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- 21/03 Introduzione al contesto storico-sociale a cavallo dell'anno Mille (pp di riferimento sul volumetto "I classici nostri

contemporanei": 1-10)

- 28/04 Il contesto altomedievale: mentalità, istituzioni culturali, intellettuali e pubblico nell'Alto Medioevo (pagine di
riferimento: 10-14)

- 1/04 Ideale cavalleresco e cortese, pp 14-17

- 8/04 Mentalità istituzioni culturali, intellettuali, pubblico nell'età comunale (p 21-24); Caratteristiche e generi della
letteratura europea in età medievale e cortese (pp 34-40)

- 12/04 Storia della lingua e fenomeni letterari (pp 29-32)

- 22/04 La lirica provenzale: autori; temi e forme poetiche; l'eredità della lirica provenzale (pp 61-63); Arnaut Daniel,
"Arietta" (pp 66-68) + testi di Daniel su classroom (solo lettura) Sono stati caricati su classroom dei materiali di
approfondimento sul rapporto tra musica e poesia nel Medioevo.

- 26/04 Conclusione dell'analisi di "Arietta", p 66

- 3/05 Le origini della lirica italiana: policentrismo linguistico e politico, nascita della lirica italiana, scuola siciliana, Jacopo
da Lentini, "Io m'aggio posto in core a Dio servire" (p 96-100). Vengono caricati su classroom materiali di
approfondimento.

L’EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE POLITICHE, ECONOMICHE E


SOCIALI IN EUROPA

STORIA E SOCIETÀ (p. 4-10)


L'inizio del Medioevo è fissato per convenzione al 476 d.C. con la deposizione v
dell'ultimo Imperatore romano d'Occidente in seguito alle invasioni da parte delle
popolazioni germaniche e alla formazione dei regni romano-barbarici
.
La prima parte di questo lungo periodo della storia europea è definita Alto Medioevo
(dal 476 all'anno 1000) e i suoi primi secoli sono caratterizzati da un panorama
politico e culturale estremamente frammentato, almeno fino all'anno 800:
Carlo Magno diventa imperatore del Sacro Romano impero (comprende i territori
della Francia, della Germania e dell'ltalia).
● Carlo Magno assegna ai guerrieri, che lo avevano sostenuto nelle imprese dì
conquista, porzioni di terreno, definite con termine germanico "feudi.”
→ Questi domini diventano ereditari, accentuando la frammentazione politica e
determinano un clima di instabilità (a causa dei frequenti conflitti dei feudatari
tra loro e con il sovrano).
● La società medievale è fortemente gerarchizzata e statica;
● la popolazione è divisa In tre classi: GUERRIERI, SACERDOTI e CONTADINI e la
struttura sociale è ritenuta immutabile. → forte disuguaglianza

I secoli dell'Alto Medioevo vedono un progressivo aggravarsi della crisi economica.


→ L'economia, rappresentata quasi esclusivamente dall'agricoltura, è:
- chiusa e si basa sull'autoconsumo (i metodi di coltivazione sono rudimentali)
→ regressione dell’economia monetaria sostituita dal baratto,

→ Le precarie condizioni di vita e le idee determinano un vistoso calo demografico: le


terre a incolte superano quelle coltivate.
→ Decadenza delle città comporta: lo spostamento in campagna, i centri della vita sono i
castelli dei signori feudali, le abbazie e i monasteri.

La situazione economica e demografica comincia a migliorare con il Basso Medioevo


(dal 1000 al 1492), in concomitanza con una maggiore stabilità politica e con la
cessazione delle invasioni da Est. (in questo periodo ci sono anche le crociate per la
conquista di gerusalemme)

A livello politico l’Italia nell’XIII sec è segnata da profonde differenze tra il Centro-Nord
e il Sud:
- area settentrionale e centrale si affermano (già a partire dal secolo Xl) i Comuni,
= entità urbane che si reggono con ordinamenti di tipo repubblicano
- area centrale si consolida lo Stato della Chiesa, una particolare monarchia di tipo
teocratico
- area meridionale è stabilmente retta da forme monarchiche e il sistema feudale
rimane stabile.

● Dopo il Mille, grazie alla generale ripresa economica e demografica, i Comuni si


sottraggono al potere imperiale e affermano i loro pieni poteri :
- nell'amministrazione della giustizia
- nell'esazione delle entrate fiscali
- nell'organizzazione militare
→ Il centro della vita economica e sociale si sposta dalla campagna alle città,
dove si vengono a creare nuovi luoghi:
- di incontro - di elaborazione della cultura
- dì discussione politica - di contrattazione economica

● La morte dell'imperatore Federico II (1250)crea un vuoto di potere in ltalia


→ crisi che consente ai Comuni di affermare una volta per tutte la loro
autonomia.
L'equilibrio di questi piccoli Stati è scosso frequentemente dagli scontri per il
dominio territoriale e commerciale e dai sanguinosi conflitti tra le fazioni
● La Chiesa nel frattempo, a causa di un conflitto con la monarchia francese, perde
il suo prestigio politico: entra in un periodo dì decadenza.
→ culmine con il trasferimento della sede papale ad Avignone, durato a
a settant'anni (1309-77).
L'esigenza spirituale di un profondo rinnovamento della vita e dei costumi
ecclesiastici porta alla fondazione degli ordini mendicanti (Domenicani e
Francescani).

I Comuni sono lacerati soprattutto dalle lotte tra i Guelfi e i Ghibellini all'interno
dei vari Comuni, essi rappresentano il grande conflitto che, su scala europea,
contrappone i fautori dell’impero (i ghibellini ) e quelli del Papato ( i guelfi).
Inoltre i primi si interessano agli interessi del ceto popolare (ricca borghesi
mercantile a e bancaria) e i secondi agli interessi dell’aristocrazia cittadina.
● Con la civiltà comunale il centro della vita economica e sociale si sposta nelle
città (ci si incontra, si fa politica, attività economica e si fa cultura).
Diversamente dal sistema feudale, nella società comunale l’attività fondamentale
è quella MERCANTILE : un’economia aperta fondata sullo scambio e rapida
circolazione.
→ la nuova figura sociale è quella del MERCANTE
→ nuova aristocrazia: proveniente da quella feudale e ha interessi economici
nelle a a attività mercantile e bancarie.
Anche i contadini che vogliono migliorare le loro condizioni si spostano in città:
le
dimensioni delle città aumenta e anche la popolazione.
● Rispetto all'Alto Medioevo la struttura sociale tipica delle città italiane risulta
caratterizzata da maggiori elementi di mobilità e viene a essere cosÌ composta:
1. i magnati: per lo più nobili e vivono delle loro rendite immobiliari
2. il popolo grasso: i mercanti e coloro che esercitano le proprie professioni,
sono organizzati in corporazioni o associazioni di mestieri: le ARTI.
3. il clero: è composto da coloro che appartengono alla gerarchia
ecclesiastica, la loro presenza è un elemento essenziale della vita cittadina,
dato il ruolo che la religione ha nel medioevo.
4. il popolo minuto: popolo dedito ai lavori meno remunerativi (bottegai,
impiegati, piccoli funzionari)
5. i lavoratori a giornata: svolgono i lavori più faticosi e sono esclusi dai
diritti politici e non possono organizzarsi in corporazioni.
6. i poveri: i nullatenenti, vivono di espedienti e di carità

MENTALITA’, ISTITUZIONI CULTURALI, INTELLETTUALI E PUBBLICO NELL’ALTO MEDIOEVO


(p. 10-14)
L'Alto Medioevo è caratterizzato da una visione statica della realtà, determinata da un
atteggiamento dogmatico e religioso: l'universo è ritenuto perfetto e immutabile e le
sue leggi NON possono essere conosciute dall'uomo;
→ l'unica verità alla quale si può avere accesso è quella rivelata da Dio attraverso le
Sacre Scritture.
→ L'unica sapienza a cui venga riconosciuto valore è la scienza di Dio, cioé la A A A
TEOLOGIA, che contiene dentro di sé tutta la conoscenza possibile.
I due massimi poteri nella sfera spirituale e temporale, cioè Chiesa e lmpero, derivano
la loro autorità da Dio e sono quindi universali: compito dell’Impero è condurre l'uomo
alla felicità nella vita terrena, compito della Chiesa è condurre l'uomo alla beatitudine
della vita eterna.
● La mentalità ufficiale promossa dalla predicazione cristiana impone il disprezzo
dei beni materiali e dei piaceri mondani perché la vera vita per l'uomo sarà
dopo la morte e per conquistare la salvezza della propria anima.

● La visione medievale del mondo è RELIGIOSA, fondata sull’ordine divino


dell’universo. Il centro di questo mondo è Dio che si colloca in una dimensione
trascendente.
→ il fine delle vita umana è il raggiungimento della salvezza eterna, infatti la
vera patria dell’uomo è il cielo ma la vita sulla terra lo svia allontanandolo dalla
sua meta.
E’ quindi necessario, per salvarsi, assumere un atteggiamento ASCETICO: Il
complesso delle pratiche esteriori (rinunce, penitenze, mortificazioni, ecc.), dell’atteggiamento spirituale e
anche delle dottrine, miranti al raggiungimento di una purificazione rituale e spirituale. Esso implica
anche il disprezzo per la vita terrena.

● Si manifestano anche le tendenze naturalistiche in contrasto con ogni idea di


mortificazione, combattono gli ostacoli che impediscono alla natura di
espandersi liberamente. Celebrano la vita gaudente e i piaceri corporali.

● L’enciclopedismo: sistema unitario della conoscenza delle forme del reale


riconducibili all’unità del principio divino. Dato che il centro da cui tutto
procede è Dio , tutto ciò è subordinato alla sua scienza: la TEOLOGIA.
→ tentativo sistemare tutto il reale in uno schema unitario, sulla base della
teologia a fu compiuto dalla Scolastica, scuola filosofica il cui massimo
pensatore fu il a a a a domenicano Tommaso d’Aquino: il suo obiettivo era
costruire un pensiero in cui la a fede cristiana si fonda sulla ragione.
≠ la corrente di pensiero mistica, il cui maggior esponente è il francescano a a
a a a Bonaventura che sostiene che la fede non abbia niente a che vedere con
la a a a a ragione.

● I primi pensatori cristiani dovettero affrontare un problema: i legami con la


grande tradizione della cultura greco-latina che si fondava spesso du valori
opposti al cristianesimo. Viene infatti condannata questa cultura, ritenuta quasi
ispirata dal demonio, fonte di deviazione e errori.
(Sant'Agostino propone un rapporto che non condanni questa cultura ma che
distingua ciò che ha di buona da ciò che è contrario alla fede.)
Inoltre è molto diffusa l'abitudine di interpretare la realtà in modo simbolico, di
riconoscere significati segreti nascosti dietro ogni aspetto della natura e perfino
nei testi letterari della tradizione classica: da queste convinzioni deriva la
tendenza medievale alla lettura allegorica, che mira a ritrovare nelle opere del
passato un significato segreto che concordi con le verità rivelate.

Nel corso dell'Alto Medioevo la Chiesa rappresenta l'unica vera istituzione


scolastica/culturale:
- i monasteri esercitano un ruolo determinante nello studio e nella conservazione
dei testi scritti
- → al loro interno vengono creati laboratori per la produzione di libri.

- La figura dell'intellettuale (colui che si occupa della produzione e diffusione


della cultura) in questo periodo coincide con quella del chierico (membro del
clero).
- L'unica lingua usata per scopi letterari resta per molto tempo ancora il latino,
poiché è la lingua ufficiale della Chiesa ed è conosciuta dai chierici (il resto della
società, re inclusi, non sa né leggere né scrivere)
- il volgare è la lingua parlata comunemente, ma per diversi secoli non viene
usata per produrre testi -> la cultura arriva alla società grazie alla mediazione
dei chierici (diffusione orale tramite predicazioni)
- un veicolo di cultura molto importante è anche l’immagine (decorazioni nelle
chiese, sculture…)
- Si oppongono a questa visione cupa e angosciante dell'esistenza terrena alcune
posizioni critiche, che esaltano al contrario una concezione puramente
edonistica
(che indica nel piacere il fine dell'opera d'arte): si tratta della poesia goliardica,
che
trae origine nell'ambito della cultura carnevalesca.
- altre figura di intellettuale più inferiore-> goliardi (chierici vaganti) -> religiosi
senza sede stabile (no termine studi, fuggitivi..) -> esistenza vagabonda e vivono
intrattenendo il pubblico medio-alto con produzioni letterarie; i temi affrontati
sono solitamente forme di pessimismo o di ribellione ideologia, di sfrontatezza
nei confronti delle cose sacre o di aspetti materiali della vita
- i goliardi sono molti simili ai giullari; la sola differenza è che i giullari si
rivolgono ad un pubblico che non sa il latino
- l'accesso alla cultura rappresenta un privilegio concesso a una minima parte
della società.

MENTALITA’, ISTITUZIONI CULTURALI, INTELLETTUALI E PUBBLICO NELL’ETA’ CORTESE (p.14-


17)

La maggioranza della popolazione non è in grado di comprendere i cherici visto che


parlavano in latino.

In seguito all'indebolimento dell'aristocrazia di origine guerriera: un nuovo gruppo


sociale svolge un compito di grande importanza all'interno dell'esercito: si tratta dei
cavalieri = i figli non primogeniti dei grandi signori feudali e i nobili di nascita privi di
possedimenti territoriali.
→ grazie a questo ceto si forma l'ideale cavalleresco:
<il repertorio dei valori e dei modelli di comportamento cantati
a lungo nelle letterature dell'area linguistica romanza.>

● Gli ideali guerreschi, considerati dalla Chiesa crozzi e barbarici , della mentalità
cavalleresca vengono in seguito mitigati e ingentiliti, in modo da poter
indirizzare questo nuovo sistema di valori verso la difesa della fede cristiana e
delle persone più deboli (soprattutto le donne).

● Nel corso del XII secolo i valori cavallereschi, modificati e corretti, si


trasferiscono nell'ideale cortese, che rappresenta la visione più matura della
civiltà feudale.
→ Questo nuovo codice amoroso:
- appare per la prima volta nella poesia lirica dei trovatori provenzali
- si diffonde velocemente nelle esperienze letterarie che nascono in
territorio italiano e germanico.

ln questa nuova concezione acquistano un rilievo primario:


- la virtù della cortesia (un misto di liberalità, magnanimità e senso della misura):
la devozione alla donna ingentilisce l'animo, 1o nobilita, lo purifica: Amore si
identifica infatti con "cortesia": solo chi è cortese può amare “finamente” ma a
sua volta l’amor fino rende cortesi;

- il culto della donna, che diventa l'oggetto di un amore puro e capace di


nobilitare l'animo di chi si sottomette ad esso (il cosiddetto amor cortese).
La donna è considerata un essere sublime e inarrivabile e l'amore che essa AA
genera nel cuore dell'amante è destinato a restare inappagato;
L'uomo si pone pertanto in un atteggiamento di inferiorità rispetto alla donna
amata, presentandosi come suo umile servitore; la sua sottomissione e la sua
obbedienza alla volontà della donna sono totali ("servizio d'amore").
A Talora l'uomo può innamorarsi della donna senza mai averla vista, solo per
fama, e A A adorarla di lontano;

→ il premio per la devozione dell`amante non è infatti il godimento dell'amore


sensuale, ma Il raggiungimento di un'elevazione morale che distingue l'uomo cortese
da chi è totalmente privo di nobiltà d'animo. E’ infatti un’amore inappagato: l'amore
impossibile genera sofferenza, tormento perpetuo, ma anche gioia, una forma di
ebbrezza ed esaltazione, di pienezza vitale;

- Si tratta di un amore adultero, che si svolge rigorosamente al di fuori del vincolo


coniugale (il matrimonio era un contratto, stipulato per ragioni dinastiche e
economiche). Il carattere adultero dell'amore esige il segreto, che tuteli l'onore
della donna; per questo il suo nome non viene mai pronunciato dai poeti: alla
donna si può alludere solo attraverso uno pseudonimo il SENHAL.
- nasce un conflitto tra amore e religione , tra culto per la donna e culto per Dio.
La Chiesa condanna l’amor cortese come fonte di peccato e perdizione, a sua
volta l’amante si sente in colpa perché percepisce il suo er

p. 21-24 MENTALITA’, ISTITUZIONI CULTURALI, INTELLETTUALI E PUBBLICO NELL’ETA’ COMUNALE

Le profonde trasformazioni sociali hanno delle conseguenze sulla mentalità e sulla concezione
del mondo. Viene infatti applicata una visione dinamica del mondo: l’economia diventa infatti
più aperta e anche la struttura sociale diventa più morbida e mobile. Nasce quindi una visione
più dinamica del mondo. Per esempio, grazie alla figura del mercante, nasce la fiducia che
l’uomo possa trasformare la realtà secondo le proprie idee e volontà, tramite intelligenza e
energia (atp😜).
Entra quindi in crisi l'atteggiamento ascetico*che aveva caratterizzato in gran parte l'Alto
Medioevo con il suo disprezzo per i beni materiali e per i piaceri mondani.

Nasce così anche la curiosità di esplorare e andare oltre i limiti di ciò che si conosce, anche
secondo i propri interessi (vedi Marco Polo, Cristoforo Colombo..).

I principi fondamentali della società medievale iniziano dunque a precipitare. Troviamo infatti
una rivalutazione della sfera mondana, cambia la percezione che l’uomo ha nei confronti della
propria società
Se precedentemente la virtù fondamentale era la LIBERALITA’ (basata sul disprezzo del denaro e
sulla generosità della persona), ora questa viene sostituita dalla MASSERIZIA (fondata su
un’amministrazione dei propri beni molto più approfondita e precisa). Questa visione della
realtà non “collabora” con la Chiesa. Un mercante, se cristiano, infatti non doveva essere
attaccato ai beni materiali, altrimenti veniva condannato dalla sua religione. Per far tacere i
sensi di colpa di chi invece mostrava questo attaccamento, la Chiesa chiedeva donazioni,
penitenze o beneficenza.

Durante questo periodo, si sviluppano e si rafforzano alcune istituzioni:


● la Chiesa: primaria importanza; produzione testi scritti; utilizzo latino e volgare per arrivare
anche al popolo
● la scuola: bisogno di avere una formazione scolastica; scuole religiose, maestri privati per i
più ricchi e poi vere e proprie scuole laiche (nascita istruzione laica)
● l’università: nasce come un’organizzazione privata tra maestri e allievi e diventerà poi una
vera e propria istituzione. Si imparavano insegnamenti di alto livello divisi in quattro facoltà:
arti, diritto, teologia e medicina. La laurea si conseguiva solo dopo parecchi anni. L’insegnamento
era fatto in latino quindi potevano essere frequentati da tutti (no barriere linguistiche per gli
stranieri). Sono state molto utili nel basso medioevo per la consolidazione dell’organizzazione
enciclopedica della conoscenza.
● la corte: attorno all’imperatore si sviluppa una scuola poetica costituita da funzionari
(scuola siciliana: riprende i temi dell’amore cortese)
● gli spazi urbani: nonostante la diffusione dell'alfabetizzazione, la cultura viene trasmessa
molto oralmente in luoghi pubblici e davanti ad un pubblico

La figura più importante (anche i chierici continuano ad essere importanti) in questo periodo è
quella dell’intellettuale laico. Alla corte siciliana dell’imperatore Federico II, per esempio, si crea il
primo gruppo di intellettuali laici. Essi si dedicano alla letteratura per svago, non per professione
(≠trovatori e giullari).
La figura invece dell'intellettuale-cittadino, che partecipa attivamente alla vita politica del suo
Comune e spesso anche ai violenti conflitti che dividono i concittadini. Il loro scopo è di educare
la coscienza dei cittadini (divulgazione e ammaestramento sono molto presenti nella
letteratura). L’intellettuale dimostra anche un grande impegno civile, partecipando attivamente
alla vita politica.

Il pubblico dei lettori si allarga grazie alla diffusione delle scuole e all’alfabetizzazione. Nascono
anche vere e proprie botteghe di copisti, che producono libri a pagamento (prezzi alti perché il
costo dei materiali era molto alto) (libro come oggetto di lusso). Si formano così anche molte
biblioteche (nelle università o a casa dei più ricchi…).

LA LINGUA: LATINO E VOLGARE


(p. 29-32)

La lingua per eccellenza degli intellettuali era il latino. Al contrario, quella quotidiana era detta
volgare. Questa differenza era visibile anche durante l’Impero, con la distinzione di latino
letterario e latino parlato (che subì modifiche dalle lingue di sostrato, ovvero le lingue parlate
nei luoghi conquistati).
Con il crollo dell’Impero vi segue una frammentazione territoriale e linguistica in cui i vari
dialetti si allontanano sempre più dal latino (anche per le invasioni, germaniche e arabe, con le
lingue dette di superstrato).
[prova del cambiamento fu il Concilio di Tours nel 813: chierici possono predicare in volgare]
- le nuove lingue si sviluppano in Italia, Francia (con parte Belgio e Svizzera), penisola
iberica e Romanìa (questa zona viene chiamata ROMÀNIA); queste lingue sono le
primitive lingue romanze (italiano, francese, provenzale, rumeno, spagnolo, catalano e
portoghese)
- volgari di ceppo germanico: in Germania, Svizzera, Austria, Inghilterra, Scandinavia e
Islanda
- lingue slave: penisola balcanica ed Europa orientale
-
Queste sono inizialmente di solo uso orale (lingua scritta resta ancora il latino). Con la loro
forma scritta nasce la letteratura moderna europea.
Il documento più antico arrivato a noi in volgare italiano è l’Indovinello veronese (fine VIII s)
(sul libro c’è testo, incomprensibile, e parafrasi, pag 30)
Altra fonte più recente è il Placito capuano del 960 (placito=verbale di un processo). A Capua
un giudice decide sulla causa di un abate e di un tale che ha ingiustamente occupato terre. Il
giudice trascrive la testimonianza in volgare (come era stata detta).

Mentre in Francia l'introduzione del volgare è dovuta al pubblico laico delle corti, in Italia il
volgare si diffonde grazie all’ascesa della borghesia-mercantile, nuova classe sociale che
acquista coscienza della propria individualità e ha bisogno di cultura per esprimere le proprie
idee. Tuttavia non tutta questa classe era di letterati, perciò per espandere le conoscenze a tutti si
adotta il volgare scritto.

Diversamente da come avveniva nelle altre zone europee e italiane, in Sicilia il volgare era la
lingua dell'élite, chiusa e raffinata, della corte di Federico II (1220-1250). I poeti si ispirano ai
trovatori provenzali e elaborano una nuova lingua raffinatissima ed estremamente selezionata
chiamata siciliano illustre. Tuttavia ci sono giunti pochi documenti in quanto molti sono stati
trascritti da copisti toscani, che mischiarono la loro parlata al sicialiano.

Mentre in Sicilia la promozione della lingua volgare a lingua letteraria avviene in un contesto
cortese, nel resto d’Italia il contesto prevede i Comuni (centri di vita associata) e il policentrismo
politico-linguistico che nasceva. QUindi ogni centro si esprime con il proprio volgare.
[policentrismo=coesistenza di più politiche o lingue; ogni comune con il suo dialetto]
Su tutte si impone il volgare toscano, che venne poi consacrata lingua letteraria da Dante,
Petrarca e Boccaccio nel secolo successivo.
L’unificazione linguistica con la preponderanza del fiorentino avviene solo nel campo letterario.
Nel campo orale, la mancata unificazione è correlata all’assenza di una politica comune.

L’espandersi dell’importanza del volgare non cancella però il latino. Molti testi (teologia, filosofia,
diritto, medicina e testi universitari) continuano ad essere scritti con la lingua dotta: il latino.
Ovviamente il volgare si modella sul latino, esso acquisisce infatti molti termini latinizzati. Ad
influenzare il volgare, se non anche a sostituirlo in alcune opere, sono il francese d’oïl (prestigio
letterario, considerata lingua moderna e di cultura) e il provenzale degli imitatori settentrionali
dei trovatori (influenza da Sicilia a Toscana).
(sul libro fa degli esempi di parole derivate da queste, ma evito di mettere la lista)

CARATTERISTICHE E GENERI DELLA LETTERATURA EUROPEA IN ETA’ MEDIEVALE E CORTESE


(P. 34-36)
Siccome in questo periodo abbiamo una carenza di documenti storici, la letteratura vedere usata
come fonte la storia materiale, ma anche “ideologica”. Assume un carattere europeo. I generi che
ottengono maggior diffusione sono:
● epica: poemi epici, le canzoni di gesta (spirito guerresco) in cui si celebrano le
imprese di antichi e nobili eroi. Alcuni esempi sono la Chanson de Roland, canzone
dei Nibelunghi (eroe Sigfrido) (Germania) e la canzone del Cid (Spagna) (intrighi di
corte+battaglie).
● romanzo: chiamato cavalleresco o cortese; scritti in lingua d’oïl e parlano di amore e
anche un po’ di avventura (elementi magici come filtri d’amore) (basta ricordarsi le
cose studiate in francese); esempi: Tristano e Isotta (amore e morte) e i racconti su i
cavalieri della tavola rotonda+Re artù
troviamo poi anche la materia classica con i romanzi di Alessandro, romanzo di tebe,
romanzo di troia (no prospettiva storica)
● la lirica provenzale: si afferma in Provenza ed è scritta in lingua d’oc; testi raccontati
dai trovatori con la musica
● i generi minori:
a) esistevano anche altre tipologie di testo come i lais, cioè dei piccoli poemi in
francese che parlavano dei sentimenti e della sofferenza amorosa;
b) c’erano anche i romanzi allegorici (personificazioni e simboli) che trattavano
l’allegoria religiosa, ma anche profana, un esempio è Le roman de la rose
(racconto di un sogno -> prima parte come manuale di seduzione, seconda
parte celebrazione amore sessuale e fisico con elementi filosofici e satirici)
c) fabliaux: testi con lo scopo di irridere e contrastare le forme e i modi
dell'ideologia ufficiale (quadri comici, linguaggio libero e popolare e ironico);
degli esempi sono le roman de Renart (animali parlanti con funzione
moralistica)

CARATTERISTICHE E GENERI DELLA LETTERATURA ITALIANA IN ETA’ COMUNALE


(P. 37-40)
Per via dei diversi volgari parlati in tutta Italia, la letteratura è molto varia e presenta
caratteristiche distinte; elabora tuttavia, soprattutto in Toscana, a Firenze, una sua tradizione
raffinata (vedi Dante, Petrarca e Boccaccio).

La letteratura religiosa (amore divino) è soprattutto diffusa nel centro Italia, tra Umbria e
Toscana. Troviamo per esempio Francesco d’Assisi e Iacopone da Todi (entrambi umbri) che
considerano i beni terreni e il corpo umano come una realtà corrotta e spregevole (bisogna
essere fedeli solo ed esclusivamente a Dio). Nasce quindi l’amore mistico (incondizionato)
per Dio-> lettere di santa Caterina e predicatori come san Bernardino, Domenico Cavalca e
Iacopo Passavanti

La lirica raggiunge una grande maturazione (primo momento significativo nella scuola
siciliana alla corte di Federico II). Per questo motivo si spiega la presenza di tematiche
politico-civili nei poeti come Guittone d’Arezzo (dolce stil novo (movimento politico)->
lirica amorosa si fonde con la consapevolezza critica e elaborazione formale).
(altri autori stilnovisti come Guido Guinizzelli, Guido Cavalcanti, Dante e Cino da Pistoia).
Si crea anche la poesia comica-parodica. Il più noto esponente è Cecco Angiolieri, ma ci sono
anche autori come Rustico di Filippo e Folgore da San Gimignano.
Cielo d’Alcamo viene collocato invece nel filone più popolare e giullaresco. Esistono inoltre i
cantàri, poemi in ottave che riprendono le leggende carolingie e che venivano recitate nelle
piazze e nelle fiere.

Nel nord Italia si afferma anche il filone di poesia didattica in cui vengono affrontati temi
legati alla vita civile. Gli esponenti più noti sono:
a) Giacomino da Verona: De Jerusalem caelesti e De Babilonia civitate infernali -> gioie
dei beati e le pene dei dannati
b) Bonvesin de la Riva: Libro delle tre scritture, De magnalibus urbis Mediolani -> elogio
della città, De quinquaginta curialitatibus ad mensam -> manuale di buone maniere,
Contrasto della rosa con la viola -> viola= rappresenta le virtù borghesi e il rosa= la
superbia dei nobili
Troviamo anche il Tesoretto di Brunetto Latini -> tratta di storia, scienze, retorica e politica.
Il Fiore in volgare fiorentino con 232 sonetti -> volgarizzamento del Roman de la rose

L’affermarsi della prosa è dovuto soprattutto a esigenze pratiche dei Comuni, questo porta
allo sviluppo della retorica (l’arte di scrivere e parlare). Gli autori si ispiravano alle artes
dictandi (cioè le atri retoriche) del latino medievale ( ornatus: l’eleganza del periodo scandito
da figure retoriche e il cursus: clausole e cadenze ritmiche).
Bruno Latino fu l’autore dell’opera più significativa riguardo a questo argomento, “la
Rettorica”: volgarizzamento con commento del “de inventione” di Cicerone.
La divulgazione scientifico-enciclopedica si adegua alla mentalità dell’epoca e al nuovo
pubblico che si forma culturalmente. Scrive Bruno Latini “Tresor”, frate Ristoro d’Arezzo
“Composizione del mondo” (fonti Aristotele e pensiero arabo).
I libri di viaggio, figli degli elementi di modernità, sono molto innovativi. E’ una forma tipica
dell’epoca dei Comuni in quanto è caratteristico lo spirito commerciale e il dinamismo. Un
esempio è il “Mille” di Marco Polo (racconta il suo viaggio in Cina tramite osservazione
diretta).
Anche le cronache, legandosi alla politica dei Comuni, cambiano: la storia diventa umana e
non più provvidenziale e non si racconta più la storia delle città con le origini mitiche. A
Firenze il cambiamento è più evidente. Dino Compagni “Cronica” pur partendo dalle origini
della città utilizza molti dati concreti socio-economici.
Nel ‘300 e ‘400 questi aspetti socio-economici saranno traslati nei libri dei mercanti, libri
che tengono nota di tutte le azioni commerciali, politiche, insegnamenti e annotazioni.

In questo periodo sono talmente comuni le traduzioni e i rifacimenti delle opere che le
leggende carolinge e bretoni finiscono per mescolarsi e la letteratura delle origini è circolata
in tutta Europa.
Nel Nord-Est Italia nasce la letteratura franco-veneta (mescolamento di volgare e lingua
d’oil) che affianca i cantari popolareggianti.
Nasce inoltre il genere della novella che ha argomenti vari. La prima raccolta anonima
“Novellino” è ancora poco evoluta, sono racconti molto corti e semplici o abbozzi di
enciclopedia del narrabile. Il più alto livello è invece raggiunto da Giovanni Boccaccio
“Decameron”. Dopo Boccaccio si torna a uno stile più semplice con le “Trecentonovelle” di
Franco Sacchetti. Il secondo autore più grande è l’inglese Geoffrey Chaucer “Racconti di
Canterbury” (raccolta incompiuta in versi che narra di un pellegrinaggio. E’ importante la
descrizione dei caratteri dei personaggi)

LA LIRICA PROVENZALE
(p. 61-63)
In Provenza nacque L’IDEALE CORTESE, una poesia che veniva cantata dai TROVATORI in
lingua d’oc ed era accompagnata da musica. I trovatori sono autori-compositori, mentre
coloro che si occupavano solo della recitazione erano i giullari. Il pubblico si trovava alla
corte feudale, luogo dove i trovatori cantavano le poesie. Successivamente, la trasmissione
(VIII secolo) venne affidata anche alla scrittura e alla lettura. Gli autori iniziano anche a
firmarsi, segno che sentivano il bisogno di tramandare il proprio nome insieme all’opera. Il
primo trovatore fu Guglielmo IX d’Aquitania (ricco signore amante della guerra e dei piaceri
1071-1126). Altri trovatori importanti furono Bertran de Born (guerra), Jaufré Rudel (amore
lontano), Bernart de Ventadorn (forma musicale più alta), Arnaut Daniel,...
Ovviamente, (grazie Scagliotti) il tema principale è l’amore cortese (uomo a servizio della
donna senza richiedere nulla in cambio). L’amore provato dal trovatore nei confronti della
donna è un amore buono e puro, infatti il poeta si sente influenzato in meglio dalla
presenza della sua amata, ma essendo adulterino è impossibile. L’amore può essere
ricollegato ai rapporti che c’erano nella corte feudale dell’epoca: la donna il signore e il
poeta il vassallo.
Per proteggere la donna dalle indiscrezioni di corte il poeta utilizza dei senhal per la donna
(nomi di animali/piante/ altre persone).
Esistono più generi (sirventese, il compianto, la sestina, la tenzone, la pastorella, l’alba, il
plazer, l’eneug) ma il più importante è la canzone.
Esistono due stili principali: il trobar clus, uno stile molto elaborato (Arnaut Daniel) e il
trobar leu, più limpido, dolce ( Bernart de Ventadorn).
All’inizio dell’ VIII secolo a causa di una guerra (scatenata da papa Innocenzo III che non
essendo molto innocente, con il pretesto di una crociata contro gli albigesi fece scoppiare un
conflitto) il potere dei signori si affievolisce e i poeti migrano presso altre corti europee. Nel
nord della Francia si sviluppa il romanzo cavalleresco (lingua d’oil, trovieri) mentre in Italia
nasce la scuola siciliana. I trovatori si sparpagliano in Spagna e in Italia (Raimbaut de
Vaqueiras in lingua d’oc e Uc di Saint Circ).

LINGUA, GENERI LETTERARI E DIFFUSIONE DELLA LIRICA


(P. 96-97)
In Italia la letteratura volgare nasce nel ‘200 in un periodo di grandi cambiamenti ed
espansioni (vedi Comuni, mercanti ecc..). La borghesia mercantile utilizza il volgare per
imporre la propria visione del mondo. insieme al policentrismo politico (più centri con
un’autonomia politica), nasce il fenomeno del policentrismo linguistico, poiché dato che il
volgare non era ancora una lingua universale, i letterati e i poeti utilizzavano il loro
dialetto.
I diversi tipi di volgare nascono in luoghi diversi e danno vita a generi letterari diversi,
come la poesia lirica (Sicilia), comico-parodica, allegorica e religiosa.

In Italia la poesia in volgare diventa raffinata e formale (appartiene al genere lirico, in cui il
soggetto esprime se stesso). La lirica italiana si ispira alla poesia cortese provenzale, poiché i
trovatori scappati diffondono questo genere e i suoi temi. Anche la corte siciliana di
Federico II viene influenzata dalla lirica provenzale.

LA SCUOLA SICILIANA
(P. 97)
Nella corte di Federico II facevano parte anche imitatori della poesia trobadorica che
usavano il volgare locale. Quindi i poeti siciliani crearono la prima forma di poesia d’arte in
volgare italiano. A noi sono pervenute solo delle copie di copisti toscani che ne cambiarono
in parte la lingua.
la poesia siciliana si ispira molto a quella provenzale. I poeti siciliani più famosi che spesso
svolgevano lavori da funzionari sono Iacopo da Lentini (notaio), Pier della Vigna (esperto di
lavori inerenti alla cancelleria) e Guido delle Colonne (giudice) e trattano solo temi come
l’amore. Questa scelta si può comprendere analizzando il teatro socio-politico in cui è nata
la poesia siciliana: vi è un potere monarchico assoluto, non ci sono contrasti a differenza del
Nord d’Italia (Guelfi vs Ghibellini ecc…). Quindi per loro la poesia non era altro che un
mezzo per evadere dalla realtà e l’amore è visto come un gioco aristocratico.
Quindi nella poesia siciliana ritroviamo gli stessi temi della poesia cortese: l’amore per la
propria dama, le lodi verso di ella, il riserbo dei propri sentimenti (non si vuole che
qualcuno li venga a sapere), il dolore della lontananza. Le poesie non presentano uno sfondo
temporale o di luogo, il tutto è molto vago e astratto.

FINITO!!! MANCANO LE POESIE PAG 66-67-68 E PAG 98-99-100

PROMESSI SPOSI

SCELTA DI MANZONI DEL ROMANZO STORICO


Per scrivere I promessi sposi Manzoni sceglie la forma del romanzo storico, genere letterario che
gode di grande fortuna nell'800. L'iniziatore di questo genere è Walter Scott con la sua opera
Ivanhoe. Il romanzo storico offriva un quadro di una determinata epoca, illustrando
avvenimenti politici e militari e mostrando i loro effetti nel campo della vita privata degli
individui. Le vicende dei personaggi sono al centro, ma si muovono su uno sfondo storico.
Il romanzo era un genere nuovo, ignoto alla tradizione classica, e permetteva all'autore di
esprimersi liberamente. Rispondeva quindi alla poetica del "vero, utile e interessante": Manzoni
amava rappresentare la realtà senza astrazione, rivolgendosi a un vasto pubblico. Nei Promessi
Sposi Manzoni offre un quadro storico della situazione lombarda del 1600, sotto la dominazione
spagnola. Questa ricostruzione ha un significato ben preciso: voleva criticare i problemi della
sua epoca (1800) sotto la dominazione austriaca. Il contesto storico è quindi reale: Manzoni si
documenta leggendo le cronache del tempo, biografie, opere storiografiche.

ANALISI STORIA DI FRA CRISTOFORO: Fra Cristoforo, nome di battesimo Lodovico, è un padre
cappuccino di Pescarenico e l’aiutante più saggio dei protagonisti. Manzoni lo considera un
buon ecclesisastico.
Lodovico, figlio di un ricco mercante, vive da nobile. La nobiltà però non lo accetta e le azioni,
spesso poco oneste, dei nobili nei confronti del popolo portarono a delle tensioni. Queste tensioni
sfociano in una tragedia che cambia la vita di Lodovico.
Lodovico camminando con i suoi bravi incontra un nobile che viene dal lato opposto. Entrambi
pensano che l’altro debba spostarsi per farlo passare, Lodovico secondo il costume dell’epoca che
chi si trovava sul lato destro del muro avesse la precedenza, mentre il nobile, in quanto nobile,
riteneva di avere la precedenza. Ritrovatosi faccia a faccia inizia un litigio che finisce nella
violenza. Durante il combattimento uno dei bravi di Lodovico, nonché il suo amico Cristoforo,
viene ucciso dal nobile poiché si sacrifica per salvare Lodovico. Il giovane preso dalla rabbia
ferisce mortalmente il nobile e sotto consiglio della folla va a rifugiarsi nel convento dei monaci
cappuccini. Riceve il perdono del nobile in punto di morte.
Qui inizia il momento di tormento di Lodovico, si pente, riconosce i suoi sbagli e riconosce nella
fede la sua unica ancora di salvezza. Capisce che vuole dedicarsi a Dio. La decisione sincera del
frate è quello che Manzoni ammira; a differenza di don Abbondio fra Cristoforo non utilizza la
fede come metodo di copertura dalle difficoltà della vita, ma per lui la fede rappresenta un
nuovo inizio.

ANALISI STORIA GERTRUDE


Gertrude, o “la monaca di Monza” nel sistema dei personaggi dei promessi sposi è il naturale
alterego di Fra Cristoforo: rappresenta la chiesa corrotta e il non rispetto dei valori religiosi. Il
personaggio, che si incontra nel capitolo IX e viene descritto come la figlia di un influente
principe di Milano, è ispirato a Marianna de Leyva.
Storia:(cap.9)
Gertrude è stata destinata sin dell’infanzia per interessi familiari al convento e educata lì fin
dalla nascita alla vita religiosa ma anche ad un’incontenibile superbia. Qui conosce alcune
compagne che si preparano al matrimonio e G. inizia a invidiare lo stile di vita pieno di feste e
sfarzo che non avrà mai.
Secondo la regola, G. deve trascorrere un mese in famiglia prima della definitiva accettazione nel
monastero. Qui assaggia in parte lo stile di vita mondano ma i parenti e gli amici della famiglia
la trattano con distacco. Sorpresa ad inviare una lettera ad un giovane paggio viene rinchiusa
nella sua stanza. Tutto ciò fa sì che a G. si presenti come unica opzione l'accettazione della vita
ecclesiastica. Confusa e sola manda una seconda lettera al padre, chiedendo perdono.
(cap.10)
Il padre avvantaggiandosi di questo momento di debolezza ottiene da lei un confuso assenso, la
famiglia ne viene piacevolmente a conoscenza e dopo questi festeggiamenti si reca in convento
per la richiesta ufficiale. Accolta la richiesta, G. torna a casa e quando riceve la visita di un
sacerdote venuto per sincerarsi della veridicità della sua volontà non osa avvantaggiarsi di
quell’ultima possibilità impaurita dalle velate minacce del padre.
I primi anni sono un inferno: G. non si rassegna, piangendosi addosso prova astio verso le altre
monache ma non accetta di rinunciare alla sua bellezza invidiando la vita all’esterno e quando
le si presenta l’opportunità di scaricare la sua insofferenza ne approfitta rompendo i vincoli
della vita monacale. Infatti il convento confina col giardino del palazzo di un giovane
malfamato: Egidio. Questo, attirato proprio dal gusto di sedurre una monaca di clausura, le
rivolge la parola ( e la sciagurata rispose!).
Inizia così una relazione clandestina che verrà scoperta da una convessa che la minaccia di
portare tutto alla luce e dopo qualche giorno questa convessa sparirà misteriosamente. Manzoni
lascia però intendere che la giovane sia stata assassinata e da chi, se non la nostra protagonista?

Analisi personaggio gertrude


La figura della Monaca di Monza, che conclude la sua vita di peccati espiando le sue colpe al
buio e al freddo di una cella in convento, viene descritta dal Manzoni con finezza e grande
introspezione psicologica. Anche se è una donna provata dal peccato, Gertrude appare come
un’altra povera vittima della civiltà del tempo, in cui le famiglie costringevano le figlie a
intraprendere la vita monastica contro la loro volontà. E’ diventa famosa la frase con cui
Manzoni accenna all’inizio della relazione tra Egidio e Gertrude: “Costui… un giorno osò
rivolgerle il discorso. La sventurata rispose”.

L’EVOLUZIONE DELL’INNOMINATO
Circondato da un alone di mistero sulla sua identità, l’Innominato è sicuramente un personaggio
centrale in tutta la vicenda raccontata da Alessandro Manzoni nel romanzo “I Promessi Sposi”,
senza dubbio una delle figure più interessanti create dallo scrittore per rendere la storia più
accattivante e ricca di colpi di scena. L’Innominato vive nel suo castello nei pressi di Lecco,
messo al bando dallo stato e dedito ad attività illecite.
E’ a lui che don Rodrigo si rivolge per chiedere aiuto nel rapimento di Lucia, in quanto nutre per
questo uomo potente e malvagio grande rispetto e devozione. Dal punto di vista fisico, il
Manzoni descrive l’Innominato come un uomo di mezz’età, sulla sessantina, di carnagione scura,
con pochi capelli bianchi ancora sulla testa. Ciò che colpisce della descrizione dell’Innominato è
il “lampeggiar sinistro ma vivo degli occhi” che denota la sua grande forza sia nel corpo che
nello spirito, forse pari o maggiore a quella di una persona giovane.
Dal punto di vista psicologico, l’Innominato appare subito avvolto nel mistero, un personaggio
malvagio e influente, che si circonda di uomini di fiducia che lo aiutano a realizzare i suoi atti
illeciti. Pur incarnando l’eroe negativo, in realtà l’Innominato si converte a metà dell’opera: il
rapimento di Lucia, su richiesta di don Rodrigo, è l’ultimo atto malvagio che lui compie prima di
decidere di cambiare vita.
L’incontro con Lucia gli suscita sentimenti di pietà, e si rende conto di aver inseguito soltanto il
male nella sua vita, senza mai fermarsi a provare pietà per le persone che lo circondano. Il
Manzoni è molto bravo nel descrivere “la notte dell’Innominato”, i tormenti interiori che l’uomo
prova e che lo portano a pensare all’esistenza di Dio e del perdono divino.
Sarà poi il colloquio con il Cardinale Borromeo a suscitare in lui la ferma volontà di cambiare
vita ed utilizzare il suo potere e le ricchezze accumulate per aiutare le persone povere e
bisognose. Il cambiamento dell’Innominato lo rende un personaggio in divenire: appena il lettore
si arrende e lo considera un nemico, un essere spregevole, ecco che il barlume della conversione
lo trasforma. Attraverso il personaggio dell’Innominato il Manzoni riesce a trasmettere un
messaggio ai lettori: il confine tra il bene e il male non è mai così netto come sembra.

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