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Modulo I

The novel, the Female Quixote, Pamela


What is a novel?
A novel is a piece of prose fiction of a reasonable length. Even a definition as toothless as this,
however, is still too restricted. Not all novels are writtten in prose. There are novels in verse, like
Pushkin’s Eugene Onegin or Vikram Seth’s The Golden Gate. As for fiction, the distinction between
fiction and fact is not always clear. And what counts as a reasonable length? At what point does a
novella or long short story become a novel? André Gide’s The Immoralist is usually described as a
novel, and Anton Chekhov’s ‘The Duel’ as a short story, but they are both about the same length.
The truth is that the novel is a genre which resists exact definition.
È difficile da definire. Normalmente è un’opera in prosa, non breve, anche se non c’è una misura
chiara e univoca per definirla tale, ed è difficile distinguere la finzione e la realtà. Il novel nasce
come romanzo realista, vuole essere plausibile.
The point about the novel, however, is not just that it eludes definitions, but that it actively
undermines them. It is less a genre than an anti-genre.
Il novel è meno facile definirlo come genere che non come anti-genere. Si costruisce in maniera
contrastiva, in una dialettica con ciò che non gli appartiene, con ciò che è sbagliato, con i modelli
sbagliati della narrazione: non è realtà, ma finge di esserlo; è narrazione, ma non narrazione
tradizionale romanzesca. Ha un rapporto tutto suo con la storia: la storia costruita da questi romanzi
è una storia plurima, stratificata che può leggersi in modi diversi, che risponde a diverse
rappresentazioni ideologiche del mondo.

Atto di Supremazia 1534


Atto legislativo che conferisce al re la royal supremacy, emanato da enrico ottavo quando rompe i
rapporti con la chiesa romana, dichiarandosi capo della chiesa d’Inghilterra.
Questo atto è stato abrogato dalla figlia Mary I, cattolica, reintrodotto poi da Elizabeth I,
rafforzandolo. Lei si dichiara supreme governor della chiesa di Inghilterra, istituendo il
giuramento di supremazia (1559), chiedendo a chiunque occupi posizioni pubbliche e alla chiesa di
giurare fedeltà al capo dello stato, governatore supremo.
Cos’è la chiesa anglicana? è una chiesa episcopale, cioè stessa struttura della chiesa cattolica, con
capo supremo (papa o il sovrano supremo per ENG). Le chiese episcopali hanno un modello top-
down (vertice in giù). Il vertice stabilisce le regole a cui ci si deve adeguare. Ben diverso il modello
puritano, che parte dal basso.
Nel 1600 vengono fondate le prime colonie statunitensi (prima Virgnia, ultima Georgia). Chi va nel
Massachusetts, Cape Cod, a fondare una importante colonia? Sono dei dissidenti (Pilgim
Fathers), dei nonconformisti, separatisti perché non hanno la fede di stato; in patria sono repressi,
perché devono sottostare alle regole imposte.
Cape Code, 1620: volontà di fondarvi una comunità religiosa (auto fondata, che si auto crea i suoi
capi e le sue leggi: comunità bottom-up). Congregazionalista. Si auto-determina, si crea le sue
celebrazioni (Thanksgiving day).
Durante il protettorato di Cromwell, sarà questa la religione dominante.
Chi era il sovrano? Charles I Stuart (erede di James I); sovrano che vorrebbe essere assoluto ha
problemi a gestire la propria autorità. Intraprende una lotta di potre contro il parlamento che si
ergeva contro le sue mire assolutistiche. Scioglie il parlamento: 1629-1640 non viene mai
convocato (viene convocato dal sovrano), Personal Rule. Governa da solo senza appoggio
parlamentare, fomentando tensioni religiose. Amava le cerimonie (religiose) pubbliche sfarzose,
aborrite dal popolo inglese, aveva sposato una regina cattolica… quindi abbiamo la divisione tra
anglicani (royalists, o cavaliers: vogliono mantenere la religione di stato, quella anglicana,
sostenendo il primato del re; anche fatta di sfarzo, perché espressione del potere) e puritani
(invocano la moralizzazione della chiesa, che deve diventare più semplice e spirituale, sobria; sono
avversi alle forme di intrattenimento, incluso il teatro; vestono in modo semplice, cercano
l’austerità, la frugalità; erano quelli moderni: la chiesa aveva un sistema che richiamava il
feudalesimo; loro sono congregazionisti (non credono nelle sitituzioni, ma nella comunità di fedeli
che si organizza), presbiteriani; sono fautori dello sviluppo del capitalismo, appartengono alla
borghesia. Grazie a questa matrice puritana, la gente comune viene ascoltata).
Religione e politica, in questo periodo, sono intrinsecamente legate.
Questa guerra civile (interregno, rottura col passato), 1642-1666, trasforma il puritanesimo in un
movimento che ha una rilevanza politico e socioculturale. Nella società carolina si insinua questa
for sociale di matrice puritana. Vincono, ma momentaneamente, guidati da Oliver Cromwell.
Il re viene decapitato nel 1649; viene dichiarato il Commonwealth dal 1649-1660. La classe
mercantile avanza, incoraggiato lo studio delle scritture per rafforzare il legame del fedele alla
religione.

1660: restaurazione
Viene dichiarato re Carlo II Stuart.
L’Inghilterra era un paese trasformato e lacerato. Sono emerse altre controversie religiose, che si
intrecciano con le tensioni tra re e parlamento, che si intrecciano con le tensioni tra le diverse
nazionalità.
Irlanda, Scozia e Inghilterra
L’Irlanda ha una maggioranza romano-cattolica amministrata da una minoranza anglicana.
La Scozia ha una struttura presbiteriana congregazionalista (rette da congregazioni, non vescovi).
L’Inghilterra è anglicana, church of England, struttura episcopale, ma con alto numero di cattolici
e presbiteriani che prendono il sopravvento.
Charles II deve dimostrarsi degno del trono, essendo un periodo complesso pieno di tensioni e
controversie. Prima di accedere al trono redige la declaration at Breda, 1660; Breda è una città
olandese dove lui aveva vissuto in esilio. Rende note le condizioni di accettazione della corona. Il
popolo e il parlamento hanno un potere ora rilevante, perché solo cambiando i rapporti tra
monarchia e istituzione parlamentare si potrà superare la crisi. Concede un free and general
pardon ai vecchi nemici, suoi e di suo padre; è una sorta di amnistia, escludendo i fautori del
regicidio. Promette un parlamento libero tramite il quale lui sarà consigliato: collabora e lo lascia
libero di espletare le sue funzioni. Promette inoltre la libertà religiosa (liberty to tender
consciences).
Quando viene richiamato, il parlamento è di stampo prevalentemente puritano, residuo del
commonwealth, che viene sostituito da un parlamento realista (1661-1668). Nel 1662 vara l’act of
uniformity: prescrive l’obbligo di uniformarsi al credo della religione di stato. Bisogna rispettare il
book of common prayer, testo di riferimento liturgico religioso; è una liturgia (il primo libro,
compilato nel 1547 sotto Edoardo VI, fu modificato, in senso più nettamente protestante, nel 1552.
Subì in seguito varie revisioni; di particolare importanza quella del 1662, che è ancora in vigore).
In seguito, tutti i ministri di culto devono essere nominati dal vescovo.
Avrà un impatto dirompente, che passerà alla storia come Great Ejection (espulsione): migliaia di
ministri religiosi si rifiutano e si dichiarano dissenters. Erano tutti puritani e si può dire che questo
atto sancisca l’espulsione del puritanesimo dalla chiesa nazionale.
Nel 1672 emana la Royal Declaration of Indulgence, che permette la libertà di culto ai cattolici. Il
parlamento ribadisce che il re non può modificare a suo piacimento le leggi senza consultarlo,
quindi deve rievocare la dichiarazione e sottoscrivere un atto parlamentare fondamentale, il Test
Act (1673), un atto che richiede il superamento di una prova: quelli che vogliono accedere ad una
carica governativa, devono professare la religione di stato. Sono esclusi i praticanti romano-
cattolici e i protestanti dissenzienti.
Questo non risolve le tensioni, ma le acuisce, che degenerano in questioni dinastiche. Carlo non ha
eredi, ha un fratello cattolico, James, che non può accedere alla carica.
Dovrà accettare l’unione matrimoniale tra la figlia di James II, Maria, con un protestante olandese,
Guglielmo d’Orange. In questo modo si può pensare ad un erede di fede non cattolica. Abbiamo
due candidati al trono: James e William of Orange.
Exclusion crisis
Esclusione di James II.
Exclusion Bill: prevede il divieto di accesso alla linea dinastica di James II. Si creano due fazioni, i
Whigs (progressisti, d’accordo con il bill) e i Tories (conservatori, che lo osteggiano).
Carlo II si converte al cattolicesimo in punto di morte e nomina suo successore James.
Whigs: il re vale di più del parlamento
Tories: il parlamento vale di più, il re deve solo rettificare.
Carlo II scioglie più volte il parlamento, e ciascuno di quelli successivi gli sono ostili.
Non è, tuttavia, un sovrano ininfluente; è un periodo di grandi tensioni, ma anche di grande
prosperità. Ci sono eventi funesti, come the great plague 1665, the great fire of London 1666; ma
questa è anche un’occasione di rinascita culturale. Carlo II offre ad un architetto il prestigioso
incarico di ricostruzione di edifici pubblici, Christopher Wren.
Fu un grande mecenate (un importante personaggio politico diventa protettore di artisti,
remunerandoli), come Carlo I; fonda la royal society (R. Hook, R. Boyle, I. Newton) e il royal
observatory of Greenwich; è il primo a permettere che i ruoli femminili siano interpretati da attrici.
Siamo in fase di nascente modernità.

James II Stuart
Il parlamento è costretto a ratificare la sua nomina, nonostante il mal contento. Pur non essendo un
sovrano che impone il cattolicesimo, imposta una politica favorevole ai praticanti cattolici. Cerca
di abolire il test act, non riuscendoci, apre numerosi seminari cattolici a Londra, insedia rettori
cattolici all’università di Oxford e Cambridge, manda un ambasciatore presso la sana sede con cui
Enrico VIII aveva rotto ogni rapporto e cerca di promulgare una dichiarazione di indulgenza che
consenta la libertà religiosa.
La sua politica non viene tollerata e nel 1688 verrà dichiarato decaduto dal parlamento e fugge in
Francia.
Il suo successore potrebbe essere suo figlio, cattolico. Ma viene proposta la figlia Mary, sposata a
Guglielmo d’Orange; questa successione di eventi passa alla storia come Glorious Revolution
(rivoluzione incruenta, che genera gloria: pone fine a un periodo turbolento e pone le premesse
affinché non accada più). Non è comune prendere una coppia, simbolo di puro protestantesimo, di
un rapporto armonico, per un paese armonico.
Vengono dettate delle condizioni precise: devono porre fine alle lotte intestine e religiose e alle
minacce a quell’elemento democratico che è il parlamento.
Sovrani protestanti, di cui uno straniero.
Bill of Rights, 1689: diritti stabiliti al parlamento. Nasce l’idea di monarchia parlamentare. Il
parlamento ha dei diritti sanciti.
Act of Toleration, 1698: assicura libertà di culto a tutti i dissenters, tranne ai cattolici.
Il puritanesimo resta come una componente costitutiva per la cultura inglese.

Guglielmo d’Orange
Non è inglese, non conosce la lingua, né il paese. Verrà meno l’idea del mecenatismo e l’idea
dell’arte, dell’arte di corte. Si passa dal mecenatismo al nostro modo di promuovere la cultura: il
Talent Scouting; i talent show sono l’esito di questo fenomeno: non è più un sovrano a decidere
quali artisti incoraggiare, ma è un loro pari, un artista a dare un riscontro. Charlotte Lennox avrà
successo perché i suoi pari la incoraggeranno. I nobili aiuteranno la cultura a fiorire perché letterati.
Tutto questo nasce da una situazione piena di ingarbugli e tensioni. Il fatto che ci siano sovrani
meno radicati nell’identità nazionale inglese offre, da un lato, molte meno protezioni agli artisti: i
professionisti della letteratura devono riuscire, a fatica, a guadagnare, imporsi in un mercato.
D’altra parte, l’assenza di protezioni è anche assenza di vincoli: chi è in grado di costruirsi da solo,
riesce a trovare lo spazio per fare ciò che ha in mente, senza dover contrattare né con l’uomo di
potere, né con una fazione, ma solo con un pubblico e un mercato: grandi difficoltà, ma grandi
opportunità.

Età Augustea
Si costruisce una realtà più stabile, età dell’ascesa della borghesia (mercanti, banchieri), acquisisce
prestigio, che si contrappone alla passata egemonia della nobiltà.
Siccome il puritanesimo è rimasto matrice culturale di buona parte della popolazione, si predica la
moralità e l’importanza di un metodo (metodicità nella suddivisione della giornata, ad esempio)
per portare la prassi religiosa nella vita di tutti i giorni.
La religione si fonde anche nel mondo lavorativo, investire su se stessi, sulla propria
professionalità, costruirsi in quanto uomo o donna di successo (self-made man/woman), scaturito,
poi, dal tema dell’Elezione divina di stampo calvinista. Idea di individualismo. Viene data la
possibilità di realizzarsi. Quindi l’uomo della società augustea è il self-made man che progredisce
su se stesso e socialmente, che sta al centro, dimostrando di essere uno specchio di virtù: il
successo non è niente se non c’è una base etica dietro. Deve essere accompagnato da una
rettitudine: se uno fallisce è perché ha commesso delle cattive azioni; bisogna riconoscere i propri
errori con il pentimento e la penitenza.

William Hogarth, Marriage à-la-mode (1743-45)


È un artista e personaggio originale; non c’è nessuna sudditanza, da parte sua, all’arte continentale.
È famoso per le sue incisioni satiriche su attualità: è una pittura morale e derisoria. È osservatore
della società contemporanea e della morale corrente, di cui fa un’analisi spietata. I personaggi
vengono rappresentati nel loro progressivo declino: sono serie di tele narrative la cui finalità è
educativa, indi per cui il compito attribuito all’arte è quello di sollecitare cambiamento e
sensibilizzare. L’artista si è ispirato al teatro e alla letteratura inglese contemporanea.
 Critica sociale didattica
 Ascesa borghesia nelle sue luci e ombre, insistendo sulle ultime
 Realismo, realtà quotidiana, momenti chiave della vita di queste persone, abbastanza
altolocate, ma che frequentano anche le bettole. Il realismo si amplia ad includere gli
aspetti più degradati. Distinguiamo una realtà composita che è anche urbana, come
Londra, che è a maggior ragione stratificata: signori/poveri, nobili/borghesi, che si alleano
in maniera incongrua
 Dinamismo, terreno fertile per questioni incongrue, da cui nascono altrettanto fertili
contraddizioni: quest’ultime generano racconti dinamici, evoluzioni e arte.

 Arte= commodity, un bene che può essere acquistato da chi ha possibilità economica;
l’artista è elemento centrale perché ha acquirenti, realizzando opere che vanno a vantaggio
del mercato.
 Rise of middle class e declino dell’aristocrazia (fondiaria), che non ha più i mezzi per
mantenere la sua posizione sociale; ciò che un tempo era dominante, ora è residuale. Sul
piano ideologico: l’ideologia egemone è il modo dominante di vedere il mondo e
interpretarlo; la realtà non è oggettivamente percepibile, ma costruita dallo sguardo.
 Arte come modello di moralità e educazione. Veicola messaggi morali, ma al tempo stesso
l’arte è anche un divertimento. Educa divertendo, anche attraverso la derisione.
 Matrimonio d’interesse e d’amore. L’amore, cos’è diventato? Hogarth asserisce che è un
pretesto; le donne vengono usate per procacciare un interesse economico, soprattutto le
figlie. Tutti questi padri sono mossi da un self-interest, interesse personale. I figli sono degli
strumenti.
Le figlie dovrebbero essere succubi, docili, dutiful, ma le nuove generazioni femminili si
autodeterminano, nel bene e nel male, capaci di esercitare la propria libertà (nel dipinto
viene esercitata male).
 Versione caricaturale, degradata, grottesca, nella quale predomina l’immoralità, che
conduce alla disgrazia. Appunto la sifilide ne è il simbolo, la punizione che consegue il
vizio. Come abbiamo anche, in altri casi, la ricompensa che consegue alla virtù.
 Metastoria e metapainting (metapittura): la prima è un racconto esteso pieno di dettagli che
vanno a chiarire tutti i tratti di questi inghippi. Il modo di raccontare settecentesco è
metonimico: non mostrano i simboli, ma i particolari che ci raccontano quello che è
successo prima, la causa per l’effetto. Uso del dettaglio metonimico, non simbolico: gli
oggetti raccontano la storia del loro possessore, i gesti raccontano la storia di chi li ha fatti e
chi li vede; è una modalità retorica della pittura e del novel, che si costruiscono su queste
microstorie e particolari rivelatori.
È anche pittura nella pittura: i dettagli che hanno lo stesso tema della scena principale.
È una forma che riflette su se stessa: il realismo settecentesco non è realtà, non è mai
totale e convincente rappresentazione di qualcosa che si pone come reale, ma è
esplicitamente effetto di realtà, che ricorda al lettore di avere davanti qualcosa che è fiction.
Non c’è una totale adesione, è una rappresentazione. Ci ricorda di essere solo romanzo. Da
un lato, c’è un’immersione nella realtà più avvolgente, più totale, anche quella degradata,
c’è tutto, ma è sempre selezione artificiosa e artificiale.

In Lennox abbiamo l’idea di un’aristocrazia residuale, in Richardson abbiamo l’idea di una


borghesia emergente, che acquisisce la capacità di dominare la scena.

Fiction e nonfiction
Nonfiction
Ciò che riguarda fatti o eventi reali, oppure il commento di un’opera di immaginazione, ovvero il
saggio.
Fiction
Qualcosa che è frutto della fantasia, dell’inveniva, qualcosa che non esiste nella realtà.
Terry Eagleton;
A novel is a piece of prose fiction of a reasonable length. Even a definition as toothless as this,
however, is still too restricted. Not all novels are written in prose. […] As for fiction, the distinction
between fiction and fact is not always clear. And what counts as a reasonable length? At what point
does a novella or long short story become a novel? […] The truth is that the novel is a genre which
resists exact definition.
[…] The point about the novel, however, is not just that it eludes definitions, but that it actively
undermines them. It is less a genre than an anti-genre. It cannibalizes other literary modes and
mixes the bits and pieces promiscuously together. You can find poetry and dramatic dialogue in the
novel, along with epic, pastoral, satire, history, elegy, tragedy, and any number of other literary
modes. Virginia Woolf described it as ‘this most pliable of all forms’. The novel quotes, parodies
and transforms other genres, converting its literary ancestors into mere components of itself in a
kind of Oedipal vengeance on them.
La distinzione tra fatti e realtà è complessa: Rushdie ha scritto un romanzo, midnight children, in
cui parla di alcuni eventi, cambiando le date, rimaneggia la storia, quindi non è detto che il confine
tra realtà e finzione sia chiaro.
Il romanzo cita, parodia, trasforma, ingloba, cannibalizza, metabolizza, gli altri generi.
So ‘fiction’ does not exactly mean ‘not true’. It means something like ‘a story (either true or false)
treated in such a way as to make it clear that it has a significance beyond itself ’. This may not be
the snappiest of definitions, but it makes an important point all the same. This may help to explain
why fiction often (though by no means always) uses language which calls attention to its own
‘literary’ status. It is as though such language is signalling by its very self-consciousness: ‘Don’t
take this literally’.
Non è una storia chiusa in se stessa, come la pittura di Hogarth, ma è una storia che parla al di fuori
di sé, che ci ricorda di essere tale: questo scarto tra rappresentazione narrativa e vita vera è quello
che ci serve per farlo significare, ossia per non prenderlo solo letteralmente, ma per cercare il
significato che sta dietro alla letteralità. Il lettore dovrà far significare quel testo, in modi diversi.
The novel was born at the same time as modern science, and shares its sober, secular, hard-
headed, investigative spirit, along with its suspicion of classical authority. But this means that,
lacking authority outside itself, it must find it in itself. Having shed all traditional sources of
authority, it must become self-authorizing. Authority now means not conforming yourself to an
origin, but becoming the origin yourself.
Novel (nasce dopo, i contemporanei lo chiamavano diversamente) vuol dire “nuovo, innovativo”,
non ha modelli, non ha riferimenti autorevoli, deve costruirsi su se stesso, non esistono convenzioni
e antecedenti. La mia origine sono io, che vuol dire fondare la propria autorità in se stessi (self-
authorizing).
This has the glamour of originality, as the word ‘novel’ would suggest. But it also means that the
novel’s authority is ungrounded in anything outside itself, which is what renders it precarious. In
this sense, the novel is a sign of the modern human subject. It, too, is ‘original’, in the sense that
modern men and women are supposed to be the authors of their own existence. Who you are is no
longer determined by kinship, tradition or social status; instead, it is something you determine for
yourself. Modern subjects, like the heroes of modern novels, make themselves up as they go along.
They are self-grounding and self-determining, and in this lies the meaning of their freedom. It is,
however, a fragile, negative kind of freedom, which lacks any warranty beyond itself. There is
nothing in the actual world to back it up. Absolute value has evaporated from the world in the
modern age, which is what makes for unlimited freedom. But it is also what renders that freedom so
empty. If everything is permitted, it is only because nothing is intrinsically more valuable than
anything else.
Precarious: è fragile, sperimentale, rischiosa, ma che ha la libertà di auto-determinarsi, facendolo
rispetto a coordinate imprescindibili, ovvero la conquista di un mercato, di un lettore che già esiste.
Questa mancanza va a braccetto con original: ciò che ha valore, che è nuovo, ma eagleton dice che,
siccome non ha modelli, ha origine in se stesso. Il Settecento è l’epoca dell’originalità, artistica e
narrativa.
Because it is hard to say what a novel is, it is hard to say when the form first arose. Several authors
have been proposed as plausible candidates for the first novelist, among them Miguel de Cervantes
and Daniel Defoe […]. Most commentators agree that the novel has its roots in the literary form we
know as romance. Indeed, these are roots that it has never entirely cut. Novels are romances – but
romances which have to negotiate the prosaic world of modern civilization. They retain their
romantic heroes and villains, wish-fulfilments and fairy-tale endings, but now these things have to
be worked out in terms of sex and property, money and marriage, social mobility and the nuclear
family. Sex and property, one might claim, are the themes of the modern novel from start to finish.
So the English novel from Defoe to Woolf is still a kind of romance.
Rapporto Novel e Romance. Novel nasce come novità, una forma antagonista che si deve
distinguere da quel modello, deve essere altro; Romance era la forma narrativa precedente.
Il romance è in parte rifiutato da chi fa novel, ma quest’ultimo parte dal romance. Ci sono molti
elementi di somiglianza, sebbene sia agonica, piena di contrasti.
Don Quixote, sometimes mistakenly called the first novel, is in fact less the origin of the genre than
a novel about the origin of the novel. It is thus a peculiarly narcissistic piece of writing, a fact
which becomes comically obvious when Quixote and Sancho Panza run across characters who
have actually read about them. […] Don Quixote is a work which actually takes this clash between
romance and realism as its subject-matter, thus turning a formal issue into a thematic one.
[…] Quixote, who has been driven insane by reading too many romances, models his life on books,
whereas realism models books on life. He lives, as they say, in a book, and talks like one too; but
since he is a character in a book, this fantasy is also reality. The novel, then, starts life as among
other things a satire of romance, and thus as a kind of anti-literature.
Il don Chisciotte è un romanzo sull’origine del genere, invece che essere l’origine del genere.
Riflette sulla necessità di distaccarsi dal genere romanzesco precedente, sèerientando nuove forme
di relaizone su quel passato. Ha una componente narcisistica, che si centra su se stesso; il romanzo
rappresenta se stesso come romanzo posto in relazione ad altri romanzi, inglobando dentro di se
tutto l’universo narrativo, costituendo un dibattito interno su questo tema. Il dibattito inglobato nella
narrativa è il cuore del novel settecentesco, il quale si costruisce su un dibattito esistente,
rappresentato in modo diverso nella narrativa.

Età augustea 2.0


Periodo di stabilità, pace, fioritura dell’arte, niente conflitti interni, ascesa della middle class,
importanza dell’editoria, età del giornalismo, concorrenza commerciale.
Glorious revolution:
 introduzione di un modello parlamentare vicino a quello contemporaneo
 act of toleration per porre fine ai dissidi religiosi
1702: sovrana Anna, sorella di Mary e seconda figlia di James
Act of Union, 1707: atto con cui i regni di Inghilterra e scozia vengono uniti in un solo stato; i due
parlamenti si fonderanno in un unico parlamento, the Parliament of Great Britain.
Precedentemente, Inghilterra e Scozia avevano lo stesso sovrano, due corone stavano sulla stessa
testa (union of the crowns 1603), però non erano fuse; l’unione delle due corone che inizia con
James I, che per gli scozzesi era James IV: questo era solo un caso, perché la linea ereditaria degli
Stuarts è anche quella scozzese. L’unione avviene nel 1707 per motivi dinastici: né Mary né Anne
potevano avere figli. Non c’erano figli protestanti; avevano solo un fratellastro cattolico, figlio di
seconde nozze di James II.
Act of Settlement, 1701: va di pari in passo con L’act of Union; è una legge di successione che
esclude i discendenti degli stuarts cattolici, designando al loro posto una nuova dinastia, quella degli
Hanover. Si costringe la Scozia ad accettare la legge di successione, evitando lotte intestine e tra le
due nazionalità. Lo scopo è evitare scompigli interni, timore concreto a quell’epoca.
Dinastia Hanover
con l’act of Settlement, la corona passa agli eredi di Sofia di Hanover, nipote di James I; sono
George I, II, III della dinastia Hanover. Sono stranieri.
George I non parla nemmeno inglese, non conosce il paese da governare; quindi, lascia il governo ai
suoi ministri, che lui sceglie nel partito Whig: è un partito fautore della monarchia costituzionale,
della tolleranza religiosa, è composto da non anglicani, quindi da dissenters e puritani. Va a
supporto dell’aristocrazia non anglicana e, gradualmente, dell’alta borghesia mercantile e poi pre-
industriale. L’ascesa della borghesia nasce anche da queste matrici politiche: sono vicini al
mercantilismo, alla borghesia. Credono nel progresso, non nello status quo, sono top-down. I
Tories, invece, raccolgono consensi tra proprietari terrieri nella cerchia ristretta della corte, contrari
a religiosi diverse dall’anglicanesimo, fortemente monarchici.
George I era distante dalle arti, non era mecenate. Si crea una situazione diversa, ma ha risvolti
positivi. La distanza del re dà impulso alle arti e le trasforma; nel diciottesimo secolo gli artisti
abbandonano la corte e cercano altri canali di sostentamento, portandoli a legarsi più strettamente
col loro pubblico. Cresce l’importanza dell’editoria. Si comincia a fare i conti con la commercialità
delle sue opere. Il mercato editoriale diventa florido, perché la domanda di libri cresce di giorno in
giorno, l’alfabetizzazione cresce. Vengono istituite delle circulating libraries per le classi meno
abbienti; infine abbiamo il giornalismo: è l’età del giornalismo. È un’attività borghese. Così come
lo scrittore, che è un self-made man, colui che è artefice della propria fama.
Dietro tutto questo abbiamo una matrice puritana e calvinista: il successo mondano, nelle attività
lavorative, o sociale è frutto di una elezione; chi è scelto da Dio, avrà destinata la beatitudine, e ciò
sarà dimostrata con il successo terreno. Da un lato si è predestinato, ma bisogna lavorare e
mettercela tutta per raggiungere il successo: vi è dinamismo. L’uomo augusteo arriva al successo,
ma deve mantenere una linea moralista: bisogna ringraziare continuamente dio.
La ragione non è intesa in senso contemplativo, ma ha una declinazione operativa, funzionale,
essere capaci di mettere a frutto le conoscenze, dare un senso, interpretare la realtà per orientare il
proprio agire. Dall’otium si passa al negotium. Ci si sposta quindi all’illuminismo.
Filosoficamente nasce in Inghilterra e ha per scopo di illuminare la mente degli uomini: si parla di
razionalità, razionalismo; con la ragione si può ottenere il successo in tutti i campi, cancella i falsi
concetti e i soprusi, ripristinando i diritti naturali.
L’illuminismo è strettamente legato ala rivoluzione gloriosa in Inghilterra: i pregiudizi da
combattere sono, in primis, l’intolleranza religiosa e l’assolutismo monarchico. Si voleva evitare
alla situazione precedente l’Act Of Toleration. La ragione serve a questo, ad eliminare i pregiudizi,
per arrivare all’essenzialità delle cose, ovvero i diritti naturali.
Dal punto di vista filosofico, l’Inghilterra è la patria dell’empirismo. Non si esercita la ragione in
modo astratto, ma attraverso le esperienze dei sensi.
Dal punto di vista economico, abbiamo il liberismo, la libera circolazione delle merci; anche dal
punto di vista del corpo: il corpo può diventare una merce.
È un’epoca ricca di contraddizioni che coesistono, che a volte si scontrano altre dialogano:
 Da una parte il progresso, il dinamismo; dall’altra il valore delle verità permanenti.
 Il pragmatismo contro il moralismo e didatticismo (in senso etico).
 Infine, l’individualismo e il senso dell’universale.
Queste polarità si bilanciano, dialogano, trovano un loro equilibrio.

Novel e middle class


If it is a form particularly associated with the middle class, it is partly because the ideology of that
class centres on a dream of total freedom from restraint. In a world in which God is dead,
everything, so Dostoevsky remarked, is permitted; and the same goes for a world in which the old
autocratic order is dead and the middle-class reigns triumphant. The novel is an anarchic genre,
since its rule is not to have rules.
È una forma narrativa associata alla borghesia e alla sua ideologia dominante, descritta come un
sogno di libertà totale da ogni costrizione. Una classe sociale dinamica e libera di sbagliare ed
esplicare le proprie capacità fattivamente nel mondo empirico.
È un genere anarchico che si costruisce sul non avere regole. Lo è per necessità, poiché non
esistono modelli: vengono creati dagli autori che fanno narrativa, diventando influenti per i posti;
ma effettivamente non si basano sul rispetto di regole, ma su principi pratici e logici, che sono il
fondamento del genere. La forma è sperimentale, nasce dalla libertà.
The epic deals with a world of nobles and military heroes, whereas the novel deals with the
common life. It is the great popular genre, the one mainstream literary mode which speaks the
language of the people. The novel is the great vernacular literary art, which draws upon the
resources of ordinary speech rather than some specialized literary language. It is not the first
literary form in which the common people stage an appearance. But is the first to treat them with
unwavering seriousness. Our contemporary version of this is no doubt the soap opera, which we
enjoy not so much for the occasional dramatic turn of plot but because we find the familiar and
everyday a strange source of fascination in itself. […] The staggering popularity of Reality TV
programmes which consist simply in someone pottering mindlessly around his kitchen for hours on
end suggests one interesting truth: that many of us find the pleasures of the routine and repetitive
even more seductive than we do the stimulus of adventure.
Eagleton stabilisce un legame novel-soap opera e novel-reality program. Novel tratta della vita di
tutti i giorni, non ha nulla di epico.
La contrapposizione tra l’avventura e quello che chiama the fascination of the familiar, il fascino
del quotidiano. La matrice del Pop (Popular) sta nel Novel: ciò che è comune, ciò che tutti
sperimentiamo.
Affascina, ma rispetto all’epica è nulla. Il Novel, in quel periodo, è stato bistrattato: i critici lo
descrivevano come genere degradato, insignificante. La nascita di un gruppo di scrittori e
intellettuali, professionisti della narrativa, porta ad un lavoro compatto per difendersi dagli attacchi
critici, portando una nuova letteratura, attribuendone valore.
For many eighteenth-century commentators, the answer to the question ‘What is a novel?’ would
be: ‘A trashy piece of fiction fit only for servants and females’. On this definition, Jackie Collins
writes novels but William Golding does not. For these early observers, the novel was less like the
The Times than the News of the World. It was also like a newspaper because it was a commodity
you usually bought and read only once, as opposed to the more traditional practice of possessing a
small clutch of edifying works which you perused over and over again. The novel belonged to a new
world of speed, ephemerality and disposability, playing something like the role of e-mail to
handwritten correspondence. ‘Novel’ meant sensationalist fantasy, which is one reason why writers
like Henry Fielding and Samuel Richardson called their works ‘histories’ instead.
Eighteenth-century gentlemen did not by and large rate novelty very highly, believing as they did
that the few truths necessary to a well-ordered human life had long since been apparent. The new
was thus bound to be either bogus or trivial. Whatever was valid was also venerable. The novel was
not ‘literature’, and certainly not ‘art’.
Il novel è per servi e donne; è come un giornale, qualcosa che leggi e poi butti. Non è corrispndente
a un piccolo gruppo di lavori, di opere edificanti, che si sfogliano continuamente e che
continuamente insegnano. Il novel non insegna nulla. Il novel ha lo stesso valore di una e-mail, che
si dimentica; diversamente da una lettera scritta a mano. Il dinamismo convive con una visione
statica, in cui le classi sociali che fin ad allora avevano avuto più prestigio e l’intellettualità del
passato, continuano a dire che la novità non cnta, non ha importanza, non ha valor.e Il nuovo era
considerato o finto o banale. Ciò che merita di essere ricordato tramandato, venerato, è ciò che è
stato, non qualcosa che arriva e passerà, ma qualcosa che è sempre stato e degno di essere
riscoperto. Si ricerca l’universalità e la moralità. Il novel non lo è, ma dialoga con questa
dimensione di rigore.
In the end, the English novel would wreak its vengeance on those who dismissed it as fit only for
females by producing some magnificent portrayals of women […]. It also produced some
distinguished female exponents of the craft. As a form, it would grow in importance as poetry
became increasingly privatized. As poetry gradually ceases to be a public genre somewhere
between Shelley and Swinburne, its moral and social functions pass to the novel, in a new division
of literary labour. By the mid-nineteenth century, the word ‘poetry’ has become more or less
synonymous with the interior, the personal, the spiritual or psychological, in ways which would no
doubt have come as a mighty surprise to Dante, Milton and Pope. The poetic has now been
redefined as the opposite of the social, discursive, doctrinal and conceptual, all of which has been
relegated to prose fiction. The novel takes care of the outer world, while poetry copes with the
inner one. […] The very distance between the two modes reflects a growing alienation between the
public and the private. The problem for poetry is that it seems increasingly remote from ‘life’ as an
industrial capitalist society is coming to define it.
Se il novel è roba da donne, sono le stesse ad avere la meglio, sia come personaggi, che come
autrici, perché il genere dona spazio ad una professionalità femminile.
Abbiamo una divisione tra sfera pubblica e sfera privata, che si riflette sul movimento romantico
(manifestazione dei sentimenti, ovvero del privato) e che troverà rigore nel secolo successivo.
Le donne erano associate al privato (anche ideologicamente), che si realizzano nell’ambito
domestico, che sono portatrici di un mondo privato, ovvero i sentimenti. Le donne è portatrice di
sentimenti, l’uomo è portatore di ragione.
Dall’altra parte abbiamo un pubblico, la sfera maschile, la razionalità.
Concentrandosi sul femminile, crea dei modelli che diventeranno centrali per la storia letteraria
britannica.
Women also bulked large among novel writers because the novel was supposed to be as realistic
about the inner life as it was about the outer one. Women, stereotypically viewed as custodians of
the feelings or technicians of the heart, were thus obvious candidates for producing it. This was
not, however, simply a matter of stereotyping. Like all social groups under the unlovely sway of
authority, women needed to be adept in finely detailed observation, vigilant in their reading of a
potentially hostile world. They were spontaneous semioticians, who needed for their own sake to be
skilled in deciphering signs of power, symptoms of dissent, and fruitful or dangerous areas of
ambiguity. All this lent itself to the writing of fiction, even if the same set of talents lends itself to
being a successful tyrant.
In this sense, the novel fostered a resistance to authority at the very time that it was becoming a
resourceful medium of middle-class cultural power.
Parlare di sentimenti vuol dire parlar di donne; se qualcuno lo dovesse fare nel novel, sarebbe
meglio lo faccia una donna. Allora ci si aspetta una narrativa sentimentalista? Lennox fa tutt’altro
che questo: lei ne tratta con ironia, e non piattamente: technician of the heart vuol die questo, ossia
avere competenze avanzate. Non è una rozza rappresentazione empatica del sentimento, è una
disanima smaliziata del sentimento, anche visto in senso sociale.
Le donne sono come dei semiologi, ovvero colui che sa interpretare i segni, ciò che vede, con la
ragione, decifrandoli. Questa capacità interpretativa è svolta rispetto ai segni di potere.
Il sentimento e l’empatia permette loro di capire e comprendere i meccanismi del potere. Il
sentimento offre una chiave interpretativa per qualcosa che non ha a che fare col sentimento.
Il novel favorisce una resistenza all’autorità, al tempo stesso in cui stava diventando uno strumento
del potere culturale borghese. Da un lato, si presta essere uno strumento di potere, quindi supporta
chi è al potere in quel momento, conferma l’egemonia di alcune classi e modelli; ma al tempo stesso
permette di resistere, offre un’emancipazione rispetto a questi meccanismi di potere. Da un lato lo
conferma e dall’altro lo scàrpina tramite la figura delle donne, che smascherano i meccanismi del
potere con occhio critico, non avendone loro stesse.
If the novel is the genre which affirms the common life, it is also the form in which values are at
their most diverse and conflicting. The novel from Defoe to Woolf is a product of modernity, and
modernity is the period in which we cannot agree even on fundamentals. Our values and beliefs are
fragmented and discordant, and the novel reflects this condition. It is the most hybrid of literary
forms, a space in which different voices, idioms and belief-systems continually collide. Because of
this, no one of them can predominate without a struggle. The realist novel quite often throws its
weight behind a particular way of seeing the world, but it is ‘relativizing’ in its very form.
Il novel è una forma in cui i valori sono massimamente diversi e conflittuali, è una forma basata
sulla conflittualità; la modernità è un periodo che non permette di arrivare ad un accordo di valori,
proprio come nel novel. Sono romanzi che possono dire cose diverse a seconda di come li facciamo
parlare.
È una forma polifonica multi-prospettica basata sulle discordanze e sulla collisione, perché
relativizzante la modernità. Nulla è assoluto, dipende da come lo leggo: quale punto di vista
privilegio nel leggere la storia.

The Female Quixote


Lennox
Non ha estrazione aristocratica, non ha protettori. Ha anzi pubblicato delle opere controverse, che
sono state criticate in relazione alla sua identità di genere.
Ha celebrato la figura della coquette, un tema che non può essere trattato da nessuno, men che
meno da una donna senza protezione.
È un personaggio in grande difficoltà che, nel momento in cui scrive quest’opera, sente il bisogno di
riscattarsi per mantenersi economicamente : la letteratura non è più un nutrimento dello spirito.
In quanto donna, è più esposta a critiche e censure di quanto non lo sia un collega maschio; questo
specialmente quando raffigura un femminile difforme dalle aspettative di genere. Questo è un
problema, ma anche un’opportunità. Commettere un passo falso, rende la persona visibile.
Lennox è famosa per tutte le cose sbagliate che ha fatto: sfrutta la sua fama negativa per ricostruirsi
e presentarsi nel mondo dell’editoria con un’altra faccia. Questa è l’espressione del dinamismo
dell’epoca: saper giocare le proprie carte. Il giudizio su di lei è negativo, ma è possibile modificarlo.
Esiste la possibilità di rivalutarsi e riscattarsi, usando l’intuito per capire quali sono i vincitori del
dibattito intellettuale del tempo. Capisce che nel dibattito tra sostenitori e detrattori del novel, è
conveniente schierarsi con il nuovo genere.
Si attacca il romanzo, visto come genere ormai passato, che inculca valori non giusti, vedasi quel
che succede al Don Quijote, elogiando invece le proprietà positive del novel.
Lennox aggiunge, però, qualcosa, ossia la versione femminile del protagonista a cui si è ispirata.
Non è una seduttrice, non ha atteggiamento libertino e licenzioso, ma è una donna come tante, che
ha il primato del sentimento, la quale più di altre cade facilmente nei pericoli. Se il Chisciotte ci
sorprende perché poco comune pensare che un uomo possa incorrere in quel tipo di errore,
diversamente accade per una donna, che non ha esperienza del mondo: è più plausibile. Finisce per
dare credito ad una narrazione non credibile, interpretandola come se fosse la realtà dei fatti.
Nell’età del razionalismo, se non si usa la ragione, si legge male.
La protagonista conferma tutto ciò che i sostenitori del novel dicevano. Il romance è pericoloso,
soprattutto per le menti più plasmabili, in specie quelle delle donne.
Ma nel rapportarci questa storia, ci dice che può essere letta anche come una smentita: la
protagonista, nonostante tutto, è saggia nel capire e manifestare, nella sua follia, la sofferenza
dell’emarginazione femminile. Arabella fa delle cose che la donna non poteva fare altrimenti,
grazie alla sua follia; e ricorda quanto l’idea del novel sia orientata in senso patriarcale, esclusivo,
discriminatorio: ci dimostra la sua superiorità morale, essendo pazza, a chi pazzo non è, e se ne
approfitta. Offre uno sguardo sulla realtà demistificante, che non va a conferma
dell’argomentazione della sua parte, ma al contrario interroga l’ideologia su cui si fonda quella
nuova narrativa, che è discriminatoria. Ciò che è più corrosivo in quel romanzo è scrivere
un’opera che è sul crinale tra novel e romance, in cui mentre ci racconta la storia di una lettrice
scriteriata di una narrativa esecrabile, allo stesso tempo quel racconto è visto da Arabella come un
grande romanzo eroico, quindi racconta quasi un romanzo. Ed è questo il lato migliore: la parte del
romance. A parole, ci dice che è deteriore, ma nei fatti ci fa venire voglia di leggerli. Tutto è il
contrario di tutto.
Non si conoscono le sue origini, non è un personaggio illustre di partenza. Comincia col teatro, per
poi dedicarsi alla scrittura.
Suo marito, Alexander Lennox, era un impiegato presso un editore, quindi colui che l’ha introdotta
nel mondo editoriale. È un’epoca in cui lo spazio riservato alla letteratura femminile va negoziato;
spesso l’attività artistica di una donna è guardata con sospetto e ostilità. I suoi esordi hanno ricevuto
pareri negativi:
 Poems on several occasions, in cui abbiamo “the art of coquetterie”, ossia l’arte della
seduzione femminile. La coquette è il corrispondente della sua controparte maschile del
libertino.
 The Life of Harriot Stuart, dove sviluppa il personaggio della coquette, criticato perché
contrario alla morale dell’epoca. I periodici lo reputano scandaloso, scabroso; sono spesso
diretti da letterati famosi. Le recensioni danno fama, anche se negativa.
 The Female Quixote, or the Adventures of Arabella. Legge col sentimento e non con
raziocinio, che la portano a identificarsi con i personaggi all’interno.
I romanzi all’interno del libro:
 Madeleine de Scudéry
 Gautier de Costes de la Calprenède 
Sono narrazioni fantasiose e imprecise dal punto di vista storico; i personaggi femminili hanno il
ruolo di dettare le regole del rapporto tra i sessi, basato sul rispetto e della devozione.
Come nel romanzo di Cervantes, Arabella trasfigura la realtà.
È pazza, ma è libera: la possibilità di vivere in un mondo tutto suo le permette di vivere in una
posizione privilegiata, attribuendosi un ruolo elevato nei confronti degli uomini, sottoponendoli ad
una serie di prove, credendo addirittura di avere potere di vita o di morte su di loro: un sorriso è
segno di vita, un suo rifiuto è segno di morte.
Leggere in questo modo delle opere di per sé mediocri è sbagliato. Sono portatori di tradizione
fantastica e di evasione, e non possono essere letti come rappresentazione della realtà; è il novel ad
avere questo privilegio, oltre ad essere educativo.
Arabella non ha nulla della coquette, ha delle indubbie doti morali, non ha nulla di esecrabile,
motivo per cui l’autrice riesce a riscattarsi, trovando appoggio da parte di Samuel Richardson,
Henry Fielding e Samuel Johnson.
Quest’ultimo è uno dei personaggi più in rilievo e più illustre del periodo. È l’autore di un
dizionario della lingua inglese pubblicato nel 1755 che per 50 anni è considerato come il dizionario
di inglese per eccellenza; ha pubblicato un’edizione annotata delle opere di Shakespeare; autore
prolifico. Ma ebbe un legame col giornalismo, evento fondamentale. È fondatore e direttore del
periodico the Rambler, sulle cui pagine si scaglierà contro i pericoli del romance a favore del novel.
Queste argomentazioni giornalistiche verranno riprese nel penultimo capitolo del romanzo di
Lennox. Abbiamo del giornalismo in questo novel.
Queste tre figure letterarie sono personalità di spicco ed hanno contribuito alla pubblicazione del
romanzo e a far sì che ci fosse una ricezione positiva da parte della critica. Sono personalità che
scrivono per i periodici e pubblicano delle recensioni favorevoli: questa è la nascita del patrocinio
letterario nel senso moderno del termine, ossia il talent scouting, un modo per promuovere talenti
emergenti.
Il romanzo ha una prefazione ad un nobile e patrono delle arti fittizio; da qui in poi ci si rivolge a
qualcuno che entra nel merito di ciò che si scrive; si sta parlando di persone che hanno
competenze in materia e possono giudicare.
Fielding metterà a confronto il Don Chisciotte e il romanzo di Lennox, scrivendo 5 motivi per cui
quello di Lennox è migliore e 4 in cui il primo primeggia. Il tentativo è quello di metterli alla pari,
se non addirittura insinuare che il secondo sia migliore.
C’è un motivo per cui quello di Lennox è migliore, o meglio, credibile. Ed è il fatto che è una donna
ad essere protagonista e agire nel modo in cui lo fa. Perciò vale la pena.
Lo spazio del romance è associato al femminile, non solo per il pubblico o per le autrici, ma anche
per via di ciò di cui parla, che è vicino al femminile. Gli stereotipi di genere stabiliscono che ciò di
cui si occupano questi romanzi è marginale e fantasioso: a chi può piacere? Alle donne.
La ragione per cui i letterari si interessano al libro è il dibattito dei generi narrativi: la critica è
concentrata a dimostrare che un romance è antiquato e dannoso. Ed è questa la linea più superficiale
del testo. Ma c’è di più.
Cervantes, Don Quijote
Non fa parte della corte e si dedica poco alla poesia. Con lui nasce il primo romanzo con un
personaggio con una vera e propria identità, che muta nel tempo: è un evento, perché si passa da
un’epoca medievale ad un’epoca più modella.
Al suo interno troviamo elementi del picaresco: il picaro è un personaggio furbo, che ottiene quel
che vuole con la furbizia.
Dal 711 fino al 1492 la spagna è stata conquistata dagli arabi; con Fernando de Aragona e Isabela
de Castilla, cattolici, si arriva alla completa cacciata degli arabi. Hanno una figlia che si sposa con
Filippo il bello, il cui figlio è Carlo V o Carlo II (per gli spagnoli). È un re che nasce e cresce nelle
fiandre, sotto cui si riunisce un regno enorme. Quando arriva in spagna, non è molto amato, ha altre
abitudini perché cresciuto nelle fiandre. Diventerà un re cattolico.
Delle 3 culture, vincerà quella cattolica: ci saranno problemi, perché la cacciata degli ebrei apporta
meno ricchezze; inoltre, dalle colonie americane arriva meno ricchezza a causa delle incursioni
piratesche.
Si arriva ad una fase di chiusura della Spagna verso l’Europa, che progredisce. Con Filippo iv si
arriva al tracollo.
Governo degli Validos: aumenta la corruzione, il re si disinteressa alle questioni politiche. Vi sono
discussioni politiche e letterarie; Cervantes viene tirato in mezzo nonostante non faccia parte della
corte.
È una persona che si è fatta da sola; suo padre era chirurgo, aveva problemi con la legge. Il suo
lavoro lo portava a viaggiare, finché viene messo in carcere.
A vent’anni, finisce in una rissa e come pena, oltre al carcere, viene inflitta una ferita alla mano.
Va in Italia, a Roma, al servizio di un signore; conosce un’altra realtà. C’è anche la questione di
limpieza de sangre, ovvero avere genitori e antenati cattolici, e poteva dimostrarlo, aveva una
marcia in più. Il padre riesce ad ottenere questi documenti per poter evitargli la pena e ritornare in
patria.
Lui non torna, si arruola contro i turchi a Napoli e prende parte alla battaglia di Lepanto. Gli viene
tagliata la mano sinistra, assicurandogli la denominazione di manco de Lepànto; questo sarà
pretesto di scherno dai suoi pari, perché combattere non era considerato motivo di vanto.
I fratelli Cervantes fanno carriera militare, ma vengono catturati dai turchi, che pensano siano
persone di alto livello nel trovare queste lettere. Vengono venduti come schiavi ad Algeri.
I genitori cercano di ottenere denaro per riscattarli; il denaro arriva solo per una persona: lascia che
vada suo fratello, lui resta. Tenta di scappare almeno 4 volte, ma viene sempre beccato.
Quando, dopo 11 anni, torna in Spagna, la ritrova cambiata.
1605: esce la prima arte del Don Quijote de la Mancha; ha successo. Nello stesso anno nasce Felipe
IV.
Nel 1615 esce la seconda parte, un anno prima della sua morte.
In realtà la prima parte era già chiusa, ma un autore misterioso, Avellaneda, pubblica una seconda
parte del Don Quijote a suo nome. Nel suo prologo, però, lo insulta e andrà a riscrivere il vero finale
del libro. Si crede che il suo vero nome sia Jeronimo de Passamonte, conosciuto ad Algeri; lo
descrive nel libro, ma non gli fa fare una bella figura.
Cervantes non accetta questo affronto: scrive la seconda parte, si dichiara autore unico e solo lui
può decidere di ammazzare il Don Quijote.
Nel 1605 Cervantes non è nessuno e si vede dal fatto che nessuno gli prologhi l’opera; quindi lo fa
da sé. A partire dal prologo, l’opera è tutta una finzione basata su una finzione.
Il Don Quijote era un hidalgo (media nobiltà, buon tenore di vita; viene da hijo de algo, de alguien;
è figlio di qualcuno), il cui nome non è ben chiaro: l’autore non si prende alcuna responsabilità, ci
sono flashback e ritorni, la narrazione non è chiara: questo permette di creare una realtà mista al
sogno. È una caratteristica dell’epoca, per via del sentimento di desengagno, un sentimento di non
ritrovarsi nella realtà politica, culturale ed economica, rendendosi conto che la spagna sta andando
verso il tracollo.
La società nobiliare dell’epoca era oziosa: i nobili non dovevano lavorare, era degradante nel
mondo cattolico, ed è un altro fattore per cui il paese resta indietro. La sua passione principale è
leggere libri di cavalleria; dilapida tutto il suo denaro nell’acquisto di libri, fino ad arrivare alla
pazzia. I libri di cavalleria erano molto letti in Spagna, ma c’era una critica, perché secondo alcuni
intellettuali si percepisce un cambiamento. Nasconde però un’altra critica, ovvero a quella della
società.
Don Quijote decide di diventare lui stesso uno dei personaggi; va a rispolverare le sue vecchie
armature. L’aspetto fisico del personaggio, magro, alto, scheletrico, senza forza, indicava una
personalità malinconica, che non si tirava indietro nelle zuffe e incline al ingenio (era positivo, ma
anche negativo, con sfumatura verso la locura) (teoria dei fluidi: avere un carattere corrispondente
al tuo aspetto).
Don è un appellativo che indica qualcuno di nobile (suscita risata perché è una posizione troppo
elevata rispetto al suo attuale stato sociale); Quijote sembra derivi da Lanzarote (Lancillotto) per
richiamare questa volontà di entrare nel mondo cavalleresco.
Per lui la realtà risiede in ognuno di noi: non è oggettiva, né è data dalle convenzioni sociali.
Abbiamo fenomeni di intertestualità esplicita nel corso del romanzo.
Con Sancho Panza abbiamo lo sviluppo dell’identità speculare: sono gli opposti che si attraggono,
si compenetrano e si invertono: nel terzo libro non sarà più il Don Quijote il motore dell’azione, ma
saranno gli altri, in primis Sancho, a muovere tutto e vedono la realtà con gli occhi del Quijote.
Questa è la prova dello sviluppo identitario di cui si parlava.
È una novela itinerante.
Abbiamo anche una critica riguardo la condizione della donna: Dorotea si traeste da uomo per
viaggiare da sola, perché all’epoca non poteva. È l’unico modo per essere libera.
I travestimenti sono anche uno strumento per inscenare un’altra realtà.
C’è anche una critica contro il giudizio delle persone non limpie de sangre.
Nel secondo libro, la realtà e la finzione si uniscono. Se il Quijote pensava che ognuno avesse la sua
propria idea di realtà e che potesse basarsi su ciò che creiamo, ed è fatta di parole (perché ci
basiamo su questo, generando modi di pensare, modi di agire e delle norme), allo stesso modo lo è
la finzione. Che si basa anch’essa sul linguaggio.
Nel secondo libro, i ruoli si invertono: Don Quijote è il primo a riconoscere la realtà per quella che
è. Viene a crearsi un mondo differente che esca dalla norma, creato da Sancho; nel primo libro
abbiamo, invece, una rieducazione alla realtà di tutti i giorni, nel secondo una rieducazione ad
un’altra realtà.
L’entrata degli altri nella sua finzione, lo portano alla realtà che tutto è una finzione.
La fine decreta un desengagno massimo, che trova conforto nella morte: yo soy Alonzo Quijana El
Bueno; il protagonista ritorna alla realtà. Abbiamo una redenzione che lo porta a morire, insieme al
resto dei personaggi. Non persone fisiche, ma travestimenti, personaggi.
Tema centrale è quello della percezione della realtà come interiore.
L’idea di identità e il soggettivismo: lui crede nella realtà interiore, non in quella convenzionale; si
sente libero di costruire la sua identità sulla base di ciò che lui crede reale. Quel tipo di identità è
anche identità critica, che guarda alle convenzioni culturali con sdegno. Chi ha detto che bisogna
vivere in un mondo in cui quella è una locanda e trivializzare tutto? Io la nobilito.
Lo sguardo che deriva dalla tradizione cavalleresca nobilita la realtà e l’identità: il Chisciotte, con la
sua nuova identità, è un personaggio migliore di quello che sarebbe se seguisse un percorso
normale. Dedica la sua vita a nobili valori.
Altro aspetto riguarda la presenza di figure dotate di competenze professionali che le rendono
capaci di curare la pazzia, o gestirla. Nel testo di Cervantes sono il barbiere e il curato, nel romanzo
di Lennox queste due persone convergono in una sola. Il modo in cui queste due persone
intervengono con le loro competenze è diverso da quello che sceglie Lennox: loro la alimentano,
motivano la scomparsa dei libri con un espediente fantasioso. In sostanza, lo trattano da pazzo, non
scendono a un dialogo costruttivo e reciproco con lui, trattandolo da pari.
Oltre alla trama dell’avventura del romanzo di gesta, c’è anche una trama amorosa, in cui sono le
donne a motivare tutte le imprese dei cavalieri. L’amore come motore di tutto e dedizione a un
soggetto femminile, che viene messo su un piedistallo. Ogni cosa è dedicata a lei. È un modello
molto appetibile per una donna, ed è ciò che accade in Lennox. Per una donna mettersi nei panni di
quelle storie e rispecchiarsi nella figura femminile, vuol dire cambiare la propria identità in meglio:
le donne non possono viaggiare da sole; identificarsi in quei personaggi è un travestimento per poter
agire come si vuole.
Noi non abbiamo mai accesso all’autore in quanto tale, ma a delle rappresentazioni di quest’ultimo.
In questo testo abbiamo una voce attribuibile a Lennox, interna ad una testualità. È quello che si
chiama Implite author (autore implicito). È un’immagine finalizzata a certi scopi.
L’immagine di Lennox è quella di una donna che teme la critica e la mancanza di un’accettazione.
La paura deriva dalla consapevolezza di avere alcune imbecilities, ossia carenze che sono
autentiche, ma questa sua mossa di rivolgersi a un dedicatario potrebbe essere fraintesa da chi non
si è mai arrischiato ad esporsi e da coloro che si sono sempre avventurati e trovato il mondo ad
applaudirli: dalle donne e dagli uomini scrittori. Lei non è né una donna chiusa nella propria casa,
né uno scrittore di sesso maschile. Qualcuno potrebbe pensare che questa parte scritta ad un
dedicatario sia manifesta di vanità, più che dalla paura, e che abbia scritto ad un mecenate per
confermare le lodi. Ma lei chiarisce la situazione: per lei il mecenatismo non è una conferma, ma
una protezione. Ha paura di esporsi in quanto donna. Verrà giudicata in termine di genere: le donne
vengono giudicate in quanto tali. Si sente svantaggiata. Ma riesce a trasformare i suoi punti di
debolezza in punti di forza, rappresentando queste imbecilities nel suo romanzo, difetti attribuiti alle
donne, che diventeranno punti di forza.
La convenzionalità è frutto di un’ideologia, e questo romanzo la ribadisce, innescando una
riflessione secondo cui questa sia un’ottica parziale, e non universale. Nasconde una critica sociale
che non è stata colta all’epoca.
Si legge in tre modi:
 conferma degli stereotipi
 trasformazione di punti di debolezza in punti di forza
 riflessione: poiché sappiamo che un romanzo è illusione di realtà, segnalandoci il suo
artificio, ci permette di portare al di fuori del testo quelle riflessioni che non trovano spazio
nel testo.

Eagleton:
Don Quixote, sometimes mistakenly called the first novel, is in fact less the origin of the genre than
a novel about the origin of the novel. It is thus a peculiarly narcissistic piece of writing, a fact
which becomes comically obvious when Quixote and Sancho Panza run across characters who
have actually
read about them. […] But Don Quixote is a work which actually takes this clash between romance
and realism as its subject-matter, thus turning a formal issue into a thematic one. Quixote, who has
been driven insane by reading too many romances, models his life on books, whereas realism
models books on life. He lives, as they say, in a book, and talks like one too; but since he is a
character in a
book, this fantasy is also reality. The novel, then, starts life as among other things a satire of
romance, and thus as a kind of anti-literature.
Il don chisciotte è un’opera spagnola, quindi, secondo l’immaginario inglese, viene da una realtà
deteriore: paese cattolico, culturalmente distante e storicamente ostile (invincible armada), quindi in
quella realtà, il fatto che si presenti un’opera di questo tipo: Don Chisciotte è lontanissimo dal
settecento inglese, perché per come lo raccontano è il periodo della modernità, della tolleranza, di
apertura, non è il luogo della pazzia, ma della razionalità e empirismo. Tuttavia, quella distanza così
ribadita e rivendicata è illusoria, perché è un modo per definire se stesso diverso da altro. Io proietto
sull’altro ciò che non riconosco in me. L’Inghilterra è piena di pregiudizi. Ciò che è deteriore, non è
del tutto.
Don Chisciotte dimostra di sapere costruirsi da solo una propria identità, libera, e anche il mondo. È
l’emblema di questo novel che si crea da zero, in un dialogo di tensioni con il romance, che non
sono solo rifiuto, ma anche inglobazione, anche se la storia letteraria non ce lo racconta in questi
termini.
Clara Reeve, The Progress of Romance, 1785
The romance is a heroic fable, which treats of fabulous persons and things. The novel is a picture
of real life and manners, and of the times in which it is written. The romance in lofty and elevated
language, describes what never happened or is likely to happen.
The novel gives a familiar relation of such things, as pass every day before our eyes, such as may
happen to our friend, or ourselves. And the perfection of it, is to represent every scene, in so easy
and natural a manner, and to make them appear so probable, as to deceive us into a persuasion (at
least while we are reading) that this is real, until we are affected by the joys or distresses, of the
persons in the story, as if they were our own.
Gender
Il genere è l’identità sessuale, parzialmente arbitrario, come quello grammaticale, e di natura
culturale. Viene attribuito secondo i tratti psicologici, caratteriali e fisici di una persona.
Il sesso è l’insieme di alcuni tratti biologici presenti nel corpo che vanno a definire le caratteristiche
sessuali, maschili o femminili.
Il gender invece si radica nella cultura.
Le aspettative di genere si definiscono attraverso i gender roles, i ruoli sociali e l’identità di genere.
I due devono andare di pari passo in un certo contesto.
L’arte ci dimostra come questa corrispondenza possa essere interrogata: le aspettative sociali che u
contesto ha sul modo di essere uomini e donne è anch’essa frutto di una costruzione ed è in
divenire.
The Female Quixote
È diviso in libri: si privilegiava la divisione in volumi, sicché il lettore poteva continuare a leggere il
seguito se voleva, oltre per un problema di costo.
Il primo capitolo si apre con la descrizione di un personaggio diverso da ciò che ci si aspetta: il
padre di Arabella.
C’è un’identificazione sintomatica tra questo personaggio e uno scenario culturale: una dimora, un
giardino, rispecchiano la dimensione fictional. È costruita. Questo personaggio si racconterà anche
con una costruzione spaziale.
Le donne hanno dei precisi confini a cui attenersi, come Arabella, ma questa non lo fa. Un modo
per uscire dalle aspettative di genere è quella di prendere delle prerogative su di sé, a imitazione del
maschile. Tutto quello che ci viene detto del padre, lo si legge pensando alla figlia.
Linguaggio pomposo e ironico.
Il femminile vive quindi di queste regole basate su permessi e concessioni. Arabella sfugge,
momentaneamente, al controllo, evadendo e replicando gli stessi comportamenti di chi la controlla,
diventando un corrispettivo del padre.
Gothic revival
Nasce nell’architettura inglese con ripercussoni in ambito letteraria, nell’nghilterra degli anni 40 del
diciottesimo secolo; durerà anche nel secolo sccessivo. Westminster Palace ne è un esempio. È la
riscoperta dello sitle gotico accomagnato allo stile neoclassico, all’epoca in auge.
Chiswick House è neoclassica: il neoclassico si era affermato nel diciassettesimo secolo, perché si
era diffusa la riscoperta dell’antichità classica. Lo stile palladiano si basa sull’equilibrio e la
chiarezza, dove tutto è prevedibile e regolare, riflesso della razionalità. La natura viene plasmata
dalla mano dell’uomo.
Neogotico: stile con cui il padre di Arabella costruisce il suo castello; sembra un riferimento a
Strawberry Hill House di Horace Walpole, dove tutto è sorpresa, di ispirazione medievale.
Pezzi architettonici di ispirazione medievale posti nei giardini per farle sembrare rovine.
La gestione del paesaggio sembra la realtà autentica di quei luoghi, come se non ci fosse stato
nessun intervento, verosimile. Dietro a questa supposta naturalezza c’è dietro un artificio culturale,
soprattutto l’idea di una orchestrazione, di qualcuno che ha fatto delle scelte e che ha voluto
controllare quella natura e plasmarla secondo i propri progetti.
The draughtman’s contract
Il pittore, Mr. Neville, è un paesaggista ingaggiato per ritrarre queste vedute. È il periodo della
pittura fiamminga, che nasce nel 400 con Van Eycke, ed è approdata in inghilterra grazie a Van
Dyck.
Questa pittura ha una prospettiva diversa da quella italiana, che segue quella centrica, quella del
punto di fuga, da cui dipartono tutte le linee. In quella pittura, lo spettatore è fuori dal quadro. Per i
fiamminghi, lo spettatore è incluso nello spazio della rappresentazione. È famosa per la sua
rappresentazione particolareggiata della realtà, nei dettagli, i quali possono essere portatori di
simboli.
È perfettamente corrispondente a ciò che si vede. È ciò che fa Mr. Neville.
Questo pittore è bravo a rappresentare la realtà fedelmente, ma non la capisce. “la mia pittura ha
una corrispondenza totale con ciò che vedo”, ma lui la manipola quella realtà, dettando regole e
proibizioni. È una rappresentazione guidata e plasmata, per la riproduzione di uno spazio artificiale
sottoposto al dominio razionale. Infatti, la rappresentazione è statica, ordinata, circoscritta,
inquadrata in una cornice.
La cornice è simbolica: è il tema principale e fortemente simbolico. Prima si trasforma la realtà, poi
dominarla con il disegno. Questa pittura è un tentativo di dominio del paesaggio. L’idea di volere
rendere paesaggio e persone prevedibili, assegnando dei ruoli ascrivibili alla persona che controlla,
ma quel controllo razionale non è che un’illusione. La realtà non può essere racchiusa in una
cornice statica, non è mai armoniosa e prevedibile: la vita è caotica. La tensione tra il desiderio
razionalista di dare un ordine, anche apparentemente caotico (neogotico), e l’incapacità di
controllare tutto, evitare uno sviluppo autonomo.
Il modo di disegnare di Mr. Neville è simile al modo in cui il padre vuole plasmare Arabella.
Il novel è la rappresentazione di un’epoca, non è solo un contenitore che racchiude in sé il pensiero
dell’artista.
Lo sguardo del narratore della storia di Arabella è onnisciente, ci svela i vari punti di vista dei
personaggi; ci svela uno scontro di rospettive, perché Arabella fa delle cose che agli occhi delle
altre persone sono folli.
Arabella è imprevedibile, perché folle; ti sfugge; anche se nell’ottica di Arabella tutto è coerente.
Abbiamo una coerenza folle che si scontra con l’ingestibilità: per trovare un punto comune, è
necessario cambiarla e curarla.
Arabella appare subito come personaggio deviante, a partire dall’aspetto fisico e nel modo in cui si
veste.
The female quixote, non è una semplice parodia. Accanto a questa c’è una vena satirica, una critica
sociale; c’è uno sguardo smaliziato che smaschera le contraddizioni dell’ideologia egemone.
Arabella ne è vittima, perché è un personaggio molto intelligente, capace, positivo, che però ha
delle imbecilities, ha dei limiti, che non derivino dalle sue carenze, ma dal fatto che ha avuto
un’educazione inadeguata, quindi ha ineguali opportunità, non può esprimere le sue qualità. E
questo in buon parte in quanto donna, oppure perché in quella società ci sono ei modelli poco
auspicabili nella società, vivendo in subordinazione e reclusione, che non le permette di esprimersi.
Tutti questo viene articolato con una serie di avventure che vengono disposte in modo simile alla
struttura del Don Chisciotte, ossia una struttura schidionata. Le avventure sono allineate una dietro
l’altra.
C’è una cornice generale, che nel caso di Arabella è quella romantica, data dal rapporto tra lei e il
cugino Glanville, che la ama, e che man mano perde la pazienza. È un maschile positivo,
sinceramente innamorato, cercando di convincerla a rinunciare questa pazzia romanzesca
pazientemente.
Il narratore regista ciò che avviene, dimostrando l’assurdità di Arabella, ma non è del tutto
imparziale il narratore instaura un rapporto speciale con Arabella, basato sulla simpatia e
complicità. Apprezza Arabella perché ha delle qualità; il tono è umoristico, tipico della parodia, è
faceto, le cose vengono dette senza che vengano prese sul serio.
L’atteggiamento parodico si trova nei sottotitoli-didascalie.
Si prende in giro il romance, ma anche il maschile, che dovrebbe essere il motore di rinsavimento.
Tutto viene preso in giro. Si presta a diverse letture.
Ciò che viene detto in questa narrazione non va preso sul serio: è uno sguardo distaccato che strizza
l’occhio al lettore. Cos’è che è peggio? Il romance o il novel? Il padre o Mr. Hervey?
Ci si limita a sorridere, oppure si ricerca una morale.
Il ruolo di Lucy è paragonabile a quello di Sancho, ma c’è la differenza della vanità: lei asseconda i
desideri dalla padrona di essere apprezzata. Si insiste sulla vanità.

Pamela, or virtue rewarded


Richardson
Non è scrittore professionista, né colto, ma è un commerciante londinese che arriva a scivere questo
romanzo che non è l’opera più straordinaria che ha scritto.
Inizia a lavorare a sedici anni come apprendista da uno stampatore e graduamente migliora la sua
condizione sociale, con dei matrimoni ben scelti, ossia sposa le figlie dei suoi datori di lavoro. È un
self-made man.
Se hai successo, puoi salire di un gradino. È quello che fa Richardson. Il sistema editoriale permette
il suo avanzamento sociale.
Poi abbiamo le upper classes, l’aristocrazia, che non è ricca e potente perché ce l’hanno fatta da sé,
ma le loro ricchezze vengono dalla loro famiglia.
Arriva a 51 anni, 1740, non particolarmente colto, stampatore londinese; ad una certa, scrive, anche
se non vuole scrivere narrativa: un editore gli ha commissionato un manuale di lettere famigliari di
vita quotidiana.
Bisogna che sia una narrazione verosimile alla realtà. L’idea è di prendere ispirazione da ciò che
conosce: sente raccontare la storia di una cameriera che è riuscita a sposare un nobile da cui
lavorava. E il suo matrimonio è celebrato come matrimonio perfetto. Di solito questo genere di
storie finivano male. Quindi prende questi due elementi, prende spunto e ne scrive: racconta la
stpria di una giovane domestica di 15 anni, che sarà avvicinata dal suo padrone in modo non molto
nobile, che alla fine otterrà quel che vorrà. Scriverà ai suoi genitori di queste avances imbarazzanti;
la narrazione diventerà un romanzo.
Eagleton: il novel sta al confine tra due aspetti; ci presenta ciò che sembra un’immagine oggettiva
del mondo, ma sappiamo che queste immagini sono state create soggettivamente, emblematizzato
dal female quixote. La mente forgia la realtà. Se un romanzo rappresenta una fetta della vita, come
può insegnare come generali? Dicotomia parziale-generale. La didattica del roanzo rpesuppoe
l’insegnamento di una verità universale, ma la narrazione si concentra su un particolare.
Come fa funzionare un romanzo? È costruito sul fio di un rasoio. Lo scrittore è un blade-runner,
cioè che corre su una lama, mantenendosi in equilibrio precario. Perché funzioni, non bioga
precisare che sia una finzione, altrimenti il lettore non lo interiorizza. Ma se un romanzo deve avere
una forza esemplare, ossia l’universalità, deve essere capace di farsi prendere per reale: sembrare
vero, ma non troppo, giocare con questa idea di realismo. È evidente in Pamela, a partire dalla
prefazione.
La scrittura epistolare, dalla metà del diciottesimo secolo, fiorisce grazie al successo di questo
romanzo, nonostante parodie e critiche. Nasce un vero e proprio merchandising che riproducono le
scene e i personaggi del libro; tant’è che ne scrive un seguito.
Si produce una seconda edizione, in cui compare una prefazione, nella quale compare il nome di
Richardson, che non si definisce l’autore, ma l’editor (curatore): prende materiale altrui, ne dà una
forma, ne cura la pubblicazione e vi aggiunge qualcosa, come la prefazione.
La authorship delle lettere non è sua, ma di Pamela Andrews; la prefazione giustifica l’operazione
che ha fatto: di questa storia vera ne è il divulgatore e giustifica l’opera di divulgazione.
La formulazione è strana: è una sequela di IF, con una conclusione spiazzante: se è vero che questo
romanzo adempie a queste funzioni, come io penso che sia vero, si capisce perché l’ho pubblicato.
Il finale spiazzante: “l’ho pubblicato perché è vero, e posso garantirlo perché io (egli, editore)
garantisco che questa lettura ha smosso in me emozioni e mi ha disposto a ben ricevere il messaggio
educativo.”
“And, in the next place, because an Editor may reasonably be supposed to judge with an
Impartiality which is rarely to be met with in an Author towards his own Works.” = posso garantirlo
perché ne sono curatore, quindi sono imparziale. È una menzogna: sanno tutti che è stato lui a
scrivere Pamela.
Ecco la sottigliezza del confine tra la realtà e finzione.

Narratore extradiegetico: fuori dalla narrazione, onnisciente, terza persona, svela i pensieri dei
personaggi,
narratore intradiegetico: dentro la narrazione, è un personaggio a parlare.
Pamela racconta la sua storia, di cui è protagonista. È un narratore intradiegetico e omodiegetico,
cioè che parla di sé. I genitori sono intradiegetici, ma commentano le vicende della figlia, quindi
eterodiegetici.
Focalizzazione
Interna: telecamera che inquadra lo sguarod del personaggio. Punto di vista limitato di uno o più
personaggi (fissa o variabile).
Multipla: vista da sguardi diversi.
Mimesi: showing, ciò che vedo a teatro, quindi gesti, comportamenti.
Diegesi: il telling, mostrare la parola: personaggio che scrive, personaggio che parla ad un altro.
Narratario (narratee): destinatario dei quello che il narratore riporta. Pamela è narratore e genitori
narratari.
I punti di vista sono parziali, quindi nessuno vede la realtà allo stesso modo. Le prospettive sono
parzialmente diverse.
Pamela controversy
La ricezione di questo romanzo contribuisce a decretarne la popolarità in ambito letterario e non: un
dibattito pubblico di ampia portata tra Pamelists and anti-Pamelists.
Il romanzo veniva citato e letto in chiesa dal pulpito che nei loro sermoni inserivano delle citazioni
e riferimenti al testo. Siamo in periodo di tolleranza, individualismo e razionalità: la predicazione è
centrale. L’uso del testo sacro serve a veicolare verità trascendenti e immutabili, ma anche
immanenti e terrene, quotidiane. Si tratta di insegnare a vivere secondo i precetti cristiani, di portarli
nella contemporaneità moderna. Questo è un problema, perché c’è uno iato, una discrasia, tra il
linguaggio della bibbia e la contemporaneità del Settecento inglese. Come attualizzare il
messaggio? Pamela funziona come un manuale di condotta.
Da una parte c’è il bene e dall’altra c’è il male. Un modo chiaro e semplificato per mostrare i
pericoli e la virtù.
Non abbiamo un intervento autoriale che ci guidi nella lettura delle lettere: sta al lettore, che può
porre l’accento sulla virtù o sulla ricompensa.
Accanto a questo uso estremo si arriva a un altro uso estremo. Fielding ne fa una parodia.

Modulo II
Frankenstein, il gotico e la fantascienza
Crisi della reggenza e il film “the madness of king George”
Il re manifesta una sorta di logorrea, un parlare senza limiti. La follia del re consiste nell’assenza di
ogni censura: non si trattiene, parla a ruota libera, e il suo è un discorso smodato, incessante e
osceno.
La malattia del re, e della regalità, è l’urgenza di parlare subito, immediatamente, senza filtrare e
organizzare il proprio discorso; ricorda molto la nascita del novel e il writing to the moment di
Pamela.
La regalità è la cerimonia, il sapersi adattare ad un modello forte e autorevole, che detta il
comportamento adatto. Quando questo modello crolla, quando le cerimonie vengono meno, ecco
che questa crepa nel modello o nelle cerimonie fa emergere l’inconscio.
Il sovrano viene curato da un medico, il quale capisce qual è il problema: è una malattia della
regalità. Bisogna restituirgli la sua funzione pubblica e ridargli un’immagine adeguata: insegnarli a
comportarsi come ci si aspetta da un sovrano. Se non è capace di controllarsi, verrà trattenuto dal
suo dottore.
Il romanzo settecentesco nasce in assenza di origini preconfezionate. Non è un caso che la narrativa
settecentesca si trovi al di fuori della corte, in uno spazio libero, che diventerà la sua matrice. Ogni
volta che si fondano dei modelli narrativi, anche strettamente codificati, quali la fantascienza
(formulaico), possono essere imposti, ma non lo sono mai. C’è sempre un’intereazione libera tra
formule, stereotipi, libera di autodeterminarsi. Non c’è controllo, censura; orni autore, interpetando
anche le convezioni, esprime una propria originalità e libertà. Questo vuol dire che studiare
un’opera narrativa ci porta a rintrcciare tradizioni, generi e modelli, a studiare l’unicità di
quell’opera.
Il caso di Frankenstein appartiene, per certi versi, ad una tradizione gi esistente: potrebbe essere un
tardo romanzo gotico, pur essendo diverso dal genere. Inaugura una nuova tradizione narrativa, che
confluirà alla fantascienza. Ma nessuna delle opere che si ispirerà a quel modello saranno riela
borati liberamente.
Il film è la morte della regalità, del controllo.
il romanzo gotico: the Gothic novel
l’iniziale è in maiuscolo perché i Goti sono un popolo. Gotico corrisponderebbe a Goti, un’antica
popolazione germanica, la cui lingua è gotica. Importante è una bibbia scritta in gotico. Il termine è
usato nel suo significato estensivo come sinonimo di germanico, tedesco, barbarico.
Vengono dalla svezia meridionale, spostandosi sul mar Baltico e dividendosi in Visigoti e
Ostrogoti.
410 a.c. sacco di Roma da parte dei Visigoti, con capo Alarico. È avverito come evento epocale di
grande rilevanza simbolica. Sant’agostino lo interpreta come una punizione nei confronti di Roma e
la sua corruzione.
Gli ostrogoti, con Teodorico, si insediano in Italia, a Ravenna.
Sono popoli importanti, simbolicamente considerati come la rappresentazione dell’identità di
matrice germanica.
Noi, di discendenza romana, li vediamo come dei barbari, termine greco onomatopeico per coloro
che parlano in maniera incomprensibile, quasi balbuziente => chi non parla il latino è balbuziente.
Si evolve in non-romano, non-cristiano; poi di persona efferata, rozza, sanguinaria, poco educata.
Questo è il senso in cui viene caricato l’aggettivo gotico nelle lingue romanze: ha senso spregiativo.
La nostra è un’identità altera.
Secondo la prospettiva inglese, invece, i Goti sono coloro che disgregano l’impero romano,
mischiandosi con i romani; sono avversi al dispotismo dell’impero romano. La romanità è
oppressione, perché si impone sulle altre identità nazionali: i Goti pongono fine a quel dominio
autoritario. Sono anche anticattolici, vedasi il Sacco di Roma: religione corrotta, formalizzata;
fanno prevalere forme più autentiche di spiritualità.
Arte gotica
Tredicesimo secolo.
Il termine viene introdotto dagli artisti del rinascimento con accezione negativa, sia sul periodo che
l’arte: il medioevo come periodo buio, il gotico era visto come barbarico; nei secoli, quando l’arte
gotica nacque, si provarono diversi altri termini non spregiativi (arte ogivale ad esempio). Nasce in
francia, nel sacro romano impero e in inghilterra. L’archeologo francese che coniò il termine, volle
contrapporla all’arte romanica (art roman: arte romanza) e collegabile ad una romanità; anche per
riferirsi all’era della popolaione.
L’arte gotica trova lasua espressione più rilevante nell’architettura, con elementi già noti (arco a
sesto acuto ad esempio), combinati per poter dare agli edifici una certa elevazione. Acanto allo
slancio verticale si combina la luminosità, l’introduzione di archi, colonne e vetrate luminose. L’uso
della luminosità ha a che fare con un nuovo senso di spiritualità: la luce è quella divina e spirito di
elevazione del credente.
L’architettura gotica è sorprendete e ardita, perché raggiunge alte elevatezze e il peso va distribuito
su tutti gli elementi portanti, non sui muri.
Se l’arte romanica (o normanna, perché ci riferiamo alla battaglia di Hastings) è simile a quella
della torre di Londra (fondata da Guglielmo il Conquistatore a scopo difensivo). C’è una leggenda,
ripresa da Shakespeare nel Riccardo III, che si riferisce a Giulio Cesare che ha costruito detta torre.
Viene detta neo-Gotica l’arte che si ispira all’arte Gotica.
Romanzo gotico
Genere strettamente codificato, nel 1764 Horace Walpole pubblica The Castle of Otranto, primo
romanzo gotico. Da lì, fino alla fine del secolo, ci saranno una ripetizione dei temi del gotico, con
elementi fissi.
La formula: triade del romanzo gotico => eroe, eroina (perseguitata), malvagio.
Abbiamo un femminile debole, salvato da un eroe (che ricorda il romance). Si chiama novel, ma è
molto romance. Ha tantissimo del romance, addirittura alcuni elemnti provengono da quella forma
narrativa. E proprio come può essere problematizzata questa narrativa, può essere problematizzato
anche il Gothic Novel.
Polarizzazione del gender: un maschile, onegativo, violento, crudele, aberrante, oppure eroe puro,
senza macchia, che ha potere e un’eroina, frastornata, vittimizzata, che non ha potere proprio.
L’altra cosa classica è l’ambientazione: castelli, scenari selvaggi, passaggi segreti, rovine, passato
feudale.
Presenza del sovrannaturale e del sublime, una sensibilità filosofica affermatasi nel XVIII secolo,
che rivisita e stravolge l’idea del bello, contaminato dalla paura e della catastrofe imminente.
La struttura: inizio con un atto scellerato, che dissolve l’ordine, la moralità, che sembra passare per
impunito. Nel finale, c’è l’espulsione della minaccia, in cui l’eroe restituisce un mondo armonico,
giusto e morale. Il problema è che la storia gioca sul crimine e graduale e faticoso percorso che
porta ad arginarlo. Per arrivare al finale si mette in scena la violenza. Il finale è però riparatore, che
risolve e ripristina le aspettative del lettore.
L’effetto complessivo: dimostra che è un mondo fatto di parole: se in poco spazio si passa dal tutto
al nulla, è un modo per mettere in primo piano la ficiotnality, ricordandoci che la realtà e l’identità
sono frutto di rappresentazioni, che hanno limiti e potere persuasivo.
Altro aspetto cruciale è l’ambivalenza: il romanzo gotico è al confine tra novel e romance. Mostra il
ripristino ma insiste sulla trasgressione. Suscita attrazione e repulsione al tempo stesso.
I contemporanei del romanzo gotico hanno più volte espresso critiche esattamente come quelle di
Johnson rispetto al romance: la preoccupazione che questi testi potessero avere effetti negativi sulla
moralità del lettore. C’è anche una sorta di voyerismo, una sorta di compiacimento nelle parti più
delittuose.
Il periodo fondativo del gotico, dal 1760 al 1780, vede quattro opere fondamentali: Walpole,
Beckford, Clara Reeve e Sophie lee. Le donne scrivono e pubblicano romanzi gotici. Il fatto che ci
siano uomini e donne che scrivono, porta anche una percezione diversa della materia narrativa.
Walpole e Beckford sono aristocratici, accentuando l’elemento sovrannaturale, come se fosse
un’attrattiva. Le donne, che sono invece borghesi, sono meno portate al sovrannaturale, ma vanno
verso la loro realtà e a guardare quei temi in ottica di gender.
Le donne sentono di non potersi esprimere, di avere una vita già tracciata, di essere relegate nelle
loro case, che non saranno segrete, né luogo di delitti, ma comunque una sorta di prigionia. Quindi
ripropongono lo stilema porposto dagli uomini secondo un’altra prospettiva.
Negli anni 90 del Settecento, Radcliffe e Lewis (the monk) saranno l’autrice e l’autore di spicco. Si
basano sulla contrapposizione tra il terrore femminile (Radcliffe) e l’horror (Lewis). Radcliffe
definisce il terrore e l’orrore come opposti: il primo è la sensazione che precede la esperienza
orrifica, frutto di attesa, ansia, timore, febbrile attesa del disastro incombente. L’horror segue
quest’esperienza, la repulsione che si prova, lo shock di fronte ad una percezione dei sensi.
Radcliffe è considerata colei che fonda un nuovo modo di fare narrativa gotica con quello che si
chiamerà l’ Explained Supernatural: nei romanzi di Radcliffe (su cui giocherà Austen) ci sono una
serie di avvenimenti che sembrano avere delle spiegazioni sovrannaturali, producendo nella
protagonista terrore. Quello che succede è che nel corso della narrazione trovano una spiegazione
razionale, che li riconduce a una normalità.
Gotico femminile
Questi ingredienti formulaici, queste convenzioni, sono sempre reinterpretate. Il romanzo gotico,
scritto dalle donne, in particolare da Radcliffe e Shelley, reinterpreta le convenzioni nell’ottica del
gender.
L’ambientazione: castello, abbazia, segrete, in quelle scrittici diventano metafore
dell’incarcerazione femminile, spazio domestico, che è reclusione.
I personaggi: l’aggressione subita dalle eroine ad opera dei cattivi rappresenta metaforicamente
l’oppressione delle donne ad opera di un patriarcato violento.
Questa teoria critica recente interpreta la riscrittura del gotico da parte delle donne come una forma
di protesta mediata delle autrici nei confronti delle sofferenze del loro genere. È una
rappresentazione indiretta, perché si usano le convenzioni letterarie del romanzo gotico, che
rispecchierebbe l’ideologia patriarcale. La donna lo riproduce e lo reinterpreta, criticandolo,
esprimendo una protesta non diretta, od esplicita, ma molto potente.
Radcliffe è la madre del romanzo Gotico femminile, ma anche del femminismo.
Elementi di contraddizione in Shelley
Nata nel 1797, figlia di William Godwin, saggista e scrittore politico inglese, e Mary
Wollstonecraft, fondatrice del femminismo.
È una coppia che crede nella rivoluzione francese, osteggiata dagli inglesi, che crede nel potere
femminila, educando la figlia come se fosse un uomo. La fa studiare, incoraggiando lo spirito
critico, crescendo in un ambiente culturale, plasmata con questi stimoli. Si innamora di un uomo
sposato, Percy Shelley, discepolo di Godwin,, poeta e filosof radicale. Sembra essere in linea con il
pensiero dei genitori.
Tuttavia, buona parte della critica femminista chiama in causa la sua vita:
 il rapporto col padre: non approva e non accetta che la figlia si scelga un uomo sposato
problematico; ci sarà una rottura terribile, perché alla fine è vero che lei è educata da uomo,
ma è comunque donna. Quindi anche Godwin certe cose non le può accettare e incoraggiare
in una figlia femmina: in sostanza, il rapporto con il padre la riporta sulle questioni di
genere.
 Rapporto con il marito: Shelley è un poeta famoso e controverso all’epoca, che fa parte di
un circolo ristretto, quello dei poeti romantici inglesi, tutto al maschile. Mary vuole
competere con loro, non vuole essere considerata da meno. E Frankenstein è una sorta di
fida che lei lancia ai poeti inglesi. Frankenstein or the modern prometheus: suo marito
aveva scritto un poema Prometheus Unbound. Sceglie lo stesso tema, quello prometeico, ed
è una gara in cui pensa di poter primeggiare. Una gara in cui pensa di poter dire qualcosa di
ancora più straordinario, proprio perché è donna, ha un punto di vista, straordinariamente
vicina al romanticismo grazie alla sua femminilità: chi mai può capire i tormenti di un
grande e nobile spirito incompreso, pieno di doti, virtù, capacità e speranze frustrate dalla
vita, quanto una donna? Allora, forse, questa storia che parla poco di donne, parla proprio di
loro. Il femminile è in tutti questi uomini all’interno.
Il romanzo di Frankenstein è stratificato: inizia con una storia e un protagonista, seguita da un’altra
storia e una terza. Infine, percorre un percorso a ritroso, dall’ultima alla seconda, dalla seconda alla
prima, portandosi dietro l’inquietudine del percorso precedente.
È pregno di modernità e immaginario scientifico: è fantascienza.
Ci sono figure con poteri soprannaturali e figure completamente vulnerabili.
Gothic constitution
È un’espressione che compare in molti discorsi parlamentari, anche famosi, tenuti nel corso del
diciottesimo secolo. Veniva usata in termini elogiativi. L’idea era di ricordare più volte quanto gli
inglesi fossero capaci di costituire i loro modelli di governo in modo autoctono. Vuol dire non
essere come quei paesi che si ispirano dall’Impero Romano: loro hanno radici proprie, radiate in
Inghilterra, garantendo la loro libertà. Non sono succubi di altri paesi, ed è cruciale anche per la
modernità: non hanno il nostro stesso sistema giuridico, le unità di misrua, eccetera.
La teoria della Common Law veniva definito Gothic theory of common law, ed è diversa dal diritto
civile. Il diritto anglosassone, diffusosi in tutti i paesi anglofoni, è basato appunto sulla common
law. Gotico vuol dire Libero. La common law si basa sui precedenti giurisprudenziali più che sui
codici. Cercano i casi relativi a temi simili a quelli di cui si sta trattando.
Condizione femminile : la proprietà, la violenza, il divorzio e l’affidamento dei
figli.
 Proprietà: 1857, Matrimonial causes act; first married property act, 1882: possibilità
per la donna di godere dei propri guadagni senza passarli al marito.
 Violenza domestica: causa del 1840: stabiliva che un marito poteva segregare la moglie e
picchiarla con moderazione; 1884, un marito non può costringere la moglie a vivere con lui;
1891, un marito non può rapire la propria moglie.
 Divorzio: fino al 1857 il divorzio poteva essere ottenuto con un costoso atto privato del
parlamento; dopo, si semplifica la procedura. C’è una divisione: un marito lo ottiene se
dimostra che la moglie è adultera; una donna non può divorziare dal marito adultero se non
ci sono le aggravanti.
 Affidamento dei figli: nel 1838, infants custody act: stabilisce che una madre può ottenre
la custodia di età inferiore a sette anni e può vedere quelli più grandi, ma il diritto di vederli
non è automatico se è accusata di adulterio.
Quello che succedeva prima il romanzo Gotico lo esaspera: sono temi storicamente reali.
Nel 1818 fu pubblicata Northanger Abbey, che prende in giro l’immaginario di Radcliffe. L’idea
della troppa acuita fantasia femminile che fa provare terrore nel momento in cui non ve n’è ragione:
è una storia in cui fantastica su avvenimenti terrorizzanti totalmente normali. Questo è rappresentato
con sguardo parodico, ironizzato, demistificato.
In quel momento storico il Gotico era sufficientemente lontano e consolidato da poter essere
criticato e parodiato, ma anche da poter essere reinventato e rivisitato come fa Mary Shelley.
Mary Wollstonecraft Godwin
Nasce a Londra nel 1857, seconda figlia di Mary Wollstonecraft, filosofa antesignana del
femminismo, autrice di A Vindication of the Rights of Woman. Il padre fu saggista e scrittore
politico illustre.
Alla sua nascita, la madre dopo pochi giorni muore di setticemia. Perde una figura di riferimento,
coltivando un rapporto forte con la scrittura materna.
William Godwin le impartisce un’educazione riservata ai figli maschi.
Nel 1814 incontra Percy Shelley, poeta e filosofo radicale, che aveva pubblicato un trattato
sull’ateismo; era un uomo sposato. Era un personaggio scandaloso, tant’è che Godwin non lo
accetta come genero. Il padre si era risposato e per influsso di questa nuova compagna disapprova
l’unione della figlia con Shelley, cercando di salvare la reputazione della famiglia.
Diventa ostile e distante, non concede un aiuto a questa coppia squattrinata. Ciononostante, riescono
a fuggire all’estero.
Tutta la vita di Mary è legata ad episodi tragici e difficili rispetto alla maternità: la madre era morta,
le morirono almeno tre bambini dopo il parto, ne sopravvisse solo uno; a questi si aggiunge un altro
lutto: quello del marito. Perde la vita nel golfo di La Spezia; lei continua a scrivere per mantenersi.
Il rapporto col marito fu anche burrascoso, non era un modello di responsività genitoriale. La sua
vita fu complessa, segnata da molte morti e viaggi.
Frankestein or the modern Prometheus: quest’opera viene concepita nel 1816 durante una vacanza a
Ginevra presso Villa Diodati, insieme alla sorellastra e Byron. Trascorrono le giornate discorrendo
e scrivendo, perché quello è ricordato un anno senza estate, poiché il clima è pessimo con piogge
(dovuto ad un vulcano nell’arcipelago indonesiano: ai tempi si credeva fosse la fine del mondo).
Parlano di temi di attualità e scientifici; leggono un libro di storie tedesche di fantasmi. Byron
propone un gioco: scrivere una storia di fantasmi.
Nel dormiveglia ha l’idea iniziale per questo romanzo: comincia ad abbozzare un racconto,
un’opera breve. Percy la incita e si arriva alla prima pubblicazione, anonima, nel 1818: anonima
perché era donna, ma non solo. Era la compagna di P.B. Shelley e qualcuno pensa che abbia giocato
su questo: una serie di lettori crede che l’abbia scritta lui. Era forse un modo per vendere? L’opera
circola che si sappia con certezza il nome dell’autore. Quando pubblicherà nel 1831 Frankenstein,
cambiando in parte il testo, con il suo nome sul frontespizio e una prefazione, il marito è morto e lei
vorrebbe liberarsi dalla diceria che l’opera sia stata scritta da lui, perché è un’opera che è
sicuramente inquadrabile in una sfida. Lei è in competizione con questi uomini. La prefazione del
’31 è l’attestazione di questa sfida.
Abbiamo un autore empirico e un autore implicito: quando l’autore scrive una prefazione ci dà delle
informazioni su quello che pensa in quel momento. Quello che abbiamo non è un autore empirico,
ma implicito, che emerge dalla sua parola. Dentro al testo abbiamo delle personae, della
raffigurazione narrativa delle identità che prendono la parola e raccontano, ma non espongono
quello che pensa l’autore.
In entrambe le opere c’è un distacco tra l’enunciatore e il romanzo. Riconosce la maternità e il
legame, ma prende le distanze dal romanzo.
La struttura
La struttura di Frankenstein è quella che si chiama embedded structure: ci sono tre livelli del testo,
dal più esterno al più interno, con tre voci maschili.
Nel primo livello, Walton scrive alla sorella tutta la vicenda. Le lettere non arriveranno alla sorella,
perché è bloccato nel ghiaccio. La sorella è il nostro corrispettivo, è l’unico personaggio più
esterno. Quindi, questa storia parla alle donne? Potrebbe parlare delle donne?
Tre livelli testuali, con tre diversi narratori e narratari:
1. Robert walton, partito per una spedizione scientifica per il polo nord; scrive a sua sorella in
Inghilterra, Mrs. M. W. Saville. Si racconta dell’inizio di questa spedizione, spostandoci poi
sul rinvenimento e salvataggio di Frankenstein, capitatovi in modo imprevisto. Stremato,
viene accolto sulla nave, raccontando la propria storia.
2. Il racconto di Frankestein, il cui narratario sarà Walton, che immaginiamo trascriva la storia
da raccontare a sua sorella.
3. La voce del mostro; ripercorre ciò che ha detto Frankenstein, dal suo punto di vista. Ha
cercato di farsi accettare dagli altri e dal suo creatore, ma è sempre stato respinto perché
genera repulsione. Da quel punto è diventato cattivo. Attribuisce la responsabilità delle sue
azioni agli altri. Nella storia del mostro c’è un ulteriore livello, in cui il mostro racconta una
storia, una mise en abime, nella quale racconta di aver incontrato una famiglia.
tutti i narratori sono maschili e in altri livelli svolgono il ruolo di narratario. L’unico livello in cui la
presenza del narratario è femminile è il primo. È un personaggio in absentia.
In questa struttura, si ritorna al primo livello, nel quale sarà presente anche la voce del mostro.
Tutti raccontano, parlano della propria storia, compiendo delle azioni, ma in primo piano c’è la
parola, l’espressione, il punto di vista. I vari punti non convergono su tutto.
Il narratore si presenta come una persona che racconta in prima voce una storia, o la scrive. Sono
narratori intradiegetici, protagonisti della storia che raccontano, e omodiegetici, personaggi della
storia stessa.
Il narratario è in absentia nel primo livello: il gioco interessante del romanzo è che la persona a cui
tutto si rivolge probabilmente non saprà mai di tutto questo, perché la nave si trova nel bel mezzo
del mare del nord, incagliata. Ma la figura assente è quella centrale.
Una parte del disegno sembra prevedere una certa fatica e degli ostacoli per arrivare alla voce del
mostro, quella più straordinaria e romantica.
Il lettore deve collaborare, perché non c’è una voce affidabile, un’auctoritas, a cui il lettore può fare
riferimento. Questo è un problema che non c’è una prospettiva privilegiata, ci sono anche delle
divergenze tra i racconti, dunque bisogna fare delle scelte, capire ciò che viene proposto. C’è un
problema di identificazione. Quando abbiamo una narrazione da parte di un narratore specifico con
un proprio punto di vista, bisogna decidere cosa fare: ci possiamo identificare? Potere, non dovere.
È una scelta.
Il romanzo gioca sul fatto che è verosimile, ma non lo è: siamo noi a dover decidere cosa è cosa.
Il passaggio di parola: Il lettore si ritrova in una catena enunciativa. Qui abbiamo una scelta:
fidarci, immaginando che ciò che sta nel romanzo è la trascrizione verbatim di ciò che è stato detto.
Spiega anche un altro aspetto, cioè che queste voci non ci sono differenze stilistiche: mancano delle
marcature soggettive che ci facciano capire la differenza tra i narratori. È impossibile isolarle. Sono
sullo stesso piano di credibilità e competenza enunciativa.
Infine, sussiste il problema di questa figura assente, che ha un aspetto interessante. Ha le stesse
iniziai dell’autrice, quindi la critica la considera una proiezione di Mary Shelley nel testo.
La storia è scritta per Margaret Walton Saville, probabilmente rispecchiamento della scrittrice.
The epistolary novel
Il romanzo epistolare ebbe incredibile popolarità a partire dal diciottesimo secolo.
Diventa mezzo della diffusione delle idee illuministe. Nasce il modello di personaggio
dall’interiorità in divenire, dinamica, con un certo spessore psicologico.
Col personaggio di Frankenstein si gioca con l’identità dello straniero, che ha uno sguardo
dislocato: è un tema presente anche nelle Lettere Persiane di Montesquieu.
Di Rousseau abbiamo il mito del buon selvaggio e le convenzioni sociali che fanno incattivire, il
fatto che l’ambientazione sia quella della svizzera ne Julie ou la Nouvelle Héloise. Frankenstein è la
storia della tensione all’umanità di questa creatura mostruosa; umanità frustrata dagli altri uomini.
Del Dolori del Giovane Werther di Goethe: raccontato in prima persona dall’eroe eponimo,
personaggio che scrive delle lettere indirizzate al lettore. Nel mostro abbiamo lo stesso
procedimento, raccontando quello che prova, le sue sofferenze.
Le relazioni pericolose prende in considerazione la nobiltà dissoluta e la borghesia dai principi
morali saldi; in Frankenstein il momento della seduzione è molto sfumata: si ha nel momento in cui
il mostro chiede una compagnia.
Le lettere di Jacopo Ortis di Foscolo parla del tradimento di ideali politici e dell’impossibilità di
coronare il suo amore: c’è una forte individualità tragica, l’impossibilità di realizzare le proprie
aspirazioni, proprio come per il mostro.
Le Lettere Portoghesi, scritto da un anonimo, nel 1669. È una corrispondenza amorosa, il cui
narratore è una monaca, Marianne, che scrive al suo amante, ufficiale francese. Gli scrive una volta
che è finita, lamentandosi dell’indifferenza di costui, sospettando non l’abbia mai amata. Sembra
autentica, una storia molto sentita dalla protagonista. È una sorta di monologo, ripetendo i tormenti
amorosi di questo personaggio. L’analisi psicologica c’è, ma non c’è evoluzione. Probabilmente è
efficacie perché il tormento viene da questa femminilità, una donna sensibile, capace di articolare il
suo dolore, soprattutto perché donna.
Il polo metominico e metaforico
Frankenstein è la pila di Morpheus.
Nel linguaggio metonimico abbiamo una catena di significati che raccontano una storia protratta
nello spazio e nel tempo con una certa trasparenza.
Tre uomini e una gamba e il linguaggio metonimico: è un linguaggio costruito sulla letteralità.
In un atto linguistico, a tutti livelli (fonetico, lessicale, sintattico, discorsivo), funzionano due
meccanismi: la selezione e la combinazione. La selezione avviene tra varie possibilità concorrenti
e simultanee, da cui bisogna sceglierne una. La combinazione fa sì che si stabilisca una
concatenazione e successione, sicché vengano messe in un ordine. Il messaggio è il risultato di
tali meccanismi.
L’asse della selezione e l’asse paradigmatico: abbiamo tante entità associate nel codice, ma ne
comparirà solo una nel messaggio.
Quella serie (asse paradigmatico) è assente dal messaggio, è presente solo nel codice, nella
lingua. La combinazione agisce in presenza, fondandosi su due o più termini presenti in una serie
effettiva, cioè concerne entità associate nel messaggio (asse sintagmatico).
Il polo metaforico sta sull’asse paradigmatico, della selezione e soluzione; quello metonimico
nell’asse sintagmatico.
Il polo metaforico si basa sul paradigma, sulla similarità: la pila sostituisce Nio. Sono su un piano
aut-aut, ma equivalenti. Cosa collega l’uno all’altro? Ci vuole un ragionamento. Le figure
retoriche sono quella della similitudine, la metafora (pila e umano = energia). Il mostro di
Frankenstein è un segno che ha diverse interpretazioni.
Il polo metonimico si basa sulla metonimia, in cui il termine proprio che ha un rapporto di vicinanza
reale o concettuale (contiguo e successione). I passaggi logici sono esplicitati nel testo.
Pamela ci racconta ogni cosa: nella storia vengono aggiunti dettagli.
In letteratura la satira sembra slegarsi dall’oggi, ma obliquamente si riferisce ad esso. Vuole
riflettere sulle problematiche del tempo.

Frankenstein riflette obliquamente sulla società contemporanea: non è ambientato in Inghilterra, ma


c’è tanto di quel paese.
Il romanzo epistolare, dando voce ad un io narrante, che usa questa forma per illustrarci i suoi
tormenti, del fatto che non è accettato per ciò che è.
Mary Shelley, usando le lettere, seppur in parte minore, ma ponendole all’inizio, mostra di volersi
servire di ciò che sa, in modo fedele a quei modelli, ma usandoli in modo innovativo: Frankenstein
ha fatto scuola. È diventato un modello per chi è venuto dopo. Un testo che si radica nella tradizione
precedente, che mostra di conoscere la tradizione (romanzo epistolare, gotico, romanticismo,
sublimo). Conosce ciò che viene prima, ma poi fa scuola, usando questi riferimenti in modo nuovo.
Sono costanti i riferimenti al romanticismo inglese: gli autori non sono necessariamente quelli che
lei frequenta, ma fa riferimenti anche ad altro, come a Coleridge.
L’autore esplicito si misura con il romanticismo inglese, maschile, tenendo banco, dimostrando di
non essere da meno e di poter, forse, fare meglio. Il senso di quella sfida letteraria è questo.
In un novel come Pamela, abbiamo degli eventi in sequenza, come da polo metonimico, e la cui
vicenda è auto conclusa, genera in un certo dibatti, ma i cui riferimenti sono nel testo, seguendo una
linea interpretativa lineare, la quale si trova esplicitamente nel testo. È una declinazione dentro ad
una testualità sintatticamente strutturata con il writing to the moment, nei termini di una espressione
di elementi contigui uno all’altro. (realismo)
Nel simbolismo e romanticismo, si rimanda ad un significato indiretto: non ci si può limitare al solo
senso diretto, altrimenti il testo perde attrattiva. È il salto logico che sta dietro ad una figura a
contare.
Qual è il significante, che ha significato, che posso sostituire al simbolo, dentro un paradigma
culturale ampio? Cosa mettere al posto della tigre di Blake? Cosa mettere al posto del mostro?
Cos’è? Lo spettro del criminale? L’immagine della Rivoluzione francese? Il proletariato contro il
capitalismo? La scienza che ha osato troppo? La scoperta scientifica che Viktor non è riuscito a
valorizzare?
La storia non dà elementi espliciti, come invece li dà Pamela: bisogna guardare all’interno di un
immaginario. Bisogna pensare in un modo nuovo.
Anacronia: discordanza tra l’ordine in cui gli avvenimenti accadono e quello in cui vengono
narrati. Il passaggio da primo al secondo livello è anche un salto temporale, perché si realizza
un’analessi, un flashback (=/= prolessi, flashforward).
Il senso di questo salto temporale è quello di mettere a confronto due momenti diversi in cui i
personaggi hanno una conoscenza diversa delle conseguenze delle loro azioni. Frankenstein
viene presentato come personaggio capace di convincere con la parola, però usa la sua retorica
non per incoraggiare Walton, né per rispecchiare l’ideologia egemone, ma per metterla in crisi
(preludendo a sovvertirli). Invece di mostrarsi eroe appagato, si dimostra, romanticamente, come
un personaggio dolente, segnato dalla vita, come a dire di fermarsi finché è in tempo: se Werther
e Ortis lasciano trapelare di osare, quantomeno facendolo non si avranno rimpianti, Frankenstein
ammonisce.
La voce di fondo sembra essere quella femminile, che sceglie la voce maschile per misurarsi con
l’altro sesso, raccontando una storia che potrebbe essere eroica, con affermazione di sé,
soffermandosi però sulla precarietà, sull’impossibilità di esprimersi liberamente senza confini
prestabiliti. Ci dà un insight sullo sguardo dell’emarginato, del sofferente, chi non potrà affermarsi
in nessun modo. Il mostro sarebbe una femminilità alternativa. Ci sono persone e personaggi che
non possono assuefarsi alle aspettative sociali e che per questo restano degli outcast.
La narrazione diventa obliqua, indiretta, simbolica, perché parlarne esplicitamente non è possibile.
Laddove il femminile non c’è esplicitamente, lo si ritrova nei personaggi stessi.
Film di Frankenstein, 1931: in the name of God, now I know what it feels to be God.
l’immagine odierna del mostro parte da qui, ma nel romanzo non c’è; la scienza che vediamo è
quella dell’elettricità; in primo piano abbiamo la macchina, che genera questa elettricità. La
scintilla vitale di cui parla Shelley la troviamo negli elettrodi.
Il mostro si muove come un robot.
Ci troviamo in un’America che sta attraversando la grande depressione. L’attrattiva di
Frankenstein sta nell’horror, nella paura: i nervi sono scossi per la crisi; quindi, l’evasione che
gioca sulla paura fantasiosa potrebbe esorcizzare le paure concrete.
Assistono delle persone, tra cui la sua fidanzata e il padre. Alla fine, il rapporto tra lui e la scienza
mette in crisi il rapporto con la famiglia, che ritorna più volte. È come se fosse un’amante.
Il film è un connubio tra Gotico e fantascienza, con inquadrature poco naturali, dall’alto al basso
ad esempio; attinge all’espressionismo tedesco, dal film Il Gabinetto del Dottor Caligari di Robert
Weine.
Il ciclo di film induce il pubblico a denominare il mostro Frankenstein.
Bride of Frankenstein, 1935 (non usa il genitivo sassone!), è la moglie del mostro, creata da
Frankenstein in seguito al ricatto del mostro, che ha rapito la moglie del Dottore: questo film ha
generato una confusione di ruoli.
Il mostro reagisce alla luce e al fuoco, per questo uccide l’assistente. Uccide una bambina, che
mostra alla creatura il suo gioco di gettare dei fiori in acqua, perché belli: lui, inconsapevolmente,
getta la bambina in acqua, perché bella, ma questa annega. Lui è innocente, è buona, ma
Frankenstein è ambivalente, perciò il mostro è complesso.

Nei primi due livelli e nel terzo abbiamo narrazioni maschili che si misurano con identità anomale.
Identità personali che da un certo punto di vista sembrerebbero incarnare gli ideali del gender
system: l’ideologia egemone prevede la distribuzione di competenze e tratti tra le identità sessuali.
Frankenstein si tormenta, sacrifica, rinuncia a tutto pur di consentire un progresso scientifico che
non è garantito: Walton e Frankenstein si prefiggono obiettivi alti. Sono portatori di un’identità
maschile assertiva e la polarità più forte e realizzata delle due. Tuttavia, queste figure, così vicine al
modello e al polo del gender system, sono anche vicine all’altro polo, allontanandosi, come se
fossero veicolo di altri sguardi e identità, mostruose e veritiere. Sono sostituibili con altri, stanno nel
testo per raccontarci la loro storia e per raccontarci anche le crepe dell’ideologia egemone.
Walton è pervaso dai dubbi della sorella, così lontana ma così presente nelle sue imprese, che
nascono già segnate da questi dubbi e che andranno a dimostrare la fondatezza dei pensieri
femminili.
Frankenstein per raccontarsi parla della sua famiglia, perché questa vicenda è famigliare, che parla
della creazione della vita, che è quanto accade in una famiglia, compito a cui partecipano entrambi i
genitori, ma la generazione in quanto tale parte dal femminile. Ecco perché in lui torviamo il
femminile.
Le premesse sono quelle di una madre debole, povera, in difficoltà, ma degna di essere amata,
virtuosa, la quale, grazie al supporto di un uomo forte, con un grande senso del dovere, riesce a
educare la sua prole come va fatto, nella migliore maniera possibile. Padre e madre concorrono a
questo scopo; laddove il vincolo manca, dove una delle due parti è debole e non è in grado di
prendersi cura della prole, si può creare un abominio: lo raccontano le storie di donne che
concepiscono un figlio fuori del matrimonio. Senza la struttura forte del vincolo matrimoniale,
abbandona la prole, causando l’infelicità di tutti, dei figli, incapaci di realizzarsi, di se stessa,
segnata dalla colpa. La storia di Frankenstein e della sua creazione è vicina a queste storie, perché
abbandonerà la propria creatura, cancellandola e allontanandola da sé, tentando di espiare la sua
colpa; ma il mostro si scatenerà sulla famiglia dello scienziato.
È femminilizzato, non riesce a distruggere il mostro.
Abbiamo un rapporto di sovrapponibilità, delle contrapposizioni, mettendo in dubbio i confini tra le
identità.
Nel terzo livello si accentua, perché presenta una esasperazione di questa sovrapponibilità tra il
maschile e femminile nell’ottica del mostruoso: accanto a delle narrazioni maschili ci sono delle
strategie che sovvertono queste figure. L’inserimento della voce del mostro è una voce aliena:
sappiamo che è un maschile, ma maschile anormale; viene emarginato. La sua voce esprime questa
condizione, che subisce ed ha subito, ad opera del mondo maschile. Con quella voce le donne
possono simpatizzare, perché il punto di vista del mostro è per certi versi simile a quello della
donna, allontanata dalla sfera pubblica, sottoposta ad imposizioni e comportamenti succubi.
Il passaggio dal livello 1 al 2 porta ad un salto nel tempo (anacronia e analessi). Ciò vuol dire che
esiste un intreccio (plot) che non segue la sequenza cronologica degli avvenimenti =/= fabula
(cronologica). Anche nel passaggio dal 2 al 3 abbiamo una sorta di salto indietro nel tempo, con la
nascita del mostro e la sua evoluzione. Questa parte, più intensa, è vicina al romanticismo.
Il mostro è come un bambino, che non conosce né se stesso né il mondo, scoprendo gradualmente
fenomeni e sensazioni, in particolare luce, oscurità, fame, freddo; scoprirà il fuoco, che produce
calore e che brucia. Il tema del fuoco viene ripreso da Wayle (1931). In generale, l’evoluzione del
mostro, come protagonista e narratore, segue il modello di Hartley Observations of Man, 1749, in
cui studia l’origine delle idee. Segue un principio di associazione e trasformazione da idee semplici
a idee complesse (associazionismo).
Cruciale è la scoperta del fuoco, tema romantico per eccellenza: nel mito greco il fuoco viene
donato agli uomini dal titano Prometeo, che non avrebbe dovuto dare. Zeus lo punisce per questo
dono sacrilego, incatenandolo ad una roccia; gli avvoltoi gli divorano il fegato, che ricresce ogni
notte. Prometeo ha anche un’altra funzione: Zeus lo tortura perché vuole che gli riveli una sua
percezione del futuro. È colui che prevede il futuro e conosce un elemento che interessa a Zeus: gli
è stato predetto che uno dei suoi figli lo spodesterà, prendendo il suo posto.
Prometeo nell’immaginario romantico è colui che si ribella agli dèi, perché vuole diventare il
benefattore dell’umanità, dandole un elemento vantaggioso per la loro sopravvivenza.
Il prometeo di P.B. Shelley: prometeo è indomito, si rifiuta di sottostare alle ingiunzioni di Zeus; in
qualche modo il titano è un essere che non si piega a Zeus, è più forte di lui, anche se è soggetto del
suo potere, perché la sua anima è grande e libera. Prometheus Unbound è un prometeo liberato, ma
che comunque non si piegherà mai.
In un altro mito, Prometeo è anche colui che crea gli uomini con l’argilla; questo è l’elemento più
letterale, perché presente in Frankenstein.
In Frankenstein c’è l’immagine dell’eroismo prometeico, dello scienziato che persegue i suoi
obiettivi, ma è anche ironico, perché il mostro parla del fuoco come ne parlerebbe un bambino, che
non sa come servirsene. È una sorta di banalizzazione di questo carico mito: cos’è per l’umanità, se
non le insegni a farne uso? Questi sogni scientifico di gloria sono ridimensionati.
Sperimenta fin dall’inizio la repulsione che genera negli uomini, già nel momento della sua nascita.
Storia in una storia: si rifugia in una capanna attaccata ad un cottage. Per la prima volta ha la
possibilità di osservare gli uomini senza essere respinto. Gli occupanti sono due giovani e un
vecchio. Questi tre personaggi, Felix, Agatha e il padre, sono i membri della famiglia De Lacey.
Si sente in colpa perché sembravano infelici, pensando che fosse per causa sua. La notte raccoglie la
legna e la lascia davanti al Cottage. Li osserva e impara ad avere una percezione di sé, identità
umana e mostruosa, e che è necessario padroneggiare il linguaggio, perché senza quello non potrà
comunicare con queste persone.
Safie: anche qui si parte da un padre. Flashback, Parigi. Per ostilità dei governanti nei confronti
della ricchezza di questo arabo e musulmano, viene imprigionato e condannato a morte: le
ingiuste rivalse del mondo quando qualcuno ha successo. Felix decide di aiutarlo, perché
comprende l’ingiustizia: durante una visita, conosce e si innamora della figlia. Questa ragazza è in
realtà un’araba cristiana, perché la madre lo era, trasmettendole la religione, insegnandole ad
aspirare ad un ruolo femminile più attivo rispetto a quello riservato alle donne. Questo racconto è
una sorta di displacement per esporre le logiche aberranti sul femminile: l’autrice usa
un’ambientazione di realtà sociale ancora più impositiva rispetto alla sua, ossia quella delle donne
arabe (con relativi luoghi comuni). Safie vorrebbe sposare Felix, il padre incoraggia falsamente
l’unione, servendosi del giovane. Felix viene esiliato dalla Francia insieme al padre e alla sorella.
Safie fugge per tornare dall’amato, in Germania.
Chi è Safie? È una straniera, che arriva nel cottage sola, senza denaro, né famiglia. Non conosce
la lingua, però è piena di speranze, vuole imparare quella lingua e cultura, che è migliore per lei,
perché le permette di esprimersi liberamente. Desidera integrarsi, comunicare ed essere accettata,
proprio come il mostro. In più, questa situazione di partenza di Safie è dovuta dal tradimento
paterno, proprio come il mostro. C’è una forte analogia tra i due, che compiranno un percorso
comune, ma con sorti e vicende diverse. Quindi siamo di nuovo di fronte ad un maschile legato ad
un femminile.
Sono entrambi figli di madre e lontani dal padre; entrambi soffrono perché il padre ha rotto la
promessa di dar loro un compagno o compagna. Sono entrambi alieni da questa società nella quale
vogliono integrarsi; per far ciò, devono comprendere la lingua, la storia e la cultura.
L’identità si misura con le narrazioni, come per Arabella. Ci sono somiglianze vistose, ma anche
differenze, soprattutto nell’apprendimento del linguaggio.
Il mostro impara la lingua osservando gli insegnamenti linguistici impartiti a Safie.
Paradise Lost, Milton, 1667: Better to reign in Hell than to serve in Heaven. Per la prima volta il
mostro si rispecchia un po’ con tutti. Adamo è una creatura innocente che viene corrotta; anche
Viktor è un po’ simile a questo Adamo, corrotto dalla scienza. Il mostro diventa Satan nel
momento in cui scatena la sua vendetta, così come Viktor diventa creatura satanica nel momento
in cui tenta di diventare Dio: entrambi sono degli angeli caduti.
Frankenstein è il confronto con l’alterità, oltre che trattare di scienza, riflettere sul contesto storico,
probabilmente abbordando la rivoluzione industriale. Questo romanzo problematizza la nozione di
alterità, spingendoci a interrogarci sui confini tra il sé e l’altro: quanto ci si immedesima? Per
passare da un livello all’altro bisogna accettare la versione proposta, che ci porta a decentrarci, a
capire l’altro e quanto vi rivediamo di noi.
Safie è alterità nazionale e di genere. Sono alterità marginali che chiedono di essere integrate, lei e
il mostro.
Safie porta una bellezza angelicata e, come viene sostenuto da studiosi e studiose, il problema è
definire questa alterità rispetto a dei modelli: la donna può diventare un angelo del focolare,
modello esemplare proposto alle donne del periodo. Tutto ciò che diverge da queste aspettative e
stereotipi, che sfidano l’ideologia dominante, sono definiti mostruosi: accanto alla donna angelo
comincia a comparire la figura della donna-mostro, fuori dagli schemi, che non rispettano le regole
del gioco e che pian piano cambiano le aspettative.
Devono trovare nuovi linguaggi, nuove rappresentazioni in cui possano identificarsi.
Il mostro e Safie si confrontano con i modelli narrativi dei tempi: Safie è pronta ad assumere quegli
stereotipi sociali e può farlo, perché ha una motivazione precisa e individuale, avendo poi dei
prerequisiti, ossia la sua bellezza.
Il mostro non ha la possibilità di integrarsi nell’ordine simbolico, né sociale.
Le narrazioni con cui si confronta gli dimostrano questa sua non integrabilità. Il mostro è un
unicum, caratterizzato da un eccesso: è più degli uomini.
Non potrà diventare angelo del focolare, né integrarsi o rispecchiarsi in un’identità di genere; è una
devianza che non ha speranza di rientrare negli schemi. Tuttavia, non è incapace di identificarsi, ma
di fissarsi in un’identificazione: tende a identificarsi con tanti personaggi, è tutto e niente. Non è, in
sostanza, portatore di identità fissa e convenzionale.
Il mostro distruggerà la famiglia, l’identità, le convenzioni, le mette in crisi con la sola presenza.
Mary Shelley riflette obliquamente il problema di incarnare una femminilità diversa dalle
convenzioni, ma dimostra che sia un problema irrisolvibile: non dà la possibilità di emancipazione,
il mostro morirà. Solleva il problema, ma non può risolverlo. Come nel film di Branagh.
Le colpe del mostro sono scritte al femminile: non potendo avere una compagna che lo definisca
come maschile (perché l’identità sessuata si forma con il rapporto di coppia). Il mostro, non
avendone una, non riesce a identificarsi, ed è quindi più ambiguo, che definisce quindi il suo
rapporto con il femminile. Questo rappresenta una parte dell’estremizzazione, di una parte
dell’esperienza delle donne difformi e devianti: quella di suscitare orrore, rifiuto, condanna, non
accettazione e non integrazione.
Il mostro è un concentrato di sofferenze e tensione a voler conformarsi, ma allo stesso tempo
divincolarsi dalle convenzioni.
Finale: lack of closure
Non vediamo la morte del mostro, almeno chiaramente. L’apertura riguarda che tante questioni
sono state poste sul tavolo e restano, esplodono nel finale, dove vediamo che queste identità siano
piene di contraddizioni, pensieri, ripensamenti, non hanno definizione univoca: mostro colpevole-
vittima, Viktor vuole cancellarlo ed educarlo, Walton attira queste contraddizioni, prende una
decisione definitiva, ma il carico resta.
Si ritorna al primo livello, sulla nave di Walton con Frankenstein, poi verrà il mostro. Il finale
assomma a sé queste voci.
Questo inizio era ispirato al poema di Coleridge: la nave bloccata fu costrizione per Walton per
ascoltare Viktor. Finito il racconto, l’interlocutore è liberato. Succede (ecco il gotico) che il
ghiaccio si scioglie improvvisamente, rappresentazione del libero arbitrio, che prima non aveva.
Sta a lui scegliere se proseguire o no.

La fantascienza
È topos quello della ribellione della creatura rispetto al creatore, soprattutto nell’immaginario
robotico.
Temi:
 Rapporto tra ciò che è umano e ciò che è alieno, tra identità e alterità, che gettano luce su
cosa voglia dire essere uomini.
 C’è il tema dell’esplorazione, come quella spaziale, che si ispira al western.
 Al cuore della fantascienza c’è il tema del gender, dei rapporti tra i sessi e in molti casi della
maternità (reale, surrogata, come quella di Frankenstein); la scienza può soppiantare le
funzioni ideologiche, ma le umanizza o no?
Frankenstein è modello per interrogare le ideologie egemoni e per proporre una riflessione su ciò
che viene escluso e considerato come inesistente perché inaccettabile.
Dagli anni Sessanta in poi c’è una frattura generazionale: i figli vivono la loro identità sessuale e
sessualità in modo diverso dai genitori. Le vecchie generazioni sono molto più vicine alla famiglia
di Frankenstein (culto della famiglia borghese, matrimonio spazio procreativo, verginità), ma nelle
nuove generazioni vigono diverse concezioni, dando spazio a identità sessuali molto più complesse,
stratificate e ibridate: è il periodo di liberazione di identità omosessuali.
Come Frankenstein racconta che c’è qualcosa d’altro, delle identità diverse che devono trovare
spazio ed essere incoraggiate, così anche in questo musical, The Rocky Horror Picture Show. È
un cult movie, cioè un’icona sociale: esistono comunità che si riconoscono in questi fenomeni.
Nasce ponendosi in contrasto con il mainstream, proponendo sguardi alternativi il cui compito è
quello di mascherare le ipocrisie della società e del mondo contemporanei. In alcuni casi, un
fenomeno di culto diventa di massa. Spesso questi cult movie portano il punto di vista di persone
convenzionali inseriti in un ambiente non convenzionale, trasformandosi per sopravvivervi. Sono
spesso degli outsiders che trasformano le persone ordinarie.
Benché il film non sia popolare, viene proiettato in cinema di periferia, cioè quella di mezzanotte,
frequentata da personaggi punk che si presentano vestiti come i personaggi del film, recitano il film
e vi si identificano collettivamente.
Realtà convenzionale: il film si apre con scene molto convenzionali (matrimonio). Dopodiché, si
rifugiano in un castello, citazione a Frankenstein movies, dove si trova una convention di alieni,
provenienti dal pianeta Transilvania, transessuali, che vogliono iniziarli ad un’esperienza sessuale
più aperta. Il proprietario ha appena creato una creatura perfetta, che è lì per soddisfare i suoi
desideri… (:/)
Anche Frankenstein enfatizzava i conflitti della sessualità e le forme identitarie emergenti dei tempi
di Shelley (proletariato, la new woman).
Qui il tema è la riconfigurazione del gender e la libertà sessuale: l’audience riflette su temi scottanti
della cultura di quegli anni. Il finale è aperto, rivolto al lettore: tutti hanno cambiato se stessi, ma il
significato è da definire.
In Frankenstein, il mostro muore, ma non si sa: non lo vediamo morire, ha continuato a proliferare
al di fuori dal testo. Continua in noi che siamo chiamati ad interpretare.
È un’opera post-moderna, remake di Frankenstein e pastiche (accostamento parodico di diversi
generi cinematografici); riferimenti al film The Bride of Frankenstein, più riferimenti a opere
artistiche, che sono trattate come identità kitsch, che sconfina nel trash. Tutto questo funziona
perché si fa riferimento all’immaginario della drag queen.
Camp: amore per le cose che sono come non sono, che sono ostentatamente ambigue e stravagante,
come se fossero una recita teatrale. È importante la dimensione giocosa e parodica, che neutralizza
ogni gerarchia, ogni sdegno moralistico. La si prende per com’è, come una riflessione fluida
sull’identità (Platinette). È eccentrico. Rifiuta e sovverte le gerarchie costituite senza proporne
nuove. La Drag Queen ne è l’emblema, il cui scopo è l’intrattenimento, ci fa riflettere sul fatto che
ognuno può performare un’altra identità sessuale. Si sposa col mondo queer.
Rocky, la creatura: ha un nome, che richiama la musica rock. È una parodia dei canoni della
bellezza maschile del tempo (sembra un culturista); ha un rapporto inscindibile col suo padrone: sa
fin dall’inizio che lo deve servire, diversamente dal mostro che non sa il perché è vivo; questo non
gli basta, non comprende quella realtà e percepisce una minaccia incombente, la spada di
Damocle (the sword of Damocles is hanging over my head), metafora della condizione precaria
della regalità. Sentendo questa spada sulla testa, con l’idea che qualcuno taglierà il filo.
Big downer: situazione deprimente
Ain’t no crime: non è un crimine, non ha scelto lui di nascere.
Non sa bene come orientarsi, sente di non poter essere se stesso, è incapace di comunicare, ma
solo quando canta, e rappresenta il suo creatore (è rappresentazione della sessualità di Frank). La
sua creazione è un po’ hippy e musicale.
Usa la scienza per fini personali per realizzare se stesso, quindi il suo piacere erotico, ed è un
personaggio sfaccettato. È uomo e donna, è master e slave, offre ospitalità ma reclude, è attraente e
repulsivo, è una figura bordeline, difficilmente definibile: è un supereroe camp che incarna dei
tratti sovversivi rispetto al conservatorismo. Ed è una commistione di egoismo e altruismo. Fa
Rocky per sé, ma anche allo scopo di cambiare il mondo.
The sword of Damocles è un’espressione presente nella retorica della guerra fredda, ripresa anche
nella retorica odierna.
1961, Kennedy: every man, woman and child lives under a nuclear sword of Damocles.
È lo stato di sospensione sotto una minaccia incombente, come per Rocky.
La minaccia nucleare è amplificata in Gran Bretagna, per via dei bombardamenti passati.
Lo sguardo britannico del presente
WWII; evacuazione di Dunkirk, 1940, nord della Francia, confine col Belgio, luogo da cui vengono
evacuate le truppe alleate, che vanno in Inghilterra. Da quel momento, l’Inghilterra resta l’unico
bastione contro le potenze dell’asse. Hitler si aspetta che il governo inglese cerchi la pace. Pianifica
l’operazione Leone Marino, che è un’invasione delle isole britanniche, che non si compirà mai e
che Hitler sa essere prematura, perché l’Inghilterra ha due risorse: la marina e l’aviazione militare.
La Luftwaffe comincia a bombardare basi militari, industrie delle armi…e gli inglesi controbattono
con la loro aviazione in condizioni di imparità (600 vs. 1300). Gli inglesi resistono, hanno un
sistema radar eccezionale e un manipolo di piloti, eroi patrioti.
L’escalation porta al bombardamento delle città, come Londra, pesantemente danneggiata,
Liverpool… prima frequenti, poi solo di notte, perché i radar erano meno efficienti. La popolazione
non poteva dormire.
Vincono gli inglesi, ma quella Battle of England, predetta da Churchill, ha lasciato un trauma
ineliminabile, presente ancora oggi.
Pearl Harbor: gli americani subirono un attacco militare ad una base militare nelle Hawaii, volto a
impedire l’interferenza degli stati uniti nelle azioni militari che una nuova potenza, il Giappone,
aveva intenzione di portare avanti nel Sud-Est asiatico.
Gli stati uniti rispondono con le armi nucleari (the manhattan project, capo Oppenheimer; the little
boy: uranium-based; the fat man: plutonium-based. Hiroshima e Nagasaki sono città in cui le
bombe possono creare effetti devastanti.). Questo è un altro momento traumatico. La nostra
generazione è frutto di questo trauma.
L’esperienza traumatica limita il linguaggio, frammenta la psiche e frantuma il significato:
psichicamente causa una dissociazione, cioè l’allontanamento di quell’esperienza, il dislocarsi e
tuttavia essere sempre lì, perché si ripresenta. La guerra fredda nasce e si sviluppa dentro a questo
trauma.
La guerra fredda
Dal ’47 al ’91 comincia la guerra fredda.
L’uniine sovietica, dopo la vittoria contro le potenze dell’asse, è capace di imporre il suo Sistema
anche al di fuori dei suoi confini nazionali.
Nasce poi la NATO, organizzazione internazionale che sancisce l’alleanza militare ed economica
tra USA e alcuni stati europei (mantenuti dagli stati uniti). La guerra fredda è tale perché non
esplode mai tra i due blocchi, ma è uno scontro raffreddato, una lotta ideologica e geopolitica per
affermare la propria influenza su scala mondiale.
MAD= Mutually Assured Distraction; consapevolezza che se venissero usate armi atomiche su
ampia scala morirebbero tutti.
Deterrenza= spaventare l’avversario e impedirgli di compiere un attacco letale con armi
nucleari. La teoria postula che avere le armi impedisce il loro uso. L’effetto è la corsa al riarmo,
una competizione su chi ha più armi.
Non è una guerra calda, ma è costellata da crisi che sembrano predire una guerra attiva.
I due blocchi competono a livello simbolico. In tutto questo subentra la guerra del Vietnam tra
USA, che sostengono il governo del Sud, e l’URSS, a sostegno dei filo-comunisti.
È una guerra spietata, con bombardamenti e armi chimiche, ed è la prima guerra mediatica: entrano
in campo i media, usati dai politici americani che cercano consenso e dal pubblico, che può essere
critico. Nel Vietnam si combatte quella che poteva essere la guerra calda.
Gara spaziale
Le cometizioni sono anche a livello simbolico. La prima è la conquista dello spazio: la space race.
Gli astronauti americani vs. cosmonauti sovietici (astronauti vs. cosmonauta in russo, ora sinonimi).
Le loro missioni sono state molto enfatizzate nella loro importanza. Ma accanto all’eroe, c’è anche
il martire, meno enfatizzati dalla stampa delle due superpotenze.
Lo sguardo britannico è critico.
La paura del non rientro e di perdersi nello spazio, morire lentamente di asfissia, lontano dalla terra;
altro problema, le esplosioni: nel 1960, nella base Kazaka di Baikonur, detona un ordigno in
preparazione, che causa un incendio; i disastri dello space-shuttle, challenger e columbia, 86 e 2003.
Il primo è esploso dopo 73 secondi dal decollo, dove muoiono tutti e sette gli occupanti; la seconda,
nella fase di rientro, la navetta si disintegra nei cieli del Texas.
1967, annus horribilis: sia americani che i sovietici hanno le loro vittime; il 27 gennaio, Apollo 1 si
incendia; muoiono 3 astronauti (Grisson, White, Chafee). Il 23 aprile, al rientro dell’astronave
Soyuz 1 muore Vladimir Komarov, che viene insignito del titolo onorario russo di eroe dello spazio.
Evidentemente questa competizione aerospaziale dimostra i suoi pericoli: né gli uni né li altri
possono garantire la sicurezza ai propri astronauti e cosmonauti. La competizione è talmente
importante, che nessuno si ferma a pensare.
L’opinione pubblica considerava le missioni come eroismo nazionale, momenti che celebravano le
capacità tecnologiche del paese del blocco e gli astronauti come eroi. La missione era un consenso
politico, ma alcune voci indipendenti hanno messo in dubbio la stessa autenticità delle due missioni
più importanti, quella del ’61 di Yuri Gagarin, primo uomo nello spazio: c’è chi dice che non ci sia
mai andato, affermando che sia stata raccontata per distogliere l’attenzione da altro. C’è chi dice la
stessa cosa dell’allunaggio del ’69. Alcuni hanno mostrato delle incongruenze nei video.
Molti astronauti hanno vissuto con difficoltà la loro fama: hanno sofferto il mal di spazio, la
sofferenza che viene dopo l’affermazione eroica nello spazio. Essere un personaggio carismatico è
un peso terribile da portare.
È difficile convivere con la propria dimensione eroica. Come essere se stessi, dopo essere stati eroi?
In questi sguardi allineati alle ideologie egemoni, la Gran Bretagna gioca un ruolo importante:
membro fondatore del Patto Atlantico, ma non ha mai aderito ad alcun programma della Nasa
finalizzato al volo dello spazio. Viene adottato uno sguardo critico e distaccato rispetto a questa
reclame propagandistica. Proprio alla fine degli anni 60, in un momento di grande glorificazione
retorica dei successi spaziali, nell’arte inglese compaiono continuamente rappresentazioni del
disastro spaziale, diffuse in diverse forme d’arte: nel cinema, nella musica e nella letteratura.
Al fondo di questo sguardo creativo, sta il trauma, che fertilizza la guerra fredda ed esplode in
forme alternative.
The dead astronaut, Ballard
È il fondatore della new wave. È figlio di inglesi, ma è nato a Shangai, città cosmopolita. Durante la
seconda guerra, durante le tensioni asiatiche, è stata invasa dai giapponesi; sono stati deportati in
campi di prigionia, dal 43 al 45, poi torna in inghilterra. Torna da straniero, outsider.
È uno scrittore provocatorio.
Approda alla scrittura e alla fantascienza negli anni 60. Non è evasione. Non bisogna parlare di cose
che stanno lontani dalla terra: sono temi che vanno riconfigurati.
The biggest developments will take place on the earth, and it’s the inner space, not outer, that
needs to be explored.
L’unico pianeta alieno è la terra.
Si usa la fantascienza per parlare della psiche, di un’interiorità problematizzata, dei tormenti
dell’anima, dei traumi al fondo della psiche umana, come fa Frankenstein. La rappresentazione di
quei temi deve essere meno esplicita per esaminare cose più sottili e indirette.
The Dead Astronaut, pubblicato dopo il disastro dell’Apollo 1, è ambientato in un futuro successivo
all’era spaziale. Lo spazio è pieno di cadaveri orbitanti: molti sono i cadaveri di astronauti morti che
orbitano intorno alla terra, nelle loro navi spaziali, diventati tombe.
Sono la manifestazione di un trauma che quest’era sta lasciando: per una gara alla supremazia, sono
state uccise delle persone.
Si cerca di rimuovere e non parlare, dimenticare questi martiri dello spazio. I due blocchi
collaborano tra loro per occultare. Queste astronavi sono lasciate in orbita finché non rientrano
spontaneamente sulla terra, ma nessuno deve saperlo.
In questo luogo, Cape Kennedy, base spaziale, presentato come un luogo riconquistato dalla natura,
si trova una coppia di personaggi, perché sta rientrando l’astronauta. È una vicenda privata che
parla di un trauma collettivo, parlandone in modo sottile, indiretto, con riferimento allo spazio
interiore della psiche.

La guerra fredda
Ideologia è parola cruciale. C’è una contrapposizione che mette l’uno contro l’altro due mondi che,
incarnando due visioni del mondo contrapposte, due modi di interpretare la realtà complessiva,
l’economia, la società, la vita politica, si pretendevano fondati su ragioni ideologiche, ossia
razionali, universalmente esportabili. Per i socialisti-comunisti del blocco sovietico, così come i
liberal-democratici filoamericani, quello che pensavano dovesse essere giusto e applicabile era
legittimato dal ragionamento, da un’analisi razionale della realtà, che quindi poteva essere esportata
in qualunque posto del mondo perché giusto. Non c’è un rapporto con gli aspetti riconducibili a
dimensioni etniche e nazionali, ma abbiamo due ideologie che hanno la pretesa di universalità e di
poter essere spiegate a tutti.
La volontà di esportare il proprio modello ideologico e diffonderlo in altri paesi poteva creare
tensioni di varia natura, anche nei diversi contesti in cui queste aree di influenza di andavano
costituendo.
Queste ideologie si sviluppavano secondo un loro corso nei vari paesi, assumendo modalità
specifiche proprie: in Italia si è sviluppata la contrapposizione tra cattolici e comunisti anticlericali.
Il mondo comunista si presentava come fortemente ostile nei confronti della religione in tutte le sue
forme, anche se occorrerebbe guardare alle realtà specifiche dei diversi paesi, poiché il blocco
comunista non era completamente omogeneo. L’Albania, la Jugoslavia, Romania, Cecoslovacchia,
Ungheria, Germania dell’est erano diversi su diversi piani, anche col rapporto della religione: in
Albania si puntava alla completa cancellazione religiosa, mentre in altri c’era una tolleranza
maggiore.
Perché in quel momento storico, fine 40 inizio 50, si è creata questa polarizzazione? Perché proprio
loro?
 Fattori demografici: ancora nel 1950, nel momento clou, la popolazione mondiale era di 2
miliardi e mezzo di persone (oggi 8 miliardi). La gran parte della popolazione in quegli anni,
un terzo, circa 900.000.000 di persone, era tra Europa, Stati Uniti, Canada e Unione
Sovietica. Oggi contano un settimo della popolazione mondiale. All’epoca le grandi città si
trovavano soprattutto in questi territori. Le grandi città erano sede del progresso economico
e industriale. Il resto della popolazione era sparso su ciò che restava degli altri continenti ed
era in gran parte mondo non industrializzato. I due centri di potere non potevano che essere
quelli lì.
 Ragioni economiche
Perché proprio gli USA diventano centro di potere principale? In precedenza, la principale potenza
capitalistica era stata la gran Bretagna. Gli stati uniti, nel corso degli anni Venti, diventano la prima
potenza industriale capitalistica mondiale. La seconda rivoluzione della metà dell’Ottocento porta
gli stati uniti d’America ad un’evoluzione impressionante: le città crescono velocemente in pochi
decenni, con livelli di industrializzazione impressionanti. Gli stati uniti conoscono anche gli anni
ruggenti, nel corso dei quali si impongono al mondo nel ruolo dell’impero dei consumi. Diventano
un’enorme industria producente un’enorme quantità di beni e tecnologia, che inizia a diffondersi
con delle modalità sempre più simili. Nel passaggio negli anni della seconda guerra, questo
processo di consolidamento fa sì che gli USA diventino il più potente dei paesi, grazie anche al fatto
che non sono stati colpiti dalla guerra.
Sono fortemente legati all’Inghilterra culturalmente, tra lingua ed eredità culturale.
Quali sono state le forme in cui si è articolato questo scontro ideologico?
Ci sono diversi piani:
 Politica interna: Quello scontro ideologico si è sviluppato nelle forme della politica interna,
cioè in modi diversi, nelle due aree, si sono conosciute forme di limitazione e di repressione
del dissenso. Negli anni tra il 47 e il 54 sono conosciuti come anni del maccartismo: deriva
dal senatore Joseph McCartney, che fa riferimento ad uno sforzo di contenimento,
limitazione della diffusione del pensiero marxista e comunista in tutte le sue forme ed
organizzazione negli stati uniti. Sono stati anche anni di caccia alle streghe: chiunque
assumesse comportamenti eccentrici all’american way of life veniva bollato come
antiamericano filocomunista. C’erano varie forme di repressione poliziesca. Situazione
analoga in Svizzera, paese neutrale, capitalista e fortemente anticomunista, aveva una
polizia politica che produceva schedature, nei quali scriveva i nomi, e mandava a pedinare
quelle persone filocomuniste. Queste persone potevano essere espulse dal paese o licenziate.
nell’est, ancora più forte è stata la repressione del dissenso, la limitazione della libertà
politica e di stampa.
 Politica economica: piano Marshall, ’47, che vuole estendersi anche ai paesi comunisti, che
potrebbero allinearsi politicamente con gli Stati Uniti. Due anni dopo, l’URSS crea un piano
di mutua assistenza rivolto ai paesi dell’est Europa.
 Politica estera: ossia, il rapporto con gli altri paesi, le alleanze ed espansioni militari. Gli
USA e l’URSS costruiscono le loro alleanze militari, che sono la NATO e il Patto di
Varsavia nel 1955. Alleanze militari, difensive, di una guerra che ha la caratteristica di
essere stata conflitto ideologico non combattuto militarmente tra i due attori principali, in
ragione del fatto della deterrenza atomica, che creò una condizione tale che non si arrivò
mai ad un conflitto al centro, ma non hanno impedito scontri in periferia, in cui si
combatteva per conto delle due potenze principali e realizzare la volontà del paese per cui
combatteva. La vicenda di Cuba ne è esempio, come anche quella del Vietnam, conflitto che
si scatena con un’escalation che parte dalla metà anni 50 fino al 1973. È una guerra che
contrappone Vietnam del Nord, filocomunista, e Vietnam del Sud, filoamericano. La guerra
vede un coinvolgimento enorme di soldati americani contro i soldati vietnamiti del Nord.
Ma è interessante l’impatto globale, anche a un livello politico: è la prima guerra
mediatizzata. I cronisti di guerra possono inoltrare le immagini di quel che sta accadendo,
causando un forte impatto: gli USA hanno perdite ingenti e i media mostrano i morti
statunitensi rientrare in patria nelle bare, vedono le atrocità della guerra, della devastazione
dei villaggi vietnamiti. Questo apre una spaccatura politica importante all’interno del mondo
occidentale: ci sono cittadini che mettono in discussione la giustizia di quella guerra, le
decisioni del governo. Inizia una mobilitazione contro la guerra del Vietnam, che avrà un
forte impatto sulle culture politiche e sulla produzione letteraria di quegli anni. Da un lato si
trova chi si organizza Nel Nome dell’Altra America: negli USA c’è stato un processo che
ha corrotto i veri valori e principi originali, portandoli a combattere una guerra sbagliata:
bisogna essere patriottici e filoamericani, ma in altro modo, ritornare ad un’originaria
vocazione valoriale. Dall’altra parte c’è un mondo che si definisce antimperialista,
radicalmente critico nei confronti degli stati uniti d’America, sostenendo che gli USA sono
solo corrotti e imperialisti: non c’è un’altra America da recuperare, ma un paese da
rovesciare, su cui ricostruire qualcosa di nuovo: questi critici incontrano pensatori
comunisti, anarchici, marxisti, ma non solo. Questa spaccatura, tra filoamericani e
antiimperialisti la si trova anche fuori dagli USA: quella guerra, in realtà, non era solo una
guerra che contrapponeva due modi di voler governare il territorio, ma era diventato il
simbolo più largo di una contrapposizione mondiale. Se per gli USA vincere la guerra
voleva dire portare i valori statunitensi di uguaglianza e libertà in quell’area, dall’altra parte
era diventato il simbolo mondiale della lotta contro gli USA, la resistenza del piccolo paese
di fronte all’imperialista statunitense (era diventata una sorta di metafora). Questa guerra
finisce male, aprendo un’altra pagina letteraria, che riguarda i reduci di guerra e
dell’umiliazione statunitense (Rambo: fa penetrare le contraddizioni dei reduci di guerra e
la società).
I modelli famigliari
Gli anni 50 sono anni in cui si sono imposti due modi e modalità di vivere l’idea di famiglia, di
ruoli sociali diversi, ma caratterizzanti da un forte conformismo, fatto di modelli rigidi. La famiglia
occidentale era una famiglia dove era riconoscibile una struttura patriarcale, chiunque vi si
discostasse era considerato un eccentrico e quindi sospetto. In italia, tutto questo prendeva una
declinazione cattolica.
Anche la famiglia socialista doveva essere conforme a valori socialisti, con ruoli definiti, con forte
moralismo, anche se con un altro modo di vivere il rapporto tra donna e uomo: le donne era
tendenzialmente considerate soggetti che dovevano poter lavorare: in Albania, nelle zone più
patriarcali favorirono un’apertura mentale più distesa col socialismo. Ma i ruoli erano comunque
rigidi.
Chi aveva 20 negli anni 60 metteva in discussione questi ideali, aprendo tensioni generazionali,
contestando i modelli di comportamento sociale e familiare, gli equilibri di genere trasmessi.

Annientamento globale: È il trauma della guerra fredda: è il terrore traumatico con cui ci si deve
confrontare. Il disastro spaziale è nucleo di un trauma più vasto e profondo.
Pretesa di universalità: a questione della rappresentazione ideologica si ammanta della pretesa di
universalità: il problema è avvertire che l’unico modo possibile per costruire un’identità nazionale
sia quella giusta. Lo sguardo del dissenso cerca di decostruire questa pretesa.
Media: sono tema centrale di questo immaginario catastrofico. Diventano veicolo di propaganda:
rispetto ad una visione ideologica e propagandistica, lo sguardo ideologico trasposta una situazione
pubblica nel privato.
La famiglia: quella patriarcale è il luogo privato in cui l’immaginario catastrofico si sposta, in cui
viene gestito con modalità diverse rispetto a quelle degli scenari pubblici. Il problema è che Ballard
ci dimostra che non avviene. Esiste una pretesa universalizzante nel pubblico e nel privato, esiste un
uso strumentale nel pubblico e nel privato: esistono delle analogie profonde, la cui principale è
quello del disturbo traumatico. Chi può rappresentare questi temi, che richiedono distanziamento
critico e uno sguardo dissenziente? Una generazione giovane, tra i 20 e i 30 anni, che in Inghilterra
si trovano a rifiutare l’adesione passiva allo status quo. Mettono in dubbio tutto ciò che viene dato
per convenzionale ed universale. E lo fanno anche nella fantascienza, che è diversa da quella del
passato. Questa generazione, che non ha paura di sfidare le convenzioni, anche facendo arte,
articola unos guardo critico sul presente in termini di storia e ideologia.
Quello sguardo critico l’aveva già la fantascienza nella sua matrice: cos’è un astronauta se non
esploratore nello spazio? Cos’è lo spazio intergalattico, se non un’evoluzione di uno spazio
geografico? L’astronauta è Walton: l’affermazione dell’eroe viene interrogata sin dall’inizio.

Ballard
Appartiene alla New Wave. Ha uno sguardo critico dato dal fatto che è uno straniero in terra
straniera: arriva in Inghilterra, nel sobborgo di Shepperton. Ha uno sguardo periferico, non succube
dell’ideologia egemone, ma si posiziona criticamente.
Quando arriva a Londra, venendo da Shangai, e da un’esperienza traumatica di internamento in un
campo di prigionia giapponese, resta colpito dai paesaggi. Ha un’attrazione per i luoghi e le loro
risonanze psichiche: lo spazio è una manifestazione del vissuto: lo percepiamo in un modo perché la
nostra mente vi si colloca, tra spazio interno ed esterno. Le descrizioni spaziali sono sempre
importanti, perché manifestano delle caratteristiche che non sono solo esteriori.
The dead astronaut
Philip e Judith Groves, che si sono recati in quei luoghi per celebrare un astronauta morto, ossia
Robert Hamilton, amante di Judith prima di partire per una missione spaziale, la cui salma sta per
ritornare sulla terra. In questa missione privata, si serviranno di cacciatori di reliquie, perché le
salme degli astronauti sono merce di contrabbando: vogliono comprarne le spoglie.
Perché sono andati in quel luogo? Per un desiderio di compensazione: vogliono restituire a Robert il
giusto tributo. È un eroe dello spazio e avrebbe avuto diritto di essere celebrato con tutti gli onori.
Alla sua morte, si è compiuta un funerale radiofonico. La scelta del governo americano è stata
quella di liquidare la questione cin una parodia, o pantomima, di una cerimonia pubblica.
Robert è stato usato da Judith e da Philip.
La new wave mescola le convenzioni fantascientifiche con suggestioni del presente, mettendo in
primo piano l’uomo, la psiche, i suoi traumi e le sue complessità: non importa di parlare per
formule e convenzioni e dell’altrove, ma conta del qui, dell’ora, dell’uomo e della terra, usando in
maniera straniata quelle convenzioni. È stata ricondotta al modernismo (Joyce, Woolf etc.), che
metteva in primo piano il flusso di coscienza.

Short story vs. romanzo


La prima è quasi un frammento rispetto al romanzo. Il racconto, spesso, si proietta fuori da quello
spazio tipografico limitato, perché dialoga con altre storie e racconti. È spesso incluso in
un’antologia o rivista, che contiene opere dello stesso autore o di diversi autori. E spesso dialogano
tra loro.
Il racconto propone un tema che prende da quegli ingredienti stereotipici per poi sviluppare
un’interpretazione specifica di quella formula (appartenente alla fantascienza ad esempio).
Short story: invented prose narrative, shorter than a novel, dealing with a few characters and aiming
at unity of effect, concentrating on the creation of mood rather than the plot.
Si può leggere in un’unica seduta di lettura; emerge dalle tradizioni del diciassettesimo secolo, ma
soprattutto comprende un piccolo numero di personaggi che hanno nome proprio e si concentra su
uno specifico incidente, non troppo allargato, allo scopo di avocare un unico effetto.
Ha un proprio mercato editoriale: è una forma narrativa inserita in un circuito commerciale
dell’industria editoriale; quindi, è condizionata dalla presenza di uno specifico mercato, fatto di case
editrici, che impongono spesso delle linee guida a cui ci si deve attenere per sottomettere la sua
opera all’accettazione dell’editore. La fantascienza nasce come mercato editoriale preciso, con
richieste precise a chi vuole scrivere quel tipo di narrative. La new wave esiste perché ha trovato un
mercato editoriale che accetta e promuove le idee e guidelines che questo gruppo di scrittori si
danno.
La short story può essere considerata un luogo di apprendistato che precede opere di maggiore
estensione.
Oggi, è poco popolare, rispetto a prima. Il mercato editoriale si è evoluto in altre direzioni.
Quando nasce la fantascienza, veniva denominata come formula fiction oppure genre fiction, per
distinguerla dal mainstream; fu considerata come forma inferiore, perché formulaica e non creativa,
così come l’horror, i romanzi d’amore, il western, sono stati annoverati nella paraletteratura.
High brow culture (essere sapienti: avere fronte alta) = cultura canonica, che comprende opere
come Pamela o Frankenstein; low brow = cultura di massa.
Esiste una stratificazione culturale, che stabilisce gerarchie. Si parlava addirittura di ghetto.
L’avvento del post-modernismo contamina i generi diversi, creando una sorta di ciclo che si
autoalimenta. Rimescolanza di generi e gerarchie.
Venivano pubblicati in riviste di serie B, i pulp magazines.
Pulp= polpa di legno usata per produrre la carta; usano carta di infima qualità, vendute a basso
prezzo.
Negli anni 20 e 30, nascono queste riviste in USA, comprate da tutti, di cui Hugo Gernsback
pubblica amazing stories, che definisce scientifiction.
Pubblica storie di vari autori, quali Verne, Wells etc., che mescolano elementi scientifici ad aspetti
narrativi.
Non vuole che si scrivano cose scientificamente non plausibili, perché è la ragione per cui le opere
sottoposte vengono rifiutate. Altro requisito è l’innovazione, che non ha limite, ma non deve andare
a detrimento la plausibilità.
La narrativa formulaica, teoricamente, è la ripetizione del già detto: ci sono delle regole prescrittive,
creando formule, codificate da vari autori. Se c’è un modello, si può imitare: buona parte di queste
narrazioni si limitano a imitazioni con lievi variazioni.
Quando c’è un modello molto forte, imitato da tante persone, si può arrivare ad una fase in cui ci si
è stufati di ripetere. Non basta una variazione del modello, ma si cerca di sovvertirlo, di fare
qualcosa di nuovo, che diventerà a sua volta un modello.
Il termine new wave contiene l’aggettivo, come a dire che è diversa dal passato e non è passiva: è
anche la traduzione dell’espressione nouvelle vague, nel campo cinematografico: così come si
definisce in opposizione a ciò che c’era, così fa la new wave nella fantascienza. Lo fa grazie ad
un’editoria, che esiste e che permette a queste persone giovani, con sguardo alternativo, non succubi
dello status quo. Ma questa gioventù critica si sta diffondendo un po’ ovunque, anche con la guerra
del Vietnam. Questa generazione fonda una rivista, New Worlds, rivista settoriale (opere
riconducibili alla fantascienza); ha successo non solo britannico, ma anche gli americani leggono
queste riviste (negli USA nasce la fantascienza); si esporta come mercato e come voga creativa
anche negli stati uniti.
È contraddistinta da molto sperimentalismo, che riguarda sia la forma che il contenuto. Si parla di
cose che non venivano trattate in quei termini. C’è una continuità col modernismo, che la
contraddistingue dalla fantascienza pulp: spiccata interiorità che nella fantascina americana non
c’era. Quello che conta molto è il focus sulle soft sciences e non su quelle hard (tecnologia pura),
prettamente americane. Quelle soft hanno a che vedere con l’indagine dell’umano, le scienze
psicologiche e psichiatriche.
Manifesto della New Wave, Ballard: entrare nella fantascienza è quello di superare i limiti
dell’umano. Come sopravvivere nello spazio? Come dotare l’uomo? Ballard dice che darebbe
all’uomo uno scafandro: una tuta che serviva per andare nelle profondità oceaniche. Sostiene che
bisogna andare giù, nella psiche: servirebbe uno scafandro per resistere alla pressione della
psiche.
Wells ha creato un repertorio di temi, che per cinquant’anni sono stati ripetuti: ha codificato le
convenzioni, che poi venivano ripetute. La fantascienza deve liberarsi delle sue trame, perché il
difetto è che è molto esplicita, non lascia indovinare nulla, dice tutto, ma invece bisognerebbe
lasciare spazio per suggestioni sottili e indirette. L’unico pianeta veramente alieno, che non si
conosce, è la terra.
Il trauma è realtà pervasiva che non dà via di uscita: la contaminazione è il trauma irrisolto.
Space man: la possibilità di diventare astronauta alletta, ma non viene seguita fino in fondo
perché il protagonista si riconosce in quanto uomo, non in un uomo dello spazio. Parlare
dell’altrove riflette sull’umanità.
Super toys
Swinging London, anni Sessanta.
Movimento antimilitarista della guerra in Vietnam, fervore economico, ottimismo, edonismo,
presenza di forme di cultura giovanile legate a questo entusiasmo per un mondo che sembra uscito
dalla cupezza post-bellica. Molti movimenti giovanili sono contro-culturali, che si schierano contro
la cultura egemone per un nuovo che avanza. Un esempio sono gli hippies, diffuso dagli USA,
anche se dal punto di vista della musica nasce in Inghilterra. Era contro i valori borghesi,
consumisti, antimilitarista, flower power, ecologismo, vegetariani, droghe psichedeliche.
Timothy Leary, scrittore, psicologo e attore statunitense, famoso per aver provato delle sostanze
allucinogene, diventandone difensore (LSD): secondo lui, con l’aiuto di un professionista, possono
aiutare a curare anche l’alcolismo.
Negli anni Sessanta se ne ha una diffusione straordinaria, che aiutano a raggiungere l’estasi,
riflettendosi anche sul tema spaziale.
Sono anche gli anni della rivoluzione sessuale, cultura che propaganda contraccezioni, aborto, che i
rapporti sessuali possono essere non eterosessuali e non solo matrimoniali.
Nasce la minigonna, il bikini, che mettono al centro il corpo femminile, che danno alle donne
libertà, potere ed espressione.
Abbiamo i Beatles, i Rolling Stones, Jimi Hendrix, The Who: fanno parte della british invasion,
perché dall’Inghilterra vengono esportati in America.
Il posizionamento critico riflette anche su avvenimenti più tacitati dalla stampa, come l’anno
orribile, oppure le voci divergenti che mettevano in dubbio l’allunaggio.
Usare la fantascienza in modo sottile, ambiguo, indiretto, metaforico, simbolico, per parlare non
dell’altrove, di ciò che sta fuori, ma dell’uomo e della sua psiche.
Il robot nasce dal modello di Frankenstein: il robot è la creatura al suo creatore, tema per eccellenza
di Frankenstein (morbo di Frankenstein). Il termine viene dalla radice slava “schiavo” (rab) e
“robota” (lavoratore schiavizzato). La ribellione dei proletari, o degli strumenti del lavoro (sempre
più meccanizzati) e chi vorrebbe servirsene per facilitarsi la vita.
Asimov, anni Cinquanta, prima ancora dei robot industriali; è un neurologo, proveniente
dall’unione sovietica, appassionato di fantascienza. Dice che c’è qualcosa di sbagliato in questo
tema di ribellione robotica: se i robot sono delle macchine, non esiste una ribellione, ma un guasto.
Se un robot è pericoloso, è possibile sviluppare dei dispositivi di sicurezza nelle macchine cosicché
non siano più fonti di pericolo.
Il robot di Asimov rispetta tre leggi, che fanno sì che non sia pericoloso: non può far del male
all’umano, deve obbedire all’essere umano e deve proteggere se stesso. Concepire non una
ribellione, ma un costrutto tecnico-scientifico di cui bisogna individuare i comportamenti devianti.
Parlare di robot vuol dire prendere una contrapposizione uomo-artificiale. L’umano è anche quello
che è dotato di sentimenti, psiche, emozioni; il robot è arido, non ha emozioni, ha al massimo una
elementare logica associativa. La New Wave riprende e interroga.
È ciò che fa Aldiss in questo racconto.
Ci spostiamo in ambito familiare, il cui bambino ha un robot giocattolo che si chiama Teddy.

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