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Guerra civile inglese: cause, cronologia e battaglie

Analisi della guerra civile inglese: cause, conseguenze, protagonisti e


avvenimenti della prima e della seconda rivoluzione inglese.

Introduzione
«Passo da un mondo corruttibile a uno incorruttibile, dove c'è pace, tutta la pace possibile». Con
queste parole nel 1649 Carlo I Stuart, re d'Inghilterra e Scozia, salutava il mondo prima di venire
decapitato nel corso della rivoluzione inglese. 

Protagonisti della prima rivoluzione inglese: il regno di Giacomo I e di Carlo I

Carlo I Stuart ritratto dal pittore Daniel Mijten — Fonte: Ansa

Nel 1625 divenne re d'Inghilterra, Scozia e Irlanda Carlo I Stuart, figlio di Giacomo I Stuart.
Il Regno inglese stava vivendo un momento di cambiamenti e di tensioni che si combinarono
in modo esplosivo.
Dal punto di vista religioso i rapporti tra la monarchia e le minoranze protestanti e cattoliche si
erano deteriorati soprattutto dopo la congiura delle polveri del 1605, durante la quale i cattolici
provarono a uccidere re Giacomo I.      
A livello politico i contrasti tra re e parlamento divennero più aspri: Giacomo I governò
secondo i principi della monarchia assoluta ed evitò il più possibile di convocare l'assemblea
togliendole potere.      
Per quanto riguarda gli aspetti socio-economici, tra 1620 e 1650 una crisi economica senza
precedenti si abbatté sul Regno inglese con conseguenze pesanti per i ceti inferiori.      
Il regno di Carlo I esasperò i conflitti e le divisioni che laceravano il Paese. Il matrimonio con
Enrichetta, figlia di re Enrico IV di Francia e fervente cattolica, e la nomina nel 1633 ad
arcivescovo di Canterbury di William Laud, prelato della corrente filo-cattolica della Chiesa
Anglicana, che mise in atto una politica repressiva nei confronti dei Protestanti, alienarono al re il
favore della maggioranza anglicana, che seguiva le idee calviniste.     

Sul piano della gestione del potere Carlo I si ispirò al governo autoritario del padre e arrivò allo
scontro con il parlamento, anche se nel 1628 fu costretto a convocarlo per chiedere
l'imposizione di nuove tasse per riempire le casse vuote del Regno.  
In questa occasione il parlamento approvò una Petizione dei diritti per sottolineare le sue
prerogative e per ribadire il principio secondo cui nessuna tassa potesse essere imposta ai
sudditi senza il suo consenso. I parlamentari chiesero al re di rispettare l'habeas corpus e di
evitare incarcerazioni arbitrarie e si batterono per limitare i diritti della monarchia richiedendo di
non adottare norme filo-cattoliche.
Nel 1629 Carlo decise di sciogliere il parlamento e di incarcerare i capi dell'opposizione:
governò i successivi dieci anni senza convocarlo e imponendo forti tasse.  
Nel 1638, di fronte al tentativo di Carlo di estendere il rito anglicano agli scozzesi presbiteriani,
la Scozia di ribellò. Nel 1640 il re fu costretto a convocare il parlamento per chiedere denaro
per la guerra, ma sciolse la sessione, chiamata Corto parlamento, dopo due settimane.  
In seguito alle vittorie scozzesi il re dovette convocare ancora il parlamento, che proclamò il
diritto di restare in sessione finché necessario, senza accettare altri scioglimenti, e di dover porre
l'assenso su ogni tassa imposta. I parlamentari si attribuirono poteri di nomina sui vescovi e sui
capi dell'esercito. Unica fonte di diritto venne considerato il diritto comune e furono abolite leggi
e strumenti giudiziari dell'assolutismo monarchico. Infine il parlamento, divenendo Camera di
giustizia, processò e condannò a morte i collaboratori più stretti di Carlo.   

La rivoluzione inglese e la nascita della repubblica


Nel 1642 Carlo tentò di far arrestare alcuni parlamentari, ma il popolo londinese prese le armi
per difenderli e il re fu costretto a fuggire. Iniziò così la rivoluzione o guerra civile che vide
contro:   
● Il re con la Chiesa anglicana, i cattolici e la grande nobiltà
● I parlamentari puritani, la gentry, la borghesia, la città di Londra.

Oliver Cromwell in un ritratto di Samuel Cooper — Fonte: Ansa


Inizialmente il re ottenne delle vittorie, ma la situazione cambiò quando Oliver Cromwell,
membro dell'ala puritana del parlamento, prese le redini dell'esercito rivoluzionario
composto dalle teste rotonde, i puritani che portavano i capelli tagliati corti attorno alla testa in
contrasto con la moda di corte che privilegiava i capelli lunghi. 
Cromwell creò un nuovo modello di esercito, caratterizzato da un'organizzazione interna
democratica e da una forte disciplina e nel 1644 e nel 1645 sconfisse le truppe regie
nell'Inghilterra del Nord.    
Il re venne arrestato dai nobili scozzesi e consegnato al parlamento inglese. Nel 1647 Carlo I
fuggì, ma venne sconfitto di nuovo da Cromwell nel 1648. Portato a Londra, Carlo fu processato
e condannato a morte per alto tradimento: il 30 gennaio 1649 divenne il primo re europeo ad
essere decapitato da un tribunale rivoluzionario.   

Alcuni mesi più tardi il parlamento abolì la monarchia: nasceva la Repubblica unita di
Inghilterra, Scozia e Irlanda, detta anche Commonwealth. 
Il governo della neonata Repubblica fu affidato a un Consiglio di Stato guidato da Cromwell,
che dovette affrontare la rivolta dei Cattolici in Irlanda e le truppe del figlio di Carlo I, Carlo II.
Cromwell represse nel sangue gli Irlandesi e sbaragliò nel 1650 l'esercito regio.    
Nel 1651 in seguito alla promulgazione da parte di Cromwell dell'Atto di Navigazione, una misura
che salvaguardava gli interessi navali inglesi, scoppiò una guerra contro l'Olanda che sancì nel
1654 il dominio inglese sui mari.    
Vinta anche questa lotta, Cromwell fece prima disperdere con la forza il parlamento, ostile al
suo strapotere politico e militare, e poi scelse nuovi membri fedeli prima di scioglierlo del tutto. 
Nel 1655 Cromwell assunse il titolo di Lord protettore della Repubblica e instaurò una dittatura
personale: egli rifiutò la corona di re, perché odiava la monarchia, ma rese ereditario il titolo di
Lord protettore.    

Le tappe principali del governo di Oliver Cromwell

OLIVER CROMWELL Era un nobile puritano (1599-1658) che aveva ottime doti di soldato e capo.

● 1647 il re cercò rifugio dagli scozzesi che però lo tradirono e lo consegnarono al


Parlamento per £400.000;
● 1648 nuova fuga del sovrano che venne arrestato;
● 1649 Cromwell cacciò dal parlamento tutti i possibili parlamentari legati alla monarchia e
anglicanesimo;
● 30 gennaio 1649 condanna a morte del sovrano.
● ESPERIENZA REPUBBLICANA A CARATTERE MODERATO Cromwell fece dichiarare
l'Inghilterra una: "LIBERA REPUBBLICA GOVERNATA DAI RAPPRESENTANTI DEL POPOLO"

– L'Irlanda si ribellò per paura di persecuzioni puritane, Cromwell condusse una cruenta
battaglia che dimezzò la popolazione irlandese.

– La Scozia si ribellò con a capo Carlo II Stuart ma fu battuta.

– Cromwell esercitò una dittatura sotto il nome di "protettore d'Inghilterra, Scozia e Irlanda.

LA POLITICA DI CROMWELL POLITICA INTERNA


● Levellers (livellatori) maggiore democraticità regime repubblicano suffragio Universale;

● Diggers (scavatori) uguaglianza assoluta al di sopra di qualsiasi distinzione.

● Cromwell mantenne in equilibrio la restaurazione monarchica ed egualitarismo


democratico:
. Sviluppo e potenziamento della proprietà privata;
. Stimolare il commercio;
. Abolizione dei privilegi nobiliari;
. Pacificazione religiosa (tolleranza che però non riguarda i cattolici);
. Pacificazione religiosa (tolleranza che però non riguarda i cattolici);
. Controlli sulla moralità pubblica. Questa politica riportò al cittadino piena fiducia nella
legge.

POLITICA ESTERA
. Ampliamento della flotta;
. Espansione commerciale marittima;
. Scontro con Olanda e Spagna. Contro l'Olanda ATTO DI NAVIGAZIONE: limite del diritto di
pesca in acque inglesi; le merci in entrata trasportate solo da novi inglesi. Contro la
Spagna GUERRA: vinse l'Inghilterra che prese in possesso la Giamaica. Ma la dittatura di
Cromwell si avvertiva, preparando la strada alla monarchia.

Alla morta di Cromwell il figlio Richard si ritirò a vita privata; il lato moderato del Parlamento
ristabilì gli Stuart (anche grazie all'esercito) nella persona di Carlo II Stuart (1660-1688)

Il ritorno della monarchia e la Gloriosa rivoluzione

Nel 1658 Cromwell morì e si racconta che dopo la morte la folla ne dissotterrò il corpo e lo
impiccò, lasciandolo a lungo appeso, prima di esporne la testa al disprezzo di tutti nelle sale del
parlamento. Gli succedette il figlio con il quale si aprì una fase di scontri tra parlamento ed
esercito e tra repubblicani e monarchici.

Ritratto del re Carlo II Stuart. Dipinto di John Michael Wright — Fonte: Ansa
Nel 1660 un parlamento dominato da membri fedeli al re spianò la strada al ritorno di Carlo II
Stuart e alla restaurazione della monarchia. Malumori iniziarono a palesarsi a causa del timore
che il sovrano volesse restaurare il Cattolicesimo, ma lo stesso parlamento si pose a difesa
della Chiesa Anglicana: nel 1673 con l'Atto di prova vietò ai cattolici di ricoprire qualsiasi carica
pubblica e nel 1679 decretò l'esclusione del fratello di re Giacomo Stuart dalla successione
perché cattolico. 
Nel 1685 alla morte di Carlo II salì comunque al trono Giacomo II, che abolì l'Atto di prova e
l'habeas corpus. Di fronte alle misure autoritarie del nuovo re, il parlamento decise di offrire il
regno a Guglielmo d'Orange, principe olandese, protestante e genero di Giacomo, che nel
1689 venne dichiarato re con il nome di Guglielmo III. 
A coronamento di questa Gloriosa rivoluzione, chiamata così perché portata a termine senza
spargimenti di sangue, vennero compiuti due atti formali. Il parlamento: 
● Dichiarò decaduto Giacomo II affermando l'idea che l'autorità dei re inglesi
traesse fondamento da un patto stabilito con il popolo
● Emanò la Dichiarazione dei diritti in cui furono elencate le leggi che il sovrano si
impegnava a rispettare prima di venir eletto: nasceva la monarchia costituzionale
parlamentare.
La Restaurazione monarchica

Oliver Cromwell scioglie il parlamento nel 1653 — Fonte: Getty-Images


Richard Cromwell (1626-1712) non fu all’altezza del padre: alla seconda metà del Seicento, con
grande facilità, il Parlamento decretò la Restaurazione monarchica. Carlo II Stuart (1630-1685)
fu incoronato sovrano d’Inghilterra dopo aver sottoscritto Dichiarazione di Breda nel 1660,
dove prometteva di governare con la collaborazione parlamentare. 
Il Test Act del 1673 votato dal Parlamento indicava come in Inghilterra si vivesse in un clima
anticattolico. Con la salita al trono di Giacomo II Stuart (1633-1701), fratello di Carlo II, si
aggravò la situazione: oltre ad essere cattolico dichiarato, intraprese anche delle politiche
filopapali. Il Parlamento si appellò allo statolder Guglielmo III d’Orange (1626-1650), perché
difendesse le libertà religiose e politiche inglesi.  

Curiosità
L’udienza e la condanna a morte del re Carlo I Stuart è il primo evento nella storia in cui è il
popolo a processare il proprio re, colpevole di non aver rispettato il patto su cui si basava il suo
potere.

Inghilterra: nascita della monarchia parlamentare

La struttura della monarchia parlamentare


Mentre Giacomo II cercava rifugio dal re francese Luigi XIV (1638-1715), il Parlamento trasferì la
corona al ramo protestante degli Stuart e Guglielmo d’Orange, in quanto marito di Maria Stuart
(1631-1660), figlia di Giacomo II Stuart, divenne sovrano inglese col nome di Guglielmo III nel
1689. A differenza della precedente rivoluzione inglese, questa fu pacifica.  
Sempre nel 1689, il nuovo sovrano inglese sottoscrisse la Bill of Rights, dove giurò
solennemente che la Corona avrebbe sempre governato assieme al Parlamento, riconoscendo
i limiti del potere monarchico. In questa maniera nacque la prima monarchia parlamentare della
storia fondata sulla sovranità nazionale anziché sul diritto divino dei re.  

Il nuovo sistema politico inglese


Camera dei Comuni e Palazzo di Westminster, Londra — Fonte: Getty-Images
Dalla Bill of Rights, il governo dell’Inghilterra si sarebbe basato sulla reciproca fiducia tra
Corona e Parlamento: l’innovazione fu la separazione dei poteri legislativo ed esecutivo,
principio delle democrazie moderne. Tutto ciò fu la prima attuazione della teoria contrattualistica
del potere espressa anche dal filosofo John Locke (1632-1704).  
La classe politica parlamentare inglese era divisa in due schieramenti opposti: i tories e i
whigs. Non era una semplice contrapposizione nobiltà-borghesia: infatti si passava da una parte
all’altra sulla base di interessi clientelari, locali o di ceto. L’unico discrimine politico verteva:
per i primi, sull’interesse terriero, per i secondi, sull’interesse commerciale e finanziario.
Nonostante i confini fluidi tra i due gruppi politici, questo nuovo sistema di governo produsse
nel suo insieme una stabilità sia politica che sociale: grazie a questo clima, il regno britannico
poté imporsi sulla scena internazionale, diventando poi futuro protagonista della Rivoluzione
Industriale del Settecento.

Cesare Beccaria
Biografia di Cesare Beccaria

Ritratto di Cesare Beccaria — Fonte: Getty-Images


Alla metà del Settecento Milano, pur essendo suddita dell'impero austriaco, si afferma come una
delle città italiane più importanti dal punto di vista intellettuale, aperta alle influenze
filosofiche più innovative che provengono dalla Francia ed in cui le teorie illuministe trovano
terreno fertile, ad un punto che proprio qui queste trovano maggiore diffusione e radicamento.  
Tra le personalità meneghine legate a questo nuovo movimento una delle più importanti è
senz'altro quella di Cesare Beccaria. Proveniente da famiglia nobile, si forma nel collegio
gesuitico di Parma e poi studia, con molto successo, legge a Pavia, dove si laurea nel 1758. È
molto attivo nella vita culturale e mondana della città, e si lega strettamente ai fratelli Verri,
Alessandro e Pietro.  
Nel 1760 si unisce con Teresa Blasco in un matrimonio osteggiato dal padre poiché la giovane
Teresa è di condizione sociale inferiore a Cesare Beccaria; da questa unione nasce Giulia, futura
madre di Alessandro Manzoni.  

Nello stesso anno si avvicina alle idee filosofiche di Montesquieu e Rousseau, cosa che lo fa
aderire definitivamente al movimento illuminista, ma nella sua formazione ha un ruolo molto
importante anche il legame e l'influenza dei fratelli Verri. 
Gli anni '60 sono gli anni che segnano la massima attività ed il massimo impegno di Beccaria:
frequenta l'Accademia dei Pugni e collabora intensamente con la rivista Il Caffè in cui si
impegna a difendere l'importanza della cultura e della sua diffusione, ed il ruolo attivo svolto
dalle riviste e dai giornali in questa direzione. 
Nel 1764 avviene la prima pubblicazione di Dei diritti e delle pene, opera polemica in cui
Beccaria, forte della sua conoscenza giuridica, esamina molti aspetti delle pratiche processuali
dell'epoca individuando una serie di difetti che impedivano alla giustizia di essere, di fatto,
applicata in maniera equa e giusta: il volume è un successo e procura molta fama al suo autore. 

Curiosità
Dei delitti e delle pene conosce un rapido successo in tutta Europa, e nel giro di pochi anni viene
tradotto in francese, inglese, spagnolo, tedesco e russo. In Italia però si scontra con la cultura
ecclesiastica che lo mette all'Indice nel 1766.

Dei delitti e delle pene di Beccaria. Sesta edizione, 1766. Museo del Risorgimento, Milano —
Fonte: Getty-Images
Nella stesura dell'opera Beccaria riceve un appoggio importante dai fratelli Verri, con i quali
decide di andare a Parigi: nell'intenzione dei tre, il viaggio avrebbe dovuto consacrare gli
illuministi italiani nel più importante centro culturale europeo. Tuttavia la missione si risolve in un
fallimento: dopo un mese Beccaria rompe i rapporti con i Verri e torna in patria. 
Qui prende ad isolarsi dal gruppo degli illuministi meneghini e ricopre la carica di professore di
economia politica presso le Scuole Palatine e nel 1771, avvicinatosi al governo asburgico,
diventa membro del Supremo Consiglio di economia. Muore nella sua città nel novembre del
1794. 

Cesare Beccaria, il nonno di Alessandro Manzoni


Il rapporto fra Cesare e sua figlia Giulia fu quasi inesistente, infatti alla morte della prima
moglie il giurista colloca l’unica figlia superstite in collegio senza mantenere i contatti e, al
compimento della maggiore età e conseguente possibilità di richiedere la dote, si affretta a
trovarle un buon partito che accettasse in sposa una ragazza acculturata e indipendente, priva
di grosse risorse economiche. 
Nonno e nipote si incontrano dal vero solo in un'occasione, cioè una visita ufficiale organizzata
dalla madre Giulia prima di portare Alessandro in collegio a Merate nell'ottobre del 1791. 
Nell'aria c'era la futura separazione dei genitori e il volontario allontanamento di Giulia con un
nuovo amante; in un tardivo e opportunistico tentativo di riconciliazione, Giulia crea l’occasione
di presentare il nipote a nonno Cesare che “gli prese dei cioccolatini da un armadio”. 

Cesare Beccaria e l’Illuminismo


Il fallimento del viaggio parigino può essere spiegato dalle tensioni nei confronti dei fratelli
Verri, verso i quali Beccaria nutre un forte senso di gratitudine ma dai quali, cosciente delle
proprie possibilità, desidera acquistare indipendenza. In effetti il rapporto con queste due
personalità si rivela fondamentale nella formazione di Beccaria, in particolare quella di Pietro,
considerato il padre dell'illuminismo milanese. 
Ma è soprattutto nelle fila dell'illuminismo francese che vanno ricercate le influenze più
importanti. Giurista e lettore di Rousseau, Beccaria condivide l'idea che le società umane si
basino su un contratto, inteso come accordo in grado di tutelare i diritti dei singoli individui e di
garantire la stabilità complessiva dell'ordine che la società si è data. 

Nella sua opera Beccaria intende il delitto non come una violazione del diritto divino, il cui
rispetto è qualcosa che appartiene alla sensibilità personale del singolo, ma come una violazione
di quel contratto sociale che tutela la stabilità delle società umane, e che va sanzionato in
quanto tale. 
Tra gli intellettuali francesi che hanno influenzato il pensiero del giurista meneghino troviamo
nomi importanti del movimento illuminista come il filosofo Voltaire, l’enciclopedista Diderot ed
Étienne de Condillac, filosofo promotore del pensiero sensista, secondo il quale la conoscenza
del mondo passa attraverso la mediazione dei sensi, che sono il primo strumento di contatto e
rapporto con il mondo. 

La tortura: confronto con Verri


Sul tema della tortura si sofferma anche Verri che espone un pensiero affine a quello di Beccaria.
Verri scrive l’opera Osservazione sulla tortura (pubblicata postuma nel 1804). Analizzando i
processi contro gli untori della peste del 1630, egli riflette sugli assurdi pregiudizi che sono alla
base della tortura. L’autore dimostra l’assurdità del sistema giuridico utilizzato per condannare gli
untori della peste. Verri sostiene e prova che la tortura sia un metodo inefficace per scoprire
la verità. Apre diversi scenari:
● Se il delitto è certo, è inutile praticare la tortura, anche lì dove il reo si dichiara
innocente perché ormai è approvata la veridicità;
● Se il delitto è solo probabile allora sarebbe ingiusto praticare la tortura su un
presunto reo;
● Dove il delitto non è certo allora inizia la possibilità di innocenza.
I sostenitori della tortura, letta l’opera di Verri, hanno provato a controbattere con parvenza di
logicità, ma il ragionamento si è dimostrato falso.

Dei delitti e delle pene: analisi e argomentazioni contro la pena di morte

Un giudice rifiuta l'offerta di una testa mozzata da un carnefice. Frontespizio del saggio "Dei
delitti e delle pene" di Cesare Beccaria — Fonte: Getty-Images
Il nome di Cesare Beccaria è indissolubilmente legato a quest’opera nella quale il pensatore
milanese propone una radicale riforma del modo stesso d’intendere la giustizia ed il rapporto
che deve esserci tra i delitti e le pene, motivo per cui egli dedica l’opera ai sovrani illuminati del
suo tempo, che indica come benefattori dell’umanità. Le idee alla base del trattato sono di tipo
contrattualistico ed utilitaristico: le leggi che governano la società devono essere sottoposte al
consenso dei governati ed avere come fine quello di garantire il più alto grado possibile di felicità
al maggior numero possibile di persone. 
Le istanze portate avanti da Beccaria riguardano anzitutto la tassatività della legge penale, cioè
il fatto che un’azione possa essere definita reato solo se un preciso articolo di legge la definisce
come tale, un principio teso a limitare la discrezionalità dei giudici durante i processi, e la
generalità della legge, cioè il fatto che nessuno possa considerarsi al di sopra di essa: questo
principio mirava soprattutto ad abbattere i vari privilegi che permettevano ai nobili di sottrarsi
alle pene dopo aver commesso un delitto. 
Su un piano più strettamente procedurale Beccaria propone di distinguere la figura
dell’accusatore da quella del giudice, per promuovere l’imparzialità di giudizio di quest’ultimo,
e che le leggi vengano scritte in modo chiaro e comprensibile da chiunque, sia per permettere a
tutti i cittadini una corretta conoscenza delle leggi che per limitare la pratica dell’interpretazione
delle leggi. 

Statua di Cesare Beccaria a Milano — Fonte: Istock


Beccaria promuove l’idea che gli accusati abbiano dei diritti processuali garantiti ed anche il
principio della presunzione d’innocenza, cioè che nessuno possa essere trattato come
colpevole finché non è riconosciuto come tale secondo le norme di legge. 
Quest’ultimo principio è alla base di una delle grandi riforme proposte da Beccaria ed esposte
nel capitolo intitolato Della tortura, in cui argomenta i motivi per cui la tortura, diffusissima
pratica inquisitoria dell’epoca, va condannata senza esitazioni. 
L’altro grande tema polemico dell’opera è contenuto nel capitolo Della pena di morte, in cui
viene messa in discussione la prerogativa monarchica di comminare la pena di morte. Questo
diritto non è infatti accettato dalle varie volontà particolari che stringono il contratto sociale,
quindi non è accettabile a livello giuridico. Essa non è nemmeno utile sul piano sociale, poiché
non funziona né come deterrente né come punizione per i colpevoli, e manca totalmente quello
che dovrebbe essere il vero obiettivo della pena, cioè quello della riabilitazione del reo.    
Il saggio di Beccaria diventa il fulcro di un dibattito che si estende rapidamente a livello
europeo, diventando sia oggetto di critiche che di elogi. Nel 1786 Pietro Leopoldo, granduca di
Toscana è il primo sovrano ad abolire la pena di morte.    

L'assolutismo di Luigi XIX


"Lo Stato sono io": è la frase con cui Luigi XIV spiegò il modo in cui avrebbe governato la
Francia. Dal 1643 al 1715 Luigi XIV fu un convinto sostenitore della monarchia assoluta e
governò il Regno di Francia rafforzandone il potere politico e culturale in tutta Europa.

La Francia di Luigi XIV e di Mazzarino


Luigi XIV nacque a Saint-Germain-en-Laye nel 1638 da re Luigi XIII di Francia e Anna d'Austria.
La sua nascita fu considerata miracolosa, perché avvenne dopo ventitre anni di matrimonio
senza che la regina riuscisse a partorire alcun figlio. Generò inoltre varie leggende come quella
creata nel Settecento secondo cui Luigi ebbe un gemello che venne rinchiuso nel carcere della
Bastiglia coperto da una maschera di ferro per evitare problemi di successione.
Nel 1643, dopo la morte del padre, Luigi XIV divenne re a soli cinque anni. Le redini del regno
vennero assunte dal primo ministro francese e cardinale italiano Giulio Mazzarino, che guidò la
Francia nella fase finale della guerra dei Trent'anni, affermando in Europa la supremazia
francese.    

Ritratto di Giulio Mazzarino — Fonte: Ansa


L'aumento del peso fiscale provocato dalla guerra suscitò nelle campagne francesi un'ondata di
proteste che si unì al malcontento dell'aristocrazia poco soddisfatta dalla politica di
accentramento del potere di Mazzarino.
La rivolta partì dal parlamento francese, un'istituzione provinciale non rappresentativa, ma di
controllo amministrativo e finanziario con poteri giudiziari, che con il tempo aveva assunto il
diritto di esaminare e respingere gli editti regi oltre che di registrarli. Nel 1648 il parlamento di
Parigi, il più importante di Francia, diede vita a una rivolta detta fronda parlamentare,
respingendo alcune misure finanziarie volute da Mazzarino e chiedendo di poter esercitare il
pieno controllo su tutti gli atti finanziari della Corona. Mazzarino reagì arrestando i parlamentari
e reprimendo la rivolta.
Nel 1650 una parte della nobiltà diede vita a un'altra rivolta detta fronda dei nobili. Mazzarino fu
costretto a fuggire con tutta la corte da Parigi dove rientrò solo nel 1652 dopo la vittoria delle
truppe del re.   

L'ascesa al potere di Luigi XIV


Dettaglio del volto del cardinale Richelieu, realizzato da Gian Lorenzo Bernini — Fonte: Ansa
Nel 1661 Mazzarino morì e quando i membri della corte chiesero a Luigi XIV da chi avrebbero
dovuto prendere ordini da quel momento, il re li invitò a rivolgersi direttamente a lui: a ventidue
anni Luigi decise che durante il suo regno la Francia non sarebbe più stata vittima di rivolte e di
difficoltà finanziarie.
Stabilì di creare una monarchia assoluta in cui il sovrano fosse il centro indiscusso con pieni
poteri, aiutato da un Consiglio di ministri con poteri di controllo e composto da uomini di fiducia
non provenienti dalla nobiltà.
A livello amministrativo, Luigi scelse personale costituito da uomini privi di potere proprio, che
venivano chiamati a svolgere una funzione temporanea e revocabile dal re: sottrasse in questo
modo il potere alla nobiltà e tramite gli intendenti, ufficiali provinciali creati dal cardinale
Richelieu, primo ministro del padre Luigi XIII, fece sentire il peso del potere centrale nelle
periferie del regno.   

I giardini della reggia di Versailles — Fonte: Istock


Luigi XIV sapeva che per attuare il disegno di un potere monarchico assoluto era indispensabile
sciogliere il legame tradizionale tra il popolo e l'aristocrazia, che da secoli governava ampi
territori all'interno della Francia. Nel 1682 spostò in modo permanente la sua residenza nella
ricca reggia di Versailles e invitò i nobili a trasferirsi e ad abbandonare le residenze sparse per
tutta la Francia.
Qui Luigi divenne il re Sole, il sovrano attorno al quale girava tutta la vita politica del regno, e
creò una vita di corte basata su feste e giochi nonché sulla costante distribuzione di soldi e
cariche ai membri della nobiltà, riuscendo a:   
● Allentare il legame tra nobiltà e territori francesi
● Controllare i nobili riunendoli in un'unica reggia e facendoli diventare cortigiani

Perchè Luigi XIV veniva chiamato Re Sole?


Perché Luigi XIV di Francia veniva chiamato Re Sole? I motivi sono diversi.   
● Nello stemma di Luigi XIV è presente uno sfolgorante sole con la frase Nec
pluribus impar, ovvero splende come il sole e non può essere paragonato a nessun altro.
● Il monarca assoluto inoltre, era per la Francia quello che il sole è per il sistema
solare: ne rappresenta il fulcro, la parte centrale e più importante, quella attorno alla quale
gira tutto il resto.
● Oltre a rappresentare il fulcro del Paese, il Re rappresentava anche il centro
della vita di Versailles: la corte – ma non solo – poteva assistere alla cerimonia della
vestizione, al pranzo del Sovrano e ad altri momenti della vita privata del Re,
trasformandolo di fatto in una specie di divinità vivente.
● Un’altra versione sostiene che un giorno il Re si sia presentato a corte con uno

sfolgorante abito dorato e che sia stato questo a far esclamare ai presenti “il Re Sole!”.

Il governo di Luigi XIV: lo Stato sono io

Busto-ritratto di Luigi XIV, opera in marmo di Gian Lorenzo Bernini — Fonte: Ansa
Luigi XIV, da monarca assoluto qual era, intervenne in ogni campo possibile attraverso i suoi
ministri.
Per quanto riguarda la difesa, il ministro della Guerra, Michel Le Tellier, riorganizzò le forze
armate con l'introduzione di un ordine gerarchico che dipendesse direttamente dal re, togliendo
potere alla nobiltà nell'esercito.
A livello economico, il ministro delle Finanze, Jean Baptiste Colbert, realizzò una serie di tagli
alle spese, che gli permisero, finché la Francia rimase in pace, di ridurre le tasse e di migliorare la
situazione economica del Paese e di arrivare a un risanamento delle casse dello Stato. Colbert,
convinto della necessità di puntare sulla ricchezza monetaria, fece affluire dall'estero più metalli
preziosi possibili mettendo a punto un sistema fiscale e doganale che favorì le esportazioni e
scoraggiò le importazioni e promosse la produzione interna con finanziamenti statali rivolti
soprattutto alle manifatture in grado di creare beni di lusso, come la seta e i merletti, da
esportare a prezzi alti con le compagnie commerciali.   
Dal punto di vista religioso, la volontà di imporre il potere assoluto del sovrano condusse a una
politica religiosa accentratrice e intollerante. L'ondata di persecuzioni si concentrò sulla
minoranza Ugonotta e raggiunse il culmine nel 1685 quando, con l'editto di Fontainebleau,
vennero revocate le concessioni previste dall'editto di Nantes del 1598: gli Ugonotti fuggirono e
la Francia tornò a essere uniformemente cattolica.
L'impegno di Luigi XIV per dare al cattolicesimo francese un'impronta nazionale rese difficili
anche i rapporti con Roma. Nel 1682 l'assemblea dei rappresentanti del clero francese approvò
la Dichiarazione dei quattro articoli con cui la Chiesa gallicana affermò l'indipendenza dal
papato. Nel giro di pochi anni Luigi XIV trovò un compromesso con Roma e se ne servì per
combattere il Giansenismo, una corrente riformatrice sorta all'interno del Cattolicesimo, che
insisteva sul rigore morale e che Luigi XIV vide come un pericolo per l'unità religiosa della
Francia.     

Ritratto di Filippo IV, re di Spagna. Opera di Velazquez — Fonte: Ansa


In politica estera, nel 1667 le mire espansionistiche di Luigi XIV portarono la Francia in guerra
contro la Spagna. Due anni prima era morto il re di spagna Filippo IV, di cui il monarca francese
aveva sposato la figlia maggiore. Luigi XIV avanzò la candidatura alla successione sul trono di
Spagna e cercò di ottenere i Paesi Bassi spagnoli. Di fronte al rifiuto, Luigi invase le Fiandre e la
Franca Contea. Intimoriti dalle mire di Luigi, i Paesi Bassi strinsero un'alleanza con Inghilterra e
Svezia e indussero il re francese a firmare nel 1668 la pace di Aquisgrana.
Nel 1672, la Francia tornò in guerra con i Paesi Bassi, nemico politico ed economico, appoggiato
dalla Spagna e nel 1678 la pace di Nimega sancì il possesso della Franca Contea da parte della
Francia.
Di fronte alle nuove pretese espansionistiche francesi venne creata nel 1686 la Lega d'Augusta
composta da Spagna e Austria oltre che dai Paesi Bassi. La guerra, che vide la Francia
accerchiata da tutte le potenze europee, durò dal 1688 al 1697, anno in cui fu firmata a Rijswijk
una pace che non vide vincitori.    

Curiosità
Al Re Sole venne diagnosticata una cancrena alla gamba sinistra causata dalla gotta, una malattia
che storicamente era conosciuta come la “malattia dei re” o la “malattia dei ricchi”; frequente
infatti all’epoca tra le persone di rango, consumatrici di carni rosse e di cacciagione. Al tempo,
tentarono di lenire il dolore alla gamba del re immergendola in una vasca riempita con del vino
caldo aromatizzato. Il re morì l’1 settembre del 1715 proprio per le complicazioni dovute alla
gotta.

Le guerre di Successione spagnola e la morte di Luigi XIV


Tra 1700 e 1714 Luigi XIV, dopo aver avanzato nuove pretese sul trono di Spagna, si impegnò
nelle guerre di Successione spagnola contro: 
● L'impero
● Le Province Unite olandesi
● L'Inghilterra
● I principi tedeschi

Ritratto di Luigi XIV — Fonte: Istock


Nel 1713-1714 si giunse, dopo una serie di sconfitte francesi, alla firma dei Trattati di Utrecht e
Rastadt, che riconobbero a Filippo di Borbone il possesso della Spagna, con l'obbligo che
nessuno tentasse più di riunire le corone di Spagna e Francia, e che fecero perdere alla Francia
parte delle colonie in America. 
Nel 1715, stanco e con problemi di salute, Luigi XIV morì dopo settantadue anni di regno:
sembra che alla notizia della sua morte, la Francia intera esultò e festeggiò e che il suo feretro,
trasportato nella chiesa di Saint-Denis a Parigi, fu oltraggiato da sputi e fango lanciati dalla folla
oppressa da anni di tasse e privazioni.  
Luigi XIV, il re Sole, incarnò in forma estrema l’assolutismo monarchico. Se le misure interne
adottate da Luigi, con l'aiuto di ottimi ministri, portarono un iniziale giovamento alla Francia, le
guerre d'espansione, che si risolsero in un fallimento del progetto di egemonia francese in
Europa, affamarono il Paese opprimendolo con le tasse.  

I punti principali del regno di Luigi XIV


I punti principali del regno di Luigi XIV
I punti principali che caratterizzano il regno di Luigi XIV sono:
● Accentramento di tutti i poteri su di sé. Qualunque decisione del regno è affidata
ad un consiglio ristretto formato dal re e da altri tre ministri, di origine borghese.
● L’ultima parola spetta soltanto al re.
● Ridurre i poteri della nobiltà, delle città, delle corporazioni, dei Parlamenti e degli
Stati generali.
● Riorganizzare il fisco per ridurre le spese: la carica di controllo viene affidata alla
figura del ‘’Controllore generale delle finanze’’, carica ricoperta da Jean-Baptiste Colbert.
● Il territorio viene controllato dalle figure degli intendenti, borghesi sotto la diretta
dipendenza del Re.
● Fondare un esercito permanente e non più mercenario.
● Dal punto di vista religioso perseguita gli Ugonotti (i protestanti) che vengono
costretti a convertirsi oppure a lasciare la Francia
● Applica il controllo anche alla vita culturale del regno, evitando ogni forma di
dissenso. 

Ogni volta che assegno una carica vacante creo cento scontenti e un ingrato.
Luigi XIV

L’amante del Re Sole, Madame de Montespan

Françoise-Athénaïs de Rochechouart, marchesa di Montespan (1640-1707) — Fonte: Getty-


Images
Françoise-Athénaïs de Rochechouart, marchesa de Montespan fu l'amante di Luigi XIV per ben
13 anni. 
Sposata e con due figli dal matrimonio legittimo, viveva vicino alla corte e ottenne il ruolo di
cortigiana prima della cugina del re, poi della stessa regina Maria Teresa d'Austria. 
Colta e ambiziosa, riuscì a divenire l'amante di Luigi nel 1667, dal quale ebbe sette figli, di cui
sei sopravvissuti alla prima infanzia e legittimati. 
Quando il consorte tradito iniziò a lamentarsi, venne esiliato dalla corte e avviata legalmente la
separazione dalla moglie nel 1674. 
Madame de Montespan rimase coinvolta nell’Affaire des poisons nel 1679, e benché rimasta a
corte fu da quel momento ignorata dal re. 
Nel 1691 si ritirò nel convento delle figlie di San Giuseppe dove morì nel 1707. 

Cos'è l'Illuminismo? Significato e definizione


Cosa si intende per Illuminismo? Il significato è nella parola stessa con cui si identifica il secolo
dei lumi in Letteratura, Filosofia e nelle arti in generale. Contro l'oscurantismo precedente e
l'ignoranza del popolo, L'Illuminismo vuole aprire la mente, "liberare l'uomo dalle tenebre
dell'ignoranza" attraverso un movimento culturale, sociale e politico che per tutto il Settecento,
inizialmente in Inghilterra, si diffonde in Europa trovando il centro di maggior espansione – la sua
culla potremmo dire – in Francia (Parigi diventa la capitale della cultura). Non è un caso che la
Rivoluzione del 1789 scoppierà proprio qui.
Gli intellettuali francesi in questo secolo partoriscono idee che influenzeranno il pensiero di tutti
gli altri intellettuali europei, con ripercussioni che non si limitano solamente alle opere letterarie:
l’ideologia degli illuministi riesce infatti a stimolare anche un cambiamento politico secondo
quello che si usa chiamare “dispotismo illuminato”.
Vediamo, un punto per volta, in cosa consiste tutto questo.       
● Quiz sull'Illuminismo: scopri quanto ne sai su questo argomento

«Dopo l'11 settembre, in un mondo in cui proliferano i conflitti religiosi e l'


oscurantismo, ricordare i grandi principi di libertà, autonomia e tolleranza
enunciati da Rousseau, Voltaire, Montesquieu, Kant o Hume è diventato
indispensabile». Cvetan Todorov, filosofo e saggista bulgaro.

2
Le conquiste delle scienze (prima dell’Illuminismo)

Ritratto di Jean-Baptiste d'Alembert, uno dei protagonisti dell'Illuminismo francese — Fonte:


Ansa

Alla base dell’Illuminismo c’è uno stimolo storico che proviene dal secolo precedente: la società
di Antico Regime, con i suoi vecchi privilegi, la Chiesa con le sue censure che non sono riuscite
a fermare il progresso scientifico di Galileo e di Newton, sono ormai anacronistici e si avverte un
forte bisogno di cambiamento culturale. Gli intellettuali hanno avuto modo di capire che
l’osservazione diretta dei fenomeni naturali, e il rifiuto di vecchissime autorità filosofiche come
Aristotele e Tolomeo, può portare a una vera conoscenza della realtà e del mondo. Il punto è
quindi questo: rifiutare ogni dogma precedente per osservare direttamente il mondo circostante
in modo da comprenderlo, gestirlo e migliorarlo. L’uomo deve essere liberato da tutto quello che
nella società attuale ostacola la felicità e la libera espressione dell’individuo.     
Appunti
Mappa concettuale sull'Illuminismo

C’è bisogno di osservare i meccanismi del mondo attuale per riconoscerli e superarli, progredire
verso una condizione di benessere. Come si può fare questo? Solo ed esclusivamente attraverso
l’uso della ragione e dell’osservazione. Illuminismo significa proprio questo: la ragione illumina
le tenebre del passato, e il Settecento è conosciuto, appunto, come il “secolo della ragione”. 
          
3
L’Illuminismo: protagonisti e temi

Ritratto di Denis Diderot, esponente dell'Illuminismo e autore della Encyclopédie insieme a


D'Alembert — Fonte: Ansa
Dalle premesse appena esposte derivano tutti i precetti e i temi adottati dagli illuministi.
L’opera che funge da compendio e quasi da manifesto, secondo alcuni studiosi, dell’Illuminismo
è l’Enciclopedia. Il titolo originale di questa grande opera è Encyclopédie, ou Dictionnaire
raisonné des sciences, des arts et des métiers; il testo è in francese e stampato in Francia in
diciassette volumi pubblicati fra il 1751 e il 1772 sotto la direzione di due fra i più grandi illuministi
del secolo: Denis Diderot e Jean-Baptiste D’Alembert. L’opera sarà tradotta in tutta Europa
diventando il modello di ogni altro tipo di enciclopedia successiva e in questo testo gli illuministi
vollero indicare, in ogni voce presente, il risultato delle nuove interpretazioni date ad ogni ambito
del sapere secondo l’osservazione diretta e la critica ragionata della realtà e della cultura.
Come anticipato, queste idee si diffondono in ogni ambito del sapere ma quello che ci interessa
in questa sede è capire come l’Illuminismo abbia influenzato le arti.    
3.1
Donne dell'Illuminismo: Maria Teresa d'Austria e Caterina la Grande di Russia, due
sovrane illuminate

Maria Teresa d'Austria è stata la prima donna della casata degli Asburgo ad occupare il trono
in qualità di Imperatrice. Il suo destino inizialmente era quello di rimanere solo una pedina nello
scacchiere delle alleanze attraverso matrimoni combinati ma il padre Carlo VI muore
improvvisamente e in funziona della Prammatica Sanzione del 1713 Maria Teresa eredita il trono.
Una donna a capo di un impero mette l'Europa è in subbuglio; alcuni stati ne approfittano per
estendere i propri domini a danno dell'Austria e da questo nascerà una contesa che durerà 8
anni. La sovrana avrà però la meglio ed il riconoscimento del proprio ruolo da parte delle altre
monaerchie europee. Maria Teresa d'Austria sarà una sovrana accorta e illuminata che porterà
avanti numerose e importanti riforme:    
● introduce l'istruzione obbligatoria e gratuita per i bambini tra i 6 e i 12 anni
sottraendola al monopolio ecclesiastico;
● riforma il sistema burocratico e amministrativo dello Stato;
● introduce la tassazione per tutti;
● riforma del catasto;
● riorganizzazione dei servizi amministrativi;
Anche Caterina la Grande di Russia è considerata una sovrana che respirò le idee
dell'Illuminismo e che realizzò all'interno del suo impero una serie di importanti riforme:   
● Secondo i principi di Montesquieu e Beccaria abolì la tortura e la pena di morte;
● Portò avanti riforme nel sistema educativo e sanitario;
● Istituì la compagnia del Balletto e dell'Opera imperiale;
● era una appassionata d'arte, di filosofia e matematica e intrattenne

corrispondenza e scambi di idee con gli intellettuali francesi dell'epoca;
Purtroppo rimase molto turbata dalla Rivoluzione francese i cui esiti intiepidirono il suo fervore
riformatore.   

Idee dell'Illuminismo
Le idee dell’illuminismo si ripercuotono prima di tutto sul modo di concepire l’arte e la
letteratura le quali devono rispondere e adattarsi alle seguenti e nuove regole:         
● Tutte le forme d’arte devono essere ricondotte a principi razionali e validi, si
rifiuta l’eccesso del barocco e torna in voga il gusto per il linguaggio classico che sfocia, a
fine secolo, nel neoclassicismo.
In Italia è particolarmente forte il bisogno di classicismo, essendo il luogo che più degli
altri sente la presenza dell’antichità romana, e a Roma viene fondata l’Accademia
dell’Arcadia dove i poeti, fingendo di essere pastori provenienti da questa regione
dell’antica Grecia, si dilettano a scrivere e ragionare sui temi, la poesia e l’estetica
classiche, e di particolare rilevanza sono i componimenti a sfondo amoroso.
● L’arte deve dire il vero con la massima chiarezza.
● L’arte deve essere educativa, deve diffondere i risultati del pensiero filosofico,
scientifico e politico per istruire la società e migliorarla.
● Gli intellettuali sono pienamente coscienti del loro ruolo nella società, si
incontrano nei caffè, nel salotti letterari gestiti dalle nobildonne dell’alta società, per
discutere delle loro idee rivoluzionarie.
● In base a questi precetti si sviluppa in particolare il giornalismo, che oltre a
diffondere notizie sul mondo circostante si impegna anche a criticare i fatti reali che
racconta; viene poi rifondato il teatro attraverso i nuovi spettacoli messi in scena da Carlo
Goldoni, il veneziano che intende fondare le sue opere sul “libro del mondo”, mettendo in
scena cioè tutto quello che di più vero e autentico può osservare nella società veneziana.

A partire da queste idee che riguardano i mezzi (cioè gli strumenti che i pensatori hanno
concretamente a disposizione per esprimersi: opere d’arte, romanzi, giornali, testi teatrali)
vengono sviluppati i seguenti temi:    

Illuminismo: il Meccanicismo e il Sensismo


Gli studi di Newton hanno dimostrato che l’Universo è una immensa macchina regolata da leggi
meccaniche che possono essere studiate e previste: questo mette in crisi l’idea della presenza
di Dio, diffonde una concezione secondo cui anche l’anima dell’uomo è regolata da leggi
meccaniche che possono essere studiate e previste, si diffonde un tipo di sapere laico che non
tiene più conto dei dogmi della religione e che rifiuta ogni tipo di oscurantismo (cioè il tentativo
di impedire il progresso e l’istruzione).      
Il più importante rappresentante di queste posizioni è Voltaire la cui opera più famosa è il
romanzo Candido (1759) che bene esprime i fermenti dell’Illuminismo. Unica religione possibile
è, per lui, quella che prevede di seguire la ragione e di rinnegare la cultura tradizionale, bisogna
essere ottimisti, guardare al futuro con la fede nel progresso razionale. L’uomo deve essere
felice in questo mondo, secondo una nuova morale che prevede appunto la realizzazione totale
dell’individuo secondo i suoi stimoli e non secondo regole imposte dalle autorità. Un’idea del
genere nasce dal presupposto che l’animo dell’uomo è, per natura, buono e migliorabile e che
quindi non c’è bisogno del pessimismo cattolico che, basandosi sull’idea del peccato originale, fa
vivere l’uomo in perpetuo senso di colpa. Queste idee portano poi allo sviluppo del sensismo,
cioè la concezione secondo cui ogni tipo di emozione e sentimento umano debbano essere
ricondotte ai cinque sensi, alla percezione fisica.     

Lo sviluppo della civiltà umana e il mito del buon selvaggio


Ritratto di Jean-Jacques Rousseau, critico dell'Illuminismo e studioso della natura dell'uomo —
Fonte: Ansa
La civiltà umana è vista come il risultato di un processo evolutivo in crescita: si parte dal basso,
dalle società più semplici e ignoranti, vittime dei pregiudizi religiosi, fino ad arrivare alla società
moderna. Questo fa credere ai pensatori settecenteschi che la Storia non può che progredire e
migliorare superando i difetti e i limiti del mondo contemporaneo per arrivare ad un futuro
ottimale. In questo periodo, attraverso l’imperialismo degli stati europei, gli eruditi hanno avuto
modo di entrare in contatto con le società indigene e di conoscere quelli che vengono chiamati i
“selvaggi”. Le due idee insieme, quella della civiltà come un progresso, e quella del selvaggio in
contatto con la natura incontaminata prima dell’arrivo della società occidentale, permettono agli
illuministi di sviluppare due temi: il mito del buon selvaggio, appunto, esposto da Denis Diderot,
e le teorie sulla pedagogia espresse da Jean-Jacques Rousseau in una delle sue opere più note,
Émile ou De l'éducation. Entrambe le posizioni ruotano intorno all’idea che osservando l’uomo in
contatto con la natura primigenia sia possibile superare i difetti della società contemporanea, che
viene criticata dagli illuministi che vogliono appunto migliorarla, per progredire verso una civiltà
migliore.           

Prima della vocazione dei parenti, la natura lo chiama alla vita umana. Vivere è il
mestiere ch'io gli voglio insegnare.
Jean-Jacques Rousseau, Émile ou De l'éducation

Queste idee sono recuperate nell’opera di un pensatore italiano di grandissimo spessore nel
Settecento: Giuseppe Parini. In particolare nelle Odi (terminate nel 1795), che raggruppano
venticinque componimenti composti in vari momenti della sua vita, Parini espone le sue idee sulla
genuinità della vita in campagna contro la vita cittadina, in particolare la vita di Milano
caratterizzata da un’atmosfera inquinata e malsana e dove i genitori non sono in grado di
garantire una giusta infanzia ai bambini. Arrivano addirittura, per esempio, a castrarli, per farli
cantare nei teatri come voci bianche (questo pensiero è espresso nel testo La musica).     
Curiosità
L'Illuminismo è un movimento cui presero parte anche le donne. Non era raro poter incontrare nei
salotti donne colte, accanto agli uomini.
3.5
Illuminismo e storia come prodotto dell'uomo

Statua di Giambattista Vico, protagonista dell'Illuminismo italiano per cui la storia può essere
analizzata attraverso il metodo scientifico — Fonte: Istock
La Storia, come ogni altro campo del sapere, viene indagata alla luce di un metodo scientifico, in
questo ambito la più importante innovazione viene dall’italiano Giambattista Vico. Secondo
quest’ultimo, nel suo capolavoro composto nel 1725 con il titolo Principi di una scienza nuova
d’intorno alla natura delle nazioni, l’unico campo del sapere che può essere veramente indagato
razionalmente è appunto la storia, perché è un prodotto dell’uomo, una sua creazione, e solo ciò
che viene fatto dall’uomo può essere conosciuto dall’uomo. La storia può essere quindi indagata
attraverso la filosofia (che studia il vero) e la filologia (che permette di scoprire basandosi su
testimonianze concrete, il certo).     

Rivoluzione Americana: contesto storico

Molly Pitcher, eroina popolare della guerra di Indipendenza — Fonte: Getty-Images


Un secolo e circa due milioni e mezzo di abitanti dopo l’arrivo dei Padri Pellegrini nel Nuovo
Mondo a bordo della Mayflower, nel 1732 la Georgia diventava la tredicesima colonia inglese,
così chiamata in onore di re Giorgio I. Ma non erano soltanto di nazionalità inglese i tanti migranti
che avevano trasformato e insediato quelle terre inizialmente selvagge e inospitali, ora invece
rivelatisi fertili e generose; a dar forma al continente in continua espansione erano anche migliaia
di scozzesi, tedeschi e olandesi, lontani discendenti dei mercanti della Compagnia olandese
delle Indie occidentali  i quali nel 1626 avevano acquistato per pochi spiccioli l’isola di
Manhattan  ribattezzandola Nuova Amsterdam.   

I frutti della terra di queste Tredici Colonie erano molto richiesti dalla madrepatria Inghilterra:
tabacco, riso e cotone su tutti. Proprio per questo, i proprietari terrieri avevano avuto bisogno di
forti braccia per coltivare le loro piantagioni e le avevano trovate in Africa da dove per oltre due
secoli avrebbero importato in catene milioni di schiavi.  
Rivoluzione Americana: cause

I padri pellegrini e la partenza del Mayflower — Fonte: Istock

Dopo la Guerra dei Sette anni, durante la quale i coloni avevano sostenuto attivamente la Gran
Bretagna contro la Francia, si era rafforzata in questi ultimi la giustificata aspirazione ad avere
una propria rappresentanza nel Parlamento di Londra, proprio come spettava di diritto ai loro
lontani concittadini. Il governo britannico, invece, per risanare le finanze statali dopo il lungo
conflitto appena terminato, inasprì la politica fiscale nei confronti delle colonie aumentando
alcune tasse e promulgando delle nuove leggi che accentravano il potere nelle mani delle autorità
politiche e militari britanniche. Inoltre, ai coloni veniva vietato di commerciare con altri paesi e
proibito di produrre o esportare manufatti poiché avrebbero potuto entrare in concorrenza con
quelli britannici.  

Appunti
Le colonie inglesi d'America
Le colonie inglesi in America: riassunto

Colonie inglesi in America: riassunto — Fonte: Getty-Images

Popolamento e Sfruttamento. Nel ‘700 le potenze coloniali erano Portogallo, Spagna, Olanda,
Francia e Inghilterra.   Le due maggiori potenze furono però Francia e Inghilterra che entrarono in
lotta fra di loro per ottenere territori da sfruttare, come Asia, Africa e America del Nord.
● Tutto Storia: schemi riassuntivi e quadri di approfondimento
Per conoscere e ricordare i concetti, gli eventi e i principali avvenimenti della storia dalle
origini a oggi.
Le colonie rappresentavano un buon affare capaci di portare al paese:
● materie prima a basso prezzo;
● potenziamento dei commerci marittimi;
● sfruttamento delle popolazioni indigene a basso costo.
Vennero così formate due tipi di insediamenti:

● le colonie di popolamento: in cui vi risiedevano molti Europei per abitarvi e


impiantarvi numerose attività economiche;
● le colonie di sfruttamento: da cui ricavavano vari tipi di merce, come tabacco,
zucchero, cotone, seta e spezie.
ESPANSIONI COLONIALI INGLESI L’Inghilterra si occupò di una notevole espansione coloniale,
che riteneva le colonie fonti di materie prima indispensabili e un mercato delle merci prodotte. Si
erano così insediati sulle coste occidentali dell’America del Nord, dove numerosi europei erano
stati attratti dalla possibilità di ottenere maggiori guadagni e anche per professare liberamente la
loro religione. Dopo uno scontro con i francesi per ottenere il Canada, la regione dei Grandi
Laghi, la Louisiana e le Antille, vinsero gli Inglesi nella guerra dei Sette anni, che decretò il
primato coloniale agli Inglesi.
Le tredici colonie inglesi:
● New Hampshire
● Massachusetts Bay
● Rhode Island e piantagioni in Providence
● Connecticut
● New York
● New Jersey
● Pennsylvania
● Delaware
● Maryland
● Virginia
● Carolina del Nord
● Carolina del Sud
● Georgia

LA FORMAZIONE DELLE COLONIE INGLESI Lungo le coste atlantiche erano sorte delle colonie
sotto la sovranità inglese. Esse erano caratterizzate da usi e costumi diversi, grazie anche ai
diversi popoli emigratori che la abitavano. Queste popolazioni iniziarono ad avere un’identità
comune.

Vi fu un’unificazione dovuta:

● alla dura lotta per la sopravvivenza;


● al duro scontro con la natura selvaggia;
● alla volontà di iniziare una nuova vita e di fondare un mondo nuovo.
Tutto ciò fece crescere un gran senso di libertà che favorì il sorgere di una coscienza nazionale
autonoma, sempre più distante dalla sottomissione inglese.

COLONIE DEL NORD E DEL SUD Le colonie del Nord erano basate sull’industria e sul
commercio, con una società costituita da artigiani, mercanti, piccoli industriali e uomini d’affari,
legati a grandi centri urbani come Filadelfia, Boston e New York.
Le colonie del Sud erano basate sull’agricoltura e grandi proprietà terriere, in quanto
beneficiavano di terreni fertili e un clima favorevole. Vi era un’aristocrazia terriera che sfruttava il
lavoro degli schiavi neri nelle piantagioni di tabacco, cotone e canna da zucchero.

POLITICA IN INGHILTERRA L’Inghilterra iniziò a imporre pesanti restrizioni alla libertà dei coloni:
● non potevano essere rappresentati in Parlamento e quindi non potevano
contrastare leggi sfavorevoli che li riguardavano;
● era impedito ogni scambio con l’estero e dovevano importare merci solo
dall’Inghilterra;
● dovevano vendere le merci ad un basso prezzo ed acquistarle invece a prezzo
elevato;
● era vietato intraprendere attività produttive, in maniera tale da non essere in
concorrenza. Era quindi un vero e proprio mercato di sfruttamento.
Il Parlamento Inglese impose nuove tasse su alcuni generi di consumo che i coloni erano costretti
ad importare e l’obbligo di pagare un bollo speciale sui giornali, fatture commerciali e documenti
legali. Tutte queste tasse erano destinate a mantenere la flotta inglese.
Tutte queste tasse portarono ad un malcontento nei coloni, che istituirono i Figli della Libertà,
formati anche da uomini politici che aspiravano all’indipendenza dalle colonie.

Dopo la legge sul tè, che avrebbe danneggiato i traffici dei coloni, vi furono numerose proteste, e
nel dicembre del 1773 i Figli della Libertà decisero di travestirsi da Indiani e assalire tre navi
gettando in mare tutto il carico.
Rivoluzione Americana e Nascita degli Stati Uniti d’America: cronologia, battaglie e
protagonisti
SCHIERAMENTI DELLE COLONIE Linea estremista: volevano rompere ogni rapporto con
l’Inghilterra.
Linea moderata: fu quella che prevalse al Congresso continentale di Filadelfia. Le colonie
rinnovavano la fedeltà al re, ma chiesero l’autonomia amministrativa e l’allontanamento delle
truppe inglesi.
La rottura con la madrepatria. Re Giorgio III, sostenitore di una politica autoritaria, respinse le
proposte dei coloni e numerosi scontri portarono a dichiarare le colonie ribelli. Ma accettare una
rottura con la madrepatria non era semplice, in quanto vi erano due schieramenti:
● schieramento Lealista: vi appartenevano le classi più agiate, leale agli Inglesi;
● schieramento dei Patrioti: mirava all’indipendenza (dichiarazione dei diritti).
La dichiarazione dei diritti era fondata sui tre principi:
● tutti gli uomini sono uguali;
● gli uomini hanno diritti inalienabili;
● governo legittimo che governa con il consenso dei governanti.

GUERRA D’INDIPENDENZA George Washington comandò l’esercito dei patrioti. Vi fu un aiuto


anche dall’Europa, dove gli ideali di libertà e di indipendenza avevano convinto numerosi
volontari francesi, tra cui La Fayette. Dopo la prima vittoria dei coloni, la Francia si convinse ad
entrare nel conflitto, anche per riprendersi i territori coloniali ceduti agli inglesi. Al fianco
americano si schierarono anche Spagna e Olanda. Venne costituita la Lega dei neutri (Russia,
Prussia, Austria, Portogallo, Svezia e Danimarca) per difendere la libertà di navigazione dei mari
contro le pretese inglesi. L’Inghilterra si trovò così costretta alla pace e a riconoscere
l’indipendenza delle colonie il tre settembre 1783. CONTRASTI TRA REPUBBLICANI E
FEDERALISTI Schieramenti diversi per l’organizzazione dello Stato:
● Repubblicani Antifederalisti: si basavano su una politica economica agricola;
● Federalisti: erano preoccupati di raggiungere una soluzione unitaria che
rendesse lo Stato forte e compatto.

Vinsero i Federalisti e venne istituita una Costituzione federale, con un governo centrale retto da
un Presidente e un sistema bicamerale formato dal Senato e dalla Camera dei rappresentanti. Il
primo presidente fu George Washington.

SCHIAVI E INDIANI Dopo la Rivoluzione, vi fu un nuovo tipo di società e l’assenza di rango,


l’eliminazione delle distinzioni di classe, un’amalgamazione dei popoli regolata dai principi di
tolleranza e di libertà. Tali principi però non venivano applicati agli schiavi neri e agli Indiani.
Molti schiavi morivano durante il trasporto dall’Africa in America, a causa della poca aria presente
nelle navi, la mancanza di cibo ed acqua. Essi venivano ancora sfruttati nelle piantagioni o usati
come servi. I coloni avevano elaborato la teoria per la quale gli schiavi erano una specie inferiore,
diversa da quella umana. E così si radicò il razzismo.

Quelle che presero il nome di Leggi intollerabili (Intolerable Acts), come la nuova Legge sul tè
(Tea act) e sullo zucchero (Sugar Act), provocarono le prime reazioni dei coloni che già da
tempo andavano acquisendo gradualmente una coscienza politica e culturale di un popolo
distinto, rinnovato anche nei tratti caratteriali. 
A dare una decisiva accelerata al processo che nportò alla Rivoluzione americana furono le due
università sorte da poco, quelle di Yale e Harvard, le quali avevano gettato le basi per un grande
risveglio culturale dei coloni che, essendosi saputi adattare al nuovo ambiente naturale e sociale
così diverso da quello di origine, avevano tramutato il proprio stile di vita in individualismo, al
fare da sé, all’egualitarismo. Un cambiamento che fu anche religioso e filosofico, poiché proprio
su queste terre vergini il Calvinismo ebbe modo di attecchire attingendo alla linfa vitale
dell’orgogliosa affermazione dell’individualità e della ricerca del successo in quanto prova del
favore divino.     
Le basi socioculturali del futuro capitalismo e della rivoluzione industriale, oltre ad affidarsi alle
letture di Calvino, poggiavano sul nascente spirito pragmatico americano che poi sarebbe stato
codificato qualche anno più tardi nell’omonima corrente filosofica, la prima sviluppata negli Stati
Uniti.     

L’indignazione e il risentimento nei confronti del Parlamento britannico aizzarono i coloni nei
confronti delle guardie reali. Le proteste più celebri si registrarono nella città di Boston: prima nel
1770, con quelle che presero il nome di Massacro di Boston, e poi nel 1773 con il Boston Tea
Party, durante il quale un gruppo di patrioti travestiti da indiani, al grido di «no taxation
without representation» (niente tasse senza rappresentanti in parlamento), salì a bordo di una
nave della compagnia delle Indie orientali gettando in acqua tutto il carico di tè proveniente dalla
Cina.  

Guerra d’Indipendenza Americana: protagonisti

Statua di George Washington a Boston — Fonte: Istock


La reazione del governo inglese al boicottaggio americano si concretizzò nella chiusura del porto
di Boston fino ad avvenuto risarcimento delle merci perdute in mare, il che aggravò il generale
stato d’insubordinazione diffuso soprattutto nella colonia del Massachusetts. Proprio qui, nei
pressi di Boston, sorsero congressi spontanei dove i coloni si riunivano al fine di esautorare le
autorità britanniche, ovverosia levargli il potere. E laddove non arrivavano le parole ci avrebbero
pensato i fucili da caccia e le baionette dei Minutemen, i soldati delle milizie armate che, nel
1775, a Lexington, aprirono per la prima volta il fuoco contro le Giubbe Rosse dell’Esercito
britannico.  
La Guerra d’Indipendenza (o Rivoluzione Americana) era cominciata, ma ben presto ci si
accorse che per tener testa al nemico bisognava organizzarsi all’interno di un esercito compatto
e organizzato, l’Esercito Continentale. Il comando delle forze armate fu affidato a George
Washington, un ricco possidente della Virginia che già si era distinto nelle battaglie contro i
francesi durante la Guerra dei Sette anni.     

George Washington: giuramento durante l'insediamento da primo presidente degli Stati Uniti —
Fonte: Istock
Trovandosi a dare ordini a uomini militarmente impreparati, poco professionali e decisamente
inferiori di numero rispetto all’esercito di Giorgio III, intuì ben presto che avrebbe dovuto evitare
gli scontri in campo aperto, nei quali avrebbe probabilmente avuto la peggio. Per questo motivo
puntò su una tattica ben definita: attacchi a sorpresa e guerra di logoramento. Così facendo,
per più di sette anni riuscirà a riorganizzare e tenere unito un esercito indipendentista composto
da contadini analfabeti, ex galeotti e schiavi, oltretutto facili all’insubordinazione e restii ad
accettare ordini esterni. Presto sarebbe diventato il primo Presidente degli Stati Uniti.

Curiosità
L’inverno imperversava così come le malattie, quali il vaiolo. Per evitare che la maggior parte
degli uomini venisse decimata, Washington decise di passare all'Inoculazione, ovvero
s'introduceva un germe del vaiolo che aveva colpito molti guerriglieri nella ferita di uno ancora
sano. In questo caso si rallentava e rinviava il contagio e la morte, sperando che il sistema
immunitario facesse il suo compito. Una sorta di vaccino ante litteram.
Neanche tre settimane più tardi, il 17 giugno 1775, George Washington ebbe modo di mettere alla
prova le proprie teorie tattiche durante la famosa Battaglia di Bunker Hill. Nonostante la
sconfitta numerica, Bunker Hill segnò l’inizio della fine per l’Esercito britannico. «Altre vittorie
così» avrebbe dichiarato il grande generale inglese Henry Clinton, «e presto metteranno fine al
dominio britannico in America».  

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La Dichiarazione di indipendenza

la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America. Il momento della firma — Fonte:
Getty-Images
Dopo quasi un anno di guerra, a seguito di numerose vittorie nei sanguinosi scontri armati, e
adesso uniti anche culturalmente dal Senso comune di Thomas Paine, il 4 luglio 1776 a Filadelfia
si riunì il Secondo Congresso continentale. I trentatré delegati che poi avrebbero preso il nome di
Founding Fathers (padri fondatori) in un clima di esaltazione collettiva approvarono la
Dichiarazione d’Indipendenza che proclamava il diritto degli americani a darsi un nuovo governo
sulla base dell’eguaglianza naturale tra tutti gli uomini e del diritto inalienabile di ciascuno alla
vita, alla libertà e alla ricerca della felicità.  
«Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati
eguali».  
Approfondisci
L'illuminismo e gli ideali di libertà

Benché fosse chiaramente in contraddizione con lo stato di schiavitù in cui vivevano i neri, la
Dichiarazione d’indipendenza — dei quali in molti avrebbero beneficiato in caso di vittoria —
diede un ulteriore impulso ai soldati dell’esercito continentale nella lotta per la liberazione dal
dominio inglese. Fu così che durante la notte di Natale del 1776, dopo l’iconico attraversamento
del fiume Delaware di George Washington (mirabilmente ritratto da Emanuel Leutze anni più
tardi), ci fu un’importante vittoria nella Battaglia di Trenton, che si concluse una settimana più
tardi con la riconquista del New Jersey.    

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La fine del conflitto

La battaglia di Saratoga — Fonte: Istock


Nonostante qualche convincente vittoria, qualcuno si domandava come poteva un esercito di
insorti sconfiggere quello che era considerato il più grande, numeroso e forte esercito del
mondo? E oggi invece ci domandiamo: come fecero a respingere il più grande attacco esterno
che gli Stati Uniti hanno avuto nella loro storia fino all’11 settembre 2001? 
L’incrollabile tenacia degli insorti e la decisiva tattica della guerriglia impostata su imboscate e
attacchi a sorpresa, alla lunga finirono col logorare il morale delle truppe di un esercito più
disciplinato e meglio addestrato. I soldati di Giorgio III ebbero la peggio anche nell’importante
Battaglia di Saratoga del 1777, durante la quale George Washington trascinò gli scontri
nell’entroterra selvaggio per avere la meglio dei soldati inglesi nelle distanze ravvicinate. 

Tuttavia, la svolta decisiva della guerra arrivò con l’intervento francese, e poi spagnolo, a fianco
delle tredici colonie (a cui diedero «pieno appoggio per mare e per terra») al fine di contrastare il
dominio dei mari della flotta britannica.   
Nel 1783 col Trattato di Versailles la Gran Bretagna riconosceva l’indipendenza delle tredici
colonie nordamericane e restituì alcuni territori ai francesi. La causa della libertà aveva
trionfato. E la sua vittoria contribuì ad incoraggiare quanti in Europa contestavano il principio di
autorità e le gerarchie politiche e sociali dell’antico regime. I semi lanciati dagli appena
costituiti Stati Uniti d’America germoglieranno nella Rivoluzione francese.   

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