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I – L’unione del regno

I rapporti tra l’Inghilterra e la periferia celtica rappresentano i primi passi dell’Ingh


sul terreno coloniale, e vengono spesso definiti «colonialismo interno».
La prima regione a essere assoggettata fu il Galles mediante l’Atto di Unione del
1536, che creò 27 distretti parlamentari gallesi, dopo un secolo di conflitti frequenti e
di norme e pratiche discriminatorie contro il Galles.
I legami con la Scozia furono più complessi e l’annessione più lenta: nel 1603
vennero unite le due corone, nel 1707 l’Atto di Unione privava la Scozia del
parlamento, sostituendoli con una rappresentanza parlamentare a Londra (45 seggi
nella camera dei comuni e 16 in quella dei Lord). Tuttavia essendo frutto di una
mediazione, l’unione permise di conservare agli scozzesi maggiori diritti, un sistema
scolastico e una chiesa autonome.
Ben più traumatico fu il caso dell’Irlanda, che avvenne il 1 gennaio 1801, in un
periodo in cui la Gran Bretagna era in guerra con le cattoliche Francia e Spagna, e
poco dopo l’insurrezione del 1798 guidata da Wolf Tone, aiutata dai francesi. Atto di
unione → 100 seggi nella camera dei Comuni, 32 in quella dei Lord, scioglimento del
parlamento irlandese in cambio della promessa dei diritti politici ai cattolici, disattesa
per 30 anni.
Il regno dal 1801 venne governato come un’unità territoriale e politica unicamente da
Londra, lo stato divenne centralizzato, con un unico parlamento e un’unica religione
di stato.

I Motivi del colonialismo interno britannico.


1. La religione. Vi era la paura della destabilizzazione della sovranità protestante. In
Irlanda vi era il grande problema del cattolicesimo, in Scozia vi era un
presbiterianesimo calvinista, seppure accettato, mentre in Galles andavano forti le
confessioni non conformiste, favorite dall’uso della lingua locale nelle funzioni
religiose, diversamente dalla chiesa anglicana (inglese).
In tutto il regno protestanti, non conformisti e cattolici furono esclusi dalle cariche
pubbliche, dal Corporation Act (1661) e dai Test Acts (1673/1678), finalizzati a
proteggere la successione protestante al trono e a impedire la restaurazione degli
Stuart.
2. Le esigenze di mercanti e banchieri. L’Inghilterra manteneva un ferreo controllo
sul commercio con le colonie e le merci coloniali erano governate da regole molto
rigide, che assicuravano vantaggi all’economia inglese. Imprenditori e mercanti
scozzesi posero la libertà d’accesso ai mercati coloniali come condizione per l’Atto di
Unione (1707). Gli scambi dell’Irlanda vennero limitati, assicurando all’Inghilterra
una situazione di partner commerciale dominante (legge porti). Il Galles era invece
teatro di contrabbando fiorente: la volontà di reprimere tali pratiche a suo vantaggio
fu uno dei fattori cruciali del colonialismo interno.
3. Centralizzazione e incapacità di accettare stili di vita alternativi. L’interesse
economico dell’Inghilterra verso le regioni periferiche non corrispose a una volontà
di investire: la plantation era più un modo per popolare i paesi di protestanti inglesi
che per investire nei luoghi. La centralizzazione favorì le istituzioni economiche di
Londra: solo le banche scozzesi furono in grado di tenervi testa. Inoltre le pratiche
fondiarie delle culture celtiche (gavelkind) erano inconciliabili con il diritto inglese e
ritenute rozze, e vennero abolite.
4. Rivalità europee della Gran Bretagna, soprattutto con la Francia (7 guerre +
sostegno agli Stuart nelle rivolte giacobite e all’Irlanda). Uno dei principali intenti
dell’Inghilterra nell’annettere le regioni celtiche era stato il rendere sicure le proprie
frontiere contro invasioni straniere. Ciò venne accompagnato dalla percezione inglese
di una possibile slealtà verso la madrepatria, un sospetto non sempre mal riposto.
Tale controllo rese queste regioni sempre più dipendenti politicamente ed
economicamente dall’Inghilterra. Irlanda → [Declaratory Act, rendeva le leggi
approvate dall'Inghilterra vincolanti per l'Irlanda. Abrogato nel 1782 in seguito alla
sconfitta di Yorktown nella riv. Americana, ma dopo vent'anni poi vi fu
l'annessione.]. Scozia → la divisione tra Lowlands e Highlanders (i terun di Scozia)
complicò le cose, rendendo impossibile una presa di forza unitaria contro
l’Inghilterra. Galles → i gallesi erano considerati alla stregua di selvaggi.
5. Interessi minerari dell’Inghilterra verso il Galles.

METODI DIFFUSI DEL COLONIALISMO INTERNO BRITANNICO.


L’Irlanda fu il laboratorio coloniale inglese. Ogni aspetto della vita degli irlandesi
venne rigidamente limitato: nel 1494 la Poyning’s Law subordinava le attività del
parlamento al consenso inglese, il matrimonio con un cattolico comportava la perdita
dei diritti civili, veniva impedito lo sviluppo di una struttura politica indipendente
irlandese e l’organizzazione della terra manteneva un’ampia parte della popolazione
in povertà. Le plantation aggravarano le diseguaglianze e le rivolte conseguenti
vennero sedate con la rappresaglia e con una forte presenza militare (pagata dagli
irlandesi, TRA L’ALTRO!).
L’uso delle lingue locali celtiche venne inoltre sistematicamente scoraggiato,
escludendo il gaelico dall’insegnamento; si cercò l’appoggio delle classi ricche ed
educate, che imitavano i costumi inglesi e vennero riformati i collegi elettorali,
favorendo gli inglesi .
Ma cosa potevano fare allora i poveri, che abitavano nelle regioni celtiche? Emigrare,
contribuendo alla costruzione dell’Impero britannico all’estero.
Va segnalata inoltre l’istituzione del Giubileo reale nel 1809 ad opera di Giorgio III,
che contribuì ad accrescere il culto dinastico, alimentando una nuova lealtà populista,
un prezioso strumento coloniale evocativo di un’armoniosa unità tra le componenti
dell’impero britannico.
Si evince quindi che il Regno Unito fu il prodotto di un più vasto disegno coloniale
britannico e non il frutto di un legame naturale tra gruppi, che erano profondamente
diversi e che vennero accorpati sotto il nome di Gran Bretagna.

II – Schiavi, negrieri e mercanti.


In GB nel 700 vi era un’esaltazione del fenomeno dell’imperialismo, che era sempre
più centrale. Gran parte della ricchezza e del successo politico dell’impero britannico
era assicurata dal commercio transatlantico degli schiavi.
Il fenomeno non era originale, ma raggiunse proporzioni e caratteristiche mai viste
prima d’ora. Ebbe dimensioni enormi, trasportò gli schiavi molto più lontano dai loro
paesi d’origine rispetto a prima e fu atipica nella sua specificità razziale: nei luoghi di
arrivo già solo il colore della pelle bastava a connotare come schiavo. Inoltre un’altra
differenza fu il loro impiego massiccio nella produzione agricola, nelle piantagioni
d’importazione.
Tra il 1740 e il 1807 60.000 schiavi all’anno vennero trasportati dall’Africa
occidentale nelle regioni atlantiche, provocando effetti profondi sull’Africa e sui
Caraibi. La manodopera nera sostituì nelle colonie quella degli emigrati bianchi
(irlandesi con contratto di indenture, deportati o redemptioners, che pagavano
lavorando il costo del biglietto navale e se inadempienti venivano venduti come
servi).
Le condizioni a bordo delle navi negriere erano spaventose, ben più di un terzo degli
schiavi perivano prima di arrivare a destinazione tra i vari trasporti e un numero
ancora maggiore moriva nel Nuovo Mondo: uno schiavo su tre non sopravviveva più
di tre anni al lavoro di piantagione nei Caraibi, costringendo i proprietari a migliorare
le condizioni del proprio stock umano (per puri motivi economici).
Niente nella vita di uno schiavo era facile, anche se avevano alcune forme di
resistenza: fingere di non capire, rallentare il lavoro, scomparire nei momenti critici,
ribellarsi in maniera violenta, fuggire, diventando maroon. (Grande comunità in
Giamaica, circa 1000, tra il 1729 e il 1739 la guerra dei maroon sconvolse l’economia
giamaicana, fino alla firma del trattato di libertà in cambio della restituzione dei
poveri fuggiaschi ai padroni.).
Fine settecento → Consolidated Slave Acts: -schiavi come beni mobili -
manomissione (liberazione) quasi impossibile -limitazione mobilità -un giorno libero
ogni due settimana per coltivare i piccoli appezzamenti loro assegnati nei terreni più
scadenti.
Diversamente dagli indentured, gli schiavi assicuravano la generazione successiva di
manodopera tramite la riproduzione: i figli di una schiava erano schiavi (stato sociale
dato dalla madre, inedito!) e le schiave fertili avevano un enorme valore e spesso
venivano protette durante la gravidanza.
La violenza non era riservata solo alle donne, ma era un mezzo di controllo diffuso in
tutte le piantagioni, per stroncare le frequenti rivolte, fisica e psicologica.

MOVIMENTO ANTISCHIAVISTA
Verso la fine del settecento un diffuso movimento antischiavista cominciò a farsi
strada con forza in Europa, coerentemente con le nuove teorie economiche che
vedevano nel libero arbitrio il motore del progresso (Smith). Nel 1772 a Londra il
giudice capo della corte del re Lord Masfield sancì che un ex schiavo sul suolo
inglese era un uomo libero. Nel 1787 venne fondata la Società per l’abolizione del
commercio degli schiavi, che raccolse 60000 firme contro la schiavitù. Dopo
l’abolizione nel 1803 del traffico in Danimarca, e un tentativo di legge respinto nel
1791, nel 1807 la Gb abolì il commercio degli schiavi e nel 1833 approvò la legge
sulla loro emancipazione, che diede vita a polemiche xke per 7 anni gli schiavi erano
ancora legati ai padroni, generosamente indennizzati.
Nonostante tutto ci vollero anni e rivolte (clamorosa Baptist War 1831 in Giamaica)
per spegnere definitivamente la schiavitù, e l’economia inglese continuò a lungo a
trarre profitti dalle merci prodotte dagli schiavisti.
Dopodichè il capitolo parla del mercantilismo, basato su sistemi monopolistici, dazi e
sbatti vari atti a favorire la madrepatria (pd) pcnf.

III -La colonizzazione del “Nuovo Mondo”.


La colonizzazione dell’America è una realtà riconducibile più all’immigrazione che
alla conquista. Nel corso del 600 sempre più emigranti lasciarono la gb per il nuovo
mondo, in cerca di lavoro, terra e libertà religiosa. In ogni caso gli abitanti delle
colonie non è vero che godessero tutti di buona libertà politica. Non bisogna
dimenticarsi tre gruppi umani, gli indentured, i nativi americani, su cui gli effetti
della colonizzazione furono devastanti per la loro salute, ricchezza, strutture sociali e
costumi e habitat (→ dipendenza dai colonizzatori (es vendita pelli), lotte per la
diversa concezione della terra, epidemie, aiuto alla gb nelle guerre di indipendenza), e
gli schiavi importati.
Ma cosa rendeva le colonie così attraenti? Come detto i fattori furono principalmente
tre:
1. la libertà religiosa; solo 2 colonie su 13 ebbero una religione di stato. Il viaggio
sulla Mayflower del 169 ne fu il simbolo.
2. la disponibilità di terra a basso costo;
3. la libertà politica dovuta al disinteresse della madrepatria, che si interessava solo
degli aspetti economici delle colonie e riteneva le Indie Occidentali ben più attraenti e
concedeva alle settler colonies un governo rappresentativo basato su assemblee
elettive.
Come detto gli aspetti economici erano fondamentali nell’interessa dell’impero verso
le colonie, e alla lunga le restrizioni economiche imposte alla madrepatria (soprattutto
in tema del commercio di zucchero con i francesi) cominciarono ad andare strette ai
coloni. Durante la guerra dei 7 anni i coloni non interruppero gli scambi commerciali
col nemico, e dopo la guerra accettarono malvolentieri la rapacità fiscale britannica e
la presenza sempre maggiore di truppe sul territorio, mantenute da loro (tra l’altro!).
Crebbe inoltre negli stessi anni il risentimento dei coloni verso le restrizioni politiche:
i loro interessi erano sempre comunque subordinati a quelli dell’autorità lontana di
Londra. (1764, Plantation Act, ripristinava i dazi sullo zucchero, 65, Stamp Act,
imposta di bollo sulle transazioni commerciali, avversati da tutte le colonie; 1766,
Declaratory Act ± quello irlandese, diritto di imporre qualsiasi tassa alle colonie.) →
tutti aboliti tranne il tè → diritto di vendere il tè in America alla Compagnia delle
Indie orientali, in forte crisi, ma impopolare tra i coloni → Boston Tea Party, 16
dicembre 1773, considerata la scintilla della guerra d’Indipendenza: i britannici
risposero chiudendo i porti, imprimendo un giro di vite ai diritti politici e civili
(Massachussets Gov. Act, assemblea designata al posto che elettiva) e approvando
nel 1774 il Quebec Act, che istituiva un’assemblea designata a maggioranza cattolica,
preoccupando i protestanti americani, e il American Mutiny Act, che dava più potere
ai governatori coloniali. Tutto ciò confermò i sospetti degli americani sulla potenziale
minaccia per le loro libertà politiche.
In quest’atmosfera astiosa si tennero i due congressi continentali nel 1774 e nel 1776,
nel corso dei quali venne firmata la Dichiarazione d’Indipendenza ed ebbe inizio la
guerra. Gli americani (escluse indie occidentali) ottennero il sostegno della Francia e
successivamente della Spagna, che assediò Gibilterra: la resa delle truppe di Charles
Cornwallis a Yorktown nell’ottobre 1781 fu il segnale della fine. Lord North perse il
controllo del parlamento, che nel febbr. 1782 approvò una mozione sull’impossibilità
di continuare la guerra e si dimise. Nel settembre 1783 venne formalizzato l’accordo
di pace a Versailles: le potenze si restituivano le colonie prese durante la guerra.
Nello stesso anno la Gb formalizzò un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti,
per 40 mil. Di sterline all’anno: la perdita delle colonie non ebbe effetti sulla
prosperità della madrepatria e la Gb acquisì nuovi possedimenti in altre regioni del
mondo. Ma allora perché la guerra d’indipendenza è così importante?
(a) Spostò il punto dell’interesse britannico verso altri orizzonti
(b) fu una delle pochissimo sconfitte della Gran Bretagna nel settecento
(c) era una guerra tra connazionali, che rese l’impero molto meno anglofono, bianco,
protestante e dotato di autogoverno
(d) il sostegno offerto da Francia e Spagna alle colonie isolò la Gb nel contesto
europeo (e) segnò il declino delle Indie occidentali, che senza protezioni economiche
non potevano più competere con l’industria francese dello zucchero.
Non tutte le colonie in America vennero perse nel 83: i lealisti fuggirono in Canada,
che fu un’importante arena di sperimentazione di governance coloniale )→
autogoverno responsabile: in un contesto spinoso come il canada, a maggioranza
cattolica, l’impero concesse una forma limitata di governo basando il diritto di voto
sulla proprietà e dotando i governatori del diritto di veto, rendendolo così
un’importante arena di sperimentazione politica (ed economica, 16.5% del volume
commerciale britannico nel 1911).

IV – Dopo l’America
Con la perdita delle colonie americane e il declino delle caraibiche, gli interessi
imperiali si spostarono verso il Pacifico e l’Asia, mossi dalla ricerca di nuove risorse,
nuovi porti e dalla curiosità scientifica. Nei primi anni i britannici, che esplorarono
Tahiti con Cook, non tentarono nessun contatto coloniale; successivamente decisero
di creare delle colonie penali, avendo perso con l’America la propria principale
colonia penale: spedire i prigionieri così lontano per mare aveva un trilice vantaggio:
liberarsi di persone sgradite, ottenere con il loro lavoro forzato profitti, merci… e
successivamente trasformare questi criminali in una produttiva avanguardia coloniale,
per preparare la terra a futuri insediamenti.
La forma di governo doveva essere ovviamente diversa dalle colonie americane, ed
era un ibrido tra una colonia militare diretta da ufficiali, ma retta da un sistema legale
civile. La “Prima Flotta” contava 11 navi e 1.050 persone e attraccò in Australia il
26 genn 1788; i nuovi immigrati arrivarono nel periodo più caldo e la loro vita fu
durissima: la terra era arida, il bestiame non sopportò il caldo australe, e gli
insediamenti nei primi anni furono segnati da dure crisi, ma nel 1815 il futuro delle
colonie in nuova olanda era assicurato e due terzi dei coloni già liberi, anche a causa
dello straordinario aumento demografico, vista la bassa età dei reclusi e gli incentivi
alla famiglia.
Tutte le attività si svolsero però a scapito degli aborigeni, considerati “primitivi” e
privati delle terre: molti di loro morirono per malattie o denutrizione, nonostante il
grande aiuto che diedero ai coloni. Uno degli esempi più tristemente famosi fu quello
della Diemen’s Land, in cui gli aborigeni vennero circondati da una catena di 2 mila
uomini e poi isolati sull’inospitale Flinders Island, dove morirono rapidamente (idea
di George Robinson).
Solo nel 1830/40 nacque l’idea della protezione degli aborigeni e nel 1869 venne
introdotto il primo Aborigenal Protection Act, che in realtà più che tutelare gli
aborigeni li rinchiudeva in spazi ristretti.
Verso la metà degli anni ’50 alle colonie Australiane, che grazie al fenomeno
dell’emigrazione volontaria si erano ormai trasformate in colonie di uomini liberi,
(Nuovo galles del sud, victoria, sud austr..) venne concesso l’autogoverno
responsabile, con diritto di voto a tutti i maschi. Ma cosa si intende per autogoverno
responsabile? Nelle settler colonies, a maggioranza bianca, creò versioni in miniatura
del parlamento britannico, una bicamerala in cui l’assemblea era elettiva, mentre il
consiglio era composto da membri designati dal governatore generale. In tutto il
primo secolo comunque i poteri chiavi nelle settler colonies rimasero in mano al
parlamento imperiale.
Wakefield )-> fregnaccia classe di possideenti e classe di manodopera. Importante
per l’Australia fu il fattore dell’esplorazione, che aprì l’interno del paese.
L’Australia si sviluppò comunque come una società altamente urbanizzata, ma con
grande importanza della pastorizia.

LA NUOVA ZELANDA
Diventa colonia verso il 1850, una settler colony molto diversa dall’Australia.
Rivendicata da James Cook, aveva un clima migliore ed era ricca di legname, con
un’attività commerciale già fiorente. Tutto cambiò quando nel 1840 la NZ divenne un
protettorato del Nuovo Galles del Sud, con il Trattato di Waitangi: veniva lasciata la
terra ai maori in cambio dell’eventuale vendita esclusiva ai britannici. Il trattato
venne poi disatteso portando alle guerre maori )-> vittoria bianca, perdita di terre e
prosperità, dimezzamento della popolazione però 4 seggi ai maori.

LE INDIE ORIENTALI
Situa diversa per la presenza di altre potenze (olanda, fr…) e la resistenza dei sovrani
locali, ma
importanti per le rotte e i traffici commerciali, che infatti si mantennero anche dopo la
restituzione all’Olanda. L’interesse della Gb era quello di proteggere l’India
dall’accerchiamento francese.
Poi Città del capo e conclude dicendo che sti cazzo di bvritannici si espansero
lottando co sti spagnoli per la Falkland e Gibilterra )-> grande importanza della
superiorità navale britannica.

V – La Gran Bretagna in India


L’india rivestiva una rilevanza centrale per l’impero già dal Seicento. Era divisa in
regioni governate dai moghul musulmani dotati di enormi ricchezze, in cui gli
occidentali commerciavano: la principale impresa era la Compagnia delle Indie
orientali, Londra, 1600, che deteneva il monopolio dei commerci britannici con
l’Oriente ed era uno strumento economico e politico, dotato di grande libertà politica
economica e militare (poteva trattare coi sovrani e avea diritto di giurisdizione sui
cittadini britannici nel proprio territorio).
Con la rottura delle colonie americane e il fallimento dei tentativi commerciali con le
Indie orientali/Cina l’India divenne di fondamentale importanza per la Gb come
principale caposaldo in Asia e simbolo della potenza britannica oltremare.
I timori della Birmania vicina causò la prima guerra anglo birmana nel 1823, fino
all’annessione di parti della stessa nel 86; idem causa di rivalità con le potenze
europee con l’isola Mauritius, Giava, Ceylon + una serie di territori strategici sulla
rotta per le Indie (Seychelles, Buona Speranza, Malta…).
Guerre con la Cina per il traffico di Oppio →1839/1856, cessione di Hong Kong ai
gb.
Con questi nuovi possedimenti la Gb creò un cordone di sicurezza accanto all’India
ed economico per la Compagnia delle Indie → non vi fu mai una sola ragione
nell’acquisizione delle colonie da parte dell’Inghilterra, vi erano sempre in gioco
fattori di tipo economico, politico, …

VI – Crescita Globale
Nell’Ottocento la Gb divenne il più vasto impero europeo, dotato di una straordinaria
varietà di forme politiche e amministrative. Varietà che non è frutto di casualità: la
battuta di John Seeley, secondo il quale l’impero britannico venne acquisito in un
“momento di distrazione”, che ha influenzato molti storici non convince. Grandi
territori dell’Africa, decine di piccole isole del Pacifico, ampie porzioni
dell’arcipelago malese, l’India, gran parte della Birmania, Australia, Nz, Canada,
Hong Kong vennero annesse e in molti di questi luoghi la Gb combatté delle guerre
per mantenere i territori che aveva acquisito. → Ronaldo Robison e J.Gallagher
→ imperialismo del libero scambio → l’espansione coloniale britannica era un
processo in cui l’annessione formale era stata una via percorsa solo in caso di
assoluta necessità. L’imperialismo si era declinato sia con interventi “informali”
(Cina, America Sud…) che con annessioni formali. → colonialismo che privilegia i
rapporti economici, in cui la colonizzazione formale era una misura di ultima
istanza ma di certo non schifata: impero = denaro, potere e principi morali (missione
civilizzatrice).
L’ottocento fu tutto un secolo di grande spinta espansionistica + riorganizzazione
dell’impero (1854 ministero delle Colonie, …), impero eterogeneo, formato da:
• settler colonies
• territori conquistati o consegnati dai sovrani locali
• luoghi in cui i britannici “consigliavano” i governanti locali, senza assoggettarli
formalmente
• porti asiatici con un forte controllo economico • luoghi che rientravano nella “sfera
d’influenza” della Gran Bretagna
Uno dei principi più importanti del colonialismo dell’800 fu quello
dell’”autogoverno responsabile”, che partì dal Canada (elemento vitale nell’impero,
ne serviva la lealtà) per espandersi alle colonie giudicate mature → concessa
l’autorità di legiferare su questioni interne, con un sistema politico 2/3 elettivo 1/3
designato. Politica estera e difesa in mano alla Gb. [Canada circa 1850, australia
idem, Nz puru, Capo 1872 (prima autogoverno rappresentativo, con un governatore
designato con diritto di veto)].
L’autogoverno era visto bene perché era una forma di governo a buon mercato: le
colonie pagavano per la loro amministrazione e le loro truppe e le settler colonies
avevano bisogno dei mercati britannici → minima spesa, max rapporti commerciali.
Un solo caso di rinunzia all’autogoverno (Barbados, troppi negher).
Nel frattempo altri territori furono inglobati, alcuni nel corso di guerre (HK,
Mauritius, Seychelles), altri ceduti dai sovrani (Figi), altri comprati (Singapore) e
spesso trasformati in protettorati, gestiti da un commissario.
Vi erano poi casi particolari, come l’India, che pur con un governo simile a quello di
una colonia aveva una propria amministrazione a Londra, il ministero per l’India e
gestiva numerosi territori coloniali e l’Irlanda, che pur vicino casa era lontanissima
dall’autogoverno responsabile e fonte di problemi per tutto il secolo.
Vi erano poi aree importanti in cui la GB non era presente in modo formale ma aveva
notevole influenza, aree importanti dal pdv strategico o commerciale (→ Argentina e
Brasile, trattati di libero scambio; Siam, idem; Bahrein, Kuwait, Oman).
Uno dei possedimenti più complicati fu l’Egitto: il coinvolgimento della Gb era
anteriore all’occupazione del 1882, ed era legato all’impero ottomano alle rotte
commerciali per l’India: la Gb vedeva nell’impero ottomano una barriera alle mire
francesi e russe sulle rotte verso l’India, anche se poi si faceva i cazzi suoi (1878
ottenne la cessione di Cipro, 1838 trattato di libero scambio).
Con l’apertura di Suez l’Egitto divenne ancora più importanti per i britannici (1869)
→ nel 1878 Gb e Fr istituirono una commissione di controllo sulle amministrazioni
statali egiziane, per proteggere gli interessi degli investitori, visto l’enorme debito del
paese → 1882 insurrezioni nazionaliste → bombardamento porto di Alessandria →
nuovi disordini → occupazione → settembre 1882, Egitto sotto il controllo britannico
→ inizio di un periodo di intensa espanzione, la “zuffa per l’Africa”, con la scusa
dell’antischiavismo (aprire nuovi canali commerciali, esibire la potenza britannica,
fermare altre incursioni francesi -Lagos 1861).
In quel periodo (pre 1850) fu forte l’attività di esplorazione: David Livingstone tra i
due oceani, Speke scoprì il lago Tanganika e raggiunse l’Uganda, la regione del Capo
era una perfetta stazione di sosta per i viaggi verso l’India e dopo la scoperta dei
diamanti e dell’oro le annessioni aumentarono notevolmente, rendendolo un punto
focale dell’interesse britannico.
Anche in Africa il metodo di colonizzazione favorito fu commerciale, con le
compagnie (Royal Niger Company – British East Africa Company – B. S.A.
Company – B. National Borneo Company) ad aprire la strada → strano, l’Africa era
un’area meno redditizia → problema dei potentati locali e dell’islam, che miravano a
espandersi dentro l’Africa stessa! → per evitare scontri e casini perciò si ricorse al
“dominio indiretto”, con protettorati, accordi e mantenimento delle gerarchie locali
(Niger, Zanzibar, Zambesia…).
In ogni caso per tutto il secolo vi furono episodi di resistenza, non solo in Africa e
guerre e conflitti coloniali si succedettero senza interruzione (afghanistan, zulu, Irish
Land League, Morant Bay Giamaica) ed ebbero vasta eco sulla stampa → segno
importanza impero.
Ma quali furono le spinte che alimentarono il colonialismo nell’ottocento? – fattori
economici e strategici
– riemergere di forti rivalità con le potenze europee (post conferenza di Berlino, 1884
→ via libera all’”occupazione effettiva” dell’Africa, con l’affacciarsi della Germania
di Bismark in campo coloniale)
– necessità di creare zone cuscinetto – invincibile supremazia sui mari – necessità di
garantire alle navi stazioni di sosta – // di creare porti per i rifornimenti di carbone –
canale di Suez – timori verso l’espansionismo Russo (per territori a nord dell’India)
– ragioni economiche: Australia, NZ, India, S.A, Singapore, Hong Kong e le
piantagioni di Figi e Mauritius di canna furono fonte di ricchezza; dalle colonie si
esportavano materie prime, prodotti agricoli e minerali. Vi erano però due problemi:
a) in alcune colonie la produzione era lenta e il rendimento modesto → aumentavano
però il prestigio b) con la grande depressione del 1870 andò in crisi il sistema del
libero scambio, alla base dell’economia coloniale Br e inoltre le colonie, che
concentravano la produzione solo su un determinato prodotto erano più vulnerabili
all’oscillazione dei mercati
– nuove tecnologie: era più facile e veloce attraversare gli oceani, il telegrafo rese le
comunicazioni immediate, le ferrovie si spinsero fin dentro i continenti, divenne
possibile refrigerare i prodotti deperibili durante le traversate, le armi erano più
temibili → inizialmente > costi → preferenza al protettorato, forma di
colonialismo economico.
La colonizzazione fu però profondamente diversa negli effetti e nelle forme e
profondamente segnata dalla questione razziale, con un forte movimento
dell’imperialismo “civilizzatore”. In ogni caso l’ottocento fu un periodo di grandi
trasformazioni, espansioni e sperimentazioni: la superficie dell’impero crebbe a
dismisura e i modelli di governo si moltiplicarono e differenziarono profondamente.

VII – Governare un impero


Nel novecento il RU amministrava 47 territori, solo 12 con autogoverno. Mantenere
l’ordine richiedeva un’organizzazione efficace e mutevole nel tempo e nello spazio.
Perché avere un impero? Due correnti: a) missione civilizzatrice, per cui la Gb faceva
il bene dei colonizzati b) questioni economiche, unico modo per competere nel
mondo / che avevano in comune il vedere i popoli colonizzati come inferiori,
incapaci…
La distinzione tra governanti e governati assunse però forme diverse nell’impero →
colonie del 700, colonizzatori a stretto contatto con le popolazioni indigene, con cui
avevano affari, imparavano, …; colonie dell’800, conquista e dominio autocratico,
senso di superiorità britannica, paura della contaminazione razziale e culturale.
Vi erano poi altre paure oltre alla contaminazione, in primis il rischio di rivolte e la
diffidenza verso atti culturali incomprensibili e poi la paura verso i comportamenti
poco consoni dei coloni, che spinti dalla “febbre dell’oro” non avevano certo
comportamenti irreprensibili giunti a destinazione (crisi missione civilizzatrice). →
Problemi seri, quasi 23 milioni di emigranti lasciarono la Gb tra il 1815 e il 1914, in
gran parte verso Usa e colonie canadesi, poi dal novecento verso Rhodesia e Kenya,
guidati dall’abbondanza di terre (1⁄2 poveri dal SA, 1⁄2 ricchi espatriati britannici).
Al di fuori delle settler colonies i residenti britannici nelle colonie erano pochi e
disseminati sul territorio, il personale limitato e il governo scarsamente strutturato e
con un’amministrazione molto decentrata. → > funzionari e militari, senza
famiglie con sé fino al 1850 e con i bimbi in Gb per
educarli e non mischiarli con la cultura locale e per il rischio patologie.
Patologie che colpivano anche i negher, ma che non venivano curati: vi erano
profonde differenze tra colonizzatori e colonizzati, con una distanza sociale e anche
spaziale (quartieri bianchi per i ricchi…), anche interna ai colonizzatori (forte
gerarchia sociale).
Ma come governavano questi coloni, principalmente uomini?
Avevano poche truppe, che avrebbero assicurato il buon esito di una qualsiasi rivolta,
e non era certo un governo benevolo → forte uso della detenzione per i disobbedienti,
disparità di trattamento giuridico, non raro anche il ricorso alla violenza aperta, ma il
successo dell’Impero non si deve al cannone o alla spada. Importanza delle forze di
polizia, molto più militarizzate rispetto alla madrepatria, divise in una classe di
ufficiali bianchi e una milizia locale addetta all’esecuzione dei compiti più sgradevoli
+ dei poliziotti importati da altre colonie, visti come più temibili e meno corruttibili.
Gli alti gradi erano limitati ai britannici, e i militari stavano bene de sordi e status.
Importante nel sette e ottocento fu anche l’importanza del sapere, con la smania di
classificazione, che colpì anche le popolazioni indigene, giudicata inferiori ai bianchi
e aprì il dibattito su che fare di queste popolazioni: civilizzarle esportando i costumi
dei bianchi o preservarne la “nobile selvatichezza”?
In ogni caso si fregnarono solo della parte alta della popolazione, utile per
amministrare i protettorati e tenacemente rinforzata, come roccaforte contro possibili
ribellioni.
Utile per governare fu anche la tecnologia, con lo sviluppo di grandi reti ferroviarie,
utili a velocizzare il movimento di merci e soldati, del telegrafo, fondamentale per
dirigere le guerre contro ashanti e malesi e per le comunicazioni Londra – province,
delle armi, come il mitra Gatling.
Scienza, tecnologie e medicina furono però al servizio dei colonizzatori, e non certo
portatrici di modernità e prosperità.
Vi furono inoltre spesso contrasti tra chi lavorava sul campo e i funzionari di Londra,
che rese il governo imperiale un’attività faticosa e imprevedibile.
Un gruppo importante di britannici nell’impero furono i missionari, quasi 10.000 a
fine ’800: a inizio 1700 lavoravano presso le comunità bianche, poi per le
popolazioni, criticando anche spesso i metodi dell’impero e aiutandoli → aiuto che
significava però aderire alla religione cristiana, cambiando nome e allontanandosi
dalla propria comunità. I convertiti furono però comunque una minoranza, e vi fu la
tendenza da parte dei convertiti d’adattare il cristianesimo ai costumi locali.

VIII – Essere governati


Come conciliava la Gran Bretagna la forte idea di libertà che la muoveva con il
colonialismo? C’era la giustificazione dei popoli che andavano guidati verso un
futuro libero. In concreto però il colonialismo influenzò ogni aspetto della vita dei
colonizzati, rendendoli tutt’altro che liberi.
In termini politici, i popoli governati conobbero forme ben diverse di governo da
quelle della Gb, differenti in base alle situazioni: nelle colonie e nei protettorati, le
assemblee non erano neanche elettive, ma designate, e i ruoli chiave erano ricoperti
da cittadini britannici; nelle settler colonies c’era il diritto di voto per i cittadini
maschi Over 21 con i requistiti di proprietà e istruzione, negato però eccetto Nz e
Capo agli indigeni; in Canada i nativi godevano di diritto di voto; in Giamaica si andò
invece verso una minore libertà, con la riconversione a un governo non elettivo, dopo
la rivolta di Morant Bay nel 1865.
Le amministrazioni britanniche cercando di avvalersi della collaborazione delle élite
locali, rendendo principi etc loro stretti collaboratori (India/Africa, “governo
indiretto”, la Gb delegò ai sovrani molte delle incombenze amministrative),
contribuendo al mantenimento delle tradizioni più conservatrici.
Le esigenze economiche inglesi incisero profondamente anche sul paesaggio →
urbanizzazione, modifiche radicali e disomogenee al territorio → grandissima
importanza delle città portuali, centri urbani (crearono classi e comunità) →
Kingston, 700 ricca e dinamica, abitata da piantatori /800 povera e nera – S.A, la
scoperta di oro e diamanti portò a fondare Kimberley e Johannesburg – NZ, maori
sempre più verso la città, in quartieri squallidi e fatiscenti.
→ netta separazione delle aree indigene dalle aree residenziali europee (caso di
Delhi: Old Delhi stile asiatico, New Dehli progettata da architetti inglesi) +
coprifuoco per gli indigeni.
Oltre al coprifuoco vi erano altre misure per limitare gli indigeni: in Canada e
Australia vivere nelle riserve - Aboriginal Protecion Ordinances, il “protettore degli
aborigeni” fissava i confini a loro riservati – SA, erano costretti a registrarsi e portare
sempre con sé il proprio documento d’identità – le donne furono escluse da mansioni
che comportavano contatto con i soldati, per paura di prostituzione e trasmissione di
malattie veneree.
I popoli nomadi e migratori furono oggetto di particolare sorveglianza: se all’inizio
erano stati fondamentali per i coloni, insegnamenti, … etc, poi furono additati per il
loro stile di vita, con isolamento nelle riserve e leggi repressive, gli venivano tolte le
terre, perché giudicati incapaci di sfruttarle. Dal 1820 esercito in India vs tribù
nomadi.
Vi furono poi profonde trasformazioni nel modello del lavoro salariato: i lavori
domestici/di cucina erano spesso affidati a uomini, vi era un fortissimo impiego di
donne nella manodopera, porti, agricoltura di vasta scala e miniere offrirono
numerose possibilità d’impiego, spesso pericoloso e sgradevole. Le norme che
regolavano il lavoro nelle colonie erano state ormai da anni abolite in GB (Master
and Servant Acts, 1875) e favorivano enormemente il datore di lavoro, con norme
severe e trasgressioni punite anche penalmente, come l’abbandono del posto di
lavoro(!). In Africa i padroni bianchi ricorrevano abitualmente alla violenza fisica
diretta, e il lavoro era comunque di per sé durissimo e molto pericoloso → miniere,
incidenti e decessi all’ordine del giorno, malattie professionali. La situa era diversa
nei dominions, in cui i lavoratori erano bianchi e organizzati sindacalmente, e nelle
settlere colonies, in cui i bianchi non volevano lavorare con gli indigeni. In India il
lavoro, tessile, era organizzato sulla base di rapporti patriarcali, padrone-padre, che
però non riuscì comunque a evitare rivolte.
Anche nell’organizzazione delle terre a scopo agricolo vi furono novità spesso
indigeribile con il sistema, che portarono a povertà della popolazione e emigrazione,
con il consolidamento invece della proprietà fondiaria. → cattive condizioni di salute,
risaie con malaria, cazzi e mazzi… + danni alla fauna locale, che colpì
profondamente alcune popolazioni indigene. In ogni colonia la terra migliore andò
agli europei.
Dal pdv del commercio, se all’inizio i popoli originari erano riusciti a fare buoni
affari, sfruttando anche le loro conoscenze, le loro opportunità andarono sfumando
con l’avvento dell’economia capitalistica → crisi → fortuna della
manodopera indentured, > indiani, spesso nelle piantagggioni. Condizioni molto
dure, misure repressive forti, punizioni per l’assenteismo, tassi di mortalità elevati,
diffondersi di epidemie e esplosioni di violenza, immenso squilibrio uomini/donne. A
volte gli indentured erano in realtà stati rapiti (pratica del blackbirding). Alcuni
indentured rimanevano a vivere nei luoghi di emigrazione, creando poi in futuro
sbatti e questioni razziali (Africani vs Indiani in Kenya e Uganda).
Il governo era di mano leggera in materia di controlli economici, e un altro
gravissimo problema furono le carestie (squilibri economici creati dall’azione
dell’economia Br) e le conseguenti epidemie, vaiolo, morbillo, colera, tubercolosi,
peste, non fronteggiate fino a quando non venivano colpiti i bianchi.
L’istruzione era molto limitata, scarsissima e per i non bianchi limitata spesso a quel
poco dei missionari → vi furono fenomeni di prestiti linguistici di termini indigeni e
di creazione del pidgin english.
Varietà di cristianesimo: certo successo opera evangelizzatrice dei missionari +
adattamento alle credenze locali
→ vescovo Colenso e caso del Pentateuco, dubbi mossi dai traduttori africani → idea
di una comunità di cristiani africani che civilizzasse l’africa
→ le missioni furono più che altro una fonte pratica di educazione, formazione,
accoglienza e assistenza medica.
Un caso interessante fu quello dello sfruttamento del ruolo di “selvaggio per
professione”, in cui gli indigeni enfatizzavano gli aspetti che ci si aspettava da loro,
recitando una parte a volte redditizia.
Le etichette date ai popoli soggiogati, spesso contribuirono alla creazioni di una loro
identità: i colonizzati cominciarono a vedere la somiglianza fra loro rispetto ai loro
sfruttatori, alimentando l’idea di una “cultura africana”/ in India l’accento sulla
divisione in caste contribuì a rafforzarle, e la ricerca di capi tribali in Africa finì per
legittimarli, anche in società storicamente senza capi.

IX – Genere e sessualità
L’impero fu dominato dagli interessi di colonizzatori maschili, e visto come
un’impresa virile, irta di difficoltà da “piegare” con vigore. Tra gli emigranti, sia
colonizzatori bianchi che manodopera non bianca, vi erano uno squilibrio incredibile
tra donne e uomini, influenzato però spesso dal tipo della colonia.
Le donne erano viste inadatte ai climi e alla vita coloniale, e il concetto delle “sfere
separate”, pubblico agli uomini e privato/casa alle donne andava forte in quegli anni:
negli altri continenti i colonizzatori trovavano spesso norme sociali e sessuali
radicalmente differenti → fortissima condanna dei britannici verso i “maltrattamenti”
verso le donne (pratiche culturali indigene, spesso in effetti veri maltrattamenti) e
celamento dei casi di maggiore parità. → Leggi contro le pratiche più crudeli, spesso
però ignorate, nascoste e di difficile applicabilità (es: età minima matrimonio quando
non c’erano certificati di nascita).
I colonizzatori scelsero però di rado di collaborare con i gruppi riformisti locali, e le
riforme spesso sollevarono spinose questioni nei colonizzati, per il rischio di
occidentalizzazione dei costumi.
Per alcuni storici l’arrivo delle donne britanniche alterò le pratiche e le consuetudini
coloniali, introducendo snobismi, rigidità e formalismi, suscitando nuove forme di
intolleranza → le trasformazioni erano in realtà giù in corso, i processi furono solo
accelerati.
Arrivo delle donne:
✗ meno rapporti extraconiugali
✗ aumento dei bambini → mutamento delle condizioni abitative, espansione delle
comunità britanniche
✗ presenza femminile = ingentilimento di ambienti rudi maschili (spesso
incoraggiata, con schemi di ricongiungimento familiare anche nelle carcari), fattore
stabilizzante
La mascolinità rimase comunque sempre un valore fondamentale nelle colonie, il
lavoro degli uomini era molto più facile di quello delle donne e venivano lodati i
ribelli virili, mentre gli uomini “effeminati” venivano derisi e temuti, per paura di
contagio e dello spettro dell’omosessuale, che in molte popolazioni dell’impero era
accettato e comune.
Diffusa era l’omosocialità: gli uomini vivevano, parlavano, lavoravano… con altri
uomini, particolarmente nell’esercito, in cui la prostituzione (con controlli medici alle
donne) giocava un
ruolo vitale come baluardo antiggay, anche in un’epoca bacchettona come l’età
vittoriana.
I costumi sessuali più liberi degli indigeni, generarono un sentimento ipocrita, tra
desiderio e repulsione (→ caso esibizione della Venere ottentotta, ossessione verso la
straripante sessualità esotica e simbolo del ruolo chiave delle donne nei rapporti di
potere dell’impero). Indigene = carnalità animalesca, seducente e sensuale,
ossessione viva dal ’500, clima di biasimo e incomprensione, che spiega la
considerevole attenzione politica dedicata a regolamentare la sessualità.
Caso dei bimbi misti, spesso discriminati: -America Nord, alla famiglia materna -
India, comunità anglo-indiana, sperata da entrambe le due. Le unioni miste
favorivano gli uomini, e le donne erano prive di qualsiasi garanzia, vi furono
pochissimi matrimoni.
LAVORO
Sul piano del lavoro, vi erano profonde differenze tra le donne in madrepatria e nelle
colonie: con la perdita di posti nel tessile, molte erano destinate all’agricoltura, di
pura sussistenza o di piantagione. Vi erano però molte più donne rispetto alla
madrepatria impegnate in lavori manuali pesanti, e le legislazioni protettive
arrivarono solo nel ’900. A volte (+ Africa) erano domestiche e/o prostitute.
Nelle settler colonies le donne bianche lavoravano nel servizio domestico per poi
spostarsi verso commerciale e servizi, nelle dependent colonies erano una esigua
minoranza impegnata più che altro in bar, alberghi e bordelli, qualche infermiera.
Lavoro femminile visto come mancanza di rispettabilità e ricerca di indipendenza.
Difficile per le donne delle colonie lavorare in Gb, + facile per gli uomini, nei lavori
manuali + alcuni membri elitari che si stabilivano in Gb, divenendo parte integrante
della società.
Alcune donne (ricche) si diedero alla vita dell’esploratrice, pubblicando poi i loro
racconti.
La crescente presenza femminile nell’impero diede vita ad allarmismi legati alla
presunta incontenibilità sessuale degli indigeni, incapaci di frenare la loro bramosia
verso donne bianche. White Women’s Protection Ordinance, pena capitale per gli
indigeni che provaveno a scopà na bianca + sanzioni per le bianche che si
intrattenevano coi nativi o sollecitavano la loro attenzione erotica → fortissimi timori
che una donna bianca scegliesse di esplorare la sessualità con un nativo.
D’altro canto, vi era un gran numero di stupri di bianchi verso donne indigene, grazie
a una giustizia indulgente e alle idee di promiscuità sessuale di sti popoli.
In ogni caso va ricordato lo sforzo compiuto dalle donne per promuovere
l’eguaglianza dei sessi nelle colonie:
– nelle sc Austr e Nz le donne guadagnarono il diritto di voto nel 1893/1908, e trikke
e ballake e cazzi e mazzi.
– In India nel 1935 diritto di voto alle o21 con requisiti di proprietà o istruzione – in
Palestina lotte per la rappresentanza politica, concessa negli anni ’20 – donne
fondamentali nelle lotte contro il colonialismo
Le donne br vedevano però queste donne non come compagne di lotta, ma come
popoli deboli da aiutare. (visione femminista imperialista).

X – Contestare l’impero
L’impero britannico raggiunse il top dell’espansione a inizio ’900, dopo la IGM
grazie ai mandati della Società delle Nazioni, ma il ’900 fu un secolo di contrazione
dell’impero, grazie anche al lento e disomogeneo, ma cruciale, formarsi di movimenti
nazionalisti anticoloniali.
D’ispirazione occidentale, i movimenti nazionalisti si seppero reinventare in varie
forme nelle
diverse regioni, sotto il fil rouge della contestazione alla legittimità del dominio
coloniale → misure violente e repressive dei funzionari britannici.
Non c’è una vera data d’inizio ai movimenti, ma nel ’900 la protesta si diffuse a
macchia d’olio e divenne sempre più arduo negare le spinte nazionalistiche dei
movimenti, sempre più efficaci e organizzati.
La guerra anglo-boera (1899-1902), con le sue tattiche spietate, e la IGM
destabilizzarono i rapporti interni all’impero; il forte ricorso alle truppe coloniali
suscitò proteste e critiche, con la richiesta di avere un ruolo maggiore nelle
conduzione della guerra. (1917 conferenza con i leader dei dominions). Per quanto
riguarda le dependent colonies, cazzi furono relativi all’India e all’Irlanda: la prima
sperava di essere ricompensata con una maggiore autonomia dell’aiuto offerto in
guerra, nella seconda nel 1916 vi fu l’”insurrezione di Pasqua” → rivolta+governo
provvisorio a Dublino, nata sperando di andare bene visto che l’attenzione di tutti era
al fronte fu repressa durissimamente e nel sangue, suscitando lo sdegno dell’opinione
pubblica irlandese, che si avvicinò alla causa nazionalista. Vi furono inoltre disordini
anche in SA, Egitto, Turchia, Afgh, India… subito dopo il fine guerra.
Ben diverso fu ovviamente il nazionalismo nei dominions, dotati di autogoverno e
forte unità razziale, che chiedevano un maggior spazio di autodeterminazione, e
nelle dependent colonies.
(Unico caso bianco difficile in Irlanda: 1918, vince il Partito repubblicano Sinn Fein,
crea un proprio parlamento+repubblica, poi crea un parlamento al nord (I.N.)
unionista e uno del Sud, che non giurò però fedeltà alla corona → spietata guerra
civile → solo nel 1921 l’I.S divenne un dominion, sotto il nome di Stato Libero
d’Irlanda).
1931, creazione del moderno Commonwealth e riconoscimento dei dominions come
stati indipendenti, vincolati solo per propria scelta dalle leggi britanniche.
Tutto ciò non si estese agli altri numerosi possedimenti coloniali britannici.
India
Nazionalismo importante già nel pre IGM (Indian National Congress 1885, borghesia
urbana), affiancato dalla rinascita di un induismo militante, con la riaffermazione di
valori tradizionali e la critica del modello occidentale. → Partito del Congresso,
1906, l’obiettivo è lo swaraj (autogoverno) per l’India → dopo alcune sommosse
violente, il governo indiano adottò un modello basato su concessioni da un lato
& interventi repressivi dall’altro, destinato a durare per decenni e a infuocare la
militanza anticoloniale.
1914 → guerra → pesanti imposizioni fiscali + scontento soldati → ascesa
nazionalismo.
1917, ascesa del movimento Satyagraha, che intendeva dimostrare che l’India era
pronta per l’autogoverno con forme di resistenza non violenta. Tra il 1915 e il 1917
Gandhi percorse il paese predicando trikke e ballake… .
Fine della guerra, meschinità delle offerte britanniche → 1919, anno cruciale! Il
mantenimento dei repressivi Rowlatt Acts, limitanti la libertà in tempo di guerra,
suscitarono un’ondata di proteste, e nell’aprile del 1919 si verificò il massacro
di Jallianwalla Bagh, nella città di Amristar, in cui il generale Dyer fece aprire il
fuoco contro i manifestanti, uccidendone 38 e ferendone 1.100, e dopo l’aggressione
a una missionaria bianca ordinò pubbliche fustigazioni dei sospetti e emanando
il crawling order nella strada dove era stata aggredita → costretto a dimettersi, ma
osannato.
1920 → Governement of India Act, creazione di una diarchia nel governo delle
province, assegnando agli indiani 3 su 7 ministeri, ma i più “leggeri” (educazione,
salute, agricoltura).
’20/’30 → escalation dei disordini a sfondo nazionalista, > violenze
urbane/manifestazioni, la risposta del governo divenne sempre più militare e
repressiva, nonostante la posizione di Gandhi. Intanto si rafforzarono e unirono le
proteste dei contadini (raccolti incerti e aumento prezzi) e dei sindacati.
1935 → Government of India Act, che cercò una soluzione, (diarchia anche al
governo centrale, autonomia province, suffragio esteso) fallendo completamente →
clamoroso successo del Congresso alle elezioni del 1937 nelle province, 7 su 11.
IIGM → dimissione dei governatori, xké la Gb dichiarò guerra ancora una volta
fregnandosene dell’India.
1942 → campagna “Quit India”, partito del Congresso messo fuori legge+vertici
arrestati → violente rivolte popolari. // Chandra Bose fondò appoggiato dai
giapponesi l’Indian National Army e dichiarò guerra agli alleati.
!945 → rilascio dei leader del Congresso, era ormai chiaro che l’indipendenza
dell’India era inevitabile: crescente violenza tra induisti e musulmani, disordini a
sfondo nazionalista accelerarono il trasferimento di potere, e il risultato finale fu la
partizione dell’India in Unione Indiana e Repubblica Islamica del Pakistan, entrambi
con lo statuto di dominions, nell’agosto 1947 → violenze spaventose post divisione,
ma i due stati sopravvissero.
Negher e altri
Visione di un impero arrogante e crudele, con un crescente divario tra condizione
economiche e politiche occidentali e le loro.
Indie occidentali: autogoverno limitato, con restrizioni tangibili. Le condizioni della
manodopera favorirono la crescita dei sindacati, che furono terreno fertile per la
crescita di leader nazionalisti.
Kenya: ricchi bianchi privilegiati/popolo indigeno sempre più ai margini → crescente
risentimento. Le dure condizioni durante alla guerra spinsero sempre più alla
migrazione verso le città, luoghi fecondi per lo sviluppo del movimento nazionalista.
India e Irlanda bahanculu Crisi in Malesia, Kenya, Cipro, disordini nell’Africa
occidentale…
Medio Oriente: forte opposizione, indignazione dopo la spartizione di terreni islamici
tra le superpotenze dopo la IGM, che dimostrava lo scarso peso dei popoli
colonizzati.
Egitto: repressione spietata, con forte controllo sulla stampa e indipendenza nel 1922,
eccetto però Suez e politica estera (chiavi dell’economia) → ire dei nazionalisti,
privati di un autentico controllo sull’economia del proprio paese.
1922 crisi coi dominions, che rifiutarono una ventilata guerra antiturchia.
Palestina, l’inadeguatezza inglese diede il via alla violenza tra arabi (privati di
territori) ed ebrei, in seguito al flusso di migrazione sionista → gli arabi si sentirono
traditi dalle dimensioni dell’immigrazione, gli ebrei dal perdere tempo nel
formalizzare il loro diritto a una patria: in entrambi i casi la Gb non rispettò le
promesse e solo dopo la IIGM la regione ottenne un’effettiva indipendenza.
Africa Subsahariana, passi verso l’indipendenza → 1897, African Association –
1925 African National Congress (esempio di influenza reciproca dei paesi nelle loro
lotte contro il dominio britannico) – moltiplicarsi di sbatti, disordini e rivolte, spesso
alimentate e scaturite dalle condizioni di lavoro e le differenze economiche
fortissime.
1945 → congresso dei leader panafricani a Manchester, perseguire obiettivi socialisti
e non violenti nelle colonie e porre l’indipendenza africana al primo posto.
Penisola Malese
1926 → Singapore Malay Union, si organizza all’interno della comunità malese
indigena, con scioeri e disordini antibritannici.
Post 1938 → intenso periodo di attività nazionalista, represso con durezza.
Una caratteristica era la mancanza di un terreno di lotta unitario tra comunità cinese
immigrata e comunità malese indigena → alimentata e sfruttata dalla Gb
Birmania
forma particolare di nazionalismo, anch’essa determinata dal colonialismo. Le
organizzazione nazionaliste non avevano una visione univoca sul futuro della
Birmania, ma de seguro volevano separarsi dall’India. L’esclusione nel 1919 della
Birmania alle poche apertura concesse all’India diede vita ad azioni violente di lotta
→ diarchia 1921 → poco successo, 1930 attacchi antibritannici e puru antindiani.
Vero nodo di separazione → buddismo vs laicismo birmano.
1935 → Birman Government Act, separò la Birmania dall’India ed estese
considerevolmente il suo autogoverno → IIGM, combattono coi giapponesi → xké?
Crisi dell’Inghilterra nello scenario asiatico orientale, segni di debolezza che
alimentarono il nazionalismo di quelle aree.
Critiche interne
Partito Liberale → Home Rule in Irlanda, politica però di compromesso. / Partito
laburista → anch’esso critico ma contraddittorio. / La politica marxista offrì un’altra
prospettiva anticoloniale, legame capitalismo/colonialismo. 1927, Comintern, Lega
vs imperialismo e oppressione coloniale, inoltre l’Urss continuò a incoraggiare e
finanziare i movimenti nazionali nelle regioni a dominio europeo.
Ad accrescere la disgregazione furono, oltre ai motivi economici, anche le
discriminazioni razziali, imposte in tutto l’impero: là dove gli immigrati vennero visti
beneficiari del colonialismo ai danni della popolazione indigena (bianchi/cines in
Malesia/indiani in Birmania) sorsero forti tensioni tra le etnie, provocando effetti
drammatici dopo la decolonizzazione.
Anche le divisioni sessuali furono importanti, portando le donne a calcare le scene
della politica, ma nella maggior parte dei casi le loro rivendicazioni vennero
subordinate alla causa nazionalista, che le vedeva come madri della nazione, e non
certo come compagne di lotta. → dibattiti: che fare della condizione della donna dopo
la decolonizzazione? > libertà = occidentalizzazione?
Fattori di escalation dei nazionalismi anticoloniali novecenteschi:
– crescente risentimento per le discriminazioni razziali ed economiche
– presenza di governi coloniali inetti e rozzamente insensibili
– diffusione dalle aree urbane alle aree rurali, che aumentò le possibilità di riuscita
– incapacità dei britannici di capire e fronteggiare forme inediti di protesta, mix tra
tradizione e modalità occidentali
In ogni caso le idee su come portare avanti e sugli obiettivi dell’indipendenza erano
profondamente diversi tra i vari gruppi politico/religiosi/etnici che la Gb aveva spesso
unito indiscriminatamente sotto un’unica entità politica. (Es India, Ambedkar vs
Gandhi che non era anticaste).

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