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Vescovo di Veszprém
del quale è stata introdotta
la causa di beatificazione
L'EUCARISTIA
Discorsi tenuti nella Chiesa dell' Università di Budapest
in preparazione al Congresso Eucaristico Internazionale
EDIVI 2005
Fratelli in Cristo!
Dalla guerra mondiale l'umanità vive con febbrile inquietudine una lotta
di vita o morte nell'ansia di riconquistare la pace vera che riporti la
sicurezza tra i popoli.
La pace! Potremo ancora godere di questo bene che Gesù ha offerto agli
uomini di buona volontà venendo a salvarci ?
Quando tutto sembra perduto, allora batte l'ora del Signore, e quando
ogni sforzo umano infila una via senza uscita, allora è il momento della
preghiera più fervente e più piena di dedizione. E a chi innalzeremo la
prece ( preghiera), se non a Gesù nascosto sotto le specie Eucaristiche,
ripetendo a Lui l'invocazione degli apostoli: «0 Signore, salvaci altrimenti
periremo (moriremo)»?
Fratelli, confidiamo: Gesù è in mezzo a noi.
Che sia realmente presente nella SS.ma Eucaristia, non ci può essere in
noi il minimo dubbio.
E' vero che noi non comprendiamo come ciò sia possibile, ma questo
non e ragione sufficiente per farcelo dubitare. Forse comprendiamo come
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fu possibile che Cristo davanti la tomba di Lazzaro morto da quattro giorni
dicesse le brevi parole: «Lazzaro, vieni fuori!» (GIOV. 11, 43) e il morto da
quattro giorni risuscitasse? Ebbene, fu lo stesso Cristo a dire sul pane:
«Questo è il mio Corpo»; e a dire agli apostoli: «Fate questo in memoria di
me».
Non si può credere alla Santissima Eucaristia? Si, non può essere
creduta... dagli increduli! Chi non crede nella divinità di Cristo,
naturalmente non può credere nemmeno nella Santissima Eucaristia. Ma
chi tiene che Cristo è Dio, anche se non può comprendere il come di questo
mistero, con umile fede tiene per vero ciò che Nostro Signore dapprima
solennemente promise e poi diede nel momento più grande della sua vita.
Veramente un simile articolo di fede, così inaudito,
così trascendente la nostra intelligenza, non lo accetteremmo mai da nessun
uomo; lo possiamo accettare solo in un caso: se lo stesso Dio ce lo rivela.
Signore, se lo dici tu, è verità. Come ciò sia possibile, la mia piccola mente
umana non può comprendere, ma che sia così, lo credo e lo confesso perché
l'hai detto tu.
Ma è poi certo, completamente certo e chiaro che Gesù Cristo
veramente insegnò ciò che crediamo della Santissima Eucaristia? Questa la
grande domanda, la domanda decisiva a cui risponderemo ora.
Se esaminiamo le parole con le quali nostro Signore I) promise, poi II)
istituì la Santissima Eucaristia, necessariamente dobbiamo concludere: E’
proprio così! Nostro Signore in verità offri un sacrificio inconcepibilmente
grande, offri se stesso nel Santissimo Sacramento per restare con noi fino
alla consumazione(fine)dei secoli.
Voi conoscete bene, o fratelli, i due passi del Vangelo, la storia della
promessa e della istituzione, reputo però che non sarà superfluo, ma anzi
utile per approfondire e irrobustire la nostra fede, il ricordarli nuovamente.
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già perché non vengano meno nel deserto, sebbene perché la loro anima
morrà d'inedia nel gran deserto della vita, se non darò anche alle anime un
cibo miracoloso.
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Figlio dell'uomo e non berrete il suo sangue, non avrete la vita in voi»
(GIOV. 6, 54). E per rinforzare ancor più, perché non rimanga dubbio
alcuno, aggiunse: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in
me e io in lui.» (GIOV. 6, 56).
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ancora. Come lo sposo con la sposa? No, più profondamente ancora. Come
la madre col figlio? No, ancor più profondamente.
Compiuta questa unione, segue il terzo grado, il più benedetto: viver
l'uno dell'altro. «Vivo non più io, ma vive in me Cristo» (Gal. 2, 20), ossia
Cristo sarà il motore, il principio e la norma della mia vita. «Chi mangia
questo pane vivrà in eterno», dice il Signore (GIOV. 6, 58).
b) Ciò proclamò Gesù nel discorso di Cafarnao, e ciò i suoi uditori non
vollero ammettere e preferirono abbandonarlo.
Quale dolore per Gesù! Con quanta tristezza li vide allontanarsene!
Colui che era venuto al mondo per salvare tutti! Non sarebbe stato questo il
momento di gridar a loro: Tornate, non mi avete capito!
E' assolutamente inammissibile che in una questione così fondamentale
Gesù abbia lasciato in errore i suoi apostoli e con loro milioni e milioni di
fedeli fino alla fine del mondo. Gesù non ci ingannò mai; lo avrebbe fatto
solo in questa verità di fede che è la più importante? Se Cristo non è
presente nel Santissimo Sacramento, ciò che noi facciamo nella Messa e
nella santa Comunione sarebbe idolatria, la più mostruosa idolatria! E Gesù
lo sapeva già allora - l'avrebbe permesso, l'avrebbe tollerato senza dire una
parola sola?!
Ma osserviamo, che cosa fa Gesù. Non corregge niente! Non rettifica
niente! Al contrario si rivolge ai suoi amici più diletti, agli apostoli: «Forse
anche voi volete andarvene?» (GIOV. 6, 67).
Come se volesse dire: Sapete quanto vi amo, ma se non volete credere a
quello che dico, andatevene anche voi; non rettifico affatto le mie parole.
Ditemi, fratelli, si poteva dire con più precisione con più chiarezza che
cosa fosse la santissima Eucaristia? Era possibile preparare in modo più
efficace gli apostoli, perché nel momento della sua istituzione non se ne
meravigliassero, non fossero incomprensivi o increduli?
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mio Corpo »; «Questo è il mio Sangue»; «Fate questo in memoria di me».
Queste tre proposizioni formano una unità e sono il fondamento di tutto ciò
che la Chiesa cattolica insegna sulla Santissima Eucaristia.
Che cosa insegna:
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E quando sul Tabor si trasfigurò alla loro vista, compresero che poteva
sottrarsi alle leggi della natura. Così è chiaro, perché con l'umiltà dell'anima
credente piegarono il capo al sentire le sublimi parole: «Questo è il mio
Corpo»; «Questo è il mio Sangue». Così sembra naturale che quel Cristo
che cominciò la serie dei suoi miracoli alle nozze di Cana col cambiare
l'acqua in vino, abbia voluto finire la sua vita terrena col cambiare il pane
nel suo Corpo e il vino nel suo Sangue.
b) Anche la Chiesa non l'intese mai in modo figurato. Non è ora il caso
di passare in rivista le testimonianze scritte e scolpite, conservate in pitture
o edifici che dimostrano l'antichità e la continuità della fede nella
Santissima Eucaristia. Volumi poderosi se ne occuparono. Però desidero
ricordarne qualcuna.
Il più antico scritto cristiano che abbiamo fuori della Sacra Scrittura,
dunque il più antico documento scritto dalla fede dei primi cristiani ci
attesta che i primi cristiani avevano la stessa fede nella Santissima
Eucaristia che abbiamo noi. Il libro fu scritto nel secolo primo, è intitolato:
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Didaché (Dottrina dei 12 Apostoli). Nel capitolo XIV si legge: «Nel giorno
domenicale del Signore, raccoltivi, spezzate il pane e fate l'Eucaristia,
prima avendo confessate le colpe vostre affinché puro sia il sacrificio
vostro... Questo infatti è il sacrificio predetto dal Signore: «In ogni luogo
offrite a me sacrificio puro» (Malac. 1, 10).
Abbiamo pure sulla Santissima Eucaristia varie e preziose
testimonianze, p. es. di uno dei più antichi scrittori ecclesiastici, di
Tertulliano che nacque nel 160, in un tempo dunque nel quale poteva
benissimo conoscere la più antica dottrina cristiana sulla santissima
Eucaristia.
Che ne dice?
In un suo libro (De oratione, c. 19) menziona una cosa interessante. Nel
cristianesimo primitivo il digiuno era così rigorosamente osservato che,
mentre durava, i fedeli non mangiavano nè bevevano assolutamente nulla.
Tanto che alcuni non osavano nemmeno comunicarsi per non infrangere il
digiuno. Tertulliano li esorta a comunicarsi perché non si rompe il digiuno
«col ricevere il corpo del Signore» (accepto corpore Domini). E' dunque
certo che nel secondo secolo i cristiani consideravano l'Eucaristia come
vero Corpo del Signore, nello stesso modo di noi.
Un'altra volta (Ad uxorem 2, c. 4) Tertulliano ammonisce i cristiani a
non contrarre matrimonio coi pagani. La parte pagana permetterà alla
cristiana di accostarsi «al banchetto del Signore»? (convivium Dominicum
illud).
Nel capitolo IX dello stesso libro descrive con parole entusiastiche le
bellezze del matrimonio cristiano puro: «Come è felice l'unione degli sposi
cristiani che hanno la medesima fede, le medesime aspirazioni, il medesimo
modo di vivere! ....Insieme pregano, insieme adorano, insieme digiunano...
Insieme vanno alla chiesa, insieme s'accostano al banchetto divino
(convivium Dei)».
Tertulliano scrive ancora in un altro libro (De corona militum, 3):
«Riceviamo la santissima Eucaristia nelle nostre riunioni mattiniere e
solamente dalle mani dei superiori... Con cura badiamo che nulla del pane e
dei calice cada a terra». Perché tanta ansietà? Perché quello è il Corpo di
Cristo!
Citiamo ancora Tertulliano (De resurrectione carnis, 8): «Il corpo riceve
il Corpo e il Sangue di Cristo perché anche l'anima si nutra di Dio».
Quante testimonianze in un solo autore! E tutte del secondo secolo!
Ne potremmo citare anche di più di un altro scrittore, di S. Cipriano
nato intorno al 200.
In un suo libro (De lapsis, cap. 15) rimprovera che si riammettono
facilmente alla Chiesa coloro che defezionarono(tradirono la fede) dalla
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fede e che questi, ancora con la macchia dell'idolatria, s'affrettano a
ricevere il Corpo del Signore. Ancora non hanno placato il Signore, - scrive
nel cap. 16 -, e così «fanno violenza al suo Corpo e al suo Sangue e
peccano con la mano e con la bocca peggio di quando lo rinnegarono». Nel
capitolo 25 dello stesso libro chiama la Comunione «la bevanda santificata
dal Sangue del Signore» (sanctificatus in Domini Sanguine potus).
In una lettera (6 Epist. 15, 1) di nuovo rimprovera che diversi sacerdoti
riaccolgono troppo presto nella comunità cristiana coloro che apostatarono
durante le persecuzioni. Egli scrive: «Non hanno paranco(ancora) finito la
penitenza e già sono ammessi alla Comunione e così profanano l'Eucaristia
ossia il Corpo del Signore».
Vicino a testimonianze così chiare e decise, non possiamo far altro che
esclamare quello che disse un altro grande dottore della Chiesa primitiva, S.
Cirillo Gerosolimitano: «Poichè Egli medesimo (Cristo N. S.) disse del
pane: questo è il mio Corpo, chi oserebbe ancora dubitarne? e poichè disse
del vino: questo è il mio Sangue, chi potrebbe mai dubitarne affermando
che quello non è il suo Sangue?».
Fratelli! Le ultime parole di Gesù nel congedarsi dagli Apostoli furono
queste: «Sarò sempre con voi fino alla consumazione dei secoli». Questa
promessa così confortante e così incoraggiante dove trova meglio il suo
compimento che non nell'Eucaristia? Qui è realmente Gesù con noi, dimora
in mezzo a noi; viviamo con Lui, andiamo a riposare innanzi a Lui, ci
risvegliamo con Lui, possiamo visitarLa, possiamo appoggiare il nostro
capo oppresso dai pensieri sul suo Cuore palpitante d'amore... e - ciò che e
più - possiamo riceverLo e unirci con Lui!
Se qualcuno ancora chiedesse angustiato: «Per carità! Ciò è tanto
incredibile, tanto inaudito! E' proprio vero che Cristo sia realmente presente
nell'Eucaristia?» ... dico: se qualcuno ancora avesse dei dubbi, gli
domanderei:
Dimmi, o fratello, credi che Cristo esistette?
Come non lo crederei?
Credi che Egli era Dio?
Certamente.
E che ci amava?
E come!
E che può tutto colla sua potenza divina?
Sì.
E che disse: Questo è il mio Corpo? questo è il mio Sangue?
Pure.
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E allora?... e allora che cosa pretendi di più? Non credi alle sue parole?
Alle parole del Figlio di Dio? Non vuoi ripetere con S. Giovanni: «Noi
altri abbiamo conosciuto e creduto alla verità» (1 Giov. 4, 16)?
Si, o Signore! Credo, o Signore! Mi prostro innanzi a Te, o Signore!
Con cuore riconoscente, pieno di gioia, Ti adoro, o Signore, Ti adoro, o
Signore, o nostro Redentore che vivi in mezzo a noi nel Santissimo
Sacramento!
Io ti adoro devotamente, o Dio nascosto, che sotto questi simboli
veramente ti adombri. A te il mio cuore tutto si abbandona, perché
contemplandoti egli viene meno.
La vista, il tatto, il gusto non ti intendono, ma per le sole tue parole noi
crediamo sicuri. Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio. Niente è più vero
di questa verità.
Sulla croce era nascosta la sola divinità; anche qui l'umanità è nascosta:
tuttavia l'una e l'altra credendo e confessando, chiedo ciò che chiese il
ladrone pentito.
Come Tommaso non vedo le piaghe, eppure ti confesso mio Dio. Fa che
s'accresca sempre più in me la fede a Te, la mia speranza e il mio amore per
te.
O ricordo della morte del Signore, pane vivo, che dai la vita all'uomo, fa
che la mia mente viva di Te, e gusti sempre del tuo dolce sapore.
O pio pellicano, Gesù Signore, me immondo purifica col tuo Sangue, di
cui anche una goccia sola può salvare tutto il mondo da ogni delitto.
O Gesù che ora ammiro nascosto sotto i veli eucaristici, avvenga, Ti
prego, ciò che tanto bramo, che contemplandoti faccia a faccia, sia beato
nella visione della Tua gloria. Così sia!
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II. IL PRODIGIO DELL'AMOR DIVINO
Gesù allora gridò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me, ma in
Colui che mi ha mandato;chi vede me, vede Colui che mi ha mandato.
Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non
rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno,
perché non sono venuto per condannare il mondo, ma a salvare il mondo.
Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la
parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno.
Perché io non ho parlato da me , ma il Padre mi ha mandato,egli stesso
mi ha ordinato quello che io devo dire e annunziare.
E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io
dico, le dico come il Padre le ha dette a me».
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora
di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel
mondo, li amò sino alla fine.
Giov. 12,44 -8,1
Fratelli in Cristo!
E' noto quello che successe a Leonardo da Vinci nel dipingere l'ultima
Cena. Si dice che ormai erano pronte le figure degli apostoli; mancava
ancora il volto di Gesù. L'artista tentò più volte a dipingerlo, ma in ultimo
depose il pennello con le parole: «Non va. Un'impresa questa impossibile.
L'uomo meschino e peccatore non è capace di ritrarre degnamente il Figlio
di Dio nel culmine della sua potenza e del suo amore».
Cosi avrebbe desto il grande maestro nel lavorare
intorno all'ultima Cena. Lo steso sentimento prova l'oratore che deve
parlare dell'immenso dono datoci nell'ultima Cena, ossia dell'Eucaristia.
Il grande compositore Riccardo Wagner scrisse: «Il sapere che vi fu un
Redentore, è il massimo bene degli uomini». Il sapere che dimorò fra noi è
già questo solo tesoro inapprezzabile! Che sarà poi il sapere che non
solamente un giorno fu fra noi, ma che vi si trova anche oggi? E' qui,
personalmente, col suo Corpo e con la sua Anima, quello stesso Cristo
vivente che un giorno abitò la terra! Perché proprio così è presente in
mezzo a noi Gesù nell'Eucaristia, in questo grande prodigio d'amore.
Il grande storico Leopoldo Ranke dice di Gesù Cristo: «Non vi fu sulla
terra niente di più innocente, di più potente, di più grande, di più santo della
vita, opere e morte di Gesù Cristo; dalla sua bocca spira la più pura aria
divina; le sue parole, come si esprime Pietro, sono parole di vita eterna».
Cosi scrive Ranke non cattolico. Che cosa avrebbe detto, se la sua fede
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gli avesse dettato quello che detta a noi: che cioè quel medesimo Cristo
innocente, potente, grande, santo vive davvero anche oggi tra di noi nella
santissima Eucaristia, in questo grande prodigio d'amore?
Giustamente chiamiamo la santissima Eucaristia «prodigio dell'amor
divino». S. Giovanni Apostolo non senza motivo comincia a narrare
l'ultima Cena con le parole: «Poichè egli aveva amato i suoi che erano nel
mondo, li amò sino alla fine» (Giov. XIII, 1). In verità dobbiamo
l'Eucaristia all'amor divino del Cuor di Gesù. Conoscendo l'amore infinito
di questo Cuore possiamo comprendere
I) che soltanto l'amore spinse Gesù a tanto sacrificio
e II) che soltanto questo amore risolve tutte le difficoltà che possono
presentarsi intorno al Santissimo Sacramento.
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potè fare ciò che vorrebbe e non può chiunque lascia il mondo: Lasciò qui
se stesso per sempre.
Mirate(vedete) la stupenda invenzione del suo infinito amore! Arrivò
l'ora della separazione. Pensò che cosa avrebbe lasciato agli uomini in vece
di se stesso. Che cosa lasciare di corrispondente? Null'altro che se stesso.
Da allora «siede alla destra del Padre», ma resta anche coi noi, non in
figura, non come morto ricordo, ma nella sua piena, viva realtà. Ciò poteva
essere effettuato solo dalla infinita potenza divina unita all'infinito amor
divino.
Giustamente scrive Prohaszka: «L'’Eucaristia è un ricordo, non una
statua, non uno scritto; il ricordo dell'amore, o stesso amore... come se nella
statua di un uomo vivesse lui stesso e continuasse ad amare come una
volta...» (0. 0.XXIII, 10, 1).
Per conseguenza, la condizione di noi cristiani che viviamo ora è molto
migliore di quelli che vivevano al tempo di Gesù. Quelli che vivevano
allora potevano, se lo volevano, toccare, al più, l'orlo delle sue vesti. Noi
invece, senza eccezione, possiamo arrivare fino a lui non per toccargli l'orlo
della veste, ma per rinchiuderlo tutto in noi nel nostro petto in tutta la sua
realtà.
Come è profonda la nostra fede! A ciò avrà pensato quel professore
universitario americano quando disse: «Quello che più m'impone e mi piace
nella religione cattolica si é che essa soddisfa egualmente il cardinale
Newmann e il mio cuoco».
Invero possiamo affermare del Santissimo Sacramento che se anime
profonde ed alte menti, come Newmann, oppure uomini semplici fissano su
di Esso il loro sguardo di fede, tanto gli uni quanto gli altri vi trovano una
fonte inesauribile di pensieri e di grazie di cui hanno bisogno. Oh si, questo
è lo stile, diciamo, monumentale del pensiero divino!
Monumentale davvero! Monumentale diciamo una grande statua, un
maestoso edificio, un libro voluminoso... Però di monumentale in tutto il
mondo creato non c'è che una sola cosa: l'infinito amore di Nostro Signore
nascosto nella piccola Ostia. è qui che si compie esattamente la parola di S.
Paolo «Mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal. 2, 20).
B) Che cosa costò a Gesù questo amore. Non lo potremo ricordare mai
con bastante(sufficiente) affetto e riconoscenza. O Signore, non hai pensato
dunque a che cosa ti esponi nel darti così a noi?
O sì, ben lo sapeva, lo vedeva, lo sentiva - eppure lo fece!
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tabernacolo e spargono a terra, versano nei canali, gettano nelle immondizie
la santa Ostia... Inorridisce l'anima nostra all'udire simili infami
profanazioni - ma ora non ne parliamo.
Non pensiamo nemmeno all'altra mostruosità quando qualcuno s'accosta
alla Comunione in peccato mortale e costringe il purissimo Salvatore a
venire in un pantano spirituale che gli reca più dispiacere che non il cadere
nelle mani degli scassinatori. No, ora non parliamo nemmeno di questo.
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A) Qual'è l'obbiezione che si fa di solito contro la Santissima Eucaristia:
«La prova contraria dei nostri sensi». «Non vedo e non sento nulla di Gesù
nell'Eucaristia», dicono gli increduli.
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porta più innanzi; dobbiamo attenerci a ciò che dice Dio, cioè che nella
Comunione ci cibiamo del suo Corpo, delle sue Carni. Quelli che videro il
nostro adorabile Salvatore durante la sua vita terrena specialmente alla sua
passione e morte, avrebbero potuto credere, secondo i loro sensi e secondo
il loro criterio umano, che Colui che stava crocifisso in mezzo ai ladroni
fosse Dio immortale, eterno, creatore e re del cielo e della terra?
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assorbe nè zucchero nè aroma, ma quelle materie che danno al giglio lo
stelo, le foglie, i petali e la fragranza. Che così sia, lo sai, ma non sai come
ciò avvenga né tu né altri.
Pazmàny si serve ancora di un'altra similitudine: «Non ti entra in testa
come un corpo di tanta ampiezza possa trovarsi sotto le specie di un
pezzetto di pane? Potremmo risponderti che a levarti questa difficoltà basta
osservare ciò che accade tutti i giorni. La parola che esce dalla mia bocca,
per quanto sia una, entra nell'orecchio di migliaia di persone e nessuno ne
sente di meno anche se sono molte a sentirla. Perchè ti meravigli se la
parola di Dio, il Verbo di Dio fattosi uomo, benché sia uno solo, arrivi a
molti?».
Potremmo continuare la similitudine: Se una verità dapprima è
conosciuta da dieci uomini, poi da cento, poi da mille, la verità con questo
non soffre diminuzione. Se un corpo è diviso in dieci, cento, mille parti, la
forza di gravita non viene divisa ne diminuita.
Con proprietà dice S. Tommaso:
Quel che a cena fece ai suoi
Cristo impose pur a noi
Farsi in sua memoria.
Noi fedeli al suon divino
Conosciamo il pane, il vino
Ostia salutifera.
Da chi il toglie, non reciso,
Non infranto, non diviso:
Tutto intero prendesi:
Uno il prende, il prendono mille:
Quanto l'uno, tanto i mille; Nè, preso, consumasi.
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amato e ha dato se stesso per me» (Gal. 2, 20). Gesù fece per noi
l'impossibile. L'offende chi non gli crede.
Il grande eroe della libertà irlandese Daniele O' Connel così si espresse
una volta. Stava parlando in un corridoio del parlamento inglese con dei
deputati scozzesi non cattolici. Uno d'essi inveì contro la fede nella
Santissima Eucaristia: si può essere tanto sciocchi da credere che l'Ostia sia
il Corpo di Gesù? O' Connel con calma, da cui però traspariva la sua ferma
fede, disse solo questo: Sono questioni che lei dovrebbe sbrigare
direttamente con Gesù. Renda responsabile Lui, perché fu Lui a dire che
quello era il suo Corpo.
E se si presentasse il dubbio degli increduli: Come mai potè Gesù avere
il pensiero così strano di nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue, la risposta
nuovamente la darebbe l'amore: Non fa lo stesso la madre? Non forma col
suo stesso corpo, non nutre col suo stesso sangue il figlio non ancora nato?
Come potrebbe permettere Gesù che in amore lo superi un solo cuore, sia
pure il cuore di una madre?
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Certamente l'Eucaristia è la pietra di paragone della nostra fede. Mette
anche noi ad un bivio. Il Signore domanda anche a noi quello che domandò
in Cafarnao ai discepoli: «Forse anche voi volete andarvene?» (Giov. 6,
67). Che cosa potremo rispondere al Signore se non quello che disse S.
Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna» (Giov.
6, 68). Non lo comprendiamo..., non lo comprendiamo... ma lo crediamo.
Crediamo, o Signore, crediamo con fede incrollabile, con fede che ci
innalza e ci obbliga a prostrarci in atto di adorazione, crediamo che Tu ci
hai amato. Ci hai amato non solo andando alla morte per noi ma anche
trovando il modo di restare con noi oltre la morte. Mossi da questa fede,
con amore diremo sempre: Sia lodato e ringraziato ogni momento il
Santissimo e divinissimo Sacramento!
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Fratelli,
A) Tutta la nostra vita terrena non è che una continua guerra o travaglio.
a) Beethoven per la «Missa soleninis», una delle sue opere più grandi,
scelse il motto: «Bitte um aüsseren und inneren Frieden». Preghiera per la
pace interna ed esterna. Osserviamo che nel 1822, quando compose l'opera
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non c'era guerra in tutta l'Europa. E' chiaro che non pensava alla guerra
mentre implorava pace al Signore. Usciva dal suo petto l'aspirazione
profonda dell'anima che invoca la liberazione degli infiniti dolori, pensieri,
tentazioni, tempeste della vita terrena.
Non fu solo Beethoven a sentire questa brama dolorosa, bruciante; la sente
anche chiunque abbia un'anima delicata. Vediamo dolorosamente l'abisso
profondo che esiste tra l'ideale e la realtà, tra il premio e il merito, tra il
bene e il male, tra la virtù e il peccato; in una parola tra Dio e il mondo.
B) Che cosa se ne deduce per la nostra tesi? Se ne deduce che chi crede
con fede viva nella Santissima Eucaristia, non solo ha convinzione
religiosa, ma ha trovato pure il fondamento più sicuro della convinzione
religiosa e con ciò ha trovato la pace nell'odierna inquietudine.
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problema insoluto,... da allora tutti sono infermi. Ha perduto qualche cosa...
Frequentiamo gli ambulatori dei medici psico-analitici, ma non ritroviamo
la pace. Spendiamo soldi per gli indovini, per i chiromanti, per gli
astrologhi... ma la pace non viene. Ci aggrappiamo qua e là, da Nietzsche a
Tagore, da Tagore a Laotse, evochiamo gli spiriti, facciamo grande
consumo di bromuro, veronal e luminal, ma non riacquistiamo la pace.
Abbiamo perso qualche cosa...
Che cosa andò perduta?
Andò perduto quello «che la viva religiosità seppe dare in ogni tempo»:
andò perduta la pace dell'anima.
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contro la nostra debole volontà, centro i nostri desideri contrastantisi,
contro le inclinazioni ereditarie, contro la leggerezza...
C'è da meravigliarsi se l'amarezza ci fa esclamare, come il profeta Elia:
«Basta, o Signore, prendi l'anima mia». E' da meravigliarsi se anche noi
gemiamo con S. Paolo: «Disgraziato che io sono! chi mi libererà da questo
corpo di morte?» (Rom. 7, 24).
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Ma v'è di più: la Santissima Eucaristia è anche aiuto nelle necessità.
b) Spesso occorre più coraggio per vivere che per morire. Chi darà
questo coraggio e aiuto sovrumano? Chi altri se non Gesù Eucaristico?
A Carlsbad s'eleva a più metri d'altezza la celebre fonte e gli ammalati,
pieni di speranza e fiducia, bevono di quell'acqua calda per ottenere la
guarigione.
Nell'Eucaristia scaturisce la fonte di salvezza per milioni e milioni di
ammalati d'anima. Nella fonte di Carlsbad, l'acqua degli abissi si apre la
strada e risente del fuoco vulcanico dell'interno della terra. Qui, invece, la
fonte viva dell'Eucaristia viene aperta dalla forza dell'amore divino di Gesù
e in essa arde il mare infocato del Cuore divino. Da questo ardente amore
divino scaturisce per noi l'aiuto nelle necessità.
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tremanti quel calice ripieno delle nostre lagrime, dei nostri guai, delle
nostre infermità... titubanti l'accostiamo alle labbra... ci lamentiamo che è
difficile, molto difficile il berlo.
Ma... ad un tratto sentiamo che una mano forte, la forte mano di Gesù,
afferra la nostra debole mano e alza il calice. II nostro sguardo cade sul
volto di Gesù che eleva il calice. Oh come è raggiante quel volto mentre
con slancio eleva il calice verso il Padre celeste! Quello non e più solo il
mio calice... Il calice ingrandì immensamente; contiene, è vero, tutte le
amarezze del mio piccolo calice, ma esso contiene anche i crucci, i dolori,
gli affanni, i sacrifici di tutto il mondo, contiene tutte le lagrime, i sudori, il
sangue, le preghiere, le gioie e il trionfo di Gesù. Non c'è lamento umano
che in esso non si contenga. Non vi è lagrima umana né dolore sulla terra
che non si trovino in esso. Vi si trova pure il mio dolore ma ora facilmente
lo posso reggere perché la mano divina di Gesù sostiene la mia mano
tremante.
Cosi appena si unisce il piccolo calice delle nostre amarezze al calice
eterno di Gesù nel Santissimo Sacramento, subito ci sentiamo capaci di
sopportare la lotta della vita.
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anno e il tempo cancellerà anche il nome. Non importa! Allora a chi
interesserà più il nostro nome, la nostra vita? Non passeranno 30, 4o anni;
chi mai si curerà più della nostra opera? Nessuno, assolutamente nessuno!
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a) Tante volte ho ricevuto il Corpo di Colui che vinse la morte: sono
sicuro che la vincerò anch'io.
Nel 1937 riuscì ad alcuni esploratori russi di passare dei mesi nelle
vicinanze immediate del Polo Nord, nel regno del «gelo eterno», oppure,
come si suole dire, della «morte eterna». Fino allora si credeva che nel
clima glaciale del Polo Nord realmente vi regnasse la morte eterna, che non
vi potesse vivere nemmeno la più piccola pianta. Grande fu la sorpresa
degli esploratori nel trovare allo stesso Polo un fiore... Quale fiore? Qua e
là alza il suo piccolo capo dall'eterna neve una specie di lichene azzurro,
grande come uno spillo. Vollero scoprire la radice di questo fiore e qui li
colpi una sorpresa ancor più grande: scavarono la neve intorno al gambo
alla profondità di nove metri e ancora non poterono raggiungere la fine
della radice.
Povero, misero piccolo lichene, quale esempio incoraggiante,
confortante ci dai! Tutto intorno a te è gelo e morte e tu non paventi, non
indietreggi! Ti fai strada in su dalla profondità, dal regno delle tenebre e
della morte, in su, all'aperto, verso il sole. Non rifuggi dal lavoro anche se
tutto intorno ti circonda la rigidezza della morte. E arriva il momento che
spunti dal carcere di gelo dello spessore di chi sa quanti metri, e trovi la
luce, il sole, la vita!
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Vergine Madre la forza per combattere, per perseverare e raggiungere
l'ultima vittoria.
Se il sole si spegnesse improvvisamente, in otto minuti scomparirebbe
sulla terra la luce, la vita agonizzerebbe e dopo ventiquattro ore ci
opprimerebbe una glaciale temperatura, di 273 gradi sotto zero. Cesserebbe
la vita perché cessa la luce.
«Io sono la luce del mondo» (Giov. 8, 12) dice Gesù Cristo. Salve luce
del mondo! Salve, cibo dei viatori su questa terra! Salve, o Gesù
Sacramentato, che dai la pace, che ci porti al trionfo, che ci aiuti nelle
necessità, che ci vivifichi nella morte! Salve, o Gesù Sacramentato, che
splendi su di noi nella bianca Ostia!
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IV. PANE DI VITA
Fratelli in Cristo,
31
1. Eucaristia è necessaria alla vita dell'individuo
b) Ciò spiega come negli ultimi tempi pensatori sempre più numerosi,
dei quali anche alcuni lontani dalla religione, apertamente riconoscono il
valore della convinzione religiosa nella cura dell'anima.
L'illustre filosofo Fechner, pur lontano dal cristianesimo, scrive: «Togliere
la preghiera dal mondo e come spezzare il legame che unisce l'uomo a Dio,
è come rendere muto il figlio di fronte al padre». Ne segue che chi insegna
a pregare all'umanità, le fa un maggior regalo che non donandole un monte
cambiato in oro.
Archimede chiedeva un punto d'appoggio per la sua leva; così -
affermava - avrebbe sollevato il mondo intero. L'uomo separatosi da Dio
inutilmente cercherà quel punto d'appoggio che gli dia il senso della
sicurezza totale. Ha trovato invece questo punto d'appoggio l'uomo che
prega innanzi al Santissimo Sacramento.
Poichè tra la fede in Dio e la salute dello spirito c'è una così stretta
connessione, non deve parer strano se le malattie psichiche crescono in
32
modo spaventoso in un'epoca in cui si rallentano sempre più i vincoli che ci
legano a Dio. Come comincia a diminuire la convinzione religiosa, si
manifesta l'incertezza in tutti i campi della vita.
33
b) Quale aiuto può offrirci in questo la Santissima Eucaristia? Essa
difende l'individuo dalla depressione e lo invita ad altezze vivificatrici,
perché il mistero della Santissima Eucaristia risplende stelle più alte e
illuminate cime della nostra fede.
Vi può essere una verità di fede più elevante, che più ci porta ad una
vita ideale, del dogma dell'Eucaristia? Si può dire cosa più sublime di
quella quando si afferma che nella Santissima Eucaristia è presente lo
stesso Nostro Signore Gesù Cristo? Quel Gesù, il cui solo nome ha il
profumo del balsamo effuso, alla cui sola menzione fuggono tutte le
potenze dell'inferno, di cui solo il lembo del vestito guarisce gli ammalati.
E qui non solo è scritto il suo nome, qui non è solo nominato, non e
custodito un pezzo della sua veste, qui c'è Chi portò quel vestito ed ebbe
quel nome.
L'Eucaristia non e un pezzo della santa Croce, ma è Colui che pendette
dalla croce. Non è la corona di spine, ma il Re coronato di spine. Non è la
lancia che trapassò il Cuore del Redentore, ma il Sacro Cuore trafitto dalla
lancia.
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dal cui lato trafitto sgorgò acqua e sangue. Sii da noi pregustato in punto di
morte. O Gesù dolce, o Gesù pietoso, o Gesù, Figlio di Maria.
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serve per l'altro mondo ed è il pane della vita eterna, ma la fede nell'altra
vita e l'attività sana nella vita presente non si escludono affatto.
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b) Così la Santissima Eucaristia diventa l'elemento d'unione dei popoli,
anzi di tutta l'umanità: bianchi e negri, settentrionali e meridionali adorano
lo stesso Cristo nella S. Messa e ricevono il medesimo Cristo nella
Comunione. Questa e la vera società delle nazioni, la fraternità di centinaia
di milioni prostrati dinanzi a Gesù nel Santissimo Sacramento. Mediante
Lui, Dio si unisce all'uomo, l'uomo si unisce a Dio, e le anime degli uomini
si uniscono fra di loro. Gli uomini così uniti mettono in effetto l'esortazione
di S. Paolo: «Io vi esorto, o fratelli, per il nome del Signor Nostro Gesù
Cristo... non vi stano tra voi degli scismi; ma siate uniti nello stesso
pensare e nello stesso sentimento» (l Cor. 1, 10).
Idea cara ai primi cristiani era quella del pane unico formato da molti
chicchi di grano. Tale idea per loro simbolizzava l'amore di Gesù nel
Sacramento che tutti unisce.
Il più antico scritto cristiano dopo la Sacra Scrittura è la Didaché. In
esso troviamo questa preghiera: «Come era questo (pane) che spezziamo,
sparso su poi monti, e raccolto divenne uno solo, così s'accolga la tua
Chiesa dagli estremi della terra nel tuo regno: perché tua è la gloria e la
possanza per Gesù Cristo nei secoli» (9, 4).
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saranno uomini di buona volontà. Solo a questi l'angelo di Betlemme
promette la pace: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli
uomini di buona volontà» (Luca 2, 74).
Fratelli, un missionario insegnava gli elementi della fede cristiana a dei
piccoli arabi. Si era intorno a Natale e il missionario mostrava ai ragazzi il
quadro ben conosciuto che rappresenta Maria e S. Giuseppe in cerca di
alloggio. Maria monta un somarello, S. Giuseppe guida l'animale e così
procedono silenziosi nella notte oscura.
I ragazzi guardano il quadro e uno dice: - Padre, il quadro è sbagliato.
Maria cavalca e Giuseppe va a piedi. Dovrebbe essere l'opposto: l'uomo
deve cavalcare e la donna andare a piedi.
Il piccolo aveva ragione dal punto di vista arabo. Si, gli uomini si fanno
portare comodamente dall'animale, le donne invece, tenendo con fatica sul
capo la cesta carica, a piedi seguono il marito. Presso di loro la donna non
differisce molto dallo schiavo; la comprò il marito ed essa, con duro lavoro,
deve dimostrare che il marito non spese invano.
- Hai ragione, gli disse il missionario. Per voi è così. Però che cosa vi pare?
Perché Giuseppe fece così e fu così buono con Maria?
- Credo, rispose una bambina, perché Maria doveva essere la madre del
piccolo Gesù.
Se avesse saputo la piccola araba come era profonda e saggia la sua
risposta! Realmente con la venuta di Gesù cambiò la faccia del mondo; per
Lui non solo le donne uscirono dalla loro condizione umiliante, ma nel
regno di Dio fondato da Cristo tutta la vita umana si avviò su un altro
binario. Il regno di Dio è il regno dell'uguaglianza degli uomini. Il regno di
Dio e il regno della giustizia. II regno di Dio è il regno dell'amor del
prossimo. Il regno di Dio è il regno delle mani pure, della vita pura, della
morale pura. E di questo regno, sorgente di forza, cuore palpitante, pane
vivificante è la Santissima Eucaristia.
Chi non vede, chi non sente ad ogni passo i due più tormentosi
problemi: la questione sociale senza soluzione e l'orribile odio tra i popoli?
Sulle onde tempestose è versato l'olio che reca la calma dall'Eucaristia, in
cui è presente Gesú, quel Gesù la cui ultima preghiera fu: «Che tutti siano
una cosa sola; come Tu, Padre, sei in me ed io sono in Te, così anch'essi
siano in noi» (Giov. 17, 21).
Nelle anime che hanno il culto dell'Eucaristia, li è il regno di Dio, senza
il quale non esiste una vita degna da uomo, lì vi è l'umanità, lì v'è l'amore.
Così si compie in noi l'inno di S. Tommaso d'Aquino: l'Eucaristia è per
noi «panis vivus et vitalis», pane vivo e vivificante, e così la gratitudine di
milioni d'anime pacificate potrà con diritto proclamare: “l'Eucaristia è
vincolo di carità”: Eucharistia vinculum caritatis.
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PARTE SECONDA: CRISTO PER NOI
V. CHE COS'È LA SANTA MESSA
Fratelli.
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Questo è il fine principale dell'Eucaristia: Gesù che si sacrifica
continuamente in essa per noi. Gesù, offrendo agli apostoli nell'ultima cena
il suo Corpo e il suo Sangue e dando loro il mandato: «Fate questo in
memoria di me», offrì all'eterno suo Padre e pose al centro della sua
religione un sacrificio che toglieva ogni valore ai sacrifici antichi e ai nuovi
che si volessero fare. Da quel momento non v'è sulla terra che un unico
sacrificio degno di Dio e a Lui accetto: il sacrificio della Messa in cui Gesù
rinnova continuamente il Sacrificio della croce.
Vediamo dunque,
1) se la s. Messa è realmente la rinnovazione del sacrificio della croce.
Perché se è così, sapremo subito,
2) come dobbiamo assistervi.
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offerta. Perciò questa veniva consumata da un grande fuoco. Essa era o
qualche frutto della terra o qualche animale. Orribile a dirsi, i pagani,
deviati dai loro errori, talvolta sacrificavano persino i loro figlioli.
Povero uomo caduto nel peccato! Quanto credevi che potesse valere
agli occhi di Dio i tuoi sacrifici a Lui offerti, l'uccisione degli agnelli, la
combustione del grano e di frutta? Questa non poteva essere la forma
definitiva del sacrificio. Forma definitiva non era nemmeno quella
dell'Antico Testamento. Sono note le parole del Signore riferite dall'ultimo
profeta Malachia: « Da dove sorge il sole fin dove tramonta, il mio nome è
grande tra le genti; e in ogni luogo si sacrifica e si offre al mio nome
oblazione pura...» (Mal. 1, 11). Chi offrì questo sacrificio puro, perfetto, a
Dio accetto?
a) Che la s. Messa sia un vero sacrificio, non v'è dubbio alcuno dopo la
narrazione evangelica dell'ultima cena.
Allora Gesù non disse semplicemente che dava il suo Corpo e il suo
Sangue ai suoi fedeli. Disse molto di più. Attenti alle sue parole: «Questo è
il mio Corpo che è dato per voi» (Luca 22, 19) e «Questo è il mio Sangue
dell’ Alleanza versato, in remissione dei peccati» (Matt. 26, 28).
Ponderiamo bene la parola «per voi». Perché ciò significa: Questo è il
mio Corpo che si sacrifica per voi; Questo è il mio Sangue che si versa per
voi. Le parole poi che seguono: «Fate questo in memoria di me»
significano: In memoria perpetua della mia morte date ai miei fedeli fino
alla fine del mondo il mio Corpo e il mio Sangue sotto le specie del pane e
del vino.
«Fate questo» cioè quello che io feci adesso. In ciò è riposto il carattere
sacrificale dell'Eucaristia. «In memoria di me»: ciò significa che il
sacrificio eucaristico non è un atto che si possa separare dalla morte in
croce di Gesù Cristo, non è un sacrificio nuovo che sta a se, ma è la
perpetuazione del sacrificio offerto da Gesù Cristo una volta sulla croce, la
sua continua rappresentazione, la tua continuazione di giorno in giorno fino
alla consumazione dei secoli. «Fate questo in memoria di me», in altre
parole: Dovreste perire per i vostri peccati, ma io mi sacrifico al vostro
posto e muoio per voi. Per voi, perché non abbiate a perire.
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b) Il sacrificio della croce e il sacrificio della Messa sono dunque
essenzialmente la stessa cosa. La stessa cosa perché vi è lo stesso offerente
e la stessa vittima. Quel medesimo Cristo che si offri in sacrificio sulla
croce all'eterno Padre, si offre per le mani del sacerdote nella Santa Messa.
Che cosa fa della s. Messa un tesoro inestimabile? Forse il fatto che il
celebrante fa ciò che Gesù Cristo fece nell'ultima cena? No. Forse perché il
Figlio di Dio diede questo mandato ai sacerdoti? Nemmeno. Senonchè in
ciascuna Messa lo stesso Gesù Cristo offre il sacrificio, come nella sera del
giovedì santo, e precisamente offre lo stesso sacrificio che offrì quella sera.
Ora potete comprendere perché la Chiesa prescrive che su tutti gli altari
ci sia il crocifisso e non permette di celebrare la Messa senza il crocifisso.
II perché è chiaro. Perché la Messa deriva dal Cristo crocifisso; è la
continuazione del sacrificio della croce offerto per noi. Non è solo
l'offerente il medesimo, ma anche la vittima: N. S. Gesù Cristo. In tutte le
Messe è Gesù che sacrifica se stesso per me; lì batte il suo tenero cuore che
espia per me, sia l'altare delle vecchie cattedrali risplendenti di marmi
oppure il misero altare di legno delle povere chiese rurali. Quando il Papa
celebra la s. Messa rivestito di preziosi apparati, è presente lo stesso Cristo
come quando il sacerdote in un campo di concentramento celebra la s.
Messa in gran segreto adoperando il pane nero del pranzo e per calice, una
scatola di conserva e comunica i suoi compagni di prigionia.
Però quale differenza passa tra il sacrificio della croce e il sacrificio
della Messa? Quello della Messa non è cruento come fu quello della croce,
perché Cristo glorificato non può più patire. Ma anche se non può patire, la
s. Messa deve in qualche modo riprodurre la morte di Cristo. Gesù non può
più morire, eppure muore misticamente nella s. Messa. La consacrazione
separata del pane e del vino ci indica il Corpo di Gesù separato dal suo
Sangue e ci ricorda il momento quando alla sua morte avvenne questa
separazione.
43
Viene tra noi Cristo; prega ed è esaudito; si rivolge al Padre e la sua
parola arriva al cielo; rivolge lo sguardo su di noi e ci libera dal peccato;
parla a Dio e si intenerisce l'amore di Dio offeso.
La nostra religione ha un altare, all'altare uno che è sacerdote e vittima
insieme: l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.
In questo sacrificio è tutta la nostra religione. Ci sono le chiese, ma per
l'altare; i sacerdoti, ma per l'altare. Ci sono i veri riti, le vesti e i vasi sacri,
ma tutto per l'altare. Meglio, per Colui che sull'altare sacrifica se stesso al
Padre celeste. Lui adorano milioni di fedeli, si prostrano dinanzi a Lui e
cantano il cantico dell'Apocalisse: «A Colui che siede sul trono e
all'Agnello, lode, onore,gloria e potenza,nei secoli dei secoli» (Apoc. 5,
13).
Solo così Dio poteva essere adorato convenientemente come Cristo lo
adorò sul monte Calvario sacrificandosi completamente e senza riserva
alcuna, placando in tal modo con l'effusione del suo Sangue la maestà
offesa di Dio.
44
Kyrie, sempre il Gloria, sempre il Sanctus! Non cessa mai la consacrazione,
mai la Comunione, mai la benedizione!
Nella Chiesa cattolica, col sacrificio perenne della Messa, tutto il globo
terrestre è diventato un unico ed immenso tempio. Bene si esprime l'inno
sacro: « Per noi si rivestì di corpo, e venne a noi come un bambino; sulla
croce sparse il suo sangue, prezzo del nostro riscatto. Oggi, sul Golgota
dell'altare, ecco di nuovo il suo Sangue prezioso; vittima e l'Agnello di Dio,
il suo Corpo nascosto sotto le specie del pane».
Chi tiene tutto ciò presente, sa bene come deve comportarsi durante la s.
Messa.
a) Nella Chiesa primitiva erano ben distinte le due parti della Messa. La
prima parte era la così detta «Messa dei catecumeni», cioè di coloro che si
preparavano a ricevere il battesimo. Non erano ancora iniziati al mistero
dell'Eucaristia, non erano ancora istruiti nell'essenza del Sacramento
dell'altare e perciò, dopo l'evangelo e l'omelia, prima che si arrivasse
all'offertorio, dovevano lasciare la chiesa. Alla Messa propriamente detta
potevano partecipare solo i battezzati. Questa parte veniva chiamata la
«Messa dei fedeli».
Oggi non si fa più distinzione. Oggi può parteciparvi chiunque,
battezzato o non battezzato; la Chiesa non nasconde a nessuno i suoi
sublimi misteri. Non è più doloroso ancora che proprio tra i cristiani ci
siano tanti per i quali la Messa sia una cosa del tutto sconosciuta? Se
ascoltano la Messa neppure immaginano quello che si svolge sull'altare?
Che cos'è per noi la s. Messa? Il centro della fede cristiana. L'immenso
sacrificio di Cristo. Il Calvario che si rinnova ogni giorno.
Che non sappiano gli acattolici, ce ne rincresce; ma pazienza! Però che
non lo sappiano molti cattolici, che cosa dovremmo dirne?
Che cosa diremo di quelli che settimane e settimane, mesi e mesi
trascurano la s. Messa, perché una volta bisogna andare in gita, un'altra a
sciare, ora fa troppo caldo, ora c'è troppo fango... e così via?...
Che cosa diremo di quelli che, cronometro alla mano, badano a non
arrivare prima del vangelo e a non restare, per disgrazia, dopo la
Comunione?
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Che cosa diremo del continuo confabulare alle porte della chiesa alla
Messa del mezzogiorno nelle domeniche e feste?
- Buon giorno, Rina. Che bel vestito, oggi! Sapesse, come ci siamo
divertiti stanotte! Anche oggi siamo arrivati a casa appena al mattino. Ma
pure voglio vedere chi è oggi a Messa. La mamma non c'è?
E Rina risponde: - Mamma voleva pure venire, ma sentì dolore di capo
e non venne. E sentì forte dispiacere di non poter venire e di non poter così
mostrare le nuove « creazioni » portatele ieri dalla modista. Posso
assicurare che sono veramente fantastiche, una cosa di sogno. Ma entriamo
subito, perché stanno quasi per spegnere le candele...
Entrano... E poco dopo escono...
Ditemi, tali persone hanno qualche idea della Messa? Sanno che cos'è?
B) Ciò che ora dico dell'attività del sacerdote sull'altare non è una
novità per i miei uditori, ma forse non tutti sanno la parte che hanno i fedeli
nella Santa, Messa. Il battezzato è membro del Corpo mistico di Gesù
Cristo. Capo di questo Corpo è il nostro Sommo Sacerdote, Gesù; ne segue
che anche le membra partecipano in qualche modo del «regale sacerdozio»
(1 Pietro 2, 9), e che quando il Capo offre un sacrificio, anche le membra
devono parteciparvi.
a) Che cosa segue da ciò per la nostra vita cristiana? Che tutte le volte
che dico: Vado alla Messa, dico pure: Vado ad offrire un sacrificio. Tutte le
volte che dico: Vado alla Messa, dico anche: Vado ad un atto di culto che è
il più degno, l'unico degno di Dio, e nel quale io, uomo miserabile, mi
elevo alla sommità della mia dignità cristiana, perché l'uomo non può
essere più grande di quando s'accosta all'altare per offrire un sacrificio a
Dio.
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Non che ogni battezzato sia anche sacerdote. E' questo un errore a cui si
oppone l'esplicita volontà di Cristo. Per altro i fedeli non devono
accontentarsi dell'assistere solo passivamente alla s. Messa, col solo stare
silenziosi o magari anche pregando da qualche libro di devozione. Ma
devono unirsi alla sublime azione che si compie all'altare.
C) Così la retta e fruttuosa assistenza alla Messa richiede dai fedeli una
partecipazione diretta e attiva. Esige che ravvivino durante le singole parti
della s. Messa gli stessi sentimenti, la stessa prontezza al sacrificio che in
quel momento riempiono il Cuore di Gesù mentre offre il sacrificio.
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b) Chi mette in pratica questo suggerimento impara ad assistere alla
Messa con spirito corrispondente al Sacrificio divino.
Poniamo attenzione di non parlare semplicemente della «s. Messa», ma
del «sacrificio della s. Messa». L'Eucaristia non esiste senza sacrificio; il
sacrificio visibile offerto nella Messa deve significare il sacrificio invisibile
della nostra vita.
La Messa è un vero sacrificio: Gesù che offre se stesso. La nostra
partecipazione allora sarà ricca di grazie, se avrà lo stesso spirito di
sacrificio che ha Cristo offerente.
Spirito di sacrificio dunque subito, al principio della Messa! Mentre il
celebrante, profondamente inchinato, al Confiteor dice il mea culpa, mea
culpa, mea maxima culpa, dobbiamo sentire anche noi: Si, con l'anima
gravata da peccati, non posso sacrificare al Signore. Con animo sincero mi
pento dei miei peccati e li detesto e me ne libero sacrificandomi al Signore.
Sacrificio poi all'offertorio! Il celebrante innalza sulla patena dorata la
bianca ostia che sarà mutata in Corpo di Cristo. In questo mentre, metto
anch'io su quella patena qualche piccola mia mortificazione, qualche prova,
qualche rinunzia, qualche sofferenza. Sacrificio alla consacrazione! Gesù
ora sacrifica se stesso per amore di me. Getto per un momento uno sguardo
sull'Ostia elevata, poi sul Calice, e, ripetendo le parole di s. Tommaso
Apostolo: «Signore mio e Dio mio», offro a Lui in sacrificio il mio
intelletto, la mia volontà, i miei desideri, i miei sentimenti, tutto me stesso.
Sacrificio alla Comunione! Alla Comunione diventi una cosa sola con
Cristo. Però diventi una cosa sola anche col vicino che in ginocchio riceve
la Comunione, col quale non sei in buona armonia forse già da anni, ne sai
dirgli una buona parola. Ecco il momento di fare il sacrificio per
corrispondere al sacrificio della Messa.
Ecco, la partecipazione attiva, viva dei fedeli richiede che si partecipi al
sacrificio della Santa Messa con vero spirito di sacrificio.1
Fratelli, a Napoli si conserva in un'ampolla il sangue del vescovo di
Benevento, S. Gennaro, morto martire al principio del IV secolo. Ogni
1
Nota del Traduttore: Ci piace riprodurre qui le parole dell'Enciclica di Pio XII «Mediator
Dei» sulla S. Liturgia, dei 20 novembre 1947: «E' necessario che tutti i fedeli considerino loro
principale dovere e somma dignità partecipare al Sacrificio Eucaristico non con una assistenza
passiva, negligente e distratta, ma con tale impegno e fervore da porsi in intimo contatto col
'Sommo Sacerdote, come dice l'Apostolo: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in
Cristo Gesù" (Filip. II, 51). Riprodurre in sé, per quanto è in potere dell'uomo, lo stesso stato
d'animo che aveva il Divino Redentore quando faceva il sacrificio di sé: l'umile sottomissione
dello spirito, cioè l'adorazione, l'onore, la lode; ed il ringraziamento alla somma maestà di Dio;
inoltre riprodurre in se stessi le condizioni della vittima: l'abnegazione di sé secondo i precetti
del Vangelo, il volontario e spontaneo esercizio della penitenza, il dolore e l'espiazione dei
propri leccati. Esige in una parola la nostra mistica morte in Croce col Cristo in Croce».
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anno, alla festa del Santo, quel sangue coagulato si liquefà. Migliaia e
migliaia di persone vi accorrono per vedere l'ebollizione del sangue.
Nella s. Messa continuamente scorre il preziosissimo Sangue immortale,
non per soddisfare gli occhi curiosi, ma per spargere a torrenti le grazie
vivificanti su di noi.
Sapete ora che cos'è la s. Messa? Un misterioso scorrere di Sangue dalle
ferite di Cristo; la rinnovazione incessante del sacrificio della croce.
Sapete che cos'è la s. Messa? Un diluvio di grazie che parte dalla croce;
il Golgota sempre presente; Gesù che di continuo si sacrifica per noi.
Il nostro cristianesimo sarà profondo e cosciente in quanto
comprenderemo, apprezzeremo, ameremo la s. Messa!
Fratello, non dimenticare:
Quale la tua Messa, tale la tua fede!
Quale la tua Messa, tale la tua morale!
Quale la tua Messa, tale la tua vita!
E qual'è la tua vita qui, tale sarà la tua vita nell'eternità.
Amen.
Fratelli in Cristo,
49
Qualcuno dirà: Merita realmente che in terra di missione i cristiani, da
poco convertiti, facciano un lungo cammino di molte ore, alle volte anche
di qualche giornata, pur di poter assistere ad una Messa? Non abbiamo
forse tante altre funzioni sacre per onorare Dio ed elevare la nostra anima a
Lui?
Ce ne sono, ma per valore sono ben distanti dalla s. Messa. Litanie,
processioni, pellegrinaggi, canti, predicazioni, Via Crucis, speciali
devozioni a Maria e ai Santi; tutte pratiche queste belle, care ed utili, ma
tutte assieme sono ben lungi dal raggiungere il valore di una s. Mesa.
Nostro Signore in ogni Messa continua ad offrirsi in sacrificio per noi:
ecco l'essenza della Messa.
Per tale motivo la Chiesa impone a tutti i fedeli, dai 7 anni in poi, di
assistere alla s. Messa tutte le domeniche e feste sotto pena di peccato
mortale, purché non ne siano impediti da qualche grave incomodo.
Cosi è chiaro perché solo la s. Messa fu resa obbligatoria dalla Chiesa e non
altro. Non sono obbligatori i pellegrinaggi, non questa o quella devozione,
non il rosario, non le litanie. Bensì è obbligatoria sotto pena di peccato
mortale l'assistenza alla s. Messa tutte le domeniche e feste.
E' necessario quindi conoscerla a fondo. Se dobbiamo assistervi almeno una
volta alla settimana, è giusto che ne conosciamo il valore e le cerimonie.
Perché, se meditandole le avremo ben conosciute, non sentiremo più il
bisogno dell'imposizione della Chiesa. Allora andremo a Messa con gioia,
non perché c'è il comando, ma perché trascinati dalla nostra anima, anima
che odora e ringrazia, che implora e vuole espiare.
Qual'è dunque il valore della s. Messa? Quali i frutti? di questo tratterò
oggi. Se cercherete di comprenderli, sono certo che apprezzerete
convenientemente la s. Messa. Più tardi tratterò delle cerimonie della
Messa perché possiate ricavare sempre maggiori frutti dall'assistenza della
Messa.
50
Se così enorme è la distanza tra noi a Dio, come adorarlo; lodarlo
degnamente? Da noi non lo potremo mai.
Ecco venirci in aiuto la s. Messa come l'unica adorazione degna di Dio.
Una sola Messa rende a Dio omaggio e onore maggiore che non le
preghiere e le adorazioni di tutti gli angeli insieme, perché nella s. Messa
non sono gli angeli che danno gloria a Dio, ma lo stesso suo Figlio
unigenito gli rende un'adorazione di valore infinito. Perciò il celebrante,
dopo la consacrazione, tracciando una croce con la Santa Ostia sopra il
calice, dice: «Per Lui, con Lui e in Lui ti sia reso, o Dio Padre Onnipotente,
nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria».
51
mondo. Però Nostro Signor Gesù Cristo continuamente, all'elevazione della
s. Messa, tende in alto al Padre celeste le sue mani espiatrici perché nella
sua giusta collera, non termini l'umanità peccatrice.
52
innanzi a noi perché vi cogliamo la grazia purificatrice quanto ne siamo
capaci.
Chi assiste bene alla Messa, può ottenere il perdono dei suoi peccati
veniali e la diminuzione delle pene temporali. Essa, in vero, non cancella i
peccati mortali ma può ottenerci la grazia della contrizione, ci fa
comprendere la gravezza dei peccati e ci spinge a cercarne l'assoluzione
con una buona confessione.
53
membri differenti di uno stesso corpo, assieme si prostrano avanti al trono
della maestà di Dio, ascoltando uniti la s. Messa!
Ormai mi è chiaro perché la Chiesa ci rese obbligatoria la Messa
almeno una volta alla settimana. Perché se vi fossero cristiani così leggeri e
non curanti della propria anima, da trascurare la fonte che le porta forza e
refrigerio, cioè i tesori della Messa, almeno una volta alla settimana, si
sentano obbligati ad esporre la loro anima ai raggi di questo sole vitale, per
non venir meno del tutto. Chi non si espone mai ai raggi del sole, soffrirà di
etisia. Chi trascura la Messa, soffrirà di etisia spirituale.
Ecco il valore straordinario della Messa e le sue benedizioni per l'uomo.
a) Perciò non si meravigli affatto chi si parte dalla Messa senza vero
profitto, se vi assistette senza alcun raccoglimento, arrivandovi tanto da non
far tardi.
Dunque - e non solo per pura educazione - è cosa migliore il non
ritardare, ma piuttosto aspettare la Messa. Così avremo possibilità di
meditare avanti la Messa l'incomparabile fatto di cui saremo partecipi. Così
potremo ravvivare la fede nell'azione sublime che si compie sull'altare.
In gran parte il frutto della Messa dipende da questa fede viva. Con essa
la nostra devozione diverrà più interiore, l'attenzione non sarà turbata,
l'amore s'infiammerà di più. Senza di essa, invece, l'anima nostra resterà
fredda come la pietra dell'altare, in cui poggia il Corpo di N. Signore.
54
Dieci persone vanno alla fontana, ognuna con un recipiente di differente
capacità. A tutti la fontana offre la sua acqua abbondantemente, ma chi ha il
recipiente piccolo, ne prende meno, chi l'ha ripieno di fango, non ne prende
affatto. Eppure anche questi sta per mezz'ora alla ricca fontana.
b) Dove è qui l’errore, cari fratelli? Non nella cattiva volontà, perché
altrimenti non sarebbero venuti alla Messa, ma in un difetto doloroso. Non
conoscono i riti della Messa e non sanno quello che fa il Sacerdote
all'altare. Perché se lo sapessero e avessero in mano un messalino, essi
stessi resterebbero meravigliati del profitto spirituale, del fervore spirituale,
55
del maggior acquisto di grazie, che ottengono dal partecipare alla Messa
attivamente, invece che dall'assistervi solo passivamente.
Nei discorsi che seguiranno esporrò in breve i riti della Messa e farò
risaltare i sentimenti che dovremmo avere nelle varie parti di questo divino
sacrificio.
Ripeto però che uno dei mezzi più efficaci per ascoltare con profitto la
s. Messa è l'accompagnarla con la lettura del messalino. Fortunatamente
questo uso si diffonde dappertutto.
E' desiderabile che se ne servano almeno le persone più istruite, e che
non vi sia chi entri nella libreria chiedendo un libro di preghiere bello, non
troppo grande, rilegato in pelle, taglio oro, con un astuccio grazioso... e
l'autore, importa poco.
Fratelli, l'apostolo S. Paolo scrisse ai fedeli di Efeso della larghezza,
della lunghezza, dell'altezza e della profondità dell'amor di Dio (3, 18).
In più maniere vediamo e sperimentiamo l'amore di Dio, ma la sua
larghezza, lunghezza, altezza e profondità mai meglio e più da vicino che
nella s. Messa. L'assistenza fruttuosa e retta alla s. Messa obbliga anche noi
ad una vita di sacrificio, cioè la Messa si ripercuote potentemente nella
nostra vita di ogni giorno. Non basta dunque solo l'ascoltare la Messa ossia
assistervi senza far niente. La Messa non è cosa solo del Sacerdote; non è
una rappresentazione teatrale che basta guardarla dal palco. La Messa non è
neanche soltanto una bella e cara devozione a cui si dà ogni domenica il
cristiano che poi si ritiene sciolto da ogni altro obbligo dopo esserne stato
presente. No. Messa e vita devono confondersi insieme. Col torrente delle
grazie scaturite dalla Messa dobbiamo inondare il terreno arido della nostra
vita cristiana.
Chi così si unisce alla Messa, rende davvero a Dio il culto più grande che
Gli si deve. Lo adora, lo ringrazia, lo placa e lo prega. Ma, nello stesso
tempo, acquista per la sua anima le grazie più grandi.
Non solo le sue labbra, ma anche l'anima sua intona le belle parole del
cantico:
«O Tu che stai sull'altare sotto le specie del pane, sotto il biancore
dell'Ostia immacolata, o Dio immenso, ammirabilmente occulto! Non Ti
vedo con gli occhi del corpo, eppure ti adoro realmente. Ti confesso mio
Creatore e mio Dio e ti riconosco mio Signore. Per codesto Corpo
benedetto che qui adoriamo, per codesto Sangue benedetto avanti al quale
ci prostriamo, Ti supplico, o Dio mio, di aver pietà dell'anima mia e di
perdonarmi i peccati». Amen.
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VII. LE CERIMONIE DELLA MESSA (I)
Fratelli in Cristo,
Gesù Cristo nell'ultima Cena non solo diede in cibo agli Apostoli il suo
Corpo e il suo Sangue, ma diede loro ancora un ordine grandioso. Dopo di
averli comunicati, a compimento della cerimonia, disse loro: «Fate questo
in memoria di me» (Luca 22, 29).
Come se avesse detto: «Cari miei apostoli, ora avete ricevuto il grande
dono che vi promisi nella sinagoga di Cafarnao. Però allora non dissi solo a
voi, ma a tutta la moltitudine che mi ascoltava e, in essa, a tutti gli uomini:
Se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non berrete il suo
sangue, non avrete la vita in voi» (Giov. 6, 54). Ora devo provvedere anche
che i miei seguaci trovino sempre questo cibo di vita eterna. Per tal motivo
do a voi e ai vostri successori il potere di fare quello che io feci ora e così si
realizzerà che «io sarò con voi fino alla consumazione dei secoli» (Matt.
23, 20).
Con questo potere dato agli Apostoli, Gesù provvide alla continuazione
del mistero eucaristico ossia al sacrificio della Messa.
Tutti sappiamo il momento in cui si attua il Sacramento dell'altare. Alla
s. Messa, alla consacrazione. Questo momento è il centro, la perla
risplendente di tutta la nostra vita cristiana.
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Ma il più bel diamante diventa più bello ancora se collocato in degna
incastonatura. Così tratta la Chiesa questo suo diamante di valore infinito.
La consacrazione avviene in un momento. Ma per far risaltare questo
momento la Chiesa lo collocò nel corso dei secoli in una preziosa cornice.
Preghiere e cerimonie lo precedono per circa un quarto d'ora e per circa lo
stesso tempo lo seguono.
Queste cerimonie sono il prodotto di azioni sacre formate dallo spirito
religioso per più secoli. Essenza, centro ne è la consacrazione cioè la
transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù
Cristo. Segue poi la Comunione dei fedeli. Ciò si eseguiva da quando esiste
il cristianesimo. Ma le cerimonie e preghiere che accompagnano la
consacrazione e la Comunione si evolsero a poco a poco fino a pervenire
alla forma d'oggi che, come sapete, da molti secoli perdura immutata.
Migliaia di sacerdoti in tutte le parti del mondo celebrano la Santa Messa.
Anche se di lingua differente tutti celebreranno allo stesso modo e con le
stesse parole.
La preziosa catena di orazioni e riti con la quale la Chiesa circonda la
parte centrale della Messa, ossia la consacrazione, è già da se stessa un
capolavoro, un'unità organica del culto scaturito dal profondo del cuore.
Ogni cristiano dovrebbe conoscere queste cerimonie. Solo così potrà unirsi
al sacrificio della Messa e riportarne frutti copiosi. Mi pare utile trattare in
questo e nei prossimi discorsi delle cerimonie della Messa e dei pensieri e
sentimenti religiosi che devono accompagnarla.
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B) Per poter celebrare la Messa è poi assolutamente richiesto che l'altare
contenga le reliquie di qualche martire. «Vi ho amato fino alla effusione di
tutto il mio sangue; mi amate anche voi con tanta fedeltà?» chiede Gesù.
I martiri hanno saputo amar così: è giusto che le loro reliquie siano
conservate nell'altare del sacrificio augusto.
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2. La s. Messa nella Chiesa primitiva
60
distribuzione e la spartizione delle cose consacrate e se ne manda per
mezzo dei diaconi anche ai non presenti» (Apol. c. 67).
Questo il modo primitivo della celebrazione della s. Messa. Dovevano
passare secoli prima che essa raggiungesse la splendida forma attuale.
Anche considerandola esteticamente, essa ci appare come una splendida
opera d'arte, se la contempliamo con l'occhio dell'anima credente nelle sue
diverse parti e nel suo assieme.
Oggi la Messa è composta da due differenti azioni sacre. Queste due parti
diverse portano anche un nome distinto; la prima è detta «Messa dei
catecumeni»; la seconda «Messa dei fedeli ».
61
domanda con ansia il Salmista, e risponde: «L'innocente di mani e puro di
cuore» (Sal. 23, 3-4).
Conoscevano questo anche i primi cristiani, però ciò non portava loro
nessuna difficoltà. Allora ogni cristiano era fuoco ardente, era anima
anelante al martirio.
62
Più tardi, invece della preghiera scelta dallo stesso celebrante, la Chiesa
stabilì il Salmo 42, anch'oggi prescritto.
Questo salmo fu scritto dal re David nel fuggir dai nemici, sentendo nel
profondo del cuore il desiderio di Gerusalemme. Bramava ritornarvi,
prender parte alle funzioni del tempio, dove aveva provato tanta gioia negli
anni della sua gioventù. Sospira: «O Dio mio, perché mi rigetti, perché
contristato me ne vo, mentre mi travaglia il nemico? Manda giù la tua luce
e la tua fedeltà: esse mi guidino e mi conducano al tuo santo monte e ai
tuoi tabernacoli. E mi avvicinerò all'altare di Dio. A Dio che è la gioia
della mia giovinezza» (XLII, 2-4)
Questi sono anche i nostri sentimenti quando ci avviciniamo all'altare di
Dio. Anche noi arriviamo all'altare fuggendo dall'immenso cumulo di
tentazioni ingannatrici e di nemici del corpo e dell'anima e imploriamo
forza e perseveranza.
63
L'altare è simbolo di Cristo, cosicché questo rispettoso bacio mattutino
è diretto a Cristo stesso.
Alla consacrazione del sacerdote, il vescovo chiamò il consacrando per
nome e questi con voce giubilante rispose: «Adsum: presente». Conobbe
la propria debolezza, ma, confidando nella grazia di Dio, rispose con tanta
sicurezza e gioia all'invito: «Adsum». D'allora di giorno in giorno, di anno
in anno sempre più si persuade che non può abbandonarsi a se stesso, ma
che deve appoggiarsi a Dio. Quindi il suo primo saluto a Gesù ogni mattina
quando bacia l'altare che lo simboleggia. Come se dicesse: Eccomi, o
Signore, pronto a servirti. Che vuoi da me, che cosa devo fare oggi per te?
Come posso oggi unirmi più strettamente al tuo sacratissimo Cuore?
64
immaginarsi degradazione più dolorosa della dignità umana, il dover
adorare come dio chi era odiato come tiranno sanguinario?
E tutti lo adoravano, ma non i cristiani. Anche essi come sudditi non
negavano all'imperatore l'obbedienza civile, bensì gli rifiutavano il culto
diviso.
Ma che cosa costò loro questo atteggiamento coraggioso? Migliaia e
migliaia perdettero la vita, e migliaia e migliaia furono confinati, come
schiavi, nelle più lontane province dell'impero per i lavori forzati nelle
miniere. Importa poco. Uno solo era per i cristiani il loro Kyrios, il Signore
Dio e perciò trasportarono quest'invocazione nei loro uffici sacri, e la
trasportarono come chiara e sentita confessione di fede: Noi non abbiamo
che un salo Kyrios: Gesù. Tutte le volte che pronunciavano queste parole,
giocavano la testa, eppur le dicevano.
Fratelli, noi loro tardi nipoti, quando nella Messa ripetiamo la medesima
breve invocazione, abbiamo lo stesso coraggio, la stesa fede, lo steso
disprezzo della morte?
Sappiamo anche noi dire queste parole con quella grande fede con la
quale la donna Cananea supplicò Nostro Signore per la figlia inferma (Matt
15, 22), e il cieco di Gerico (Matt 20, 30), e gli sventurati lebbrosi? (Luca
17, 31). Siamo infermi anche noi? Signore, abbi pietà di noi! Siamo ciechi?
Cristo, abbi pietà di noi! Ci corrode la lebbra del peccato? 0 Signore, abbi
pietà di noi! Intorno a noi l'umanità smarrita si piega dinanzi a falsi idoli,
ma noi non conosciamo altro Signore, altro Dio, che Te, Dio eterno. Tu sei
l'unico Signore, l'unico Kyrios. Kyrie eleison...
Fratelli, abbiamo finito per oggi. Siamo arrivati appena al principio
della Messa dei catecumeni, ma già ora comprendiamo quale tesoro
spirituale è a nostra disposizione e come si migliorerà l'anima nostra, ,e
assisteremo alla Messa con spirito di fede. Accadrà anche a noi quello che
avvenne secondo la leggenda al monaco di Heisterbach. Dormì mille anni;
svegliatosi e unito in strada, notò con sorpresa che i passanti gli erano tutti
sconosciuti e che parlavano una lingua del tutto differente dalla sua.
Oh sì, all'uscire da una Messa assistita devotamente, pur non essendo
stati in chiesa più di mezza ora, noteremo con dolore che i passanti parlano
un ben differente linguaggio, hanno altri pensieri, altra moralità, non si
accorgono dei loro peccati, non implorano la misericordia divina, non
operano per la maggior gloria di Dio. E sentiamo che dobbiamo portare
nuovamente in questo mondo che vive nel peccato e nega il peccato, la
contrizione del Confiteor, la supplica impetratoria(implorante) del perdono
del Kyrie, e poi l'esaltazione di Dio del Gloria e la professione solenne di
fede del Credo.
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Fratelli, nella Messa ci attorniamo di Dio, ci riempiamo di Dio.
Portiamolo con noi e comunichiamolo a questo mondo dimentico di Lui.
Perché non vi sarà pace nel mondo finché dalle labbra di tutti non
proromperà l'umile preghiera: Kyrie eleison, Christe eleison! Signore, abbi
pietà di noi; Cristo, abbi pietà di noi!
Fratelli,
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Nell'ultima predica siamo arrivati al Kyrie. Seguono altre cerimonie ancor
più belle nella stessa Messa dei catecumeni. Di queste parleremo nella
prima parte del discorso, per cominciare poi a trattare della «Messa dei
fedeli» nella seconda parte del discorso.
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esserci almeno il ministrante. Nella Messa celebrante e fedeli, uniti in
comunione fraterna, pregano insieme.
Una volta, quando i fedeli comprendevano il latino, essi stessi
rispondevano al sacerdote, ove risponde il ministrante, ma sempre in nome
dei fedeli. E il sacerdote dice sempre le orazioni al plurale: Oremus,
preghiamo; orate fratres, pregate o fratelli; gratias agamus Domino Deo
nostro, rendiamo grazie al Signore Dio nostro, e così via.
Sì, il sacerdote all'altare, il ministrante ai gradini dell'altare e i presenti, tutti
formano un'unità e come un'unica grande famiglia si prostrano avanti il
Padre comune che è nei cieli. Ditemi, esiste un'altra simile fraternità? Come
nella Messa si realizza il motto: «Eucharistia vinculum caritatis:
L'Eucaristia, vincolo di carità»!
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Dominus vobiscum. Il Signore sia con voi. Qualunque cosa vi posa
accadere, non vi angustiate, il Signore è con voi, non siete mai soli, mai
abbandonati.
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Essi non solo sentono, ma vedono anche Cristo che parla loro. Per
questo anche gli rispondono: «Gloria Tibi, Domine: Gloria a Te, o
Signore». Anzi alla fine gli ripetono «Laus tibi, Christe: Sia lode a Te, o
Cristo».
Così finisce la Messa dei catecumeni e comincia la Messa dei fedeli.
La Messa dei fedeli comincia con l'offertorio ossia con l'offerta del pane
e del vino.
70
chi desidera l'applicazione della Messa secondo la sua intenzione, chiamata
stipendio.
Molti non comprendono la natura di questo stipendio. Voglio subito
osservare che con lo stipendio non «si paga» la Messa. Questa porta frutti
di cui beneficiano tutta la Chiesa militante e tutta la Chiesa purgante. Ma
porta anche altri frutti, come quelli p. es. di impetrazione e di propiziazione,
che il celebrante può applicare ai vivi o ai defunti secondo l'intenzione di
chi dà l'offerta ossia lo stipendio della Messa. Così si può far celebrare la
Messa per una persona viva o morta o inferma perché l'intenzione sia
onesta; e, come espressione di tale intenzione, si dà al sacerdote lo
stipendio per provvedere al suo -ostentamento. Questo non è dunque un
«pagar» la Messa, ma una forma nuova delle antiche offerte in natura.
b) Poi l'offerta del vino. Il sacerdote versa nel calice del vino e poche
gocce d'acqua. Prima di versare l'acqua, la benedice con queste parole di
profondo significato: «O Dio, che in modo meraviglioso creasti la nobile
natura dell'uomo e più meravigliosamente ancora l'hai rigenerata, concedici
di diventare, mediante il mistero di quest'acqua e questo vino, consorti della
divinità di Colui che si degnò farsi partecipe della nostra umanità, Gesù
Cristo, tuo Figlio, nostro Signore, il quale vive e regna Dio con Te nell'unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Cosi sia».
Veramente preghiera e rito di profondo significato! Il vino simbolizza
Cristo e perciò non lo si benedice prima di versarlo nel calice. L'acqua che
viene mescolata al vino invece simbolizza l'umanità: questa ha bisogno
della grazia divina, è quindi da benedirsi col segno della croce e con la
predetta orazione. Quando nella Messa al vino, simbolo di Cristo, viene
unita l'acqua, simbolo nostro, supplichiamo con umiltà il Signore che ci
71
unisca a Lui come un giorno si uni alla nostra umanità perché così anche
noi possiamo renderci partecipi della sua vita eterna.
Questa cerimonia dunque esprime la sublime verità della nostra fede:
l'unione dell'uomo con Dio. «La piccola goccia d'acqua, unita al vino della
Messa, sono io. E questo vino, alla consacrazione, si cambia nel Sangue
dell'Uomo Dio. Questi poi, nella sua essenza, è una Persona della
Santissima Trinità. La goccia d'acqua, cioè l'uomo, viene così presa nella
corrente di vita della Santissima Trinità» (MERCIER).
Pensiero veramente grande! Ma non meno edificante e vivificante! Lo
scopo della nostra vita è che Cristo viva in noi e noi in Lui. Cosi ogni
nostro travaglio, ogni preghiera, ogni sospiro, ogni lagrima si cambia nella
vita eterna in preziosa gemma fulgente.
Dopo di che il sacerdote prende nelle mani il calice, lo alza guardando
la croce e dice: «Ti offriamo, o Signore, questo calice di salute e
scongiuriamo la tua clemenza perché esso salga con odore soavissimo al
cospetto della tua maestà divina per la salvezza nostra
e del mondo intero. Così sia». Poi, inchinandosi, prosegue: «E noi con lo
spirito umile e con l'anima contrita, deh, siamo accolti da Te, o Signore, e il
nostro sacrificio si compia oggi alla tua presenza in modo che Ti piaccia, o
Signore Dio».
Come è facile comprendere il profondo significato delle cerimonie
dell'offertorio! Che cosa significa il pane, il pane quotidiano? Significa le
fatiche, i sudori, gli affanni, le sofferenze di ogni giorno. E che cosa
significa il vino? La gioia della vita. Nell'offrire a Dio nella Messa il pane e
il vino, mettiamo nelle sue mani i nostri dolori e le nostre gioie, la nostra
giornata, tutta la nostra vita e ci abbandoniamo completamente al Signore.
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D) Dopo l'offertorio e il lavabo segue la grande preghiera di lode, il
Prefazio.
Quale stupenda preghiera! Quanta gioia e quanta elevazione, quanta
adorazione e quanta lode traspirano le sue parole!
«Sursum corda: In alto i cuori», così esorta il sacerdote ai fedeli. E
questi rispondono: «Habemus ad Dominum: Li abbiamo al Signore».
«Gratias agamus Domino Deo nostro: Rendiamo grazie al Signore Dio
nostro», prosegue il sacerdote. E i fedeli: «Dignum et iustum est: E' cosa
degna e giusta».
Ora il sacerdote comincia la preghiera di maestosa e incomparabile
bellezza, chiamata prefazio.
La sua stessa melodia, con la quale lo si canta nelle Messe solenni, è di
una insuperabile dignità ed invita a pregare. Mozart disse che avrebbe
rinunziato a ogni sua composizione pur di essere l'autore del Prefazio.
Che dire poi del testo? Oggi abbiamo 15 Prefazio differenti per le varie
solennità. Ascoltatene uno. Chi non vede nelle sue parole l'amoroso volo
dell'anima della Chiesa che adora, loda, prega il Signore e in Lui gioisce?
«Veramente degna, giusta e salutevole cosa è che noi sempre e
dappertutto rendiamo grazie a Te, o Signore santo, Padre onnipotente, Dio
eterno, per mezzo di Cristo nostro Signore, per il quale gli Angeli lodano la
tua maestà, le Dominazioni l'adorano, ne tremano le Potestà, i Cieli e le
Virtù dei Cieli e i beati Serafini la celebrano in comune esultanza. Con le
loro voci, te ne preghiamo, fa che siano ammesse anche le nostre; mentre
con umile professione diciamo:
Santo, Santo, Santo è il Signore Dio degli eserciti. Della tua gloria sono
pieni i cieli e la terra. Osanna nel più alto dei cieli. Benedetto Colui che
viene nel nome del Signore. Osanna nel più alto dei cieli».
Col triplice Sanctus il rito ci ha portato, per dir così, al cielo. E per ora
sospendiamo la spiegazione della Messa. Come se fossimo anche noi in
mezzo agli angeli, elevati sopra ogni miseria e caducità umana. Come se il
testo che segue volesse indicarci la stessa cosa. Il testo non cambia mai:
resta invariato; e si chiama canone. II testo che lo precede, le orazioni cioè,
la epistola e il vangelo, si cambia a seconda delle feste, ma non cambia il
canone. Dai primi tempi con lo stesso sacro testo la Chiesa ci prepara al
sublime momento della consacrazione, a Gesù che scende in mezzo a noi.
Questa parte il sacerdote la dice sottovoce. A voce così bassa da non
esser udito dai circostanti. Le parti precedenti spesso le dice alternandole
col popolo, ossia col ministro che rappresenta il popolo; ma qui si separa
quasi dal popolo, entra nel Santo dei Santi, dove sta solo col Signore. Solo,
73
come Mosè sul monte Sinai quando gli parlava il Signore. Si avvicina il
momento emozionante della consacrazione, quando l'altare si cambia in
Betlemme e in Golgota, nel presepio e nella croce. Questo momento, nel
quale di nuovo scende il Signore in mezzo a noi, è accompagnato da così
profondo silenzio quale doveva essere nella notte di Natale, quando per la
prima volta venne in mezzo a noi il Verbo incarnato.
Vedete, o fratelli, quale sia la felicità di noi cristiani di poter avvicinarci
ogni giorno al Signore, perché è Lui che nella s. Messa scende in mezzo a
noi. Vedete come si adempie per noi la parola di Gesù: «Ecco, io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Matt 28, 20).
Vedete quale insigne privilegio il nostro, quale speciale onore il potere,
purché lo vogliamo, prostrarci anche ogni giorno avanti N. S. Gesù Cristo,
nel momento sublime quando scende nuovamente in mezzo a noi e il
poterlo adorare profondamente!
Fratelli,
Una terribile burrasca sorprese una nave in viaggio. Le onde
spumeggianti, sferzate dall'uragano, sballottavano la nave che gemeva e
crepitava..., i passeggeri, in preda alla disperazione, vedevano già aperta la
tomba dell'immenso oceano per ingoiarli tutti... quando, proprio nell'ultimo
momento della disperazione, uno dei passeggeri ebbe un pensiero singolare.
Prese sulle braccia un figlioletto, di appena un anno. lo levò in alto, e
sorpassando con la voce l'urlo dell'uragano che strepitava, gridò verso il
cielo: «O Padre, ci punisci giustamente; lo abbiamo meritato tutti. Però
guarda questo piccolo innocente, per amor suo abbi pietà di noi...».
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Fratelli! Dove si erge una chiesa cattolica, dove si celebra sulla terra la
s. Messa, si ripete ogni giorno questa medesima scena in una maniera mille
volte sublime. Circondano l'altare gli uomini sbattuti dalla spietata tempesta
della vita; distrutti dalle disgrazie, combattuti dalle tentazioni, curvi ,sotto il
peso dei peccati. Ma viene il momento solennissimo della elevazione...
mentre il Figlio di Dio è elevato in alto dalle mani del sacerdote, eleviamo
anche noi il nostro pensiero al cielo, dicendo: O Padre, ci punisci
giustamente, noi non meritiamo alcuna misericordia; ma mira il tuo unico
Figlio, innocente, santo... per amor suo abbi pietà di noi.
Nelle due ultime prediche abbiamo spiegato le cerimonie della Messa.
Continuando la spiegazione trattiamo adesso del suo momento più solenne
della sua parte essenziale, cioè della consacrazione.
Propriamente, questo punto è per se tutta la Messa, quello che lo precede e
lo segue non ne forma che il contorno nel quale la Chiesa ha incastonato
questo celeste diamante. Tutto nella Messa prepara questo momento o lo
completa e finisce. Tutta la Messa e ogni suo rito convergono a questo
momento; alla consacrazione. Soltanto a questo scopo sono eretti gli altari.
I sacerdoti sono consacrati per questo. Per questo esiste la Chiesa cattolica.
Tutto per questo grandioso momento, al quale ci siamo preparati, nella
parte antecedente, con desiderio sempre maggiore, con preghiere sempre
più ferventi.
1. La consacrazione
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b) La preghiera del silenzio! Ma come? Si può pregare senza dir parole?
Eccome! Anzi nei momenti di maggior commozione non si può che
pregare così. Quando troviamo le parole per esprimere i nostri sentimenti
vuol dire che questi non hanno raggiunto il massimo grado di intensità, ma
sì allora quando la parola viene a mancarci. Così restiamo senza parole
avanti una cattedrale maestosa, oppure nell'ammirare una splendida aurora
o la cima di un monte coperta di candida neve. Più maestosa è la cosa a cui
assistiamo e più ci è confacente il silenzio. La Chiesa chiama il Santissimo
Sacramento: Sacramentum mirabile. Ammiriamolo senza mai cessare di
ammirarlo.
A qualcuno potrà sembrare strano questo grande silenzio nel momento più
solenne della Messa. Non sarebbe meglio che allora la Chiesa prorompesse
nei più bei cantici di esultanza? Eppure la liturgia ama tanto il canto. Perché
proprio allora silenzio completo? Si comprende facilmente. Perché per ciò
che allora succede non esiste alcuna espressione umana, non parola, non
suono, non canto d'uomo: non v'ha altro che muta ammirazione.
Si ode unicamente la timida voce del campanello. Parla con voce
misteriosa come se dicesse: Uomini, non dimenticate a che vi obbliga la
morte di Cristo che ora si ripete misticamente. Vi obbliga ad una
determinata specie di morte spirituale, alla morte dell'uomo vecchio di cui
fa parola così bellamente S. Paolo: «Ignorate che quanti siamo stati
battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella morte di Lui? Siamo
stati dunque sepolti con Lui per mezzo del battesimo nella morte, affinché,
come fu risuscitato Cristo da morte per la gloria del Padre, così anche noi
camminiamo in novità di vita» (Rom. 6, 3-4).
Questo seppellimento in Cristo meglio non può realizzarsi che nella s.
Messa. Andare a Messa vuol dire salire il Calvario con Cristo, morire lì con
Cristo e seppellire l'uomo antico nel sepolcro di Cristo. Pertanto nel
momento silenzioso della consacrazione moriamo tutti, ma non per restare
morti, ma per risorgere a nuova vita. «Noi sappiamo che siamo stati
trasportati dalla morte alla vita» (1 Giov. 3, 14), ad una vita nuova,
soprannaturale, divina. Come non vi è Messa senza transustanziazione, così
non vi è vera vita cristiana senza la trasformazione dell'uomo antico,
puramente naturale. Nella Messa la piccola ostia si cangia nel Corpo di
Cristo; e l'uomo antico deve trasformarsi in viva immagine di Cristo.
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a) Piegare le ginocchia. Avanti il Santissimo Sacramento la Chiesa non
conosce che un unico gesto: l' inginocchiarsi. Non è possibile assistere ad
un mistero così tremendo in posizione eretta; esso ci obbliga a prostrarci, ed
inginocchiarci. Poche parole pronunciate sopra l'ostia; e in quel momento la
piccola ostia diventa un tesoro maggiore di tutti i tesori della terra, di tutti i
valori e pompe dell'universo intero. Se possedessimo occhi non costretti da
leggi fisiche, se avessimo una vista soprannaturale, con santa emozione nel
momento silenzioso della consacrazione vedremmo comparire intorno alla
s. Ostia una splendida legione d'angeli osannanti con santo timore e
ammirazione il Signore e Re che si abbassa in modo così sconfinato. Si
muove tutto il cielo e noi, poveri uomini, potremmo restare freddi, senza
movimento alcuno di adorazione? Se non si fosse costretti a vedere spesso
anche questo, non si potrebbe credere che nel momento così grandioso
della Messa ci siano persone che restino sedute, o in piedi, insensibili come
tronchi d'albero senza vita, per paura di perdere la riga dei calzoni ben
stirati.
Fratelli; inginocchiatevi alla consacrazione.
77
la parola del Salmista: «Oh. com'è bello e giocondo che dei fratelli abitino
insieme!».
Quale meraviglia dunque se l'anima nostra non può più contenersi e con
giubilo sospiri: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, osanna
nel più alto dei cieli».
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Nostro Signore Gesù; ora dunque, prima di ricevere questo Cibo divino,
recitiamo in comune la preghiera avanti questa mensa divina.
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b) Grazie a Dio, ai giorni nostri ritorna in uso la Comunione frequente
come nei primi tempi del cristianesimo.
Finita la Comunione del sacerdote il silenzio della chiesa viene rotto da
un lieve movimento dei fedeli; come in processione si dirigono verso la
balaustra.
Commovente processione. Piccoli e grandi, uomini e donne, poveri e
ricchi, dotti ed ignoranti, tutti procedono, a capo chino, con passo misurato.
Ciascuno d'essi e un tabernacolo vivente. Tabernacoli puri, bianchi, senza
macchia, tabernacoli di lucentezza non offuscata, vanno ad accogliere il
Santissimo Sacramento. Si inginocchiano e alzano la testa verso il
sacerdote che distribuisce la Comunione. Ma che volti! che sguardi! Occhi
così raggianti, sguardi così trasfigurati, volti spiranti tanta felicità non si
vedono altrove: così risplendevano i visi degli apostoli sul monte Tabor.
Come il fiore che apre il suo calice al primo raggio del sole mattutino.
Come la cima del monte quando è accesa dalle fiamme del sole delle alpi.
Come la dolce luce della stella polare. Come..., ma perché far tanti
raffronti? Come l'uomo che ha trovato il suo Dio e il volto di Dio risplende
sul sito volto.
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domenica come di ogni altro giorno, sia dell'assistenza alla Messa come del
compimento dei nostri doveri si formi un'unità organica, come la formano il
corpo e l'anima.
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per lui la Messa sarà quello che realmente deve essere: rigenerazione
dell'uomo mediante la morte del Cristo.
Si comprende ora come nelle terre di missione i pagani da poco
convertiti camminano anche giorni interi pur di poter assistere e partecipare
al sacrificio incruento del Signore; ma non si può comprendere che i
cristiani dei nostri paesi per pura pigrizia o amore alle comodità trascurino
anche la stessa Messa domenicale mentre la chiesa è a due passi dalla loro
casa.
Può dirsi cristiano quel paese dove la domenica sono affollati i cinema,
i teatri, gli stadi, i luoghi di escursione, mentre molte chiese sono quasi
vuote?
Può dirsi cristiano quel paese dove nelle stesse strade, persino molto
rumorose, si sentono le campane chiamar alla Messa e cantare
solennemente come gli angeli di Betlemme: «Vi annunzio una grande
gioia,che sarà di tutto il popolo» (Luca 2, 10), eppure molti non
riconoscono più quella voce?
Fratelli, l'altare è la roccia sulla quale poggia tutta la Chiesa. La Messa è
il centro, il cuore di tutto il cristianesimo. Sopprimi la Messa, e il volto
della Chiesa diventerà pallido per anemia. Sopprimi la Messa e i fedeli - la
Chiesa militante - perderanno la fonte di tutte le grazie; e le anime del
purgatorio - la Chiesa purgante - perderanno la sorgente che più
abbondantemente genera la misericordia divina; e gli abitatori del cielo - la
Chiesa trionfante - resteranno privi del più bello spettacolo che noi
possiamo offrire loro.
E se invece abbiamo la Messa? ... La vita terrena avrà ancora il suo
amaro tormento..., le onde rabbiose della sofferenza e della cattiveria
tenteranno di affogarci...; ma resteremo a galla sopra le onde vittoriosi
finchè ci sarà in mezzo alle nostre case la Casa di Dio, e nella Casa di Dio
l'altare, e intorno all'altare il popolo di Dio che con l'anima commossa
all'elevazione gridi al Signore: Padre, giustamente ci punisci, non
meritiamo perdono. Ma guarda il tuo unico Figlio, santo, innocente... Per
amor suo abbi pietà di noi.
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PARTE TERZA
CRISTO IN NOI
Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del
Figlio dell'uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete la vita in voi.
Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna ed io lo
risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia Carne è vero cibo ed il mio
Sangue è vera bevanda.
Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue dimora in me ed io in
lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre,
così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso
dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi
mangia questo pane vivrà in eterno».
Queste cose Gesù disse insegnando nella sinagoga a Cafarnao.
S. Giov 6, 53-59.
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ammalata e che non può essere risanata che solo dal medico delle anime,
Nostro Signore Gesù.
Gesù vive in mezzo a noi nel Santissimo Sacramento sotto le specie del
pane e del vino. Perché pane e vino?
Perché il pane? Perché è il cibo più diffuso, più conosciuto e più
necessario. Come se Gesù avesse voluto dire: Per vivere come uomo devi
mangiare del pane; per vivere da cristiano devi cibarti di questo pane
soprannaturale. Il pane terreno dà forza per la vita terrena, il pane
soprannaturale dà forza per la vita spirituale.
E perché il vino? Perché il vino è simbolo della gioia e del piacere della
vita; l'Eucaristia infonde nell'anima gioia, piacere, entusiasmo. Quanto ne
sentiamo il bisogno! Si può morire di fame e di sete, e si può morire anche
di tristezza, di mancanza di gioia e di consolazione.
Figli miei, ci dice Gesù nel Santissimo Sacramento, so quello che vi
manca. Vi manca forza e gioia. Forza per le lotte dell'anima, gioia perché
possiate essere perseveranti. Ed io vi do appunto questo. Venite spesso da
me a prendermi nella Santa Comunione; datevi a me ed io vi restituirò più
uomini a voi.
Pane e vino. Il pane è forza, il vino è gioia. La Comunione è forza, la
Comunione è gioia. E' proprio così! Lo vedremo in questo discorso.
1. La Comunione è forza
a) Qual'è la più grande, quale vale di più? Potrà sembrare una domanda
oziosa. E' tanto semplice la risposta. Eppure la domanda non è superflua.
Disgraziatamente però l'uomo moderno con molta facilità si fa un idolo
della forza materiale, adora la forza bruta, la forza muscolare, i cavalli di
forza. Crede che ciò sia tutto, che sia la via della felicità, che ciò porti il
paradiso in terra: Non si preoccupa che di questo, a questo si dedica
totalmente.
Oggi possediamo forze o energie quante mai prima. Abbiamo cavalli di
forza quanti ne vogliamo. Abbiamo centrali elettriche quante mai avremmo
sognato. Ma la felicità manca. Perché deperì, si atrofizzò la forza dello
spirito. Dominiamo l'oro, il ferro, il rame, l'acqua, il fuoco, l'aria; solo non
siamo capaci di dominare noi stessi, i nostri istinti sfrenati, le nostre
passioni. La scienza innalzò palazzi enormi, ma gli inquilini vivono
malcontenti ed amareggiati. Sentiamo come fossero dirette a noi le parole
del Signore rivolte tanti secoli fa al suo popolo infedele: «Hanno
abbandonato me, fonte d'acqua viva, e si sono scavati delle cisterne,
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cisterne screpolate che non possono contenere l'acqua» (Ger. 2, 13).
T'accorgerai e proverai quanto triste e amara cosa è aver abbandonato il
Signore Dio tuo (Ger. 2, 19).
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non poter sopportare la vita come lo vuole la religione! Che i
Comandamenti di Dio superano le nostre forze! Che sono tante le tentazioni
da non poterle vincere! Si, è vero; però di ciò sono esse responsabili.
Che senti troppo lo stimolo dei sensi? Che sei nato così, che non puoi
farne a meno? Che sei di natura fatto così; precipiti, scatti subito? Sono
nato così, non posso cambiarmi! Queste le solite scuse. Purtroppo è vero,
ma, per fortuna, non è del tutto vero. Il corpo non dipende completamente
da noi; è così come lo abbiamo ereditato, forse gravato da molte tare e
cattive inclinazioni. Ma l'anima è in nostra potestà. E' l'anima può influire
anche sul corpo. Che sono nato così, non dipende da me, ma dipende da me
il superare la mia stessa natura con la Comunione frequente.
Sentite le belle parole di S. Francesco di Sales nella sua Filotea: «Se i
mondani vogliono sapere il perché di tante tue Comunioni, rispondi loro
che le fai per imparare ad amare Dio, per purificarti dalle tue imperfezioni,
per liberarti dalle tue miserie, per trovare un conforto nelle pene, un
appoggio nelle debolezze. Di' loro che due tipi di persone debbono
comunicarsi spesso: i perfetti, perché, essendo ben disposti, scapiterebbero
molto a non accostarsi alla sorgente d'ogni perfezione, e gli imperfetti per
poter conseguire la perfezione; i forti per non diventare deboli, e i deboli
per diventare forti; i malati per guarire, i sani per non cadere malati; e che
quanto a te, così imperfetta, debole e inferma, senti il bisogno di
comunicare spesso con Chi è la tua perfezione, la tua forza, la tua medicina.
Di' loro che chi non ha molti affari mondani, deve comunicarsi spesso
perché ne ha la comodità, e chi ne ha molti, deve farlo perché ne ha la
necessità» (Cap. 21).
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viaggio, scrisse sette lettere di conforto a varie comunità cristiane, dicendo
tra l'altro: «Unitevi in una sola fede, un solo pane spezzando, che è rimedio
dell'immortalità, antidoto per non morire, anzi per vivere sempre in Gesù
Cristo». «Sono frumento di Dio e sarò macinato con i denti delle fiere, per
essere trovato pane mondo di Cristo... Possa io godere delle belve a me
preparate... Fuoco e croce e combattimento di belve... crudeli tormenti...
vengano sopra di me, solamente perché consegua Gesù Cristo».
Ditemi; non e dunque la Comunione sorgente di forza ?
Potrà essere qualcosa troppo difficile se nelle nostre vene scorre il
Sangue di Cristo? Se possiamo ripetere quello che disse un'altra martire, S.
Agnese, in mezzo ai tormenti: «il suo Sangue colorò le mie guance»?
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Questo gli domanda: «Signor comandante, è tutto pronto per la
partenza?». «No, signor parroco, sarò pronto del tutto quando lei mi avrà
confessato e dato la Comunione».
Ecco la forza che viene dal Pane dei forti, che, come è sorgente di
perenne giovinezza alle anime che si comunicano, e sorgente pure
dell'attività perenne e della indefettibile fiducia della Chiesa che offre il
sacrificio eucaristico. Dopo ogni Comunione possiamo dire anche noi la
preghiera del grande poeta del secolo XI, Ildeberto de Lavardin,
arcivescovo di Tours: «Liberami da ogni male, riempi l'anima mia di vero
pentimento, dammi vita mite e santa, fede, speranza e carità, disprezzo
delle cose terrene, ricerca delle celesti. Dio mio, spero solo in Te, e tutto
chiedo solo a Te. Tu sei il mio bene, la mia gloria; quello che ho, l'ho da Te.
Tu sei mio conforto nei dolori, mia medicina nelle infermità; mia arpa nella
melanconia, arco di pace nelle agitazioni. Tu mi liberi dal carcere, mi
sorreggi se cado».
Sì, o fratelli, chi si comunica spesso ha l'anima sempre giovane ed é
forte, perché riceve forza da Dio eternamente giovine e forte.
2. La Comunione è gioia
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le loro specie proclamassero: l'Eucaristia è la nostra forza, l'Eucaristia è la
nostra gioia.
Come non ne deriverebbe gioia quando in essa riposa l'anima nostra e
ne riceve grazie e serenità soprannaturali! Dice la S. Scrittura: «Un animo
sereno è come un banchetto perpetuo» (Prov, 15, 15). Il Santissimo
Sacramento è davvero un banchetto perpetuo. Gesù istituì questo
Sacramento in una cena. E si compiace di paragonare il suo regno al re che
chiama a convito i suoi sudditi.
E poiché in un banchetto devono regnare letizia e gioia, è naturale che
nel banchetto dell'Agnello di Dio, cioè nella Comunione, ci inondino la
pace e la gioia spirituale. Da qui la preghiera della Chiesa: «O sacrunt
convivium: O sacra mensa in cui riceviamo Cristo».
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Non è qui tutta l'essenza del cristianesimo? Qual'è questa essenza? E'
l'accostarsi di Dio all'uomo. Il Figlio di Dio si fece uomo e abitò in mezzo a
noi. Poi, vivendo sulla terra, ci parlò sempre di Dio, del nostro Padre
celeste. In ultimo, nel dipartirsi da questo mondo, pose la corona a tutta la
sua opera: lo stesso Dio restò per sempre in mezzo a noi nella Santissima
Eucaristia.
Nessuna meraviglia se a questo pensiero tanto sublime la Chiesa si
senta inondata da grande gioia e in ogni Messa col suo sacerdote esclami:
«Introibo ad altare Dei; ad Deum, qui laetificat iuventutem meam: Mi
accosterò all'altare di Dio, al Dio che è mia gloria e mia esultanza» (Salm.
XLII, 4).
b) Ecco il grande segreto per cui il cattolicesimo non muore mai. Esiste
già da quasi duemila anni senza perder nulla della sua freschezza. Nessun
sintomo di indebolimento, di senilità nella sua dottrina, nella sua morale,
nelle sue leggi, nella sua vita. Da dove viene la sua forza, la sua gloria, la
sua freschezza? Dal Corpo e dal Sangue di N. S. Gesù Cristo.
II Sangue di Gesù Cristo! Questa è la sorgente della forza e della gioia della
Chiesa. La Chiesa dice quello che disse Maria Stuarda prima della sua
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decapitazione: «Mi avete spogliato di tutto, ma non mi potete spogliare di
due tesori: della mia fede e del sangue reale che scorre nelle mie vene».
Anche la Chiesa dice lo stesso: «Potete perseguitarmi, avvilirmi,
calunniarmi, ma non potete prendermi due tesori: la Fede e il Sangue di
Gesù Cristo che scorre nelle mie vene».
Oggi il mondo risuona di ditirambi(lodi) in esaltazione del sangue. Ahi!
Il sangue dell'uomo è sangue guasto. Il sangue dell'uomo è sangue impuro.
Il sangue dell'uomo è sangue contaminato. Il sangue dell'uomo è sangue di
peccatore. Abbiamo bisogno del Sangue del Figlio di Dio. Esso dà
refrigerio, rinnova, rinforza, dà vita e infonde gioia.
Il Sangue di Gesti Cristo! Con quanta ragione scrive con grazioso
umorismo nel suo diario il grande vescovo Prohaszka: «Se vuoi il paradiso
in terra, fatti cappuccino. Non c'è bisogno nemmeno di tanto. Ti basta dire o
sentire la Messa ed essere cristiano che si comunica spesso, e avrai il
paradiso... O Signore, come è stolto il mondo che non va in cerca della
sorgente di acqua viva, ma va altrove! Stile di giovinezza eterna, segreto e
forza di rinnovamento, primavera di gaiezza, bella di fiori e di
compiacenza. Portiamo in noi questo mondo ed esclamiamo: Io triumphe!»
(O. O. 23, 276). Esultiamo di santa gioia.
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tutto quello che avrei desiderato rendere chiaro con le mie povere parole.
Nel quadro è raffigurato l'Agnello di Dio sacrificato, e dalla Vittima
scorrono in tutte le direzioni fiumi di benedizioni. Tutto all'intorno freschi
verdeggiano i campi e da tutte le parti accorrono i popoli della terra per
adorare l'Agnello ed estinguere la sete alla fonte di vita. Tutto il quadro non
è altro che un inno dipinto, che un Tantum ergo espresso in colori.
Questo è per noi il Santissimo Sacramento, inesauribile fonte di acque
vive e vivificanti, di forza e di gioia. Come sono fortunato di poter attingere
da questa fonte!
Come sono felice di potermi comunicare! Comunicarmi, ricevere Gesù
e dirgli alla Comunione: Vieni, Gesù Sacramentato,
Vieni, o fuoco ardente, e purifica ogni mia macchia, Vieni, fiamma viva,
e togli ogni mia ruggine, Vieni, o vento di Pentecoste, e porta via dalla mia
anima ogni pagliuzza.
Venite, o Piaghe di Gesù; vieni, o Cuor del mio Gesù, e resta con me in
eterno.
Resta con noi, o Signore, illuminaci della tua luce, caccia ogni nube
dall'anima nostra, tu che sei miele del mondo (S. Bernardo).
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Gesù le rispose: «Chi beve di quest'acqua avrà sete ancora; chi invece
beve dell'acqua che io gli darò non avrà più sete; anzi l'acqua data da me
diventerà in lui una sorgente d'acqua zampillante nella vita eterna».
S. Giov. 4, 6-14
Fratelli,
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Se avere con sé la Santa Scrittura e leggerla infondono tanto coraggio,
quanto maggiore ne infonderà la Comunione che ci colloca nell'intimità di
Colui, e ci unisce a Colui che ispirò tutta la S. Scrittura e del quale essa
parla! Quando nella Comunione Gesù è in noi, non ci conforterà nelle
sofferenze, non ci aiuterà nei nostri guai?
Guardate la povera madre, da settimane siede trepidante al letto del
figlio gravemente ammalato. Non farebbe di tutto, non sopporterebbe
qualsiasi sacrificio pur di aiutarlo?
Se lo potesse!... ma non può. Non lo può perché anch'essa è una povera
creatura impotente.
Invece Gesù Sacramentato è Dio! Egli può aiutare. E lo vuole. Egli ci
ama più di un padre, più di una madre. Non è un'esagerazione, è
l'insegnamento della S. Scrittura. Essa dice: «Potrà forse una donna
dimenticare il suo bambino, da non sentire più compassione per il figlio
delle sue viscere? e se pur questa lo potrà dimenticare, io non mi
dimenticherò mai di te» (Is. XLIX, 15).
Quale incoraggiamento! Dove si compie meglio la promessa del
Signore che non si dimenticherà di noi, che ci assisterà con la sua forza, col
suo aiuto? Nella Comunione. Sentite quello che dice in merito un
convertito olandese (Lampring) nel descrivere la tristezza di un giorno
prima della sua conversione: «Disperato corsi alla chiesa del convento: era
di buon mattino e vidi comunicarsi i fedeli. Ne emanava una forza che
guariva tutti. Anche me, anche il mio povero cuore infermo. Vedevo gli
uomini accostarsi alla balaustra e sentii una vera fame di quella cosa
bianca, di cui non conoscevo ancora né il nome né l'essenza, che però mi si
rivelava anche senza parole e mi attraeva con forza irresistibile. Ne volevo
anch'io di quella cosa bianca. E la mia fame diventava sempre più grande».
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evasivamente: «Non sta a voi di sapere i tempi e i momenti... ma voi
riceverete forza di Spirito Santo, quando verrà su di voi» (Atti 1, 6-8).
Come se avesse detto: Non rispondo alle vostre domande, tanto non le
comprendereste; ma riceverete forza e coraggio per perseverare anche
senza risposta. E questo è quello che più importa.
Quanto più forti sentiremo i colpi della sventura, non domandiamo al
Signore: Perché, Perché? Perché proprio a me? No, non gli domandiamo
questo. Non cerchiamo risposta, ma chiediamo forza e coraggio.
Ecco perché è raccomandabile la bella consuetudine di molte famiglie
cristiane che si accostano alla s. Comunione alla Messa «da Requiem» del
loro caro defunto. Fanno bene. Si comunicano per suffragare l'anima
dell'estinto, ma per ricevere anche forza, consolazione e coraggio per la
loro anima.
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cerchia della vita coniugale si danno situazioni e circostanze, problemi e
difficoltà che si possono sciogliere soltanto con l'abnegazione di ambedue
le parti per non cadere in gravi peccati contro la santità del matrimonio.
Dove si troverà la forza e il coraggio per domare e vincere se stessi?
Nella Eucaristia, nella Comunione frequente.
Lo stesso S. Paolo, sembrandogli un giorno troppo ardua la lotta
spirituale a cui Dio lo sottometteva, si rivolse al Signore gemendo:
«Disgraziato che io sono! chi mi libererà da questo corpo di morte?»
(Rom. 7, 24). E tre volte pregò il Signore perché lo liberasse da questa lotta
(2 Cor. 12, 8). Che cosa gli rispose il Signore? «Ti basta la mia grazia» (2
Cor. 12, 9).
In verità, chi si comunica frequentemente, per quanto arduo sia il
sentiero che lo porta ad osservare i comandamenti di Dio, non lo riterrà mai
troppo difficile, troppo scabro, impraticabile. Al contrario, con meraviglia
proverà quello che provò S. Paolo: «Ogni cosa io posso in Colui chle mi dà
forza» (Filip. 4, 13).
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il difetto, ma vincerlo. Non scappare da esso, ma combatterlo con pazienza
e con la grazia di Dio. Non in un momento, non con decisioni precipitate;
ciò non dà alcun risultato, ma con una lotta tenace di anni e di decenni.
Ma, da dove ci viene la forza e il coraggio per questo? Dalla
Comunione frequente.
2. La Comunione dà tranquillità
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pure parla Nostro Signore: «Beati i puri di cuore, perché essi vedranno
Dio» (Matt. 5, 8).
Così si comprende che nella Comunione, anche in una sola Comunione,
si racchiude un mare così vasto di grazie da bastare per renderci santi.
Quando dopo la Comunione resto solo con Gesù, mi pare di sentire la
sua parola nel profondo silenzio: Sei debole? Io sarò la tua forza. Sei
affaticato? Io sarò il tuo ristoro. Sei povero? Io sarò il tuo tesoro. Sei solo?
lo sarò il tuo compagno. Sei triste, Io sarò la tua consolazione.
Ma tutto questo non sarà forse una bella immaginazione poetica? un
cielo con nubi rosee? La Comunione ci darà davvero tanto entusiasmo,
tanta gioia, tanta prontezza al combattimento spirituale?
Chi non l'ha ancora sperimentato e ha qualche difficoltà a crederlo stia a
sentire ciò che mi scrive uno che si comunica frequentemente. Dice d'esser
tornato a Dio «da molto lontano e da molto profondo». Ma sentite un po'
ciò che dice della Comunione frequente:
«Ancor sempre mi attrae fortemente e mi dà le vertigini l'abisso, e non
potrei mantenere il mio equilibrio. Devo unicamente alla Comunione se,
pur inciampando, posso progredire adagio, molto adagio.
Perché il Santissimo Sacramento è un educatore molto amabile, ma
energico. Non ammette le letture frivole, e però fui costretto a smetterle, e
poiché pur bisogna leggere qualcosa, adagio adagio mi affezionai alle
letture religiose e morali.
Non tollera neppure i discorsi leggeri, e così lentamente si
allontanarono da me coloro che si dilettano solo in questo ed io a poco a
poco mi abituai ad occupare il tempo rimastomi libero in tal modo ad
accrescermi di cognizioni utili. Frequentai per due semestri il Corso sulla
concezione cattolica del mondo, presi parte a tridui, esercizi spirituali,
missioni e prediche quaresimali. La mia anima bevette tutto questo come la
terra arsa la pioggia torrenziale.
L'autodisciplina si fa sempre più forte in me al pensar alla santa Ostia, e
a Colui che già mi aspetta nel sacro Tabernacolo e che domani sarà, mio.
Così posso rinunziare a tante cose, anche a quelle che prima mi sembrava
di non poter abbandonare mai, per nessuna cosa al mondo.
Veramente dapprincipio temetti che tutto quello che succedeva
nell'anima mia non fosse altro che una vampata passeggera, che poi si
sarebbe spenta lasciandomi in una freddezza ed oscurità maggiori di prima.
Ora però ho ferma fiducia che ciò non è un semplice fuoco di paglia ma la
fiamma dolce e costante del lume eterno avanti il Santissima Sacramento».
Fin qui la lettera. Devo ancora raccomandare la Comunione? Devo
ancora parlare a lungo, dei suoi effetti che danno vigore, forza, felicità,
coraggio e pace all'anima?
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3. La Comunione dà bellezza
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Scanderbeg usasse quella spada. Questi rispose solo questo al sultano:
«Mandai la mia spada, ma non il mio braccio».
In vero, a che serve lo strumento a chi non sa adoperarlo? A che serve la
migliore spada se non possiamo maneggiarla? Quante spade, quante armi
hanno i cristiani - preghiere, sacramenti, sacramentali - ma a che valgono se
non se ne servono? Hanno la spada, ma non il braccio; cristiano è il loro
nome, ma non la loro vita.
Orbene che cosa dà al nome cristiano anche la vita cristiana, la forza, lo
slancio, la bellezza? Innanzi tutto la Comunione.
B) Dalle anime abbellite dalla Comunione sorge una società umana più
bella, migliore e più felice.
a) Scrive il poeta del Mare del Nord Gorch Fock: «Non puoi né
allungare né allargare la vita, la puoi solamente approfondire».
Sì, questo è il nostro compito; approfondire sempre più la nostra anima
mettendola continuamente in più intimo contatto con la profondità
dell'Amore eterno, col Cuore divino di Nostro Signore.
Anche H. St. Chamberlain, pur non essendo cattolico, scrive: «Quello che
lo spirito greco era per l'intelletto, questo è Cristo per la vita morale.
Solamente per Lui l'umanità divenne morale. La personalità di Cristo sarà
sempre la base di ogni moralità».
A chi si incontra spesso con Cristo nella Comunione, a chi si espone con
frequenza ai raggi misteriosi di questo grande Sacramento, succederà
quello che capitò a un giovane che si fece la radioscopia della mano. La si
fece fare non perché sentisse qualche disturbo, ma per puro capriccio. Qual
non fu la sua meraviglia nel vedere nella fotografia una scheggia di vetro
tra le ossa della mano. Ancor da bambino una scheggia di vetro gli penetrò
nella mano e la portò sempre senza avvedersene... Ora però non ebbe pace
fino a che non se la fece levare con una operazione.
Quante schegge, quante lische, anzi quante travi portiamo nell'anima
senza sentirne le trafitte, senza aver nemmeno il minimo sospetto delle
ferite e deformazioni dell'anima nostra! Ma viene il momento della
Comunione, la nostra anima viene illuminata dalla volontà divina e subito
ci accorgiamo dei nostri difetti. E non solo ce ne accorgiamo, ma non ci
diamo pace fin che non ce ne liberiamo mediante un'operazione. Da questa
operazione l'anima nostra esce abbellita, rinnovata e rinforzata. Cosi
rinnovata crea una società nuova.
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b) Non c'è rinnovazione del mondo se non per mezzo dell'anima; come
non c'è rinnovazione dell'anima se non per mezzo della Santissima
Eucaristia.
Siamo storditi dal gridare che si fa per riformare il mondo. Ciascuno
vorrebbe salvare il mondo e riformarlo. Però non sta in noi il riformarlo.
Ma è compito nostro il riformare noi stessi. E' nostro compito di occupare
nel modo più perfetto il posto assegnatoci dalla divina Provvidenza sia
quello di sacerdote, di scienziato, di giornalista, di impiegato, di operaio, di
padre di famiglia e così via.
Giudicate da voi, o fratelli, come altro sarebbe il mondo, come più
pacifica, più felice e più umana sarebbe la vita se tutti i sacerdoti fossero
come il Curato d'Ars o S. Giovanni Bosco, se tutti i filosofi fossero come S.
Agostino e S. Tommaso d'Aquino, se tutti gli
uomini politici fossero come S. Tommaso Moro o Donoso Cortes, se tutti i
giornalisti fossero come Gorres, De Maistre o Veuillot, se tutti i religiosi
fossero come S. Francesco, S. Ignazio, S. Bernardo o S. Benedetto, se tutte
le madri di famiglia fossero come S. Elisabetta, tutti gli operai come S.
Giuseppe, tutti i giovani come S. Luigi, tutte le fanciulle come S. Agnese...
Possiamo immaginarci come sarebbe allora questa terra arida, piena di
fango e polvere!
Dov'è la fonte di tanta energia? Dove si apre la rosa di tanta bellezza
spirituale? Chi educò i Luigi, i Domenico Savio, le Agnesi, le Agate, le
Lucie? Il Santissimo Sacramento, la Comunione. Non c'e rinnovazione
dell'anima che per mezzo della Comunione. Perché la Comunione è gioia, è
forza, è coraggio, è pace, è bellezza dell'anima.
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vita diventa pesante, i fiori si piegano a terra, gli uomini diventano
malinconici. Se poi dovesse succedere la catastrofe che il sole cessasse di
splendere, morirebbero tutti i viventi, si spegnerebbe la vita.
Quello che è il sole per la vita fisica, è l'Eucaristia per la vita spirituale.
Quanto sono da compiangersi quegli uomini sui quali non risplende
questo Sole, quegli uomini che se ne sono sottratti!
Come sono felice che per me risplende questo Sole, che posso
comunicarmi, comunicarmi spesso, comunicarmi tutte le volte che voglio.
Nella Comunione Gesù fa risuonare nell'anima mia la voce di Dio, ed io
riproduco questa voce, ripieno di forza, gioia e bellezza. Nella Comunione
mi investe il raggio vivificatore di Gesù ed io apro a Lui la mia anima
debole, anemica, impotente, come il fiore languente dischiude la sua pallida
corolla al caldo raggio del sole, apro a Lui l'anima e con trasporto Lo
supplico: Quanto mi è caro, o Signore, il trovarmi nelle tue mani, non
permettere che mi rifugi altrove. Vedi, o Signore, adesso non ho altri che
Te. Vieni a
dunque e riscalda questo tuo pallido piccolo fiore.
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XII. LA COMUNIONE BEN FATTA
Fratelli,
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tiranno, nelle spaventose minacce, durante il martirio». Perché Gesù restò
in lui? «Quia bene manducaverat et berne biberat». Perché aveva ricevuto il
Corpo e il Sangue di N. Signore bene, cioè con la dovuta disposizione. La
Comunione fu per lui forza e vita. Perché la Comunione sia lecita, basta
essere senza peccato. Ma non basta perché sia fruttuosa. E' necessaria
ancora una buona preparazione e un buon ringraziamento. Tra i primi
cristiani c'era il bel costume di comunicarsi con le mani incrociate sul petto
in segno di completa dedizione. Quale profondo significato! Nella
Comunione anche noi dobbiamo dare e non solo ricevere. Che cosa dare?
Dare noi stessi, la nostra buona disposizione, la prontezza al
combattimento, la nostra croce.
A) Il primo passo sarà il fare un atto di viva fede. Credo, o Signore, con
fede irremovibile, umile e grata che tu sei presente nel Santissimo
Sacramento.
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Signore, e Tu accresci la mia fede. Accrescila affinché non ti riconosca
soltanto qui, ora che mi comunico, ma in tutta la mia vita, nell'ufficio, nella
fabbrica, nella scuola, a casa, nella società.
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Più alta è la posizione della persona con cui trattiamo e più la onoriamo
con titoli e con espressioni di rispetto. Ma se parliamo col Signore
dell'Universo, col Re dei re, lo trattiamo semplicemente e con confidenza;
gli diamo del tu.
I Giapponesi hanno tanta venerazione per il loro imperatore che senza
un cenno non osano guardarlo in faccia. Il ritratto dell'imperatore è appeso
in tutti gli uffici, ma è coperto da una tendina. Non è permesso guardare
l'imperatore neanche in immagine. E quando passa per le strade, il popolo
fa ala al suo passaggio in grande silenzio e tutti con grande rispetto
abbassano gli occhi avanti a lui.
Noi invece possiamo liberamente, con fiducia, con amore alzare lo
sguardo verso Gesù Sacramentato. Quando alla Comunione il sacerdote
tiene in alto verso di noi la Santa Ostia, guardiamola e diciamo: «Signore,
da chi dovrei andare? Tu solo hai parole di vita eterna». Questo è il secondo
atto di preparazione alla Comunione: il ravvivare la fiducia e la speranza.
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devo sentire io quando lo stesso Nostro Signore non passa sopra di me per
un momento solo, ma entra in me e vi fissa la sua dimora!
A) Nei primi istanti non dico niente, non prego nemmeno: affascinato
ascolto in silenzio.
L'anima è immersa in profondo silenzio e questo è il mio puro
ringraziamento e omaggio al Signore. Silenzio che dà vita.
C'è diversa specie di silenzi. Il silenzio sulle vette dei monti; il silenzio
puro, dove l'anima si ricrea e respira aria pura; il silenzio mistico
nell'interno della foresta ma tanto eloquente; il mesto silenzio nel
camposanto; il silenzio opprimente nel deserto prima della tempesta.,.; il
mistico silenzio vicino a grandi distese d'acqua al calar del sole...; il
silenzio vigilante in una notte di stelle.
Alla Comunione sono tutti questi silenzi, ma, sopra di essi, ancora, il
silenzio che dà vita.
Sono questi i momenti silenziosi nei quali sentiamo specialmente quello
che sentì tripudiante S. Bernardo quando scrisse:
«Gesù! Nome di dolce memoria, che dà al cuor le vere gioie; ma più
soave del miele e d'ogni dolcezza è la presenza di Colui che tal nome
porta».
B) Poi il grande silenzio adagio, adagio viene a cessare per dar posto al
sentimento dell'onore ricevuto e del compito che ci aspetta.
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me. Dovessi abbracciare e baciare un povero lebbroso, lo potrei fare? E
Gesù, tutto puro e senza il minimo peccato abbraccia e bacia l'anima mia.
Quale onore per me!
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Un giorno prese sulle spalle un grazioso bambinello, ma, nel traversare
il fiume non sentì mai un peso così grande.
- Come sei pesante, caro bambino! - disse il gigante in mezzo al fiume.
- Non meravigliartene, porti sulle spalle Colui che sostiene tutto il
mondo- disse il fanciullo e sparì. Il bambino era Gesù che in questo modo
volle premiare l'eroe della carità che poi venne chiamato Cristoforo,
portatore di Cristo, e divenne santo.
Chi si comunica diventa un vero portatore di Cristo. «Chi mangia la
mia Carne e beve il mio Sangue, rimane in me ed io in lui» (Giov. 6, 57).
Cristo in noi!
Dunque veri Cristofori! Non peso per noi, ma ala. Portiamo Cristo
senza esserne affaticati, ma anzi ringiovaniti.
Se prendo un altro cibo, questo si assimila in me perché io sono
superiore al cibo. Ma nella Comunione è l'opposto, qui è superiore a me
Colui che prendo in forma di cibo, e quindi è Lui che assimila me. Col
Battesimo siamo stati accolti fra i redenti; con la Comunione riceviamo la
forza per corrispondere ai doveri dei redenti. Superando la resistenza della
natura corrotta, sempre più diventiamo somiglianti al Figlio di Dio,
diventiamo un «altro Cristo».
Se è vero che dopo la Comunione Gesù vive in noi e noi in Lui, si
devono anche render vere le parole di S. Giovanni: «Chi dice di stare in
Lui, deve esso pure camminare come Egli camminò» (1, 2, 6). La storia
della Liturgia ci ricorda un modo interessante con cui i primi cristiani
usavano comunicarsi. Essi tenevano la palma della mano destra sotto la
sinistra e su di essa ricevevano la S. Ostia. Però prima di comunicarsi,
l'avvicinavano alla fronte, agli occhi e agli altri sensi, come se con ciò
volessero supplicare il Signore di prendere possesso e di santificare tutti i
loro sensi, tutto il loro essere. Oggi non è più tale il rito della Comunione,
ma tale dovrebbe essere la nostra dedizione. Dopo la Comunione Gesù
deve regnare su tutti i nostri sensi, su tutto il nostro essere.
109
Non sarà tanto difficile passare i pochi minuti dopo la Comunione in
devoto ringraziamento, ma sarà molto più difficile combattere
vittoriosamente tutto il giorno le lotte spirituali per amore di Cristo che si
degnò di venire in noi quel giorno.
Eppure deve essere così.
Questa mattina mi sono comunicato, dunque devo essere più mite, più
paziente, più indulgente per amore di Cristo.
Questa mattina mi sono comunicato, dunque nelle tentazioni devo
essere più resistente, più deciso per amore di Cristo.
Questa mattina mi sono comunicato, dunque devo sopportare più in
pace e rassegnazione le sofferenze e le contrarietà.
Nella Comunione prendiamo Cristo ma badiamo: il segno esterno, la
manducazione ci costringe ad unirci, a diventare una cosa sola con Lui.
L'anima di Cristo e l'anima mia devono diventare una cosa sola. Quando
due anime diventano un'anima sola? Quando pensano in un modo, vogliono
la stessa cosa, amano la medesima cosa, si rattristano per lo stesso motivo.
Quando sarà dunque buona la mia Comunione? Pensando allo stesso modo
di Gesù, operando secondo i piani di Gesù, avendo i medesimi sentimenti
di Gesù, in una parola, rendendo la mia vita quanto più simile a quella di
Gesù.
3. La Comunione frequente
110
A che tante Comunioni? Quando ero ragazzo, cinquanta anni fa, ci si
comunicava solo a Pasqua. E la Chiesa non comanda neanche oggi di più.
Non basta questa sola Comunione?
Nessuno vuol negare che non si possa anche con la sola Comunione
pasquale assicurare in qualche modo la vita spirituale. Perché se ciò non
fosse possibile, la Chiesa certamente ne aumenterebbe il numero.
Ma se poi ci sono - e grazie a Dio ce ne sono sempre di più - delle
anime che non si accontentano solo di arrivare al Signore in qualche modo
ma di volare a Lui come una freccia con volo audace?!
Osservate gli uccelli, quando prendono il volo. Non si innalzano
verticalmente ma solo obliquamente dalla terra, perché questa li attrae a se.
Basta osservare il passero. Sono pochi gli uccelli capaci di elevarsi al cielo
diritti, diritti, come l'allodola. Chi non vuole essere un grigio passero della
vita, ma allodola canora di Dio, ha assoluto bisogno della forza speciale che
dà la Comunione frequente.
111
stretto ed asciutto viene lasciata della carne. Il condor affamato da grande
altezza scorge il bel boccone e precipita in fondo al pozzo. La carne è sua,
ma non riesce più a uscire. Il cibo l'adescò e lo fece prigioniero.
Chi si comunica speso, più facilmente si accorge dell'esca traditrice del
peccato e resiste di fronte alle tentazioni.
C) Che dovremo poi dire di quelli che non si comunicano nemmeno una
volta all'anno.
La Chiesa un tempo negava la sepoltura ecclesiastica a chi trascurava la
Comunione pasquale.
Ma cos'è questa punizione al confronto di quella che si danno essi da
soli col loro sciopero della fame, con l'affamare, con l'indebolire l'anima e
col rubarle la più potente sorgente della grazia di Dio?
Vorrei che questi scioperanti volontari sentissero quello che disse un
disgraziato che, vivendo in matrimonio illecito per anni non poteva
comunicarsi: «Andavo regolarmente alla Messa tutte le domeniche e feste,
ma provavo un terribile dolore nel vedere accostarsi gli altri alla
Comunione, ed io esserne escluso».
Da ultimo non ne poté più, lasciò la relazione peccaminosa pur di poter
comunicarsi.
Fratelli! Nessuno con tanto ardente amore e nel medesimo tempo con
tanta profondità scrisse sull'Eucaristia come S. Tommaso d'Aquino. Forse è
a vostra conoscenza questo episodio della sua vita. Mentre, assorto in
preghiera, nella sua celletta, stava inginocchiato avanti il Crocifisso, sentì la
voce di Cristo che gli disse: «Hai scritto bene di me, o Tommaso. Che vuoi
in ricompensa?».
Che domanderà il conte d'Aquino? La corona di Sicilia? Gli sarebbe
dovuta. La soluzione di qualche difficile problema? Gli sarebbe venuta a
proposito. Qualche nuova concezione filosofica, qualche illuminazione
divina? No. Tutto ciò non gli bastava. Con inaudita fiducia, Tommaso
rispose: «Non chiedo altro, o Signore, che Te stesso».
Fratelli, prima e dopo la Comunione fissiamo il nostro sguardo su Gesù.
E se in questi benedetti e fortunati momenti sentiamo anche noi la domanda
di Gesù - anche se immeritatamente, non avendo noi nulla di bello di Lui, e
non essendo forse neanche vissuti bene -: «Che vuoi da me? », la nostra più
grande e più intensa preghiera sia: «Niente, o Signore, che Te Stesso».
Diciamo anche noi con S. Tommaso:
Buon Pastore, vero pane,
Gesù, abbi pietà di noi;
Tu ci nutristi, Tu ci difendi,
112
Tu ci fai vedere i beni
Nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutristi qui mortali,
fa che poi ci uniamo,
eredi tuoi e commensali,
coi santi cittadini in cielo.
Amen.
113
PARTE QUARTA
Il servo mio David sarà re sopra essi e unico sarà di tutti loro il
pastore. Cammineranno nelle mie leggi e osserveranno i miei precetti e li
metteranno in pratica.
E dimoreranno nella terra che ho dato al mio servo Giacobbe, nella
quale avevano fatto dimora i padri vostri in quella abiteranno essi e i figli
loro e i figli dei figli per sempre, e David mio servo sarà il loro principe ire
perpetuo.
E stringerò con essi un'alleanza di prue, un patto che sarà con essi per
sempre duraturo e li stabilirò e li moltiplicherò e collocherò il mio
santuario in mezzo ad essi per sempre.
E il mio tabernacolo sarà in mezzo ad essi, e io sarò il loro Dio ed essi
saranno il mio popolo.
E le genti conosceranno che io sono il Signore, il santificatore
d'Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo ad essi in perpetuo.
Ezechiele 37, 24-25
Fratelli,
114
siamo per andare all'ufficio, alla scuola, all'officina, al mercato... Entriamo
per qualche minuto per salutare Gesù che vive in mezzo a noi.
Quelli che non sono della nostra religione se ne meravigliano e non
capiscono: Perché vanno in chiesa quando non vi è nessuna funzione? Che
vanno a fare nella chiesa vuota?
E veramente, che cosa facciamo in quei benedetti momenti staccati
generosamente dalle faccende della vita materiale? Che cosa facciamo?
Adoriamo Nostro Signore che è presente in mezzo a noi nel Tabernacolo.
Questi brevi momenti di adorazione, se fatta bene, diventano poi ricca
sorgente di profitto spirituale.
Chi ne è persuaso, non solo continuerà a visitare il Santissimo
Sacramento con più vantaggio dell'anima, ma se non ha ancora questa
abitudine, così cristiana, così bella, così benefica, ne resterà avvinto.
Questo è appunto il terzo fine del Santissimo Sacramento. Il primo: per
la rinnovazione continua del sacrificio di Cristo: Gesù per noi; il secondo:
per ricevere Cristo nella nostra anima: Gesù in noi; il terzo: per poter
visitare Cristo in ogni momento e parlargli di noi: Gesù in mezzo a noi.
In questo e nel seguente discorso vedremo come usare con più profitto i
devoti minuti della visita al Santissimo Sacramento.
115
avvera esattamente la promessa di Dio fatta al popolo per mezzo di
Ezechiele: « Collocherò il mio santuario in mezzo ad essi per sempre. E il
mio tabernacolo sarà in mezzo ad essi, ed io sarò il loro Dio ed essi
saranno il mio popolo» (Ez.37, 26-27).
116
b) In presenza di Dio, Nostro Signore. E' impossibile dire quali
cambiamenti porti all'anima la consapevolezza d'essere avanti al Signore.
Tutt'al più potremo servirci di qualche paragone umano.
Se un rotolo di filo metallico ricinge un pezzo di ferro e passa sul rotolo
una corrente elettrica, quel pezzo di ferro, finora indifferente, all'istante
acquista forza magnetica e attira a sè i metalli. Cosi fredda, indifferente è
l'anima dell'uomo fino a che non viene presa dalla corrente dell'amor di
Dio. Da questo momento è investita da forza viva; pensieri, desideri,
propositi sorgono in essa non più terreni, non più opera dell'uomo, ma cloni
della rigenerazione in Dio. Questi moti, questi impulsi, queste deliberazioni
sono opera della grazia divina. II tempo della visita è il tempo delle forti
correnti di grazia.
b) Sto inginocchiato in silenzio, non dico una parola, solo apro l'anima e
sciolgo ogni sua piega avanti il mistico irradiamento del Sacramento
d'amore. Momenti fecondi di benedizione!
La medicina moderna cerca di curare coi raggi una delle più spaventose
malattie, il cancro. Pongono una particella di radio vicino al tumore e coi
suoi raggi impercettibili all'occhio umano tentano di fermare o di
distruggere i tumori del cancro.
117
Credo ai medici quando affermano che i raggi invisibili di quel piccolo
metallo sanano l'anormale sviluppo dei tessuti, ma credo anche, o fratelli, e
lo credo mille volte di più, che quando nei silenziosi momenti della visita al
Santissimo dispiego la mia anima ammalata avanti Gesù nascosto nelle
umili specie, si riversano su di me tali e tanti raggi di divina forza senatrice,
che sono capaci di guarire tutti i mali, tutte le ferite della mia anima.
Ed ora possiamo ben fare le nostre preghiere e le nostre suppliche.
2. L'adorazione
Però non alteriamo l'ordine delle preghiere. Non cominciamo con ciò
che ci suggerisce la nostra natura egoistica, coi nostri guai. Potremo parlare
con Gesù anche di questo, ma da ultimo, alla fine.
118
Ringraziarlo ancora per tutto quello che ci ha fatto in particolare. Si è fatto
uomo, anche per te solo. Patì, per te pure. Mori, anche per te. Istituì i
sacramenti, per te. Si offre nell'Eucaristia, per te e a te.
119
dimostrato particolarmente al tempo dell'invasione tedesca del suo paese
nella prima guerra mondiale.
Così si espresse una volta: «Ora vi rivelo il segreto della santità e della
felicita. Se ogni giorno per cinque minuti frenerete la vostra fantasia,
chiuderete gli occhi nelle cose sensibili e le orecchie ai rumori del mondo
per rientrare in voi stessi e lì, nel santuario della vostra anima cristiana,
tempio dello Spirito Santo, direte allo Spirito divino: Spirito del mio spirito,
o Spirito Santo, Ti adoro; illuminami, guidami, fortificami, confortami,
dimmi quello che debbo fare, comandami. Ti prometto di sottostare a tutto
quello che vuoi da me e accetto tutto quello che mi mandi; solo fammi
sapere la tua volontà; se, dico, farete così, la vostra vita passerà felice,
serena e consolata anche in mezzo alle sofferenze perché la grazia che
riceverete allora, sarà proporzionata alle prove e vi darà forza per
sopportarle e, carichi di meriti, arriverete alle porte del cielo. Questa è la
nostra sottomissione allo Spirito Santo, questo e il segreto di santità.
120
cuore ardente. E però così rispose: «Signore, tu sai ogni cosa, tu sai che io
ti amo» (Giov. 21, 17). Gesù fu contento della sua risposta.
Sarà contento anche della mia se gli dirò: Signore, tu sai ogni cosa, sai
anche che io ti amo, o almeno che ti voglio amare. Ma quante tentazioni,
quante lusinghe, quanti pericoli! 0 Signore, fa che io ti ami sempre più!
Fratelli! Nella capitale della Danimarca c'è una statua maestosa, opera
del valente scultore Sinding, che rappresenta la «Madreterra». Raffigura
una donna, più grande del naturale. Ai suoi piedi stanno nascosti un piccolo
e una piccola, dai cui visi traspare orrore e impotente ansietà. La donna non
guarda neppure questi piccoli che si stringono a lei per soccorso, non ha per
loro un gesto che li incuori, uno sguardo che li sollevi, non la mano che li
carezzi; il suo vuoto sguardo si perde nell'infinita lontananza... Ecco,
l'immagine della Madreterra che non ha una parola confortante per i suoi
figli in continuo travaglio.
Ed ora mi si presenta al pensiero un'altra immagine; non immagine, ma
realtà: Gesù che vive in mezzo a noi nella insignificante piccolezza della
121
bianca Ostia. Davanti a Lui si inginocchiano bimbi e bimbe, uomini e
donne, sani e infermi, poveri e ricchi, peccatori ed innocenti. Egli non li
guarda con sguardo superficiale, ma aprendo le braccia con gesto affettuoso
dice loro: «Venite a me voi tutti, che siete affaticati e oppressi ed io vi darò
riposo» (Matt. 11, 28).
Come risponderemo a questo invito? Al suo gesto affettuoso con quale
gesto risponderemo? In ginocchio, con amore ardente, diremo:
Tantum ergo Sacramentum
Veneremur cernui,
Et antiquum documentnm
Novo cedat rítui
Praestet fides supplementum
Sensuum defectui.
Genitori Genitoque
Laus et jubilatio,
Salus, honor, virtus quoque
Sit et benedictio
Procedenti ab trtroque
Compar sit laudatio.
Amen.
Dunque da, noi si veneri
Un tanto Sacramento,
Al nuovo i riti cedano
Del vecchio Testamento
E d'ogni senso al vacuo
Supplisca in noi la Fede.
Al Genitore, al Figlio
E al procedente Amore
Eguale sia la gloria,
Eguale sia l'onore,
Gloria ed onor cui simile
Non ebbe alcun tra i Re.
122
XIV. L'ADORAZIONE DI GESÙ SACRAMENTATO (II)
In quel tempo Gesù disse ancora: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore
del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti
e l'hai rivelate ai piccoli. Si, o Padre, perché così t'è piaciuto.
Ogni cosa m'è stata data dal Padre mio; e nessuno conosce
perfettamente il Figlio tranne il Padre, e nessuno conosce perfettamente il
Padre tranne il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo.
Venite a me voi tutti, che siete affaticati e oppressi ed io vi consolerò.
Prendete su voi il mio giogo e imparate da me che sono mansueto ed
umile di cuore, e voi troverete riposo alle anime nostre;
Poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero».
S. Matteo 11, 25-30
Fratelli,
In un giornale inglese che esce in milioni di copie, un giorno si potè
leggere, scritta a lettere cubitali, questa notizia:
«Gesù di nuovo sulla terra. Ci perviene da Betlemme: Alla quiete
millenaria della piccola città da pochi giorni é seguita una grande
agitazione. In una misera capanna si presentò Gesù Cristo, quello stesso che
nacque 2.000 anni fa. Vive in quella casa. Ogni errore è escluso; lo
123
conferma anche il patriarca di Gerusalemme. Una grande folla avanti la
casa.....».
Questa la notizia. Gli altri giornali se ne impossessarono e dappertutto
destò grande rumore ed interesse.
Molte agenzie e uffici di viaggi organizzarono numerose gite per
Betlemme. La gente si procurava denaro in tutti i modi pur di andare li.
Mancavano, è vero, gli alberghi e le altre comodità ma non se ne curavano.
Sulla strada nazionale dovevano mettersi in fila e aspettare per giorni prima
di arrivare a Gesù. Ma che importava? Pur di vederlo e di esporgli le loro
domande, i loro dolori, i loro guai. Pur di poterglisi gettare una volta sola ai
piedi. Pur di potergli baciare una sola volta la mano benedetta...
Non c'è bisogno che vi dica che questa notizia non apparve in nessun
giornale e che non ci furono assedi delle agenzie di viaggi.
Ma per noi, convinti della nostra fede, questa notizia è vera, anzi più
che vera. Perché Gesù è realmente in mezzo a noi; ma non in un luogo solo,
non solamente a Betlemme, ma in tutte le chiese cattoliche del mondo. E se
la nostra fede fosse forte e viva, come Gesù attende da noi, le chiese non
sarebbero mai vuote, perché sempre ci sarebbe qualcuno che separandosi
dalla folla della strada, andrebbe ad inginocchiarsi avanti Gesù per fargli
una visita di devozione.
Per questo è Gesù in mezzo a noi. Che fa Gesù nella Santissima Eucaristia?
Attende. Così come disse una volta di se stesso: «Quando sarò innalzato
da terra, trarrò tutto a me» (Giov. 12, 32). Prima gli uomini attendevano
Dio, ora Dio attende gli uomini. Prima gli uomini desideravano che Dio si
mostrasse loro, ora è Dio che desidera che gli uomini gli si facciano vedere.
Già nell'ultima predica vi ho parlato dei sentimenti che dobbiamo avere
nelle visite al Santissimo Sacramento. Ma questa devozione è così
importante, così benedetta, che anche oggi voglio trattare la stessa cosa
perché mediante le visite ben fatte siano migliori e più fruttuose 1) la nostra
adorazione. 2) la nostra espiazione, 3) il nostro ringraziamento e 4) più
forza riceviamo nelle sofferenze.
1. Adorazione
124
ipso et in ipso est tibi, Deo Patri onnipotenti, in unitate Spiritus Sancti
ontnis lionor et gloria», dice il sacerdote in ogni Messa. «Per lui e con lui e
in lui viene a te Dio Padre Onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni
onore e gloria».
Ha ragione il vescovo Prohâszka quando scrive: «Molti mi dicono:
Vado nel bosco, lì prego meglio; vado sulla riva del mare, là resto
sommerso dall'infinità di Dio; io invece vi dico: io vado avanti il
Santissimo; perché quando prego voglio più da vicino sentire la presenza di
Dio, e non posso meglio sentirla che qui nell'Eucaristia. Quando poi mi
comunico, la mia anima si riposa sulle parole di Gesù: O Padre, nelle tue
mani raccomando il mio spirito. In nessun altro luogo posso sospirare così
devotamente come qui: ho bisogno di un Dio vicino» (0. 0. 18, 184, p. 1).
Ed anche in nessun altro luogo possiamo dire a Dio come qui quanto lo
amiamo.
Disse un santo: «E' quasi inconcepibile che Dio ci ami, ancor più
inconcepibile, che ci sia permesso di riamarlo, ma quello che è ancor più
incomprensibile si è che pure non lo amiamo».
Ma chi, visitandolo, l'adora, può dire d'amarlo.
2. Espiazione
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Questa adorazione silenziosa, riverente e piena d'affetto, senza che ce ne
accorgiamo, si cambia in espiazione e preghiera.
Non si possono enumerare le umiliazioni e le offese che Gesù deve
patire nel Santissimo Sacramento. Quante irriverenze, quante trascuratezze,
quante indifferenze anche da parte di buoni cristiani! E quante ingiurie e
sacrilegi da parte dei cattivi cristiani e degli infedeli!
Nostro Signore previde tutto questo quando istituì il Sacramento, lo
previde e ciò non di meno il suo Cuore amante non volle privarci di questo
dono preziosissimo. Ma anche se lo previde, non abbiamo il dovere noi,
suoi figli devoti, di ricordare queste immense offese quando siamo qui
prostrati innanzi a Lui e di confortarlo per tante malignità ed espiarle con la
nostra fedeltà e col nostro amore?
Dovere questo nobile e filiale! Se in una famiglia un figlio devia dalla
retta strada, se si deprava e arreca afflizione ai suoi genitori, gli altri figli
con tanto più amore si stringono a loro e li consolano: «Non affliggerti,
mamma cara, siamo qui invece dell'altro, ti vogliamo ancora più bene».
E non dobbiamo anche noi così amare e consolare Gesù nel Sacramento
e offrirgli la nostra riparazione per i torti altrui? «Molti ti offendono, o
Signore, o non pensano affatto a Te. Ma siamo qui noi, o buon Gesù, noi
tuoi figli fedeli, e tanto più vogliamo amarti».
A questa espiazione e preghiera serve appunto la tanto cara pratica
religiosa dei nostri giorni: la devozione al Sacratissimo Cuore di Gesù nei
primi venerdì del mese.
3. Ringraziamento
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L'ospite viene introdotto. Immense sale e lunghissimi corridoi.
Dovunque giri lo sguardo ti si presenta una bellezza fantastica, un sogno
delle mille e una notte: incredibili la magnificenza e il lusso... pellicce,
tappeti, ori, pietre preziose...
II corteo si ferma. Comparisce l'aiutante di campo e, dopo i saluti, prega
l'ospite di pazientare qualche minuto.
Il nostro uomo resta solo. Vede dalla finestra un lago che si stende ai
piedi del monte. Sul lago vede due isolette. In tutte e due il maharadja vi
teneva un magnifico palazzo d'estate di candido marmo. Ora l'ospite
ansiosamente aspetta il momento di poter vedere il padrone di queste
immense ricchezze.
Ecco che ritorna l'aiutante e, con profondo inchino, gli dice che Sua
Maestà l'attende.
Adesso sentiamo come racconta questo momento lo stesso viaggiatore:
«Vado. L'enorme porta laterale pare che si apra da sè. La passo. I servi la
chiudono dietro di me senza far rumore... Sono alla presenza di Sua
Maestà. Su una poltrona d'oro siede un uomo, tutto rannicchiato, di bassa
statura, vestito del tutto semplicemente. Comprendo subito: quest'infelice
era paralitico e storpio. Appena poteva muovere le mani e i piedi; aveva il
collo corto e rigido, e appena appena poteva muovere il capo. Sconcertato
sto innanzi a lui e non so che cosa dirgli: indovino con quale animo egli
guardi me, sano e di bella presenza; capisco che rinunzierebbe a tutte le
pompe, a tutto il denaro, ai suoi palazzi pur di star in piedi avanti di me e di
poter stendere il braccio...».
Fin qui il racconto del viaggiatore... Adesso permettimi soltanto una
domanda: Non hai nulla da ringraziare il Signore? Proprio nulla?
127
I momenti decisivi di queste possibilità e della loro scelta sono anche i
momenti più preziosi per le grazie di Dio. Da ciò si comprende perché
Gesù dava tanta importanza alle croci e perché disse che chi vuol venir
dietro a Lui, prenda la sua croce e lo segua (Matt. 16, 24).
Nel medio evo e anche oggi in qualche luogo, p. e. in Spagna, c'era
un'usanza singolare. Chi aveva ammalato il figlio o qualche parente, oppure
desiderava dal Signore qualche grande grazia, per qualche tempo indossava
l'abito di un ordine religioso. Si usavano più volte vestire così anche i
cadaveri dei defunti. Anche parecchi re spagnoli vollero essere sepolti
all'Escoriale in questa maniera.
c) E' chiaro dunque che può sopportare con forte anima le sofferenze
solo chi si appoggia su Dio e dietro il velo del dolore vede il volto di Gesù.
Il dolore rende l'uomo troppo solo; se poi dobbiamo soffocarlo tutto in
noi, esso ci schianta. Devo pur sfogarmi con qualcuno.
Con chi? Con uomini?
Non merita, non possono dare un vero aiuto. Sfoghiamoci allora con
Gesù nel Santissimo Sacramento. L'Eucaristia è il centro pulsante, il cuore
del cristianesimo. Volendo usare un paragone moderno, essa è la centrale
elettrica del cristianesimo. Dappertutto si erigono centrali sempre più
potenti per l'illuminazione, per l'energia termica e motrice. Ma l'Eucaristia è
una centrale che non serve solo qualche città o qualche paese, ma tutta la
cristianità. Se l'adora un'anima immersa nelle tenebre, ne viene illuminata;
128
se un'anima fredda sospira ad Essa, ne riceve calore; se un'anima oppressa
dal peso della vita si rivolge a Lei, ritorna al lavoro con forze rinnovate.
Peccato che tanti non lo sappiano. Cercano dappertutto un rifugio; con
le loro lamentele rintronano le orecchie di tutti i conoscenti, solo
dimenticano l'unica cosa che assicura loro conforto e vigore; l'Eucaristia.
129
Nostro Signore non si mostrò indifferente al dolori altrui e non volle
risolvere la grande questione del dolore col dire che ciò non lo interessava.
Non scioglie la questione del dolore con l'accantonarla semplicemente. O
no! E Lui e noi piangiamo oppressi dal dolore. Nell'ora del dolore Lui e noi
«tremiamo e siamo in preda ad angoscia» (Marc. 14, 33). Non sappiamo
che fare con chi pretende da noi nell'ora del dolore indifferenza ed
insensibilità.
Non sappiamo che fare di Budda, di Budda col suo perenne misterioso
sorriso. Un viaggiatore che vide nell'India una statua di Budda, così la
descrisse:
Nelle pagode dell'India Budda siede colle ginocchia incrociate e sorride,
sorride incessantemente.
Di fuori truppe inglesi marciano cantando... Il Budda d'oro solo sorride.
La peste fa strage sulle vie e a migliaia strozza gli uomini... II Budda
d'oro solo sorride.
La fame devasta il paese... il Budda d'oro sorride. Insorge l'Islam e
spiega la verde bandiera del profeto... il Budda d'oro sorride.
- Che cosa può aspettare da lui l'uomo che soffre? si domanda lo
scrittore.
In verità: che cosa può sperare da lui?
Ma Gesù non sorride. Egli passò attraverso sofferenze e dolori, più che
qualunque altro.
Quando dunque con santa rassegnazione apriamo la nostra anima
piagata avanti Gesù nel Santissimo Sacramento, Egli ci comprende e ci
comunica i suoi santi disegni ed ecco da ogni nostra pungente spina
germogliare un fiore.
E succede a noi quello che accadde ai santi Magi dell'Oriente.
Andarono per adorare Gesù attraversando difficili e faticose strade e
dopo aver vuotato le loro anime davanti al Bambino di Betlemme, come
dice la S. Scrittura, «tornarono ai loro paesi seguendo un'altra via» (Matt.
2, 12).
Anche noi torneremo per un'altra via dopo l'adorazione. Andandovi,
eravamo tristi; nel ritornare siamo più leggeri. Nell'andare ci sentivamo
stanchi, ora siamo riposati. Prima deboli, ora forti. Prima combattenti, ora
vincitori.
Nel dipartirci dall'adorazione sentiamo come anche per noi sia vera la
preghiera del Salmista: «Quand'anche camminassi tra mezzo all'ombra di
morte, non temerei sciagure, perché tu sei con me» (Salmo 22, 4). In tal
modo l'uomo riesce a dominare tutte le sue pene.
130
L'unico modo di risolvere la questione del dolore è di non lasciarsi
abbattere dai dolori, nè di svalutarli coll'indifferenza, ma di affrontarli con
animo di chi non conosce sconfitta.
Fratelli. C'è qui a Budapest, nella Via Ullö, la bianca chiesa con due
torri, la chiesa dell'Adorazione perpetua.
Nel convento annesso alla chiesa abitano delle suore che hanno l'unico
compito di montar giorno e notte la guardia d'onore al Santissimo
Sacramento e di adorarlo tacitamente. L'uomo inquieto, tutto affaccendato
nelle cose terrene mi dirà: Sacrificare a questo tutta una vita? Non ha la
religione cose più urgenti?
Veramente ciò non comprende nessuno che non abbia viva fede nella
Santissima Eucaristia. Si, solo la Chiesa Cattolica poteva produrre simili
ordini religiosi. Solo quella Chiesa che sa non potersi adorare degnamente
Dio, riparare le offese fatte a Lui, ringraziarLo convenientemente meglio
che avanti il Santissimo Sacramento.
La terapia moderna si serve molto della radiazione del sole. La circolazione
del sangue diventa più viva, il ricambio diventa più regolare, i pallidi
acquistano una ciera sana. Dove non entra il sole prospera la muffa,
brulicano gli insetti...
Se il corpo ha bisogno dei raggi solari, anche l'anima ha bisogno dei
raggi invisibili della Eucaristia.
Che cos'è dunque la visita al Santissimo Sacramento? A esprimermi
modernamente direi che essa è un bagno di sole. Espongo ai raggi invisibili
del Santissimo la mia anima pallida, anemica, inferma perché mi aumenti la
circolazione del sangue, mi faccia rifiorire l'anima languida, distrugga in
essa l'enorme esercito di bacilli.
Sapete che diverrebbe l'umanità se spuntasse una simile generazione
che adora Dio, ripara le proprie colpe, è riconoscente a Dio, da Dio trae la
forza per la vita, una generazione dall'anima delicata, temprata e pronta al
lavoro; in una parola una generazione eucaristica? Una simile generazione
conquisterebbe e renderebbe felice il mondo intero. Perché è santa verità
che solo quella civiltà sarà capace di conquistare il mondo, di portar la
pace, di originare una civiltà assicuratrice di felicità che trarrà la forza
vitale dalle profondità mistiche del Santissimo Sacramento.
131
Poiché quello che io ho trasmesso, anche a voi, l'ho ricevuto dal
Signore; e ciò è che il Signore Gesù la notte in cui fu tradito, prese del
pane.
e dopo rese grazie a Dio, lo spezzò e disse: «Prendetene e mangiatene
tutti; questo è il mio corpo che sarà immolato per voi; fate questo in
memoria di me».
E parimente, dopo aver cenato, prese il bicchiere dicendo: «Questo
calice è il nuovo patto nel mio sangue, e quante volte ne beviate, fate
questo in memoria di me».
Poiché quante volte voi mangiate questo pane e bevete questo calice,
voi rammenterete l'annunzio della morte del Signore, fino a che egli
venga».
Cosicché chi mangi il pane o beva il calice del Signore indegnamente,
sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Esamini ognuno se stesso, e
così mangi di quel pane e beva di quel calice; Poiché chi mangia e beve
indegnamente, se non riconosce il corpo del Signore, mangia e beve la
propria condanna.
Per questo vi sono tra voi molti deboli e privi d'ogni forza, e tanti
giacciono.
Se ci esaminassimo bene da per noi stessi, non saremmo condannati;
Ma giudicati dal Signore siamo castigati per non essere col mondo
condannati.
1. Corinti 11, 22-32
Fratelli,
In una città nel Medio Evo fu costruita una bellissima chiesa in onore
del Santissimo Sacramento. Tutti vi contribuirono secondo le proprie
possibilità. Anche una povera vedova volle offrire qualche cosa, ma non
aveva che qualche centesimo e si privò anche di questo. Il podestà respinse
l'offerta; che fare con simile inezia?
Finita la fabbrica, su una tavola di marmo a caratteri d'oro scolpirono i
nomi dei maggiori offerenti. Al primo posto misero il nome del podestà.
Ma avvenne un fatto singolare, il giorno dopo scomparve il nome del
podestà e al suo luogo si vide scritto il nome della povera vedova. Rifecero
la tavola marmorea, ma il fatto si ripete una seconda volta. Ne fecero una
terza, anche questa volta successe la medesima cosa.
Il podestà fa chiamare la povera donna e le domanda:
- Che cosa hai dato per la costruzione del tempio?
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- Non ho dato niente, signore, solo volevo dare. Volevo dare un soldo.
Non fu accettato. Con quello mi procurai del fieno e lo diedi ai cavalli che
tiravano il carro delle pietre per la chiesa.
Fratelli! coi miei discorsi procurai di costruire nelle vostre anime
sensibili un tempio vivo in onore del Sanissimo Sacramento. Ma questo si
poté edificare solo col vostro e mio concorso, se ognuno di voi vi contribuì,
per quanto gli fu possibile, con la buona volontà, con prontezza di
sacrificio, con rinunzie, con umile preghiera.
Oggi poniamo termine ai discorsi; è finita la costruzione del tempio.
Spalanchiamone le porte, perché da esso venga irradiato in tutto il mondo
l'omaggio a Gesù Sacramentato.
Viviamo gli ultimi giorni prima delle grandi solennità. Tutto il nostro
paese è in movimento, è in attesa. Ora tutti hanno una sola aspirazione:
Sursum corda, In alto i cuori! E tutti gioiosi possono aggiungere:
- Habemus ad Dominum ! Si, il nostro cuore è con Dio. Oggi
consacriamo il tempio così costruito e prendendo congedo da voi,
riassumiamo i temi dei nostri discorsi. Ripensiamo dunque ai tre fini
dell'Eucaristia, perché, come i raggi del sole s'incendiano nella lente
ustoria, così l'anima nostra prenda fuoco e nella fiamma di un amore
sempre crescente saluti i giorni del Congresso per noi così grandi e che
forse non ritorneranno più.
Che cosa festeggerà allora tutto il mondo in casa nostra?
L'Eucaristia.
Che cos'è l'Eucaristia? 1) Il sacrificio di Cristo per noi, 2) Cristo in noi,
3) Cristo fra noi.
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Cristo per noi! D'una maestà suggestiva ci si presenta ora avanti i nostri
occhi un quadro... Appena albeggia. Il sole che sta per sorgere non ha
ancora mandato i suoi raggi sul mondo che si desta, che già ardono modeste
candele sugli altari delle vecchie cattedrali e colla loro debole luce
illuminano gli antichi vetri istoriati delle finestre. Agli altari già celebrano
la Messa i sacerdoti vestiti dei loro bei paramenti e con animo commosso
sopra una piccola ostia bianca e un po' di vino dicono le parole che per la
prima volta disse Nostro Signore nell'ultima Cena. Dopo queste parole
piegano in atto di adorazione il sacerdote il ginocchio e i fedeli la fronte,
perché in quell'istante, di nuovo, Gesù si sacrifica per noi.
Intanto il sole s'innalza sull'orizzonte. E come i suoi caldi raggi
penetrano nelle varie parti della terra, si accendono le candele in mille e
mille altari, mille e mille sacerdoti salgono l'altare, il canto di mille e mille
piccole e grandi campane accompagna il Cristo che passa in mezzo ai suoi
fedeli. Al suono delle grandi campane delle secolari cattedrali si unisce
quello delle piccole chiese dei più riposti villaggi, e come si spande sulla
vasta terra questa vittoriosa corrente sonora, qui e li risuona dal salone di
qualche transatlantico, della tenda del missionario delle foreste vergini
dell'Africa, dalla cappella delle missioni confitta nella neve esquimese il
tintinnio del piccolo campanello d'argento che avvisa l'elevazione.
Cristo per noi...
In verità, con le mani in atto di benedire continuamente passa fra noi
Gesù nel Sacramento.
Alla consacrazione del re dell'Inghilterra, nel momento più solenne
della lunga e antica cerimonia, gli viene presentata una Bibbia, come il più
grande tesoro del mondo. Fratelli, qual'è la nostra ricchezza! Anche nelle
nostre più piccole e povere chiese ci si presenta non una Bibbia, ma Colui
di cui parla la Bibbia, e Colui per cui fu scritta la Bibbia. Si presenta Cristo
per sacrificarsi per noi.
Ave, o Santissimo Sacramento, santo e mirabile Dio!
2. Cristo in noi
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a) Negli scavi fatti a Roma non molti anni fa s'imbatterono nel
sottosuolo di una via più frequentata in un tempio pagano, probabilmente
nel tempio di Pitagora del secolo quinto.
Sui muri apparvero degli affreschi che rappresentavano in figure
simboliche la dottrina di Pitagora. Questa dottrina insegna la liberazione
dell'anima dalla schiavitù delle cose esteriori e la sua immersione in Dio.
L'anima così disposta scopre se stessa, e, partendo da questo suo io come da
un punto centrale, sa ordinare e perfezionare la sua vita individuale.
E' veramente da meditare. Una dottrina così sublime fra le macerie,
sotto terra, e, sopra, la vita di oggi impetuosa, molesta, rumorosa che non
vuol sapere niente di tutto questo, che crede di poggiare solidamente sulla
strada asfaltata e non s'immagina che il peso di questa strada è sostenuto
dalle mura del tempio di sotto.
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dopo tante fatiche, scoprono il difetto, una piccolezza. Si era ostruito il tubo
della benzina e venne a mancare la comunicazione col serbatoio. Bastò
pulire il tubo dalla polvere e la macchina proseguì allegramente.
Quante volte non si ferma il cavo della nostra vita e non si muove più!
Vani sono tutti i nostri sforzi, non ne possiamo più. Ci manca la forza, la
volontà, la speranza. Dove sta il difetto? Venne interrotta la comunicazione
con Dio. E allora è inutile ogni sforzo, ogni spinta esterna. Bisogna
rinnovare la comunicazione con Dio, bisogna che Gesù viva nuovamente in
noi.
Il grande vescovo e martire della Chiesa primitiva, S. Cipriano,
all'approssimarsi di una sanguinosa persecuzione contro la promettente
messe della nascente Chiesa di Gesù Cristo, diresse ai suoi fedeli queste
parole: “Siamo davanti ad una dura e crudele lotta e da soldati di Cristo
dobbiamo prepararci con fede incrollabile e con grande coraggio e pensare
che giornalmente beviamo il Sangue di Cristo per esser anche noi capaci di
spargere il nostro sangue per Gesù Cristo “ (10 Epist. 58, 159).
Ma furono solo i primi cristiani a combattere lotte sanguinose? Essi,
davvero, sacrificarono la loro vita per Gesù Cristo; però, e oggi forse più
facile il difendere la nostra fede contro i mille e mille assalti e in mezzo il
disprezzo e lo scherno dei miscredenti? Non abbiamo anche noi bisogno
della difesa che ci da il Corpo e il Sangue di N. S. Gesù Cristo?
Lungo la costa brasiliana, in una zona arsa dal caldo tropicale, un
vapore mercantile faceva la sua rotta sotto i raggi infuocati dal sole. Ad un
tratto viene avvistata una piccola nave a vela, i cui passeggeri, in preda alla
disperazione, facevano segni per implorare soccorso. Il piroscafo diresse
subito la sua corsa verso la navicella. Avvicinatasi, sentirono il grido
angosciato dei naviganti: «Acqua, acqua, dateci un po' d'acqua che
moriamo di sete ». Dalla nave mercantile si gridò a quei poveri disperati:
«Bevetene quanta volete. Tutto intorno a voi c'è dell'acqua buona».
E avevano ragione. Quei poveri infelici quasi morivano di sete mentre il
mare, su cui viaggiavano, era potabile: stavano alle foci del fiume
Amazzoni, che con la sua corrente per molte miglia rende il mare potabile.
A tante anime assetate, a tante anime in preda alla disperazione non
dovremmo gridare anche noi: Perché non attingete forza dalla corrente di
grazie che tutto in torno vi circonda? Perché non vi irrobustite col Pane dei
forti?
E' questo che vi dà la forza perché non abbiate a venir meno durante la
via.
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Chi poi affronta l'uragano delle tentazioni, già comincia a sollevarsi in alto
fino a Dio. Osservate gli uccelli: essi contrastano sempre al vento; se
volassero in direzione del vento, verrebbero sbattuti a terra. Osservate gli
aeroplani: possono sollevarsi andando contro vento. Osservate le navi:
cercano di entrare nel porto contro corrente, perché altrimenti la corrente
potrebbe scagliarle sulle banchine del porto. Così la Comunione ci fortifica
spiritualmente. Contro la corrente. Contro il vento, contro le tentazioni,
contro le lusinghe.
L'imperatore Aureliano stimava molto un suo valente ufficiale, di nome
Mario, e pensava di promuoverlo a un grado superiore, quando gli fu
riferito per invidia che Mario era cristiano.
L'imperatore fece venire avanti di sè questo suo prediletto ufficiale e
bruscamente volle da lui la decisione: «O rinunzi al cristianesimo e sei
promosso o preparati a morire».
Mario chiese al vescovo che cosa doveva fare. II vescovo lo portò in
chiesa. Inginocchiatisi avanti l'altare, il vescovo gli additò la spada che
aveva al fianco e gli presentò il libro dei Vangeli, su cui aveva giurato
fedeltà nel giorno del battesimo. «Scegli», gli dice il vescovo. L'ufficiale,
senza esitare minimamente, prese il libro. Questo uscì dalla chiesa per
recarsi dall'imperatore, da li alla prigione e da li poi alla morte.
La vita spesso pone anche noi avanti a dalle decisioni supreme. Oh!
almeno allora non dimenticassimo le parole di Nostro Signore: «Le opere
che faccio in nome del Padre mio rendono testimonianza di me» (Giov. 10,
25). Ossia: Non volete credere alle mie parole quando mi dichiaro
cristiano? ebbene guardate la mia vita, le mie parole, le mie opere; esse
testificano che sono veramente cristiano.
Guai a me se le opere dovessero testimoniare il contrario. Guai a me se
vi fosse una dolorosa contraddizione tra il mio nome e la mia vita di
cristiano. Guai a me se coloro che sono lontani dal Cristo dovessero
scandalizzarsi delle mie opere, delle mie parole, della mia vita e dovessero
dire: Ecco come sono i cristiani.
Secondo il mito, i figli di Wotan erano riconosciuti dal luccicore
metallico dei loro occhi. Non è un mito, non e una leggenda, ma santa
verità che da chi si comunica con fede e amore, pura luce si espande e
ammirevole grazia. La sua anima è inondata da sorprendente bellezza.
Ditemi, fratelli, facciamo noi un buon richiamo alla Comunione? Chi vede
il nostro comportamento, il nostro modo di vita, le cose da noi preferite,
tutti i nostri atti può dire: Ecco quale nobile vita emana dalla Comunione,
ecco quale inapprezzabile valore ha per noi il Cristo in noi?
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A) Nell'Eucaristia Gesù non solo è per noi, in noi, ma anche in mezzo a
noi. Quale grande bene l'esser Gesù in mezzo a noi!
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a) Chiudere l'anima.
Un signore va per la strada. Ad un tratto gli sovviene che deve
comunicare d'urgenza qualcosa ad un amico. Va alla prossima cabina
pubblica del telefono e parla con lui. Ma per un bel pezzo appena si
capiscono. Finalmente l'amico s'accorge del motivo del disturbo e gli dice
in modo da farsi capire: «Chiudi dietro a te la porta. Per questo non
possiamo capirci». E così fece. Chiusa la porta, si intendevano benissimo.
Ci sono persone che si lagnano di non sapere che cosa pregare avanti il
Santissimo, di distrarsi facilmente, di non sentire la parola di Cristo. Non è
forse perché suoni, brame, piani terreni disturbano il nostro discorso con
Gesù? 0 forse perché prima della preghiera non abbiamo chiuso le porte?
Fratelli, chiudiamo le porte al mondo, teniamo lontana l'anima da tutti i
disturbi e rumori mondani,
b) e apriamo l'anima.
Che cosa devo fare avanti il Santissimo? che cosa gli dirò? come lo
pregherò? Come invidio quelli che così bene sanno esporre i loro desideri,
che sanno pregare così bene! Ma, purtroppo, io non lo so. Questo il lagno di
molti.
Eppure, o fratello, non dimenticare che Gesù non aspetta da te le belle
parole, ma la tua anima. Anche se non sapessi dire una sola parola, sapresti
pur fare ciò che fece il povero contadino di Ars. Stava per lungo tempo
avanti il Santissimo, senza dire o far nulla. Il santo curato di Ars alla fine
gli chiese:
- Che fai durante tutto questo tempo?
- Io lo guardo, Egli mi guarda -, rispose ingenua mente.
Che fai dunque in quel quarto d'ora avanti il Santissimo? Guardi, tutto il
tempo guardi?
Sì, guardo e copio Gesù nella mia anima. Dipingendo il ritratto di
qualcuno o facendone la statua, l'artista continuamente osserva il modello, e
quanto più l'osserva, tanto più perfetta riesce l'opera. Anch'io cerco così di
modellare la figura di Nostro Signore nell'anima mia, quando in silenzio,
tutto raccolto, lo sto guardando nel Santissimo Sacramento.
Così comprendiamo perché la Chiesa abbia dappertutto tanto curato il
culto dell'Eucaristia. Se la forza misteriosa della Chiesa viene
dall'Eucaristia, vuol dire che non se ne può fare a meno in nessun luogo.
Appena arriva in qualche luogo un missionario, la prima cosa che cercherà
di fare sarà di erigere una chiesa, una chiesa qualunque, sia pure di legno,
sia pure una tenda; e tanto basta.
Ma la chiesa gli occorre per chiamare Gesù sui nostri altari nella messa
e per trattenerlo in mezzo a noi nel tabernacolo.
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Che cosa sarebbe la chiesa senza l'Eucaristia? Che cosa diventerebbero
senza il Santissimo Sacramento i duomi più splendenti, le più belle
cattedrali cariche delle più preziose opere artistiche? Niente altro che vuote
case, che insulse foreste di sassi. Perché tante candele, perché tanto affluire
di gente se li, nel Santissimo Sacramento, non ci fosse, in mezzo a noi,
Gesù in persona?
Come, all'incontro, la tenue fiamma del piccolo lume eterno rende le
nostre chiese così accoglienti, così gioiose! Quasi a ciascuno che vi entra
rivolgesse l'invito: Inginocchiati e gioisci perché qui è il Signore.
Inginocchiati e gioisci perché qui è il Signore!
Oh sì, noi crediamo nella Santissima Eucaristia. Crediamo che Gesù nel
Santissimo Sacramento e per noi, e in noi, è in mezzo a noi.
Cristo per noi! Credo, che in ogni Messa, nel momento della
consacrazione, Gesù sia presente a noi, veramente e realmente, per
rinnovare il suo sacrificio offerto per noi sulla croce.
Cristo in noi. Credo che nella Comunione sotto le specie della piccola
ostia Gesù viene nell'anima nostra per nutrirla e fortificarla.
Cristo in mezzo a noi. Credo che sui nostri altari è presente lo stesso N.
S. Gesù Cristo per accoglierci ed ascoltarci in ogni momento.
140
APPENDICE
Il Congresso Eucaristico di Budapest nel 1938
Abbiate in voi quel sentire che era anche in Gesù Cristo, il quale,
sussistendo in natura di Dio, non consideri questa sua uguaglianza con
Dio come una rapina,
ma vuotò se stesso, assumendo la forma di schiavo, e facendosi simile
all'uomo;
e in tutto il suo esteriore atteggiamento riconosciuto come un uomo,
umiliò se stesso, fattosi obbediente sino al punto di morire su una croce.
Perciò Dio lo esaltò, e gli diede il nome che è sopra ogni nome,
affinché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, e degli esseri celesti e
dei terrestri, e di qui sotto terra,
e ogni lingua confessi che Signore è Gesù Cristo, nella gloria di Dio
Padre.
Filippesi 2, 5-11
Fratelli in Cristo,
141
lampada del SS.mo Sacramento, arde perennemente, quasi ritmo di un
cuore che pulsa incessantemente. Essa ci richiama la presenza di Cristo
nascosto che abita in mezzo a noi.
Talvolta però il nostro amore, fervente non si soddisfa di questa
silenziosa adorazione. La Chiesa più volte sente la necessità di prender in
mano l'inestimabile Tesoro dell'altare e di uscir con Esso dal silenzio del
sacro recinto, fuori nel movimento della vita quotidiana, nel frastuono della
strada. Perché i colori dell'affresco non sbiadiscano, bisogna di tanto in
tanto rinnovarli; e perché non impallidisca, ma si conservi sempre fresca e
viva la nostra fede nel Santissimo Sacramento, bisogna rinnovarla ogni
tanto col vigore di una pubblica confessione e coi colori di gioia festiva. A
tale scopo le diverse chiese e parrocchie celebrano tutti gli anni la
processione del Corpus Domini ed altre processioni eucaristiche.
Da qualche decennio, la Chiesa organizza quasi ogni secondo anno una
giornata eucaristica di proporzioni mondiali, un omaggio universale a Gesù
Sacramentato.
Onorare degnamente l'Eucaristia non si può altrimenti che con una vita
eucaristica. Prima bisogna conoscerla, poi amarla, poi viver d'essa, e poi
finalmente dedicarle solennità.
Appunto perciò l'episcopato ungherese promulgò l'«anno santo» che
precede il Congresso, perché durante questo tempo i fedeli si rinnovino e si
elevino spiritualmente, cosicché, alla fine di maggio, quando spunteranno i
grandi giorni, possiamo tutti unirci, con fede rinvigorita e con nobiltà
d'animo, ai fratelli cattolici che affluiranno qui da tutte le parti del mondo
per onorare solennemente la Santissima Eucaristia.
Oggi desidero mostrarvi a grandi tratti la solennità senza eguali a cui ci
prepariamo e il suo oggetto: 1) Avremo una grande solennità, 2) In onore di
chi?
A) Sarà circa un anno che per la prima volta si sparse una notizia in
tutte le città e le borgate d'Ungheria, sui monti e nelle valli, una notizia che
suscitò grande commozione in tutto il paese e ci portò immensa gioia. Le
prime parole che uscirono dalle nostre labbra furono parole di riconoscenza
all'Onnipotente: Grazie, o Signore, per averci concesso questo grande
privilegio, a noi ungheresi, mutilati, oppressi, immiseriti, che in mezzo alla
tempesta da noi patita nella lotta per la vita e per la morte potemmo
conoscere la viva fede dei nostri avi e che ora, per l'onore che ci si fa, con
tutte le nostre forze e con fervente amore metteremo ogni impegno perché il
Congresso internazionale diventi un vero omaggio e una vera espiazione di
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tutto il mondo. Con tali sentimenti vogliamo aspettare la venuta del Tuo
divino Figlio, di Gesù in Sacramento.
Da ora in poi penseremo a questo grande avvenimento, a questo onore
che fra pochi mesi ci toccherà e che forse, per noi, non si ripeterà più;
penseremo al XXXIV Congresso Eucaristico internazionale che nel maggio
prossimo verrà celebrato a Budapest, quando Gesù Sacramentato, nel suo
percorso trionfale, porrà il piede nella piccola nostra Ungheria.
Nella prima Pentecoste contornarono gli Apostoli Parti e Medi, uomini
della Mesopotamia, dell'Egitto e di Roma: quali saranno i sentimenti
dell'ungherese del Kiskunsag, dell'impiegato del transdanubiano, del
contadino del Nyirség; quali i sentimenti della donnetta della provincia e
della signorina della città, dell'uomo maturo di una provincia e
dell'adolescente di un'altra quando vedranno inginocchiati vicino a loro,
dinanzi all'Ostia Santa americani e australiani, cinesi ed indiani, negri e
pellirossa... E tutti, uniti a noi, nella stessa fede, in un comune amore,
prostrati avanti il Re eucaristico. Quante stirpi, quanti colori, quante lingue,
quante foglie diverse! uno però l'omaggio, una la fede, uno l'amore.
143
eucaristico internazionale di Vienna, nel 1924 a quello di Amsterdam, nel
1926 a quello di Chicago e nel 1932 a quello di Dublino. Non vi sorprenda
se già in avanti il cuore ci si infiammi di entusiasmo e gioia al pensare gli
effetti spirituali del congresso, l'omaggio, la rigenerazione, l'espiazione che
ne seguiranno.
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La Santissima Eucaristia; il Santissimo Sacramento dell'altare.
Chi sa che cos'è la Santissima Eucaristia non stimerà esagerate anche le
massime solennità.
b) In quella piccola santa Ostia che sta innanzi a noi, è presente, come
lo dichiara il concilio Tridentino (Sess. 8, cap. I), Gesù Cristo «vere, realiter
et substantialiter».
«Vere: veramente». Non dunque in segno o figura. Non come la madre
in fotografia, che guardi con tanta tenerezza, perché la fotografia è solo
l'immagine della madre e non la madre stessa. Gesù invece tutto è
veramente presente nella santissima Eucaristia col suo Corpo, col suo
Sangue, con la sua Anima e con la sua Divinità.
«Realiter: realmente». Non dunque come in un sogno, in fantasia, come
la madre che veda in sogno il figlio morto da poco e parla con lui. No. Alla
fantasia della madre solo parve di vedere il figlio. La nostra non è fantasia.
Gesù non è una nostra immaginazione; è realmente presente.
«Substantialiter: sostanzialmente», non solo la sua potenza o la sua
grazia, come negli altri sacramenti; ma quel medesimo Gesù che giacque
nel presepio di Betlemme, che pendette dalla croce e che siede alla destra
del Padre.
In quell'Ostia, piccola, senza movimento, umile? Sì, appunto in quella!
Ti sta innanzi, ad es., un pezzetto di carbone, nero, senza movimento,
freddo, muto, insensibile. Ciò nonostante sai benissimo che l'apparenza
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inganna perché in quel pezzetto nero sono accumulati i cocenti raggi
irradiati dal sole in migliaia di anni. Così in quella piccola bianca Ostia non
vi è solo raccolto l'amore ardente del Cuore di Gesù, ma vi è nascosto il
Corpo e il Sangue di Gesù, tutto nostro Signore.
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siede alla destra del Padre, quel Cristo che verrà a giudicare i vivi e i morti.
E noi nella Santissima Eucaristia dobbiamo onorare anche questo Cristo, e
non solo il Cristo che per noi «vuotò se stesso» (Filipp. 2, 7), umiliò se
stesso (Filipp. 2, 8) e si fece povero. Forse non leggiamo nella Sacra
Scrittura che «Dio lo esaltò e gli diede il nome che è sopra ogni nome,
affinché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi... e ogni lingua confessi
che il Signore è Gesù Cristo nella gloria di Dio Padre»? (Filipp. 2, 9-11).
Non vi può esser dubbio dunque che se Gesù è realmente presente nella
Santissima Eucaristia, Egli è degno di esser il centro del nostro culto, del
nostro amore, delle nostre feste.
Tutto bene, se veramente è così.
Ma come sappiamo che è così? Che cosa ce lo fa credere?
E' innegabile che la dottrina della Santissima Eucaristia, come quella
della Santissima Trinità, è il più grande mistero della nostra fede. Quanto
teniamo della SS. Eucaristia e tanto contrario alla esperienza dei nostri
sensi, che non lo si può credere alla parola di un semplice uomo ma solo
alla parola di Dio fattosi uomo! E di ciò parlerò la prossima domenica:
perché dobbiamo credere alla Santissima Eucaristia?
147
II. L' EUCARISTIA, VINCOLO DI CARITÀ
148
occhi, dei tratti del volto, delle lingue differenti, a differenza dei costumi
diversi, dei confini e degli oceani che separano le nazioni, tutti ci sentiamo
un'anima sola nell'adorazione dell'Agnello di Dio nascosto sotto le bianche
specie dell'Ostia santa.
Eucharistia vinculum caritatis; l'Eucaristia, vincolo di carità. Vincolo
infrangibile che ci incatena a Dio Uno e Trino, 1) al Padre, 2) al Figlio, I3)
allo Spirito Santo, e così 4) ci porta, nel senso più nobile della parola, alla
vera pace ed armonia universale.
149
Chi ci farà tornare al Padre? Gesù Cristo che prega nella Santissima
Eucaristia in nome nostro per noi e con noi. Egli ci avvia all'ossequio che
sia veramente degno del Padre.
Che cosa deve l'uomo a Dio?
Gli deve la lode. E chi potrebbe lodare Dio meglio dello stesso Figlio di
Dio?
Gli deve la gratitudine. E chi potrebbe ringraziare Dio meglio del suo
stesso Figlio?
Gli deve la soddisfazione per i peccati. E chi potrebbe impetrare la
misericordia e meritare il perdono più del Figlio di Dio?
La via che ci porta al Padre è l'Eucaristia. Adoro il Padre, mediante
questo Sacramento. Ringrazio il Padre, mediante questo Sacramento. «Per
Lui e con Lui e in Lui viene a te, Dio Padre Onnipotente, nell'unità dello
Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli» (Dal canone
della Messa).
Davvero l'Eucaristia è il vincolo d'amore col Padre.
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Con l'incanto della mia anima abbagliata guardo questa piccola Ostia
santa, questo Sangue arrossato di fuoco e sento innalzarmi, attirarmi,
rapirmi, sento come l'amore mi avvince al Figlio di Dio.
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Lo Spirito Santo è fuoco, e fuoco è il Sangue di Cristo.
Lo Spirito Santo è forza, e forza è il Sangue di Cristo.
Lo Spirito Santo è amore, e amore è il Sangue di Cristo, amore fervente,
amore che si dona completamente. L'unico vero tesoro del mondo, il
diamante che non si offusca, il sole che non si spegne e il Sangue che
purifica, Sangue che vivifica, Sangue che ci porta alla vita eterna.
A) E' commovente l'intimità con la quale Gesù, nel congedarsi dai suoi
diletti apostoli immediatamente prima dell'istituzione del Santissimo
Sacramento, pregò per la loro unione.
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«Padre Santo, conserva nel tuo nome coloro che Tu mi hai dato,
affinché siano una sola cosa come siamo noi» (Giov. 17, 11). Arriveremo
dunque anche noi a una simile unità? Padre e Figlio differiscono solo nella
persona, e non nell'essenza e nella vita divina. Saranno così anche i loro
seguaci una cosa sola?
Ma il Signore prega ancora: «E prego affinché tutti siano una cosa sola,
come Tu, Padre, sei in me ed io in Te... affinché l'unità loro sia perfetta »
(Giov. 17, 21. 23). Nella Santissima Trinità le persone divine formano una
sola unità. Il Padre nel Figlio, il Figlio nel Padre. Anche i seguaci di Gesù
formeranno una simile unita? Si, tale è la volontà di Gesù. Diversi nella
persona, ma una stessa cosa nel sentimento e nell'amore.
Può essere uno nemico dell'altro, uno indifferente all'altro, se tutti
mangiamo dello stesso pane? « Che cos'è questo pane? II Corpo di Cristo.
Che cosa diventano quelli che prendono a se il Corpo di Cristo? Diventano
Corpo di Cristo ma non tanto Corpo, quanto una stessa cosa con Cristo» (S.
GIOVANNI CRISOSTOMO, in 1. Ep. ad Cor. 24).
Dai piccoli grani del frumento è formato il Corpo di Gesù, dagli acini
dell'uva il Sangue. Dalle persone che si cibano di Gesù Sacramentato è
formato il misterioso Corpo di Cristo.
Cresca il frumento in qualsiasi paese, i granelli sono riuniti in santa
armonia e formano l'Ostia. Spunti l'acino in qualsiasi paese, ogni grano
vive vicino all'altro in santa pace e, riuniti, danno il vino dell'Eucaristia.
Anche di noi, abitatori di qualsiasi paese, appartenenti a qualsiasi popolo o
razza, l'Eucaristia, questo vincolo di carità, forma il popolo fraterno di
Gesù, di cui tutti si comprendono, tutti si aiutano, tutti si amano.
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stesso e fisserò la stessa luna, e i raggi dei nostri occhi si fonderanno
insieme nel disco rifulgente della pallida luna.
Fratelli, fratelli in Cristo. Da qualunque parte siate venuti in questo
piccolo paese e dovunque andrete dopo questi giorni, tutte le volte che vi
inginocchierete avanti l'altare e i vostri occhi si poseranno sull'Ostia santa
che risplende su di voi come il bianco disco della luna, pensate che l'occhio
di milioni e milioni di fratelli s'incontra e si fonde col vostro nella Santa
Ostia raggiante.
O Gesù, che dicesti che tutti trarrai a Te quando sarai innalzato dalla
terra (Giov. 12, 32), o Gesù, di cui fu predetto che saresti morto per la
nazione e non soltanto per la nazione, ma anche per raccogliere in un sol
corpo i figli di Dio che sono dispersi (Giov. 11, 52), vedi come ci siamo
smarriti nelle tenebre su noi incombenti, Ti supplichiamo, fa risplendere su
noi la luce della santa Ostia, perchè, attratti dal Padre, dallo e dallo Spirito
Santo, possano tutti, figli ora dispersi nel grande mondo, formare il tuo
unico Corpo misterioso in Dio.
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O Sacramento, delizia di tutti i Santi, con cuore amante ci prostriamo
innanzi a Te; con anima infiammata d'amore supplichiamo Te, con fede
riconoscente adoriamo Te, Nostro Signore e Nostro Redentore.
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INDICE:
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