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Il quadro politico delle Isole Britanniche agli inizi del ‘500 non era uniforme. Si trattava di una
monarchia “composita” formata da:
Regno d’Inghilterra
Regno di Scozia
Regno d’Irlanda
Principato del Galles
I problemi dell’Inghilterra di questo periodo erano tutti prevalentemente “interni” e avevano
origine nel Medioevo. Era un paese politicamente frammentato e con 3 culture e lingue: anglofona
– gallese – celtica. Inoltre, l’Inghilterra era uscita sconfitta dalla “Guerra dei Cent’anni” (1337-
1453), un conflitto fra inglesi e francesi per il controllo dei territori francesi che si concluse con
l'espulsione degli inglesi da tutto il territorio, ad eccezione di Calais che rimase sotto il loro
controllo fino al 1558.
Ancora prima della riforma anglicana, la Chiesa inglese era legata a doppio filo con il sovrano, che
la sosteneva economicamente. Buona parte dei vescovi erano proprietari terrieri, sedevano in
Parlamento o erano consiglieri del re. Emergeva, dunque, un carattere “locale” della Chiesa
inglese.
Durante il regno di Edoardo I, la facoltà del papa d’imporre tasse sul clero inglese venne
fortemente limitata. Gli statuti di Provisors e Praemunire del 1351 e 1353 imposero al papa un
compromesso: il sovrano deteneva l’iniziativa sulla nomina ecclesiastica, comportando a un
numero ristretto di stranieri a far parte della Chiesa inglese. Questa forma di autocontrollo da
Roma rafforzò un senso di superiorità e di insularità del sovrano. Il forte potere di cui godeva il re si
inseriva in un contesto in cui la cultura e la lingua inglese divennero sempre più forti: infatti, alla
fine del ‘400 il tasso di alfabetizzazione era in crescita. Questa crescente diffusione della lingua
inglese portò alla nascita di un sentimento della nazione inglese come unica e sola. Emerse una
forma di xenofobia contro gli stranieri e si cominciò ad esaltare tutto ciò che fosse inglese.
A livello religioso, con l’Act of Supremacy, nel 1534 venne fondata la Chiesa Anglicana. Il
successore di Enrico VIII, Edoardo VI, introdusse il Book of Common Prayer, il testo della liturgia
anglicana, elaborato per la prima volta nel 1549.
La riforma anglicana venne però interrotta dalla salita al trono della regina Maria I Tudor nel 1553.
Tre elementi caratterizzarono il suo regno:
1. la restaurazione del Cattolicesimo
2. l’alleanza con la Spagna, tramite il matrimonio con Filippo II
3. la forte persecuzione dei Protestanti
Nel 1558, con la salita di Elisabetta I Tudor, il processo di “anglicizzazione” riprese con forza, in
quanto l’estensione della Chiesa Anglicana divenne un mezzo per stabilizzare il regno d’Inghilterra.
Con l’Act of Uniformity del 1559 s’impose l’uso obbligatorio del Book of Common Prayer.
La repressione divenne molto forte nei confronti del clero cattolico, che non poteva più
frequentare le maggiori università inglesi (ad esempio, Cambridge e Oxford).
Il regno di Elisabetta fu caratterizzato anche dalle esecuzioni dei cattolici: fra il 1577 e il 1603 ben
123 preti vennero giustiziati.
Tuttavia, in campo internazionale, l’ascesa di Elisabetta I non era tollerata: dal 1570 cominciò un
processo contro la regina da parte della Spagna e del Papato.
Nello stesso anno, papa Pio V scomunicò Elisabetta I tramite la bolla Regnans in Excelsis.
La strategia per conquistare l’Inghilterra raggiunse il suo apice fra il 1587 e il 1588, quando Filippo
II organizzò una grossa spedizione navale (Invencible Armada) per conquistare l’isola; nel 1588 la
flotta venne però dispersa a causa delle condizioni avverse della Manica e sconfitta dalla marina
inglese.
La sconfitta della spedizione spagnola rafforzò ulteriormente il senso di “nazione” fra gli inglesi e il
loro rapporto con la monarchia.
IL PROBLEMA IRLANDESE
La sconfitta rafforzò senza dubbio il potere di Elisabetta I, ma i problemi di stabilità “interna”
rimasero:
conflitti con la comunità cattolica inglese
problema “irlandese” – il controllo inglese sull’isola era limitato alla regione di Dublino,
chiamata the Pale
Al di fuori dal Pale, l’Irlanda era dominata da due gruppi: da una parte, i “nativi” gaelici,
discendenti dai Celti e di religione cattolica; dall’altra, gli anglo-normanni, discendenti dei
conquistatori medievali e di religione cattolica.
Le aree gaeliche dell’Irlanda venivano considerate dagli inglesi come rozze e da “civilizzare”. Queste
aree erano dominate da dei clan (ad esempio, O’Neill, O’Connor, ecc.) che regolavano la vita
politica e religiosa. Un altro problema era costituito dal fatto che nelle aree gaeliche la legge
inglese, la common law, non era utilizzata né rispettata. Infatti, si continuava ad usare il sistema
delle leggi antiche, il brehon.
Agli occhi degli inglesi protestanti, la conquista dell’Irlanda divenne una missione necessaria per
motivi politici, morali ed intellettuali. Fra i protestanti inglesi emerse un senso di superiorità, che
sarà poi tipico dell’impero inglese: infatti, si creò sempre di più una contrapposizione fra irlandesi
“civilizzati” e irlandesi “selvaggi”.
Questo senso di superiorità venne spesso associato ad un protestantesimo militante e razziale: lo
stato “barbaro” e “selvaggio” degli irlandesi verrà utilizzato come termine di paragone per
descrivere i nativi del Nord America (“gli irlandesi selvaggi e gli indiani non sono molto diversi” –
Hugh Peter).
La colonizzazione dell’Ulster portò all’arrivo di un nuovo gruppo di abitanti in Irlanda: i New English
(nuovi coloni inglesi, scozzesi, anglicani e presbiteriani). Ciò comportò l’emigrazione di migliaia di
cattolici irlandesi, come i principali leader gaelici Hugh O’Neill e Rory O’Donnell.
Sotto il punto di vista culturale, l’Inghilterra cercò di “anglicizzare” anche la società inglese. Ne è
esempio:
la creazione del Trinity College di Dublino nel 1592
la formazione di un clero anglicano, di cui solo i Protestanti possono essere ammessi
GIACOMO I STUART
La sconfitta dei leader gaelici coincide con la fine della dinastia Tudor.
Nel 1603 Elisabetta I morì senza eredi e la corona passò al nipote Giacomo I Stuart (1566-1627).
Giacomo I ereditò un paese profondamente diviso:
dal punto di vista politico – Scozia ed Inghilterra rimanevano ancora due regni divisi con
due parlamenti distinti
dal punto di vista religioso – in Inghilterra la popolazione aderiva alla Chiesa Anglicana, in
Scozia la maggioranza era calvinista o presbiteriana, in Irlanda la maggioranza rimaneva
cattolica
dal punto di vista economico – l’Inghilterra era un paese agricolo, con forte artigianato e
commercio marittimo in espansione, la Scozia restava un paese poco popolato e dedito
all’allevamento
Il nuovo sovrano, essendo di origine scozzese, venne malvisto dalla nobiltà inglese, anche a causa
del suo stile di corte sfarzoso. L’inizio del suo regno fu caratterizzato dalla “Congiura delle polveri”
(Gunpowder Plot), una cospirazione organizzata da 13 Cattolici inglesi, guidato da Guy Fawkes, per
ristabilire una monarchia cattolica.
Fu così che iniziò una forte repressione “politica” contro i Cattolici: venne loro vietato di portare
armi, votare o entrare nell’esercito.
A livello di politica estera, Giacomo I cercò di stabilire un accordo con la Francia, che venne vista
come un modello possibile di convivenza fra religioni diverse. Inoltre, cercò favorire un’alleanza con
la Spagna tramite il matrimonio del figlio Carlo I e di Maria Anna di Spagna, figlia di Ferdinando III,
imperatore del Sacro Romano Impero.
A livello di politica interna, Giacomo I si trovò a dover fronteggiare sempre più il potere del
parlamento, che gli criticava la gestione economica del paese.
Ufficialmente la Corona inglese dipendeva da tre entrate:
rendite sulle terre regie
tariffe doganali
proventi di origine feudale
In caso di situazioni eccezionali, il sovrano inglese poteva chiedere nuove forme di finanziamento,
ma deve però ottenere l’autorizzazione del parlamento. Ciò serviva, infatti, per contrastare il
potere del sovrano, che diventerebbe eccessivo.
Conclusioni