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INTRODUZIONE
1° ASPETTO: LE PERSECUZIONI “ 15
1. Il mondo romano “ 15
2. Le persecuzioni da Nerone a Diocleziano “ 17
3. Il significato delle persecuzioni “ 20
4. I sacramenti “ 28
5. Estensione territoriale e sociale della Chiesa “ 29
1. La fioritura patristica “ 61
2. Qualche figura di primo piano “ 62
Glossario
INTRODUZIONE I
Per questa materia – vista la sua vastità - sono previsti due Corsi.
Il primo focalizza l’attenzione sul primo millennio e in particolare sui
primi cinque secoli. Essi sono determinanti per il successivo sviluppo della
Chiesa. I cristiani di questo periodo affrontano, infatti, grosse sfide come la fedeltà
al messaggio di Gesù in un mondo che non li comprende, il rapporto tra autorità
religiosa e autorità civile, l’ incontro con nuove civiltà. Le risposte che trovano
sono di luce anche nei secoli seguenti, costituendo un patrimonio straordinario. In
questi secoli la Chiesa si mostra capace di dialogare con il mondo senza per questo
perdere la propria identità.
Il secondo è dedicato al secondo millennio della storia cristiana. E’ un
periodo ricchissimo di eventi e di grandi trasformazioni che sfoceranno, nella
seconda metà del XX secolo, nel Concilio Vaticano II, un evento di grande
portata che segna profondamente la vita della Chiesa nel mondo contemporaneo.
Sia il primo che il secondo Corso sono suddivisi in sezioni. Ognuna di esse
si apre con una raffigurazione di Gesù. Ogni epoca crea infatti il “suo Gesù” a
seconda della comprensione e dell’incidenza del messaggio evangelico nella società
e della profondità della pietas cristiana. Queste raffigurazioni ci permettono di
intravvedere come un determinato periodo abbia penetrato il mistero di Gesù e di
conseguenza quello della Chiesa.
CRISTO, BUON PASTORE
L’immagine più caratteristica di Cristo dei primi secoli è quella del Buon
Pastore.
Questa illustrazione è un affresco che risale al III secolo e si trova nelle
catacombe di Priscilla a Roma. Essa indica l’autorità di Cristo come pastore
divino di tutti i popoli: come il popolo ebraico sa di essere protetto dal suo Pastore
divino (cf. Sal 22,1), così i primi cristiani sperimentano durante le persecuzioni la
forza e la protezione del loro divino pastore: Gesù.
La figura del Buon Pastore non esprime perciò la fuga dal mondo,
rappresenta piuttosto la certezza della giovane Chiesa di non essere abbandonata
dal suo Signore, pur in mezzo a tante difficoltà.
Cap. I - La Chiesa di Gerusalemme 1
LA CHIESA DI GERUSALEMME
(I SEC.)
1
d.C. = dopo Cristo ; a.C. = avanti Cristo. Nell'area culturale dell'impero romano si con-
tavano gli anni dalla fondazione di Roma; a partire dal VI sec. si incomincia, invece, a
contare gli anni dalla nascita di Cristo.
2
"Pentecoste", parola greca che significa "cinquantesimo". Era una festa della tradizione
ebraica che si celebrava 50 giorni dopo la Pasqua; ricordava la manifestazione di Dio a
Mosé sul Monte Sinai con il rinnovo dell'alleanza tra Dio e il suo popolo (cf. Es 20, 2-
18).
2 Storia della Chiesa
2. LA PENTECOSTE
Gli Atti degli Apostoli3 narrano che il giorno della festa di Pentecoste lo Spi-
rito Santo discende sugli apostoli, riuniti con Maria e le donne, nel Cenacolo (cf.
At 1,13-14; 2, 1-4) e li trasforma spingendoli ad annunciare i grandi eventi che ave-
vano vissuto.
La festa giudaica aveva attirato a Gerusalemme una grande folla. È lì che
Pietro, per primo, si rivolge alla gente, rendendo testimonianza della risurrezione di
Gesù e invitando i suoi uditori a convertirsi. Pietro è ascoltato da molti Giudei della
Palestina ma anche della “diaspora”,4 venuti a Gerusalemme in pellegrinaggio e da
Greci e Romani residenti a Gerusalemme.
L’annuncio degli apostoli ottiene subito una grande risonanza e quel giorno
circa “tremila persone vengono battezzate”.
Secondo la tradizione questo giorno segna l’inizio della storia della Chiesa,
il momento cioè nel quale gli apostoli riconoscono l’adempimento della promessa
di Gesù: lo Spirito Santo sarebbe sceso su di loro rendendoli consapevoli della loro
missione di annunciare il Vangelo a tutte le genti (cf. Mt 28,19).
La Pentecoste rappresenta dunque un inizio, l’origine della presenza dello
Spirito Santo che accompagnerà tutta la storia della Chiesa e la condurrà a cercare
vie sempre nuove per portare la buona Novella a tutti i popoli, fino ai confini della
terra (At 1,8).
3
Gli Atti degli Apostoli, scritti dall’evangelista Luca, sono un testo di fondamentale im-
portanza per la conoscenza della Chiesa dei primi tempi. Altri documenti importanti so-
no le Lettere di Paolo e degli altri apostoli; alcuni scritti giudeo-cristiani come la Dida-
chè e quelli dei Padri apostolici più o meno contemporanei degli apostoli. Ricordo anche
gli scritti di alcuni storici come Tacito, Svetonio e in particolare Eusebio di Cesarea.
4
"Diaspora", parola greca che significa "dispersione". Si dice dei giudei emigrati nel
mondo, fuori dalla Palestina.
Cap. I - La Chiesa di Gerusalemme 3
Pur rimanendo fedeli alle pratiche religiose del popolo giudaico, i primi cri-
stiani sono dunque consapevoli di formare una comunità nuova caratterizzata dal
seme dell’universalismo evangelico che raggiunge tutti i popoli.
Raccontando le vicende della prima comunità di Gerusalemme Luca dice
che i primi cristiani sono «assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e
nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2, 42), indican-
do con ciò le caratteristiche fondamentali della Chiesa5.
- la prima caratteristica riguarda l’apertura del cuore e della mente alla Parola di
Dio trasmessa dagli apostoli e dai loro successori, i vescovi e i loro collaborato-
ri: è “l’obbedienza alla fede” che costituisce la porta d’ingresso alla Chiesa per
conoscere la verità e crescere nella carità.
- la seconda caratteristica riguarda l’apertura dell’anima all’amore fraterno. Si
tratta di essere fedeli al comandamento nuovo dell’amore scambievole (Gv
13,34) con tutto ciò che comporta umiltà, pazienza e generosità per mettere a
disposizione degli altri i beni materiali e spirituali.
- la terza riguarda l’apertura dell’anima all’amore del Padre celeste che si manife-
sta nel Figlio, fatto uomo e cibo per noi. Si tratta della fedeltà all’eucarestia, la
preghiera per eccellenza, e alle altre preghiere, che nutrono l’uomo di Dio per-
ché cresce nella sua amicizia e ne irradia la luce e la gioia con tutti.
Queste tre caratteristiche possono riassumersi in una sola: l’unità, che corri-
sponde alla preghiera sacerdotale di Gesù: «tutti uno» (Gv 17, 21). Di fatto, «la
moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un’anima so-
la« (At 4, 32).
4. ORGANIZZAZIONE ECCLESIALE
5
La parola «Chiesa» designa in un primo tempo la comunità di Gerusalemme, poi viene
applicata alle diverse comunità locali che si costituiscono ad immagine della Chiesa-
madre di Gerusalemme (cf. At 8, 1).
6
LG 19.
4 Storia della Chiesa
5. INCONTRI DI COMUNITÀ
Per crescere insieme nella vita nuova ricevuta da Gesù, i primi cristiani si
radunano nel tempio e nelle case private, non avendo ancora edifici propri per il
culto. La «camera alta», al piano superiore, più vasta, è particolarmente adatta per
questi incontri numerosi. I raduni vengono fatti “ogni giorno” anche tardi la sera,
dopo il lavoro, specialmente il sabato sera, vigilia del «giorno del Signore«, giorno
della risurrezione (At 20, 7).9
7
Cf. Eusebio, In Storia Ecclesiastica II, I, 2; Eusebio,scrittore greco è il primo storico
della Chiesa (265 ca.-340); diventerà vescovo di Cesarea di Palestina.
Teniamo presente che Giacomo «il giusto» è distinto sia dall’apostolo Giacomo fi-
glio di Alfeo e detto il «minore», sia dall’apostolo Giacomo , figlio di Zebedeo e
detto il «maggiore».
8
Cf. LG 20. A partire dal II sec. l'episcopato prenderà uno stile "monarchico" in quanto
l'autorità risiederà nelle mani di uno solo. Però l'ultimo concilio, pur riconoscendo l'
"autorità propria" dei vescovi sulle Chiese particolari a loro affidate (LG 27), mette
nuovamente in rilievo la "natura collegiale dell'ordine episcopale", secondo la tradizio-
ne antica della Chiesa, nella linea comunitaria del collegio apostolico (LG 19, 22-23).
9
Il "giorno del Signore" (in latino: "dies Domini", "dies dominica" = "domenica") co-
minciava il sabato sera, secondo il costume dei giudei per cui il nuovo giorno inizia
dopo il tramonto, cioè la vigilia.
Cap. I - La Chiesa di Gerusalemme 5
Da ciò che dicono gli Atti, possiamo farci un’idea di come questi incontri si
svolgono. Ritroviamo in ordine liturgico le componenti della Chiesa apostolica:
1. L’incontro inizia con l’ «insegnamento degli apostoli» o dei collaborato-
ri, di persona o tramite lettere, una specie di esortazione familiare destinata a forti-
ficare la fede e l’amore dei cristiani. Quello che presiede ricorda le “meraviglie di
Dio” compiute per mezzo di Gesù e invita l’assemblea alla lode di colui che ci ha
tanto amato. A questa prima parte corrisponde la nostra “liturgia della parola”.
2. Dopo, in segno di comunione fraterna, i partecipanti pregano gli uni per
gli altri e per il mondo intero; si raccolgono poi i doni portati da ciascuno: cibo, de-
naro, vestiti... perché siano distribuiti a quelli che ne hanno bisogno. Poi, prima di
comunicare col corpo e col sangue del Risorto, i discepoli si danno a vicenda il
“bacio santo”. Continuiamo questa tradizione con la “preghiera universale”, la
“colletta” o raccolta delle offerte e “il segno di pace”.
3. La “frazione del pane”, cioè la “liturgia eucaristica” richiama il gesto del
Maestro nell’ultima cena. Il pane e il vino vengono trasformati nel corpo e nel san-
gue del Risorto, corpo “dato”, sangue “versato” per tutti gli uomini.
4. L’eucaristia si conclude con alcune “preghiere”, dette dagli apostoli o
dagli anziani che presiedono l’assemblea o da quelli che ne hanno ricevuto il man-
dato. Queste preghiere hanno lo scopo di cementare l’unione dei discepoli con Ge-
sù e tra loro (At 2, 42).
10
I sommi sacerdoti erano i capi religiosi della comunità giudaica e venivano scelti tra i
sadducei, chiamati così in ricordo di Zadok, sommo sacerdote al tempo di Salomone
nel X sec. a.C. I sadducei provenivano dalle grandi famiglie sacerdotali ed erano i
rappresentanti dell’aristocrazia giudaica.
6 Storia della Chiesa
Nel corso di un’altra persecuzione, nel 62, Giacomo «il giusto», vescovo di
Gerusalemme, è lapidato11 e Pietro nuovamente arrestato (At 12, 1-3).
L’atteggiamento dei farisei è più complesso. Alcuni fra loro si convertono al cri-
stianesimo come Paolo che, dopo aver approvato la lapidazione del diacono Stefa-
no (nel 34), diventa il grande apostolo di Gesù (cf. At 8, 1).
Nel 66, il nazionalismo giudaico raggiunge il suo culmine: la guerra con i
Romani diventa inevitabile. Con Simeone, altro cugino di Gesù e successore di
Giacomo, la comunità cristiana si ritira a Pella, in Trasgiordania rompendo ogni so-
lidarietà con la rivolta dei Giudei:12 il fatto segna il distacco della Chiesa dal giu-
daismo, distacco che si era già delineato con l’assemblea di Gerusalemme, nel
48/49. Nel 70, dopo la rivolta dei Giudei, i Romani prendono Gerusalemme, fanno
strage della popolazione e distruggono il Tempio. Da qui la dispersione della prima
comunità cristiana che, uscendo dalla terra dove era nata, si mette in cammino ver-
so nuove vie e nuovi popoli.
11
Cf. Eusebio, Storia Eccl. II, 23, 1-25.
12
Ibidem II, 11; III, 5, 3.
Cap. II - Lo sviluppo della Chiesa nel I sec. 7
Il diacono Filippo evangelizza la Samaria (At 8,4) e le città del litorale pale-
stinese, mentre Pietro arriva in queste città, dopo Filippo, per confermare nell'uni-
tà ecclesiale le nuove comunità.
L'evangelizzazione del litorale mette la prima comunità cristiana in contatto
con l'ambiente pagano, greco e romano. Il caso di Cornelio, centurione della coorte
italica, è particolarmente interessante (At 10, 1). In effetti la conversione di Cor-
nelio e della sua famiglia ha una portata universale: Pietro capisce che Dio vuo-
le che i pagani siano ricevuti nella Chiesa senza essere costretti ad osservare le pre-
scrizioni della Legge e che lui, Pietro, deve accettare l'ospitalità degli incirconcisi
(cf. At 10, 10-16).
Il centro di espansione del cristianesimo nei primi quindici anni è la Siria
con le grandi città di Damasco e di Antiochia. Infatti Paolo si reca a Damasco per
arrestare i cristiani perché c’era lì una fiorente comunità. Lungo il viaggio avviene
la sua conversione (cf. At 9, 2).
Antiochia è la terza città dell'impero, dopo Roma e Alessandria d'Egitto. Lì
troviamo per la prima volta una comunità importante di cristiani, venuti non sol-
tanto dal giudaismo, ma anche dal paganesimo. Nel 36 o 38, di fronte allo sviluppo
della Chiesa di Antiochia, gli apostoli inviano da Gerusalemme Barnaba per inco-
8 Storia della Chiesa I
Di origine giudaica, Paolo nasce nel 5-10 d.C. a Tarso, in Cilicia (sud-est
dell'attuale Turchia), centro commerciale e aperto alle correnti religiose dell'epoca.
A Gerusalemme egli segue la scuola del famoso dottore Gamaliele ed è attratto
dall'ideale dei farisei. Perciò vede nel cristianesimo nascente una deviazione peri-
colosa per il giudaismo, un movimento quindi da perseguitare.
La storia della sua conversione sulla via di Damasco, nel 34 o 36, ci viene
trasmessa dagli Atti (9, 1-19). Tra i neoconvertiti, il ruolo di Paolo è particolare.
Egli afferma di essere "apostolo" nel senso pieno della parola, perché ha ricevuto
direttamente da Gesù stesso i suoi poteri, in vista di una missione universale. Tut-
tavia, pur essendo collocato alla pari dei Dodici, egli cercherà sempre l'unità con
Pietro e gli altri per non trovarsi nel rischio di «correre o di aver corso invano» (Gal
2, 2).
1
Cf. Svetonio, Le vite dei dodici Cesari, XXV, 4).
Cap. II - Lo sviluppo della Chiesa nel I sec. 9
che Gesù è il Messia atteso da Israele. I due missionari fondano varie comunità lo-
cali, attorno a presbiteri che ordinano per mezzo dell'imposizione delle mani, come
si era fatto a Gerusalemme e ad Antiochia.
Non mancano le difficoltà: a Listri i pagani scambiano sia Paolo che Barna-
ba per divinità pagane. Ma è soprattutto nell'ambiente giudaico che i due apostoli
incontrano le più grosse difficoltà ed incomprensioni rischiando anche di essere la-
pidati. Il dramma del rifiuto del Vangelo da parte dei giudei spinge Paolo a rivol-
gersi sempre di più verso i pagani, abbandonando così l'argomentazione del com-
pimento delle profezie per richiamarsi, invece, all‘amore di Dio verso tutti gli uo-
mini.
Nel 48, Paolo ritorna ad Antiochia con Barnaba, dove informa la comunità
dei risultati ottenuti fra i pagani in Asia Minore e delle nuove prospettive che si
aprono. I pagani convertiti non sono costretti alle osservanze giudaiche e, partico-
larmente, alla circoncisione: è il caso del giovane Tito che Paolo aveva portato con
sé. Ma, poco dopo, «alcuni, venuti dalla Giudea» turbano la comunità di Antiochia,
insegnando che la circoncisione è obbligatoria per tutti. Paolo e Barnaba si oppon-
gono a queste pretese. Data la gravità del problema, la comunità di Antiochia man-
da Paolo, Barnaba e Tito a Gerusalemme per decidere su tale questione (cf. At 15).
A Gerusalemme sono ricevuti dagli apostoli e dagli anziani. Incomincia il
dibattito. Alcuni cristiani di tradizione farisea difendono la tesi della circoncisione
obbligatoria anche per i pagani che si convertono. Pietro, a nome degli apostoli, e
Giacomo, a nome degli anziani, decidono sul piano dottrinale per la tesi di Paolo: è
la fede in Gesù che salva, non le pratiche della Legge. Tuttavia per favorire una
maggiore unità tra i due gruppi, quello formato da cristiani convertiti dal paganesi-
mo e quello formato da cristiani venuti dal giudaismo, essi propongono sul piano
disciplinare un compromesso: i cristiani convertiti dal paganesimo si adattino a pra-
ticare alcune osservanze mosaiche, la cui trasgressione turberebbe gravemente la
coscienza giudaica: si astengano dalle carni immolate agli idoli,2 dal bere il sangue
degli animali sgozzati, dal mangiare la carne degli animali soffocati, contenenti,
quindi, ancora il sangue,3 e proibite dai comportamenti sessuali disordinati (cf. At
2
Cibarsi di carni immolate agli idoli significava per i giudei partecipare al culto idola-
trico dei pagani (cf. 1Cor 8-10).
3
Per la mentalità giudaica il sangue è simbolo della vita, che appartiene soltanto a Dio.
Perciò non si deve mangiare (cf Gn 9,4; Lv 17,10-12); si mangia cibo "Kasker" (voce
ebraica = "adatto", "puro").
10 Storia della Chiesa I
4
15, 28-29; Lev. 18,6-18) . Paolo e Barnaba ricevono l'incarico di trasmettere ai cri-
stiani di Antiochia questa decisione che è di capitale importanza perché segna lo
svincolamento del cristianesimo dal contesto giudaico.
4
In questo caso, la legge di Mosè sancisce il diritto naturale che interdice matrimonio tra
consanguinei o parenti stretti, e le perversioni sessuali (cf. Lv 18, 6.22-23).
5
Secondo lo storico Eusebio, Paolo fu messo in carcere e ebbe la testa troncata sulla via
Ostiense, nel Campo detto "delle tre fontane", oggi abbazia di Trappisti.
Cap. II - Lo sviluppo della Chiesa nel I sec. 11
7
Gaio, colto presbitero romano della fine del sec. II scrive: «se tu vai al Vaticano o sulla
via di Ostia, io ti posso mostrare i trofei (le tombe abbellite che ricordano la vittoria dei
martiri) dei fondatori (Pietro e Paolo) di questa Chiesa» (di Roma) (In Eusebio, Storia
eccl. II, XXV, 7).
8
Nella discussione sul primato di Pietro e dei suoi successori hanno avuto un'importanza
di prim'ordine i seguenti testi: Mt 16, 18; Lc 22, 32; Gv 21, 15-16; cf. At 2, 14.37; 5,
29.
9
Cf. Clemente Romano, Lettera ai Corinti, 59, 1 e 63, 2-3.
10
Ignazio d'Antiochia, Lettera ai Romani 1,1.
11
"Papa", dal greco "papas", "padre".
12 Storia della Chiesa I
I testi del Nuovo Testamento danno sufficienti notizie sulla vita di Pietro,
Giacomo, fratello di Giovanni, e Paolo. Per gli altri apostoli invece abbiamo solo
notizie frammentarie e poco sicure. Eusebio racconta che, dopo la morte di Gia-
como, il mondo da evangelizzare fu suddiviso fra gli apostoli: la Scizia (sul mar
Nero a nord del Danubio) fu affidata ad Andrea, fratello di Pietro; l'India allora co-
nosciuta (attuale Afganistan, Pakistan e nord-India) a Bartolomeo; i Parti (attuale
Iran) a Tommaso; l'Etiopia a Matteo...12 Ad ogni modo non si può pensare che
qualcuno dei Dodici abbia potuto dimenticare l'ordine del Maestro: «Andate e am-
maestrate tutte le nazioni» (Mt 28, 19).
Giovanni, l'apostolo «prediletto da Gesù», presente alla Trasfigurazione e
con Maria presso la croce, è forse rimasto a Gerusalemme fino all'assunzione di
Maria, oppure ha portato Maria con sé a Efeso. Secondo la tradizione, sarebbe sta-
to relegato nell'isola di Patmos, nel mar Egeo, e sarebbe morto a Efeso, avanzato
negli anni, nel 100 ca.13 A Giovanni viene attribuito il quarto vangelo, «il vangelo
spirituale»,14 che mette l'accento sul mistero divino della personalità di Gesù, Ver-
bo di Dio, fatto uomo per salvarci e portarci con sé‚ nell’amore del Padre. Ci sono
anche tre lettere e il libro dell'Apocalisse, forse scritti da discepoli di Giovanni.
All'apostolo Matteo viene attribuito il primo vangelo che mostra il compi-
mento d'Israele in Gesù e nella Chiesa. Marco, compagno di Paolo e di Barnaba,
poi di Pietro a Roma, traccia nel suo vangelo un ritratto vivo del Maestro in mezzo
ai suoi discepoli. Un'antica tradizione dice che Marco avrebbe fondato la Chiesa di
Alessandria d'Egitto16. Luca, il medico, amico e collaboratore di Paolo, è l'autore
del terzo vangelo e degli "Atti degli apostoli". Egli mette in rilievo l'importanza
della preghiera e la preferenza di Gesù per i poveri e gli umili.
Accanto all'opera dei grandi pionieri come Paolo, è bene riconoscere l'im-
pegno di tutta la Chiesa, tramite i molteplici "carismi*" dei discepoli: questi doni di
ciascuno diventavano altrettanti servizi messi in opera per il bene delle comunità
(1Cor 12, 4-11). La vita esemplare dei primi cristiani attraeva gli uomini in modo
silenzioso, ad uno ad uno, con un'adesione cosciente e libera (At 2, 47; 5, 13). Così
la buona notizia di Gesù veniva trasmessa spontaneamente dall'uno all'altro: dai pa-
renti, dagli amici, dai mercanti, dai viaggiatori...
12
Cf. Eusebio, Stor. eccl. III, I, 1.
13
Ibidem III, XXX, 1,3.
14
Clemente Alessandrino, citato da Eusebio, ibidem VI, XIV,7.
16
Cf. Eusebio, ibidem II, XVI
Cap. II - Lo sviluppo della Chiesa nel I sec. 13
Oltre che dal fervore apostolico delle prime comunità, la diffusione del van-
gelo traeva beneficio da un contesto storico e geografico privilegiato: nel mondo
antico, pur in una situazione del tutto diversa dalla nostra, caratterizzata dai mezzi
di comunicazione sociale, la rete delle relazioni umane era piuttosto fitta. Con la
"pace romana", uomini ed idee circolavano liberamente e con facilità. D'altra parte,
essendo nata in ambiente giudeo, la Chiesa si è naturalmente servita delle numerose
comunità giudaiche della "diaspora" come di altrettante tappe per l'evangelizzazio-
ne: di Antiochia, crocevia delle carovane di mercanti fra il mondo romano ed il
mondo orientale; di Efeso, grande porto dell'Asia Minore; di Tessalonica, porto del-
la Macedonia; di Corinto, legame fra l'Egeo e l'Adriatico; di Roma, cuore dell'Im-
pero. Ed è stata proprio l'organizzazione romana a fornire alla Chiesa i suoi quadri
giuridici: la città, la provincia e, più tardi, la diocesi.
Così, prima della fine dell'epoca apostolica,17, la Chiesa conta numerose
comunità in Siria, Asia Minore, Macedonia e Grecia e comincia ad impiantarsi in
Egitto (Alessandria). In Occidente Roma è ancora l'unico centro attestato, con una
comunità formata soprattutto di persone venute dal Medio Oriente. Perciò la lingua greca
fu il primo veicolo del vangelo e sarà per mezzo degli orientali che, nel sec. II, il cristiane-
simo verrà portato nella Gallia (l’odierna Francia) e nell’Africa del Nord.
* * *
17
L'epoca apostolica termina con la morte dell'ultimo apostolo, Giovanni, all'inizio del
regno di Traiano, intorno all'anno 100.
14 Storia della Chiesa I
Cap. III - La Chiesa dei martiri: le persecuzioni 15
I° ASPETTO: LE PERSECUZIONI
1. IL MONDO ROMANO
a) L'impero romano
c) La società romana
1
Giove, capo degli dèi (lo Zeus dei Greci); Giunone (Era), la moglie di Giove, dea del
matrimonio; Minerva (Atena), dea della saggezza e degli artisti.
2
Tempio della Roma antica dedicato a tutti gli dèi dell'impero, poi consacrato alla Ver-
gine Maria e a tutti i santi nel 609.
3
Alessandro Magno (IV sec. a.C.) e i suoi successori avevano imposto atti reli-
giosi nei confronti dei sovrani ellenici; anche ai Faraoni d’Egitto si riservava un
culto religioso.
Cap. III - La Chiesa dei martiri: le persecuzioni 17
ligiosi provocava un certo disagio e spingeva alla ricerca di un contatto più diretto
con la divinità attraverso i culti orientali o alla ricerca del senso profondo della vita
attraverso la filosofia greca.
In questo contesto, al suo primo diffondersi nell’impero romano, il cristia-
nesimo suscita un grande interesse. Il suo messaggio di un Dio che in Gesù viene
sulla terra a condividere la vita umana, un Dio che è un Padre che ci ama e ci fa fra-
telli fra di noi - risponde alle esigenze di tutti: gli intellettuali trovano risposta alle
loro domande e i poveri scoprono finalmente un Dio che ama anche loro!
Nello stesso tempo si guarda ai cristiani con differenza: essi disturbano per
il loro modo di vita, per la loro morale esigenze. Da qui il conflitto aperto con la
società romana che sfocerà poi nelle persecuzioni da parte dell’Impero.
Dopo la metà del I secolo, circolano attorno alle comunità cristiane forti in-
comprensioni e pesanti calunnie; non solo essi vengono accusati di odiare il genere
umano. Questa accusa permetterà alle autorità romane di far ricadere su di loro la
responsabilità di disastri naturali o di altre tragedie, aprendo la strada al periodo
delle persecuzioni che dureranno quasi tre secoli durante i quali si alternano mo-
menti di tregua e momenti di grande sofferenza.
Di questo lungo periodo possiamo riconoscono tre grandi momenti:
• primo periodo: fino all’anno 100 circa. In questo fase, anche se i cristiani
godono della stessa tolleranza riservata agli ebrei, si svolge a Roma la pri-
ma grande persecuzione nei confronti dei cristiani.
E’ lo storico Tacito che ne parla ampiamente. Nell’anno 64 l’imperatore Ne-
rone fa ricadere sui cristiani la responsabilità dell’incendio doloso di Roma4.
In quell’occasione Nerone fa arrestare e condannare a morte un gran numero
di cristiani. Per dare uno spettacolo al popolo, le loro esecuzioni capitali vengono
effettuate nei giardini imperiali con forme raffinate di supplizio. Tra le tante vitti-
me ci sono anche gli apostoli Pietro e Paolo.
La società romana rimane particolarmente impressionata da questa prima
grande persecuzione e, d'allora in poi, il nome di cristiano diventa sinonimo di per-
sona degna di morte (cf. Mt 5, 11-12) perché considerata "atea" e nemica
dell’umanità5.
4
L'incendio scoppiò ad opera dello stesso Nerone e distrusse i vecchi quartieri - i più
popolari - della capitale. Era, forse, intenzione dell'imperatore costruirvi splendidi pa-
lazzi e monumenti per fare di Roma la più bella città dell'impero.
5
Cf. Tacito, Annales XV, 44.
18 Storia della Chiesa I
6
Cf. Marco Aurelio, Meditazione XI, 3
7
Tertulliano, Apologetico 37, 4.
Cap. III - La Chiesa dei martiri: le persecuzioni 19
• terzo periodo: dal 250 al 311: è il più duro, ma anche il più decisivo nello
scontro tra impero e cristianesimo.
L’imperatore Decio (249-251) per rendere più salda l'unità dell'impero, nel
250 ordina a tutti i cittadini romani di manifestare la loro adesione alla religione uf-
ficiale per mezzo di un sacrificio e la partecipazione ad un banchetto sacro.
Molti sono i cristiani che rinnegano la fede e sacrificano agli dei, ma più
numerosi ancora sono i martiri soprattutto a Roma, nell'Asia Minore, in Egitto e in
Africa. Fra loro il vescovo di Roma, Fabiano, nel 250.
Con il regno di Valeriano (253-260) ritorna la pace solo per alcuni anni
perché dal 257 in poi vengono di nuovo perseguitati e i loro beni confiscati. Così,
nel 258, a Roma, papa Sisto II, sorpreso nelle catacombe di Callisto a celebrare
l'eucaristia, venne decapitato sul posto, assieme a quattro diaconi; quattro giorni
dopo viene bruciato vivo il diacono Lorenzo e nello stesso anno, a Utica, in Africa,
Cipriano, il grande vescovo di Cartagine, viene decapitato insieme ad un numero
rilevante di martiri.
L’imperatore Gallieno (260-268) segue una politica di tolleranza nei con-
fronti dei cristiani e restituisce loro i beni confiscati.
L’imperatore Diocleziano (284 al 305), scatena invece una grande persecu-
zione. Tra il 303 e il 305 tenta con una violenza mai raggiunta di annientare la reli-
gione cristiana. L'attaccamento di Diocleziano alla tradizione religiosa dell'antica
Roma e il suo ideale di coesione e di unità totalitaria rendono inevitabile l'urto tra
l'impero e la Chiesa. Il preannuncio è dato dall’epurazione dall'esercito: i soldati
vengono messi davanti all'alternativa di sacrificare o di essere espulsi o anche con-
dannati a morte. Ricordiamo i martiri della "Legione Tebea": Maurizio e i suoi
compagni. Successivamente l’imperatore emana quattro editti (303-304):
- con il primo proibisce il culto cristiano con la distruzione le chiese e dei
libri sacri, pena la perdita dei diritti e l'esclusione dalle funzioni pubbliche;
- con il secondo ordina l'arresto dei capi delle Chiese;
- con il terzo ridà la libertà a chi sacrifica agli déi;
- con il quarto impone a tutti gli abitanti dell'impero di sacrificare sotto la
minaccia di supplizi, di deportazioni nelle miniere, di morte. L'unica regione, in
cui non vengono rispettati gli editti, è la Gallia , poiché per spirito di tolleranza, il
prefetto Costanzo Cloro, padre del futuro imperatore Costantino, si rifiutò di appli-
carne le norme.
Nel 305, in seguito ad un accordo, Diocleziano abdica, formalizzando la di-
visione dell’Impero in due parti: quella occidentale e quella orientale. L’imperatore
d’Occidente Costanzo segue una politica tollerante verso i cristiani mentre
l’imperatore Galerio in Oriente si mostra assai duro verso di loro. Prima di morire,
però, riconosce il fallimento della sua politica e pubblica un editto di tolleranza
(311).
In Occidente dopo la morte di Costanzo sale al trono il figlio Costantino che
continua il governo mite del padre e ben presto sarà l’artefice di un cambiamento
20 Storia della Chiesa I
radicale della situazione, con il riconoscimento del cristianesimo come religione le-
cita (313 d.C.).
In fondo i cristiani del tempo ne sono coscienti se uno scrittore del tempo
afferma: coloro che stati coronati sono quelli che hanno lottato contro il male lo e
hanno vinto8.
Le persecuzioni hanno esercitato un’influenza enorme sulla vita della Chie-
sa antica, lasciando tracce profonde. E’ vero che da una parte, per le continue perdi-
te di personalità di rilievo hanno ostacolato lo sviluppo delle comunità ed impedito
una diffusione più rapida, ma è anche vero che hanno aiutato la giovane Chiesa ad
essere indipendente dai poteri civili.
Ma quale il senso del martirio, di questa testimonianza nella quale la nostra
Chiesa si radica? Senz’altro i martiri sono i primi testimoni della libertà di coscien-
za affermata contro un potere totalitario, ma è soprattutto il loro esempio di una
perfetta ed incrollabile imitazione di Cristo fino alla morte, che ha influito sulla vita
religiosa cristiana fino ad oggi. Il martire si afferma infatti come il modello del
santo cristiano.
La realtà divina del martirio è testimoniata, ad esempio, da Ignazio
d’Antiochia che andando incontro alla morte parla di se stesso che diventerà fi-
nalmente «un vero discepolo», un «uomo», che per lui ci sarà una «vera nascita»9.
E Clemente Alessandrino scrive: «Chiamiamo il martirio perfezione, non perché è
il termine della vita dell'uomo, ma perché manifesta la perfezione della carità» (cf.
Gv 15, 13; 1Gv 3, 16)10. E poiché la carità porta sempre frutto, il «sangue» dei mar-
tiri è stato veramente «seme» di nuovi cristiani11.
Infine, leggendo la narrazione dei martiri sentiamo che queste prove supre-
me dell'amore non sono considerate l'atto eroico di un solo individuo, ma di tutta la
8
Cf Il Pastore di Erma, anonimo cristiano del sec. II, Similitudine (= visione) VIII 3, 6.
9
Ignazio, Lettera ai Romani, 2, 4 e 6.
10
Clemente Alessandrino (150 ca.-215 ca.), filosofo e scrittore, Stromata (= miscellanea)
IV 14, 96.
11
Tertulliano, Apologetico 50, 13.
Cap. III - La Chiesa dei martiri: le persecuzioni 21
(I - III sec.)
1
Il "decalogo" - da una parola greca che significa: "dieci parole" (Es 20, 2-17; Dt 4,13).
Sono i "dieci comandamenti" che si riassumono in due: l'amore di Dio e l'amore del
prossimo (Mt 22, 36-40 = Dt 6, 5 + Lv 19, 18). Questi comandamenti sono perfezionati
nel «comandamento nuovo» di Gesù (Gv 13, 34; 15, 12.17).
24 Storia della Chiesa I
vina chiama ad essere la vera «discendenza di Abramo» (Rm 4,16-17; Gal 3,29), il
vero popolo di Dio.
Inoltre il cristianesimo mutua dal giudaismo molti elementi organizzativi e
pratici come, ad esempio, la consacrazione d'un giorno alla settimana al culto divi-
no e al riposo dal lavoro e il collegio dei presbiteri. E sin dall’inizio accoglie alcuni
aspetti della spiritualità dei cosiddetti «poveri di Jahvè» che osservano un’intensa
vita ascetica e credevano ad un messianismo più puro, vivificandoli con il proprio
contenuto interiore assolutamente nuovo.
All'inizio del sec. III i cristiani cessano di vivere in piccoli gruppi e malgra-
do ancora ai periodi di persecuzioni essi si diffondono nella società. Questo pro-
cesso avvia il grande lavoro di rinnovamento della società pagana, che lentamente
porterà alla formazione della "cristianità" dei sec. IV e V (cf. Sal 104, 30). Scrive
Tertulliano, nel 197: «Viviamo con voi, abbiamo stesso cibo, stesso vestito, stesse
cose, stesso genere di vita [...]. Frequentiamo la piazza, il macello, i bagni, le bet-
tole, le officine, le stalle, i mercati, esercitiamo tutte le altre attività commerciali.
Con voi navighiamo e serviamo come soldati [...]».2 Ma, nello stesso tempo, i cri-
stiani rifiutano ciò che, in quella vita sociale, è contaminato dall'idolatria e dall'im-
moralità. Così delle scelte si impongono di fronte alle abitudini della gente. Sarà il
compito dei grandi moralisti del tempo, come Clemente Alessandrino (150 ca.-215
ca.) e Tertulliano di Cartagine (160 ca.-220 ca.) di aiutare i cristiani a fare queste
scelte.
Alcuni aspetti della vita umana sono particolarmente importanti. Prima di
tutto la famiglia. I cristiani adottano la concezione del diritto romano, per cui il
consenso costituisce il matrimonio, ma eliminano dalla celebrazione ciò che pro-
viene dall'idolatria e dalle credenze popolari, come il ricorso agli indovini. Non c'è
ancora celebrazione liturgica del matrimonio, tuttavia gli sposi cristiani sanno di
unirsi davanti a Cristo e spesso chiedono la benedizione del vescovo. Nel 107 cir-
ca, Ignazio di Antiochia scrive che «gli sposi e le spose devono stringere la loro
unione con l'approvazione del vescovo e così il matrimonio non avverrà per con-
cupiscenza, ma sarà conforme al volere del Signore»3.
Un po' più tardi, Clemente Alessandrino fa l'elogio del matrimonio cristia-
no: «Chi sono quei due o tre riuniti nel nome di Cristo, in mezzo ai quali sta il Si-
gnore, se non l'uomo, la donna e il bambino, dato che l'uomo e la donna sono uniti
2
Tertulliano, Apologetico 42, 1-3.
3
Ignazio di Antiochia, Lettera a Policarpo (vescovo di Smirne) V, 2, in I Padri aposto-
lici, Città Nuova, Roma 1966, p. 141.
Cap. IV - La Chiesa dei martiri: la vita ecclesiale 25
3. ORGANIZZAZIONE ECCLESIASTICA
Differentemente dai primi vescovi, che venivano scelti e ordinati dagli apo-
stoli (così Giacomo il minore a Gerusalemme da Pietro, Tito in Creta e Timoteo a
Efeso da Paolo), con il sec. III i vescovi vengono scelti dal clero e dal popolo della
città, ma ordinati dagli altri vescovi presenti;7 a loro volta i vescovi scelgono e or-
dinano presbiteri e diaconi per il servizio delle diocesi. A poco a poco, accanto ai
tre ordini principali appaiono gli ordini minori. Nel 252 ca., si contano a Roma «1
vescovo [...] 46 preti, 7 diaconi, 7 suddiaconi (assistenti dei diaconi), 42 accoliti
(per servizio di vario genere) e 56 esorcisti (per la cura degli indemoniati), lettori
4
Clemente Alessandrino, Stromata, 3, 10, 68.
5
Tertulliano, Alla mia moglie II, 6.
6
Clemente Alessandrino, Pedagogo III, II, 78, 4.
7
Cf. Didascalia apostolica (Siria, sec. III) 4-9; Ippolito di Roma, Tradizione apostoli-
ca, 2-3.
26 Storia della Chiesa I
(per le letture liturgiche) e ostiari (uscieri delle chiese)» per una popolazione cri-
stiana di circa 40.000 persone (su 1 milione di abitanti)8. Oltre al servizio liturgico,
il clero si dedica alle opere di assistenza: 1500 poveri sono ogni giorno assistiti dal-
la comunità romana.
Il clero è sostenuto con offerte in natura, secondo l'uso vetero-testamentario,
ed anche dalla propria famiglia e dai proventi del proprio lavoro9. Infatti alcuni oc-
cupano uffici pubblici, altri si danno al commercio, ma questa attività è giudicata
sconveniente al clero.
Durante i tre primi secoli non c'è ancora una legislazione precisa sul celibato
del clero. Dopo l'ordinazione, vescovi, sacerdoti e diaconi non possono sposarsi se
sono celibi, né celebrare seconde nozze quando diventano vedovi, a meno di rinun-
ciare alla loro carica. Tuttavia, poiché il celibato rende più liberi per il regno di
Dio10 i chierici vengono scelti preferibilmente tra di loro.
A partire dal sec. IV, in Occidente, si generalizza l'obbligo del celibato per i
chierici, anche se, di fatto, l'applicazione rimane difficile. In Oriente invece si con-
tinua a negare solo le seconde nozze a diaconi e sacerdoti e il matrimonio dopo
l'ordinazione; mentre il celibato viene richiesto solo ai vescovi.
Nel III sec. la popolazione é concentrata nelle città ed è qui soprattutto che
si formano le comunità cristiane. In ogni città - centro di aggregazione - c'è un ve-
scovo, capo della chiesa locale: presiede le assemblee liturgiche, assume egli stesso
la predicazione e dirige la comunità. I sacerdoti formano attorno a lui un collegio
di cooperatori e i diaconi aggiungono al servizio liturgico l'organizzazione delle
opere caritative, che si sviluppa rapidamente (l'impero romano aveva infatti poche
attenzioni verso i poveri, i prigionieri, gli ammalati).
Alla fine del III sec., con l'evangelizzazione anche delle campagne aumenta
considerevolmente e del numero dei cristiani, si avvia un certo decentramento. In
Asia Minore, in Africa del nord e in Italia si moltiplicano i vescovadi; in certe zone
ogni villaggio ha il suo vescovo. Ma la soluzione che prevarrà sarà quella di esten-
dere alle campagne la formula già utilizzata nelle città: moltiplicare le "parroc-
chie"11 con un sacerdote alle dipendenze del vescovo della città più vicina.
8
Lettera del papa Cornelio (251-253), riportata da Eusebio, Storia Eccles. VI, XLIII, 11.
9
Cf. Didaché XIII, 3-6.
10
Cf. Mt 19, 10-12; 1Cor 7, 7-16. 25-28.32-38.
11
«Parrocchia» significava originariamente “gruppo di case vicine”
Cap. IV - La Chiesa dei martiri: la vita ecclesiale 27
12
L'impero romano era diviso in provincie, raggruppate poi in "diocesi". Oggi, al contra-
rio, l'unità di base della Chiesa (la "Chiesa locale"), mentre più diocesi formano una
"provincia" ecclesiastica.
13
Ireneo, Contro le eresie, III 3, 2; Cipriano, L'unità della Chiesa cattolica, 4-5.
14
Policarpo, Lettera ai Filippesi IV, 34.
15
Giustino, I Apologia XV, 6.
16
Clemente Alessandrino, Stromata, 3, 1, 4; cf. 3, 7,59.
28 Storia della Chiesa I
al gruppo delle vedove. Il servizio delle diaconesse è parallelo a quello dei diaconi:
le diaconesse sostituiscono i diaconi nei ministeri presso le donne: visita alle am-
malate, istruzione delle neofite,17 unzione battesimale. L'ufficio delle diaconesse
scompare in Occidente nel VI sec., poi in Oriente nell’ VIII sec.
4. I SACRAMENTI
17
Neofito, dal greco "neofutos", "appena nato", per indicare che da poco si è convertito
alla fede.
18
Cf.. Ireneo, Contro le eresie, II, 22, 4. Tuttavia nel sec. IV questa pratica verrà meno.
19
Il battesimo consisteva in una triplice immersione, mentre venivano pronunciate le pa-
role «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Era preceduto da esorci-
smi e da una vigilia con digiuno e preghiere e seguito dall'imposizione delle mani, che
confermava la grazia ricevuta, cioè la "cresima". Al battesimo e alla cresima seguiva
immediatamente la partecipazione al sacrificio eucaristico (cf. Origene, Contro Celso
III, 51).
Cap. IV - La Chiesa dei martiri: la vita ecclesiale 29
20
Barbaro, dal greco "barbaros", "straniero", per designare le persone che parlano una
lingua straniera ai greci e ai romani.
Cap. V - La Chiesa dei martiri: la vita intellettuale 31
I cristiani dei primi tre secoli danno l'esempio di una vita ammirevole, ma
hanno molto da soffrire. Questo non impedisce loro di riflettere e di discutere sulla
fede per approfondirla e difenderla. Già gli apostoli avevano predicato e scritto alle
nuove comunità per incoraggiarle nelle prove e richiamarle all'autentico insegna-
mento di Gesù contro le errate interpretazioni degli "eretici*". Paolo aveva dovuto
controbattere le pretese dei giudeo-cristiani1 e degli "gnostici*".
Similmente i successori degli apostoli parlano e scrivono per rispondere alle
esigenze delle comunità, preservarle dall'errore e spingerle a crescere nella vita cri-
stiana. Alcuni sacerdoti e laici le aiutano per difendere la fede dagli attacchi dei
persecutori (giudei e pagani) e degli eretici. Nasce così la prima teologia cristiana,
la riflessione cioè su Dio e sulla sua opera di salvezza, sulla base del pensiero bibli-
co, usando le categorie della filosofia così come sono state elaborate dai pesnatori
della Grecia. La La lingua usata dagli scrittori ecclesiastici fino alla fine del II sec. è
quasi esclusivamente quella greca; poi, cominciando dall'Africa del nord, entra
l’uso anche la lingua latina.
1
I "Giudei-cristiani", pur credendo nella messianità di Gesù e nella sua resurrezione,
volevano conservare la mentalità e le pratiche rituali del giudaismo ed imporle ai cri-
stiani venuti dal paganesimo (cf. At 15).
32 Storia della Chiesa I
I primi padri della Chiesa (fine del I sec. e prima metà del II), per il contatto
più o meno diretto avuto con gli apostoli, vengono chiamati "padri apostolici". Essi
sono costituiscono l'eco immediata dell'insegnamento apostolico e sono una fresca
ed insostituibile testimonianza della vita della prima e della seconda generazione
cristiana.
Tra gli scritti di quest'epoca, figura la "Didaché", raccolta di istruzioni degli
apostoli, piccolo catechismo o manuale di insegnamento cristiano composto tra l'80
ed il 120, forse ad Antiochia. Ricordiamo anche la lettera di papa Clemente, terzo
successore di Pietro tra il 92 ed il 100, scritta ai Corinzi, «per esortarli alla pace e
ravvivare la loro fede e la tradizione appena ricevuta dagli apostoli»2.
Le sette magnifiche lettere di Ignazio, vescovo di Antiochia (70-107), scrit-
to durante le tappe della sua "via crucis" da Antiochia a Roma, costituiscono l'epi-
stolario cristiano più antico e più venerato dopo quello degli apostoli. Ignazio si
presenta come un difensore e un teologo dell'unità: unità perfetta ed eterna tra le
divine Persone; unità concreta della natura umana e della natura divina nella perso-
na del Verbo incarnato3. Unità divina che deve riflettersi nella Chiesa con l'unità
«indiscussa» e «incrollabile» dei cristiani con il vescovo per «essere così sempre
uniti a Dio»4.
Conserviamo anche la lettera che Policarpo, discepolo di san Giovanni e
vescovo di Smirne, ha scritto nel 108 ai Filippesi, per rispondere ad una lettera di
quella comunità e avere ulteriori notizie di Ignazio e di suoi compagni prigionieri,
che erano passati per Filippi, diretti a Roma.
2
Ireneo, Contro le eresie III, 3.
3
Cf. Ignazio, Ai Magnesii, VII; Agli Smirnesi III e IV.
4
Ignazio, Agli Efesini IV. Cf. Ai Magnesii VI e VII; Ai Tralliani II, Agli Smirnesi.
Cap. V - La Chiesa dei martiri: la vita intellettuale 33
Tra i più importanti padri apologeti ricordiamo san Giustino, nato intorno
all'anno 100 in Samaria da una famiglia greca e morto martire a Roma nel 165. Nel
"Dialogo con Trifone", racconta di essersi rivolto a diverse dottrine filosofiche in
cerca della verità, restando però insoddisfatto. Dopo queste esperienze incontra ad
Efeso un uomo anziano che gli parla dei Profeti, i quali hanno annunciato onesta-
mente la verità: «Queste cose e molte altre mi disse quell'anziano [...] Poi se ne
andò, raccomandandomi di pensarci su. Non lo rividi più, ma la mia anima fu co-
me illuminata a giorno da un fuoco improvviso. Mi trovai innamorato dei profeti e
delle persone amiche di Cristo. Pensai e ripensai a tutte quelle parole e capii:
capii che questa era la sola, vera e utile filosofia... Vorrei anzi che tutti provassero
quello che sento io e che non si allontanassero dalla dottrina del Salvatore»5.
A Roma, negli anni 140-150, Giustino fonda poi una scuola di filosofia cri-
stiana. E' bello sentire come egli veda l'armonia tra la fede in Gesù e la ragione ben
diretta, anzi quelli che seguono onestamente la loro coscienza, possono essere con-
siderati "cristiani": «Quelli che vissero secondo il "logos" sono cristiani, anche se
sono passati per "atei", come, tra i greci, Socrate, Eraclito (...) e tra i giudei, Abra-
mo, Anania, Azaria, Misael, Elia e molti altri...»6. Così egli mette in rilievo la no-
vità e la bellezza del cristianesimo e giudica positivo il giudaismo e la filosofia
greca: la Chiesa è il vero Israele , Gesù è il vero Logos.
Giustino, avendo reso pubblica la falsità delle accuse fatte ai cristiani, viene
denunciato e, dopo un processo sommario, decapitato assieme a sei discepoli, ren-
dendo così piena testimonianza alla verità. Aveva scritto: «Io non mi curo che di
dire la verità, e la dirò senza paura di nessuno, anche se dovessi in questo momen-
to farmi smembrare da voi»7.
Il più conosciuto tra gli apologeti è senza dubbio Tertulliano di Cartagine
(155-220 ca.), polemista, teologo e moralista. Nel suo scritto principale,
l’Apologetico, dimostra l'ingiustizia delle persecuzioni e l'assurdità delle accuse
contro i cristiani, e quanto le calunnie e il martirio ottengano l'effetto contrario:
«Siamo nati ieri, e già riempiamo di noi il mondo intero e tute le vostre località, le
città, le isole, le fortezze, i municipi, i borghi, gli stessi accampamenti, le tribù, la
corte, il senato il foro. Non vi abbiamo lasciato che i templi! (...)Diventiamo più
numerosi tutte le volte che siamo falciati da voi: il sangue dei martiri è seme di
nuovi cristiani»8.
5
Giustino, Dialogo con Trifone, 8 (Trad. S. Cola, Padri della Chiesa. Profili, Città
Nuova, Roma 1965, pp. 20-21).
6
Giustino, I Apologia, 46.
7
Giustino, Dialogo con Trifone, 82.
8
Tertulliano, Apologetico 37, 50, 13.
34 Storia della Chiesa I
Ireneo indica che il tale Simbolo si trova nella Chiesa; solo in essa questa
formula della fede viene fedelmente spiegata, perché la Chiesa ha ricevuto queste
veità attraverso una successione ininterrotta di pastori: dagli Apostoli ai vescovi di
oggi. Inoltre questa “trasmissione” della verità è assicurata contro l’errore dal “ca-
risma di verità”, dono dello Spirito Santo trasmesso ai pastori per il bene di tutta la
Chiesa.
Ma come è possibile distingue l’errore dalla verità? Occorre - continua Ire-
neo – riferirsi all'autorità dell'insegnamento delle Chiese più antiche, la cui sede
episcopale risalga direttamente ad un apostolo. Tra queste spicca la Chiesa di Ro-
ma, che possiede «la più alta autorità», perché «fondata [...] dagli apostoli Pietro e
Paolo». Perciò è necessario che tutte le altre Chiese «si accordino» con la Chiesa
di Roma12.
9
Una parte delle sue opere è andata perduta. Rimangono: Contro le eresie; Dimostra-
zione della predicazione apostolica; e Frammenti.
10
Ireneo, Contro le eresie III, 16, 6; IV, 18, 5.
11
Ibidem II, 28, 2; cf III, 1; 11, 8.
12
Ibidem III, 3, 2.
Cap. V - La Chiesa dei martiri: la vita intellettuale 35
Ireneo pone una pietra miliare anche per lo sviluppo della teologia mariana,
mostrando quale posto occupa la Vergine Maria nella storia della salvezza.
«Nel Cristo che nasce da Maria è l'umanità intera che rinasce alla vita. La
solidarietà esistente tra Cristo e gli uomini porta a questa conseguenza: il conce-
pimento e la nascita di Gesù sono già la rigenerazione anticipata degli uomini»13.
Pertanto la Madre che genera il Cristo è la stessa da cui gli uomini vengono genera-
ti: Maria, con la sua obbedienza di amore, è il seno dell'umanità rinnovata in Gesù.
Tra la fine del II sec. e gli inizi del III, nella grande e colta città di Alessan-
dria d'Egitto, il cristianesimo, venuto dall'ambiente giudaico, integra e sviluppa il
meglio della cultura greca. Alessandria, seconda città dell'impero, si presenta come
il centro della cultura cristiana, mentre Roma come il centro d’unità del mondo
cristiano.
Ad Alessandria fiorisce una accademia cristiana sotto la guida del vescovo
della città. Ne è iniziatore, nel 180-200, Panteno di Sicilia, filosofo stoico converti-
to al cristianesimo. Gli succede l'ateniese Tito Flavio Clemente (150-215 ca.),
prima ancora di divenire vescovo della città. Con lui abbiamo la prima esposizione
sistematica dell'insieme delle verità rivelate con le loro relazioni reciproche e le
conseguenze che portano nel campo della morale.
A proposito del processo di inculturazione del cristianesimo nel mondo ro-
mano Clemente scrive: come il Verbo incarnandosi si è fatto uno con gli uomini del
suo paese e del suo tempo, in tutto, fuorché nel peccato, diventando ebreo fra gli
ebrei, così : «Con i greci, ci si deve fare greco, per poter conquistare tutti. Si deve
offrire a coloro che ci richiedono la saggezza argomentazioni consuete, affinché
possano pervenire, servendosi del loro stesso patrimonio di idee, in modo giusto e
il più facilmente possibile, alla verità»14. Un discorso vale sempre per
l'"inculturazione" del cristianesimo in tutte le culture.
Ancora più celebre di Clemente è il suo discepolo Origene (185-252/253),
originario di Alessandria d’Egitto. Egli consacra la sua vita all’insegnamento e alla
predicazione ed è ancora giovanissimo quando il vescovo della città gli affida una
scuola di catechesi che sembra essere la prima del genere. In seguito si reca in Pale-
stina e a Cesarea, dopo essere ordinato sacerdote, organizza una grande biblioteca
cristiana. Il suo amore alla croce, imparato dai martiri, è l'elemento equilibratore
13
Ibidem III, 22, 4; cf. IV, 33, 11.
14
Clemente, Stromata I, 15, 3 s; V, 18, 6 s.
36 Storia della Chiesa I
della sua genialità che ha prodotto una vasta e ricchissima è la sua opera, andata
per la maggior parte andata perduta. Origene muore martire dopo aver subito le
torture durante la persecuzione di Decio.
Al centro della sua vita e del suo pensiero, c’è l'imitazione di Gesù e di Ma-
ria. Gesù - egli scrive - è la volontà viva del Padre; quando si eclissa, l'anima è un
deserto; in lui ci sono tutti i beni che l'uomo può sperare e che Dio può dare. E se
Gesù è nato dalla Vergine, la maternità di Maria è il tipo di maternità che deve ave-
re ogni cristiano per generare Gesù in se stesso e negli altri15.
Discepoli di Origene furono Gregorio Taumaturgo (ca. 213-270), grande
missionario, divenuto vescovo di Neocesarea nel Ponto (Turchia) e Dionigi "il
grande" (+ ca. 264), famoso per il suo pensiero sulla fede trinitaria, prima tappa
della precisazione dottrinale operata dal concilio di Nicea.
5. I PADRI AFRICANI.
15
Origene, Omelia sul Cantico dei cantici II, 6.
16
Il "montanismo", movimento spirituale promosso nel 156 ca. in Asia Minore da Mon-
tano, opponeva la Chiesa dello Spirito a quella gerarchica, dimenticando che «nella
Chiesa, tanto l'aspetto istituzionale quanto quello carismatico, tanto la gerarchia quanto
le associazioni e i movimenti di fedeli sono coessenziali e concorrono alla vita, al rin-
novamento, alla santificazione...» (Giovanni Paolo II, ai partecipanti al II colloquio in-
ternazionale dei movimenti ecclesiali, 2 marzo 1987, Osservatore Romano 2-3 marzo
1987, p. 4). La tentazione di opporre questi due aspetti della Chiesa si ritrova spesso
nella storia.
17
Cipriano, L'unità della Chiesa cattolica, 3; Lettere 68, 3; 43, 3.
Cap. V - La Chiesa dei martiri: la vita intellettuale 37
conforme al Vangelo, è fondata sulla fede nella divinità del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo1.
Data la mentalità del tempo - fatta eccezione per grandi vescovi come Ilario
di Poitiers (315-367) e Atanasio di Alessandria (328-373) - il confine che delimita
il potere civile da quello spirituale, cioè la distinzione fra l'istituzione umana
dell'impero e l'istituzione umano-divina della Chiesa, non è sempre chiaramente
rispettato. E è il dramma di questo periodo..
Unificando sotto la sua autorità tutto il mondo romano, l’imperatore pur
diventando cristiano, conserva una dimensione sacra. Infatti, anche se non è più
considerato come un “dio”, appare come l’immagine terrestre della gloria divina.
Una politica di separazione tra Chiesa e Stato, alla maniera moderna, non si
può ancora concepire in questo periodo. Di conseguenza l’Imperatore considera
doveroso interessarsi dei problemi della Chiesa, soprattutto quando essi hanno una
ricaduta sulla pace interna dell’Impero. Prende così l'iniziativa di convocare i
Concili, appoggia con la sua autorità l'attuazione delle loro decisioni, suggerendo
problemi dogmatici o disciplinari da affrontare, ecc.
Tutto ciò comporta una grande confusione fra ciò che appartiene a
Cesare e ciò che appartiene a Dio (cf. Mt 22, 21).
In effetti un’eventuale collaborazione tra i due poteri richiederebbe un
accordo fondamentale sul contenuto della fede, la cui definizione compete solo alla
Chiesa senza l’ingerenza dell’autorità politica.
Nel caso poi che l’Imperatore cessi di essere cristiano, c’è il rischio che egli
torni a perseguitare la Chiesa.
E' quanto si constata durante la crisi ariana2.
Dapprima l'imperatore Costantino convoca e presiede a Nicea il primo
concilio ecumenico (325) e conferma con la sua autorità la condanna della dottrina
ariana affermata dai Padri conciliari. Ma, tre anni dopo, lo stesso l’Imperatore per
ragioni politiche cambia idea: sostiene la dottrina di Ario e manda in esilio il
vescovo Atanasio, grande difensore della fede di Nicea.
Tuttavia in questo periodo, anche se i confini delle diverse competenze non
sono chiaramente delimitati, la Chiesa è fondamentalmente libera nella scelta dei
Vescovi che vengono eletti dal clero e dalla comunità locale, senza l’ingerenza
1
La fede cattolica (380). Cf. Codex Theodosianus XVI, Titolo 10.
2
Ario (di qui il nome di "arianesimo"), sacerdote di Alessandria, insegnava che il Figlio
(il Verbo) non era Dio come il Padre (cf. cap. seguente).
42 Storia della Chiesa I
3. LE ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE
a) La gerarchia
b) Concili e sinodi
3
Tale distinzione non sarà rispettata nel Medioevo "feudale" quando non solo l'autorità
civile interverrà nel campo religioso o quella religiosa nel campo civile, ma ci sarà
confusione di competenze nei responsabili stessi della Chiesa, e molti vescovi, nei
territori della loro diocesi, avranno anche un’autorità civile (sec. VIII-X ed oltre).
4
Dal sec. IV, il termine "diocesi" indica la Chiesa vescovile o Chiesa locale.
Cap. VI - L'impero cristiano 43
5
Si svilupperà in un capitolo a parte lo studio dei primi concili ecumenici (capitolo
seguente).
6
La celebrazione eucaristica verrà in seguito indicata con la parola "messa", che in
origine significava il "congedo" dei catecumeni e dei penitenti.
44 Storia della Chiesa I
religione nazionale di quasi tutti i popoli germanici, dal Danubio al Reno. Soltanto
i Franchi e una buona parte dei Longobardi sfuggono all'influenza dell'ariana.
In Mesopotamia (l’attuale Iraq), sorgono nuove comunità cristiane malgrado
la persecuzione di Shâpur II (310-380) a Edessa (Urfa, in Turchia), a Seleucia-
Ctesifonte, vicino Bagdad (Iraq), a Nisibi, sul lago di Urmia (Iran) ecc. Le
comunità si moltiplicano lungo il Golfo Persico e nel Khorasan (nord-est dell'Iran),
preparando la penetrazione cristiana in Asia Centrale.
Sotto la contrastata influenza dell'impero romano prima e di quello persiano
poi, la Chiesa armena (tra il Mar Nero e il Mar Caspio) si consolida sotto la guida
del vescovo Gregorio Illuminatore (280-290) e grazie anche alla conversione del re
Tiridate (280 ca.).
Il cristianesimo penetra anche nell'Azerbaigian, a est dell'Armenia. Una
prigioniera cristiana, Nina, dà origine alla Chiesa georgiana (330 ca.). Ci sono
comunità cristiane anche nei paesi arabi, guidate dal monaco Mosè, vescovo di
Faran, nella penisola del Sinai (374 ca.).
E' bella la storia di due giovani di Tiro (Libano), Frumenzio e Edesio.
Partiti per esplorare e far commercio in India, fatti poi prigionieri dai pirati durante
il ritorno e venduti come schiavi alla corte del re di Etiopia, Aksum. Essi
convertono il re e ritrovano la libertà. Sulla via del ritorno in patria si fermano ad
Alessandria per informare il vescovo Atanasio. Questi consacra Frumenzio
vescovo e lo manda a organizzare e sviluppare la Chiesa da lui fondata. Nel sec. V
il popolo etiope sarà quasi totalmente convertito alla fede.
1
Origene, Omelia su Geremia 4, 3 .
2
Girolamo, Vita di Malchus, in Patrologia latina, 23, 55 B.
48 Storia della Chiesa I
2. SANT'ANTONIO, IL GRANDE
3
"Ascesi", dal greco "askesis", esercizio morale, con la pratica non solo dei comanda-
menti, ma anche dei consigli evangelici (Mt 19, 12.21; Fil 2, 8).
4
Cf. Girolamo, Vita di Malchus, in Patrologia latina, Lettera 22.
Cap. VII - Origine e sviluppo del monachesimo 49
vorevole. I primi monaci eremiti si installano prima vicino alle città e ai vil-
laggi, poi si ritirano nel deserto per facilitare l’ascesi e la solitudine con Dio.
Tra gli altri ricordiamo San Antonio il Grande (251 – 355), per la
sua fama di santità, viene considerato "il padre dei monaci".
Antonio proviene da una famiglia di contadini della regione di Men-
fi a sud del delta del Nilo. Nato nel 251 circa, cristiano di nascita e già mol-
to religioso, egli si converte alla vita perfetta verso i 18 o 20 anni, quando,
entrato in chiesa, sente leggere le parole di Gesù al giovane ricco: «Se vuoi
essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un te-
soro nel cielo; poi vieni e seguimi» (Mt 19,21). Lasciando tutto, Antonio
vive dapprima come solitario, non lontano dal villaggio nativo, per poter
approfittare dei consigli di un anziano più esperto; poi, per circa 20 anni, si
ritira in un fortino romano abbandonato fra il Nilo ed il Mar Rosso; alla fine
si inoltra nel deserto, presso un pozzo dove erige una celletta (oggi vi sorge
un monastero abitato da monaci copti*). Muore quasi centenario nel 356.
Antonio conduce una vita povera ed ascetica, vissuta nella preghiera
e nel lavoro. Sempre in dialogo con il Signore, aiutato dalla recitazione del-
la Scrittura, specialmente dei salmi, prolunga la sua contemplazione in lun-
ghe veglie; lavora l'orto per avere di che mangiare e mortifica il corpo con la
padronanza perfetta delle passioni. Con Antonio il dialogo con Dio diventa-
va spesso un dialogo con gli uomini, perché la sua porta era sempre aperta a
chi aveva bisogno.
In seguito egli accoglie presso di sé qualche discepolo, esercitando
così la paternità spirituale che è una delle caratteristiche della vita con-
sacrata. Antonio si reca a visitare anche i suoi primi discepoli che a loro
volta hanno costruito le loro celle nelle rocce ai margini della valle del Nilo.
Riceveva la visita di un numero sempre più rilevante di persone, che vengo-
no a chiedere preghiere, guarigione o consiglio, ed anche di pellegrini "con-
tagiati" dal suo esempio, ma anche i vescovi, come Atanasio di Alessandria,
consapevoli che il loro apostolato trovava nella vita di questo Padre del de-
serto fiumi di sapienza.
L'amicizia tra Antonio e Atanasio è significativa della funzione
ecclesiale esercitata dai monaci cristiani. Solo due volte Antonio esce dal
deserto per andare ad Alessandria, ma sempre per motivi apostolici: la pri-
ma volta, durante la persecuzione di Diocleziano, va a sostenere i confesso-
ri, esponendo se stesso al martirio; la seconda, nel più vivo delle lotte aria-
ne, porta al vescovo l'appoggio del suo prestigio personale per aiutarlo a di-
fendere la verità della fede.
50 Storia della Chiesa I
3. I GRUPPI DI ANACORETI
Già durante la vita di Antonio e ancor più dopo la sua morte, il mo-
nachesimo si diffonde nel mondo cristiano, arricchendo la Chiesa di una
forma nuova di vocazione alla santità.
Poco a poco questa forma si organizza con il raggruppamento di
monaci, reso necessario per le imprudenze ed esagerazioni commesse per
osservare l’ascesi: questa soluzione favoriva l’equilibrio fra solitudine e vita
comune, i due poli della vita umana.
In queste colonie di monaci ciascuno vive, lavora e medita da solo
nella sua cella o nel suo giardino; però tutti si radunano per la preghiera in
comune, sia ogni giorno nelle ore fissate (è questo l'inizio dell'ufficio divi-
no: il breviario), sia ogni settimana per la liturgia solenne del sabato sera o
della domenica. Quelli che sono giudicati degni e capaci di una più grande
solitudine si riuniscono più raramente.
I monaci di questo tempo sono quasi tutti laici; vestono tutti allo
stesso modo: una tunica nera, con cintura di cuoio, e sopra una pelle di pe-
cora o di capra con cappuccio. Inoltre il numero dei sacerdoti nei monasteri
maschili è limitato al necessario, solo cioè per assicurare il servizio divino.
La sapienza dei monaci dell'Egitto ci è stata trasmessa dai racconti
dei visitatori, dalle diverse "vite", dalle "Istituzioni" e "Conferenze" (420
ca.) di Giovanni Cassiano, monaco di origine rumena, abate di San Vittore
di Marsiglia (Francia), dalle raccolte di massime o apoftegmi,5 in cui tutta la
spiritualità si riassume in un aned-doto, in una frase. Così il motto del santo
abate Arsenio (350ca.-445), diacono di Roma, ritirato nel deserto di Scete,
in Egitto: «Fuggi, taci, stai tranquillo!»6.
5
"Apoftegma", voce greca significante: sentenza, motto breve e arguto sotto forma spes-
so saporita.
6
In PG, 55, 88 BC.
Cap. VII - Origine e sviluppo del monachesimo 51
Dopo essersi esercitato per sette anni alla vita solitaria, Pacomio fonda, ver-
so il 320, la sua prima comunità a Tabennesi, un villaggio a sud dell'Egitto. In se-
guito fonda altre comunità (nove monasteri maschili e con sua sorella, Maria, due
femminili) e compone per esse una regola, che è la più antica che si conosca.
Cinto da un muro, il monastero pacomiano comprende, con la cappella, una
serie di case fatte per una ventina di monaci ciascuna, sotto l'autorità di un priore;
tutte le case fanno capo all' "abate" che, con il suo assistente, assicura la direzione
spirituale della comunità e il buon funzionamento dei servizi (panificio, cucina,
infermeria...).
Le case delegano ogni settimana il numero di monaci necessario per questi
lavori. La maggior parte della giornata è occupata nel lavoro (servizi, lavoro nei
campi, intrecciatura di giunchi per ceste e stuoie, lavoro del papìro per fogli da
scrivere...). Ogni gruppo di lavoro ha il proprio capo, il quale rende conto all'abate.
Tutto è all'egiziana, come al tempo dei faraoni, i cui sovrintendenti vigilavano sul
lavoro; la differenza sta nel fatto che qui il lavoro si svolge volontariamente.
Pacomio muore nel 346, mentre la sua opera continuava a diffondersi. Gi-
rolamo racconta che a Pasqua, quando i monaci dei monasteri retti dalla regola di
Pacomio venivano pellegrinando a Tabennesi, se ne potevano vedere radunati fino
a 5000. Un numero così alto di monaci fa capire che il monachesimo di Pacomio è
stato una specie di movimento sociale: non era solo il desiderio di perfezione a
muoveva tante persone ad abbandonare il lavoro nelle città, ma la grande umanità
con cui venivano trattati.
7
Cf. Basilio, Regole 37,4, in PG 31, 1014; Epistolario, lettera 97; Costituzioni ascetiche
34,1, in PG 31, 1423-26 (testi citati da C. Lubich, Dove due o tre [... ]. (1976): Scritti
spirituali/3, Città Nuova, Roma 1979, p. 182-184).
8
Questa versione latina della Bibbia è detta "Volgata", dal latino "vulgus", basso popo-
lo, plebe, cioè la Bibbia nella lingua del popolo.
Cap. VII - Origine e sviluppo del monachesimo 53
to vivano in una città tumultuosa come Roma, possono trovare nella castità e nella
vita comune "il deserto". In seguito all’attacco di alcuni membri del clero e della
nobiltà romana, gelosi della sua influenza, Girolamo lascia Roma nel 385, dopo la
morte di Damaso, e si ritira a Betlemme. Qui vive come semplice monaco, occupa-
to nei suoi impegnativi lavori e nella cura del monastero femminile fondato dalla
sua figlia spirituale, Paola.
Girolamo muore nel 419/420, dopo una vita piena di attività, da buon servi-
tore del Vangelo. Aveva scritto: «Leggi? Scrivi? Vegli? Dormi? Sia l'amore
l'unico motivo che il corno pastorale ti fa risuonare continuamente alle orecchie;
sia questo liùto che ti tiene desta l'anima». «Ogni giorno si muore, tutto passa [...
] l'unico vero guadagno che resta è la nostra unità nell'amore di Cristo»9.
Intanto il monachesimo continua ad estendersi in Occidente: in Italia a Mi-
lano con Ambrogio, in Africa, in Spagna, in Gallia con San Martino, che fonda i
monasteri di Ligugé, presso Poitiers e di Marmoutier presso Tours e manda piccoli
gruppi di monaci a evangelizzare le campagne. Nel 400 circa Onorato, più tardi
vescovo di Arles, fonda il monastero dell'isola di Lerino, presso Nizza, che diventa
un centro di attività scientifica e di formazione di ottimi vescovi: poco dopo Gio-
vanni Cassiano fonda a Marsiglia due monasteri, uno maschile, l'altro femminile.
La spiritualità del monachesimo d'Occidente si alimenta sempre alle sue
sorgenti orientali mediante pellegrinaggi ai monasteri dell'Egitto, la traduzione del-
le "vite", degli "apoftegmi" e delle regole. Benedetto da Norcia avrà poi il merito
di dare al monachesimo occidentale equilibrio e originalità con la sua celebre rego-
la (dopo il 534).
I discepoli di questi padri della vita monastica svolgono anche un’attività
apostolica, caritativa e cultuale, ma essa non diverrà mai il primo scopo dell'istitu-
zione monastica che consiste invece nella nella preghiera e nella ricerca
dell’unione con Dio.
9
Girolamo, Lettera a Pammachio, 66,10, e Lettera a Eliodoro, citate da S. Cola, Padri
della Chiesa. Profili, Città Nuova, Roma 1965, p. 181 e 192.
54 Storia della Chiesa I
Nel corso del IV-V secolo, con i grandi vescovi Eusebio di Vercelli, in Pie-
monte, Agostino di Ippona in Algeria e Cesario di Arles, in Francia, si verifica
qualcosa di originale e cioè il ritorno del clero alla vita comunitaria degli apo-
stoli a imitazione dei monaci, anche per reagire alla "secolarizzazione" del clero,
che provilegi e ricchezze indebolivano la loro vita di servizio a Dio.
Nella casa vescovile si provvede anche a far istruire i giovani da parte dei
più anziani, creando così una specie di seminario.
L'esempio di Agostino è particolarmente interessante.
Agostino, dopo il battesimo, abbraccia lo stato monastico e fonda nella sua
città natale di Tagaste, (oggi Souk-Ahras, in Algeria, 388 d.C.), una comunità con
un carattere nolto orignale perché si presentava come un monastero di "intellettua-
li", dove al lavoro scientifico e filosofico si univa quello della vita religiosa, realiz-
zando così, sul piano cristiano, il sogno del filosofo Plotino (sec. III), quello di una
comunità di uomini di pensiero.
Tuttavia questa iniziativa resta, almeno per quel tempo, senza seguito.
Chiamato ad entrare nel clero di Ippona (391), Agostino rinuncia al suo sogno di
una vita di solitudine e di meditazione, ma non all'ideale evangelico. Fatto sacerdo-
te, egli raggruppa attorno a sé un certo numero di chierici; consacrato poi vescovo,
nel 395, fa di questa comunità il monastero vescovile. Agostino aveva capito che
l'unità era la strada evangelica più diretta per trovare Dio e donarlo al suo popolo.
La "regola di s. Agostino" che servirà da modello a numerose riforme della
vita monastica, comincia così: «Al di sopra di tutto, fratelli carissimi, si deve ama-
re Dio e il prossimo [... ]. Lo scopo primo per cui vi trovate radunati in comunità è
quello di abitare unanimi in questa casa, e di avere tra voi un'unica anima e un
unico cuore in Dio»10.
10
Agostino, Lettera 211.
Cap. VIII - I primi concili ecumenici 55
1
Secondo gli "adozionisti" (fine sec. II e inizio del III) Gesù sarebbe stato un semplice
uomo "adottato" come Figlio di Dio.
56 Storia della Chiesa I
Ario non accetta la condanna e molti sono coloro che accettano le sue posi-
zioni. Ad Alessandria ed in altre città orientali scoppiano disordini: nelle piazze,nei
teatri si scambiano ingiurie teologiche. Per riportare la calma, l'imperatore Costan-
tino decide di convocare tutti i vescovi dell’impero in un grande concilio.
Lungo i secoli c’erano stati molti concili locali, ma convocando tutti i ve-
scovo a Nicea (Iznik, a nord-ovest della Turchia) Costantino inizia una nuova isti-
tuzione nella Chiesa: il concilio ecumenico, cioè universale.
All'assemblea conciliare di Nicea partecipano circa 220 vescovi orientali, 5
vescovi occidentali, i 2 legati del papa e lo stesso imperatore. Dopo lunghi e agitati
dibattiti, i Padri conciliari proclamano il simbolo della vera fede, cioè il credo della
Chiesa: il Figlio è «Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non
creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state
create in cielo e in terra [...]».2 La maggiornaza dei vescovi confermano la con-
danna di Ario ad eccezione di due padri conciliari, che non ratificano neppure la
definizione del credo. Essi vengono scomunicati dal concilio e mandati in esilio
dall'imperatore!
Il Concilio di Nicea regola anche due questioni disciplinari: lo scisma di
Melezio, vescovo di Licopoli in Egitto, che ha fatto alcune ordinazioni sacerdotali
irregolari, e la data della festa di Pasqua, decidendo che sarà quella adottata da Ro-
ma e da Alessandria.
La condanna dell'arianesimo non impedisce però il diffondersi dell'eresia in
Oriente che, per quasi tutto il sec. IV, sarà impegnato in violenti contrasti tra ve-
scovi fedeli alla fede di Nicea e vescovi ariani. Quest'ultimi rifiutano il termine so-
stanza perché la parola non si trova nella Scrittura; a Costantinopoli sono loro alla
guida di quasi tutte le chiese. La situazione è resa ancora più drammatica dall'impe-
ratore Costantino che, dopo aver dato il suo appoggio al Credo niceno, cambia at-
teggiamento nel tentativo di riportare la calma nelle regioni orientali. I contrasti in-
fatti si moltiplicano ed Atanasio, vescovo di Alessandria e grande difensore della
fede di Nicea, viene deposto dalla sua carica e mandato in esilio dall'imperatore.
All'inizio del sec. V la Chiesa deve affrontare un nuovo pericolo per salvare
la sua fede e la sua unità. Ora non si tratta più delle relazioni delle tre divine Perso-
ne, ormai chiarite per chi era in comunione con la Chiesa di Roma, ma del modo
con il quale sono unite le due nature, divina e umana, in Gesù, il Figlio di Dio fatto
uomo per noi.
Due sono le scuole di pensiero che si contrappongono: la scuola di Antio-
chia, che mette l'accento sulla distinzione delle due nature; e quella di Alessandria,
che mette l'accento sulla loro unione. Nestorio, vescovo di Costantinopoli (428),
che aveva studiato ad Antiochia, presenta in modo esagerato la dottrina dei suoi
3
Cf. Basilio, Lettera 189,6-8; Gregorio di Nazianzo, Orazione (discorso teologico) 31,
9.15-16; Gregorio di Nissa, Gli attributi comuni (riguardo alle tre divine Persone), PG
45, 177.
4
"Simbolo di Nicea - Costantinopoli", in Denzinger, ibidem 86, p. 42.
5
L'affermazione della processione dello Spirito "dal Padre e dal Figlio" ("Filioque")
rappresenta una presa di coscienza più elaborata del mistero della Trinità e un perfe-
zionamento logico della formula della fede. Il "Filioque" sarà inserito nel "credo" nel
447 dal vescovo Pastore di Valencia (Spagna)- Viene approvato poi dal sinodo nazio-
nale di Toledo nel 589 e professato dai Franchi già nel sec. VIII- In seguito, nel 1014,
viene approvato dal papa Benedetto VIII e confermato dai concili ecumenici di Lione
(1274) e di Firenze (1439).
58 Storia della Chiesa I
maestri e sostiene la separazione delle due nature, rischiando in tal modo l'unità
della persona di Cristo. Di conseguenza Maria non si può chiamare Thetokos, "ma-
dre di Dio", ma solo madre dell’uomo Gesù.
6
Maria, "madre di Dio" (in greco "Theotokos"). Cf. Cirillo di Alessandria, Lettera II a
Nestorio, letta ed approvata dal concilio. In Denzinger, ibidem, 111a, pp. 56-57.
7
"Archimandrita", dal greco "arké", indicante: eccellenza, e "mandra", chiuso, recinto =
capo di un monastero.
Cap. VIII - I primi concili ecumenici 59
8
In Denzinger, ibidem, n. 148, p. 70. "Üpostasis" è la trascrizione della voce greca che
significa "soggetto" (dal greco "upò", "sotto", e "ìstemi", "pongo", "sto"); è usata qui
per precisare il senso di "pròsopon", "persona", in opposizione a "phüsis", "natura":
unione delle due nature (divina e umana) in un unico soggetto personale, il Figlio. Per-
ciò Gesù è «vero Dio e vero Uomo».
9
Tale unione è detta "ipostatica", cioè unione (delle due nature) nell'unica persona (del
Figlio).
60 Storia della Chiesa I
1. LA FIORITURA PATRISTICA
L'era dei grandi Padri della Chiesa comincia con Atanasio, vescovo di Ales-
sandria, la cui opera è rivolta soprattutto alla difesa della fede nicena, in cui si
afferma l'identità di natura del Padre e del Figlio, contro gli attacchi degli ariani.
Atanasio è anche il propagatore dell'ideale monastico con la sua "Vita di sant'Anto-
nio".
Per la sua tenacia nel difendere la verità egli viene esiliato, lontano dalla sua
città episcopale, cinque volte. Il suo amore per gli amici gli fa sentire la presenza
di Gesù in mezzo ai discepoli anche se lontani, ma uniti spiritualmente: «[...] Seb-
bene ci separi la distanza, tuttavia [...] il Signore [...] ci riunisce spiritualmente
mediante la concordia e il vincolo della pace. Mentre abbiamo questi sentimenti
ed eleviamo le medesime preghiere, nessuna distanza ci può dividere poiché il Si-
gnore ci unisce e ci lega strettamente insieme. Infatti, dove due o tre si riuniscono
nel suo nome, egli stesso è presente in mezzo a loro, come ha promesso» (cf Mt
18,20).1
2. Basilio "il Grande" (329 ca.-379), il più classico dei Padri greci
Quando Atanasio muore la guida spirituale dei cattolici orientali passa nelle
mani di Basilio, nativo della Cappadocia e vescovo di Cesarea nel Ponto.2 Già dai
contemporanei egli è chiamato "il Grande". Di buona famiglia cristiana, si prepa-
rava alla carriera di funzionario quando, a 26 anni, sotto l'influsso della sorella Ma-
crina, si converte, chiede il battesimo e poi diventa monaco. Diventerà poi un
grande legislatore del monachesimo greco. Vescovo a quarant'anni (370 ca.), Basi-
lio dovette lottare contro gli attacchi degli ariani. Morì cinquantenne, nel 379, poco
prima della vittoria della Chiesa sull'arianesimo nel concilio di Costantinopoli del
381.
L'opera pastorale di Basilio è ricchissima. L'amore che anima la sua vita
comunitaria fiorisce, esteriormente, in opere caritative che testimoniano la validità
sociale dei principi evangelici: case di ritiri, orfanotrofi, lebbrosari, scuole di arti e
mestieri. Alla periferia di Cesarea fonda tra l’altro una specie di cittadella della
carità.
La teologia trinitaria di Basilio è particolarmente bella, perché è l'espres-
sione dottrinale di una vita evangelica vissuta in profondità. I suoi scritti sono pieni
di esperienza di vita monastica, iniziata nella solitudine con Dio, poi popolata da
1
Atanasio, Lettere X, 2, in PG 26, 1397 - 1398. Citato da C. Lubich, Dove due o tre [...]
(1976), Scritti spirituali/3, Città Nuova., Roma 1979, p. 168-169.
2
Di Basilio abbiamo parlato già nel cap.VII, p. 61, come fondatore di comunità monasti-
che basate sulla vita comune (ndr).
Cap. IX - L'epoca d'oro dei Padri della Chiesa 63
tanti compagni venuti ad unirsi a lui per tendere insieme alla perfezione. Basilio
comprese infatti che la vita cristiana è soprattutto vita comunitaria, vita di amore
scambievole, riflesso della vita trinitaria e scuola di essa.3
Con spirito ecumenico, Basilio tende a unificare in sé i due mondi in con-
trasto, quello orientale e quello occidentale. Sapeva che solo la Chiesa era in gra-
do, grazie all'universalità del Vangelo, di unire e di accordare in unità superiore
quelle due rispettive mentalità che da secoli sembravano inconciliabili. Significati-
vo, a questo proposito, quanto scrive a papa Damaso, pregandolo di andare di per-
sona a visitare le Chiese orientali: «Quello che manca è l'amore; come è possibile -
diceva - che la verità possa trionfare, se tra gli stessi fedeli esistono tanti dissensi e
tanta dispersione di forze?».4
3
Basilio parla della vita divina come "comunità continua e mai interrotta" (Lettere, 38 a
Gregorio Nazianzeno).
4
Basilio, Lettere, 70 a papa Damaso.
5
Gregorio di Nissa, 6^ omelia sulle beatitudini, in PG 44,1263.
6
Ibidem, Della verginità, 2.
64 Storia della Chiesa I
rio, per quanto sposato, per quanto strappato a se stesso e buttato nel mondo o,
anzi, proprio per questo, ha esperimentato l'unione mistica e l'ha espressa in dot-
trina, tanto da venire riconosciuto come il fondatore della teologia mistica».7
7
S. Cola, idem, p.97.
8
Gregorio Nazianzeno, Discorsi 31, 6, in PG 36, 161 C.
9
Ibidem, Orazione 43, 62.
Cap. IX - L'epoca d'oro dei Padri della Chiesa 65
10
Ilario, La Trinità, XI, 20-21.
11
Giovanni Crisostomo, Omelia in 1 Corinti, in PG 61, 54; L'incomprensibilità di Dio, in
PG 48, 752.
12
Ibidem, Omelia in 1 Tessalonicesi, in PG 62, 444; Omelia in 2 Corinti, in PG 61, 516.
66 Storia della Chiesa I
Chiesa dal concilio di Calcedonia. A guardare la sua vita con gli occhi dei prudenti
la si direbbe tutta un'imprudenza. È in questo modo, forse, che Giovanni Criso-
stomo ha raggiunto la santità, seguendo Gesù.
13
Ambrogio, Delle vergini 1,3.
Cap. IX - L'epoca d'oro dei Padri della Chiesa 67
8. Agostino (354- 430) uno dei grandi geni della storia cristiana
Agostino nasce nel 354 a Tagaste (Souk-Ahras, in Algeria), da padre paga-
no e madre cristiana, Monica. Studente brillante, diventa maestro di retorica e ini-
zia contemporaneamente un cammino spirituale di straordinaria ricchezza. Per 9
anni si lascia attirare dal manicheismo*, ma questa esperienza non lo persuade.
Grazie all'influenza di Ambrogio di Milano Agostino trova la luce e scopre la Sacra
Scrittura che lo apre alla comunione con Dio.
Nella notte di Pasqua 387, all'età di 33 anni, riceve il battesimo insieme al
figlio Adeodato (avuto quando era molto giovane) e un amico. Dopo la morte della
madre; Monica, ritorna a Tagaste: conduce vita monastica, si dedica alla preghiera
e allo studio con i suoi amici. La sua nuova vita non rimane inosservata e i cristiani
di Ippona (Annaba in Algeria) gli chiedono di diventare il loro sacerdote (391) e
poi il loro vescovo (395)- Da allora conduce, assieme al suo clero, vita comunita-
ria, esercitando una grande attività pastorale.14 Muore nel 430, mentre i Vandali
assalgono la città.
La storia di Agostino è l'avventura di un uomo alla ricerca della verità che
egli, dopo tante lotte, trova in Gesù, «via, verità e vita» (Gv 14,6). E quando lo trova
Dio può scrivere: «Quanto tardi t'ho amato, o bellezza così antica e sempre nuova!
Troppo tardi t'ho amato!» 15 ed «Il nostro cuore è inquieto, o Dio, finché non ripo-
sa in Te».16
Per Agostino, l'anima ha il suo stare nel seno della Trinità. Come potrà ot-
tenerlo? Per mezzo dell'amicizia con Gesù Salvatore, il fratello per eccellenza.
Facendosi uno con Gesù, si condivide il suo amore filiale del Padre e si rimane con
Lui nel seno del Padre e si impara ad amare tutti. In questo consiste la salita verso
la santità: «E tu, senza la carità, pretenderesti di penetrare i più alti misteri?[...]
Radicatevi, fissatevi nella carità, per venire riempiti di tutta la pienezza di Dio!».17
«Chi ama il fratello adempie la legge [...]. Penso sia questa la perla preziosa di
cui parla il Vangelo [...] la carità, senza la quale, per quanto tu possegga, nulla ti
giova, mentre essa sola ti basta [...]. Ma come dobbiamo esercitarci? Nell'amore
verso i fratelli. Mi puoi dire: Dio non lo vedo; ma puoi forse dirmi: non vedo gli
uomini? Ama i fratelli, perché se avrai amato i fratelli che vedi, vedrai anche Dio,
perché vedrai la carità stessa, e dentro vi abita Dio».18
Nel corso del suo episcopato fa fronte a molteplici impegni del suo ministe-
ro: predica, viaggia, partecipa ad alcuni concili locali, affronta i conflitti con i dona-
14
Vedi cap.VII, pag.55 del testo (ndr).
15
Ibidem, idem: X, XXVII, 38
16
Agostino, Confessioni, Libro I, I,1.
17
Ibidem, Sermone 117, 10, 17.
18
Ibidem, In Giovanni 5, 7. Idem, p. 209.
68 Storia della Chiesa I
tisti, che costituiscono una Chiesa rivale, e la questione sulla grazia con il monaco
Pelagio.
Fra tutti i Padri, Agostino è quello di cui ci resta il più grande numero di
opere dove si mostra pastore e pedagogo. Scrive anche sapienti commenti della
Scrittura, trattati di filosofia e di teologia. Le sue opere più celebri sono: Le Confes-
sioni, una lunga pregheira di ringraziamento a Dio per la sua conversione; il Tratta-
to sulla Trinità; La Città di Dio, una riflessione sulla storia per aiutare i cristiani
scoraggiati per la presa di Roma da parte dei Vandali nel 410. Agostino riesce a
mettere a fuoco una verità che la drammaticità degli eventi non faceva percepire: la
Chiesa, il cristianesimo non sono legati a strutture temporali come l'impero romano,
ma è il cristianesimo ad avere in sé la capacità di vivificare quel mondo nuovo che
stava nascendo con l’incontro coi popoli germanici.
Già dal sec. II-III a.C1 i popoli germanici stanziati nella Scandinavia
(Europa del nord), iniziano un grande movimento migratorio verso il sud
stanziandosi lungo i confini dell’Impero. Di religione pagana o ariana, sono dediti
alla pastorizia e all'agricoltura. Nel V sec. d.C., dietro la pressione degli Unni,
popolazione mongola proveniente dall'Asia centrale, alcune tribù germaniche
irrompono entro i confini romani.
1
A questi popoli appartenevano Angli, Sassoni, Franchi, Burgundi, Vandali, Goti
(Ostrogoti o Goti orientali e Visigoti o Goti Occidentali), Longobardi...
2
Dignità istituita da Costantino. I patrizi avevano il primo rango dopo i Cesari
(imperatori).
Cap. X - La Chiesa e le grandi migrazioni dei popoli nell'Europa 71
3
Orosio, Contro i pagani, Libr. VII, c. 41.
4
Il druidismo era la religione degli antichi Celti, abitanti la Gallia e le isole Britanniche-
5
I missionari celti sbarcarono in Bretagna dalla fine del sec. V in poi: Maclou, Brieuc,
Pol, Samson, Tugdual, Gildas, Lunaire, Ronan, Fracan... Hanno dato il loro nome a
tante città della zona-
72 Storia della Chiesa I
entrambe, guiderà per lunghi secoli, fino al XIII e oltre, la grande politica del
Medioevo.
6
Gregorio Magno, Dialoghi, II, Prologo.
74 Storia della Chiesa I
E’ lui che dà il "la" ai grandi papi del Medioevo, come Gregorio VII (1073-
1085) e Innocenzo III (1198-1216), ma si defisce come il «servo dei servi di Dio»,
considerando il vescovo di Roma come un vescovo in mezzo ai vescovi, di cui egli
è semplicemente il primo, e tutti li invita a : « far fiorire insieme giustizia e libertà
(...). I re delle nazioni sono padroni di schiavi, colui che comanda ai Romani
dev'essere un maestro di uomini liberi. Qualunque cosa fate, rispettate prima i
diritti della giustizia, poi quelli della libertà. Date ai vostri sudditi la libertà che i
vostri superiori vi danno».7
7
Gregorio Magno, Registro delle lettere X, 51.
76 Storia della Chiesa I
GLOSSARIO
CRISTIANO nome dato ai discepoli di Gesù Cristo (cf. At 11, 26). Dal
questo nome derivano le parole "cristianesimo" per
indicare la religione cristiana e "cristianità" per indicare sia
l'essere cristiano di un popolo o di una epoca, sia
l'universalità dei cristiani.
DOGMA voce greca: "ciò che sembra giusto". Verità considerata
rivelata da Dio, ad esempio il "dogma"della Trinità.
DOTTORE
DELLA CHIESA titolo dato ad alcuni Padri della Chiesa e a scrittori cristiani
per l’altezza e la profondità della loro dottrina. L’ultimo
dottore della Chiesa è stata riconosciuta Santa Teresina del
Bambin Gesù per la sua alta dottrina spirituale, denominata
la “piccola via” (1998).
MANICHEISMO religione fondata da Man nel III sec. d.C. alla cui base era
la concezione dell’esistenza di due divinità opposte in
perenne lotta fra loro: il Bene e il Male.
METROPOLITA dal greco "mètros pòlis", "città capitale"; titolo dei vescovi
delle città capoluogo di una provincia ecclesiastica. Nella
Chiesa ortodossa greca è il titolo che spetta a tutti i vescovi.
MONACO voce greca: "solitario" . Religioso che vive appartato dal
mondo o da solo (eremita) o in comunità (cenobita). Dal
questo nome deriva il nome di "monastero", per indicare la
casa dei monaci che vivono sotto la direzione di un
superiore.
SIMBOLO
NICENO-COSTAN=
TINOPOLITANO La formula con le principali verità delle Fede o espresse dai
concili di Nicea e di Costantinopoli (il Credo che si recita
durante la Messa è accettato anche dalle altre principali
Chiese).