Dal sostegno alla Chiesa cattolica, si era passati alla rottura con Roma e poi alle scelte
apertamente protestanti di Edoardo VI , per ritornare poi al cattolicesimo più intransigente
con Maria I Tudor, detta la Sanguinaria , e nuovamente all’anticattolicesimo con
Elisabetta I.
Diversi erano gli schieramenti religiosi contrapposti. Vi era e puritani in contrasto
innanzitutto una Chiesa anglicana di Stato, con una gerarchia
vescovile (Chiesa alta) Vi erano poi i cattolici, divisi in: dissidenti veri e propri, cioè
apertamente in contrasto con la Chiesa ufficiale; non comunicanti, cioè quelli che si
limitavano a frequentare i riti della Chiesa di Stato; scismatici, ovvero coloro che
apparentemente facevano parte della comunità anglicana, ma nel loro cuore restavano
fedeli alla vecchia religione. Vi erano infine i puritani, vicini al calvinismo e intenzionati a
eliminare dalla Chiesa inglese quelli che ritenevano dei dannosi residui delle superstizioni
«papiste». In particolare, essi sostenevano che la gerarchia ecclesiastica anglicana,
fondata sui vescovi, non trovasse riscontro nelle Scritture e andasse quindi abolita e
sostituita da assemblee di anziani (presbiteri) sul modello delle altre Chiese calviniste.
me con forze esterne li rendeva sospetti di tradimento. Già negli ulti- mi anni del lungo
regno di Elisabetta I, la presenza di missionari mandati da Roma tra la minoranza cattolica
inglese fu considerata un grave pericolo per la sicurezza dello Stato. Il colpo di grazia alla
causa cattolica fu però dato dalla scoperta della cosiddetta «congiura delle polveri». Nel
1605 trentasei barili di polvere furono nascosti da un gruppo di fanatici cattolici nei
sotterranei del palazzo del Parlamento, a Westminster, con lo scopo di far saltare in aria il
re, la sua famiglia e tutti i membri del Parlamento.
Solo per caso la congiura fu sventata in tempo; gli autori cattolici del complotto furono
ricercati, scoperti e giustiziati.
La politica di Giacomo I nei confronti del Parlamento fu del con il Parlamento resto
oscillante e contraddittoria. All’inizio del suo regno, il sovrano convocò il Parlamento per
ottenere risorse finanziarie, ma in seguito preferì ricorrere a fonti di finanziamento
alternative come la vendita di titoli nobiliari.
Quando il Parlamento fu convocato di nuovo nel 1621, i parlamentari poterono ribadire il
proprio diritto a deliberare in piena libertà su tutti gli affari relativi al Regno e alla Chiesa
d’Inghilterra; In questo modo il Parlamento ottenne la possibilità di pronunciarsi e di
criticare l’operato della Corona.
Anche in politica estera Giacomo I scontentò la maggior parte dei suoi sudditi
abbandonando la linea seguita da Elisabetta. Ad esempio, sebbene avesse stretto
un’alleanza dinastica con l’elettore protestante del Palatinato, a cui aveva dato in moglie
la figlia Elisabetta, il re inglese non gli prestò alcun aiuto contro le forze cattoliche degli
Asburgo durante la guerra dei Trent’anni (1618-48). Giacomo I, dunque, perseguiva un
modello assolutistico di monarchia, ma con le sue indecisioni politiche alimentò il
malcontento nel Paese, che andò aumentando sempre più.
Il Parlamento, nel frattempo, vide crescere la propria importanza per effetto dei
mutamenti sociali provocati dall’impetuoso sviluppo economico del Paese. La
Anche la flotta inglese viveva una fase di grande sviluppo, favorita dall’intensificarsi dei
traffici commerciali e dai guadagni ottenuti con la pirateria. Spedizioni come la
circumnavigazione del globo di Francis Drake (1540-96), nel 1585, e quelle di sir Walter
Raleigh (1552-1618) furono finanziate dalla Corona e dalla corte.
In questa congiuntura economica ebbe parte attiva anche la grande nobiltà terriera.
L’aristocrazia cominciò infatti a investire le proprie rendite fondiarie per acquistare navi,
manifatture, miniere.
Una nutrita schiera di nuovi ricchi, di origine non aristocratica, cominciò infatti a
rivendicare per sé l’accesso alla classe nobiliare, in forza del prestigio sociale
tradizionalmente legato al possesso di terra.
Questo accesso fu reso possibile dalla vendita di titoli nobiliari; di conseguenza, i rigidi
parametri sociali che dividevano le classi e che mantenevano al di sopra di tutti l’alta
nobiltà dei Pari ne risultarono fortemente indeboliti. La classe dominante non trovò nella
monarchia un’alleata ma una nemica e il re, si alienò l’appoggio nobiliare.
Ma gli effetti più profondi si ebbero nel mondo popolare e contadino: nelle campagne,
infatti, i provvedimenti di recinzione delle terre comuni avevano gettato moltitudini di
contadini già poveri in una condizione di miseria ancora più grave. Per fronteggiare
questa situazione, Elisabetta I aveva fatto approvare, nel 1601, la legge sui poveri,
consistente in un’imposta parrocchiale per soccorrere i poveri. A tale provvedimento,
però, seguì una serie di norme severe per costringere gli oziosi a lavorare e i vagabondi
ad abitare in un luogo stabile.
Tra il 1620 e il 1650, tuttavia, una crisi finanziaria ed economica senza precedenti si
abbatté sul Regno inglese e, per far fronte alla crisi, i sovrani aumentarono la pressione
fiscale, che colpì soprattutto le classi sociali subalterne. Le turbe dei poveri che
affollavano e quasi assediavano le città si trovarono a vivere in condizioni sempre
peggiori; i provvedimenti di polizia, non erano più in grado di frenare il fenomeno del
vagabondaggio.
Quanto alla gestione del potere, Carlo I seguì il modello autoritario a cui si era già
ispirato il padre, ma questo stile di governo portò allo scontro tra monarchia e
Parlamento. Per ben tre volte, dal 1625 al 1629, la situazione disastrosa delle casse statali
costrinse Car- lo I a convocarlo, ottenendo magri risultati finanziari e aspre critiche.
Tuttavia, durante la convocazione del 1628 il Parlamento non si limitò a criticare la politica
di Carlo I, ma approvò una Petizione dei diritti che riaffermava le prerogative del
Parlamento, ribadendo solennemente il principio secondo cui nessuna tassa poteva
essere imposta ai sudditi senza l’approvazione del Parlamento stesso. Fra le richieste fu
fondamentale quella che invitava il re a rispettare il principio dell’habeas corpus, norma
tradizionale della giustizia inglese, che poneva un limite alle incarcerazioni arbitrarie e
prolungate. La società inglese, trovava così nel Parlamento l’organismo che ne
assumeva la difesa in nome di una legge superiore allo stesso sovrano. Quando, il
Parlamento tentò di opporsi alle novità introdotte nella Chiesa d’Inghilterra, il re lo sciolse,
facendo incarcerare i capi dell’opposizione e riconvocandolo solo nel 1640. Per far
funzionare l’amministrazione dello Stato senza consultare il Parlamento, Carlo I ricorse
allora a tassazioni arbitrarie come la ship-money, il balzello versato normalmente in
tempo di guerra per le spese della marina e che il re fece riscuotere anche in tempo di
pace.
Il Parlamento, invece di occuparsi della richiesta di denaro parte del sovrano, colse
l’occasione per levare proteste e accuse contro il governo arbitrario del re e la sua politica
ecclesiastica. Carlo I decise quindi di scioglierlo dopo poche settimane – e per tale
ragione fu detto «Corto Parlamento» –, ma l’avanzata vittoriosa dell’esercito scozzese
costrinse il sovrano a convocarlo di nuovo. Gli scozzesi avevano chiesto, il ritiro delle
innovazioni religiose e il pagamento di una forte somma; e per pagare, Carlo I fu costretto
a riconvocare il Parlamento e ad affrontare i puritani, alleati religiosi dei presbiteriani
scozzesi. Questa volta fu un «Lungo Parlamento» (1640-53), che ingaggiò una durissima
lotta contro la monarchia, L’assemblea proclamò solennemente il diritto di restare in
sessione fin quando fosse stato necessario. Si arrogò inoltre poteri sovrani di nomina su
vescovi e capi dell’esercito e stabilì che ogni tassa decretata senza l’assenso del
Parlamento sarebbe stata considerata illegale. Vennero aboliti anche i tribunali speciali.
Unica fonte del diritto venne considerato il «diritto comune» (il Common Law), mentre le
leggi emanate arbitrariamente dal re vennero abrogate. Costituitosi in Camera di
Giustizia, il Parlamento processò e condannò a morte con l’accusa di tradimento i due
più odiati ministri del re , il conte di Strafford e l’arcivescovo di Canterbury , William Laud.
Verso la fine del 1641 i cattolici irlandesi insorsero contro i coloni inglesi per
riappropriarsi delle terre che erano state loro espropriate. Il Parlamento, dovendo
organizzare una spedizione militare per sedare la rivolta, si rivolse a Carlo I, che tentò
allora di approfittare della situazione per entrare alla Camera di Giustizia e far arrestare i
componenti a lui più ostili. Il popolo londinese prese allora le armi per difenderli,
costringendo il re a lasciare la città e armare un esercito. Fu l’inizio, nell’agosto 1642,
della guerra civile, la cosiddetta «prima rivoluzione inglese».
Tuttavia, nel momento del trionfo delle truppe parlamentari, emersero le divisioni esistenti
in seno al Parlamento, la cui maggioranza voleva sottrarre a Carlo I l’esercizio effettivo del
potere lasciandogli solo la sovranità formale. Il Parlamento cercò anche di sciogliere
l’esercito vittorioso inviandone una parte in Irlanda e perseguitò gli anglicani cercando di
imporre il presbiterianesimo. Cromwell tentò di raggiungere un accordo con il re, il quale,
tuttavia, riuscì a fuggire dalla prigione e a scatenare una rivolta realista nel Galles.
nel 1648, gli Ironsides affrontarono le truppe del re – 9.000 soldati contro 24.000 – e le
sbaragliarono. L’esercito vittorioso entrò a Londra e cacciò dal Parlamento gli elementi
più moderati; ciò che ne rimase – definito («Parlamento tronco») – diede una
giustificazione formale ai successivi atti rivoluzionari. Carlo I, infatti, fu processato e
condannato a morte, e venne de- capitato il 30 gennaio 1649. Alcuni mesi più tardi, il
Parlamento dichiarò abolita la monarchia e istituita la Repubblica unita (o
Commonwealth) di Inghilterra, Irlanda e Scozia.
Cromwell dovette poi occuparsi del proprio esercito, dove le tendenze radicali avevano
guadagnato terreno. Già nel 1647 i Levellers (i «Livellatori»), movimento politico
improntato ai princìpi dell’uguaglianza sociale, avevano proposto un progetto di
Costituzione basato sul principio secondo cui «la fonte di ogni diritto risiede
originariamente e sostanzialmente nell’intero corpo del popolo». Essi pertanto chiedevano
che fosse garantita la piena libertà religiosa a tutti e che tutto il potere venisse affidato a
una Camera da eleggersi a suffragio universale. Cromwell, però, si oppose ai Livellatori e
ad altri movimenti ancora più radicali, come i Diggers, ovvero gli «Zappatori», così
chiamati perché abbattevano le recinzioni e zappavano i terreni lasciati incolti dai
proprietari aristocratici. Gli agitatori più accesi furono incarcerati.
Nel frattempo la minaccia realista non era svanita, in quanto il figlio di Carlo I, Carlo II,
sostenuto dagli scozzesi, cercava di restaurare la monarchia. Cromwell, con un corpo
d’armata di gran lunga inferiore a quello nemico, sbaragliò gli avversari a Dunbar (1650)
e un anno dopo a Worchester. Carlo II dovette fuggire in Francia, la Scozia fu domata e il
suo Parlamento fu unito di nuovo a quello inglese.
Nel 1653 l’esercito – unica vera forza costituita in Inghilterra – varò un nuovo disegno
costituzionale, l’Instrument of Government, che fece di Cromwell il Lord protettore della
Repubblica, assistito da un Parlamento eletto su basi censitarie (ossia poteva votare
solo chi deteneva una certa ricchezza). Tuttavia, entrato in conflitto con i più intransigenti
repubblicani, che non accettavano il suo potere personale, Cromwell nel 1655 sciolse
anche questo Parlamento, instaurando una dittatura personale. Il Parlamento, però,
dovette essere di nuovo riunito nel 1657 per l’urgenza di una guerra contro la Spagna e
per la conseguente esigenza di votare le tasse necessarie a sostenere le spese del
conflitto.
In questa occasione la frattura tra l’ala moderata, che invitò Cromwell ad assumere
ufficialmente il titolo di re, e quella dei repubblicani e dell’esercito costrinse Cromwell a
elaborare un nuovo ordinamento: il titolo di Lord protettore divenne ereditario, ma venne
restaurata la Camera dei Pari con i relativi privilegi.
Cromwell aprì un conflitto esterno, promulgando, nel 1651, l’Atto di navigazione, in base
al quale le merci dirette in Inghilterra dovevano essere trasportate o su navi inglesi o su
navi dei Paesi produttori. Era una misura protezionistica rivolta chiaramente contro
l’Olanda per salvaguardare gli interessi marittimi e navali inglesi.
L’Atto mise in crisi le attività di trasporto marittimo che gli olandesi svolgevano per conto
di terzi e per le quali erano chiamati «carrettieri del mare». Ne scaturì la prima guerra
dell’Atto di navigazione (1652-54): l’Olanda fu sconfitta e dovette accettare le
condizioni inglesi. Dopo un secondo conflitto, scoppiato nel 1665 e conclusosi nel 1667,
l’Olanda dovette rinunciare anche alla colonia di Nuova Amsterdam, che gli inglesi
ribattezzarono, New York.
Il Parlamento impose poi l’Atto di prova o Test Act (1673), che vietava ai cattolici di
ricoprire cariche pubbliche, e l’Atto di esclusione, che impediva la successione al trono
di Giacomo Stuart, in quanto cattolico.
Nel 1685, alla morte di Carlo II, il duca di York salì comunque al trono come Giacomo II
(1685-88), e la sua condotta politica riaccese rapidamente le ostilità. Egli abolì infatti il
Test Act, aprì una fase di relazioni amichevoli con il papa e cercò anche di cancellare
l’Habeas Corpus Act, con cui nel 1679 il Parlamento aveva stabilito una nuova procedura
in materia penale, che garantiva ai cittadini la libertà da qualsiasi forma arbitraria di
arresto o di detenzione; infine, sciolse la Camera dei Comuni.
Non fu solo un cambiamento di dinastia. Infatti, quel che accadde a Londra nel 1688 fu
una rivoluzione che si svolse non in modo violento ma con la proclamazione di due
importanti atti formali; per questo motivo, si parlò di «Gloriosa rivoluzione».
Con il primo atto Giacomo II venne dichiarato decaduto, perché non aveva rispettato il
«contratto» originario tra re e popolo. Si affermava così il fondamento contrattuale della
legittimità del sovrano, secondo cui tra re e popolo vi è una sorta di contratto che il re
deve rispettare, pena la sua decadenza dal governo. L’altro atto fu la Dichiarazione dei
diritti del 1689 (il Bill of Rights), un elenco delle leggi e delle libertà tradizionali che i nuovi
sovrani dovevano giurare di osservare prima di essere proclamati e consacrati. Era una
svolta decisiva: nasceva una nuova forma di monarchia, nella quale il sovrano accettava
di governare sotto il controllo del Parlamento, rinunciando definitivamente a ogni
tentazione assolutistica.