi una politica pragmatica e gradualista volta a promuovere ambiziosi piani sociali, aumentando la spesa pubblica e
aumentando lentamente la riforma agraria. La crescita economica del suo governo è lenta ma costante. Lula promette di
onorare gli obblighi internazionali assunti dal Brasile, a tenere sotto controllo l'inflazione e la stabilità economica, a non far
crescere il debito pubblico, ma soprattutto a diminuire le disuguaglianze e redistribuire il reddito, senza adottare misure
drastiche e radicali. Si impegna quindi a far crescere l'economia, incentivando le esportazioni, dato che il prezzo delle materie
prime era elevato, e diversificando i mercati. Inoltre presenta il Brasile come un grande produttore di soia e minerali. Sul fronte
della politica estera, promuove il protagonismo del Brasile nel BRICS, viaggia molto per trattare con gli altri capi dello stato e
approfondisce l'integrazione economica e politica della regione. Durante la sua presidenza calano la disoccupazione e
l'inflazione ed incrementano i salari di oltre il 70%, dando più potere di acquisto. Dal punto di vista sociale riesce ad attenuare
le disuguaglianze, a dimezzare il tasso di povertà e a far aumentare il reddito. Promuove il sistema Bolsa Familia che
garantisce sussidi e aiuti alle famiglie più povere. Per ricevere questi sussidi le famiglie dovevano rispettare tre requisiti: i figli
devono andare a scuola, devono essere vaccinati e le donne gravide devono sottoporsi a controlli sanitari. Inoltre, stabilisce il
programma Università per Tutti che prevede quote per fasce più povere e per la popolazione non bianca e borse di studio
integrali o parziali per giovani a basso reddito. Questo incrementa il livello di istruzione e la nascita di nuove università in aree
meno sviluppate.

Nel 2008 però arriva l'onda della crisi economica anche in America Latina: l'economia cresce a livelli molto più rallentati; le
materie prime diminuiscono il prezzo e l'economia ha meno risorse per portare avanti le riforme sociali. Nel 2010 sale al potere
Dilma Rousseff, indicata da Lula, che però comincia ad ottenere sempre meno consensi. Nel 2014 viene rieletta con un
piccolissimo margine. Nella campagna elettorale usa la narrativa di due modelli di Brasile: quello di Dilma Rousseff proiettato
alle esportazioni, ai diritti sociali e ai sussidi, contro quello di Neves proiettato al taglio della spesa pubblica e dei sussidi.
Cominciano ad aumentare le proteste ed emergono sprechi e grandi spese inutili per i Mondiali di calcio e per le Olimpiadi,
che generano un malcontento della popolazione. Inoltre, emerge lo scandalo della Lava Jato, che rende pubblica la corruzione.
L'indagine parte da un autolavaggio per far vedere la microcriminalità, ma si scopre che in realtà il giro di corruzione
coinvolge anche la Petrobras e il governo, a cui questa aveva finanziato le campagne elettorali in cambio di appalti. A ciò si
accompagna la congiuntura economica poco favorevole che obbliga la Rousseff a fare tagli sulla spesa. Nel 2016 viene rimossa
per impeachment perché aveva truccato i dati del bilancio e assume la presidenza Temer, il suo vice, che viene accolto con
gioia dal mondo imprenditoriale e dai mercati finanziari. Approva una legge per stabilire il tetto massimo alla spesa pubblica,
una per eliminare il limite del 30% degli investimenti privati nel settore petrolifero, approva un programma di privatizzazioni.
Anche lei viene inquisito e indagato e nel 2018 termina il suo mandato.

Nel 2018 viene eletto Bolsonaro, del Partido Social-Liberal (PSL) che rappresenta un volto nuovo della destra conservatrice.
Lula era stato arrestato per una serie di corruzioni e il PT si trovava senza un candidato ideale. Haddad, il candidato scelto,
aveva poco tempo per ottenere la fiducia e quindi alle elezioni ottiene solo il 44%. Con questa accusa di corruzione il PT entra
in crisi perché la popolazione si rende conto che neanche questo partito era salvabile. Nel 2021 viene annullata la sentenza di
Lula e si scopre che le indagini erano in realtà state pilotate per eliminare Lula come candidato. Bolsonaro raggiunge il
consenso grazie a tre elementi BBB: Bala, sicurezza e armi, Boi, produzione di carne e agrobusiness, e Biblia, conservatori.
Inoltre, si era presentato alle elezioni con un programma fondato sulla lotta alla corruzione, alla violenza e alla criminalità e
con un approccio economico liberista, con privatizzazioni, riduzioni delle spese, riforme strutturali per facilitare l'attività
economica e la liberalizzazione commerciale. Durante la campagna sfrutta molto anche i social e utilizza una strategia di
disinformazione. Durante il suo governo gli omicidi sono sì diminuiti, ma sono aumentati quelli da parte della polizia e la
corruzione è aumentata. Sul fronte della politica estera si è dichiarato sovranista e anti-globalista e sul fronte ambientale, ha
preferito lo sfruttamento delle risorse dell'Amazzonia, piuttosto che la sua difesa. Dal punto di vista sociale, se da un lato la
distribuzione del reddito è migliorata, dall'altro la ricchezza rimane altamente concentrata. Nel 2020 la pandemia COVID-19
ha travolto il paese e il presidente ha minimizzato l'emergenza sanitaria, diffondendo notevolmente i contagi. Nel 2022 alle
nuove elezioni presidenziali, con un piccolo scarto, ha vinto di nuovo Lula, visto dal popolo come il male minore.

Argentina

Nel 1810 quando scoppiano i moti rivoluzionari, Buenos Aires è una delle prime città che si attiva. Dopo 6 anni di
combattimenti, nel 1816, viene proclamata l'indipendenza e la fondazione di uno nuovo stato: Provincias Unidas del Río de la
Plata. Nel 1817 per aiutare il Cile ad ottenere l'indipendenza, difficile per la grande presenza delle truppe spagnole, invia José
San Martín. Una volta liberato il Cile, le truppe di San Martin si spingono a Lima, dove si incontrano con Simon Bolívar e, con
la battaglia di Ayacucho, sconfiggono definitivamente le truppe spagnole. Raggiunta l'indipendenza, in quella che ormai aveva
preso il nome di Repubblica Argentina si sviluppa il dibattito tra centralismo e federalismo e viene portata avanti la politica di
miglioramento della razza, per rendere il paese bianco e omogeneo. Tra il 1874 e il 1878 nasce il Partido Autonomista
Nacional (PAN), rappresentante delle oligarchie, che renderà possibile lo sviluppo economico e inizierà il processo di
conquista dei territori indigeni.

Nel 1890 emerge la forza dei radicali, con l'Union Civica (poi Radical), che chiedono maggior partecipazione politica e
riforme elettorali, con particolare attenzione a porre fine al fenomeno dei brogli elettorali. Nel 1910 l'Union Civica Radical
entra nel congresso e, grazie alle pressioni, nel 1912 viene raggiunto il suffragio universale maschile. Nel 1916 sale al potere
Hipolito Yrigoyen, nel 1922 Torcuato de Alvear e dal 1928 al 1930 torna Hipolito Yrigoyen. A lui si devono le riforme dei
diritti dei lavoratori, dell'istruzione ed educazione e la fondazione della grande compagnia petrolifera argentina. Queste riforme
suscitano una reazione delle oligarchie che nel 1930 sostengono i militari per fare un colpo di stato. Tra il 1932 e il 1942,
l'Argentina viene governata dal Gobierno de la Concordancia, caratterizzato dalla presenza delle oligarchie e dai militari.

Emerge così la figura di Juan Domingo Perón, militare che nel 1940 aveva aderito al Grupo de Oficiales Unidos, con il
progetto di eliminare la corruzione e i brogli elettorali, che nel 1943 organizza un golpe de estado. Questo nuovo regime,
fondato dalle Forze Armate e con a capo Farnell, scioglie il congresso, elimina i partiti e mette in atto la repressione delle
opposizioni per mettere fine al potere delle oligarchie. Dapprima segretario del Lavoro, poi capo del Departamento Nacional
de Trabajo, poi Secretaría del Trabajo y Previsión, poi ministro della Guerra e membro del Consejo Nacional Posguerra si
impone come l’uomo forte del regime. Comincia ad avere forti consensi grazie ai cambiamenti sociali da lui approvati: norme
e riforme che riconoscevano molti diritti per i lavoratori e nel campo dell'istruzione. Questo grande consenso comporta la sua
estromissione da parte del governo, per cercare di limitare il suo impatto, ma il 17 ottobre una grande manifestazione in piazza
guidata dai Descamisados, ne chiede la liberazione. Da qui comincia la sua campagna elettorale, che si oppone all'Union
Democratica, guidata da Tamborini e sostenuta da Branden, presidente degli Stati Uniti.

Il suo programma prevede: giustizia sociale, intesa come uno stato sociale volto a diminuire la forbice delle disuguaglianze e a
fornire servizi e bisogni della società civile; sovranità politica ed economica, volta a far emergere l'Argentina come potenza
politico-economica internazionale e che propone la nazionalizzazione delle industrie e lo sviluppo dell'industria locale e delle
infrastrutture; una terza posizione, intermedia tra i due estremi (USA e URSS). Nel 1946 viene quindi eletto con il 56% dei
voti e nel 1951 comincia il secondo mandato con il 64% dei consensi. In termini politici, Perón comincia ad esercitare un forte
controllo delle istituzioni, governando con un autoritarismo popolare. Invocando la volontà del popolo, controlla l’opposizione,
creando un esecutivo e un legislativo fedele a lui; impone l’obbedienza alla magistratura e rimuove i governatori non fedeli.
Inoltre, monopolizza l’informazione e i sindacati, di cui la Confederación General de Trabajo, fondata nel 1930, diventa l'unico
permesso e controllato dal peronismo, censura la stampa e persegue gli oppositori. A livello economico, si dichiara
nazionalista e anti-imperialista. Aumenta quindi il ruolo dello stato per proteggere il mercato interno, per stimolare la crescita,
per prendere possesso delle infrastrutture chiave attraverso la nazionalizzazione e per trasferire le risorse del settore esportatore
ai ceti urbani e dell’industria. Si sposta poi da modello primario-esportatore al modello isi perché lo sviluppo dell'industria
avrebbe permesso sviluppo economico e politico, in quanto tassello importante per la sovranità nazionale. Grazie a Perón il Pil
del Paese cresce, i consumi aumentano, e il benessere si diffonde. Con l’inizio degli anni 50 la troppa dipendenza dalla
domanda straniera, ormai calata, delle materie prime e la troppa spesa pubblica hanno portato Peron ad allentare la retorica
nazionalista per aprirsi a investimenti stranieri. In quanto alla politica sociale, favorisce la distribuzione della ricchezza a
favore delle classi sociali più povere. Avvia una serie di riforme per il riconoscimento dei diritti sociali e lo sviluppo del
welfare state, facendo lievitare il potere di acquisto dei salari e accrescendo le prestazioni sociali. A partire dagli anni 50 queste
cominciano però ad essere insostenibili, per lo sviluppo della pubblica amministrazione e del welfare, che hanno aumentato la
spesa pubblica. Nel 1949 con una riforma della costituzione promuove maggiori diritti sociali, dei lavoratori e delle donne
(diritto di voto nel 1947), introduce l'elezione diretta e permette la rielezione. Nel 1946 fonda il Partido Peronista, nel 1948
crea la Fondazione Eva Perón che gestisce il potere e i soldi del governo e nel 1949 viene fondato il Partido Peronista
Femenino. La malattia e la morte di Evita Peron nel luglio 1962 rappresenta un evento traumatico per il popolo, perché aveva
canalizzato il voto delle donne e aveva arrecato enormi benefici ad ampi strati sociali.

Perón non arriva alla fine del suo secondo mandato perché perde il consenso dei militari, che con le sue politiche escono
gradualmente di scena; della chiesa perché con il welfare state la chiesa perde finanziamenti e perché avvia una serie di riforme
che intaccano i privilegi della Chiesa e introduce il matrimonio civile; dei ceti medio-alti, dato che il peronismo si rivolge alle
masse e agli operai; e infine, degli stessi lavoratori perché nel secondo mandato è costretto a tagliare la spesa pubblica. Nel
1955 si assiste quindi a un colpo di stato e alla Revolución Libertadora, che consisteva nel liberare il paese da un leader
carismatico ed autoritario, costretto a fuggire in Spagna, ed eliminare tutto ciò che rimandasse al Peronismo, generando una
lotta armata guidata dai Montoneros e una polarizzazione della società. Nel 1957 viene abrogata la riforma Costituzionale
introdotta da Perón sulla possibilità di rielezione del presidente.
Nel 1972 Campora con il Frente Justicialista de Liberación (FREJULI) vince le elezioni e fa rientrare Perón in Argentina. È
anziano, malato e si trova davanti un’Argentina totalmente diversa da quella che aveva governato lui. Nel 1974, dopo le
dimissioni di Campora, sale al governo Isabelita Peron, che si trova incapace di gestire il Paese. Così il 24 marzo 1976 con un
colpo di stato i militari rovesciano il governo di Isabelita e creano la Junta militar, composta dagli esponenti Videla, Agosti,
Massera, Galtieri e Bignone che resta al potere fino al 1983. Il Proceso de Reorganización Nacional interessa tutti gli aspetti
della vita politica, economica e sociale. Per portare ordine e sicurezza, le Forze Armate si sentivano legittimate ad usare
qualsiasi forma di repressione contro tutti i sovversivi. Ricorrono in modo massiccio alla repressione clandestina, alle
sparizioni forzate e a violazioni dei diritti umani. Verso gli anni 80 emerge però la crisi economica: il PIL diminuisce del 12%,
la disoccupazione arriva al 40% e la produzione industriale diminuisce del 23%. Verso la fine degli anni 70 cominciano anche
ad emergere i dati sulle sparizioni forzate e sulle violazioni dei diritti umani e la società comincia a unirsi per chiedere giustizia
e verità. Nel 1979 viene emanata la Ley de Presunción de Fallecimiento che riconosceva la presunzione di morte per tutte le
persone sparite, generando una situazione di malcontento. Il consenso verso i militari diminuisce sempre di più e si forma una
coalizione multi-partidaria che comincia ad esercitare pressione per fare le elezioni e per restituire i ministeri ai civili. La
giunta riceve il colpo di grazia con la guerra delle Falkland/Malvinas. Queste isole, appartenenti al vicereame del Río de la
Plata, con i moti di indipendenza vengono occupate dai coloni inglesi. Nel 1982 per distogliere l'attenzione dai problemi
interni, la giunta decide di occupare le isole e dà inizio alla guerra delle Falkland/Malvinas. Durante questo breve conflitto il
popolo argentino si trova unito, ma Galtieri aveva sottovalutato l'Inghilterra che, guidata dalla Thatcher in cerca di consensi,
vince la guerra causando 900 vittime di cui il 70% argentine. Nel 1982 Galtieri lascia il potere a Bignone, che nel 1983 emana
la Legge di Amnistia per i militari e pubblica il Documento Finale in cui giustifica l'operato dei militari per il bene della
nazione.

Nel 1983, a causa delle pressioni e del calo dei consensi, la giunta indice le elezioni. Le elezioni vengono vinte dal radicale
Alfonsín, che con stupore sconfigge il candidato peronista. Nel dicembre 1983 abroga la legge di amnistia e dichiara che la
giustizia opererà su tre livelli in base alla gerarchia dei militari. Nel 1983 viene istituita la CONADEP che nel 1984 pubblica
l'informe Nunca Más, il cui prologo introduce la teoria dei due demoni, secondo cui in Argentina si erano scontrati due
demoni, lo stato e gli oppositori, che viene però subito smentita perché gli oppositori non sono dei demoni. Nel 1985 viene
fatto il Juicio de Siglo in cui dopo 900 ore di udienze, con 833 testimoni, Videla e Massera vengono condannati all’ergastolo,
mentre altri responsabili a pene minori. Nel 1986, in seguito a proteste e minacce da parte dei militari, Alfonsín si trova ad
approvare la Ley de Punto Final e nel 1987 la Ley de Obediencia debida, ovvero nuove leggi di amnistia. Parallelo a queste
leggi il governo però prevede di risarcimenti ai familiari dei desaparecidos.

Alfonsin comincia a perdere il consenso verso la fine degli anni 80 quando per fronteggiare la crisi economica adotta il plan
austral, che se inizialmente sembrava funzionare, ha portato poi ad un aumento fortissimo dell’inflazione. Nel 1989 si dimette
e gli subentra Menem, che adotta una serie di riforme economiche neoliberiste e si appella alla retorica populista per accentrare
il potere. Dal punto di vista politico istituzionale aumenta infatti il potere dell'esecutivo a discapito del congresso, adottando un
iper presidenzialismo e governando il paese con decreti di necessità ed urgenza scavalcando il potere legislativo. Nel 1994
avvia la riforma costituzionale che prevede una riedizione immediata ed introduce nuovi diritti sociali. Nell'ambito della
giustizia e verità nel 1990 concede indulti ai militari condannati e nel 1994 permette di ottenere il risarcimento ai familiari e ai
desaparecidos. Dal 1998 viene portata avanti la ricostruzione degli eventi di violazione dei diritti per soddisfare il bisogno di
verità. Salito al potere con il sostegno dei peronisti, Menem abbandona la tradizione di intervento statale e di politiche
economiche espansive per seguire invece le indicazioni del fondo monetario internazionale adottando politiche neoliberiste,
con privatizzazioni e tagli delle spese. Inoltre, svende grandi porzioni di terre, ricche di risorse naturali, a investitori stranieri e
a multinazionali. Per contrastare l'inflazione adotta il Plan de Convertibilidad, per rendere il peso uguale al dollaro statunitense.
In un primo momento tutte queste misure generano una sensazione di benessere che gli permette grande consenso e la
rielezione. Però, con la diminuzione della spesa pubblica diminuiscono anche i servizi e i sussidi e le industrie locali
sviluppano prodotti poco competitivi per le esportazioni. L'export quindi diminuisce e l'economia entra in recessione, causando
licenziamenti e quindi aumento della disoccupazione. Parallelo a questo aumentano la corruzione e il riciclaggio del denaro, il
narcotraffico e la fuga di investitori e di capitali. Dopo vari tentativi per portare avanti un terzo mandato, è costretto a lasciare
il posto a De la Rua nel 1999 che dopo soli due anni si dimette. La prima misura che adotta è il corralito, ovvero un limite di
prelievo nei conti correnti per contrastare la fuga del capitale. Questa misura genera una serie di proteste a cui della Rua
risponde con lo stato d'assedio. A lui si susseguono 4 presidenti, di cui l’ultimo Eduardo Duhalde è chiamato a guidare il paese
fuori dalla crisi e fino alle elezioni. Durante il suo mandato il paese è in default, il peso è svalutato al 300%, la povertà e la
disoccupazione sono elevate e il PIL è in decrescita. Si sviluppano quindi i fenomeni del trueque, ovvero il baratto, dei
cartoneros, ovvero persone che aprivano i sacchi dell'immondizia per tirare fuori il cartone venderlo e guadagnarci, e delle
fabbriche recuperate, in cui gli operai facevano ripartire le aziende.
Nel 2003 si svolgono delle nuove elezioni in cui si candidano tre peronisti e tre radicali. Tra i peronisti ci sono Kirchner e
Menem, che è in testa. Comincia quindi una campagna contro Menem, che lo porta a ritirarsi. Sale quindi al potere Nestor
Kirchner, che si trova nelle mani un paese nel mezzo di una grave crisi economica. Kirchner rappresentava il cambiamento e
proponeva un programma socialdemocratico e progressista. Grazie alla svalutazione del peso, all’eliminazione del corralito e al
boom delle materie prime, puntando sull’esportazione di soia e carne, Kirchner riesce a portare il paese fuori dalla crisi e a
destinare grandi risorse economiche nelle politiche sociali per ridurre la povertà, le disuguaglianze e la disoccupazione. Inoltre,
controlla le tariffe dei consumi e prevede contributi per tutti per incentivare i consumi e far ripartire l'industria locale. Inoltre,
in una sola soluzione restituisce tutti i debiti al Fondo Monetario Internazionale e lo accusa di essere responsabile della crisi. A
livello interregionale nasce la Unasur nel 2008 di cui Nestor Kirchner è il primo presidente e inoltre continua a far parte del
Mercosur, creato da Menem nel 1991. Inoltre, inaugura una maggior tutela dei diritti umani e promuove un’agenda per rendere
giustizia alle vittime della dittatura. Si dichiara parte di una generazione decimata, figlia delle madres e delle abuelas dei
movimenti di protesta, nell’anniversario del golpe nel 2004 rimuove i ritratti di Videla e Bignone dal collegio militare e nel
2006 pubblica un nuovo Nunca Mas con un nuovo prologo senza la teoria dei due demoni e del terrorismo dello stato. In
occasione della cessione dell’ESMA a museo, nel 2007 chiede perdono per il silenzio delle istituzioni e inaugura il Parque
della Memoria a Buenos Aires e sua moglie nel 2011 promuoverà la trasformazione dei luoghi di memoria in tutti quei territori
usati per la repressione durante la dittatura. Nel 2005 annulla le leggi di impunità e nel 2007 vengono riaperti i processi in
collaborazione con le associazioni di Madres, Abuelas e Hijos nella difesa dei diritti umani e per la giustizia, e viene annullato
il decreto che bloccava le estradizioni.

Finito il suo mandato Kirchner indica come candidata sua moglie Cristina Fernández de Kirchner, motivo per il quale vengono
accusati di matrimonialismo, pensando di alternarsi al potere. Nel 2007 assume quindi l’incarico Cristina, ma nel 2010 Nestor
Kirchner muore e Cristina decide di ricandidarsi sfruttando la vedovanza come strumento per ottenere il consenso, senza
nemmeno dover fare una campagna elettorale. Con il crollo dei prezzi delle materie prime emerge la debolezza dell'economia,
la mancanza di riforme nel tessuto industriale e nella diversificazione delle risorse e il sistema sempre più clientelare e
assistenzialista. Per evitare una nuova crisi vengono introdotte barriere e tariffe doganali e viene introdotto il Cepu Cambiario
per limitare l'acquisto con i dollari e la fuga di capitali. Questo però frena molto l'economia del paese. Nel 2012 avvia una serie
di progetti di nazionalizzazione soprattutto nei giacimenti della Vaca Muerta e l'anno successivo si apre a nuovi investimenti
con il decreto Chevron. Emerge inoltre lo scandalo dei dati dell'inflazione truccata ed emerse la quantità di poveri strutturali
che vivono grazie ai sussidi e che rappresentano un serbatoio di voti. Inoltre vengono insabbiate le indagini sugli attentati
contro la comunità ebraica. Alla fine del suo secondo mandato, lascia un paese tagliato fuori dai mercati internazionali e legato
sempre di più alle multinazionali straniere.

Nel 2015 sale al potere Macrì, con il partito Cambiemos della destra, che ha portato avanti una politica di rottura con il
governo kirchnerista, denunciando la cattiva gestione dell’economia. Il governo dei ricchi ha puntato subito a una
liberalizzazione dell’economia, eliminando il Cepo cambiario per rimettere l’Argentina nel mercato internazionale, che
inizialmente ha portato dei benefici, ma con la crisi del 2018, ha peggiorato le condizioni sia economiche che politiche della
società, diminuendo la fiducia verso il governo. Verso la fine del mandato si trova costretto a chiedere un nuovo prestito al
Fondo Monetario Internazionale e a introdurre delle misure di controllo come le tasse su esportazioni e il cepo cambiario. Dal
punto di vista della memoria e della giustizia pone meno attenzione del governo Kirchnerista e taglia i fondi di diverse
organizzazioni. Nel 2019 sale al potere Alberto Fernandez, un peronista, con Cristina come vicepresidente.

Perù

Nel 1968 in Perù si afferma una dittatura militare anti-oligarchica, con a capo Juan Velasco Alvarado, che si era proposta una
profonda trasformazione della società attraverso il Plan Inca che prevedeva una radicale riforma agraria in sostegno dei singoli,
delle comunità indigene e cooperative, la nazionalizzazione delle risorse naturali sfruttate da capitali stranieri, la proprietà
sociale, l’indipendenza e la sovranità politica del paese. Nel 1975 il governo viene rovesciato e nel 1978 viene approvata una
nuova costituzione democratica. Nel 1980 dovevano esserci le prime elezioni democratiche che però hanno coinciso con
l’inizio della guerra annunciata dal Partido Comunista Peruviano - Sendero Luminoso, quando da fuoco alle urne elettorali ad
Ayacucho. Creato nel 1970 da Abimael Guzman, Sendero Luminoso comincia ad ottenere sempre più consenso, prima dagli
studenti, poi dai contadini e infine nelle città. La loro strategia era fare attentati violenti per mettere paura e per far perdere la
fiducia alle istituzioni, strategia che in realtà porta ad un fenomeno di emigrazione per terrorismo.

Il nuovo governo guidato da Balaunde Terry sottovaluta però Sendero Luminoso e non riesce ad affrontare l’insurrezione in
maniera adeguata. Nel 1982 invece di ricorrere al dialogo il governo dà un ultimatum a Sendero Luminoso, che non viene
rispettato, e Ayacucho diventa zona di stato d’assedio. Oltre a non saper affrontare il problema dell’insurrezione, il governo
non riesce a far fronte alla crisi economica, che ha generato una inflazione del 2700%, una decrescita del PIL del 20%, un
aumento della povertà al 44% e della povertà estrema al 23%. Nel 1985 sale al potere Alan Garcia che decide di sanzionare gli
agenti coinvolti nella violazione dei diritti umani, cosa che porta Sendero Luminoso ad espandersi. Al fallimento della lotta
all’insurrezione si aggiunge il fallimento del suo piano economico protezionista che porta consensi a Fujimori, un volto nuovo,
che con il partito Cambio 90 viene eletto nel 1990. Fujimori smantella il protezionismo ed adotta una postura neoliberista, il
fujistock, che riduce l’inflazione e stabilisce un equilibrio fiscale. Approfitta delle circostanze per instaurare un governo
autoritario e cerca di risolvere la crisi della sicurezza interna adottando una strategia violentissima di guerra contro Sendero
Luminoso. Con il sostegno delle Forze Armate, nel 1992 organizza un autogolpe che conduce allo scioglimento del congresso
e alla sospensione della costituzione, che riformula nel 1993 creando un esecutivo molto forte e permettendo la sua rielezione.
Insieme a ciò, permette una buona crescita economica e cattura Abimael Guzman. Nel 1995 con la seconda elezione consolida
la sua posizione e porta avanti la repressione e la violenza contro Sendero Luminoso. Nel 1995 approva la Legge di Amnistia
che copre gli anni dal 1980 al 1995 ed una legge di Interpretazione Autentica per l'Amnistia per i crimini che verranno
commessi in futuro. Nel 2000 alle elezioni vince con il 49% contro il 40% di Alejandro Toledo ma con lo scandalo Vladi
Videos, ovvero video che dimostrano come i suoi fedeli vadano a corrompere i deputati, emerge la corruzione e i brogli
elettorali. Fujimori perde credibilità e genera una grossa delusione da parte della popolazione. Si trasferisce in Giappone da
dove invia le sue dimissioni, che il congresso rifiuta e lo rimuove per incapacità morale permanente.

Dopo un governo ad interim, subentra Alejandro Toledo, che permette la creazione tra il 2001 e il 2003 della Comisión de
Verdad y Reconciliación, itinerante, che attribuisce il 46% della responsabilità a Sendero Luminoso, il 30% allo stato e al
gruppo di paramilitari Colina. Con il caso Barrios Altos viene annullata la legge di amnistia. Nel 2001 la Corte Interamericana
de Derechos Humanos è chiamata ad analizzare il caso Barrios Altos del 1991 di Lima in cui i militari avevano ucciso un
gruppo di persone riunito per una festa. Con la legge di amnistia non si poteva indagare sul caso, perciò i familiari dei morti si
sono diretti alla Commissione Interamericana e poi alla Corte Interamericana che emana una sentenza in cui dichiara che la
legge di amnistia non può essere valida perché viola i diritti fondamentali e che bisogna portare giustizia. Nel 2016 viene
aperto il processo sul caso Manta Y Vilca sulla violenza e schiavitù sessuali, in cui durante la raccolta delle testimonianze, le
vittime vengono umilite. Un altro processo importante è quello della sterilizzazione forzata svolta tra il 1996 e il 2000 presso le
comunità indigene su 200 o 300.000 donne. Il processo è iniziato a marzo 2022 e coinvolge i ministri della sanità e Fujimori.

Nel 2005 Fujimori atterra in Cile che concede l’estradizione e inizia il Mega Juico del 2007-2009. Fujimori viene condannato a
25 anni per essere autore mediato dei reati e per non aver fermato azioni violente contro gruppi innocenti. Montesinos, il
braccio destro e guida del Gruppo Colina, viene condannato a 35 anni. Abimael Guzman, che aveva già avuto un processo,
viene riprocessato e condannato all'ergastolo. Nel 2006, dopo l’incarcerazione del padre, Keiko Fujimori crea la forza popolare
del fujimorismo ed entra nel congresso. Nel 2011, 2016 e 2021 si candida come presidente, senza riuscire a prendere la
maggioranza, e viene spesso coinvolta in scandali e corruzione.

Dagli anni 2000 ad oggi la politica del Perù si caratterizza per due elementi: la corruzione e la narrativa del male minore. Nel
dicembre 2016 emerge lo scandalo della Odebrecht, una grossa multinazionale che ha vinto moltissimi appalti per le opere
infrastrutturali in tutta l'America Latina e Africa. Il fondatore confessa un giro di corruzione pari a 788 milioni di dollari, di cui
29 milioni usati in Perù tra il 2005 e il 2014, per cui l'impresa concedeva sostegno economico durante le campagne elettorali in
cambio di appalti. Questo scandalo ha coinvolto tutti i presidenti. Toledo si è rifugiato negli Stati Uniti, Alan Garcia si è
suicidato e Ollanta Humala e la moglie vengono arrestati. La politica del male minore si riferisce invece al fatto che nessuno
dei candidati rappresentava effettivamente le aspirazioni della maggior parte della popolazione, ma rappresentava il male
minore davanti alla minaccia di progetti che mettevano in pericolo la stabilità democratica del paese. Nel 2016 Kuczynski
viene eletto appunto come il mare minore con il Partido para el Cambio, ma nel marzo 2018 si dimette per scandali e
corruzione. Infatti nel 2017 c’erano state pressioni per scarcerare Fujimori, spinte dalla figlia Keiko, che il presidente
Kuczynski concede. La grazia viene però annullata e pochi mesi dopo emerge il ricatto da parte di Keiko che aveva chiesto la
liberazione del padre in cambio del silenzio sui giri di corruzione che coinvolgevano Kuczynski. Il presidente viene quindi
sostituito dal vice Viscarra che promette rinnovare la classe politica e portare avanti la lotta alla corruzione. Nel 2019 scioglie
il congresso e riduce finalmente il fujimorismo, ma il 9 novembre 2020 viene rimosso per incapacità morale per giri di
corruzione vecchi. Viene creato un governo ad interim con Manuel Merino, che dura pochissimo perché, in seguito a proteste
popolari per aver dimesso l'unico presidente buono, si dimette. Il 17 novembre sale al potere Sagasti con il Partido Morado che
porta il paese fino alle elezioni del 2021. Nel 2021 c'è stato un livello bassissimo di partecipazione alle elezioni e la teoria del
male minore viene riproposta per il ballottaggio tra Castillo e Keiko Fujimori. Castillo vince con il 50,1% supportato da una
formazione di sinistra volta a cambiare il sistema economico, ridurre le disuguaglianze e promuovere una migliore sanità e
maggiore istruzione. Dopo le elezioni è stato accusato di brogli e corruzione e hanno tentato di rimuoverlo. Inoltre ha avuto
difficoltà nel creare un governo che funzionasse bene, trovandosi a cambiarne 4 in un solo anno.

Guatemala
Il Guatemala ha una composizione della popolazione molto peculiare: la popolazione bianca, i cosiddetti ladinos, rappresenta
solo il 15%, mentre la popolazione Maya il 60% (oggi 41%). Nonostante ciò la politica era nelle mani della minoranza dei
bianchi, oligarchia terriera che si basava sui lavori svolti dalla popolazione indigena dei Maya.

A cavallo tra l’ottocento e il novecento, il presidente Estrada Cabrera si apre agli investimenti esteri, entra nella United Fruit
Company (UFCO) e stringe legami con gli Stati Uniti, ai quali cede la proprietà e la gestione di tutti i servizi. Questi legami
vengono accentuati con Ubico Castañeda che dal 1931 al 1944 governa il Guatemala con un regime autoritario, fondato sulla
proprietà di latifondi e sulla repressione dei contadini, organizzati in proteste per chiedere una riforma agraria, legittimata da
una legge che consente la la violenza da parte dei latifondisti sui contadini. Nel 1944, la fine della seconda guerra mondiale
porta un'ondata di democrazia che, unita alle pressioni del Movimiento Constitucion y Democracia, obbliga Ubico Castañeda a
lasciare il potere. Alle elezioni del 1944 vince il rivoluzionario José Arévalo che dà inizio alla primavera democratica,
promuovendo la riforma agraria, promulgando una nuova costituzione e il codice di lavoro e favorendo la nascita del Partido
Guatemalteco del Trabajo. A lui succede il colonnello Arbenz che prosegue il progetto di riforme ed emana un decreto per
promuovere l’espropriazione delle terre dalla United Fruit Company per distribuirle tra i contadini. Inoltre, porta avanti la
nazionalizzazione della compagnia elettrica e nel 1952 ammette l’esistenza del partito comunista. Questo, insieme alla
tendenza a monopolizzare il potere, ha fatto sì che la fragile democrazia venisse facilmente rovesciata.

Sulla base del trattato di assistenza reciproca del 1947, nel 1954 nella Conferenza Interamericana a Caracas viene approvata
un'azione continentale contro il comunismo, considerato come un'aggressione vera e propria verso lo stato. Così, il 18 giugno
1954 con l'Operazione Success gli Stati Uniti, guidati dal generale Armas, entrano in Guatemala e rovesciano il governo di
Arbenz, per creare una giunta militare. Una volta salite al potere, le nuove istituzioni abrogano le riforme di Arevalo e Arbenz
e creano il Comitato Nazionale di Difesa per la persecuzione e la punizione del nemico comunista. All'interno delle forze
armate però si crea un gruppo fedele ad Arbenz, guidato da Yon Sosa, che insorge. La repressione li porta a fuggire in
Messico, dove viene fondato il Movimiento Revolucionario 13 de Noviembre, che nel 1960 dichiara guerra al Guatemala,
dando inizio al conflitto armato interno che dura fino al 1996. Nel 1966 impongono al presidente civile Menendez Montenegro
la gestione della guerra e la strategia per reprimerla, con i Comisionados Militares composti dai militari civili e i 15 squadroni
della morte formati invece dai paramilitari.

Il lungo conflitto, durato 36 anni, ha causato circa 250.000 vittime ed è stato il più duro conflitto dell’America Latina. La
comunità internazionale fornisce investimenti per portare avanti programmi di sviluppo per le zone rurali e mettere fine alla
guerra, ma le istituzioni continuano il processo di sparizioni, torture e terrore. Nel 1982 sale al potere con un golpe che
rovescia Lucas Garcia, il generale Rios Montt, che guida il Guatemala per solo un anno e mezzo. Nonostante la breve durata
del suo mandato si registrano innumerevoli massacri, violazioni dei diritti umani e deportazioni, soprattutto di indigeni maya,
perché individuavano nell'indigeno, povero, il guerriero ed eliminandoli, avrebbero eliminato tutti i possibili sovversivi. Dalla
repressione selettiva si passa quindi a una repressione di massa usando le tecniche di tierra arrasada o quitar el agua al pez,
ovvero praticano massacri e distruggono villaggi e praticano il peggior genocidio di tutta l'America Latina. Alcuni guerriglieri
desplazados, ovvero sfrattati, che fuggono, se riescono si rifugiano in Messico, altrimenti vengono catturati e trasferiti nei
polos de desarrollo per essere rieducati e reinseriti nella società. Nel frattempo l’opposizione e le guerriglie si organizzano agli
inizi degli anni 80 nella Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca (URNG).

A metà degli anni ottanta il Guatemala comincia la transizione verso la democrazia. Nel 1983 Rios Montt viene rovesciato da
Mejia che nel 1985 pubblica una nuova costituzione che introduce libertà e diritti e riconosce il paese come multiculturale. Nel
1986 si tengono le elezioni dove vince Cerezo Arevalo, che tra il 1986 e il 1987 dà il via ai negoziati di pace ad Oslo che si
concludono nel 1996, anno in cui viene approvata la nuova Ley de Reconciliación Nacional, che concede l'amnistia per i
membri delle forze armate, ma non per i crimini di sparizione, genocidio e tortura. Nel 1997 su volontà dell'ONU viene creata
la Comisión de Esclarecimiento Histórico che pubblica l'informe “Guatemala la memoria del silenzio” in 12 volumi, dove
vengono elencate le istituzioni responsabili, alle quali si riconosce il 93% della responsabilità, ma non i nomi dei responsabili.
Nel 1994 inizia un progetto Inter-diocesano sulla recuperazione della memoria storica che finisce nel 1998 con la
pubblicazione di “Guatemala nunca mas” in cui si riportano le testimonianze e vengono indicati i nomi dei responsabili. Questa
decisione costa la vita a Monsignor Gerardi che viene ucciso dai paramilitari. Dal 1996 ad oggi ci sono state solo 26 sentenze
in 21 casi con 70 condanne di militari, poliziotti e membri delle patrullas di autodefensa. Inoltre, dato che non c'è stato un
cambio della classe politica, le indagini non vengono portate avanti, anzi nel 2019 c'è stato un tentativo di ampliare la legge di
amnistia, bloccato dalla Corte Interamericana.

Nel 1995 sale al potere Rios Montt, che però viene subito dimesso in quanto ex-golpista. Dal 2000 al 2004 presiede
l'Assemblea nazionale e nel 2003 si ricandida come presidente. Questo mostra come dal 1996 ad oggi non ci sia stato un vero e
proprio ricambio della classe politica, in quanto tutti i presidenti sono del Fronte Repubblicano Guatemalteco. Álvaro Colom è
l'unico presidente di centro-sinistra che governa dal 2008 al 2012. Colom ha portato avanti il processo di riconciliazione
nazionale, introduce il reato di femminicidio e si apre alle relazioni internazionali, ma con la crisi economica e l'aumento delle
violenze, ha perso subito il consenso. Inolte, sulla base della legge di riconciliazione nazionale nel 2012 viene avviato il
processo di Rios Montt e nel 2013 viene condannato a 80 anni per il genocidio di 1771 persone Maya. I difensori presentano
ricorso perché non era stato garantito giusto processo e viene annullata la condanna. Nel 2018 muore senza aver scontato la sua
pena. Nel 2011 viene aperto anche il caso Sepur Zarco. Durante il processo (2011-2016), 15 donne raccontano la storia delle
uccisioni e sparizioni e della schiavitù sessuale alla quale erano sottoposti tra il 1982 e il 1983 nella base militare a Sepur
Zarco, e i capi militari vengono condannati a 360 anni in totale per schiavitù sessuale e per uccisione di 200 persone.

Nel 2012 sale al potere Perez Molina, che ha provveduto subito ad una mobilitazione dell’esercito nella lotta al narcotraffico.
Nel 2015 il presidente si trova coinvolto in scandali, corruzione e frode, emerso con l’indagine de La Linea e viene rimosso.
Nel 2016 emerge la figura di Jimmy Morales, attore e comico di umili origini, che ha ottenuto il 67% dei consensi, con la
coalizione Frente de Convergencia Nacional, da parte di molti esponenti di destra e militari. Nel 2017 il suo consenso è
cominciato a calare di fronte allo scandalo di corruzione che coinvolgeva la sua famiglia e alle tensioni con la Comisión
Internacional Contra la Impunidad en Guatemala, dovute al tentativo di estendere l'amnistia ai crimini di lesa umanità. Nel
2020 sale al potere Alejandro Giammattei, del partito di destra Vamos.

El Salvador

El Salvador è sempre stato caratterizzato per la presenza di 14 famiglie di cafeteros che controllavano e spingevano la
produzione del caffè, cotone e canna da zucchero, causando forti disuguaglianze. Nei primi decenni del Novecento i contadini
poveri cominciano a mobilitarsi per chiedere una riforma agraria, partecipazione politica e maggiori tutele. Questa fascia di
popolazione si riunisce sotto la figura di Farabundo Martí che nel 1930 fonda il partito comunista e nel 1932 organizza la
matanza, ovvero una rivolta che genera tra le 10 e le 30.000 vittime. La presenza di Martí fa aumentare il controllo nelle
istituzioni che, per evitare una deriva comunista, decidono di creare gli squadroni della morte.

Dagli anni '70 le organizzazioni di lotta armata clandestina che si oppongono alla posizione dello stato aumentano sempre di
più e quest'ultimo comincia ad attuare una forte repressione accentuando la polarizzazione della società. Una parte della chiesa
non condivide la posizione delle istituzioni, come ad esempio Monsignor Romero che si era distinto per l'esortazione alla
disobbedienza ai militari. Il 24 marzo 1980 viene assassinato mentre celebrava messa e prende il via la guerra civile. Il governo
dichiara lo stato di assedio che vede da un lato il Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional che raccoglie tutte le
guerriglie e dall'altro il Frente Democratico Revolucionario che difende le istituzioni. Già dal 1977 però la società civile si era
attivata con associazioni composte da madri, come la COMADRES, alla ricerca dei figli torturati o uccisi.

Dal 1990 le guerriglie e le istituzioni cominciano a fare incontri e negoziati per mettere fine alla guerra civile e nel 1992
firmano gli Accordi di Pace a Chapultepec, grazie all'intervento della comunità internazionale. L'ONU infatti nel 1991 aveva
creato due commissioni ad hoc per il monitoraggio che sono la ONUSAL e la COPAZ. Nel 1992 viene approvata una legge di
riconciliazione nazionale per tutti i combattenti e si decide che l'1 febbraio ci sarà la conclusione formale della guerra civile.
Infine, dato che nel corso della guerra civile molti cittadini erano emigrati verso gli Stati Uniti nelle città di Los Angeles e
Washington, una volta firmato gli accordi di pace si comincia a farli rientrare, e si stima che nel 1998 si siano fatte rientrare
almeno 200.000 persone.

Nel 1991 viene creata la commissione ad hoc per portare avanti le epurazioni delle forze armate e di soggetti responsabili dei
crimini più gravi da tutte le istituzioni. I tre membri salvadoregni a capo della commissione individuano più di 100
responsabili. Sempre nel 1991 viene istituita la Comisión de Verdad per indagare sulle violazioni dei diritti umani, composta
da tre membri non salvadoregni, che per le difficoltà viene spostata a New York dove vengono sporte 22.000 denunce. Nel
1993 viene pubblicato l'informe De la locura a la esperanza consegnato alle Nazioni Unite. In questo informe si attribuisce la
responsabilità del 95% alle forze armate e agli squadroni della morte e solo il 5% al Frente Farabundo Martí. Dopo cinque
giorni dalla consegna dell'informe viene istituita da Ley de Amnistía General para la Consolidación de la Paz, che espelle i
responsabili dalle istituzioni, ma non li giustizia. Solo nel 2016, quando viene riaperto il caso El Mozote, avvenuto nel 1981 in
un villaggio dove gli squadroni hanno ucciso più di mille persone, verrà dichiarata incostituzionale la legge e verrà riaperto il
processo di indagine. Nel 1994 nasce anche l'organizzazione spontanea per indagare sui bambini scomparsi, ma solo nel 2010
nel 2017 verranno create le commissioni ufficiali. Nel 2009 inizia un processo di revisione dell'uccisione di Monsignor
Romero e nel 2015 viene beatificato e nel 2018 canonizzato.

Dal 1989 al 2019 El Salvador ha vissuto un bipartitismo tra Alianza Republicana Nacional (Arena) e Frente Farabundo Marti
de Liberación Nacional (Fmln). Arena viene fondato nel 1981 come partito della destra radicale, vicino alle Forze Armate,
mentre il FMLN fondato nel 1980 come coalizione dei movimenti di guerriglia di sinistra, diventa, con gli accordi di pace, un
partito politico che comincia ad ottenere sempre più consensi. Nei primi governi di arena (1989-2009), il governo si trova a
dover consolidare l’apparato democratico, ridimensionando l’esercito, risolvere problemi sociali, quali la povertà e la
disuguaglianza, e adottare politiche economiche neo-liberiste in linea con le regole del FMI. Nei primi anni del nuovo
millennio, se da un lato riescono a portare ad una stabilità macroeconomica, dall’altro non avevano risolto le problematiche
sociali, che hanno cominciato ad organizzarsi per manifestare contro le disuguaglianze economiche e gli effetti dei disastri
naturali di quegli anni. Nel 2006 il governo ha cominciato a varare politiche fragili di welfare, che però hanno coinciso con
l’emergere della violenza criminale. Così nel 2009 riesce a salire al potere un esponente del FMLN che si ispirava al modello
Lula. si è detto da subito intenzionato a trovare un equilibrio tra politiche di lotta alla criminalità, politiche di tutela sociale e
politiche economiche per favorire lo sviluppo del paese. In realtà sull’onda della crisi finanziaria globale queste politiche sono
state più difficili da attuare, ma nonostante ciò è riuscito a varare una riforma sanitaria e il Plan Viviendas per le popolazioni
più povere. Rispetto ai governi di destra, il FMLN ha posto maggiore attenzione al tema delle violaioni dei diritti umani,
proclamado il 24 marzo come giornata internazionale del diritto alla verità e chidendo scusa ufficialmente per uil massacro e le
violazioni dei dirittiportate avatidallostato. Nel 2014 sale al potere Ceren, del FMLN, che rafforza il piano di riconciliazione
nazionale attraverso la beatificazione nel 2015 e poi canonizzazione nel 2018 di Monsignor Romero.

Nel 2019 entrambi i partiti arrivano stanchi e con pochi consensi, il che favorisce la salita al potere di Nayib Bukele, outsider
giovanissimo della destra, che vive sui social, che dopo vent’anni rompe il bipartitismo. Si propone sin da subito di svecchiare
la classe politica e giudiziaria e di portare pace e tranquillità per risolvere il problema della criminalità e delle gang, ottenendo
il sostegno delle forze armate. La sua politica di contrasto alle maras ha portato però allo stato di emergenza nell'aprile 2022.

Venezuela

A differenza degli altri paesi, per il primo secolo di indipendenza (1830-1958), il Venezuela viene governato da militari. È un
paese ricco di giacimenti e nel Novecento, in seguito alla costituzione del 1917 del Messico, diventa il paese più aperto allo
sfruttamento di petrolio e investimenti stranieri, permettendo un grande sviluppo economico al paese, che ha portato ad
ampliare la propria base elettorale. Tra il 1952 e il 1958 sale al potere Perez Jimenez, che apre ancora di più il paese agli
investimenti stranieri. Tra il 1958 e il 1998 il partito socialista e il partito cattolico decidono di avviare il Pacto del Punto Fijo,
ovvero un accordo per l'alternanza al potere. Durante il boom petrolifero si apre alle migrazioni di capitale umano disposto a
lavorare per lo sfruttamento del greggio, ma alla fine degli anni ottanta si trova come tutti gli altri paesi nella crisi economica,
il mito dell’infinita ricchezza petrolifera svanisce e le proteste dilagano. Carlos Perez, per recuperare l'economia, chiede un
prestito al Fondo Monetario Internazionale, che lo concede con la condizione di applicare riforme neoliberiste. Il presidente
ricorre al paquetazo, cioè un pacchetto di riforme che comprendevano taglio della spesa, aumento dei prezzi, privatizzazione
dei servizi e deregolamentazione del mercato. Queste riforme andavano ad incidere maggiormente nelle profonde disparità sul
piano economico e sociale, aumentando il clima di contestazione e mobilitazione popolare, fino alla grande protesta del 1989 a
Caracas, il caracazo, al quale le Forze Armate hanno reagito fortemente.

Nel 1992 il colonnello Hugo Chavez cerca di prendere il potere con un golpe, ma viene bloccato e viene mandato in carcere.
Le Forze Armate si separano e alcune decidono di dare il proprio sostegno a Chavez. Nel 1994, uscito dal carcere, Chavez
forma il Movimento Quinta Repubblica e alle elezioni del 1998 vince con il 56%, ottenendo però solo il 20% nel congresso.
Invocando la rivoluzione bolivariana, vuole cambiare radicalmente l’assetto politico e istituzionale del Venezuela, fondando
una nuova Repubblica. Il suo programma prevede di garantire la partecipazione politica andando ad eliminare il sistema del
puntofijismo e realizzare un modello socialista adottato al XXI secolo. I suoi tratti neo-populisti si possono vedere dal modo in
cui si rivolge al popolo e alle classi povere che rappresentano più del 50% della popolazione, escludendo invece le classi
politiche medio-alte e dal modo in cui amplia il suo controllo sul potere giudiziario e sui mezzi di comunicazione. Nel 1999
indice le elezioni per formare una nuova Assemblea Costituente che viene composta al 95% da membri chavisti. Questa scrive
una Nuova Costituzione, approvata con l'80% dei consensi, in cui viene cambiato il nome del paese in Repubblica Bolivariana
del Venezuela, in onore di Simon Bolivar, viene allungato il mandato da cinque a sei anni, viene permessa la rielezione e viene
istituita la possibilità di indire referendum popolari per rimuovere membri dell'amministrazione pubblica.

Nel 2000 indice nuove elezioni per farsi eleggere, con un 60% di consensi, con la nuova costituzione. Appena salito al potere il
presidente mira a modificare subito la base economica del paese. Con la Legge degli Idrocarburi limita la presenza delle
compagnie straniere, prevedendo la proprietà dello stato nel settore, al fine di sradicare le inefficienze e la corruzione nella
gestione dell’industria petrolifera. Nel 2002 le opposizioni, gli Stati Uniti e le Forze armate appoggiano la Fedecamaras nel
golpe per rovesciare il potere e far salire al potere Carmona Estanga. La popolazione scende in piazza e Chavez torna al potere.
Decide quindi di nazionalizzare la compagnia petrolifera PDVSA, con 1800 licenziamenti, e mette a capo dei membri del suo
partito che però non avevano sufficienti competenze per sfruttare bene il petrolio. Con la Ley de tierras y desarrollo agrario,
interviene invece nel settore agrario per espropriare i terreni dei latifondisti e distribuirli a piccoli coltivatori e cooperazioni. In
realtà questa riforma è servita solo fino ad un certo punto perché l’economia del paese si basava quasi esclusivamente del
petrolio. Grazie all’aumento del prezzo di quest’ultimo, che ha garantito alti livelli di crescita economica, il governo ha potuto
applicare il Plan Bolivar, che prevedeva investimenti pubblici per migliorare gli standard di vita, creare nuova occupazione e
fornire istruzione e assistenza sanitaria alla maggioranza della popolazione. Durante i suoi anni di governo la povertà passa dal
50% al 20%, l’indigenza dal 31% all’8% e la disoccupazione dal 16% all’8%. Crea 2 milioni alloggi popolari, aumenta i
dipendenti pubblici, almeno 2 milioni in più e il 90% della popolazione riceve l’istruzione. A livello internazionale e regionale,
Chavez adotta una postura anti imperialista, con Cuba come alleato ideologico ed economico principale, ed instaura rapporti
con tutti i paesi e con ideologie affini. Nel 2004 fonda l’ALBA (Alternativa Bolivariana para Las Americas) ovvero un
progetto di cooperazione politica, sociale ed economica in alternativa all'alca e con connotazioni anti-statunitensi. Inoltre,
partecipa nel 2007 alla fondazione dell’Unasur, finalizzata all’integrazione regionale basata su sviluppo equo, lotta alla
povertà, eradicazione dell’analfabetismo e progresso energetico e solidale, e successivamente alla fondazione della Petrosur e
della Telesur.

Nel 2004 l’opposizione chiede un referendum per rimuovere Chavez, ma vince il no con il 54% e rimane al potere. Nel 2007
indice un referendum per accentuare il socialismo che però non viene approvato e nel 2008 fonda il Partido Socialista Unido de
Venezuela che ottiene il sostegno della boli borghesia, costituita da alti funzionari di imprese pubbliche e dell’apparato statale,
militari di alto grado e alcuni imprenditori legate alle banche e alla rendita petrolifera. Nel 2009 con un nuovo referendum
chiede la rielezione illimitata del presidente e di altre cariche che ottiene esito positivo con il 54% dei consensi. Per la prima
volta iniziano ad esserci astensioni, del 30%, che Chavez sottovaluta. Nel 2012 alle elezioni presidenziali l’opposizione,
guidata da Capriles, ottiene il 44%, contro il 55% di Chavez che vince, mostrando come la polarizzazione della società sia
aumentata. Nel 2013 Chavez muore senza assumere formalmente il terzo incarico e indica come suo successore Maduro,
confermato nel 2013 con il 50,6%. L'opposizione però ottiene il 49% dei consensi ma è divisa sulle strategie: attività politica e
nelle istituzioni, proteste in piazza oppure astensionismo.

L’elezione di Maduro, che non riesce ad emulare il tratto carismatico del predecessore, coincide con il crollo internazionale del
petrolio, causando una grave perdita dei consensi. Nel 2016 l'opposizione organizza un referendum per rimuovere Maduro, ma
le istituzioni cercano di ostacolare il processo finché Maduro alla fine decide di sospendere tutti gli appuntamenti elettorali per
colpa della crisi economica. Nel 2017 i chavisti indicono le elezioni per formare un'Assemblea Costituente per riformare la
costituzione ma c'è una bassa partecipazione e l'assemblea, formata da soli membri del partito di Chavez, si dichiara come il
vero potere legislativo. Nel 2018 alle elezioni presidenziali l'opposizione non si candida e Maduro viene rieletto con il 68%,
impedendo alla comunità internazionale di sorvegliare il processo elettorale. Alle elezioni vince però l’astensionismo, con un
46%. Il 10 gennaio 2019 alla cerimonia di assunzione del secondo mandato, emerge la fragilità del presidente e il 23 gennaio
Juan Guaidó durante la cerimonia della presidenza del congresso, presidiato dall’opposizione di MUD, si autoproclama
presidente dello stato. Inizialmente viene appoggiato dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra e da alcuni paesi dell'Unione Europea e
dell’America Latina, ma poi l'Unione Europea ritira il suo appoggio. Guaidó cerca di far entrare aiuti umanitari dalla Colombia
e tenta un golpe per rovesciare Maduro ma fallisce. Nel 2020 vengono fatte le elezioni del congresso che torna in maggioranza
chavista e le opposizioni capiscono che la loro strategia è stata fallimentare. Nel 2021 il Messico ospita negoziati tra governo e
opposizioni, che chiedono elezioni trasparenti, soluzioni per la crisi umanitaria e che venga stabilita la data delle elezioni del
2024. Nel 2021 alle elezioni amministrative le opposizioni, riunite sotto la coalizione Plataforma Unitaria, vincono in tre stati.

Cile

Frei Montalva, esponente della democrazia Cristiana che aveva incarnato l’idea dell’Alleanza per il Progresso, guida il Cile dal
1964 al 1970 e adotta una serie di riforme progressiste, per cercare di calmare le richieste sociali, ma mantiene una forte
presenza degli investimenti degli Stati Uniti. Nel 1970 sale al potere Salvador Allende, del Partido Socialista, con una
coalizione un po' fragile chiamata Unidad Popular, formata da cattolici, rivoluzionari, comunisti, radicali e socialdemocratici.
Per la prima volta nasce un governo marxista per via elettorale, in un paese con una democrazia già affermata da tempo,
causando un forte shock per gli Stati Uniti. Le misure adottate da Allende sono state quelle tipiche dei governi socialisti:
nazionalizzazione del rame e del sistema finanziario, radicale riforma agraria, controllo di numerose industrie, diritti e tutele
per i lavoratori. La sua politica economica stimola inizialmente un’enorme crescita, ma si dimostra presto insostenibile,
aumentando la fragilità della coalizione. Inoltre, la destra conservatrice e il centro democristiano uniscono i loro voti per
dichiarare incostituzionali le scelte politiche di Allende, che ritenevano stesse portando il Cile verso il comunismo.

Questo spiana la via al golpe dell’11 settembre 1973, con cui, grazie anche al sostegno degli Stati Uniti, viene dato fuoco al
Palazzo della Moneta nel quale muore Allende. Viene instaurata quindi una lunga dittatura militare guidata dal generale
Pinochet, che basa la sua politica sulla repressione degli oppositori e sulle politiche economiche neoliberiste. Per quanto
riguarda il primo punto, già nel 1973-74 mette a disposizione lo stadio nazionale come carcere, per portare avanti una
repressione sistematica con torture e arresti ed esecuzioni da parte di militari e paramilitari. Tra il 1974 e il 1977 utilizza i
servizi di Intelligence della DINA, che nel 1977 si centralizzano nella CNI. Stabilizza un'organizzazione di centri di detenzione
clandestina e diventa sistematica anche la tattica di sparizione forzata verso gli attivisti politici. Dal punto di vista economico
invece, riduce drasticamente il peso dello stato nell'economia, attuando massicce privatizzazioni, aprendo il mercato al
commercio estero, liberalizzando il mercato finanziario, deregolamentando il mercato del lavoro, eliminando il controllo sui
prezzi e diversificando le esportazioni. Pinochet ha rivoluzionato la struttura produttiva, ma con la recessione degli anni 80,
anche questa forte economia ne ha risentito, tanto da causare ampie proteste.

Nel 1983 si inizia a riorganizzare un fronte di opposizione, che porta avanti un'ondata di proteste popolari. Nel 1986 c'è un
tentativo di uccisione a Pinochet che però fallisce e genera una nuova e maggiore repressione. Nel 1988 Pinochet indice un
referendum in cui il popolo cileno è chiamato a votare se vuole mantenere la dittatura e il no vince con circa il 55%, contro il
43% dei sì, che continuavano a sostenere Pinochet. L’11 marzo 1990, il Cile torna formalmente alla democrazia, guidato dalla
coalizione Concertacion de partidos por la democracia. Aylwin, il nuovo presidente, decide di continuare ad adottare la politica
economica di Pinochet, anche in seguito alle raccomandazioni del FMI. La transizione alla democrazia si basa su tre pilastri
fondamentali: multilateralismo, con l’adesione e partecipazione all’ONU, all’Unasur e al Celac, apertura economica, con
l’adesione al Gatt e al OMC, e regionalismo, con l’adesione al Mercosur e alla CAN. Queste politiche economiche, se da un
lato hanno ridotto la povertà e portato alla crescita economica, dall’altro hanno aumentato le disuguaglianze, creando
malessere e inquietudine. Sul piano della politica interna, il processo di democratizzazione è stato lento e faticoso. La
costituzione del 1980 rimane ancora vigente e il congresso mantiene ancora una struttura autoritaria. Ci sono nove senatori a
vita, che verranno eliminati solo con la Bachelet nel 2006 e di cui uno Pinochet, designati dall’alto e scelti tra i rappresentanti
delle Forze Armate, e viene mantenuta la legge di amnistia del 1979. Per quanto riguarda i diritti umani, il presidente chiede
pubblicamente scusa per tutti i delitti commessi dallo stato, approva la creazione di una Comisión Nacional de Verdad y
Reconciliación, che produce un report in cui vengono elencati i crimini commessi (2.279 desaparecidos), e raccomanda misure
di riparazione ai familiari delle vittime. La Commissione, ha in realtà il compito di indagare solo sui morti e solo nel 2004
quando viene creata la Comisión Nacional sobre la Prision Politica y Tortura, vengono raccontate le testimonianze dei
sopravvissuti.

Nell'ottobre 1998 Pinochet va a farsi operare in Gran Bretagna e all'uscita dalla clinica viene arrestato, su richiesta di un
giudice spagnolo con l’accusa di essere il responsabile della scomparsa di alcuni cittadini spagnoli. Inizialmente viene
concessa l’estradizione, ma poi il ministro degli interni, Jack Straw, sulla base di un referto medico libera Pinochet, in quanto
incapace di sostenere un processo. Il 3 marzo 2000 viene riportato a Santiago in Cile e nel 2005 viene condannato agli arresti
domiciliari per evasione fiscale e conti illegali esteri ma non per violazione dei diritti umani. Il 10 dicembre 2006 muore, senza
aver scontato la pena, e la presidente Bachelet gli nega il funerale di stato.

Nel 2006 prendono il via una serie di proteste, inizialmente di studenti, che coinvolgono poi tutta la popolazione, per chiudere
il processo di privatizzazione e garantire scuole pubbliche e gratuite. Michelle Bachelet accoglie questo tema, insieme alla
riforma dell’istruzione, dell’esecutivo e dell’assemblea costituente e viene eletta con il 61% dei consensi, ma con un 59% di
astensioni. Bachelet è la figlia di un generale che si era ribellato contro Pinochet ed era stato ucciso nel 1974, ed è stata anche
lei detenuta e poi esiliata. Al centro del suo programma c’è la questione sociale delle disuguaglianze, parità di genere,
protezione sociale e la modifica del sistema elettorale. Nel 2012 viene eletta per un secondo mandato in cui riprende le
politiche iniziate nel primo mandato, approfondisce il tema dell’istruzione ed accoglie le osservazioni degli ambientalisti e dei
movimenti indigeni di protesta. Le mobilitazioni sociali però continuano, in parte anche in sostegno alle riforme, e ad esse si
aggiunge il problema della corruzione, che va a colpire anche la famiglia della Bachelet.

Nel 2018 sale al potere Piñera, che si propone di portare avanti una seconda transizione, coniugando crescita economica e
misure efficaci per combattere povertà e disuguaglianza sociale, con una serie di privatizzazione e una diminuzione del
controllo statale, se non per questioni sociali. Durante il suo governo però aumentano le proteste, da un lato quelle femministe
sull’onda del MeToo, dall’altro quelle dei movimenti ambientalisti e infine quelli dell’ottobre negro. Il 7 ottobre 2019 un video
di ragazzi che non paga il biglietto dei trasporti fa il giro di tutti i social, e da lì parte lo sciopero dei biglietti. Tra il 17 e il 18
ottobre le proteste si ampliano e passano dal protestare per l’aumento di 30 pesos alla disuguaglianza ereditata dalla dittatura
cilena. Il governo applica una repressione violentissima, dichiara lo stato di eccezione, ordina l’applicazione del coprifuoco e
l’intervento dell’esercito, rifacendosi a misure usate durante la dittatura. Dopo una serie di detenzioni, feriti, violenze e abusi
sessuali,il presidente è costretto a fare un passo indietro. Il 15 novembre approva l’Acuerdo por la Paz Social y nueva
Constitucion, ovvero una serie di misure per mettere fine alle proteste dell'ottobre negro. Il 25 ottobre 2020 indice un
referendum in cui viene chiesto se si vuole approvare l'elaborazione di una nuova carta costituzionale e se sì da quali organi
deve essere scritta. Vince il sì con il 78% e quindi viene fatta una campagna elettorale per eleggere i membri dell’Assemblea
costituente. L'11 aprile 2021 viene formata e ha nove mesi per presentare il progetto da approvare. Il 21 novembre 2021 alle
elezioni presidenziali viene eletto Boric della coalizione di sinistra che ha assunto la presidenza nel marzo 2022. Il 4 settembre
2022 è stato indetto un referendum per approvare o meno la nuova costituzione, ma vince il no con il 62% e rimane in vigore la
vecchia costituzione. I temi principali che la costituzione aveva introdotto sono: uno stato plurinazionale che riconosce i diritti
delle popolazioni indigene per risolvere le conflittualità, un approccio ecologista, che ha causato timori riguardo al blocco delle
attività di estrattivismo, rivendicazioni femministe.

Colombia

Il fenomeno della violenza in Colombia è complesso e non è dovuto solo al conflitto armato. Nel 1948 il leader populista Jorge
Eliecer Gaitan viene ucciso in centro a Bogotà. Questo leader rappresentava l’unica speranza di un cambiamento che avrebbe
risolto i problemi della Colombia. Dopo l'uccisione comincia il periodo della Violencia, partendo dal bogotazo, cioè una forte
protesta portata avanti a Bogotà ed arrivando in tutta la Colombia. Iniziano così a formarsi delle bande armate di Autodefensas
Campesinas soprattutto nella zona de los Llanos Orientales, che sarà anche la culla delle FARC. Questa spirale di violenza
termina con il patto di alternanza tra i due principali partiti, quello conservatore e quello liberale, che da sempre si
contendevano il potere. Questo Frente Nacional, che governa dal 1958 al 1974, prevedeva un accordo di alternanza al potere e
quindi rappresentava una sorta di chiusura del sistema politico. Nei primi anni 60 inoltre in tutta l'America Latina cominciano
ad essere portate avanti riforme agrarie perché viene individuato il problema della terra come il principale focolaio di proteste,
ma sono in realtà riforme molto superficiali. La poca rappresentanza e partecipazione politica, la mancata riforma agraria in un
paese caratterizzato dalla presenza di una forte oligarchia terriera, le forti disuguaglianze sociali e l’assenza di meccanismi di
distribuzione della ricchezza sono le principali cause dell'affermazione delle guerriglie, tra cui le FARC (Fuerzas Armadas
Revolucionarias de Colombia), ELN (Ejército de Liberación Nacional) di origini castrista e EPL (Ejército Popular de
Liberación) di origine maoista. Il 1964, anno di nascita delle FARC, viene considerato come l’anno di inizio del conflitto
armato interno.

In origine le guerriglie si stabiliscono nelle zone rurali del sud ed est del paese ed erano costituite da una popolazione di tipo
rurale che da alcuni anni rivendicavano le terre portate via dai latifondisti. All'inizio le FARC e le altre guerriglie avevano un
impatto poco profondo nella società, ma negli anni settanta e ottanta la loro lotta diventa più ambiziosa e vengono create anche
altre guerriglie tra cui M19, PRT e la guerriglia indigena Quintin Lame. Per autofinanziarsi le FARC facevano ricorso a due
principali strumenti: i sequestri a fini estorsivi e il controllo della produzione di coca e del narcotraffico. Per rispondere alla
minaccia crescente delle guerriglie, intorno agli anni settanta nella regione della Magdalena, nascono i primi gruppi armati
privati con lo scopo di assicurarsi la propria incolumità. Si consolidano come attore importante solo negli anni ottanta e nel
1997 fondano una sorta di confederazione nazionale, le Autodefensas Unidas de Colombia (AUC). I paramilitari godevano di
ampio sostegno da parte degli imprenditori, dei politici, della polizia e di un’ampia opinione pubblica, perché erano visti come
il male necessario. Anche il paramilitarismo, come le guerriglie, non ha tardato molto nel legarsi al narcotraffico. Negli anni 80
i cartelli di Medellin e Cali riescono ad accaparrarsi la maggior parte dei benefici della produzione e della distribuzione della
cocaina.

Diversi governi hanno deciso di non rafforzare apparati repressivi, ma piuttosto ampliare le basi della democrazia, formulando
una costituzione molto più inclusiva e progressista e portando avanti trattative di pace con le guerriglie. Questo non ha avuto
però i risultati sperati, perché le FARC hanno aumentato la loro offensiva militare. Nel 2002 sale al potere Alvaro Uribe, che
resta il potere per 8 anni e decide di portare avanti un percorso di transizione a conflitto armato ancora in corso. Adotta la
politica della linea dura, per fare guerra al narcoterrorismo. Con l’operazione Jaque libera una serie di ostaggi sequestrati dalle
FARC e con un’altra operazione uccide Tirofijo, uno dei principali esponenti della FARC, dando un duro colpo alla principale
forza guerrigliera del paese. Dall'altro lato porta avanti una politica di smilitarizzazione dei paramilitari, che nel 2005 con la
Legge Paz y Justicia fornisce un quadro giuridico e istituisce un sistema di pene alternativo con un massimo di pena di 8 anni.
Nello stesso anno viene istituita la Comisión Nacional de Reparación y Reconciliación che ha il compito di formulare
raccomandazioni sul tema delle riparazioni di vittime e di elaborare una memoria storica del conflitto armato, lavoro che viene
svolto dal Grupo de Memoria Histórica, che nel 2013 pubblica l’informe Basta ya! Colombia, Memorias de guerra y dignidad.

Manuel Santos, il ministro della difesa di Uribe, nel 2010 viene eletto come suo successore ma cambia subito strategia e pone
maggiore attenzione al risarcimento delle vittime, riconosce il fatto che ci sia un conflitto armato e a partire dal 2012 porta
avanti un processo di pace con una serie di negoziati che si concludono nel 2016 a Cuba. Il 2 ottobre Manuel Santos indice un
referendum per chiedere al popolo se era d’accordo con la firma degli accordi di pace ma c'è un’astensione molto elevata e
vince il no. Viene stesa quindi una seconda versione degli accordi che viene approvata nel congresso e nel dicembre 2016
vengono messi in pratica gli Accordi di Pace. Durante la fase del post-acuerdo, nel 2018 sale al potere Ivan Duque che presta
scarsa attenzione e ostacola l'attuazione degli accordi di pace, scatenando una serie di proteste. Nel 2022 sale al potere Gustavo
Petro, che era un membro delle guerriglie M19, e che si dichiara pronto ad attuare tutti i punti degli accordi. La firma degli
Accordi però non porta in automatico alla fine della violenza. Infatti in Colombia attualmente convivono quattro conflitti:
quello relativo all’ELN, quello relativo al Clan del Golfo, organizzazioni criminali dedite al narcotraffico e allo sruttamento
della prostituzione, quello con l’ELP e quello con i dissidenti delle FARC. Dal 2016 al 2021 ci sono state più di 80.000
vittime, compresi difensori dei diritti umani, attivisti, ambientalisti, ex guerriglieri e i civili che si trovano in mezzo.

Gli Accordi di Pace prevedevano sei punti principali: 1) Una riforma rurale integrale, in cui sono previsti 3 milioni di ettari di
terra da distribuire. Fino all'anno scorso sono stati recuperati solo un milione di ettari e consegnati solo trentacinque mila. 2)
Maggiore partecipazione politica e apertura democratica per costruire la pace, secondo cui le FARC si devono trasformare in
partito politico, al quale fino al 2026 sono garantiti 5+5 seggi. Sia nel 2018 che nel 2022 alle elezioni ottengono scarso
consenso e ottengono solo quei dieci seggi garantiti. 3) Cessate il fuoco e disarmo, primo punto che viene applicato e realizzato
già il 27 giugno 2017. I guerriglieri consegnano le armi e vengono inseriti in registri degli ex guerriglieri per poter essere
reinseriti nella società. Le armi raccolte sono state fuse per creare dei monumenti a Bogotà, New York e secondo il progetto
anche a Cuba. Il monumento è un pavimento per significare che se prima le armi avevano calpestato le persone, adesso erano
le vittime della violenza a calpestare le armi. 4) Soluzione al problema della produzione delle droghe illecite. 5) Verità,
giustizia, riparazione e non ripetizione. 6) Meccanismi di implementazione degli accordi.

Per quanto riguarda il punto 5 dell’accordo, il punto più complicato da attuare, nel 2018 è stata fondata la Jurisdicción Especial
para la Paz (JEP) che prevede che per i crimini di lesa umanità ci sia giustizia e non amnistia. Secondo la giurisdizione, vittime
e responsabili devono incontrarsi, affinché il responsabile possa ottenere sconti di pene: se collabora e ammette la propria
colpa prima del procedimento avrà una pena che prevede tra 5 e 8 anni di lavori socialmente utili, se collabora durante il
procedimento ma prima della sentenza sono tra 5 e 8 anni di reclusione, e se non riconosce la sua colpa sono da 15 a 20 anni di
carcere. Inoltre, viene stabilito l’impegno a non estradare i responsabili per contribuire alla ricostruzione della verità. Per
questa viene creata la Unidad de Búsqueda de Personas dadas por Desaparecidas e la Comisión para el Esclarecimiento de la
Verdad, la Convivencia y la No Repetición, che dopo 3 anni e 7 mesi di lavoro, con testimonianze di circa 30mila persone
pubblica, il 28 giugno 2022, l’Informe Hay futuro si hay verdad composto da 10 volumi. Secondo l’informe ci sono stati
450.664 morti; 121.768 desaparición forzada; 50.770 sequestri, di cui 16.238 niñas, niños y adolescentes reclutados; 32.446
víctimas de actos en contra de la libertad y la integridad sexual; e 8 millones desplazados. La responsabilità dei crimini viene
riconosciuta ai gruppi paramilitari (45 %), ai gruppi guerriglieri (27 %) e agli agenti statali (12%).

Bolivia

Le tre grandi guerre dell'America Latina sono la guerra della Triplice Alleanza, la guerra del Pacifico e la guerra del Chaco.
Un'altra guerra meno citata è quella dell'Acre. La Guerra del Pacifico (1879-1883) si svolge tra Cile e Bolivia per il controllo
dei giacimenti del salnitro utilizzato per la polvere da sparo. Inizialmente territorio peruviano e boliviano, viene ceduto il
permesso di estrazione e sfruttamento anche al Cile. La Bolivia aumenta le tasse per paura di un'espansione del Cile e quando
questo dichiara guerra, si allea con il Perù. Il Cile, aiutato dalla Gran Bretagna sconfigge Bolivia e Perù, ampliando
notevolmente il suo territorio e rubando lo sbocco sul mare alla Bolivia. La guerra finisce con un trattato di pace che prevedeva
la sovranità cilena nella zona, con la promessa di uffici boliviani in alcuni porti e l'aumento di infrastrutture e trasporti. Evo
Morales ha riaperto la questione coniando lo slogan Mar para Bolivia per criticare l'inadempimento del trattato e per riottenere
lo sbocco sul mare. Il tutto si è concluso però con una sentenza della Corte dell'Aja in cui si dichiarava valido il trattato era
valido e si esortava la Bolivia a procedere per via diplomatica. La Guerra dell'Acre (1899-1903) viene combattuta dalla Bolivia
contro il Brasile per il controllo di aree strategiche per la coltivazione e lo sfruttamento del caucciù, vinte dal Brasile. La
Guerra del Chaco (1932-1935) viene combattuta contro il Paraguay per il possesso dell’area del Chaco: al Paraguay serviva per
ridistribuire la terra attraverso una riforma agraria mentre alla Bolivia serviva per avere accesso ai corsi fluviali che portavano
all'oceano Atlantico. Inoltre, la presenza di due grandi imprese petrolifere straniere aumentava ancor di più la tensione. La
guerra termina con l’armistizio firmato a Buenos Aires nel 1935 in cui si riconosce al Paraguay la sovranità del territorio,
lasciando però una piccola parte ricca di idrocarburi alla Bolivia.

Dopo anni di governi tumultuosi, nel 1964 Barrientos Ortuño guida un colpo di stato, che dà inizio alla dittatura boliviana. Nel
1966 inizia a svilupparsi nella zona di Ñancahuazú un gruppo guerrigliero il cui leader era Ernesto Che Guevara. Durante il
1967 la guerriglia comincia le operazioni con iniziali successi contro il disorganizzato e corrotto esercito boliviano. Nonostante
ciò, le difficoltà del territorio scelto, lo scarso appoggio dei contadini, l'ambiguità del partito comunista boliviano, il tradimento
di alcuni quadri della guerriglia poco motivati e il forte appoggio militare nordamericano, portano alla sconfitta della
guerriglia. L'8 ottobre 1967 Che Guevara viene catturato e il giorno seguente è assassinato. Nel 1971 con l'appoggio di militari
viene installato come Presidente il colonnello Hugo Banzer Suárez che rimpiazza i civili con membri delle forze armate e
sospende le attività politiche. Durante la presidenza di Banzer l'economia cresce notevolmente, ma le grandi limitazioni alle
libertà politiche e civili hanno fatto diminuire il consenso popolare. Indice le elezioni nel 1978 ma nel 1980, dopo una breve
parentesi democratica, il generale Luis García Meza organizza un alto violento colpo di Stato per portare avanti un governo
molto più repressivo, con abusi ai diritti umani, traffico di droga e cattiva gestione economica. Nell'ottobre 1982 inizia un
periodo democratico per la Bolivia che dura fino a giorni nostri.

Tuttavia, le tensioni sociali, aumentate dalla cattiva amministrazione economica, da una debole leadership e dal carattere
elitario ed esclusivo che continua a caratterizzare la Bolivia, hanno portato a forte instabilità politica ed economica. A questo si
aggiungono tre guerre che aumentano le tensioni e le proteste. La guerra dell'acqua, avvenuta nella zona di Cochabamba,
comincia perché nel 1999 il governo decide di privatizzare il sistema idrico a favore delle multinazionali, aumentando i prezzi
e portato i cittadini a dover decidere razionalizzare l'acqua. I contadini vogliono fare annullare questa proposta e quindi si
riuniscono in proteste e raggiungono il loro obiettivo. La guerra della coca avviene nella regione di Chapare che, insieme a La
Paz, era la zona in cui viene coltivata maggiormente la foglia di coca. L'uso della foglia di coca è una tradizione (akulliko) che
sta alla base della cultura locale da migliaia di anni, ma solo recentemente è stata utilizzata come stupefacente. In seguito alle
convenzioni internazionali sugli stupefacenti, nel 1988 una legge stabilisce che solo La Paz può coltivare un massimo di 12
mila ettari, mentre tutto il resto deve essere sradicato. Nel 2002 con l’appoggio degli Stati Uniti, comincia la War on drugs, alla
quale Evo Morales, come leader dei cocaleros, risponde fortemente. Infine, la guerra del gas del 2003 avviene perché si era
pensato di utilizzare le risorse della zona della Paz per costruire un gasdotto che passasse dal Cile, dal Messico e dagli Stati
Uniti, ma dato che il gasdotto doveva essere controllato da una multinazionale e il paese non avrebbe guadagnato niente e
quindi cercano di bloccare questa riforma.

Nel 2006 emerge Evo Morales, leader del MAS (Movimiento al Socialismo), che era già stato deputato dal 1997, indigeno
della popolazione Aymara in un paese con circa 60% popolazione indigena, viene eletto e si propone di aderire al progetto di
realizzare il socialismo del XXI secolo di Hugo Chávez. Quando viene eletto come presidente, vuole fin da subito
riappropriarsi della cultura e storia millenaria della Bolivia, da sempre esclusa dalla politica, facendo spazio alla maggioranza
appartenente ai popoli originari. Affianca quindi alla cerimonia istituzionale una cerimonia indigena per celebrare la
Pachamama e gli Apu, gli spiriti della montagna. Il suo programma si basa sull'interculturalità, sul pluralismo e sul socialismo.
Fonda una nuova costituzione e cambia il nome del paese in Estado Plurinacional de la Bolivia, stabilisce i diritti della
Pachamama e avvia una serie di nazionalizzazioni ma mantiene un 18% di partner straniero perché ha bisogno di investimenti
e tecnologia. Riduce in questo modo l'influenza del FMI e del governo statunitense e promuove una lotta all'analfabetismo, alla
povertà, al razzismo e al sessismo. Grazie all'aumento dei prezzi delle materie prime, che hanno portato alla crescita
economica, promuove una serie di politiche sociali e sussidi. I punti critici del suo governo sono però la corruzione, la presenza
del MAS e il controllo dei mezzi di comunicazione, il fallimento del piano Mar para la Bolivia, il tentativo di costruire una
strada nel Tipnis nonostante le proteste, il favorimento della zona di Cochabamba nella produzione di foglia di coca e quindi la
polarizzazione società e scandalo degli incendi della regione Chiquinita senza che Morales dichiarasse l'emergenza, favorendo
gli allevatori e l'agrobusiness. Come tutti gli altri paesi rimane dipendente dall'estrattivismo altamente inquinante e
dall'agroindustria. Questi aspetto entra in contraddizione con i diritti dei popoli indigeni e la volontà di difendere la
Pachamama, aumentando la conflittualità. Ad oggi ci sono infatti 42 conflitti socio ambientali.

Nel 2016 indice un referendum per chiedere alla popolazione se fosse d'accordo con una quarta candidatura, vietata dalla
costituzione. Il popolo rifiuta la proposta, ma il tribunale costituzionale la ammette per non violare il diritto di voto passivo.
Nel 2018 si candida, vince nei sondaggi ma non ottiene da subito il 10% in più rispetto all'avversario. Per evitare di andare al
ballottaggio, interrompe il servizio di conteggio dei voti, le prime proiezioni cambiano e Morales vince. Si scatenano proteste,
gli osservatori internazionali considerano le elezioni irregolari e quindi Evo Morales è costretto a scappare. Alcuni studiosi
considerano questo tentativo da parte delle istituzioni e della comunità internazionale di rimuovere Morales come un golpe
bianco. Senza Evo Morales, assume la presidenza ad interim Añez, esponente conservatrice. Nel 2020 vengono fatte le elezioni
e vince Luis Arce del MAS, che era ministro dell'economia durante i governi di Morales. Una volta saliti al potere fa arrestare
la Añez per terrorismo, cospirazione e sedizione e porta avanti una persecuzione nei confronti di coloro che hanno sostenuto il
golpe bianco. Ad oggi la società è molto polarizzata, il MAS è diviso, ci sono tensioni tra i cocaleros per un tentativo di creare
un terzo mercato globale e ci sono proteste di indigeni e per il censimento di santa cruz che viene rimandato.

Ecuador

Fino agli anni 70 l’Ecuador aveva un'economia legata all'esportazione di prodotti agricoli. Negli anni 70 si scoprono grandi
giacimenti di petrolio e si comincia a darli in concessione alle multinazionali, senza concentrarsi sulla produzione agricola.
Negli anni 80-90 con l'aumento del prezzo del petrolio il paese è costretto a chiedere prestiti al FMI è si viene a creare molta
instabilità politica. Tra il 1996 e il 2007 ci sono 8 presidenti. Bucaram cerca di adottare il paquetazo proposto dal FMI,
bloccando i salari minimi, ma viene rimosso dalla Asamblea Nacional. Mahuad porta avanti una dollarizzazione e nel 2000
viene creata una Junta di salvezza nazionale per cercare di salvare il paese. Quando era ministro dell’economia, Rafael Correa
dichiara l’ingiustizia e l’immoralità di dover restituire i prestiti al FMI, dato che il paese soffriva forti disuguaglianze e alti
tassi di povertà. Nel 2007 sale al potere e ci rimane fino al 2017.

Rafael Correa è un volto giovane e nuovo della politica, è progressista radicale allineato con Chávez e Morales, favorevole
all’Integrazione regionale e fonda il Partido Alianza País per realizzare la Revolución Ciudadana. Puntando sullo sfruttamento
del petrolio, l'economia cresce e riduce la povertà. Fa chiudere una base militare degli Stati Uniti per affermare sovranità
politica ed eliminare l'influenza statunitense. Riesce a negoziare il debito, avvia una serie di nazionalizzazioni soprattutto nei
servizi essenziali e fa una revisione delle concessioni sullo sfruttamento delle risorse. Riconosce il danno della mano sucia di
Chevron, in cui, a partire dagli anni sessanta, le multinazionali fanno sgomberare contadini ed indigeni e cominciano a sfruttare
il petrolio senza alcuna tutela dell'ambiente e dei cittadini. Se il petrolio è considerato la risorsa per sollevare l'economia, si
crea una forte dipendenza dalla sua esportazione, che in caso di calo di domanda o aumento di prezzi ne risente tutta
l'economia, soprattutto perché non ha diversificato la produzione. Lo sfruttamento delle risorse per il benessere e la crescita
della nazione va in contraddizione con la tutela dell'ambiente, sancita dalla costituzione. Per esempio nel Parque Natural
Yasuni, abitato da indigeni in isolamento, dopo un tentativo per chiedere il risarcimento alla comunità internazionale se avesse
tutelato l'ambiente, porta avanti lo sfruttamento, che scatena proteste sociali. Inoltre, viene coinvolto nello scandalo della
Odebrecht e viene condannato a 8 anni di reclusione e 25 di sospensione dagli uffici pubblici. Si rifugia quindi in Belgio, che
non concede l'estradizione, e quindi non viene processato.

Correa ha lasciato l'economia in crisi e i suoi successori, prima Lenin Moreno e poi Guillermo Lasso si rivolgono al FMI per
prestiti. Nell'ottobre 2019 vengono portate avanti proteste dalla Confederación de Nacionalidades Indígenas, contro le riforme
neoliberiste per risollevare l'economia. Lasso infatti aveva previsto decreti per incrementare l'estrattivismo nello sfruttamento
di idrocarburi e risorse minerarie e ad oggi sono presenti 63 conflitti socio ambientali. Nella COP26 fa la stessa dichiarazione
di Correa nello Yasuni, ma anche in questo caso la comunità internazionale non concede risarcimenti. Le proteste vengono
tutt'oggi portate avanti contro il caro carburante, per una maggiore tutela lavoratori, per bloccare i progetti estrattivi nei territori
indigeni, per non privatizzare i servizi strategici, per aumentare le misure della sanità, istruzione e sicurezza. Nei mesi di
settembre e ottobre 2022 vengono fatti i primi negoziati e i primi accordi. Inoltre, il problema della sicurezza è ancora molto
difficile da risolvere, perché l'Ecuador è passato da paese di transito della cocaina a paese produttore e commerciante.

Uruguay

L'Uruguay era parte del vicereame del Río de la Plata e con i moti rivoluzionari nel 1811 diventa stato indipendente, chiamato
Banda Oriental o Uruguay. Nel 1816 il Brasile invade l'Uruguay e lo ribattezza provincia Cisplatina dell'Impero del Brasile.
Dopo una lunga guerra, con il trattato di Montevideo nel 1828 l'Uruguay diventa uno stato indipendente. All’inizio del nuovo
secolo José Batlle y Ordóñez pone le basi per lo sviluppo politico moderno dell'Uruguay, prevedendo grandi riforme politiche,
economiche e sociali. Negli ultimi anni cinquanta però cominciano a sorgere dei problemi economici, a causa della
diminuzione della domanda, inflazione e disoccupazione. Questa crisi dell'economia porta alla creazione di guerriglie urbane,
guidate dal movimento dei Tupamaros. La crisi generale dello Stato si fa sempre più preoccupante e Bordaberry, deciso a
fermare i Tupamaros, ricorre a un golpe de estado il 27 giugno 1973. Sciolto il parlamento e ottenuto il supporto di una giunta
militare, il dittatore reprime le proteste e mette fuori legge i partiti di sinistra.Nel 1980, il presidente indice un referendum per
continuare il governo passando ad una dictablanda, ma ottiene il 58% di no e quindi si dà il via ad un nuovo progetto di
Costituzione, che prevedeva una transizione a una democrazia protetta dai militari. Nel 1984 con il Pacto del Club Naval, in
cui si riuniscono i partiti politici e le massime figure militari, viene indetta una nuova elezione. Emerge la figura di Sanguinetti,
eletto nel 1985 con il Partido Colorado (liberale), che dà il via alla transizione, mantenendo però molte tutele ai militari. Una
volta salito al potere, il suo governo ha dovuto affrontare due problemi che richiedevano una soluzione urgente: la
ricostruzione economica e i diritti umani sopraffatti dai militari.

Nel 1984 viene approvata la legge di Riconciliazione Nazionale che è una sorta di amnistia e che esclude i responsabili delle
violazioni dei diritti umani. Nel 1985 viene approvata una legge che reintegra i funzionari pubblici e una che istituisce La
Commissione per i morti e la Commissione per i desaparecidos. Mentre le commissioni indagano, sorge però il problema della
competenza dei tribunali: da una parte i militari vogliono essere giudicati da quelli militari e dall'altra la Corte vuole procedere
nei tribunali penali. Questo problema scatena una serie di tensioni e i militari minacciano il loro ritorno. Nel 1986 viene quindi
approvata la Ley de caducidad de cada pretensión punitiva del Estado, che prevede l’impunità dei militari. Nel 1989 viene
indetto un referendum per abrogarla, ma con il 57% di no, la legge viene mantenuta e la Corte Suprema della Giustizia la
dichiara costituzionale. Nel 2009 però, in seguito alla risoluzione del caso Barrios Altos, la Corte Suprema di Giustizia dichiara
la legge di amnistia incostituzionale e afferma che la giustizia deve procedere caso per caso. Il governo uruguayano indice un
nuovo referendum per abrogarla, che ottiene il 43% di no. Nel 2011 la Corte Interamericana de los Derechos Humanos viene
chiamata a pronunciarsi sul caso Gelman, che riconosce la responsabilità dello stato in crimini di lesa umanità e nel maggio del
2011 il congresso tenta di annullare la legge ma fallisce per un solo voto. Nell'ottobre 2011 viene approvata la Ley de
pretensión punitiva del Estado che va ad annullare la legge precedente e che dichiara che i crimini commessi durante la
dittatura sono imprescrittibili perché di lesa umanità. Tra il 2020 e il 2022 ci sono stati nuovi tentativi di reintroduzione della
legge. Nel 2007 nonostante la legge di impunità fosse ancora presente, viene processato Bordaberry, in quanto presidente civile
e viene condannato a 30 anni, ma muore 3 anni dopo, nel 2010. La sua condanna dà il via a processi sui civili che hanno
lavorato nella pubblica amministrazione durante la dittatura. Nel 2018 viene fondata la Fiscalía Especializada en Crímenes de
Lesa Humanidad, che ha portato avanti 150 cause ed indagini. Dal 2006 ad oggi sono stati conclusi però solo 12 processi.

Nel 1989 viene istituita l'organizzazione Servicio por la Paz y la Justicia (SERPAJ) che viene resa ufficiale nel 2003 come
Comisión para la Paz Informe final, la quale pubblica l’Uruguay - Nunca más. Con la presidenza di Tabaré Vázquez (2005-
2009) del Frente Amplio viene creato Equipo de Investigación Histórica nella Universidad de la República de Montevideo con
il fine di portare la verità su desapariciones nel rispetto della Ley de caducidad. Nel 2007 vengono pubblicati 5 volumi sulle
sparizioni e nel 2009 3 volumi su tecniche di controllo e repressione.

Paraguay

Il Paraguay nel 1811 si era separato dal vicereame del Rio della Plata ed aveva fondato uno stato autonomo, isolato, molto
sviluppato economicamente, soprattutto nella coltivazione del cotone, e autosufficiente. Quando il Brasile invade l’Uruguay
nel 1816, il Paraguay decide di schierarsi solidariamente e mandare all’esercito uruguaiano alcune truppe. Per farlo, doveva
però chiedere il permesso di passaggio all'Argentina, la quale nega il consenso, dato che in quell'area non aveva pieno
controllo. Il Paraguay decide di passarci comunque, scatenando una reazione dell'Argentina. Ha così inizio la Guerra della
Triplice Alleanza (1865-1870), che vedeva da una parte Paraguay e dall’altra Argentina, Brasile e Uruguay, che non poteva
permettersi una guerra contro le due potenze. Questa guerra è devastante per il Paraguay che perde l'80% della popolazione
maschile per cui si ipotizza lo smembramento dello stato. Lo stato non viene però smembrato, ma il Paraguay si trova a dover
pagare i debiti di guerra all’Argentina, alla quale vende i latifondi, che comincia un controllo sull’economia del Paraguay. Il
Brasile riesce invece a controllare la vita politica del Paraguay, creando il Partido Colorado, conservatore, che continua a
governare il Paraguay ancora oggi.

Tra 1904 e 1954 il Paraguay ha vissuto un periodo di instabilità politica dovuta ai conflitti, sommosse, aggressioni e colpi di
stato tesi a raggiungere il potere. Nel 1954 un colpo di stato viene guidato dal generale Alfredo Stroessner con il sostegno delle
forze armate e del Partido Colorado. Stroessner ha voluto dare sostegno legislativo, normativo e costituzionale alla dittatura
paraguayana, modificando la Costituzione e il sistema elettorale, che gli hanno permesso di essere rieletto sei volte. Ha
governato quasi ininterrottamente in uno stato d'assedio per 35 anni, limitando libertà politiche e persiguiendo
sistematicamente gli oppositori del regime con il pretesto della sicurezza nazionale e della lotta contro il comunismo. La
struttura repressiva della dittatura paraguayana era incentrata sulla Polizia e disponeva di una complessa rete di agenti in divisa
che tenevano sotto sorveglianza tutte le attività della popolazione. Le numerose crisi affrontate dal regime alla fine degli anni
'80 culminarono nel rovesciamento del generale Stroessner e nella convocazione di nuove elezioni generali nel 1989.

Il 22 dicembre 1992 sono stati ritrovati più di 700.000 documenti datati tra il 1920 e il 1989, los Archivos del Terror, tra cui
documenti di organi di sicurezza dello Stato legati alla repressione durante la dittatura di Stroessner. Nel marzo 1993, la Corte
Suprema di Giustizia ha creato il Centro di Documentazione e Archivi per la Difesa dei Diritti Umani (CDyA), che ha sede nel
Palazzo di Giustizia. L'archivio ha reso possibile il processo di riconoscimento e riparazione delle vittime. Anni dopo,
l'archivio è stato fondamentale per le indagini della Comisión de Verdad y Justicia (2004-2008).

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