Sei sulla pagina 1di 90

ISTITUTO INTERNAZIONALE MYSTICI CORPORIS

Loppiano - Incisa Valdarno

STORIA DELLA CHIESA I


P. Michel Lemonnier O.P.

Corso tenuto da Lida Ciccarelli

Corso di Scienze Religiose e Sociali


1° anno (2017 – 2018)
P. Michel Lemonnier O.P.

(Corso tenuto da Lida Ciccarelli)

STORIA DELLA CHIESA I

Corso di Scienze Religiose e Sociali


1° anno (2017 – 2018)
(pro-manuscripto ad uso interno degli allievi)
INDICE

INTRODUZIONE

PRIMA SEZIONE – CRISTO BUON PASTORE

CAPITOLO I - LA CHIESA DI GERUSALEMME pag. 1

1. All’inizio: una persona ed un evento “ 1


2. La Pentecoste “ 2
3. La vita delle prime comunità cristiane “ 2
4. Organizzazione ecclesiale “ 3
5. Incontri di comunità “ 4
6. Crescita della Chiesa e prime persecuzioni “ 5

CAPITOLO II - LO SVILUPPO DELLA CHIESA (I SEC.) “ 7

1. La diffusione del cristianesimo in Palestina e Siria “ 7


2. Paolo, l'apostolo dei pagani “ 8
3. La crisi giudaico-cristiana e il concilio di Gerusalemme (48-49) “ 9
4. Ultimi viaggi missionari di san Paolo “ 10
5. San Pietro e il primato della Chiesa di Roma “ 11
6. L'impegno di tutta la Chiesa nell'annuncio del Vangelo “ 12

CAPITOLO III - LA CHIESA DEI MARTIRI (I – III SEC.) “ 15

1° ASPETTO: LE PERSECUZIONI “ 15

1. Il mondo romano “ 15
2. Le persecuzioni da Nerone a Diocleziano “ 17
3. Il significato delle persecuzioni “ 20

CAPITOLO IV - LA CHIESA DEI MARTIRI (I – III SEC.) “ 23

2° ASPETTO: LA VITA ECCLESIALE “ 23

1. Ciò che la Chiesa conserva del giudaismo “ 23


2. La Chiesa e la società pagana “ 24
3. Organizzazione ecclesiastica “ 25
Indice - Storia della Chiesa

4. I sacramenti “ 28
5. Estensione territoriale e sociale della Chiesa “ 29

CAPITOLO V - LA CHIESA DEI MARTIRI (I – III SEC.) “ 31

3° ASPETTO: LA VITA INTELLETTUALE - I PRIMI "PADRI DELLA CHIESA" “ 31

1. I padri apostolici. Ignazio, il teologo dell'unità “ 32

2. I padri apologeti. Giustino, filosofo e martire “ 32


3. Ireneo di fronte alla gnosi “ 34
4. La Chiesa di Alessandria, focolare del pensiero cristiano.
“ 35
5. I padri africani. “ 36

SECONDA SEZIONE – CRISTO MAESTRO DI VERITÀ

CAPITOLO VI - L'IMPERO CRISTIANO (IV – V SEC.) “ 39

1. La pace della Chiesa “ 39


2. Un nuovo pericolo: l'ingerenza del Potere Imperiale “ 41
3. Le istituzioni ecclesiastiche “ 42
4. La celebrazione dei sacramenti “ 43
5. I progressi del cristianesimo “ 44

CAPITOLO VII - ORIGINE E SVILUPPO DEL MONACHESIMO (SEC.IV - V) “ 47

1. Origine e natura del monachesimo “ 47


2. Sant'Antonio, il Grande “ 48
3. I gruppi di anacoreti “ 50
4. Pacomio e “la vita comune” “ 50
5. La comunità di san Basilio “ 51
6. Lo sviluppo del monachesimo in Occidente. S. Girolamo “ 52
7. I monasteri vescovili dell'Occidente “ 54
Indice - Storia della Chiesa

CAPITOLO VIII - I PRIMI CONCILI ECUMENICI (IV – V SEC.) “ 55

1. La fede nella Trinità “ 55


2. La fede nel Dio-uomo “ 57
3. Gli altri concili “ 59

CAPITOLO IX L'EPOCA D'ORO DEI PADRI DELLA CHIESA (IV – V SEC.) “ 61

1. La fioritura patristica “ 61
2. Qualche figura di primo piano “ 62

TERZA SEZIONE – CRISTO SOVRANO DEI POPOLI

CAPITOLO X LA CHIESA E LE GRANDI MIGRAZIONI DEI POPOLI


DEI POPOLI DEL NORD (V–X SEC. ) “ 69

1. Evangelizzazione e conversione dei popoli nordici:


organizzazione politica nuova dell’Europa “ 70
2. Due grandi figure dell’Alto Medioevo: il monaco Benedetto
e il papa Gregorio Magno (sec. VI) “ 73

Glossario
INTRODUZIONE I

Conoscere la storia di un popolo con gli avvenimenti che l’hanno segnata, è


conoscere l’identità ed insieme l’apporto specifico che quel popolo ha dato e
continua a dare alla storia umana.
Così per la storia del popolo cristiano, la storia della Chiesa. Conoscerla ed
approfondirla dà una percezione più profonda di cosa vuol dire essere cristiani, di
quale novità si è portatori nella città degli uomini. E come per comprendere la
storia di un popolo occorre conoscere le sue radici, gli eventi fondatori con i loro
protagonisti, così è per la storia della Chiesa.
Il fondatore della Chiesa è Gesù di Nazareth; essa si manifesta poi agli
uomini, quando, a Pentecoste, gli Apostoli cominciano ad annunciare che Gesù,
morto in croce, è vivo: Dio l’ha risuscitato dai morti.
L’eco di quel primo annuncio è risuonata nei secoli fino a noi. La buona
novella trasmessa di generazione in generazione, di popolo in popolo, di civiltà in
civiltà. Si è allargata così la cerchia del popolo di Dio.
Le vicende storiche del popolo cristiano sono fatte di grandi slanci, di
vittorie, di sconfitte, debolezze e divisioni. A pagine luminose si alternano pagine
oscure, tutte però contribuiscono alla comprensione del disegno di Dio sulla
famiglia umana.
Per capire in profondità il cammino della Chiesa lungo i secoli non basta
fermarsi alla descrizione o alla cronaca degli fatti. Occorre un “di più”. Occorre
guardarla con gli occhi di Cristo che ha dato la Sua vita per essa. Solo così
riusciremo a scorgere dietro la trama degli eventi il motore nascosto che la guida e
la spinge in avanti: lo Spirito Santo (cf. LG 4).
Lo Spirito Santo è infatti il vero protagonista della Chiesa, che la fa
avanzare su un doppio binario: quello del confronto costante con il Vangelo per
“riformarsi” quando è necessario, e quello del dialogo con il mondo per poter
rispondere alle attese degli uomini di ogni tempo.

Da più di un decennio è terminato il secondo millennio della storia cristiana.


I cristiani, durante questi secoli, partiti dalla Palestina sono arrivati fino agli ultimi
confini della terra per annunciare il Vangelo a tutte le genti.
Un “viaggio” lungo, affascinante e complesso. Gli storici, per facilitarne la
comprensione, lo suddividono in tre grandi tappe:
1. l’età antica (I -V sec.): è il periodo della cristianità greco-romana,
sviluppatasi nell’Impero romano;
2. l’età medievale (VI al XV sec.) durante la quale della Chiesa svolge una
grande azione di evangelizzazione e di civilizzazione tra i popoli nordici e slavi
dando vita alla cosiddetta cristianità medievale;
3. l’età moderna e contemporanea (XVI - XXI sec.): è un periodo di
grandi cambiamenti - riforma luterana; grandi viaggi missionari; confronto con la
II Introduzione

modernità – durante il quale la Chiesa diventa davvero “universale”, aprendosi


sempre più alla bellezza di ogni popolo e cultura.

Per questa materia – vista la sua vastità - sono previsti due Corsi.
Il primo focalizza l’attenzione sul primo millennio e in particolare sui
primi cinque secoli. Essi sono determinanti per il successivo sviluppo della
Chiesa. I cristiani di questo periodo affrontano, infatti, grosse sfide come la fedeltà
al messaggio di Gesù in un mondo che non li comprende, il rapporto tra autorità
religiosa e autorità civile, l’ incontro con nuove civiltà. Le risposte che trovano
sono di luce anche nei secoli seguenti, costituendo un patrimonio straordinario. In
questi secoli la Chiesa si mostra capace di dialogare con il mondo senza per questo
perdere la propria identità.
Il secondo è dedicato al secondo millennio della storia cristiana. E’ un
periodo ricchissimo di eventi e di grandi trasformazioni che sfoceranno, nella
seconda metà del XX secolo, nel Concilio Vaticano II, un evento di grande
portata che segna profondamente la vita della Chiesa nel mondo contemporaneo.
Sia il primo che il secondo Corso sono suddivisi in sezioni. Ognuna di esse
si apre con una raffigurazione di Gesù. Ogni epoca crea infatti il “suo Gesù” a
seconda della comprensione e dell’incidenza del messaggio evangelico nella società
e della profondità della pietas cristiana. Queste raffigurazioni ci permettono di
intravvedere come un determinato periodo abbia penetrato il mistero di Gesù e di
conseguenza quello della Chiesa.
CRISTO, BUON PASTORE

L’immagine più caratteristica di Cristo dei primi secoli è quella del Buon
Pastore.
Questa illustrazione è un affresco che risale al III secolo e si trova nelle
catacombe di Priscilla a Roma. Essa indica l’autorità di Cristo come pastore
divino di tutti i popoli: come il popolo ebraico sa di essere protetto dal suo Pastore
divino (cf. Sal 22,1), così i primi cristiani sperimentano durante le persecuzioni la
forza e la protezione del loro divino pastore: Gesù.
La figura del Buon Pastore non esprime perciò la fuga dal mondo,
rappresenta piuttosto la certezza della giovane Chiesa di non essere abbandonata
dal suo Signore, pur in mezzo a tante difficoltà.
Cap. I - La Chiesa di Gerusalemme 1

LA CHIESA DI GERUSALEMME
(I SEC.)

Dopo la morte e resurrezione di Gesù, il giorno della pente-


coste giudaica si forma la prima comunità cristiana di Gerusa-
lemme. E’ una comunità nuova, caratterizzata dalla fedeltà
all’insegnamento degli apostoli, dalla carità fraterna,
dall’Eucarestia e dalla preghiera.
Presto il gruppo si allarga, prendendo distanze dal giudai-
smo, non senza affrontare grosse difficoltà.

1. ALL’INIZIO: UNA PERSONA ED UN EVENTO

Quando si parla dell’inizio della storia della Chiesa, il riferimento va subito ad


una persona: Gesù di Nazareth, il Cristo.
La sua vicenda è ben nota ed è tramandata soprattutto nei quattro vangeli di Mat-
teo, Marco, Luca e Giovanni. Essa costituisce il centro di tutto ciò che sarà detto e fatto in
seguito.
Un gruppo di uomini, diverso per estrazione sociale, ma culturalmente unito
dall’appartenenza al popolo di Israele, ha vissuto con Gesù un’esperienza unica, irripetibi-
le. Il fascino della sua persona, le sue parole e le sue azioni facevano pensare alla realizza-
zione di un’attesa religiosa e politica che permeava la cultura di Israele: l’avvento del Re-
1
gno di Dio. Ma, nella primavera dell’anno 30 d.C. , Gesù muore crocefisso fuori le mura
di Gerusalemme. Tutto sembra crollare: un vinto non può essere l’invitato di Dio!
E tutto, forse, sarebbe finito lì se il gruppo degli apostoli, il giorno della Penteco-
2
ste giudaica , non avesse annunciato alle genti, convenute a Gerusalemme, che Gesù cro-
cefisso, era vivo. Dio l’aveva risuscitato dai morti. Egli era davvero l’inviato di Dio, il
Messia, il Salvatore!

1
d.C. = dopo Cristo ; a.C. = avanti Cristo. Nell'area culturale dell'impero romano si con-
tavano gli anni dalla fondazione di Roma; a partire dal VI sec. si incomincia, invece, a
contare gli anni dalla nascita di Cristo.
2
"Pentecoste", parola greca che significa "cinquantesimo". Era una festa della tradizione
ebraica che si celebrava 50 giorni dopo la Pasqua; ricordava la manifestazione di Dio a
Mosé sul Monte Sinai con il rinnovo dell'alleanza tra Dio e il suo popolo (cf. Es 20, 2-
18).
2 Storia della Chiesa

2. LA PENTECOSTE

Gli Atti degli Apostoli3 narrano che il giorno della festa di Pentecoste lo Spi-
rito Santo discende sugli apostoli, riuniti con Maria e le donne, nel Cenacolo (cf.
At 1,13-14; 2, 1-4) e li trasforma spingendoli ad annunciare i grandi eventi che ave-
vano vissuto.
La festa giudaica aveva attirato a Gerusalemme una grande folla. È lì che
Pietro, per primo, si rivolge alla gente, rendendo testimonianza della risurrezione di
Gesù e invitando i suoi uditori a convertirsi. Pietro è ascoltato da molti Giudei della
Palestina ma anche della “diaspora”,4 venuti a Gerusalemme in pellegrinaggio e da
Greci e Romani residenti a Gerusalemme.
L’annuncio degli apostoli ottiene subito una grande risonanza e quel giorno
circa “tremila persone vengono battezzate”.

Secondo la tradizione questo giorno segna l’inizio della storia della Chiesa,
il momento cioè nel quale gli apostoli riconoscono l’adempimento della promessa
di Gesù: lo Spirito Santo sarebbe sceso su di loro rendendoli consapevoli della loro
missione di annunciare il Vangelo a tutte le genti (cf. Mt 28,19).
La Pentecoste rappresenta dunque un inizio, l’origine della presenza dello
Spirito Santo che accompagnerà tutta la storia della Chiesa e la condurrà a cercare
vie sempre nuove per portare la buona Novella a tutti i popoli, fino ai confini della
terra (At 1,8).

3. LA VITA DELLE PRIME COMUNITÀ CRISTIANE

In un primo momento i Dodici stessi e i cristiani, venuti dal Giudaismo,


continuano a partecipare alla vita religiosa del loro popolo, ma dimostrano una
mentalità molto diversa da quella degli «scribi e farisei». Questi erano attenti
all’esteriorità, all’osservanza rigida della Legge e dei costumi ed erano chiusi ad
ogni novità. I cristiani si mostrano, invece, attenti alla carità e alle disposizioni del
cuore con la conversione continua al vangelo. Contemporaneamente si prodigano a
vivere la carità e ad allargare la fraternità con le persone tradizionalmente escluse
dalla comunità giudaica come i samaritani e i soldati romani.

3
Gli Atti degli Apostoli, scritti dall’evangelista Luca, sono un testo di fondamentale im-
portanza per la conoscenza della Chiesa dei primi tempi. Altri documenti importanti so-
no le Lettere di Paolo e degli altri apostoli; alcuni scritti giudeo-cristiani come la Dida-
chè e quelli dei Padri apostolici più o meno contemporanei degli apostoli. Ricordo anche
gli scritti di alcuni storici come Tacito, Svetonio e in particolare Eusebio di Cesarea.
4
"Diaspora", parola greca che significa "dispersione". Si dice dei giudei emigrati nel
mondo, fuori dalla Palestina.
Cap. I - La Chiesa di Gerusalemme 3

Pur rimanendo fedeli alle pratiche religiose del popolo giudaico, i primi cri-
stiani sono dunque consapevoli di formare una comunità nuova caratterizzata dal
seme dell’universalismo evangelico che raggiunge tutti i popoli.
Raccontando le vicende della prima comunità di Gerusalemme Luca dice
che i primi cristiani sono «assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e
nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2, 42), indican-
do con ciò le caratteristiche fondamentali della Chiesa5.
- la prima caratteristica riguarda l’apertura del cuore e della mente alla Parola di
Dio trasmessa dagli apostoli e dai loro successori, i vescovi e i loro collaborato-
ri: è “l’obbedienza alla fede” che costituisce la porta d’ingresso alla Chiesa per
conoscere la verità e crescere nella carità.
- la seconda caratteristica riguarda l’apertura dell’anima all’amore fraterno. Si
tratta di essere fedeli al comandamento nuovo dell’amore scambievole (Gv
13,34) con tutto ciò che comporta umiltà, pazienza e generosità per mettere a
disposizione degli altri i beni materiali e spirituali.
- la terza riguarda l’apertura dell’anima all’amore del Padre celeste che si manife-
sta nel Figlio, fatto uomo e cibo per noi. Si tratta della fedeltà all’eucarestia, la
preghiera per eccellenza, e alle altre preghiere, che nutrono l’uomo di Dio per-
ché cresce nella sua amicizia e ne irradia la luce e la gioia con tutti.
Queste tre caratteristiche possono riassumersi in una sola: l’unità, che corri-
sponde alla preghiera sacerdotale di Gesù: «tutti uno» (Gv 17, 21). Di fatto, «la
moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un’anima so-
la« (At 4, 32).

4. ORGANIZZAZIONE ECCLESIALE

L’organizzazione gerarchica voluta da Gesù viene ampliata al servizio della


comunità. Lo sviluppo della vita cristiana è presieduto dai Dodici, designati e sta-
biliti da Gesù come guida alla comunità. Formano un “collegio o ceto stabile”, con
«Pietro a capo».6
All’inizio, gli Apostoli hanno cura di tutto: predicazione, battesimo, eucari-
stia, organizzazione e guida della comunità, raccolta e distribuzione delle offerte,
ecc. Ben presto, però, capiscono che devono dedicarsi prima di tutto alla preghiera

5
La parola «Chiesa» designa in un primo tempo la comunità di Gerusalemme, poi viene
applicata alle diverse comunità locali che si costituiscono ad immagine della Chiesa-
madre di Gerusalemme (cf. At 8, 1).
6
LG 19.
4 Storia della Chiesa

e all’annuncio del Vangelo. Scelgono quindi «sette uomini di buona reputazione» ,


per l’incarico della distribuzione dei beni nelle comunità (cf. At 6,4). Sono il germe
dei futuri diaconi.
Di fronte, poi, al rapido sviluppo della Chiesa, gli Apostoli, scelgono perciò
dei collaboratori (presbiteri o anziani) che sotto la loro autorità siano responsabili
delle comunità che via via vengono fondate.
Un fatto nuovo avviene nella comunità di Gerusalemme. Gli apostoli Pie-
tro, Giacomo e Giovanni, presi da altri impegni, non conservano la direzione della
Chiesa di Gerusalemme, ma scelgono Giacomo «il giusto», cugino di Gesù, come
vescovo.7 La scelta di Giacomo segna l’inizio della successione apostolica poiché
la missione divina affidata da Cristo agli Apostoli doveva durare fino alla fine dei
secoli (Mt 28, 20).8
Troviamo già alle origini della Chiesa la celebrazione dei grandi riti comu-
nitari: il battesimo, gesto di incorporazione a Cristo e al suo Corpo mistico; la
frazione del pane cioè l’Eucaristia, l’imposizione delle mani da parte
dell’apostolo, (la Cresima), come culmine dell’iniziazione cristiana che trasmette ai
battezzati i doni dello Spirito Santo. Con lo stesso gesto dell’imposizione delle ma-
ni da parte dell’apostolo e del collegio dei presbiteri si trasmettono gli ordini sacri
e l’unzione degli ammalati.

5. INCONTRI DI COMUNITÀ

Per crescere insieme nella vita nuova ricevuta da Gesù, i primi cristiani si
radunano nel tempio e nelle case private, non avendo ancora edifici propri per il
culto. La «camera alta», al piano superiore, più vasta, è particolarmente adatta per
questi incontri numerosi. I raduni vengono fatti “ogni giorno” anche tardi la sera,
dopo il lavoro, specialmente il sabato sera, vigilia del «giorno del Signore«, giorno
della risurrezione (At 20, 7).9

7
Cf. Eusebio, In Storia Ecclesiastica II, I, 2; Eusebio,scrittore greco è il primo storico
della Chiesa (265 ca.-340); diventerà vescovo di Cesarea di Palestina.
Teniamo presente che Giacomo «il giusto» è distinto sia dall’apostolo Giacomo fi-
glio di Alfeo e detto il «minore», sia dall’apostolo Giacomo , figlio di Zebedeo e
detto il «maggiore».
8
Cf. LG 20. A partire dal II sec. l'episcopato prenderà uno stile "monarchico" in quanto
l'autorità risiederà nelle mani di uno solo. Però l'ultimo concilio, pur riconoscendo l'
"autorità propria" dei vescovi sulle Chiese particolari a loro affidate (LG 27), mette
nuovamente in rilievo la "natura collegiale dell'ordine episcopale", secondo la tradizio-
ne antica della Chiesa, nella linea comunitaria del collegio apostolico (LG 19, 22-23).
9
Il "giorno del Signore" (in latino: "dies Domini", "dies dominica" = "domenica") co-
minciava il sabato sera, secondo il costume dei giudei per cui il nuovo giorno inizia
dopo il tramonto, cioè la vigilia.
Cap. I - La Chiesa di Gerusalemme 5

Da ciò che dicono gli Atti, possiamo farci un’idea di come questi incontri si
svolgono. Ritroviamo in ordine liturgico le componenti della Chiesa apostolica:
1. L’incontro inizia con l’ «insegnamento degli apostoli» o dei collaborato-
ri, di persona o tramite lettere, una specie di esortazione familiare destinata a forti-
ficare la fede e l’amore dei cristiani. Quello che presiede ricorda le “meraviglie di
Dio” compiute per mezzo di Gesù e invita l’assemblea alla lode di colui che ci ha
tanto amato. A questa prima parte corrisponde la nostra “liturgia della parola”.
2. Dopo, in segno di comunione fraterna, i partecipanti pregano gli uni per
gli altri e per il mondo intero; si raccolgono poi i doni portati da ciascuno: cibo, de-
naro, vestiti... perché siano distribuiti a quelli che ne hanno bisogno. Poi, prima di
comunicare col corpo e col sangue del Risorto, i discepoli si danno a vicenda il
“bacio santo”. Continuiamo questa tradizione con la “preghiera universale”, la
“colletta” o raccolta delle offerte e “il segno di pace”.
3. La “frazione del pane”, cioè la “liturgia eucaristica” richiama il gesto del
Maestro nell’ultima cena. Il pane e il vino vengono trasformati nel corpo e nel san-
gue del Risorto, corpo “dato”, sangue “versato” per tutti gli uomini.
4. L’eucaristia si conclude con alcune “preghiere”, dette dagli apostoli o
dagli anziani che presiedono l’assemblea o da quelli che ne hanno ricevuto il man-
dato. Queste preghiere hanno lo scopo di cementare l’unione dei discepoli con Ge-
sù e tra loro (At 2, 42).

6. CRESCITA DELLA CHIESA E PRIME PERSECUZIONI

La vita nuova cresce, portando molti frutti: le adesioni a Cristo si moltipli-


cano: giudei che riconoscono in Gesù il Messia, Figlio di Dio; pagani che lasciano
l’idolatria o l’ “agnosticismo” per seguire il Dio vivente rivelato da Gesù. E’ un
leit-motiv dei primi tempi della Chiesa: «la parola di Dio si diffondeva e il numero
dei discepoli andava sempre più aumentando» (At 6,7).
La novità non sfugge agli occhi di alcuni giudei convinti della perennità del-
la legge di Mosè e che non credevano alla messianità di Gesù. Prima dei pagani,
sono proprio questi giudei a perseguitare la Chiesa nascente. I sommi sacerdoti, ge-
losi dell’influenza degli apostoli sul popolo, si oppongono al cristianesimo, come
pure i sadducei, ostili a qualunque innovazione;10 per causa loro Pietro e Giovanni
sono arrestati e il diacono Stefano viene lapidato, nel 34 ca.

10
I sommi sacerdoti erano i capi religiosi della comunità giudaica e venivano scelti tra i
sadducei, chiamati così in ricordo di Zadok, sommo sacerdote al tempo di Salomone
nel X sec. a.C. I sadducei provenivano dalle grandi famiglie sacerdotali ed erano i
rappresentanti dell’aristocrazia giudaica.
6 Storia della Chiesa

Nel corso di un’altra persecuzione, nel 62, Giacomo «il giusto», vescovo di
Gerusalemme, è lapidato11 e Pietro nuovamente arrestato (At 12, 1-3).
L’atteggiamento dei farisei è più complesso. Alcuni fra loro si convertono al cri-
stianesimo come Paolo che, dopo aver approvato la lapidazione del diacono Stefa-
no (nel 34), diventa il grande apostolo di Gesù (cf. At 8, 1).
Nel 66, il nazionalismo giudaico raggiunge il suo culmine: la guerra con i
Romani diventa inevitabile. Con Simeone, altro cugino di Gesù e successore di
Giacomo, la comunità cristiana si ritira a Pella, in Trasgiordania rompendo ogni so-
lidarietà con la rivolta dei Giudei:12 il fatto segna il distacco della Chiesa dal giu-
daismo, distacco che si era già delineato con l’assemblea di Gerusalemme, nel
48/49. Nel 70, dopo la rivolta dei Giudei, i Romani prendono Gerusalemme, fanno
strage della popolazione e distruggono il Tempio. Da qui la dispersione della prima
comunità cristiana che, uscendo dalla terra dove era nata, si mette in cammino ver-
so nuove vie e nuovi popoli.

· Quali sono i documenti con i quali possiamo conoscere i primi


tempi della Chiesa?
· Quali sono le caratteristiche della prima comunità cristiana?
· Perché la prima comunità cristiana - la chiesa di Gerusalemme -
è per molti aspetti il modello di qualsiasi comunità cristiana?

11
Cf. Eusebio, Storia Eccl. II, 23, 1-25.
12
Ibidem II, 11; III, 5, 3.
Cap. II - Lo sviluppo della Chiesa nel I sec. 7

LO SVILUPPO DELLA CHIESA


(I sec.)

Il Vangelo si diffonde rapidamente e molte sono le co-


munità che si formano nelle terre della parte orientale del
Mediterraneo. Con il concilio di Gerusalemme (48/49), la
Chiesa prende distanza dalla culla giudaica, non senza dif-
ficoltà. Tra i testimoni della prima ora brillano le figure di
San Paolo e di San Pietro.

1. LA DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO IN PALESTINA E SIRIA

Da Gerusalemme, il Vangelo si diffonde «per tutta la Giudea, la Galilea e la


Samaria» (At 9, 31): dal gruppo disperso in seguito alla persecuzione del 34, nasco-
no i primi missionari della Chiesa come avverrà spesso nel corso della storia. Gesù
ha detto, infatti: «Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra...» (Mt
10, 23); è la croce che mette nuove ali alla Chiesa.

Il diacono Filippo evangelizza la Samaria (At 8,4) e le città del litorale pale-
stinese, mentre Pietro arriva in queste città, dopo Filippo, per confermare nell'uni-
tà ecclesiale le nuove comunità.
L'evangelizzazione del litorale mette la prima comunità cristiana in contatto
con l'ambiente pagano, greco e romano. Il caso di Cornelio, centurione della coorte
italica, è particolarmente interessante (At 10, 1). In effetti la conversione di Cor-
nelio e della sua famiglia ha una portata universale: Pietro capisce che Dio vuo-
le che i pagani siano ricevuti nella Chiesa senza essere costretti ad osservare le pre-
scrizioni della Legge e che lui, Pietro, deve accettare l'ospitalità degli incirconcisi
(cf. At 10, 10-16).
Il centro di espansione del cristianesimo nei primi quindici anni è la Siria
con le grandi città di Damasco e di Antiochia. Infatti Paolo si reca a Damasco per
arrestare i cristiani perché c’era lì una fiorente comunità. Lungo il viaggio avviene
la sua conversione (cf. At 9, 2).
Antiochia è la terza città dell'impero, dopo Roma e Alessandria d'Egitto. Lì
troviamo per la prima volta una comunità importante di cristiani, venuti non sol-
tanto dal giudaismo, ma anche dal paganesimo. Nel 36 o 38, di fronte allo sviluppo
della Chiesa di Antiochia, gli apostoli inviano da Gerusalemme Barnaba per inco-
8 Storia della Chiesa I

raggiare i nuovi discepoli e consolidare con loro la comunione ecclesiale. Ad An-


tiochia, per la prima volta, il nome di «cristiani» viene dato ai membri della
comunità. si tratta, anche, della prima testimonianza dell'esistenza della Chiesa agli
occhi del mondo romano. Infatti lo storico Svetonio fa menzione dei cristiani sotto
il regno dell’imperatore Claudio, negli anni 41-541.
Antiochia diviene ben presto il centro dell'espansione del cristianesimo
nell'ambiente ellenistico pagano, mentre Gerusalemme continua ad esserlo nell'am-
biente giudaico. La città di Antiochia sarà anche il punto di partenza dei grandi
viaggi missionari di Paolo.

2. PAOLO, L'APOSTOLO DEI PAGANI

Di origine giudaica, Paolo nasce nel 5-10 d.C. a Tarso, in Cilicia (sud-est
dell'attuale Turchia), centro commerciale e aperto alle correnti religiose dell'epoca.
A Gerusalemme egli segue la scuola del famoso dottore Gamaliele ed è attratto
dall'ideale dei farisei. Perciò vede nel cristianesimo nascente una deviazione peri-
colosa per il giudaismo, un movimento quindi da perseguitare.
La storia della sua conversione sulla via di Damasco, nel 34 o 36, ci viene
trasmessa dagli Atti (9, 1-19). Tra i neoconvertiti, il ruolo di Paolo è particolare.
Egli afferma di essere "apostolo" nel senso pieno della parola, perché ha ricevuto
direttamente da Gesù stesso i suoi poteri, in vista di una missione universale. Tut-
tavia, pur essendo collocato alla pari dei Dodici, egli cercherà sempre l'unità con
Pietro e gli altri per non trovarsi nel rischio di «correre o di aver corso invano» (Gal
2, 2).

La personalità di Paolo è particolarmente ricca. Egli porta nell'apostolato


l'ardore della sua fede, la ricchezza della sua sensibilità, la sua forza di volontà, la
sua acuta intelligenza, l'abilità del suo parlare e, soprattutto, una carità senza limiti.
Tre grandi intuizioni guidano questa forte personalità:
- l'unità del disegno di Dio nella salvezza in Cristo,
- il primato dello Spirito sulla Legge,
- la libertà di chi vive da figlio di Dio.
Dal gruppo missionario di Antiochia parte la prima missione di Paolo, in-
sieme con Barnaba (tra il 45/48). I due apostoli si imbarcano per Cipro, poi rag-
giungono l'Asia Minore (l'attuale Turchia). Si rivolgono prima all'ambiente giudai-
co: predicano nelle sinagoghe di sabato, sforzandosi di dimostrare con le Scritture

1
Cf. Svetonio, Le vite dei dodici Cesari, XXV, 4).
Cap. II - Lo sviluppo della Chiesa nel I sec. 9

che Gesù è il Messia atteso da Israele. I due missionari fondano varie comunità lo-
cali, attorno a presbiteri che ordinano per mezzo dell'imposizione delle mani, come
si era fatto a Gerusalemme e ad Antiochia.
Non mancano le difficoltà: a Listri i pagani scambiano sia Paolo che Barna-
ba per divinità pagane. Ma è soprattutto nell'ambiente giudaico che i due apostoli
incontrano le più grosse difficoltà ed incomprensioni rischiando anche di essere la-
pidati. Il dramma del rifiuto del Vangelo da parte dei giudei spinge Paolo a rivol-
gersi sempre di più verso i pagani, abbandonando così l'argomentazione del com-
pimento delle profezie per richiamarsi, invece, all‘amore di Dio verso tutti gli uo-
mini.

3. LA CRISI GIUDAICO-CRISTIANA E IL CONCILIO DI GERUSA-


LEMME (48-49)

Nel 48, Paolo ritorna ad Antiochia con Barnaba, dove informa la comunità
dei risultati ottenuti fra i pagani in Asia Minore e delle nuove prospettive che si
aprono. I pagani convertiti non sono costretti alle osservanze giudaiche e, partico-
larmente, alla circoncisione: è il caso del giovane Tito che Paolo aveva portato con
sé. Ma, poco dopo, «alcuni, venuti dalla Giudea» turbano la comunità di Antiochia,
insegnando che la circoncisione è obbligatoria per tutti. Paolo e Barnaba si oppon-
gono a queste pretese. Data la gravità del problema, la comunità di Antiochia man-
da Paolo, Barnaba e Tito a Gerusalemme per decidere su tale questione (cf. At 15).
A Gerusalemme sono ricevuti dagli apostoli e dagli anziani. Incomincia il
dibattito. Alcuni cristiani di tradizione farisea difendono la tesi della circoncisione
obbligatoria anche per i pagani che si convertono. Pietro, a nome degli apostoli, e
Giacomo, a nome degli anziani, decidono sul piano dottrinale per la tesi di Paolo: è
la fede in Gesù che salva, non le pratiche della Legge. Tuttavia per favorire una
maggiore unità tra i due gruppi, quello formato da cristiani convertiti dal paganesi-
mo e quello formato da cristiani venuti dal giudaismo, essi propongono sul piano
disciplinare un compromesso: i cristiani convertiti dal paganesimo si adattino a pra-
ticare alcune osservanze mosaiche, la cui trasgressione turberebbe gravemente la
coscienza giudaica: si astengano dalle carni immolate agli idoli,2 dal bere il sangue
degli animali sgozzati, dal mangiare la carne degli animali soffocati, contenenti,
quindi, ancora il sangue,3 e proibite dai comportamenti sessuali disordinati (cf. At

2
Cibarsi di carni immolate agli idoli significava per i giudei partecipare al culto idola-
trico dei pagani (cf. 1Cor 8-10).
3
Per la mentalità giudaica il sangue è simbolo della vita, che appartiene soltanto a Dio.
Perciò non si deve mangiare (cf Gn 9,4; Lv 17,10-12); si mangia cibo "Kasker" (voce
ebraica = "adatto", "puro").
10 Storia della Chiesa I

4
15, 28-29; Lev. 18,6-18) . Paolo e Barnaba ricevono l'incarico di trasmettere ai cri-
stiani di Antiochia questa decisione che è di capitale importanza perché segna lo
svincolamento del cristianesimo dal contesto giudaico.

4. ULTIMI VIAGGI MISSIONARI DI SAN PAOLO

Nell'autunno del 49 o 50, Paolo intraprende un secondo viaggio missionario


attraverso la Siria, l'Asia Minore, la Macedonia e l'Acaia (Grecia). I missionari vi-
sitano le comunità già esistenti e fondano nuove comunità, specialmente a Corinto,
il porto cosmopolita dove vivono duecentomila uomini liberi e quattrocentomila
schiavi e dove Paolo si ferma un anno e mezzo, nel 50–52, mescolato alla povera
gente, dedicandosi alla tessitura delle tende in casa di Aquila e Priscilla e predican-
do Gesù a tutti. Durante il soggiorno a Corinto, egli scrive le due lettere ai Tessa-
lonicesi.
Nella primavera del 53, Paolo riparte per un terzo viaggio missionario.
Questa volta la meta della sua missione è Efeso, dove si ferma due anni e tre mesi,
dal 54 al 57. Efeso, sul mare Egeo, è una città magnifica che si estende attorno al
tempio di Artemide (Diana). Se qui Paolo convince alcuni ad aderire a Cristo, deve
tuttavia soffrire e lottare a causa dei «falsi fratelli». A Efeso egli scrive le sue lette-
re più belle, le lettere ai Filippesi, la prima lettera ai Corinzi e quella ai Galati.
Paolo deve lasciare bruscamente Efeso, perché un fabbricante di tempietti di
Artemide suscita un grande tumulto contro i cristiani, colpevoli di disturbare il suo
commercio. Paolo parte per la Macedonia (verso la fine del 57) da dove invia ai
Corinti una seconda lettera. Poi si reca a Corinto, da dove scrive la lettera ai Ro-
mani, annunciando una visita, diretto in Spagna. Ma prima egli porta a Gerusalem-
me (circa nel 58) il frutto della colletta fatta in Macedonia e in Grecia per la Chie-
sa-madre di Gerusalemme.
Il bilancio della missione di Paolo è straordinario: ha praticamente fondato
la Chiesa in Asia Minore e in Grecia. Ma a quale prezzo! Ma infatti l’opposizione
crescente da parte dei giudei e di alcuni “falsi fratelli” giudeo-cristiani, lo condurrà
all’arresto a Gerusalemme e poi al martirio a Roma (forse nel 67)5.

4
In questo caso, la legge di Mosè sancisce il diritto naturale che interdice matrimonio tra
consanguinei o parenti stretti, e le perversioni sessuali (cf. Lv 18, 6.22-23).
5
Secondo lo storico Eusebio, Paolo fu messo in carcere e ebbe la testa troncata sulla via
Ostiense, nel Campo detto "delle tre fontane", oggi abbazia di Trappisti.
Cap. II - Lo sviluppo della Chiesa nel I sec. 11

5. SAN PIETRO ED IL PRIMATO DELLA CHIESA DI ROMA

Mentre Paolo evangelizzava ed organizzava la Chiesa in Asia Minore, Ma-


cedonia e Grecia, Pietro rimaneva in Palestina, come capo diretto della Chiesa-
madre, aiutato da Giacomo «il giusto». Nel frattempo faceva alcuni viaggi di ispe-
zione ad Antiochia di Siria, poi, lasciato Giacomo a Gerusalemme, si trasferiva a
Roma.
A Roma egli trovava già parecchi cristiani: i giudei emigrati, che erano stati
in pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pentecoste e convertiti dalla sua predi-
cazione, e i romani diventati cristiani. La tradizione parla di un lungo soggiorno di
Pietro a Roma dove subì il martirio, crocifisso, durante la prima persecuzione di
Nerone nel 64 o nel 67. Dietro sua richiesta - dice la tradizione - Pietro fu crocifis-
so con la testa all'ingiù, per umiltà di fronte alla posizione di Gesù crocifisso. Gli
scavi archeologici intrapresi nel 1939 sotto la basilica vaticana hanno rimesso in lu-
ce una necropoli, nella quale si trovano i resti della tomba venerata del Principe de-
gli apostoli7. Nel culto dei cristiani Pietro e Paolo sono rimasti inseparabili.
I tre primi successori di Pietro furono Lino (67-76) Anacleto (76-88) e Cle-
mente Romano (88-97). E' interessante notare che i primi vescovi di Roma sono
coscienti della loro autorità su tutte le altre comunità cristiane.8 Ne è testimonianza
l'intervento di Clemente presso la comunità di Corinto per richiamarla, con autorità,
all'unità.9 L'intervento non viene contestato da nessuno, nemmeno dall'apostolo
Giovanni, ancora vivente a Patmos o a Efeso, non lontano da Corinto. Nel 110 ca.
Ignazio d'Antiochia difenderà il primato della Chiesa di Roma su tutte le Chiese lo-
cali, presentandola come colei che «presiede alla carità».10
L'espressione "papa"11 (già usata per alcuni vescovi nel sec. IV) verrà gene-
ralmente riservata al vescovo di Roma a partire dal sec. VI.

7
Gaio, colto presbitero romano della fine del sec. II scrive: «se tu vai al Vaticano o sulla
via di Ostia, io ti posso mostrare i trofei (le tombe abbellite che ricordano la vittoria dei
martiri) dei fondatori (Pietro e Paolo) di questa Chiesa» (di Roma) (In Eusebio, Storia
eccl. II, XXV, 7).
8
Nella discussione sul primato di Pietro e dei suoi successori hanno avuto un'importanza
di prim'ordine i seguenti testi: Mt 16, 18; Lc 22, 32; Gv 21, 15-16; cf. At 2, 14.37; 5,
29.
9
Cf. Clemente Romano, Lettera ai Corinti, 59, 1 e 63, 2-3.
10
Ignazio d'Antiochia, Lettera ai Romani 1,1.
11
"Papa", dal greco "papas", "padre".
12 Storia della Chiesa I

6. L'IMPEGNO DI TUTTA LA CHIESA NELL'ANNUNCIO DEL VAN-


GELO

I testi del Nuovo Testamento danno sufficienti notizie sulla vita di Pietro,
Giacomo, fratello di Giovanni, e Paolo. Per gli altri apostoli invece abbiamo solo
notizie frammentarie e poco sicure. Eusebio racconta che, dopo la morte di Gia-
como, il mondo da evangelizzare fu suddiviso fra gli apostoli: la Scizia (sul mar
Nero a nord del Danubio) fu affidata ad Andrea, fratello di Pietro; l'India allora co-
nosciuta (attuale Afganistan, Pakistan e nord-India) a Bartolomeo; i Parti (attuale
Iran) a Tommaso; l'Etiopia a Matteo...12 Ad ogni modo non si può pensare che
qualcuno dei Dodici abbia potuto dimenticare l'ordine del Maestro: «Andate e am-
maestrate tutte le nazioni» (Mt 28, 19).
Giovanni, l'apostolo «prediletto da Gesù», presente alla Trasfigurazione e
con Maria presso la croce, è forse rimasto a Gerusalemme fino all'assunzione di
Maria, oppure ha portato Maria con sé a Efeso. Secondo la tradizione, sarebbe sta-
to relegato nell'isola di Patmos, nel mar Egeo, e sarebbe morto a Efeso, avanzato
negli anni, nel 100 ca.13 A Giovanni viene attribuito il quarto vangelo, «il vangelo
spirituale»,14 che mette l'accento sul mistero divino della personalità di Gesù, Ver-
bo di Dio, fatto uomo per salvarci e portarci con sé‚ nell’amore del Padre. Ci sono
anche tre lettere e il libro dell'Apocalisse, forse scritti da discepoli di Giovanni.
All'apostolo Matteo viene attribuito il primo vangelo che mostra il compi-
mento d'Israele in Gesù e nella Chiesa. Marco, compagno di Paolo e di Barnaba,
poi di Pietro a Roma, traccia nel suo vangelo un ritratto vivo del Maestro in mezzo
ai suoi discepoli. Un'antica tradizione dice che Marco avrebbe fondato la Chiesa di
Alessandria d'Egitto16. Luca, il medico, amico e collaboratore di Paolo, è l'autore
del terzo vangelo e degli "Atti degli apostoli". Egli mette in rilievo l'importanza
della preghiera e la preferenza di Gesù per i poveri e gli umili.
Accanto all'opera dei grandi pionieri come Paolo, è bene riconoscere l'im-
pegno di tutta la Chiesa, tramite i molteplici "carismi*" dei discepoli: questi doni di
ciascuno diventavano altrettanti servizi messi in opera per il bene delle comunità
(1Cor 12, 4-11). La vita esemplare dei primi cristiani attraeva gli uomini in modo
silenzioso, ad uno ad uno, con un'adesione cosciente e libera (At 2, 47; 5, 13). Così
la buona notizia di Gesù veniva trasmessa spontaneamente dall'uno all'altro: dai pa-
renti, dagli amici, dai mercanti, dai viaggiatori...

12
Cf. Eusebio, Stor. eccl. III, I, 1.
13
Ibidem III, XXX, 1,3.
14
Clemente Alessandrino, citato da Eusebio, ibidem VI, XIV,7.
16
Cf. Eusebio, ibidem II, XVI
Cap. II - Lo sviluppo della Chiesa nel I sec. 13

Oltre che dal fervore apostolico delle prime comunità, la diffusione del van-
gelo traeva beneficio da un contesto storico e geografico privilegiato: nel mondo
antico, pur in una situazione del tutto diversa dalla nostra, caratterizzata dai mezzi
di comunicazione sociale, la rete delle relazioni umane era piuttosto fitta. Con la
"pace romana", uomini ed idee circolavano liberamente e con facilità. D'altra parte,
essendo nata in ambiente giudeo, la Chiesa si è naturalmente servita delle numerose
comunità giudaiche della "diaspora" come di altrettante tappe per l'evangelizzazio-
ne: di Antiochia, crocevia delle carovane di mercanti fra il mondo romano ed il
mondo orientale; di Efeso, grande porto dell'Asia Minore; di Tessalonica, porto del-
la Macedonia; di Corinto, legame fra l'Egeo e l'Adriatico; di Roma, cuore dell'Im-
pero. Ed è stata proprio l'organizzazione romana a fornire alla Chiesa i suoi quadri
giuridici: la città, la provincia e, più tardi, la diocesi.
Così, prima della fine dell'epoca apostolica,17, la Chiesa conta numerose
comunità in Siria, Asia Minore, Macedonia e Grecia e comincia ad impiantarsi in
Egitto (Alessandria). In Occidente Roma è ancora l'unico centro attestato, con una
comunità formata soprattutto di persone venute dal Medio Oriente. Perciò la lingua greca
fu il primo veicolo del vangelo e sarà per mezzo degli orientali che, nel sec. II, il cristiane-
simo verrà portato nella Gallia (l’odierna Francia) e nell’Africa del Nord.

* * *

· Quale importanza riveste la conversione di Cornelio?


· Perché le decisioni del Concilio di Gerusalemme sono fondamentali
per il futuro del cristianesimo?
· Pietro e Paolo sono considerati “le colonne” della Chiesa: sai dire il
perché?

17
L'epoca apostolica termina con la morte dell'ultimo apostolo, Giovanni, all'inizio del
regno di Traiano, intorno all'anno 100.
14 Storia della Chiesa I
Cap. III - La Chiesa dei martiri: le persecuzioni 15

LA CHIESA DEI MARTIRI


(I – III sec.)

I° ASPETTO: LE PERSECUZIONI

Liberatosi dai legami con il mondo giudaico, il cristia-


nesimo si apre al mondo greco e romano. La società paga-
na non comprende la vita e i costumi dei cristiani e guarda
loro con diffidenza; la persecuzione si abbatta sulla giova-
ne Chiesa che, non vinta, metterà radici profonde grazie al-
la testimonianza e al sangue dei martiri.

1. IL MONDO ROMANO

a) L'impero romano

Quando il cristianesimo si affacciò sulla scena della storia, tutti i paesi


dell’area mediterranea erano sotto il dominio dell'impero romano. Questa unifica-
zione politica aveva fatto crollare le frontiere fra popoli prima nemici e una vasta
rete di comunicazioni marittime e stradali rendeva facili gli spostamenti da una par-
te all’altra dell’impero. Una realtà che permette ad Origene di scrivere nel 248:
«Dio preparò i popoli e fece in modo che l’imperatore dominasse il mondo inte-
ro…perché l’esistenza di molti regni sarebbe stata di ostacolo alla diffusione della
dottrina di Dio sulla terra» (Origene, Contra Celso, II,30).
Roma, la capitale di questo grande impero che contava circa 50 milioni di
sudditi, era divenuta una città prestigiosa per il suo milione di abitanti, i suoi palaz-
zi, i suoi monumenti, i suoi più di 400 templi, le sue piazze. Mancavano però i
luoghi d’espressione dell'amore al prossimo, in cui si avesse cura dei poveri e degli
ammalati;
16 Storia della Chiesa I

b) La religione dei Romani

La religione della civiltà romana si ispirava in buona parte a quella della


Grecia. E come i Greci, anche i Romani erano pagani e credevano alla sopravvi-
venza dell'anima dopo la morte.
Le antiche generazioni greche e romane pensavano che l'anima non si sepa-
rasse dal corpo. Di conseguenza si pensava che la persona, anche dopo la morte,
avesse bisogno di essere nutrita. Così, in certi giorni dell'anno, si metteva del cibo
accanto ad ogni tomba.
I grandi dèi di Roma - Giove, Giunone e Minerva1 - erano d’origine greca,
mentre gli dèi della famiglia - detti Lari o Penati -, dei campi, delle foreste, delle
greggi, ecc. erano di origine italica.
L’abile politica religiosa degli imperatori aveva aperto il Pantheon romano2
alle divinità dei popoli conquistati, permettendo loro di continuare nelle loro tradi-
zioni; nella capitale erano affluiti molti culti e religioni del Medio Oriente, in par-
ticolare quelle dell'Egitto, dell'Asia Minore e della Siria ed anche della Persia.
Dominava su tutto questo mondo religioso il culto dell'imperatore: osser-
varlo era segno di massima fedeltà all’imperatore. Il culto del sovrano, sviluppatosi
in Oriente3, è stato organizzato a Roma dall’imperatore Augusto (63 a.C.-14 d.C.).

c) La società romana

Il grandioso edificio politico-religioso romano nascondeva un grande squili-


brio tra le due classi sociali: i patrizi e i plebei. I patrizi erano nobili che conduce-
vano una vita agita e sfarzosa, mentre i plebei, e cioè contadini, artigiani, piccoli
commercianti, vivevamo poveramente del loro lavoro.
C’erano poi numerosissimi schiavi, presi fra i prigionieri di guerra, sui quali
i padroni avevano diritto di vita e di morte. Erano spesso trattati duramente ed im-
piegati nel lavoro delle campagne, delle miniere o per i combattimenti dei gladiato-
ri.
Intorno al primo secolo d. C. la società romana comincia a vivere una pro-
fonda inquietudine spirituale. Il popolo pur continuando a credere agli dèi li consi-
derava lontani dai problemi della vita umana, mentre le classi colte non vi crede-
vano più. Anche il culto dell’imperatore stava perdendo credibilità. La famiglia
stessa, base dell’edificio politico-sociale romano, attraversava una profonda crisi
indebolita com’era dall’adulterio e dal divorzio. La mancanza di valori morali e re-

1
Giove, capo degli dèi (lo Zeus dei Greci); Giunone (Era), la moglie di Giove, dea del
matrimonio; Minerva (Atena), dea della saggezza e degli artisti.
2
Tempio della Roma antica dedicato a tutti gli dèi dell'impero, poi consacrato alla Ver-
gine Maria e a tutti i santi nel 609.
3
Alessandro Magno (IV sec. a.C.) e i suoi successori avevano imposto atti reli-
giosi nei confronti dei sovrani ellenici; anche ai Faraoni d’Egitto si riservava un
culto religioso.
Cap. III - La Chiesa dei martiri: le persecuzioni 17

ligiosi provocava un certo disagio e spingeva alla ricerca di un contatto più diretto
con la divinità attraverso i culti orientali o alla ricerca del senso profondo della vita
attraverso la filosofia greca.
In questo contesto, al suo primo diffondersi nell’impero romano, il cristia-
nesimo suscita un grande interesse. Il suo messaggio di un Dio che in Gesù viene
sulla terra a condividere la vita umana, un Dio che è un Padre che ci ama e ci fa fra-
telli fra di noi - risponde alle esigenze di tutti: gli intellettuali trovano risposta alle
loro domande e i poveri scoprono finalmente un Dio che ama anche loro!
Nello stesso tempo si guarda ai cristiani con differenza: essi disturbano per
il loro modo di vita, per la loro morale esigenze. Da qui il conflitto aperto con la
società romana che sfocerà poi nelle persecuzioni da parte dell’Impero.

2. LE PERSECUZIONI DA NERONE A DIOCLEZIANO

Dopo la metà del I secolo, circolano attorno alle comunità cristiane forti in-
comprensioni e pesanti calunnie; non solo essi vengono accusati di odiare il genere
umano. Questa accusa permetterà alle autorità romane di far ricadere su di loro la
responsabilità di disastri naturali o di altre tragedie, aprendo la strada al periodo
delle persecuzioni che dureranno quasi tre secoli durante i quali si alternano mo-
menti di tregua e momenti di grande sofferenza.
Di questo lungo periodo possiamo riconoscono tre grandi momenti:
• primo periodo: fino all’anno 100 circa. In questo fase, anche se i cristiani
godono della stessa tolleranza riservata agli ebrei, si svolge a Roma la pri-
ma grande persecuzione nei confronti dei cristiani.
E’ lo storico Tacito che ne parla ampiamente. Nell’anno 64 l’imperatore Ne-
rone fa ricadere sui cristiani la responsabilità dell’incendio doloso di Roma4.
In quell’occasione Nerone fa arrestare e condannare a morte un gran numero
di cristiani. Per dare uno spettacolo al popolo, le loro esecuzioni capitali vengono
effettuate nei giardini imperiali con forme raffinate di supplizio. Tra le tante vitti-
me ci sono anche gli apostoli Pietro e Paolo.
La società romana rimane particolarmente impressionata da questa prima
grande persecuzione e, d'allora in poi, il nome di cristiano diventa sinonimo di per-
sona degna di morte (cf. Mt 5, 11-12) perché considerata "atea" e nemica
dell’umanità5.

4
L'incendio scoppiò ad opera dello stesso Nerone e distrusse i vecchi quartieri - i più
popolari - della capitale. Era, forse, intenzione dell'imperatore costruirvi splendidi pa-
lazzi e monumenti per fare di Roma la più bella città dell'impero.
5
Cf. Tacito, Annales XV, 44.
18 Storia della Chiesa I

• secondo periodo: dal 100 al 250 circa. Il cristianesimo è ormai considerato


una religione autonoma, ma viene perseguitato come religione nemica dello
stato e della società romana. Lo attesta una lettera inviata da Plinio il Gio-
vane, governatore romano in Bitinia, all’imperatore Traiano: il governatore
ammette di aver fatto uccidere persone la cui unica colpa era stata di dirsi
cristiani e di non aver rinnegato la fede. La linea di condotta di Plinio, ap-
provata dall’imperatore, è curiosa nella sua ambiguità. Non bisognava ricer-
care i cristiani, ma quando questi venivano denunciati, se non rinunciavano
alla loro fede, dovevano essere messi a morte. Con molta probabilità questa
era un alinea di condotta molto diffusa in quel periodo.
Durante il regno di Traiano c’è anche il martirio di Ignazio, vescovo
di Antiochia. Ignazio, mentre si recava a Roma per subire il martirio, scrive
sette lettere ad altrettante comunità cristiane, nelle quali parla di altri cri-
stiani che lo hanno preceduto dalla Siria a Roma per dare la gloria di Dio.
In seguito si ebbero numerose persecuzioni soprattutto nelle province orien-
tali dell’impero. Molto dura fu quella al tempo dell’imperatore Marco Aurelio
(161-180), un grande imperatore, ma che vede nella religione cristiana solo uno spi-
rito di contraddizione e stoltezza di visionari6. Fra i martiri di questo periodo tro-
viamo a Roma, nel 165 ca., il famoso filosofo ed apologeta Giustino insieme con
sei compagni e, a Lione, nel 177, il vescovo Fotino, la giovane schiava Blandina ed
una cinquantina di cristiani.
Durante l’impero di Settimio Severo (193-211) ne prende il potere, deciso a
mettervi ordine. Realista com'è, non volendo privare lo stato di uomini capaci solo
perché cristiani, non esita a proteggere certi funzionari dalla rabbia popolare. Tut-
tavia, nel 202, inasprito dalle sommosse ebraiche e diffidando anche dei ceti più
elevati dove si trovava ormai un gran numero di cristiani, emana un editto che vieta
la conversione sia al giudaismo che al cristianesimo: ricevere il battesimo costitui-
sce un crimine punibile con la morte. La persecuzione fa molte vittime in Egitto e
in Africa del Nord.
Segue poi una fase di relativa tranquillità durante la quale la Chiesa può de-
dicarsi quasi indisturbata alla sua organizzazione e penetrare più che nel passato
anche nelle gerarchie dello stato e nella società. Scrive Tertulliano: «Siamo di ieri
e già riempiamo tutto: città, isole, fortezze, municipi, borghi, campi militari... sena-
to, foro... Non vi abbiamo lasciato che i templi»7. Ma alla crescita esterna comin-
cia a non corrispondere la perfezione interiore.

6
Cf. Marco Aurelio, Meditazione XI, 3
7
Tertulliano, Apologetico 37, 4.
Cap. III - La Chiesa dei martiri: le persecuzioni 19

• terzo periodo: dal 250 al 311: è il più duro, ma anche il più decisivo nello
scontro tra impero e cristianesimo.
L’imperatore Decio (249-251) per rendere più salda l'unità dell'impero, nel
250 ordina a tutti i cittadini romani di manifestare la loro adesione alla religione uf-
ficiale per mezzo di un sacrificio e la partecipazione ad un banchetto sacro.
Molti sono i cristiani che rinnegano la fede e sacrificano agli dei, ma più
numerosi ancora sono i martiri soprattutto a Roma, nell'Asia Minore, in Egitto e in
Africa. Fra loro il vescovo di Roma, Fabiano, nel 250.
Con il regno di Valeriano (253-260) ritorna la pace solo per alcuni anni
perché dal 257 in poi vengono di nuovo perseguitati e i loro beni confiscati. Così,
nel 258, a Roma, papa Sisto II, sorpreso nelle catacombe di Callisto a celebrare
l'eucaristia, venne decapitato sul posto, assieme a quattro diaconi; quattro giorni
dopo viene bruciato vivo il diacono Lorenzo e nello stesso anno, a Utica, in Africa,
Cipriano, il grande vescovo di Cartagine, viene decapitato insieme ad un numero
rilevante di martiri.
L’imperatore Gallieno (260-268) segue una politica di tolleranza nei con-
fronti dei cristiani e restituisce loro i beni confiscati.
L’imperatore Diocleziano (284 al 305), scatena invece una grande persecu-
zione. Tra il 303 e il 305 tenta con una violenza mai raggiunta di annientare la reli-
gione cristiana. L'attaccamento di Diocleziano alla tradizione religiosa dell'antica
Roma e il suo ideale di coesione e di unità totalitaria rendono inevitabile l'urto tra
l'impero e la Chiesa. Il preannuncio è dato dall’epurazione dall'esercito: i soldati
vengono messi davanti all'alternativa di sacrificare o di essere espulsi o anche con-
dannati a morte. Ricordiamo i martiri della "Legione Tebea": Maurizio e i suoi
compagni. Successivamente l’imperatore emana quattro editti (303-304):
- con il primo proibisce il culto cristiano con la distruzione le chiese e dei
libri sacri, pena la perdita dei diritti e l'esclusione dalle funzioni pubbliche;
- con il secondo ordina l'arresto dei capi delle Chiese;
- con il terzo ridà la libertà a chi sacrifica agli déi;
- con il quarto impone a tutti gli abitanti dell'impero di sacrificare sotto la
minaccia di supplizi, di deportazioni nelle miniere, di morte. L'unica regione, in
cui non vengono rispettati gli editti, è la Gallia , poiché per spirito di tolleranza, il
prefetto Costanzo Cloro, padre del futuro imperatore Costantino, si rifiutò di appli-
carne le norme.
Nel 305, in seguito ad un accordo, Diocleziano abdica, formalizzando la di-
visione dell’Impero in due parti: quella occidentale e quella orientale. L’imperatore
d’Occidente Costanzo segue una politica tollerante verso i cristiani mentre
l’imperatore Galerio in Oriente si mostra assai duro verso di loro. Prima di morire,
però, riconosce il fallimento della sua politica e pubblica un editto di tolleranza
(311).
In Occidente dopo la morte di Costanzo sale al trono il figlio Costantino che
continua il governo mite del padre e ben presto sarà l’artefice di un cambiamento
20 Storia della Chiesa I

radicale della situazione, con il riconoscimento del cristianesimo come religione le-
cita (313 d.C.).

3. IL SIGNIFICATO DELLE PERSECUZIONI

Le persecuzioni contro i cristiani mettono in evidenza quanto la grande ci-


viltà romana nascondesse un fondo di violenza e brutalità, come attesta in qualche
modo l'argomentazione di Giustino, martirizzato a Roma sotto Marco Aurelio nel
165 ca., rivolta a dimostrare all'autorità imperiale la contraddizione tra la politica
ostile e la condotta onesta dei cristiani.

In fondo i cristiani del tempo ne sono coscienti se uno scrittore del tempo
afferma: coloro che stati coronati sono quelli che hanno lottato contro il male lo e
hanno vinto8.
Le persecuzioni hanno esercitato un’influenza enorme sulla vita della Chie-
sa antica, lasciando tracce profonde. E’ vero che da una parte, per le continue perdi-
te di personalità di rilievo hanno ostacolato lo sviluppo delle comunità ed impedito
una diffusione più rapida, ma è anche vero che hanno aiutato la giovane Chiesa ad
essere indipendente dai poteri civili.
Ma quale il senso del martirio, di questa testimonianza nella quale la nostra
Chiesa si radica? Senz’altro i martiri sono i primi testimoni della libertà di coscien-
za affermata contro un potere totalitario, ma è soprattutto il loro esempio di una
perfetta ed incrollabile imitazione di Cristo fino alla morte, che ha influito sulla vita
religiosa cristiana fino ad oggi. Il martire si afferma infatti come il modello del
santo cristiano.
La realtà divina del martirio è testimoniata, ad esempio, da Ignazio
d’Antiochia che andando incontro alla morte parla di se stesso che diventerà fi-
nalmente «un vero discepolo», un «uomo», che per lui ci sarà una «vera nascita»9.
E Clemente Alessandrino scrive: «Chiamiamo il martirio perfezione, non perché è
il termine della vita dell'uomo, ma perché manifesta la perfezione della carità» (cf.
Gv 15, 13; 1Gv 3, 16)10. E poiché la carità porta sempre frutto, il «sangue» dei mar-
tiri è stato veramente «seme» di nuovi cristiani11.
Infine, leggendo la narrazione dei martiri sentiamo che queste prove supre-
me dell'amore non sono considerate l'atto eroico di un solo individuo, ma di tutta la

8
Cf Il Pastore di Erma, anonimo cristiano del sec. II, Similitudine (= visione) VIII 3, 6.
9
Ignazio, Lettera ai Romani, 2, 4 e 6.
10
Clemente Alessandrino (150 ca.-215 ca.), filosofo e scrittore, Stromata (= miscellanea)
IV 14, 96.
11
Tertulliano, Apologetico 50, 13.
Cap. III - La Chiesa dei martiri: le persecuzioni 21

comunità. Allora la Chiesa era formata da piccole comunità fervorose, immerse in


un mondo diffidente e ostile. Un profondo legame affettivo univa fortemente tutti i
membri delle singole comunità e le varie comunità fra di loro e quindi, seppure in
mezzo alle debolezze, era la comunità intera che viveva il martirio con passione e
amore, offrendo a Dio i suoi frutti migliori.

• Quali sono i motivi fondamentali che hanno facilitato la diffusione


del cristianesimo nell'Impero romano?
• Perché l'Impero ha perseguitato i cristiani? Per la fede cristiana rischi
la persecuzione anche oggi?
• Per la Chiesa quale significato riveste il periodo delle persecuzioni?
22 Storia della Chiesa I
Cap. IV - La Chiesa dei martiri: la vita ecclesiale 23

LA CHIESA DEI MARTIRI

(I - III sec.)

2° ASPETTO: LA VITA ECCLESIALE

Nella società del tempo i cristiani non si distinguono


dagli altri per qualche segno esterno; partecipano in tutto
alla vita sociale, ma come testimoni di una nuova vita, che
affonda le sue radici nel giudaismo.

1. CIÒ CHE LA CHIESA CONSERVA DEL GIUDAISMO

Nonostante la chiara distinzione dal giudaismo, realizzatasi in particolare


con il Concilio di Gerusalemme, il cristianesimo non ripudia totalmente il giudai-
smo. La Provvidenza aveva preparato la venuta di Cristo con la fede in un solo Dio
creatore e con la Legge elevata del popolo d'Israele; il cristianesimo veniva quindi
proposto soprattutto a coloro che accettavano le fondamentali verità e norme di vita
della fede giudaica.
Gesù rivela infatti la sua divinità e il mistero della Trinità sulla base del
monoteismo giudaico ed è partendo dagli elementi di morale naturale contenuti nel-
la Legge e, specialmente, nel Decalogo,1 che Egli chiede ai suoi discepoli l'amore
verso tutti, anche dei nemici, fino al perdono (Mt 5, 17-48).
L’elezione, poi, da parte di Dio del popolo di Israele, che fa di questo popo-
lo il portatore «dell’alleanza tra Dio e gli uomini» si realizza pienamente in Gesù
passa a tutti i popoli, diventando l'eredita dell'umanità intera che la misericordia di-

1
Il "decalogo" - da una parola greca che significa: "dieci parole" (Es 20, 2-17; Dt 4,13).
Sono i "dieci comandamenti" che si riassumono in due: l'amore di Dio e l'amore del
prossimo (Mt 22, 36-40 = Dt 6, 5 + Lv 19, 18). Questi comandamenti sono perfezionati
nel «comandamento nuovo» di Gesù (Gv 13, 34; 15, 12.17).
24 Storia della Chiesa I

vina chiama ad essere la vera «discendenza di Abramo» (Rm 4,16-17; Gal 3,29), il
vero popolo di Dio.
Inoltre il cristianesimo mutua dal giudaismo molti elementi organizzativi e
pratici come, ad esempio, la consacrazione d'un giorno alla settimana al culto divi-
no e al riposo dal lavoro e il collegio dei presbiteri. E sin dall’inizio accoglie alcuni
aspetti della spiritualità dei cosiddetti «poveri di Jahvè» che osservano un’intensa
vita ascetica e credevano ad un messianismo più puro, vivificandoli con il proprio
contenuto interiore assolutamente nuovo.

2. LA CHIESA E LA SOCIETÀ PAGANA

All'inizio del sec. III i cristiani cessano di vivere in piccoli gruppi e malgra-
do ancora ai periodi di persecuzioni essi si diffondono nella società. Questo pro-
cesso avvia il grande lavoro di rinnovamento della società pagana, che lentamente
porterà alla formazione della "cristianità" dei sec. IV e V (cf. Sal 104, 30). Scrive
Tertulliano, nel 197: «Viviamo con voi, abbiamo stesso cibo, stesso vestito, stesse
cose, stesso genere di vita [...]. Frequentiamo la piazza, il macello, i bagni, le bet-
tole, le officine, le stalle, i mercati, esercitiamo tutte le altre attività commerciali.
Con voi navighiamo e serviamo come soldati [...]».2 Ma, nello stesso tempo, i cri-
stiani rifiutano ciò che, in quella vita sociale, è contaminato dall'idolatria e dall'im-
moralità. Così delle scelte si impongono di fronte alle abitudini della gente. Sarà il
compito dei grandi moralisti del tempo, come Clemente Alessandrino (150 ca.-215
ca.) e Tertulliano di Cartagine (160 ca.-220 ca.) di aiutare i cristiani a fare queste
scelte.
Alcuni aspetti della vita umana sono particolarmente importanti. Prima di
tutto la famiglia. I cristiani adottano la concezione del diritto romano, per cui il
consenso costituisce il matrimonio, ma eliminano dalla celebrazione ciò che pro-
viene dall'idolatria e dalle credenze popolari, come il ricorso agli indovini. Non c'è
ancora celebrazione liturgica del matrimonio, tuttavia gli sposi cristiani sanno di
unirsi davanti a Cristo e spesso chiedono la benedizione del vescovo. Nel 107 cir-
ca, Ignazio di Antiochia scrive che «gli sposi e le spose devono stringere la loro
unione con l'approvazione del vescovo e così il matrimonio non avverrà per con-
cupiscenza, ma sarà conforme al volere del Signore»3.
Un po' più tardi, Clemente Alessandrino fa l'elogio del matrimonio cristia-
no: «Chi sono quei due o tre riuniti nel nome di Cristo, in mezzo ai quali sta il Si-
gnore, se non l'uomo, la donna e il bambino, dato che l'uomo e la donna sono uniti

2
Tertulliano, Apologetico 42, 1-3.
3
Ignazio di Antiochia, Lettera a Policarpo (vescovo di Smirne) V, 2, in I Padri aposto-
lici, Città Nuova, Roma 1966, p. 141.
Cap. IV - La Chiesa dei martiri: la vita ecclesiale 25

da Dio?»4. E Tertulliano: «Come descrivere la felicità di questo matrimonio che la


Chiesa approva, che l'oblazione conferma, che la benedizione sigilla, che gli angeli
riconoscono, che il Padre ratifica5. Egli mette in guardia contro i matrimoni con i
pagani, mostrando i pericoli a cui il cristiano si esporrebbe. Sono condannati senza
riserva il divorzio, la poligamia* e l'aborto. I figli possono andare alla scuola paga-
na, ma l'istruzione cristiana deve essere fatta in famiglia.
I cristiani partecipano alla vita sociale ed economica e politica del tempo,
ma i responsabili della Chiesa impediscono loro l'esercizio di certe professioni che
costituiscono una cooperazione all'idolatria, come, per es., la fabbricazione e il
commercio di idoli, come gli incarichi pubblici legati al culto delle divinità. I re-
sponsabili delle comunità cristiane richiamano ai principi della morale naturale
come Clemente Alessandrino che, come già Platone, chiede di non aver mai due
prezzi e di dire sempre la verità6; e tutti concordano nella condanna degli spettacoli
immorali come le lotte dei gladiatori.
La situazione dei cristiani diventa particolarmente critica di fronte al dovere
del servizio militare: come conciliare la difesa dell'impero con il rischio di uccide-
re il prossimo? Come essere nello stesso tempo "soldato di Cristo" e soldato
dell'impero? La "Tradizione apostolica" di Ippolito di Roma (inizio sec. II) consi-
dera che il catecumeno - a maggior ragione il battezzato - non può diventare solda-
to, anche se chi é già soldato può essere ammesso al battesimo senza rinunciare al
proprio mestiere.

3. ORGANIZZAZIONE ECCLESIASTICA

a) L'ordine gerarchico della Chiesa

Differentemente dai primi vescovi, che venivano scelti e ordinati dagli apo-
stoli (così Giacomo il minore a Gerusalemme da Pietro, Tito in Creta e Timoteo a
Efeso da Paolo), con il sec. III i vescovi vengono scelti dal clero e dal popolo della
città, ma ordinati dagli altri vescovi presenti;7 a loro volta i vescovi scelgono e or-
dinano presbiteri e diaconi per il servizio delle diocesi. A poco a poco, accanto ai
tre ordini principali appaiono gli ordini minori. Nel 252 ca., si contano a Roma «1
vescovo [...] 46 preti, 7 diaconi, 7 suddiaconi (assistenti dei diaconi), 42 accoliti
(per servizio di vario genere) e 56 esorcisti (per la cura degli indemoniati), lettori

4
Clemente Alessandrino, Stromata, 3, 10, 68.
5
Tertulliano, Alla mia moglie II, 6.
6
Clemente Alessandrino, Pedagogo III, II, 78, 4.
7
Cf. Didascalia apostolica (Siria, sec. III) 4-9; Ippolito di Roma, Tradizione apostoli-
ca, 2-3.
26 Storia della Chiesa I

(per le letture liturgiche) e ostiari (uscieri delle chiese)» per una popolazione cri-
stiana di circa 40.000 persone (su 1 milione di abitanti)8. Oltre al servizio liturgico,
il clero si dedica alle opere di assistenza: 1500 poveri sono ogni giorno assistiti dal-
la comunità romana.
Il clero è sostenuto con offerte in natura, secondo l'uso vetero-testamentario,
ed anche dalla propria famiglia e dai proventi del proprio lavoro9. Infatti alcuni oc-
cupano uffici pubblici, altri si danno al commercio, ma questa attività è giudicata
sconveniente al clero.
Durante i tre primi secoli non c'è ancora una legislazione precisa sul celibato
del clero. Dopo l'ordinazione, vescovi, sacerdoti e diaconi non possono sposarsi se
sono celibi, né celebrare seconde nozze quando diventano vedovi, a meno di rinun-
ciare alla loro carica. Tuttavia, poiché il celibato rende più liberi per il regno di
Dio10 i chierici vengono scelti preferibilmente tra di loro.
A partire dal sec. IV, in Occidente, si generalizza l'obbligo del celibato per i
chierici, anche se, di fatto, l'applicazione rimane difficile. In Oriente invece si con-
tinua a negare solo le seconde nozze a diaconi e sacerdoti e il matrimonio dopo
l'ordinazione; mentre il celibato viene richiesto solo ai vescovi.

b) Organizzazione delle sedi vescovili. Nascita delle "parrocchie"

Nel III sec. la popolazione é concentrata nelle città ed è qui soprattutto che
si formano le comunità cristiane. In ogni città - centro di aggregazione - c'è un ve-
scovo, capo della chiesa locale: presiede le assemblee liturgiche, assume egli stesso
la predicazione e dirige la comunità. I sacerdoti formano attorno a lui un collegio
di cooperatori e i diaconi aggiungono al servizio liturgico l'organizzazione delle
opere caritative, che si sviluppa rapidamente (l'impero romano aveva infatti poche
attenzioni verso i poveri, i prigionieri, gli ammalati).
Alla fine del III sec., con l'evangelizzazione anche delle campagne aumenta
considerevolmente e del numero dei cristiani, si avvia un certo decentramento. In
Asia Minore, in Africa del nord e in Italia si moltiplicano i vescovadi; in certe zone
ogni villaggio ha il suo vescovo. Ma la soluzione che prevarrà sarà quella di esten-
dere alle campagne la formula già utilizzata nelle città: moltiplicare le "parroc-
chie"11 con un sacerdote alle dipendenze del vescovo della città più vicina.

8
Lettera del papa Cornelio (251-253), riportata da Eusebio, Storia Eccles. VI, XLIII, 11.
9
Cf. Didaché XIII, 3-6.
10
Cf. Mt 19, 10-12; 1Cor 7, 7-16. 25-28.32-38.
11
«Parrocchia» significava originariamente “gruppo di case vicine”
Cap. IV - La Chiesa dei martiri: la vita ecclesiale 27

A poco a poco l'organizzazione ecclesiastica si modella sulla divisione


dell'impero in “province” e "diocesi"12. Il vescovo della metropoli provinciale (me-
tropolita o arcivescovo) ottiene la supremazia sugli altri vescovi della provincia e il
vescovo della metropoli diocesana sugli altri metropoliti della diocesi, così i vesco-
vi di Alessandria e di Antiochia. Punto di riferimento per tutti i vescovi è il vesco-
vo di Roma come primate della Chiesa cattolica, «a motivo della sua più alta auto-
rità», derivatagli dall'essere il successore di Pietro13.

c) Gruppi scelti di cristiani

Accanto all'ordine gerarchico, con le persecuzioni vediamo costituirsi il


gruppo dei confessori, cristiani che sono stati imprigionati e che hanno rischiato la
vita per la fede. Formano un gruppo particolare, circondato dal rispetto e dall'amo-
re della comunità.
Anche le vedove formano un gruppo scelto. La prima lettera a Timoteo ne
attesta l'esistenza già al tempo di Paolo (1Tm 5, 9-10). Policarpo, vescovo di Smir-
ne le chiama «l'altare di Dio», per esprimere il grande valore della loro intercessio-
ne spirituale14. Oltre alla preghiera, le vedove hanno compiti caritativi, come la vi-
sita e la cura degli ammalati.
Il caso delle vergini merita una considerazione particolare. Verso il 150,
Giustino, il filosofo martire, riconosce che una delle caratteristiche del cristianesi-
mo è data dal fatto che «molti uomini e donne, dell'età dai 50 a 60 anni, istruiti fin
dalla loro infanzia nell'insegnamento di Cristo, hanno conservato la verginità».15
Il cristianesimo si è sempre rifiutato di fare della verginità un obbligo, anche se l'ha
sempre consigliata come uno stato di vita spiritualmente più perfetto. In certi am-
bienti cristiani eterodossi si manifesta però una forte tendenza a considerare la pie-
nezza della vita cristiana come incompatibile con il matrimonio, cosi che, verso il
200, Clemente Alessandrino esalta la bellezza del matrimonio cristiano e afferma
che la verginità deve nascere dall'amore di Dio e non dal disprezzo del matrimonio:
«Noi stimiamo beata la castità e beati coloro ai quali il Signore ne ha fatto dono;
ma ammiriamo anche la bellezza dell'unico matrimonio»16.
Nella prima metà del III sec. incontriamo le "diaconesse", già esistenti forse
nella Chiesa apostolica (cf. Rm 16, 1; At 18, 18), come un "ordine" che si sostituisce

12
L'impero romano era diviso in provincie, raggruppate poi in "diocesi". Oggi, al contra-
rio, l'unità di base della Chiesa (la "Chiesa locale"), mentre più diocesi formano una
"provincia" ecclesiastica.
13
Ireneo, Contro le eresie, III 3, 2; Cipriano, L'unità della Chiesa cattolica, 4-5.
14
Policarpo, Lettera ai Filippesi IV, 34.
15
Giustino, I Apologia XV, 6.
16
Clemente Alessandrino, Stromata, 3, 1, 4; cf. 3, 7,59.
28 Storia della Chiesa I

al gruppo delle vedove. Il servizio delle diaconesse è parallelo a quello dei diaconi:
le diaconesse sostituiscono i diaconi nei ministeri presso le donne: visita alle am-
malate, istruzione delle neofite,17 unzione battesimale. L'ufficio delle diaconesse
scompare in Occidente nel VI sec., poi in Oriente nell’ VIII sec.

4. I SACRAMENTI

La celebrazione dei sacramenti é in piena evoluzione. All'inizio, il battesi-


mo viene conferito sulla riva dei fiumi, seguendo l'esempio di san Giovanni Batti-
sta. Nella metà del II sec., quelli che desiderano il battesimo sono istruiti e pre-
parati dai cristiani più anziani nella massima semplicità. La pratica del battesimo
dei bambini nelle famiglie già cristiane sembra risalire al tempo degli apostoli18.
Nel III sec., con l'aumento di quanti voglio aderire al cristianesimo, si esige
una lunga preparazione al battesimo suddivisa in tre tappe: nella prima gli aspiranti
al battesimo vengono provati nella loro disposizione, quindi presentati dai padrini
ed esaminati dai responsabili della comunità; nella seconda tappa diventano cate-
cumeni* e si esercitano nella vita cristiana; una volta dimostrata una sufficiente
preparazione, entrano nella terza tappa, quella della preparazione immediata al bat-
tesimo, come "eletti". Abitualmente, i battesimi sono celebrati durante la veglia
pasquale19.
Parallelamente all'organizzazione del "catecumenato" si sviluppa la disci-
plina della riconciliazione per i soli peccati gravi: confessione del peccato al vesco-
vo, poi, se la colpa è pubblica, esclusione pubblica del peccatore che passa al rango
di "penitente"; quindi riconciliazione pubblica il giovedì santo, in vista della cele-
brazione della Pasqua con tutti i battezzati. Per i casi di adulterio, di omicidio e di
apostasia, la penitenza dura più a lungo, qualche volta fino alla morte.
La questione della riconciliazione degli apostati, cioè di quelli che hanno
rinnegato la fede sotto le persecuzioni, dà luogo al grande dibattito dell'inizio del
sec. III tra Ippolito di Roma, Tertulliano, Origene e i papi Callisto e Cornelio: i più
rigorosi rifiutano la riconciliazione, la maggioranza dei vescovi però, con il papa,
opta per la misericordia.

17
Neofito, dal greco "neofutos", "appena nato", per indicare che da poco si è convertito
alla fede.
18
Cf.. Ireneo, Contro le eresie, II, 22, 4. Tuttavia nel sec. IV questa pratica verrà meno.
19
Il battesimo consisteva in una triplice immersione, mentre venivano pronunciate le pa-
role «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Era preceduto da esorci-
smi e da una vigilia con digiuno e preghiere e seguito dall'imposizione delle mani, che
confermava la grazia ricevuta, cioè la "cresima". Al battesimo e alla cresima seguiva
immediatamente la partecipazione al sacrificio eucaristico (cf. Origene, Contro Celso
III, 51).
Cap. IV - La Chiesa dei martiri: la vita ecclesiale 29

L'Eucarestia è celebrata il sabato sera o la domenica mattina, sotto la presi-


denza del vescovo, attorniato dai sacerdoti. All'inizio del III sec., in Occidente en-
tra la consuetudine di celebrare l'Eucarestia ogni giorno. L'Eucarestia è sempre ce-
lebrata di fronte al popolo; solo più tardi si generalizza l’uso, instauratosi in Siria,
di celebrare non più rivolti verso i fedeli.
In questo periodo le preghiere liturgiche ed anche quella eucaristica, che fa
cornice al racconto evangelico dell'istituzione dell'Eucarestia, sono lasciate all'ispi-
razione del presidente dell'assemblea. Tuttavia esistono già alcuni formulari o "ca-
noni*" che servono da modelli, senza essere formule obbligatorie. Così il canone
di Ippolito, sacerdote di Roma, martire nel 235, che ha ispirato l'attuale 2a preghiera
eucaristica. Più tardi, anche per evitare le fantasie dei celebranti, i concili locali
promuoveranno l'unificazione liturgica per regioni, uniformandosi spesso all'uso
delle Chiese principali (Roma, Antiochia, Alessandria d'Egitto). Così il papa Gre-
gorio Magno (590-604) fisserà il "canone romano" (l'attuale 1a preghiera eucaristi-
ca), già usato in molte Chiese di Occidente.
Prima della solenne preghiera eucaristica si fanno le grandi preghiere di in-
tercessione per la Chiesa e il mondo (attuale "preghiera dei fedeli") e si dà il bacio
di pace. Nel corso dell'assemblea si canta accompagnandosi con la cetra e la lira. Il
pane eucaristico è distribuito al popolo che lo riceve in mano e ne porta una parte a
casa in un vaso per quelli che non hanno potuto partecipare all'assemblea.
Nei primi tempi, poi, il rito eucaristico si svolge in case private; solo a par-
tire dalla metà del III sec. alcune case private vengono adattate a luoghi di culto,
come la casa di Clemente Romano, poi trasformata in chiesa.
Infine nei cimiteri sotteranei (catacombe) che la Chiesa aveva acquistato
vengono portati i cristiani defunti e, in particolare, i martiri. Quest’ultimi non ven-
gono considerati come personaggi del passato, ma vivi nella gloria del Paradiso e
perciò venerati e pregati come intercessori. Il giorno della loro morte viene chiama-
to "dies natalis", "il giorno della nascita", mentre la vigilia dell'"anniversario" di
questo giorno si celebra l'eucarestia sulla loro tomba. Nelle catacombe si sviluppa
così il culto dei santi, insieme ai primi esempi dell’arte cristianatentativi lla prima
oltre , decorate con affreschi, mosaici, sculture, un'arte raffigurante la vita nuova in
Cristo risorto. .

5. ESTENSIONE TERRITORIALE E SOCIALE DELLA CHIESA

Dai paesi del Mediterraneo Orientale e da Roma, la Chiesa si espande pro-


gressivamente verso Occidente: nel sec. II vengono fondate le prime comunità cri-
stiane delle Gallie a Vienne e a Lione, con il vescovo Fotino, martirizzato nel 177,
e Ireneo, suo successore. Nella stessa epoca viene fondata la prima Chiesa dell'A-
frica del nord a Cartagine.
30 Storia della Chiesa I

Dalla pace di Gallieno (260) fino alla persecuzione di Diocleziano (303), la


Chiesa gode di una certa tranquillità, grazie alla politica di tolleranza degli impera-
tori succeduti a Valeriano. Le comunità perciò si diffondono e penetrano in nuove
aree geografiche: in Asia Minore (Turchia), in Siria, in Egitto, in Africa del nord:
nel 235 un sinodo africano raduna un centinaio di vescovi attorno a Cipriano, ve-
scovo di Cartagine. I cristiani si diffondono anche in Italia centrale, in Gallia e in
Spagna, in Britannia (attuale Inghilterra) e nelle città lungo il Reno e il Danubio, ai
confini con i "barbari".20 Ma anche al di là dei confini orientali dell’impero sorgono
nuove comunità cristiane come in Mesopotamia (Iraq) e in Armenia (oggi Repub-
blica Armena).
La novità di questo periodo è costituita dalla conversione di numerosi mem-
bri delle classi dirigenti- alcuni governatori di province, alcuni membri del palazzo
imperiale e della famiglia stessa degli imperatori - mentre prima il cristianesimo era
stato accolto soprattutto dalle classi sociali più umili.

• Parla dell’inserimento dei cristiani nella società dell’Impero romano.


• Quale il compito e la funzione della struttura ecclesiale?
• Puoi fare un parallelo tra la vita dei cristiani dei primi secoli e quella
del XXI secolo?

20
Barbaro, dal greco "barbaros", "straniero", per designare le persone che parlano una
lingua straniera ai greci e ai romani.
Cap. V - La Chiesa dei martiri: la vita intellettuale 31

LA CHIESA DEI MARTIRI


(I - III sec.)

3° ASPETTO: LA VITA INTELLETTUALE

I PRIMI PADRI DELLA CHIESA

Nei primi tre secoli, la Chiesa vive, soffre e porta frutti


di santità e di sapienza. I responsabili delle comunità illu-
minano i cristiani sulla vera fede della Chiesa, commenta-
no le Scritture, mostrano come Cristo sia il compimento
della rivelazione biblica. Molti vescovi ed altri ancora di-
ventano scrittori dando origine alla prima teologia.

I cristiani dei primi tre secoli danno l'esempio di una vita ammirevole, ma
hanno molto da soffrire. Questo non impedisce loro di riflettere e di discutere sulla
fede per approfondirla e difenderla. Già gli apostoli avevano predicato e scritto alle
nuove comunità per incoraggiarle nelle prove e richiamarle all'autentico insegna-
mento di Gesù contro le errate interpretazioni degli "eretici*". Paolo aveva dovuto
controbattere le pretese dei giudeo-cristiani1 e degli "gnostici*".
Similmente i successori degli apostoli parlano e scrivono per rispondere alle
esigenze delle comunità, preservarle dall'errore e spingerle a crescere nella vita cri-
stiana. Alcuni sacerdoti e laici le aiutano per difendere la fede dagli attacchi dei
persecutori (giudei e pagani) e degli eretici. Nasce così la prima teologia cristiana,
la riflessione cioè su Dio e sulla sua opera di salvezza, sulla base del pensiero bibli-
co, usando le categorie della filosofia così come sono state elaborate dai pesnatori
della Grecia. La La lingua usata dagli scrittori ecclesiastici fino alla fine del II sec. è
quasi esclusivamente quella greca; poi, cominciando dall'Africa del nord, entra
l’uso anche la lingua latina.

1
I "Giudei-cristiani", pur credendo nella messianità di Gesù e nella sua resurrezione,
volevano conservare la mentalità e le pratiche rituali del giudaismo ed imporle ai cri-
stiani venuti dal paganesimo (cf. At 15).
32 Storia della Chiesa I

1. I PADRI APOSTOLICI. IGNAZIO, IL TEOLOGO DELL'UNITÀ

I primi padri della Chiesa (fine del I sec. e prima metà del II), per il contatto
più o meno diretto avuto con gli apostoli, vengono chiamati "padri apostolici". Essi
sono costituiscono l'eco immediata dell'insegnamento apostolico e sono una fresca
ed insostituibile testimonianza della vita della prima e della seconda generazione
cristiana.
Tra gli scritti di quest'epoca, figura la "Didaché", raccolta di istruzioni degli
apostoli, piccolo catechismo o manuale di insegnamento cristiano composto tra l'80
ed il 120, forse ad Antiochia. Ricordiamo anche la lettera di papa Clemente, terzo
successore di Pietro tra il 92 ed il 100, scritta ai Corinzi, «per esortarli alla pace e
ravvivare la loro fede e la tradizione appena ricevuta dagli apostoli»2.
Le sette magnifiche lettere di Ignazio, vescovo di Antiochia (70-107), scrit-
to durante le tappe della sua "via crucis" da Antiochia a Roma, costituiscono l'epi-
stolario cristiano più antico e più venerato dopo quello degli apostoli. Ignazio si
presenta come un difensore e un teologo dell'unità: unità perfetta ed eterna tra le
divine Persone; unità concreta della natura umana e della natura divina nella perso-
na del Verbo incarnato3. Unità divina che deve riflettersi nella Chiesa con l'unità
«indiscussa» e «incrollabile» dei cristiani con il vescovo per «essere così sempre
uniti a Dio»4.
Conserviamo anche la lettera che Policarpo, discepolo di san Giovanni e
vescovo di Smirne, ha scritto nel 108 ai Filippesi, per rispondere ad una lettera di
quella comunità e avere ulteriori notizie di Ignazio e di suoi compagni prigionieri,
che erano passati per Filippi, diretti a Roma.

2. I PADRI APOLOGETI. GIUSTINO, FILOSOFO E MARTIRE

Dopo la metà del II sec. il cristianesimo comincia ad imporsi all'attenzione


anche delle classi colte e potenti, tuttavia non mancano accuse, calunnie ed incom-
prensioni. La giovane Chiesa deve difendersi e di farsi conoscere nella sua profon-
da realtà, meriti l'attenzione, il rispetto: inizia così l'opera dei padri "apologeti". Di
molti si ignorano i nomi, pur avendo lasciato opere importanti. E’ questo il caso,
ad esempio, dell’autore della Lettera indirizzata "A Diogneto", uno scritto che risa-
le forse al 200 d.C., che ci offre una intensa difesa del cristianesimo, dimostrando
quanto la nuova fede faccia vivere il mondo e gli dia un senso.

2
Ireneo, Contro le eresie III, 3.
3
Cf. Ignazio, Ai Magnesii, VII; Agli Smirnesi III e IV.
4
Ignazio, Agli Efesini IV. Cf. Ai Magnesii VI e VII; Ai Tralliani II, Agli Smirnesi.
Cap. V - La Chiesa dei martiri: la vita intellettuale 33

Tra i più importanti padri apologeti ricordiamo san Giustino, nato intorno
all'anno 100 in Samaria da una famiglia greca e morto martire a Roma nel 165. Nel
"Dialogo con Trifone", racconta di essersi rivolto a diverse dottrine filosofiche in
cerca della verità, restando però insoddisfatto. Dopo queste esperienze incontra ad
Efeso un uomo anziano che gli parla dei Profeti, i quali hanno annunciato onesta-
mente la verità: «Queste cose e molte altre mi disse quell'anziano [...] Poi se ne
andò, raccomandandomi di pensarci su. Non lo rividi più, ma la mia anima fu co-
me illuminata a giorno da un fuoco improvviso. Mi trovai innamorato dei profeti e
delle persone amiche di Cristo. Pensai e ripensai a tutte quelle parole e capii:
capii che questa era la sola, vera e utile filosofia... Vorrei anzi che tutti provassero
quello che sento io e che non si allontanassero dalla dottrina del Salvatore»5.
A Roma, negli anni 140-150, Giustino fonda poi una scuola di filosofia cri-
stiana. E' bello sentire come egli veda l'armonia tra la fede in Gesù e la ragione ben
diretta, anzi quelli che seguono onestamente la loro coscienza, possono essere con-
siderati "cristiani": «Quelli che vissero secondo il "logos" sono cristiani, anche se
sono passati per "atei", come, tra i greci, Socrate, Eraclito (...) e tra i giudei, Abra-
mo, Anania, Azaria, Misael, Elia e molti altri...»6. Così egli mette in rilievo la no-
vità e la bellezza del cristianesimo e giudica positivo il giudaismo e la filosofia
greca: la Chiesa è il vero Israele , Gesù è il vero Logos.
Giustino, avendo reso pubblica la falsità delle accuse fatte ai cristiani, viene
denunciato e, dopo un processo sommario, decapitato assieme a sei discepoli, ren-
dendo così piena testimonianza alla verità. Aveva scritto: «Io non mi curo che di
dire la verità, e la dirò senza paura di nessuno, anche se dovessi in questo momen-
to farmi smembrare da voi»7.
Il più conosciuto tra gli apologeti è senza dubbio Tertulliano di Cartagine
(155-220 ca.), polemista, teologo e moralista. Nel suo scritto principale,
l’Apologetico, dimostra l'ingiustizia delle persecuzioni e l'assurdità delle accuse
contro i cristiani, e quanto le calunnie e il martirio ottengano l'effetto contrario:
«Siamo nati ieri, e già riempiamo di noi il mondo intero e tute le vostre località, le
città, le isole, le fortezze, i municipi, i borghi, gli stessi accampamenti, le tribù, la
corte, il senato il foro. Non vi abbiamo lasciato che i templi! (...)Diventiamo più
numerosi tutte le volte che siamo falciati da voi: il sangue dei martiri è seme di
nuovi cristiani»8.

5
Giustino, Dialogo con Trifone, 8 (Trad. S. Cola, Padri della Chiesa. Profili, Città
Nuova, Roma 1965, pp. 20-21).
6
Giustino, I Apologia, 46.
7
Giustino, Dialogo con Trifone, 82.
8
Tertulliano, Apologetico 37, 50, 13.
34 Storia della Chiesa I

3. IRENEO DI FRONTE ALLA GNOSI

Contemporaneamente alla difesa del cristianesimo viene elaborata una pre-


sentazione sistematica della dottrina cristiana per offrire ai fedeli uno strumento
capace di difendere la fede contro le dottrine erronee che circolavano in quel tem-
po. La più più pericolosa di esse per la Chiesa è statao senza dubbio lo gnostici-
smo* che rifiutava l’Incarnazione e faceva appello ad una conoscenza (gnosi) mi-
steriosamente trasmessa in piccoli gruppi. Contro di esso spiccano gli scritti del
vescovo e martire Ireneo di Lione (115-202), che fanno di lui il primo grande teo-
logo cristiano9. Con la sua esperienza e la sua intelligenza riusce ad armonizzare il
misticismo orientale con il rigore del pensiero occidentale.
Nella sua opera Contro le eresie, Ireneo difende l'unità del piano divino nel-
la creazione e nella redenzione: c'è un solo Dio, egli scrive, un solo Cristo, una sola
Chiesa fondata sull'unica fede tramandata dagli apostoli, la cui missione è di riunire
tutta l'umanità in Cristo. Difende in particolare le verità dell’incarnazione,
dell’eucaristia e della risurrezione dei corpi10. Il pensiero di Ireneo si sviluppa con
semplicità e chiarezza: il disegno di Dio sull’umanità viene rivelato dalle Scritture
e, in particolare, i quattro Vangeli, sono la norma della fede e della verità11.
In ultima analisi però è al Simbolo degli apostoli, cioè al “Credo”, che oc-
corre riferirsi per cotestare le dottrine degli eretici e che riassume tutte le verità
rivelate dalla Scrittura.

a) La formula autentica della fede si trova nella Chiesa di Roma

Ireneo indica che il tale Simbolo si trova nella Chiesa; solo in essa questa
formula della fede viene fedelmente spiegata, perché la Chiesa ha ricevuto queste
veità attraverso una successione ininterrotta di pastori: dagli Apostoli ai vescovi di
oggi. Inoltre questa “trasmissione” della verità è assicurata contro l’errore dal “ca-
risma di verità”, dono dello Spirito Santo trasmesso ai pastori per il bene di tutta la
Chiesa.
Ma come è possibile distingue l’errore dalla verità? Occorre - continua Ire-
neo – riferirsi all'autorità dell'insegnamento delle Chiese più antiche, la cui sede
episcopale risalga direttamente ad un apostolo. Tra queste spicca la Chiesa di Ro-
ma, che possiede «la più alta autorità», perché «fondata [...] dagli apostoli Pietro e
Paolo». Perciò è necessario che tutte le altre Chiese «si accordino» con la Chiesa
di Roma12.

9
Una parte delle sue opere è andata perduta. Rimangono: Contro le eresie; Dimostra-
zione della predicazione apostolica; e Frammenti.
10
Ireneo, Contro le eresie III, 16, 6; IV, 18, 5.
11
Ibidem II, 28, 2; cf III, 1; 11, 8.
12
Ibidem III, 3, 2.
Cap. V - La Chiesa dei martiri: la vita intellettuale 35

b) La maternità universale di Maria

Ireneo pone una pietra miliare anche per lo sviluppo della teologia mariana,
mostrando quale posto occupa la Vergine Maria nella storia della salvezza.
«Nel Cristo che nasce da Maria è l'umanità intera che rinasce alla vita. La
solidarietà esistente tra Cristo e gli uomini porta a questa conseguenza: il conce-
pimento e la nascita di Gesù sono già la rigenerazione anticipata degli uomini»13.
Pertanto la Madre che genera il Cristo è la stessa da cui gli uomini vengono genera-
ti: Maria, con la sua obbedienza di amore, è il seno dell'umanità rinnovata in Gesù.

4. LA CHIESA DI ALESSANDRIA, FOCOLARE DEL PENSIERO


CRISTIANO.

Tra la fine del II sec. e gli inizi del III, nella grande e colta città di Alessan-
dria d'Egitto, il cristianesimo, venuto dall'ambiente giudaico, integra e sviluppa il
meglio della cultura greca. Alessandria, seconda città dell'impero, si presenta come
il centro della cultura cristiana, mentre Roma come il centro d’unità del mondo
cristiano.
Ad Alessandria fiorisce una accademia cristiana sotto la guida del vescovo
della città. Ne è iniziatore, nel 180-200, Panteno di Sicilia, filosofo stoico converti-
to al cristianesimo. Gli succede l'ateniese Tito Flavio Clemente (150-215 ca.),
prima ancora di divenire vescovo della città. Con lui abbiamo la prima esposizione
sistematica dell'insieme delle verità rivelate con le loro relazioni reciproche e le
conseguenze che portano nel campo della morale.
A proposito del processo di inculturazione del cristianesimo nel mondo ro-
mano Clemente scrive: come il Verbo incarnandosi si è fatto uno con gli uomini del
suo paese e del suo tempo, in tutto, fuorché nel peccato, diventando ebreo fra gli
ebrei, così : «Con i greci, ci si deve fare greco, per poter conquistare tutti. Si deve
offrire a coloro che ci richiedono la saggezza argomentazioni consuete, affinché
possano pervenire, servendosi del loro stesso patrimonio di idee, in modo giusto e
il più facilmente possibile, alla verità»14. Un discorso vale sempre per
l'"inculturazione" del cristianesimo in tutte le culture.
Ancora più celebre di Clemente è il suo discepolo Origene (185-252/253),
originario di Alessandria d’Egitto. Egli consacra la sua vita all’insegnamento e alla
predicazione ed è ancora giovanissimo quando il vescovo della città gli affida una
scuola di catechesi che sembra essere la prima del genere. In seguito si reca in Pale-
stina e a Cesarea, dopo essere ordinato sacerdote, organizza una grande biblioteca
cristiana. Il suo amore alla croce, imparato dai martiri, è l'elemento equilibratore

13
Ibidem III, 22, 4; cf. IV, 33, 11.
14
Clemente, Stromata I, 15, 3 s; V, 18, 6 s.
36 Storia della Chiesa I

della sua genialità che ha prodotto una vasta e ricchissima è la sua opera, andata
per la maggior parte andata perduta. Origene muore martire dopo aver subito le
torture durante la persecuzione di Decio.
Al centro della sua vita e del suo pensiero, c’è l'imitazione di Gesù e di Ma-
ria. Gesù - egli scrive - è la volontà viva del Padre; quando si eclissa, l'anima è un
deserto; in lui ci sono tutti i beni che l'uomo può sperare e che Dio può dare. E se
Gesù è nato dalla Vergine, la maternità di Maria è il tipo di maternità che deve ave-
re ogni cristiano per generare Gesù in se stesso e negli altri15.
Discepoli di Origene furono Gregorio Taumaturgo (ca. 213-270), grande
missionario, divenuto vescovo di Neocesarea nel Ponto (Turchia) e Dionigi "il
grande" (+ ca. 264), famoso per il suo pensiero sulla fede trinitaria, prima tappa
della precisazione dottrinale operata dal concilio di Nicea.

5. I PADRI AFRICANI.

Con lo sviluppo del cristianesimo nell'Occidente latino e particolarmente in


Africa del Nord (Tunisia e Algeria), Cartagine diviene il grande centro della latinità
cristiana dopo Roma. Tra i padri "africani" ricordiamo Tertulliano (160-220)e Ci-
priano (+ 258).
Tertulliano, che abbiamo già incontrato, fornisce un vocabolario latino alla
riflessione cristiana, usando per la prima volta, a proposito di Dio, il termine “Tri-
nità” e “persona”; purtroppo, alla fine della sua vita, passa alla setta "montanista"16.
La personalità di Cipriano, vescovo di Cartagine, morto martire, è eccezio-
nale e la sua attività letteraria considerevole; "leader" delle Chiese di Africa, di
Spagna e anche della Gallia, è considerato il difensore della fede e dell'unità eccle-
siale. Secondo lui, l'unità nella Chiesa locale è il segno dell’incontro con il Cristo
autentico, ed è data dalla comunione del clero e dei fedeli con il vescovo che, a sua
volta deve essere in comunione con tutti i vescovi e prima di tutto con il vescovo di
Roma. E’ così che si manifesta l'unità e la carità della Chiesa universale17.

15
Origene, Omelia sul Cantico dei cantici II, 6.
16
Il "montanismo", movimento spirituale promosso nel 156 ca. in Asia Minore da Mon-
tano, opponeva la Chiesa dello Spirito a quella gerarchica, dimenticando che «nella
Chiesa, tanto l'aspetto istituzionale quanto quello carismatico, tanto la gerarchia quanto
le associazioni e i movimenti di fedeli sono coessenziali e concorrono alla vita, al rin-
novamento, alla santificazione...» (Giovanni Paolo II, ai partecipanti al II colloquio in-
ternazionale dei movimenti ecclesiali, 2 marzo 1987, Osservatore Romano 2-3 marzo
1987, p. 4). La tentazione di opporre questi due aspetti della Chiesa si ritrova spesso
nella storia.
17
Cipriano, L'unità della Chiesa cattolica, 3; Lettere 68, 3; 43, 3.
Cap. V - La Chiesa dei martiri: la vita intellettuale 37

• Perché è sempre attuale il problema dell’unità della Chiesa?


• L’unità della Chiesa si accorda con culture, lingue e modi di
esprimersi differenti?
• Perché è nella Chiesa di Roma che troviamo la formula
autentica della fede?
38 Storia della Chiesa I
CRISTO, MAESTRO DI VERITA’

In questa icona Cristo è il Maestro di verità che fa impallidire la saggezza


dei saggi e dei filosofi.
Con l’inizio del IV secolo finiscono le persecuzioni contro i cristiani, ma
ben presto all’interno della Chiesa si costituiscono dottrine erronee che metteranno
in pericolo i fondamenti della fede.
Quale la Verità del mistero di Cristo, della Trinità, di Maria? Ci sono poche
epoche nella storia della Chiesa in cui Cristo abbia parlato nel magistero
ecclesiastico in modo così chiaro come nel tempo dei primi quattro Concili
ecumenici (IV-VI sec.). Con l’assistenza dello Spirito Santo, la Chiesa si dimostra
custode e annunciatrice della Verità che è Cristo.
Cap. VI - L'impero cristiano 39

L' IMPERO CRISTIANO


(IV - V sec.)

Con l’imperatore Costantino, la Chiesa ottiene la


libertà, ma viene integrata in uno stato che si considera
cristiano e che ritiene suo diritto interferire nelle vicende
ecclesiastiche. E’ il periodo che segna l’inizio della
“Chiesa costantiniana” e cioè di un nuovo tipo di rapporti
tra la Chiesa e la società.

1. LA PACE DELLA CHIESA

Agli inizi del IV secolo, l’Impero romano attraversa momenti difficili,


causati soprattutto dalla lotta per il potere tra due imperatori: Costantino che regna
in Occidente e Licinio che regna in Oriente. Ben presto si arriva allo scontro
frontale e Costantino, sconfisso e ucciso Licinio nel 324, resta l’unico imperatore
del vasto Impero.
La storia della Chiesa registrerà con Costantino e i suoi successori una
svolta decisiva: l’Impero da pagano diventa cristiano.

a) L’editto di Milano (313): libertà di culto e di religione

Costantino simpatizza subito per il cristianesimo e soprattutto, influenzato


anche dalla madre Elena, svolge una politica religiosa a sostegno della nuova
religione. Costantino si farà battezzare sul letto di morte nel 337.
Agli inizi del suo regno, nel 313, emana l’editto di Milano, un decreto che
segna l’inizia di una nuova tappa per il cristianesimo. L’editto stabilisce la libertà
di culto sia pagano che cristiano. Il cristianesimo diventa quindi una religione
lecita e, di conseguenza, pone fine al drammatico periodo delle persecuzioni.
Nel 324, poi, Costantino, una volta diventato l'unico padrone dell'impero,
sposta la capitale da Roma a Bisanzio, una piccola città sul Bosforo, alla quale dà
il nome di Costantinopoli (città di Costantino).
Lo scopo di Costantino è quello di creare una "nuova Roma" decisamente
cristiana, ma il trasferimento della capitale avrà con il tempo conseguenze molto
gravi sia per l’Impero che per la Chiesa.
40 Storia della Chiesa I

Da una parte il centro di gravità politico si sposta verso Oriente con il


conseguente disinteresse degli imperatori verso quanto accade nella parte
occidentale dell’Impero; dall’altra la nuova capitale, Costantinopoli, comincia a
polarizzare attorno a sé i cristiani di cultura greca. All’orizzonte si profila già la
futura divisione della Chiesa.

b) Il cristianesimo diventa religione di Stato

Durante il regno di Costantino alla Chiesa si riconoscono i privilegi riservati


alla religione pagana e, lentamente, comincia la cristianizzazione di tutto
l'Impero.
A partire dal 315 appaiono i segni cristiani sulle monete, sostituendo quelli
pagani, e nel 321 la domenica diventa giorno festivo per tutti. L’imperatore poi
concede palazzi ad uso religioso e fa costruire nuovi edifici per il culto: le
basiliche; a Roma, nel giro di pochi anni se ne contano più di 40. Inoltre
l’imperatore fa doni importanti ai responsabili delle comunità cristiane che ora
possono ereditare e conservare donazioni. Il clero ottiene privilegi giuridici,
vengono riconosciuti i tribunali ecclesiastici e ai vescovi viene riconosciuta
un’autorità pari a quella dei governatori, mentre i cristiani accedono per la prima
volta alle più alte cariche pubblice.
Tolti gli ostacoli legali e materiali alla evangelizzazione si verifica una
grande la diffusione del cristianesimo che - pur lentamente - introduce nella società
la corrente benefica della sua dottrina, dei suoi costumi e dei suoi mezzi di
santificazione. In tutte le regioni dell’impero le conversioni si moltiplicano,
raggiungendo le masse e gli ambienti fino allora ostili, mentre nuove sedi
episcopali vengono fondate. Anche i popoli confinati con l’Impero cominciano ad
accogliere la fede cristina.
Nel 341 vengono proibiti i sacrifici pagani e nel 346 si aggiungono anche
minacce di sequestro e di morte per chi li celebrasse (siamo ancora lontani dalla
libertà di seguire la religione che più si addice alla propria coscienza!). Sono
soppresse le lotte dei gladiatori, come punizione per i criminali, e più tardi, per
rispett di Gesù morto in croce, anche la pena della crocifissione.
La cristianizzazione dell’Impero si arresta solo per un breve periodo,
durante il regno di Giuliano l'Apostata (361-363). L’imperatore, ritornato al
paganesimo, cerca di trascinarvi anche l'impero. Tuttavia gli imperatori successivi
saranno tutti favorevoli al cristianesimo. E’ significativo il gesto di Graziano (375-
383) che rigiuta il titolo di pontefice massimo ossia capo religioso del culto pagano.
Infine con Teodosio il Grande (379-395) il cristianesimo diventa la religione
ufficiale dell’Impero. L’Imperatore nel 380 firma a Tessalonica un editto con il
quale invita tutti i popoli del suo regno a «riunirsi nella religione insegnata ai
Romani dall'apostolo Pietro, quella professata dal pontefice Damaso e dal vescovo
Pietro di Alessandria, uomo di santità apostolica». E precisa: questa religione,
Cap. VI - L'impero cristiano 41

conforme al Vangelo, è fondata sulla fede nella divinità del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo1.

2. UN NUOVO PERICOLO: L’INGERENZA DEL POTERE IMPERIALE

Data la mentalità del tempo - fatta eccezione per grandi vescovi come Ilario
di Poitiers (315-367) e Atanasio di Alessandria (328-373) - il confine che delimita
il potere civile da quello spirituale, cioè la distinzione fra l'istituzione umana
dell'impero e l'istituzione umano-divina della Chiesa, non è sempre chiaramente
rispettato. E è il dramma di questo periodo..
Unificando sotto la sua autorità tutto il mondo romano, l’imperatore pur
diventando cristiano, conserva una dimensione sacra. Infatti, anche se non è più
considerato come un “dio”, appare come l’immagine terrestre della gloria divina.

Una politica di separazione tra Chiesa e Stato, alla maniera moderna, non si
può ancora concepire in questo periodo. Di conseguenza l’Imperatore considera
doveroso interessarsi dei problemi della Chiesa, soprattutto quando essi hanno una
ricaduta sulla pace interna dell’Impero. Prende così l'iniziativa di convocare i
Concili, appoggia con la sua autorità l'attuazione delle loro decisioni, suggerendo
problemi dogmatici o disciplinari da affrontare, ecc.
Tutto ciò comporta una grande confusione fra ciò che appartiene a
Cesare e ciò che appartiene a Dio (cf. Mt 22, 21).
In effetti un’eventuale collaborazione tra i due poteri richiederebbe un
accordo fondamentale sul contenuto della fede, la cui definizione compete solo alla
Chiesa senza l’ingerenza dell’autorità politica.
Nel caso poi che l’Imperatore cessi di essere cristiano, c’è il rischio che egli
torni a perseguitare la Chiesa.
E' quanto si constata durante la crisi ariana2.
Dapprima l'imperatore Costantino convoca e presiede a Nicea il primo
concilio ecumenico (325) e conferma con la sua autorità la condanna della dottrina
ariana affermata dai Padri conciliari. Ma, tre anni dopo, lo stesso l’Imperatore per
ragioni politiche cambia idea: sostiene la dottrina di Ario e manda in esilio il
vescovo Atanasio, grande difensore della fede di Nicea.
Tuttavia in questo periodo, anche se i confini delle diverse competenze non
sono chiaramente delimitati, la Chiesa è fondamentalmente libera nella scelta dei
Vescovi che vengono eletti dal clero e dalla comunità locale, senza l’ingerenza

1
La fede cattolica (380). Cf. Codex Theodosianus XVI, Titolo 10.
2
Ario (di qui il nome di "arianesimo"), sacerdote di Alessandria, insegnava che il Figlio
(il Verbo) non era Dio come il Padre (cf. cap. seguente).
42 Storia della Chiesa I

dell’autorità civile. Di conseguenza i rappresentanti della Chiesa e quelli dello


Stato sono personalità distinte3.

3. LE ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE

a) La gerarchia

In questo sec. IV la Chiesa è suddivisa in una serie di comunità locali,


sottomesse all'autorità del vescovo: la Chiesa vescovile o diocesana4 è l'unità di
base. Ormai è bene stabilita la distinzione tra fedeli e clero, esso stesso fortemente
gerarchizzato: vescovo, presbiteri, diaconi, suddiaconi e chierici minori. Ogni città
ha il suo vescovo. I vescovi di una stessa provincia sono raggruppati poi sotto
l'autorità del metropolita*, ossia l’arcivescovo della città principale; i vescovi
invece delle sedi più antiche o delle città più importanti godono di una maggiore
autorità e perciò, a partire dal V sec., sono chiamati patriarchi*.
Appare sempre più chiaro il compito direttivo e unificatore della Chiesa
di Roma, soprattutto a cominciare dal pontificato di Damaso (366-384), il primo
che chiama la Chiesa di Roma "Sede apostolica". Con papa Siricio (384-399)
appaiono le prime "decretale", lettere o decreti che regolano le questioni religiose di
interesse generale. Gelasio I (492-496), poi, è il primo ad affermare chiaramente la
distinzione tra il potere civile e quello religioso e che lo stesso imperatore non deve
imporgli la sua autorità.
Nel sec. IV è ancora la comunità cristiana - clero e popolo - che elegge il
suo vescovo, con la conferma del metropolita e degli altri vescovi della provincia:
questi decidono sulla regolarità della elezione e ordinano l'eletto. La nomina degli
altri membri del clero viene fatta dal vescovo dopo aver interpellato la comunità.
Ma, in seguito, l'elezione del vescovo è fatta dal solo clero locale, con la conferma
dei vescovi della provincia. Dal sec. VI il diritto di scegliere il nuovo vescovo sarà
riservato ai soli vescovi della provincia, che dovranno poi ottenere il consenso
dell'imperatore bizantino o del capo del nuovo regno sorto dopo il crollo dell'im-
pero romano occidentale (regno dei Franchi in Gallia, regno dei Visigoti in Spagna,
regno degli Ostrogoti in Italia...).

b) Concili e sinodi

3
Tale distinzione non sarà rispettata nel Medioevo "feudale" quando non solo l'autorità
civile interverrà nel campo religioso o quella religiosa nel campo civile, ma ci sarà
confusione di competenze nei responsabili stessi della Chiesa, e molti vescovi, nei
territori della loro diocesi, avranno anche un’autorità civile (sec. VIII-X ed oltre).
4
Dal sec. IV, il termine "diocesi" indica la Chiesa vescovile o Chiesa locale.
Cap. VI - L'impero cristiano 43

Numerosi "concili*" o "sinodi*" chiariscono problematiche dottrinali e


disciplinari della Chiesa: precisazione del dogma*, cioè delle verità contenute nella
rivelazione; fissazione del calendario liturgico, elaborazione del diritto
ecclesiastico. Si svolgono i primi grandi concili ecumenici di Nicea I (325) sulla
divinità del Figlio e di Costantinopoli I (381) sulla divinità dello Spirito Santo,5 e
tanti sinodi provinciali: per es. di Sardica (l’attuale Sofia, 343) che, tra l'altro,
riconosce nel vescovo di Roma il supremo appello per la Chiesa nelle più
importanti questioni disciplinari; di Cartagine (411) che condanna la dottrina di
Pelagio*, monaco britannico che negava il peccato originale, e considerava la
natura uomana capace si salvarsi da sola ed operare il bene. Queste verità di fede e
decisioni locali saranno poi proposte alla Chiesa universale.

4. LA CELEBRAZIONE DEI SACRAMENTI

Nel sec. IV l'Eucarestia è celebrata ogni giorno, ma più solennemente la


domenica. Dopo la preparazione penitenziale, seguono la liturgia della Parola e la
liturgia eucaristica, separate dal congedo dei catecumeni e dei penitenti non ancora
ammessi alla comunione eucaristica6. Se si eccettua la Siria del nord, dove
subentra la prassi di celebrare l'Eucarestia volgendo le spalle al popolo, in tutte le
altre Chiese l'Eucarestia viene celebrata dal vescovo assieme ai sacerdoti, rivolti
verso il popolo.
Dal sec. V, l'Anno liturgico si sviluppa attorno ai due grandi avvenimenti
dell’dell’'Incarnazione, preparata dal tempo particolare dell’Avvento; e della
Resurrezione, preparata da un tempo di penitenza, la Quaresima. Accanto alle
liturgie orientali e a quella romana, si formano la liturgia ambrosiana (Milano) e
quella gallicana, in Francia.
Il Battesimo rappresenta spesso una tappa decisiva nella vita spirituale.
Anche se si allarga la prassi del battesimo ai bambini nelle famiglie già cristiane,
molti aspettano l'età matura (25/30 anni) per farsi battezzare. Normalmente il
Battesimo si celebra la vigilia di Pasqua; subito dopo vengono celebrate la Cresima
e l'Eucarestia.
La Penitenza è amministrata per i soli peccati gravi e sociali ed è pubblica,
anche se l'accusa è privata in un colloquio con il vescovo. La riconciliazione non è
concessa se non dopo un periodo di espiazione (preghiere, digiuni, elemosine...)
che può durare anni interi e qualche volta fino alla morte e, almeno in Occidente,

5
Si svilupperà in un capitolo a parte lo studio dei primi concili ecumenici (capitolo
seguente).
6
La celebrazione eucaristica verrà in seguito indicata con la parola "messa", che in
origine significava il "congedo" dei catecumeni e dei penitenti.
44 Storia della Chiesa I

non è ripetibile! Tuttavia l'eccessiva severità di tale disciplina non ha potuto


conservarsi. Nella Chiesa greca e poi nella Chiesa romana, fatta eccezione per i
delitti gravi, noti a tutti e giudicati tali anche dal tribunale civile, la concessione di
partecipare all'Eucarestia viene rimessa al senso di responsabilità dei singoli fedeli.
In tal modo la penitenza assume un carattere privato (accusa, assoluzione e
penitenza segrete) e diventa ripetibile. Tale pratica si generalizzerà a partire dal
sec. VIII.
Per quanto gli apostati (coloro che hanno rinnegato la fede), molti non
vogliono concedere loro la riconciliazione. In Egitto, in opposizione all'arcivescovo
Pietro di Alessandria, Melezio, vescovo di Licopoli, organizza una Chiesa
scismatica, la "Chiesa dei martiri", con una propria gerarchia, ma avrà poco seguito.
In Africa, in opposizione al vescovo di Cartagine, il vescovo Donato (da qui il
nome di "donatisti") organizza la "Chiesa dei Santi", condannata dalla Chiesa
romana e alternativamente perseguitata e tollerata dagli imperatori. Questa Chiesa
scomparirà dopo l'invasione dei Vandali (429).
Si sviluppa anche il culto dei martiri, in modo talvolta esagerato (mercato
delle reliquie). Il trasferimento delle reliquie è occasione di feste grandiose. Una
caratteristica di questo tempo sono i pellegrinaggi ai luoghi santi, alle catacombe
dei martiri, alle tombe dei confessori, come s. Martino di Tours, e degli eremiti
come s. Antonio abate.

5. I PROGRESSI DEL CRISTIANESIMO

Agli inizi del sec. V, la Chiesa è diffusa in tutte le provincie dell'impero:


penetra nelle città, nelle campagne, raggiungendo anche l'ambiente dell'aristocrazia
e della cultura. Si moltiplicano le diocesi (per esempio, nell'Italia del nord da
cinque o sei, come sono accertate nel 300, diventano una cinquantina; in Gallia da
22, nel 314, passano a 70). L'Asia Minore centrale (Cappadocia) dà alla Chiesa
meravigliosi teologi e vescovi come i due fratelli Basilio il Grande, arcivescovi di
Cesarea di Cappadocia, e Gregorio, vescovo di Nissa, e il loro amico di studi,
Gregorio di Nazianzo, patriarca di Costantinopoli .
Il vangelo si irradia anche al di là dei confini dell'impero romano. Certo
solo con papa Gregorio Magno (590-640) si formeranno missioni ufficialmente
organizzate, tuttavia il sec. IV conosce un'evangelizzazione spontanea e generale
dei popoli confinanti col mondo romano.
Le migrazioni dei popoli nord-europei avevano portato un gruppo di tribù
germaniche, i Goti, a installarsi fin dal sec. III nelle pianure che costeggiano il Mar
Nero. La loro evangelizzazione sarà opera soprattutto di Ulfila, che aveva avuto il
primo contatto con la fede attraverso vescovi ariani. Di conseguenza Ulfila
organizza la Chiesa dei Goti (tra il 341-383) secondo la dottrina arina, divenendone
un grande diffusore. Lentamente l'arianesimo diventa in qualche maniera la
Cap. VI - L'impero cristiano 45

religione nazionale di quasi tutti i popoli germanici, dal Danubio al Reno. Soltanto
i Franchi e una buona parte dei Longobardi sfuggono all'influenza dell'ariana.
In Mesopotamia (l’attuale Iraq), sorgono nuove comunità cristiane malgrado
la persecuzione di Shâpur II (310-380) a Edessa (Urfa, in Turchia), a Seleucia-
Ctesifonte, vicino Bagdad (Iraq), a Nisibi, sul lago di Urmia (Iran) ecc. Le
comunità si moltiplicano lungo il Golfo Persico e nel Khorasan (nord-est dell'Iran),
preparando la penetrazione cristiana in Asia Centrale.
Sotto la contrastata influenza dell'impero romano prima e di quello persiano
poi, la Chiesa armena (tra il Mar Nero e il Mar Caspio) si consolida sotto la guida
del vescovo Gregorio Illuminatore (280-290) e grazie anche alla conversione del re
Tiridate (280 ca.).
Il cristianesimo penetra anche nell'Azerbaigian, a est dell'Armenia. Una
prigioniera cristiana, Nina, dà origine alla Chiesa georgiana (330 ca.). Ci sono
comunità cristiane anche nei paesi arabi, guidate dal monaco Mosè, vescovo di
Faran, nella penisola del Sinai (374 ca.).
E' bella la storia di due giovani di Tiro (Libano), Frumenzio e Edesio.
Partiti per esplorare e far commercio in India, fatti poi prigionieri dai pirati durante
il ritorno e venduti come schiavi alla corte del re di Etiopia, Aksum. Essi
convertono il re e ritrovano la libertà. Sulla via del ritorno in patria si fermano ad
Alessandria per informare il vescovo Atanasio. Questi consacra Frumenzio
vescovo e lo manda a organizzare e sviluppare la Chiesa da lui fondata. Nel sec. V
il popolo etiope sarà quasi totalmente convertito alla fede.

• Che cosa rappresenta per la Chiesa l’editto di Milano? A quali


rischi ha esposto la Chiesa?
• Il vescovo da chi veniva eletto nel IV secolo? Ed oggi?
• Parla delle caratteristiche della vita cristiana nel IV secolo.
46 Storia della Chiesa I
Cap. VII - Origine e sviluppo del monachesimo 47

ORIGINE E SVILUPPO DEL MONACHESIMO


(III - V sec.).

Con la pace della Chiesa, l’eventualità del martirio spa-


risce. Diventare cristiano non comporta alcun rischio e la
vita evangelica soffre di un certo rilassamento. Molti desi-
derano vivere un vita più fervente, meno coinvolta nelle
preoccupazioni del mondo, andando nel deserto. E’
l’origine del monachesimo. I primi monaci vivono da soli-
tari, nello spirito dei martiri. Presto, però, i monaci si or-
ganizzano in vita comune sotto una regola che mette in ri-
salto la volontà di Dio, e la cui osservanza è garantita da
un superiore. Con Basilio, l'accento viene messo sulla vita
comune e sulla pratica del comandamento nuovo dell'amo-
re reciproco, riflesso dell'amore trinitario.

1. ORIGINE E NATURA DEL MONACHESIMO

All'epoca delle persecuzioni il martirio si presentava come la grazia supre-


ma per imitazione Cristo ed entrare nella gloria di Dio. Ogni cristiano si preparava
ad accoglierla perché «Era il tempo in cui il martirio bussava alla nostra porta fin
dal momento della nascita...»1.
Ma con il riconoscimento della Chiesa da parte del potere civile, i cristiani
cominciano ad essere coperti di privilegi; il popolo si converte in massa, spesso
superficialmente; molti si fanno cristiani più per imitare l'imperatore che per con-
vinzione personale ed i rappresentanti della Chiesa, secondo la mentalità del mon-
do, aspirano alla carriera. San Girolamo scrive con amarezza: «Da quando la
Chiesa ha imperatori cristiani essa è certamente cresciuta in potenza e in ricchez-
za, ma è diminuita in forza morale»2.

1
Origene, Omelia su Geremia 4, 3 .
2
Girolamo, Vita di Malchus, in Patrologia latina, 23, 55 B.
48 Storia della Chiesa I

Il cristianesimo si è diffuso è vero, ma la qualità di coloro che vi


aderiscono ne soffre.
La decadenza della vita cristiana, in particolare nelle città, è una del-
le cause maggiori del Monachesimo cristiano che, con la fuga dal mondo,
la solitudine, l’ascesi3, si propone come la condizione migliore per incam-
minarsi sulla via della perfezione secondo i consiglie evangelici.
Il "martirio quotidiano"4 di una vita fatta di preghiera, rinuncia, mor-
tificazione per amore di Dio viene così assimilato al martirio di sangue, fa-
cendo diventare il monaco il modello del cristiano “perfetto. Ai tempi tempi
delle persecuzioni era invece il martire a rappresentare il modello più alto di
una vita di perfezione.
Due osservazioni.
Innazitutto il Monachesimo non è solo uno stile di vita cristiano, ma
attualizza, secondo la sua specificità, uno degli ideali più radicati nella strut-
tura stessa della natura umana. La storia delle religioni ne ritrova
l’equivalente nelle civiltà e nelle culture più diverse: India, Asia centrale,
Cina e forse anche nell’America pre-colombiana. Ovunque si trova la gran-
de corrente dei "solitari" della storia umana. Tuttavia il Monachesimo cri-
stiano nasce all’interno della chiesa istituzionale e l’ascesi cristiana fa cal-
colo della grazia divina; è “rinuncia” a se stessi per seguire Cristo ed essere
più uniti a Lui, non per dimenticare la triste condizione mortale.
Inoltre è necessario sottolineare l’importanza ecclesiale del Mona-
chesimo. Il ritirarsi dei monaci nel deserto, la loro ricerca di santità solo ap-
parentemente è un fatto personale, in realtà la loro santità possiede una
grande irradiazione ed influisce su altri cristiani come un punto di attrazio-
ne. I monaci si ritirano dal mondo, ma il mondo o più precisamente gli uo-
mini vanno a cercarli per essere sostenuti e accompagnati nella loro vita cri-
stiana. Così il Monachesimo agisce nella Chiesa, ieri come oggi, come un
fermento, come un modello ed una sfida che non permette ai cristiani di tutti
i tempi di fermarsi al solo orizzonte terreno.

2. SANT'ANTONIO, IL GRANDE

Alla fine del III secolo, il Monachesimo si sviluppa dapprima se-


condo la forma eremitica in Egitto dove trova un clima e un ambiente fa-

3
"Ascesi", dal greco "askesis", esercizio morale, con la pratica non solo dei comanda-
menti, ma anche dei consigli evangelici (Mt 19, 12.21; Fil 2, 8).
4
Cf. Girolamo, Vita di Malchus, in Patrologia latina, Lettera 22.
Cap. VII - Origine e sviluppo del monachesimo 49

vorevole. I primi monaci eremiti si installano prima vicino alle città e ai vil-
laggi, poi si ritirano nel deserto per facilitare l’ascesi e la solitudine con Dio.
Tra gli altri ricordiamo San Antonio il Grande (251 – 355), per la
sua fama di santità, viene considerato "il padre dei monaci".
Antonio proviene da una famiglia di contadini della regione di Men-
fi a sud del delta del Nilo. Nato nel 251 circa, cristiano di nascita e già mol-
to religioso, egli si converte alla vita perfetta verso i 18 o 20 anni, quando,
entrato in chiesa, sente leggere le parole di Gesù al giovane ricco: «Se vuoi
essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un te-
soro nel cielo; poi vieni e seguimi» (Mt 19,21). Lasciando tutto, Antonio
vive dapprima come solitario, non lontano dal villaggio nativo, per poter
approfittare dei consigli di un anziano più esperto; poi, per circa 20 anni, si
ritira in un fortino romano abbandonato fra il Nilo ed il Mar Rosso; alla fine
si inoltra nel deserto, presso un pozzo dove erige una celletta (oggi vi sorge
un monastero abitato da monaci copti*). Muore quasi centenario nel 356.
Antonio conduce una vita povera ed ascetica, vissuta nella preghiera
e nel lavoro. Sempre in dialogo con il Signore, aiutato dalla recitazione del-
la Scrittura, specialmente dei salmi, prolunga la sua contemplazione in lun-
ghe veglie; lavora l'orto per avere di che mangiare e mortifica il corpo con la
padronanza perfetta delle passioni. Con Antonio il dialogo con Dio diventa-
va spesso un dialogo con gli uomini, perché la sua porta era sempre aperta a
chi aveva bisogno.
In seguito egli accoglie presso di sé qualche discepolo, esercitando
così la paternità spirituale che è una delle caratteristiche della vita con-
sacrata. Antonio si reca a visitare anche i suoi primi discepoli che a loro
volta hanno costruito le loro celle nelle rocce ai margini della valle del Nilo.
Riceveva la visita di un numero sempre più rilevante di persone, che vengo-
no a chiedere preghiere, guarigione o consiglio, ed anche di pellegrini "con-
tagiati" dal suo esempio, ma anche i vescovi, come Atanasio di Alessandria,
consapevoli che il loro apostolato trovava nella vita di questo Padre del de-
serto fiumi di sapienza.
L'amicizia tra Antonio e Atanasio è significativa della funzione
ecclesiale esercitata dai monaci cristiani. Solo due volte Antonio esce dal
deserto per andare ad Alessandria, ma sempre per motivi apostolici: la pri-
ma volta, durante la persecuzione di Diocleziano, va a sostenere i confesso-
ri, esponendo se stesso al martirio; la seconda, nel più vivo delle lotte aria-
ne, porta al vescovo l'appoggio del suo prestigio personale per aiutarlo a di-
fendere la verità della fede.
50 Storia della Chiesa I

3. I GRUPPI DI ANACORETI

Già durante la vita di Antonio e ancor più dopo la sua morte, il mo-
nachesimo si diffonde nel mondo cristiano, arricchendo la Chiesa di una
forma nuova di vocazione alla santità.
Poco a poco questa forma si organizza con il raggruppamento di
monaci, reso necessario per le imprudenze ed esagerazioni commesse per
osservare l’ascesi: questa soluzione favoriva l’equilibrio fra solitudine e vita
comune, i due poli della vita umana.
In queste colonie di monaci ciascuno vive, lavora e medita da solo
nella sua cella o nel suo giardino; però tutti si radunano per la preghiera in
comune, sia ogni giorno nelle ore fissate (è questo l'inizio dell'ufficio divi-
no: il breviario), sia ogni settimana per la liturgia solenne del sabato sera o
della domenica. Quelli che sono giudicati degni e capaci di una più grande
solitudine si riuniscono più raramente.
I monaci di questo tempo sono quasi tutti laici; vestono tutti allo
stesso modo: una tunica nera, con cintura di cuoio, e sopra una pelle di pe-
cora o di capra con cappuccio. Inoltre il numero dei sacerdoti nei monasteri
maschili è limitato al necessario, solo cioè per assicurare il servizio divino.
La sapienza dei monaci dell'Egitto ci è stata trasmessa dai racconti
dei visitatori, dalle diverse "vite", dalle "Istituzioni" e "Conferenze" (420
ca.) di Giovanni Cassiano, monaco di origine rumena, abate di San Vittore
di Marsiglia (Francia), dalle raccolte di massime o apoftegmi,5 in cui tutta la
spiritualità si riassume in un aned-doto, in una frase. Così il motto del santo
abate Arsenio (350ca.-445), diacono di Roma, ritirato nel deserto di Scete,
in Egitto: «Fuggi, taci, stai tranquillo!»6.

4. PACOMIO E “LA VITA COMUNE”

Lo sviluppo della vita anacoretica in raggruppamenti comportava


ancora molti pericoli perché i monaci continuavano a vivere per la maggior
parte del tempo isolati. Il numero poi dei monaci dispersi nei luoghi solitari
era troppo alto.
Ecco allora il formasi di un nuovo tipo di monachesimo che, per reazione,
non mette più l'accento sulla solitudine ma sul cenobio, sulla "vita comune" e, di
conseguenza, sull'obbedienza. L’iniziatore del Monachesimo cenobitico è Pacomio
( 290 ca. – 346).

5
"Apoftegma", voce greca significante: sentenza, motto breve e arguto sotto forma spes-
so saporita.
6
In PG, 55, 88 BC.
Cap. VII - Origine e sviluppo del monachesimo 51

Dopo essersi esercitato per sette anni alla vita solitaria, Pacomio fonda, ver-
so il 320, la sua prima comunità a Tabennesi, un villaggio a sud dell'Egitto. In se-
guito fonda altre comunità (nove monasteri maschili e con sua sorella, Maria, due
femminili) e compone per esse una regola, che è la più antica che si conosca.
Cinto da un muro, il monastero pacomiano comprende, con la cappella, una
serie di case fatte per una ventina di monaci ciascuna, sotto l'autorità di un priore;
tutte le case fanno capo all' "abate" che, con il suo assistente, assicura la direzione
spirituale della comunità e il buon funzionamento dei servizi (panificio, cucina,
infermeria...).
Le case delegano ogni settimana il numero di monaci necessario per questi
lavori. La maggior parte della giornata è occupata nel lavoro (servizi, lavoro nei
campi, intrecciatura di giunchi per ceste e stuoie, lavoro del papìro per fogli da
scrivere...). Ogni gruppo di lavoro ha il proprio capo, il quale rende conto all'abate.
Tutto è all'egiziana, come al tempo dei faraoni, i cui sovrintendenti vigilavano sul
lavoro; la differenza sta nel fatto che qui il lavoro si svolge volontariamente.
Pacomio muore nel 346, mentre la sua opera continuava a diffondersi. Gi-
rolamo racconta che a Pasqua, quando i monaci dei monasteri retti dalla regola di
Pacomio venivano pellegrinando a Tabennesi, se ne potevano vedere radunati fino
a 5000. Un numero così alto di monaci fa capire che il monachesimo di Pacomio è
stato una specie di movimento sociale: non era solo il desiderio di perfezione a
muoveva tante persone ad abbandonare il lavoro nelle città, ma la grande umanità
con cui venivano trattati.

5. LA COMUNITÀ DI SAN BASILIO

All'inizio del sec. IV Il monachesimo si diffonde anche nel vicino Oriente:


in Palestina, in Siria e in Asia Minore.
Uno sviluppo decisivo si realizza con Basilio "il Grande" (329 – 379) ori-
ginario della Cappadocia. Appena battezzato, a soli 26 anni, nel 357 circa., si fa
monaco e, dopo un viaggio di in Egitto, si stabilisce in una proprietà di famiglia sui
monti del Ponto (Turchia centrale), insieme ad un gruppo di amici. In seguito Basi-
lio viene chiamato a servire la Chiesa di Cesarea in Cappadocia dapprima come
sacerdote (365), poi come arcivescovo (370-379).
Con Basilio prende forma una nuova concezione dell'istituzione monastica
che sarà esemplare nella storia della Chiesa e avrà uno sviluppo originale in Occi-
dente con il monachesimo benedettino (VI sec. in poi).
Nei monasteri basiliani l'accento è messo infatti sulla vita comune come
quadro normale dello sviluppo della vita spirituale. Capendo che la vita cristia-
na è soprattutto vita comunitaria, Basilio, nelle due regole che scrive per i monaci,
52 Storia della Chiesa I

ritorna insistentemente sull'unità a cui i monaci devono tendere attraverso l’amore


scambievole, realizzando con ciò la promessa di Gesù a chi è unito nel suo nome7.
Di conseguenza agli esempi dell'Antico Testamento, tanto cari ai primi soli-
tari, come la vocazione d'Abramo e l'ascensione di Elia, Basilio aggiunge l'imita-
zione degli apostoli e della prima comunità cristiana di Gerusalemme, com'è de-
scritta negli Atti. Abbandonate certe stranezze degli anacoreti, egli mette in rilievo
la carità fraterna e l'obbedienza, che comporta la rinuncia alla propria volontà e
l'abbandono fiducioso in Dio, nella persona del superiore.
In questo spirito il concilio di Calcedonia (451) decreta che non si può edi-
ficare un monastero o una casa di preghiera senza il consenso del vescovo della
città e che il vescovo deve vigilare sul buon andamento dei monasteri.

6. LO SVILUPPO DEL MONACHESIMO IN OCCIDENTE.


S. GIROLAMO

Dall'Oriente il Monachesimo raggiunge l'Occidente, dove si associano in


comunità anche le vergini. Spesso si verifica il fatto che accanto ad un grande ini-
ziatore di vita monastica si trova una sorella o una parente o una conoscente che
traduce nell'ambiente femminile gli stessi ideali ascetici.
E' il caso della sorella di Ambrogio, Marcellina, consacrata a Dio nella ver-
ginità da papa Liberio (353 ca.); della sorella di Agostino, superiora di un mona-
stero a Ippona (Annaba, in Algeria); della discepola di Girolamo, Paola, fondatrice
di un monastero a Betlemme.
I primi monaci sono presenti a Roma nel 341, ma il Monachesimo si svilup-
pa con l'influsso di S. Girolamo ( 347 – 420 ca). Nato in Dalmazia (Iugoslavia),
Girolamo riceve il battesimo all'età di 19 anni, e abbraccia la vita monastica a Tre-
viri in Gallia (oggi in Germania). Nel 373, si trasferisce in Oriente e vive tre anni
come eremita nel deserto di Calcide, vicino ad Antiochia, dove impara l'ebraico e si
perfeziona nel greco; quindi viene a Roma, chiamato da papa Damaso (366-384),
come suo consigliere e segretario.
Oltre al doppio lavoro di preparare il nuovo testo latino della Sacra Scrit-
tura8 e di aiutare il papa nel disbrigo della corrispondenza della Santa Sede, già
molto estesa, Girolamo si dedica a formare alla vita perfetta una cerchia di vergini e
vedove romane, che si raggruppano attorno a lui. Egli ha capito che esse, per quan-

7
Cf. Basilio, Regole 37,4, in PG 31, 1014; Epistolario, lettera 97; Costituzioni ascetiche
34,1, in PG 31, 1423-26 (testi citati da C. Lubich, Dove due o tre [... ]. (1976): Scritti
spirituali/3, Città Nuova, Roma 1979, p. 182-184).
8
Questa versione latina della Bibbia è detta "Volgata", dal latino "vulgus", basso popo-
lo, plebe, cioè la Bibbia nella lingua del popolo.
Cap. VII - Origine e sviluppo del monachesimo 53

to vivano in una città tumultuosa come Roma, possono trovare nella castità e nella
vita comune "il deserto". In seguito all’attacco di alcuni membri del clero e della
nobiltà romana, gelosi della sua influenza, Girolamo lascia Roma nel 385, dopo la
morte di Damaso, e si ritira a Betlemme. Qui vive come semplice monaco, occupa-
to nei suoi impegnativi lavori e nella cura del monastero femminile fondato dalla
sua figlia spirituale, Paola.
Girolamo muore nel 419/420, dopo una vita piena di attività, da buon servi-
tore del Vangelo. Aveva scritto: «Leggi? Scrivi? Vegli? Dormi? Sia l'amore
l'unico motivo che il corno pastorale ti fa risuonare continuamente alle orecchie;
sia questo liùto che ti tiene desta l'anima». «Ogni giorno si muore, tutto passa [...
] l'unico vero guadagno che resta è la nostra unità nell'amore di Cristo»9.
Intanto il monachesimo continua ad estendersi in Occidente: in Italia a Mi-
lano con Ambrogio, in Africa, in Spagna, in Gallia con San Martino, che fonda i
monasteri di Ligugé, presso Poitiers e di Marmoutier presso Tours e manda piccoli
gruppi di monaci a evangelizzare le campagne. Nel 400 circa Onorato, più tardi
vescovo di Arles, fonda il monastero dell'isola di Lerino, presso Nizza, che diventa
un centro di attività scientifica e di formazione di ottimi vescovi: poco dopo Gio-
vanni Cassiano fonda a Marsiglia due monasteri, uno maschile, l'altro femminile.
La spiritualità del monachesimo d'Occidente si alimenta sempre alle sue
sorgenti orientali mediante pellegrinaggi ai monasteri dell'Egitto, la traduzione del-
le "vite", degli "apoftegmi" e delle regole. Benedetto da Norcia avrà poi il merito
di dare al monachesimo occidentale equilibrio e originalità con la sua celebre rego-
la (dopo il 534).
I discepoli di questi padri della vita monastica svolgono anche un’attività
apostolica, caritativa e cultuale, ma essa non diverrà mai il primo scopo dell'istitu-
zione monastica che consiste invece nella nella preghiera e nella ricerca
dell’unione con Dio.

9
Girolamo, Lettera a Pammachio, 66,10, e Lettera a Eliodoro, citate da S. Cola, Padri
della Chiesa. Profili, Città Nuova, Roma 1965, p. 181 e 192.
54 Storia della Chiesa I

7. I MONASTERI VESCOVILI DELL'OCCIDENTE

Nel corso del IV-V secolo, con i grandi vescovi Eusebio di Vercelli, in Pie-
monte, Agostino di Ippona in Algeria e Cesario di Arles, in Francia, si verifica
qualcosa di originale e cioè il ritorno del clero alla vita comunitaria degli apo-
stoli a imitazione dei monaci, anche per reagire alla "secolarizzazione" del clero,
che provilegi e ricchezze indebolivano la loro vita di servizio a Dio.
Nella casa vescovile si provvede anche a far istruire i giovani da parte dei
più anziani, creando così una specie di seminario.
L'esempio di Agostino è particolarmente interessante.
Agostino, dopo il battesimo, abbraccia lo stato monastico e fonda nella sua
città natale di Tagaste, (oggi Souk-Ahras, in Algeria, 388 d.C.), una comunità con
un carattere nolto orignale perché si presentava come un monastero di "intellettua-
li", dove al lavoro scientifico e filosofico si univa quello della vita religiosa, realiz-
zando così, sul piano cristiano, il sogno del filosofo Plotino (sec. III), quello di una
comunità di uomini di pensiero.
Tuttavia questa iniziativa resta, almeno per quel tempo, senza seguito.
Chiamato ad entrare nel clero di Ippona (391), Agostino rinuncia al suo sogno di
una vita di solitudine e di meditazione, ma non all'ideale evangelico. Fatto sacerdo-
te, egli raggruppa attorno a sé un certo numero di chierici; consacrato poi vescovo,
nel 395, fa di questa comunità il monastero vescovile. Agostino aveva capito che
l'unità era la strada evangelica più diretta per trovare Dio e donarlo al suo popolo.
La "regola di s. Agostino" che servirà da modello a numerose riforme della
vita monastica, comincia così: «Al di sopra di tutto, fratelli carissimi, si deve ama-
re Dio e il prossimo [... ]. Lo scopo primo per cui vi trovate radunati in comunità è
quello di abitare unanimi in questa casa, e di avere tra voi un'unica anima e un
unico cuore in Dio»10.

• Che cos’è il monachesimo? Quali sono le sue caratteristiche fonda-


mentali?
• Chi sono gli iniziatori del monachesimo orientale ed occidentale?
Quale l’apporto specifico di ciascuno di loro?
• La vita monastica è attuale anche oggi?

10
Agostino, Lettera 211.
Cap. VIII - I primi concili ecumenici 55

I PRIMI CONCILI ECUMENICI


(IV -V sec.)

Di fronte all'erronea comprensione del mistero di Dio e


del mistero di Cristo, la Chiesa deve precisare la propria
fede: è l'epoca dei quattro grandi concili ecumenici della
storia che definiscono la verità rivelata: Dio è Trinità
nell'unità, Gesù è vero Dio e vero uomo.

1. LA FEDE NELLA TRINITA'

A partire dal II secolo di diffondono alcune dottrine erronee che spingono la


Chiesa a salvaguardare ad un tempo il monoteismo biblico e la fede trinitaria pro-
fessata nel battesimo. Per gli "adozionisti"1 il Figlio è Dio ma non allo stesso modo
del Padre e contro di loro la Chiesa afferma più di una volta la sua fede nella divi-
nità del Cristo. Un’altra tendenza insegnava invece una certa inferiorità o "subordi-
nazione" del Figlio al Padre (da cui il nome di "subordinazionismo").
Prima della pace della Chiesa i contrasti dottrinali rimanevano localizzati,
ma dopo il 313 essi si diffondono rapidamente in tutto l’Impero. E così una crisi
nata nella Chiesa d’Alessandria interessa ben presto tutto l’Oriente.
Infatti, all'inizio del sec. IV, Ario, un sacerdote di Alessandria, interpretando
in modo unilaterale le parole di Gesù: «Il Padre è più grande di me» (Gv 14, 24) e
dimenticando altre parole dove Gesù si presenta come l'uguale del Padre (Gv 1, 4; 8,
24; 10, 30; 17, 5; cf. Fil 2, 6-9; Eb 1, 3 ecc.), afferma che il Figlio era stato concepito
come la prima creatura del Padre. Per controbattere l'eresia di Ario, il vescovo
Alessandro, convoca ad Alessandria un sinodo provinciale (318) che scomunica
Ario, precisando che il Padre è più grande di Gesù come uomo, non come Dio.
Tuttavia la dottrina di Ario si diffonde rapidamente e semina la zizzania nel-
le comunità. E’ l’occasione per la Chiesa di affermare la divinità piena e assoluta
del Figlio, "consustanziale", cioè "della stessa sostanza" o "della stessa natura" del
Padre.

1
Secondo gli "adozionisti" (fine sec. II e inizio del III) Gesù sarebbe stato un semplice
uomo "adottato" come Figlio di Dio.
56 Storia della Chiesa I

a) Nicea, il primo grande concilio della storia (325)

Ario non accetta la condanna e molti sono coloro che accettano le sue posi-
zioni. Ad Alessandria ed in altre città orientali scoppiano disordini: nelle piazze,nei
teatri si scambiano ingiurie teologiche. Per riportare la calma, l'imperatore Costan-
tino decide di convocare tutti i vescovi dell’impero in un grande concilio.
Lungo i secoli c’erano stati molti concili locali, ma convocando tutti i ve-
scovo a Nicea (Iznik, a nord-ovest della Turchia) Costantino inizia una nuova isti-
tuzione nella Chiesa: il concilio ecumenico, cioè universale.
All'assemblea conciliare di Nicea partecipano circa 220 vescovi orientali, 5
vescovi occidentali, i 2 legati del papa e lo stesso imperatore. Dopo lunghi e agitati
dibattiti, i Padri conciliari proclamano il simbolo della vera fede, cioè il credo della
Chiesa: il Figlio è «Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non
creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state
create in cielo e in terra [...]».2 La maggiornaza dei vescovi confermano la con-
danna di Ario ad eccezione di due padri conciliari, che non ratificano neppure la
definizione del credo. Essi vengono scomunicati dal concilio e mandati in esilio
dall'imperatore!
Il Concilio di Nicea regola anche due questioni disciplinari: lo scisma di
Melezio, vescovo di Licopoli in Egitto, che ha fatto alcune ordinazioni sacerdotali
irregolari, e la data della festa di Pasqua, decidendo che sarà quella adottata da Ro-
ma e da Alessandria.
La condanna dell'arianesimo non impedisce però il diffondersi dell'eresia in
Oriente che, per quasi tutto il sec. IV, sarà impegnato in violenti contrasti tra ve-
scovi fedeli alla fede di Nicea e vescovi ariani. Quest'ultimi rifiutano il termine so-
stanza perché la parola non si trova nella Scrittura; a Costantinopoli sono loro alla
guida di quasi tutte le chiese. La situazione è resa ancora più drammatica dall'impe-
ratore Costantino che, dopo aver dato il suo appoggio al Credo niceno, cambia at-
teggiamento nel tentativo di riportare la calma nelle regioni orientali. I contrasti in-
fatti si moltiplicano ed Atanasio, vescovo di Alessandria e grande difensore della
fede di Nicea, viene deposto dalla sua carica e mandato in esilio dall'imperatore.

b) Il I° concilio di Costantinopoli (381)

Occorre aspettare la venuta di Teodosio il Grande (379-395) e il I Concilio


di Costantinopoli (381), perché la fede autentica trionfi. In precedenza Teodosio
aveva già invitato tutti gli abitanti dell'impero ad accogliere la fede professata da
Damaso in Roma e Pietro in Alessandria (380) ed aveva restituito ai cattolici le
chiese di Costantinopoli.
Sulla linea dei chiarimenti dottrinali, forniti dai grandi teologi della Cappa-
docia, Basilio di Cesarea, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa che ammettono
2
"Simbolo* di Nicea", in Denzinger, Enchiridion symbolorum, Herder, Friburgo in
Breisgau, 29° ed. 1953, 54, pp. 29-30.
Cap. VIII - I primi concili ecumenici 57

«una natura, tre persone»,3 i 150 vescovi dell'assemblea conciliare riaffermano la


fede di Nicea sulla divinità del Figlio, insistendo anche sulla divinità dello Spirito
Santo, uguale al Padre e al Figlio, un solo Dio con loro. Il 3° articolo della fede di
Nicea, contro i negatori della divinità dello Spirito, recita così: «e (noi crediamo)
nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita e procede dal Padre (Gv 15, 26).
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profe-
ti»4.
Viene così quasi completato il simbolo della fede professato nel battesimo,
nella liturgia della domenica e delle solennità. Diciamo "quasi", perché i padri del
concilio di Costantinopoli lasciano aperta la questione della processione dello Spi-
rito Santo «dal Padre attraverso il Figlio» (secondo i greci) o: «dal Padre e dal Fi-
glio» (secondo i latini)5.
Con ciò l'arianesimo non può dirsi del tutto eliminato; comincia piuttosto a
tramontare. Sopravvivrà ancora un po' nelle tribù germaniche dei confini nordici,
che avevano ricevuto la religione cristiana nella forma ariana.
I padri del concilio di Costantinopoli promulgano anche disposizioni di or-
dine istituzionale, una delle quali accorda al vescovo di Costantinopoli, nuova capi-
tale dell'impero, il primo posto d'onore dopo il vescovo di Roma, procurando note-
vole scontento ai patriarchi delle antiche Chiese di Antiochia e di Alessandria.

2. LA FEDE NEL DIO-UOMO

All'inizio del sec. V la Chiesa deve affrontare un nuovo pericolo per salvare
la sua fede e la sua unità. Ora non si tratta più delle relazioni delle tre divine Perso-
ne, ormai chiarite per chi era in comunione con la Chiesa di Roma, ma del modo
con il quale sono unite le due nature, divina e umana, in Gesù, il Figlio di Dio fatto
uomo per noi.
Due sono le scuole di pensiero che si contrappongono: la scuola di Antio-
chia, che mette l'accento sulla distinzione delle due nature; e quella di Alessandria,
che mette l'accento sulla loro unione. Nestorio, vescovo di Costantinopoli (428),
che aveva studiato ad Antiochia, presenta in modo esagerato la dottrina dei suoi

3
Cf. Basilio, Lettera 189,6-8; Gregorio di Nazianzo, Orazione (discorso teologico) 31,
9.15-16; Gregorio di Nissa, Gli attributi comuni (riguardo alle tre divine Persone), PG
45, 177.
4
"Simbolo di Nicea - Costantinopoli", in Denzinger, ibidem 86, p. 42.
5
L'affermazione della processione dello Spirito "dal Padre e dal Figlio" ("Filioque")
rappresenta una presa di coscienza più elaborata del mistero della Trinità e un perfe-
zionamento logico della formula della fede. Il "Filioque" sarà inserito nel "credo" nel
447 dal vescovo Pastore di Valencia (Spagna)- Viene approvato poi dal sinodo nazio-
nale di Toledo nel 589 e professato dai Franchi già nel sec. VIII- In seguito, nel 1014,
viene approvato dal papa Benedetto VIII e confermato dai concili ecumenici di Lione
(1274) e di Firenze (1439).
58 Storia della Chiesa I

maestri e sostiene la separazione delle due nature, rischiando in tal modo l'unità
della persona di Cristo. Di conseguenza Maria non si può chiamare Thetokos, "ma-
dre di Dio", ma solo madre dell’uomo Gesù.

a) Il concilio di Efeso (431)

Poiché le idee di Nestorio cominciano a diffondersi nei monasteri dell'Egit-


to, Cirillo, vescovo di Alessandria, invita Nestorio a ritrattare i suoi errori e a rico-
noscere che Maria può essere legittimamente venerata come "madre di Dio", cioè
madre, secondo l'umanità, di un uomo che è Dio. Nestorio risponde a Cirillo sul
tono dell'ironia. Cirillo scrive allora al vescovo di Roma e, in seguito, un concilio
romano condannerà la dottrina di Nestorio (430). Nestorio rifiuta di sottomettersi e
fa appello al concilio generale. E’ a questo punto che l'imperatore Teodosio II e il
suo collega Valentiniano III convocano a Efeso per la Pentecoste del 431 il III con-
cilio ecumenico. I 150 vescovi presenti proclamano la reale unione delle due na-
ture in Cristo e, di conseguenza, la maternità divina di Maria.6 Nestorio viene
deposto dalla sua carica.
Anche questa volta la tregua dura poco. Eutiche, archimandrita7 di un mo-
nastero di Costantinopoli, comincia a diffondere l'errore opposto a quello di Nesto-
rio. Nestorio aveva sostenuto la separazione delle due nature, che sono invece uni-
te in Gesù; Eutiche, vede invece le due nature fuse in una sola natura, la divina. La
natura umana sarebbe come assorbita da quella divina, ma ciò significa svuotare del
suo contenuto il mistero dell'incarnazione e della redenzione! Si tratta dell’eresia
"monofisita", come sarà chiamata in seguito.
Flaviano, vescovo di Costantinopoli, avverte il pericolo e raduna un sinodo
che condanna la dottrina di Eutiche (448). Il patriarca Dioscuro di Alessandria, di-
fende però Eutiche, mosso anche dalla gelosia verso il vescovo di Costantinopoli,
la cui sede, come abbiamo visto, aveva ricevuto la preminenza su quella di Ales-
sandria. Così Dioscuro ottiene da Teodosio II la convocazione del II concilio di
Efeso nel 449. In soli due giorni, usando pressioni e impedendo l'intervento degli
stessi legati del papa, egli ottiene dall'assemblea la riabilitazione di Eutiche e la de-
posizione di Flaviano. Ma molti vescovi si ribellano e Flaviano, prima di morire
per le percosse ricevute, invia un ricorso al vescovo di Roma, Leone Magno, (440-
461) che condanna questo II concilio di Efeso, definendolo un vero e proprio "la-
trocinio".

6
Maria, "madre di Dio" (in greco "Theotokos"). Cf. Cirillo di Alessandria, Lettera II a
Nestorio, letta ed approvata dal concilio. In Denzinger, ibidem, 111a, pp. 56-57.
7
"Archimandrita", dal greco "arké", indicante: eccellenza, e "mandra", chiuso, recinto =
capo di un monastero.
Cap. VIII - I primi concili ecumenici 59

b) Il concilio di Calcedonia (451)

Alla morte di Teodosio II, il nuovo imperatore Marciano cambia la politica


religiosa e convoca il IV concilio ecumenico a Calcedonia (451) sulla riva asiatica
del Bosforo. I membri - circa 350 vescovi - presieduti dai legati del papa, condan-
nano la dottrina di Eutiche e, all'unanimità, dopo aver riconfermato la fede di Ni-
cea, affermano di credere nelle due nature di Cristo, in conformità alla lettera che
Leone Magno aveva scritto a Flaviano nel 449: «Noi insegniamo e professiamo un
unico e identico Figlio, nostro Signore Gesù Cristo [...] vero Dio e vero uomo [...]
in due nature [...] non confuse, non trasformate, non divise, non separate, poiché
l'unione delle nature non ha soppresso la loro differenza; anzi ciascuna natura ha
conservato le sue proprietà e si è unita con l'altra in un'unica persona e in un'uni-
ca "ipostasis"...8 Cioè, nonostante l'unione delle due nature nell'unica persona del
Verbo, non si verifica in Gesù nessuna mescolanza delle due nature, anzi ciascuna
di esse opera in unione con l'altra secondo le sue proprietà.
Il concilio promulga anche diversi "canoni" sulle ordinazioni sacerdotali e
episcopali e sui doveri del clero.
Con i quattro grandi concili ecumenici (Nicea I, Costantinopoli I, Efeso e
Calcedonia) vengono fissati nelle loro grandi linee i dogmi della Trinità e dell'In-
carnazione.

3. GLI ALTRI CONCILI

Prima dello scisma tra la Chiesa di Costantinopoli e la Chiesa di Roma


(1054), si terranno ancora quattro concili ecumenici: Costantinopoli II (553), che
precisa l'unione delle due nature, divina e umana, nell'unica persona del Verbo9;
Costantinopoli III (680-681) - il primo concilio convocato congiuntamente dall'im-
peratore e dal papa - che riconosce in Gesù le due volontà, divina e umana; Nicea II
(787), che giustifica il culto delle immagini; Costantinopoli IV (869-870) convoca-
to per risolvere il conflitto sorto tra Fozio e Ignazio, ambedue candidati alla sede
patriarcale di Costantinopoli.
A partire dall’XI sec. i Concili si svolgeranno in Occidente, principalmente
a Roma e a convocarli sarà solo la Chiesa di Roma. Nella storia ci sono stati com-
plessivamente 21 grandi concili: 8 in Oriente (comuni sia alla Chiesa di Roma che
alle Chiese orientali) e 13 in Occidente, ma le decisioni di quest’ultimi non sono
evidentemente accettate dalle Chiese orientali.

8
In Denzinger, ibidem, n. 148, p. 70. "Üpostasis" è la trascrizione della voce greca che
significa "soggetto" (dal greco "upò", "sotto", e "ìstemi", "pongo", "sto"); è usata qui
per precisare il senso di "pròsopon", "persona", in opposizione a "phüsis", "natura":
unione delle due nature (divina e umana) in un unico soggetto personale, il Figlio. Per-
ciò Gesù è «vero Dio e vero Uomo».
9
Tale unione è detta "ipostatica", cioè unione (delle due nature) nell'unica persona (del
Figlio).
60 Storia della Chiesa I

• Parla delle eresie principali del IV e V secolo.


• Quali sono le principali verità della fede definite nei primi
4 Concili ecumenici? Nel loro insieme cosa formano?
Cap. IX - L'epoca d'oro dei Padri della Chiesa 61

L'EPOCA D'ORO DEI PADRI DELLA CHIESA


(IV e V sec.)

Tra il IV V secolo fioriscono i più grandi pensatori e scrit-


tori dell'antichità cristiana: è l'epoca d'oro dei "padri della
chiesa”. La loro ricchissima riflessione teologica sarà di
luce ai teologi del Medioevo nell'elaborazione della nuova
sintesi tra cristianesimo, civiltà greco-romana e cultura dei
popoli germanici.

1. LA FIORITURA PATRISTICA

I più importanti Padri della Chiesa dell’epoca d’oro, tradizionalmente men-


zionati, sono otto, dei quali quattro greci: Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno e
Giovanni Crisostomo, e quattro latini: Ambrogio, Girolamo, Agostino e papa Gre-
gorio Magno. Sono tutti del sec. IV ad eccezione di papa Gregorio Magno (540-
604).
Nati durante le prime generazioni seguite alla pace della Chiesa, questi Pa-
dri formano un gruppo compatto che rappresenta un momento di equilibrio tra l'e-
redità antica, ormai assimilata, e l'ispirazione cristiana, giunta alla sua maturità.
Hanno dato un grande contributo al movimento monastico, che è servito di scuola
di perfezione a quasi tutti loro, e decisivo è stato l’apporto del loro pensiero teolo-
gico durante i primi concili ecumenici per la formulazione del simbolo della fede: il
credo.
In questo capitolo tentiamo di scoprire maggiormente quanto dobbiamo a
questi grandi scrittori cristiani. L’argomento è molto vasto, ma qui ne viene data
solo una breve sintesi come stimolo a saperne di più consultando le loro opere o
quanto scritto su di loro.
62 Storia della Chiesa I

2. QUALCHE FIGURA DI PRIMO PIANO

1. Atanasio (295 ca.-373), il difensore della fede in Oriente

L'era dei grandi Padri della Chiesa comincia con Atanasio, vescovo di Ales-
sandria, la cui opera è rivolta soprattutto alla difesa della fede nicena, in cui si
afferma l'identità di natura del Padre e del Figlio, contro gli attacchi degli ariani.
Atanasio è anche il propagatore dell'ideale monastico con la sua "Vita di sant'Anto-
nio".
Per la sua tenacia nel difendere la verità egli viene esiliato, lontano dalla sua
città episcopale, cinque volte. Il suo amore per gli amici gli fa sentire la presenza
di Gesù in mezzo ai discepoli anche se lontani, ma uniti spiritualmente: «[...] Seb-
bene ci separi la distanza, tuttavia [...] il Signore [...] ci riunisce spiritualmente
mediante la concordia e il vincolo della pace. Mentre abbiamo questi sentimenti
ed eleviamo le medesime preghiere, nessuna distanza ci può dividere poiché il Si-
gnore ci unisce e ci lega strettamente insieme. Infatti, dove due o tre si riuniscono
nel suo nome, egli stesso è presente in mezzo a loro, come ha promesso» (cf Mt
18,20).1

2. Basilio "il Grande" (329 ca.-379), il più classico dei Padri greci
Quando Atanasio muore la guida spirituale dei cattolici orientali passa nelle
mani di Basilio, nativo della Cappadocia e vescovo di Cesarea nel Ponto.2 Già dai
contemporanei egli è chiamato "il Grande". Di buona famiglia cristiana, si prepa-
rava alla carriera di funzionario quando, a 26 anni, sotto l'influsso della sorella Ma-
crina, si converte, chiede il battesimo e poi diventa monaco. Diventerà poi un
grande legislatore del monachesimo greco. Vescovo a quarant'anni (370 ca.), Basi-
lio dovette lottare contro gli attacchi degli ariani. Morì cinquantenne, nel 379, poco
prima della vittoria della Chiesa sull'arianesimo nel concilio di Costantinopoli del
381.
L'opera pastorale di Basilio è ricchissima. L'amore che anima la sua vita
comunitaria fiorisce, esteriormente, in opere caritative che testimoniano la validità
sociale dei principi evangelici: case di ritiri, orfanotrofi, lebbrosari, scuole di arti e
mestieri. Alla periferia di Cesarea fonda tra l’altro una specie di cittadella della
carità.
La teologia trinitaria di Basilio è particolarmente bella, perché è l'espres-
sione dottrinale di una vita evangelica vissuta in profondità. I suoi scritti sono pieni
di esperienza di vita monastica, iniziata nella solitudine con Dio, poi popolata da

1
Atanasio, Lettere X, 2, in PG 26, 1397 - 1398. Citato da C. Lubich, Dove due o tre [...]
(1976), Scritti spirituali/3, Città Nuova., Roma 1979, p. 168-169.
2
Di Basilio abbiamo parlato già nel cap.VII, p. 61, come fondatore di comunità monasti-
che basate sulla vita comune (ndr).
Cap. IX - L'epoca d'oro dei Padri della Chiesa 63

tanti compagni venuti ad unirsi a lui per tendere insieme alla perfezione. Basilio
comprese infatti che la vita cristiana è soprattutto vita comunitaria, vita di amore
scambievole, riflesso della vita trinitaria e scuola di essa.3
Con spirito ecumenico, Basilio tende a unificare in sé i due mondi in con-
trasto, quello orientale e quello occidentale. Sapeva che solo la Chiesa era in gra-
do, grazie all'universalità del Vangelo, di unire e di accordare in unità superiore
quelle due rispettive mentalità che da secoli sembravano inconciliabili. Significati-
vo, a questo proposito, quanto scrive a papa Damaso, pregandolo di andare di per-
sona a visitare le Chiese orientali: «Quello che manca è l'amore; come è possibile -
diceva - che la verità possa trionfare, se tra gli stessi fedeli esistono tanti dissensi e
tanta dispersione di forze?».4

3. Gregorio di Nissa (332 ca.- 394), il fondatore della teologia mistica


La vita di Gregorio di Nissa, fratello minore di Basilio, appare, storica-
mente, una catena di fallimenti. Ancor giovane, si avvia allo stato ecclesiastico, ma
dirotta presto verso gli studi profani e diventa maestro di retorica. Decide di spo-
sarsi, ma piange più tardi d'averlo fatto, non per disprezzo del matrimonio, ma per
amore della verginità, che deve essere l'atteggiamento spirituale dell'uomo, anche
sposato, per unirsi a Dio.
Gregorio spiega come l'uomo è fatto per Dio: tra gli esseri del nostro uni-
verso è l'unico che porta in sé, nel suo spirito, l'immagine di Dio (Gn 1,26). Perciò
tutto il suo sforzo sarà quello di tendere a ridonare all'immagine la somiglianza
effettiva persa per il peccato. Questo è reso possibile con il battesimo e si attua con
una vita conforme al vangelo. Allora, «colui che ha purificato il suo cuore da ogni
attaccamento alle creature intravede la bellezza di Dio nella sua anima».5 E Gre-
gorio porta l'esempio di Maria: «Ciò che successe in Maria, l'Immacolata, quando
tutta la pienezza della divinità, che era nel Cristo, risplendette su di lei, succede
ancora in un'anima che vive verginalmente. In realtà Gesù non viene più in pre-
senza fisica, ma vive spiritualmente in noi e, con sé, ci porta al Padre, proprio co-
me dice il Vangelo».6
Così Dio ha reso Gregorio maturo per un'altissima unione con Lui attraverso
esperienze che, all'occhio umano, appaiono opposte ad una vita mistica. Fu proprio
suo fratello Basilio a strapparlo alla contemplazione e ad affidargli una diocesi,
dopo averlo pressoché obbligato a farsi ordinare vescovo. «Sta di fatto che Grego-

3
Basilio parla della vita divina come "comunità continua e mai interrotta" (Lettere, 38 a
Gregorio Nazianzeno).
4
Basilio, Lettere, 70 a papa Damaso.
5
Gregorio di Nissa, 6^ omelia sulle beatitudini, in PG 44,1263.
6
Ibidem, Della verginità, 2.
64 Storia della Chiesa I

rio, per quanto sposato, per quanto strappato a se stesso e buttato nel mondo o,
anzi, proprio per questo, ha esperimentato l'unione mistica e l'ha espressa in dot-
trina, tanto da venire riconosciuto come il fondatore della teologia mistica».7

4. Gregorio Nazianzeno (330 ca.- 390 ca.), "il teologo"


Gregorio di Nazianzo è uno dei tre grandi geni della Cappadocia, chiamato
dai greci semplicemente “il teologo”. Studia con Basilio ad Atene. Verso i
trent'anni riceve il battesimo e subito dopo abbraccia la vita ascetica nel monastero
dell'amico Basilio. Quest’ultimo, divenuto metropolita di Cesarea nel Ponto, lo
consacra vescovo della piccola città di Sasima. In seguito Gregorio è chiamato a
guidare la sede di Costantinopoli, dove stava trionfando l’arianesmo. Con la sua
azione pastorale e teologica, riesce in poco tempo ad ariginare l’eresia, ma poi, sen-
tito il richiamo della solitudine, lascia la grade città e si ritira a Nazianzo dove era
nato.
La personalità di Gregorio Nazianzeno è ricca di contrasti. Poeta e con-
templativo, la sua vita oscilla tra due tendenze: l'attrattiva alla solitudine con Dio,
lontano dagli intrighi e dalle volgarità del mondo, e il richiamo delle anime. Per
timore di essere indegno del sacerdozio egli ricerca la solitudine, ma il distacco da
se stesso lo porta, all'occorrenza, a rinunziarvi per assumersi la responsabilità nella
Chiesa come sacerdote e vescovo. E' probabilmente in questa lotta interiore, per il
superamento di se stesso, che egli ha raggiunto la santità.
Il suo pensiero teologico è centrato sul mistero della vita intima di Dio
che, secondo Gregorio, possiamo comprendere grazie all’esperienza della presenza
di Dio nell’umanità: «L'Antico (Testamento) ci ha rivelato chiaramente il Padre,
mentre il Figlio è rimasto nell'ombra. Il Nuovo Testamento ci ha rivelato con
chiarezza il Figlio e solo indirettamente ci ha fatto capire la divinità dello Spirito.
Ma ora lo Spirito abita in mezzo a noi e ci porta una chiara dimostrazione di sé».8
E a proposito della verginità afferma: «Non è poca cosa essere vergini: è es-
sere annoverati fra gli angeli, fra le nature semplici; anzi, oserei dire con Cristo il
quale, anche se ha voluto nascere per somigliare a noi che nasciamo, è però nato
da una Vergine, ed ha così sanzionato la legge della verginità per trascinarci con
sé lontano da questa vita, per farci dare un taglio netto al mondo e, più ancora, per
trasferirci fin d'ora da un mondo all'altro, dalla vita presente a quella futura».9

7
S. Cola, idem, p.97.
8
Gregorio Nazianzeno, Discorsi 31, 6, in PG 36, 161 C.
9
Ibidem, Orazione 43, 62.
Cap. IX - L'epoca d'oro dei Padri della Chiesa 65

5. Ilario di Poitiers (315 ca.- 367), il difensore della fede in Occidente


Nel 350 Costanzo, protettore ed amico degli ariani, diventa imperatore uni-
co d'Oriente e d'Occidente. Nei sinodi di Arles e di Milano riusce a far condannare
il difensore della fede di Nicea, Atanasio, come perturbatore dell'impero e lo esilia.
Ma Costanzo si illude: l'Occidente, nella persona di Ilario di Poitiers, protesta con-
tro questo abuso del potere e contro le trame della falsa dottrina. Anche Ilario è
esiliato, ma fu proprio allora che inizia la disfatta dell'arianesimo.
L'esilio in Oriente è infatti una grande opportunità per Ilario, perché gli
permette di capire la mentalità dell'Oriente così a favore dell’arianesimo ed inizia
un’opera di grande chiarimento. Ilario diventa, anche in esilio, scomodo per gli
ariani, e quindi l'imperatore lo fa ritornare al suo paese d'origine, dove riprende la
sua attività di pastore e si adopera per fare rientrare nella Chiesa quelli che se ne
erano allontanati. Annota: «Mi ritengo fortunato per l'esilio che m'è toccato e ne
ringrazio con gioia il Signore, perché la pienezza del messaggio evangelico si è
radicata irremovibilmente nella mia anima... Voglio morire con questa fede...
Prima ancora di aver udito il nome degli empi, maestri di questo secolo (gli "aria-
ni"), avevo già creduto in Te. Sono stato rigenerato da Te, sono tuo per sempre».10

6. Giovanni Crisostomo (349 ca.- 407), la "bocca d'oro"


Giovanni Crisostomo, rappresenta il vertice della patristica greca. Nato ad
Antiochia da un alto funzionario imperiale, compie brillanti studi e verso i 24 anni
si fa battezzare; Dopo due anni di vita monastica, sente il richiamo dell'apostolato:
«Quanto sarebbe preferibile essere meno virtuosi, ma convertire gli altri, piuttosto
che starsene fra le montagne e vedere i propri fratelli che si dannano! [...] Un in-
namorato di Cristo ha questa caratteristica, che si occupa della salvezza dei propri
fratelli».11
A circa 26 anni rientra ad Antiochia per iniziare il ministero sacerdotale e si
dedica con ardore alla predicazione; divenuto vescovo di Costantinopoli, a 54 anni
(398), continua a lavorare alla riforma morale del popolo e del clero e si fa difenso-
re dei poveri: «Chi può fare l'elemosina e non la fa è un assassino dei suoi fratelli...
Vale molto di più nutrire Cristo che ha fame, che risuscitare i morti nel nome di
Gesù!».12
Tra quanti che si sentono attaccati dalle sue prediche si forma un partito
d'opposizione, che fa capo all'imperatrice Eudossia. Mandato in esilio - fu esiliato
due volte -, muore dopo tre anni (407), e nel 451 viene proclamato dottore della

10
Ilario, La Trinità, XI, 20-21.
11
Giovanni Crisostomo, Omelia in 1 Corinti, in PG 61, 54; L'incomprensibilità di Dio, in
PG 48, 752.
12
Ibidem, Omelia in 1 Tessalonicesi, in PG 62, 444; Omelia in 2 Corinti, in PG 61, 516.
66 Storia della Chiesa I

Chiesa dal concilio di Calcedonia. A guardare la sua vita con gli occhi dei prudenti
la si direbbe tutta un'imprudenza. È in questo modo, forse, che Giovanni Criso-
stomo ha raggiunto la santità, seguendo Gesù.

7. Ambrogio (340 ca.- 397), educatore e pastore d'anime

Figlio d'un governatore romano, Ambrogio si dedica ancor giovane al ser-


vizio dello Stato. Nel 370 ca. diviene governatore dell'Italia settentrionale con
sede a Milano. Qui, dopo la morte del vescovo ariano, Aussenzio, si teme che l'ele-
zione del nuovo vescovo possa suscitare disordini. La presenza di Ambrogio è de-
terminante e si comporta con un tale equilibrio che i milanesi lo eleggono - a voce
di popolo - addirittura loro vescovo, benché non fosse ancora battezzato, ma solo
catecumeno. In pochi giorni riceve il battesimo e gli ordini sacri. Ambrogio ha allo-
ra 34 anni!
Con il suo insegnamento e il suo comportamento Ambrogio lavora affinché
ci sia un giusto rapporto tra potere temporale e potere spirituale, tra Stato e
Chiesa. Al di fuori delle persecuzioni, che tendevano a conservare nelle mani dei
governanti l'unità del potere civile e religioso, Ambrogio può finalmente attuare il
principio del Vangelo: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che
è di Dio» (Mt 22, 21). Pur vivendo in amicizia con gli imperatori e i potenti, egli è
sempre attento, anche a rischio della vita, a salvaguardare la libertà della Chiesa ed
il diritto degli umili. E' conosciuta la fermezza della sua carità pastorale di fronte
all'imperatore Teodosio: questi aveva usato, a Tessalonica (Grecia), rappresaglie
collettive (7.000 vittime) per una sommossa dove erano stati uccisi alcuni funzio-
nari imperiali, ed il vescovo esige dall’imperatore tre mesi di penitenza prima di
riammetterlo in Chiesa!
Ambrogio distribuisce i suoi beni ai poveri e chiede ai cristiani giustizia so-
ciale: «La terra appartiene a tutti e non ai ricchi»; non esita, tra l’altro, a spogliarsi
dei vasi sacri per farne lingotti d'oro per riscattare i milanesi fatti prigionieri dai
Goti; ed è infine il grande cantore della verginità : «La verginità è andata a cerca-
re nel cielo il modello da imitare sulla terra; ed era giusto che si cercasse in cielo
la norma di vita, essa che in cielo si era trovata lo Sposo... Nel seno del Padre ha
trovato il Verbo di Dio e con la potenza del suo amore lo ha attirato a sé (Maria)
[...]. Quando il Figlio di Dio si fece uomo, unendo, senza alcuna macchia carnale,
la natura divina all'umana, allora questa vita di cielo si diffuse tra gli uomini e
fiorì in ogni parte del mondo»13.

13
Ambrogio, Delle vergini 1,3.
Cap. IX - L'epoca d'oro dei Padri della Chiesa 67

8. Agostino (354- 430) uno dei grandi geni della storia cristiana
Agostino nasce nel 354 a Tagaste (Souk-Ahras, in Algeria), da padre paga-
no e madre cristiana, Monica. Studente brillante, diventa maestro di retorica e ini-
zia contemporaneamente un cammino spirituale di straordinaria ricchezza. Per 9
anni si lascia attirare dal manicheismo*, ma questa esperienza non lo persuade.
Grazie all'influenza di Ambrogio di Milano Agostino trova la luce e scopre la Sacra
Scrittura che lo apre alla comunione con Dio.
Nella notte di Pasqua 387, all'età di 33 anni, riceve il battesimo insieme al
figlio Adeodato (avuto quando era molto giovane) e un amico. Dopo la morte della
madre; Monica, ritorna a Tagaste: conduce vita monastica, si dedica alla preghiera
e allo studio con i suoi amici. La sua nuova vita non rimane inosservata e i cristiani
di Ippona (Annaba in Algeria) gli chiedono di diventare il loro sacerdote (391) e
poi il loro vescovo (395)- Da allora conduce, assieme al suo clero, vita comunita-
ria, esercitando una grande attività pastorale.14 Muore nel 430, mentre i Vandali
assalgono la città.
La storia di Agostino è l'avventura di un uomo alla ricerca della verità che
egli, dopo tante lotte, trova in Gesù, «via, verità e vita» (Gv 14,6). E quando lo trova
Dio può scrivere: «Quanto tardi t'ho amato, o bellezza così antica e sempre nuova!
Troppo tardi t'ho amato!» 15 ed «Il nostro cuore è inquieto, o Dio, finché non ripo-
sa in Te».16
Per Agostino, l'anima ha il suo stare nel seno della Trinità. Come potrà ot-
tenerlo? Per mezzo dell'amicizia con Gesù Salvatore, il fratello per eccellenza.
Facendosi uno con Gesù, si condivide il suo amore filiale del Padre e si rimane con
Lui nel seno del Padre e si impara ad amare tutti. In questo consiste la salita verso
la santità: «E tu, senza la carità, pretenderesti di penetrare i più alti misteri?[...]
Radicatevi, fissatevi nella carità, per venire riempiti di tutta la pienezza di Dio!».17
«Chi ama il fratello adempie la legge [...]. Penso sia questa la perla preziosa di
cui parla il Vangelo [...] la carità, senza la quale, per quanto tu possegga, nulla ti
giova, mentre essa sola ti basta [...]. Ma come dobbiamo esercitarci? Nell'amore
verso i fratelli. Mi puoi dire: Dio non lo vedo; ma puoi forse dirmi: non vedo gli
uomini? Ama i fratelli, perché se avrai amato i fratelli che vedi, vedrai anche Dio,
perché vedrai la carità stessa, e dentro vi abita Dio».18
Nel corso del suo episcopato fa fronte a molteplici impegni del suo ministe-
ro: predica, viaggia, partecipa ad alcuni concili locali, affronta i conflitti con i dona-

14
Vedi cap.VII, pag.55 del testo (ndr).
15
Ibidem, idem: X, XXVII, 38
16
Agostino, Confessioni, Libro I, I,1.
17
Ibidem, Sermone 117, 10, 17.
18
Ibidem, In Giovanni 5, 7. Idem, p. 209.
68 Storia della Chiesa I

tisti, che costituiscono una Chiesa rivale, e la questione sulla grazia con il monaco
Pelagio.
Fra tutti i Padri, Agostino è quello di cui ci resta il più grande numero di
opere dove si mostra pastore e pedagogo. Scrive anche sapienti commenti della
Scrittura, trattati di filosofia e di teologia. Le sue opere più celebri sono: Le Confes-
sioni, una lunga pregheira di ringraziamento a Dio per la sua conversione; il Tratta-
to sulla Trinità; La Città di Dio, una riflessione sulla storia per aiutare i cristiani
scoraggiati per la presa di Roma da parte dei Vandali nel 410. Agostino riesce a
mettere a fuoco una verità che la drammaticità degli eventi non faceva percepire: la
Chiesa, il cristianesimo non sono legati a strutture temporali come l'impero romano,
ma è il cristianesimo ad avere in sé la capacità di vivificare quel mondo nuovo che
stava nascendo con l’incontro coi popoli germanici.

• Quali sono gli argomenti di carattere spirituale e sociale trattati dai


Padri della Chiesa?
• Il pensiero dei Padri della Chiesa è attuale anche oggi?
• Che cosa ha intuito Agostino di fronte al crollo dell’Impero romano?
Qual è stato il suo ruolo nella storia della Chiesa?
CRISTO, SOVRANO DEI POPOLI

Un mondo completamente nuovo ci parla da questo mosaico di Cristo,


realizzato nell’abside della chiesa romana dei santi Cosma e Damiano (VI sec.).
I suoi lineamenti sono aspri e duri, mentre lo sguardo severo sembra
penetrare tempo ed eternità. Questa è l’immagine del Cristo del tempo delle
migrazioni dei popoli.
Si può pensare il condottiero dei Goti, dei Visigoti o dei Vandali simile a
questo Cristo: grande, imponente e che si erge sulla terra.
Di fronte a questo Cristo non si rimane indifferente: Egli esige decisione.
I cristiani che provenivano dai popoli germanici non vedevano in Cristo il
Buon Pastore e neppure il Maestro di Verità, ma essi vedevano in Cristo colui che
impersona la potenza divina.
Un Cristo simile piaceva ai giovani popoli ed erano disposti a seguirlo e
servirlo con sincera fedeltà.
Cap. X - La Chiesa e le grandi migrazioni dei popoli nell'Europa 69

LA CHIESA E LE GRANDI MIGRAZIONI


DEI POPOLI DEL NORD
(V - X sec. )

Il periodo che va dal V al X sec. segna la progressiva


formazione di una civiltà europea fondata sul
cristianesimo, a partire dall’evangelizzazione dei popoli
germanici. Un’impresa, quest’ultima, realizzata
soprattutto da monaci e vescovi.

Il periodo che va dal V al X sec. segna il crollo della cristianità "antica"


(romano-bizantina) e la formazione della cristianità "medievale" (nell'area euro-
pea e di stile "feudale"). Al tempo dei grandi Padri della Chiesa segue un lungo
periodo meno luminoso, che prepara tutta via il terreno per una nuova "primavera".
Il Medioevo comincia con le grandi migrazioni dei popoli nordeuropei verso
il sud (sec. V e VI) e si prolunga fino allo sbocciare dell'umanesimo rinascimentale
(sec. XV). Esso è formato dalla convergenza di tre correnti principali: la civiltà
greco-romana, la tradizione dei popoli germanici e il cristianesimo. A poco a poco
il cristianesimo penetra e domina idee e istituzioni, sforzandosi di modellarle
secondo l'ideale evangelico. L'influenza della Chiesa diventa sempre più forte,
dando vita ad una cristianità unitaria non esente, però, da gravi compromessi.
Tre fatti caratterizzano la lenta formazione della cristianità medievale: la
conversione dei popoli germanici ad opera soprattutto dei monaci e del papato (V-
X sec.), l'affermarsi del papato (VII-XIII sec.) e la progressiva separazione della
cristianità orientale da quella occidentale (V-XI sec). All’interno di questo grande
processo storico c’è anche la comparsa di una nuova religione: dell'Islam (VII sec.).
70 Storia della Chiesa I

1. EVANGELIZZAZIONE E CONVERSIONE DEI POPOLI NORDICI:


ORGANIZZAZIONE POLITICA NUOVA DELL'EUROPA

a) Invasione dei "nuovi popoli" e crollo dell'impero romano d'Occidente

Già dal sec. II-III a.C1 i popoli germanici stanziati nella Scandinavia
(Europa del nord), iniziano un grande movimento migratorio verso il sud
stanziandosi lungo i confini dell’Impero. Di religione pagana o ariana, sono dediti
alla pastorizia e all'agricoltura. Nel V sec. d.C., dietro la pressione degli Unni,
popolazione mongola proveniente dall'Asia centrale, alcune tribù germaniche
irrompono entro i confini romani.

Dopo la morte di Teodosio (395) l’impero romano è diviso definitivamente


in due parti: l'Oriente e l'Occidente. Già indebolito al suo interno, l'impero non ha
più la forza di coesione per opporsi alle invasioni e cederà sotto l’incursione dei
nuovi popoli. Roma, nel 410 è presa e saccheggiata dai Visigoti di Alarico; nel 452
il papa Leone I Magno riesce a fermare e convincere gli Unni ad abbandonare
l'Italia; nel 455 Roma è nuovamente saccheggiata dai Vandali che, dopo aver
attraversato la Gallia e la Spagna e conquistato l'Africa del nord, occupano la città
ed; infine, nel 476 l’ultimo imperatore di Roma, il giovane Romolo Augustolo, è
deposto da un comandante germanico, Odoacre, che si fa proclamare patrizio2 dei
Romani. La data e l’evento viene presa dagli storici per indicare la fine dell’Impero
romano d’occidente. E con la fine del mondo antico, romano e cristiano, comincia
una nuova epoca. L’impero resiste in Oriente, ma in un territorio molto ristretto.
L’Occidente latino si divide invece in una moltitudine di regni germanici:
Ostrogoti, Visigoti, Burgundi, Vandali,ecc.

b) L'opera di evangelizzazione e di civilizzazione dei popoli del Nord

I nuovi popoli si mostrano particolarmente ostili verso le comunità cristiane,


soprattutto in Africa. Molti cristiani credono che la fine del mondo sia vicina, altri
che la Chiesa non potrà sopravvivere alla fine dell'impero e della civiltà romana,
ma molti altri, sensibili ai "segni dei tempi", capiscono che un nuovo campo di
lavoro si apre per la Chiesa: la conversione dei popoli germanici. E’ una nuova
tappa nella vita della Chiesa.
Scrive Orosio, storico e teologo spagnolo del V sec.: «Ma chi lo sa? Forse i
barbari hanno potuto penetrare nell'impero romano affinché, dappertutto, in

1
A questi popoli appartenevano Angli, Sassoni, Franchi, Burgundi, Vandali, Goti
(Ostrogoti o Goti orientali e Visigoti o Goti Occidentali), Longobardi...
2
Dignità istituita da Costantino. I patrizi avevano il primo rango dopo i Cesari
(imperatori).
Cap. X - La Chiesa e le grandi migrazioni dei popoli nell'Europa 71

Oriente e in Occidente, le chiese di Cristo fossero piene di Unni, di Svevi, di


Vandali, di Burgundi e di altri innumerevoli popoli di credenti. Allora non è
meglio lodare e celebrare la misericordia divina perché, grazie alla nostra rovina,
tante nazioni hanno ottenuto la conoscenza della verità con la quale non sarebbero
venuti in contatto altrimenti?».3
Fra i grandi missionari dedicatisi all'evangelizzazione dei popoli nordici ci
sono molti monaci diventati vescovi. Nella Gallia, i Franchi conoscono il Vangelo
ad opera di s. Remigio (ca. 437-533), vescovo di Reims e nel 496, Clodoveo, loro
capo, si fa battezzare con tutto il suo popolo. In Italia, i Longobardi sono
evangelizzati ad opera del papa s. Gregorio Magno (590-604). Nei due casi, il
ruolo della sposa cristiana - Clotilde, regina dei Franchi, e Teodolinda, regina dei
Longobardi - è determinante. In Spagna, i due fratelli s. Leandro e s. Isidoro, che
si succedono come vescovi di Siviglia (601) si adoperano per la conversione degli
Svevi e dei Visigoti, che sono ariani. La conversione del re visigoto Recaredo, nel
588, permette la fusione tra le popolazioni indigene e i Visigoti in una comunità di
fede che forma il nucleo della futura nazione spagnola.
L'Irlanda passa dal druidismo4 al cristianesimo più fervente ad opera di s.
Patrizio (390 ca.-461), nativo di Camberland, in Britannia (Gran Bretagna). In
questa isola, l'invasione di Angli e Sassoni aveva spinto i Briti nelle montagne del
sud-est (Galles e Cornovaglia). Così l'Irlanda, in parte risparmiata dalle invasioni,
fornisce missionari per l’evangelizazione dei paesi vicini5. In Scozia s.
Colombano il Vecchio, monaco irlandese del sec. VI, evangelizza Scoti, Pitti e
Briti del nord. s. Colombano il Giovane e i suoi monaci del monastero di Bangor
(nei pressi di Belfast) predicano sul continente, dove fondano numerosi monasteri,
come Luxeuil (Francia), S. Gallo (Svizzera), Bobbio (Italia), dove Colombano
muore nel 615.
Nel 596 Gregorio Magno invia in Inghilterra s. Agostino, abate benedettino
di Roma, poi arcivescovo di Canterbury, con 40 monaci per portare il vangelo agli
Angli e ai Sassoni.
In Germania il benedettino inglese Vinfrido, detto Bonifacio (673 ca.-754),
evangelizza i Sassoni e altri pagani della Frisia, dell'Assia e della Turingia.
Diventato vescovo di tutta la regione, riorganizza la Chiesa di Baviera e inizia la
riforma della Chiesa dei Franchi. Con 50 compagni s. Bonifacio muore assassinato
durante la sua ultima missione tra i Frisi. Il suo corpo viene sepolto nel monastero
di Fulda, che diventa il centro religioso, economico e culturale della Germania.

3
Orosio, Contro i pagani, Libr. VII, c. 41.
4
Il druidismo era la religione degli antichi Celti, abitanti la Gallia e le isole Britanniche-
5
I missionari celti sbarcarono in Bretagna dalla fine del sec. V in poi: Maclou, Brieuc,
Pol, Samson, Tugdual, Gildas, Lunaire, Ronan, Fracan... Hanno dato il loro nome a
tante città della zona-
72 Storia della Chiesa I

Nel sec. IX s. Anscario di Korvey e i suoi monaci evangelizzano la


Danimarca, lo Schleswig (nord-ovest della Germania) e la Svezia. In Norvegia il
cristianesimo si afferma nel sec. XI.
Alla fine del sec. VII buona parte dei Croati e dei Serbi (Iugoslavia) è cri-
stiana. Nel sec. IX due fratelli di origine greca, s. Cirillo e s. Metodio,
evangelizzano gli Slavi (Europa centrale e orientale). Dopo la metà del sec. IX si
convertono i Cechi e i Bulgari e, alla fine del sec. X, il popolo polacco passa al
cristianesimo per opera di sacerdoti boemi e tedeschi. Nel sec. X inizia
l'evangelizzazione degli Ungari (Magiari) con la conversione del loro re s. Stefano.
I Russi infine sono evangelizzati per opera del patriarcato di Costantinopoli. Una
parte dei nobili normanni di Kiev verso il 945 appare già cristiana. Olga, la vedova
del granduca Igor, si fa battezzare nel 954 e suo nipote, Vladimiro I, nel 988,
mentre il popolo viene battezzato in massa.

c) Formazione di un nuovo impero cristiano d'Occidente. Carlo Magno (742-


814)

La conversione dei Franchi è la prima pietra dell'edificazione dell'Europa


cristiana del Medioevo. L'alleanza tra i Franchi e la Chiesa costituisce il nucleo
attorno a cui si formerà la grande famiglia cristiana dei popoli europei. Questa
alleanza si concretizza nel 754 con la coronazione di Pipino il Breve "re dei Fran-
chi" e "patrizio dei Romani" da parte del papa Stefano II nella chiesa di s. Dionigio
a Parigi. Pipino, poi, nel corso nel corso della spedizione militare in Italia -
occupata dai Longobardi - concede al vescovo di Roma la piena sovranità sui
territori tolti ai Longobardi. E’ il 756: una data che segna l’inizio dello Stato
pontificio che si manterrà fino al 1870. Il vescovo di Roma agirà d’ora in poi anche
come un capo di stato, ma finisce sotto l’influenza dei re Franchi.
L’alleanza tra Franchi e papato si rafforza con Carlo Maglio, figlio e
successore di Pipino. Egli continua con la politica di conquista del padre: rafforza
l’unità dell?Europa occidentale, respinge gli Arabi in Spagna ed estende i suoi
territori ad est, conquistando i Sassoni. Infine si fa incoronare nuovo imperatore
"romano" d'Occidente nella notte di Natale dell’800 da papa Leone III nella chiesa
di S. Pietro a Roma. Questo nuovo impero, con caratteristiche germaniche, assume
l’eredità dell’impero romano.
Questa ricostituzione dell’Impero in realtà sta a significare la persistenza di
un’ideale di unità e di pace realizzato da un’istituzione politica con il sostegno della
Chiesa. I due poli della società occidentale sono ormai il papa e l’imperatore.
Questa alleanza è molto originale e ben diversa dal cesaro-papismo*
successivo. Per Carlo Magno la Chiesa è oggetto di cure costanti, non strumento di
governo. Il papa ricorre alla sua protezione e invoca la sua giustizia, ma nello
stesso tempo viene riconosciuto come la più alta autorità sulla terra. In seguito chi
vorrà avere la dignità imperiale di Carlo Magno potrà riceverla solo dal papa.
Questo intreccio dei due poteri, che significa subordinazione e supremazia per
Cap. X - La Chiesa e le grandi migrazioni dei popoli nell'Europa 73

entrambe, guiderà per lunghi secoli, fino al XIII e oltre, la grande politica del
Medioevo.

2. DUE GRANDI FIGURE DELL'ALTO MEDIOEVO: IL MONACO


BENEDETTO E IL PAPA GREGORIO MAGNO (sec. VI)

a) S. Benedetto, "padre dell'Europa" (ca. 480 - ca. 547)

Durante l'invasione dei popoli nordici, in mezzo alla violenza e alla


corruzione morale che ne sono seguite, molti vescovi e monaci suppliscono
all’organizzazione imperiale carente, diventando custodi e protettori delle
popolazioni. I monaci poi, in particolare i benedettini, sono i custodi della vitalità
cristiana. Essi hanno un ruolo preminente nell’evangelizzazione.

Vita di san Benedetto


Benedetto nasce da distinta famiglia a Norcia, in Umbria, intorno al 480.
All'età di 16 anni ca., è mandato a Roma per completare la sua formazione. All'età
di 20 anni ca., lascia Roma, famiglia e beni per realizzare «il suo desiderio di
piacere a Dio solo».6
Raggiunge prima una comunità di asceti in Affile, nei pressi di Roma, poi si
ritira a vita eremitica per tre anni in una grotta nella valle dell'Aniene, presso
Subiaco, a oriente di Roma. Per la sua fama di santità viene proposto come
superiore di un gruppo di monaci di Vicovaro (tra Subiaco e Roma), ne accetta
l'incarico, ma lo lascia presto per la rilassatezza di quei monaci, contrari a ogni
riforma. Allora viene scelto a dirigere un altro gruppo più numeroso e fervoroso,
che organizza in 12 monasteri, nella zona di Subiaco, secondo la regola di
s. Pacomio d'Egitto.
Nel 525 ca., dopo quasi trent'anni a Subiaco, l'ostilità crescente di un prete
indegno lo induce ad abbandonare quel luogo e a stabilirsi con i suoi discepoli più
fidati a Montecassino, a sud di Roma, dove comincia ad evangelizzare tutto il
territorio circostante. Negli anni seguenti costruisce poi il famoso monastero dove
muore nel 547 ca., quaranta giorni dopo la morte della sorella s. Scolastica, che era
abbadessa di un monastero vicino.

6
Gregorio Magno, Dialoghi, II, Prologo.
74 Storia della Chiesa I

La Regola: "ora et labora"


L'opera di Benedetto continua attraverso i secoli per mezzo della sua
Regola, codice di vita cenobitica. Essa stabilisce che i monaci vivano in comune
una medesima forma di vita, sotto un unico superiore, l' "abate" (padre), che
rappresenta Cristo. Essi sono raggruppati in numero di dieci sotto l'autorità di un
"decano", e ciò per salvaguardare la nota familiare dell'intera comunità. "Ora et
labora" (prega e lavora!) è il motto che sintetizza la regola.
Così l'abbazia benedettina diventa un modello di società ideale in mezzo
allo scompiglio dell'Alto Medioevo e contemporaneamente la culla di tante oasi di
carità e di pace in Europa. Su tale modello furono in seguito fondati alcuni
monasteri come quello di Vallombrosa e Monte Oliveto in Italia, di Fulda in Ger-
mania, di S. Gallo in Svizzera, di Cluny e Chiaravalle in Francia... i quali si colle-
gano alla discendenza spirituale di Benedetto, la cui regola ha formato moltissimi
santi, come Gregorio Magno, Agostino di Canterbury e Bonifacio di Fulda.
L'ordine benedettino ha dato alla Chiesa ventitré papi e almeno 5 mila
vescovi. Preziosa fu anche l'opera svolta nelle abbazie dai monaci che, prima
dell'invenzione della stampa, hanno copiato le opere degli antichi scrittori pagani e
cristiani.

b) Il papa s. Gregorio Magno guida della nuova civiltà cristiana


(540-604, papa dal 590)

Nel vuoto seguito all'invasione e alla caduta dell'impero romano


d'Occidente, la Chiesa appare come la sola forza capace di creare l'unità, e Roma,
sotto l'autorità della Sede apostolica, resta come il centro del mondo di allora.
Non solo: per la prima volta nella storia il vescovo di Roma, Gregorio
Magno, oltre ad essere responsabile spirituale di tutta la Chiesa esercita anche, sul
suo territorio, un’autorità civile che gli facilita la penetrazione sociale del Vangelo.
Opportunità e pericolo insieme! Tuttavia in quel tempo occorreva fondere
insieme le tradizioni cristiane - già ricchissime -, gli elementi della civiltà romana e
i costumi dei popoli germanici. Ed è proprio questa sintesi l’opera caratteristica di
Gregorio, figlio di un senatore romano, che dopo l’esperienza di vita monastica
diventa papa con il nome di Gregorio I.
In un contesto pieno di difficoltà, con una salute fragile e la nostalgia della
vita monastica, Gregorio ha un'attività straordinaria: si tiene in stretto contatto con
i patriarchi orientali, i vescovi, gli imperatori di Costantinopoli, i re di Francia e di
Spagna, i prìncipi di Inghilterra e di Borgogna, i governatori di provincia e gli
amministratori delle proprietà pontificie. Per lui il "patrimonio di S. Pietro" è solo
un capitale di Dio che deve servire a far mangiare i poveri che in quel tempo erano
davvero numerosi per le continue incursioni dei Longobardi fino alle mura di
Roma. Nel suo immenso lavoro dottrinale, pastorale e amministrativo papa
Gregorio si preoccupa di formare l'uomo della nuova società risultante dall'unione
di romani cristiani e germani convertiti.
Cap. X - La Chiesa e le grandi migrazioni dei popoli nell'Europa 75

E’ lui che dà il "la" ai grandi papi del Medioevo, come Gregorio VII (1073-
1085) e Innocenzo III (1198-1216), ma si defisce come il «servo dei servi di Dio»,
considerando il vescovo di Roma come un vescovo in mezzo ai vescovi, di cui egli
è semplicemente il primo, e tutti li invita a : « far fiorire insieme giustizia e libertà
(...). I re delle nazioni sono padroni di schiavi, colui che comanda ai Romani
dev'essere un maestro di uomini liberi. Qualunque cosa fate, rispettate prima i
diritti della giustizia, poi quelli della libertà. Date ai vostri sudditi la libertà che i
vostri superiori vi danno».7

• Sai indicare la differenza tra la prima evangelizzazione all’interno


dell’Impero romano e quella nei confronti dei nuovi popoli?
• Quali rischi intravedi nella politica religiosa di Carlo Magno e nella
sua incoronazione da parte di Leone III?
• Qual è il contributo di Benedetto e di Gregorio Magno nella
formazione della nuova civiltà occidentale?

7
Gregorio Magno, Registro delle lettere X, 51.
76 Storia della Chiesa I
GLOSSARIO

ANACORETA voce greca = "che vive appartato" dagli altri. Erano


chiamati così quegli uomini che nell’antichità cristiana si
ritiravano dal mondo per vivere in solitudine e con grande
spirito di preghiera e penitenza. Il termine è sinonimo di
eremita (colui che si ritira nel deserto e nella solitudine)
ARCIVESCOVO vescovo titolare di una diocesi metropolitana, con
giurisdizione su vescovi di una provincia ecclesiastica.
CANONE voce greca = "regola", norma, principio fondamentale.
Parola utilizzata per indicare le leggi e decisioni della
Chiesa (p. es. i "canoni" del concilio* di Trento).
L'insieme delle leggi della Chiesa forma il diritto
"canonico", distinto dal diritto "pubblico" dello Stato.

CARISMA voce greca = "dono" soprannaturale che Dio elargisce ad


una persona o a un gruppo per il bene di tutta la comunità
ecclesiale: per es. la facoltà profetica, il potere di compiere
guarigioni (cf. 1 Cor. 12,18).

CATECUMENO dal greco "katêkèin", "proclamare". Discepolo di Gesù che


viene preparato al battesimo (cf.. Gal 6, 6).
CATTOLICO voce greca = "universale". Si dice della Chiesa romana, a
motivo della missione universale affidata da Gesù a Pietro
con gli altri apostoli e ai loro successori (cf. Mt. 28, 19).
CESARO-PAPISMO E’ il nome dato a quei regimi politico-ecclesiatici che
consentono al potere civile il controllo diretto sulle strutture
della Chiesa.

CONCILIO dal latino "concilium": adunanza. Si parla di Concilio


ecumenico nel senso del termine antico oikumène
(“universale”, cioè delle terre allora conosciute attorno al
bacino del mediterraneo): assemblea di tutti i vescovi del
mondo attorno al papa per trattare cose inerenti alla fede,
alla morale e alla disciplina della Chiesa

CONCORDATO dal latino medioevale "mettere d'accordo". Patto tra Chiesa


e Stato per regolare il comportamento dell’autorità religiosa
e dell’autorità politica in materia comune: per es. il
matrimonio, l'insegnamento della religione nelle scuole...
COPTO dall'arabo "quft". Nome dei cristiani d'Egitto e di Abissinia
(Etiopia) che formano la Chiesa "copta", separata, nel sec.
V, dalle Chiese di Roma e di Costantinopoli a causa del
monofisismo. I cristiani rimasti fedeli alla fede del concilio
di Calcedonia (451) ricevettero il nome di "melchiti", cioè
cristiani "dell'Impero" (appartenenti alla Chiesa
dell'Impero).
CREDO formula che comprende l’insieme delle verità rivelate che
un cristiano è tenuto a credere per fede.

CRISTIANO nome dato ai discepoli di Gesù Cristo (cf. At 11, 26). Dal
questo nome derivano le parole "cristianesimo" per
indicare la religione cristiana e "cristianità" per indicare sia
l'essere cristiano di un popolo o di una epoca, sia
l'universalità dei cristiani.
DOGMA voce greca: "ciò che sembra giusto". Verità considerata
rivelata da Dio, ad esempio il "dogma"della Trinità.
DOTTORE
DELLA CHIESA titolo dato ad alcuni Padri della Chiesa e a scrittori cristiani
per l’altezza e la profondità della loro dottrina. L’ultimo
dottore della Chiesa è stata riconosciuta Santa Teresina del
Bambin Gesù per la sua alta dottrina spirituale, denominata
la “piccola via” (1998).

ERETICO dal greco "airèsis", "scelta". L'eresia proviene dalla


"scelta" d'una parola della Scrittura, isolata dal contesto, o
d'una interpretazione sbagliata della parola. L'eretico arriva
così ad una comprensione parziale della verità rivelata, col
pericolo di deduzioni ed applicazioni errate che vengono
condannate dal magistero della Chiesa.
GIACOBITA nome della Chiesa siriaca, separata dalla Chiesa di Roma e
di Costantinopoli, nel V secolo, a causa del monofisismo
del suo capo, Giacobo Baradai, vescovo di Edessa (+ 578).
GIUDEO abitante della "Giudea", al sud della Palestina. Per
estensione: chi appartiene al popolo "giudaico" e vive
secondo la legge di Mosè; sinonimo di "ebreo" o "israelita".
Per i cittadini del moderno Stato d'Israele si usa la parola
"israeliano".
GNOSTICISMO movimento culturale e insieme religioso molto variegato
diffuso nel mondo ellenistico tra la fine del I sec d.C. e
l’inizio del sec.IV. Proponeva la salvezza degli uomini
attraverso la conoscenza, spesso riservata a pochi iniziati, e
ben celata sotto molti simboli. Esaltava le caratteristiche
spirituali e la ragione, mentre tendeva a disprezzare il corpo
e la materialità. Fu un grave pericolo per la Chiesa del II e
III sec.
INFALLIBILITA’ dogma della Chiesa cattolica secondo il quale il papa è
infallibile quando parla “ex-cattedra” cioè come pastore e
dottore di tutti i cristiani cattolici, in materia di fede e di
morale. Il dogma dell'infallibilità è stato definito nel
Concilio Vaticano I° (1870). E' un carisma del servizio
pastorale del papa, a beneficio di tutti.
ISRAELITA cf. giudeo.
LEGATO
PONTIFICIO voce latina: "delegato", ambasciatore. Nella Chiesa antica
era il rappresentante del papa in una delle città o delle
circoscrizioni dello Stato pontificio.

MANICHEISMO religione fondata da Man nel III sec. d.C. alla cui base era
la concezione dell’esistenza di due divinità opposte in
perenne lotta fra loro: il Bene e il Male.
METROPOLITA dal greco "mètros pòlis", "città capitale"; titolo dei vescovi
delle città capoluogo di una provincia ecclesiastica. Nella
Chiesa ortodossa greca è il titolo che spetta a tutti i vescovi.
MONACO voce greca: "solitario" . Religioso che vive appartato dal
mondo o da solo (eremita) o in comunità (cenobita). Dal
questo nome deriva il nome di "monastero", per indicare la
casa dei monaci che vivono sotto la direzione di un
superiore.

MONOGAMIA dal greco "mònos gàmos", "un solo sposalizio". Il contrarre


matrimonio con una donna sola. Corrisponde al disegno di
Dio sull'umanità (Gen 1, 27; Mt 19, 3-9). Il contrario: la
bigamia (due nozze) e la poligamia (molte nozze).
PADRI DELLA
CHIESA titolo conferito agli scrittori cristiani antichi che per la loro
santità e la loro attività pastorale in cui vissero si rivelarono
maestri di fede e di unità per la Chiesa intera.

PELAGIO: Monaco vissuto alla fine del IV secolo. Elaborò una


dottrina che rifiutava il peccato originale e considerava la
natura umana decisamente buona e capace di salvarsi con le
sue sole forze, benché sorretta dall’esterno dalla grazia di
Dio.

PAPA voce greca: “padre”. Erano così chiamati in antico tutti i


vescovi (e nell’Oriente cristiano anche oggi tutti i
sacerdoti e religiosi importanti e qualche Patriarca). Dal
sec. VI , in Occidente è il titolo onorifico riservato solo al
Vescovo di Roma, in qualità di Sommo Pontefice.

PATRIARCA dal greco “patriarkès” = capostipite. Titolo dato ai vescovi


in Oriente, poi riservato ai vescovi titolari delle città più
importanti a motivo della loro antichità (Gerusalemme,
Antiochia, Roma Alessandria) e dal loro peso politico
(Costantinopoli, Venezia, Lisbona) o della loro importanza
missionaria (Goa, in India). Tale titolo è stato poi assunto
dai capi delle Chiese orientali separate da Roma e diventate
indipendenti da Costantinopoli. Ad esempio il metropolita
di Mosca è diventato patriarca nel 1589.

POLIGAMIA voce greca: "molte nozze". Situazione degli uomini sposati


simultaneamente con più donne. Il contrario della
"monogamia", voluta dal Creatore per l'uomo (Gen 1, 27;
Mt 19, 3-9).
POLITEISMO dal greco "pollòi theòi", "molti dèi". Fede e adorazione di
molti (falsi) dèi. Il contrario di monoteismo.
PRELATO voce latina: "preferito". Dignitario ecclesiastico.
PRETE dal latino "presbyter": più anziano. Nome con cui nel
Nuovo Testamento si designano gli anziani incaricati del
governo delle comunità cristiane. Il termine “presbitero” è
poi rimasto in uso dal II sec. d.C. per designare chi è
investito del sacramento
dell’Ordine sacro. Il prete è colui che oggi viene chiamato
“sacerdote”. I preti o i sacerdoti formano poi attorno al
vescovo un "collegio" o "presbiterio".
PROTESTANTE cristiano appartenente ad una delle Chiese nate dalla
Riforma. Questo nome fu dato ai discepoli di Lutero dopo
la 2° dieta (assemblea politica) di Spira (1529).

SIMBOLO
NICENO-COSTAN=
TINOPOLITANO La formula con le principali verità delle Fede o espresse dai
concili di Nicea e di Costantinopoli (il Credo che si recita
durante la Messa è accettato anche dalle altre principali
Chiese).

SINODO voce greca “syn-odos”, “cammino comune”. Il Sinodo


diocesano è’ l’adunanza dei sacerdoti, presieduta dal
vescovo, per trattare questioni di ordine pastorale. Il Sinodo
dei Vescovi è invece un organo consultivo che si riunisce
attorno al Papa, in rappresentanza dell’episcopato
universale, per trattare di uno specifico problema della
Chiesa.

Potrebbero piacerti anche