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Commento al “Contratto Sociale” di J.J.

Rousseau

Dario Cositore
Commento al “Contratto Sociale” di J.J. Rousseau 1

Commento al “Contratto Sociale” di J.J. Rousseau

Prefazione

Analizzeremo, in questo commento, limiti e prospettive di uno dei maestri della filosofia politica e del
diritto.

Anzitutto prima di inoltrarci nei meandri del testo ho il dovere di avvisare che:

“Non conosco l’arte di essere chiaro a chi non vuole essere attento” (J.J. Rousseau),

“L’insegnamento è raramente efficace tranne nei casi in cui risulta quasi superfluo” (R. Feynmann),

“Never attribute to malice that which can be adequately explained by stupidity” (“Non attribuire alla
cattiveria ciò che si può ragionevolmente spiegare con la stupidità”) (R. Hanlon)

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Scrive J.J. Rousseau, ne “Du contract social” (1762), Libro 1, Cap. I:

“L’uomo è nato libero e ovunque è in catene. Anche chi si crede il padrone degli altri non è meno schiavo di
loro.”

Il limite di questa proposizione è quello di essere retoricamente plausibile ma logicamente insostenibile.


Infatti se per “libero” si intende il fatto di non essere vincolato e “essere in catene” è un vincolo allora mi
sto contraddicendo. In quanto non posso essere libero e non-libero al medesimo tempo. Ora la seconda
proposizione essendo successiva e conseguente, alla anteriore e precedente, è errata. Deduciamo infatti
che “non essendo meno schiavi di” allora “non siamo nemmeno più liberi di” pertanto ci troviamo, per
principio di estensionalità, nella stessa condizione.

Vediamo, invece, come sarebbe dovuta essere stata scritta questa proposizione molecolare (proposizione
complessa), se avesse inerito alla consistenza (coerenza):

“L’uomo ha limitazioni di ampiezza variabile nelle sue scelte. Anche chi si crede padrone degli altri è schiavo
proporzionalmente”.

Ciò significa che:

1. La scelta è direttamente proporzionale alla possibilità di compierla. Quindi, a parità di volontà e


capacità, non tutti possono compiere le stesse scelte. Pertanto è condizione necessaria veicolare le
possibilità, non potendo quantificare né volontà né capacità, per poter scegliere.
2. Interdipendenza tra uomini è inversamente proporzionale al possibilità di scegliere. Ovvero
all’aumentare di quest’ultime diminuisce la schiavitù. Quindi più schiavi ci sono e più persone
possono scegliere liberamente (questo in teoria) ma visto che le società sono di numero finito
allora dovremmo dire che più schiavi ci sono e meno persone possono scegliere liberamente.

A questo punto diventa vera la frase roussoniana, della medesima opera, nel capitolo II:

“ecco la specie umana divisa in branchi di bestiame, di cui ciascuno ha il suo capo che lo custodisce per
divorarlo”.

Continuando nella lettura, di questa preziosa opera, leggiamo:

“La forza ha creato i primi schiavi, la loro viltà li ha perpetuati”

Pertanto la condizione, di cui sopra, si è verificata con la violenza (psicologica e fisica). Di quali violenze
stiamo parlando?

1. Il debito
2. La disoccupazione
3. Il terrorismo
4. I medicinali
5. Il cibo
6. Le bevande
7. La religione
8. La giustizia
9. La politica
10. Il divertimento
11. La disinformazione
12. Le droghe (compresa la pseudo-distinzione tra leggere e pesanti)
.

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.
.
𝑛 (ovvero va avanti all’infinito)

Dopodiché l’uomo, in cambio di mere utilità (tra l’altro a breve termine), ha alienato la sua libertà. A
causa di ciò che si afferma nella frase dopo la virgola: paura.

Nel capitolo III Rousseau ci insegna come questa modalità, per alcuni barbara per altri necessaria,
venga convertita per apparire giusta e socialmente adatta:

“Il più forte non è mai abbastanza forte da essere sempre il padrone se non trasforma la sua forza in
diritto e l’obbedienza in dovere”

Il diritto cosa viene ad essere a questo punto? L'insieme ed il complesso delle norme che regolano la
vita dei membri della comunità di riferimento oppure vincolare la comunità con una punizione
successiva al danno procurato per violazione di una violazione? Ovvero per aver violato il fatto che mi
sia stata violata la libertà convertendo un sopruso con un diritto?

Successivamente, nel capitolo IV, troviamo: “le convenzioni sono la base di ogni autorità tra gli uomini”
Pertanto è un sistema puramente arbitrario, quello in cui viviamo, per quanto concerne le modalità; ma
non per quanto riguarda le cause e i relativi effetti, che saranno trattati successivamente. Quindi,
ogniqualvolta, effettuata la conversione, ci si sente inadeguati si ricordi che:

“togliere la scelta alla volontà, vuol dire togliere la moralità alle proprie azioni” (Ibidem; Cap. IV)

Ciò significa che viene data la possibilità (tra le poche) di infrangere una violazione e si viene indotti a
farlo per non vanificare tale possibilità. Ovvero perché non garantire, a nome della giustizia e della
sicurezza, un maggior controllo? Che si traduce in un aumento di debito? Ovvero un aumento di tempo
speso per produrre un prezzo (per altri valore) nominale convertibile in surrogati di beni (in quanto
alienati per usufruirne) e di servizi?

Per rendere il testo, meno slegato possibile o più legato possibile (dipende da come si percepisce la
relazione), collegherò i vari passaggi con dei connettivi o con brevi introduzioni arrancate.
Quindi sono fittizie le varie conflittualità interne ed esterne che si vengono a creare? Cosa è la guerra?:

“La guerra è una relazione tra Stato e Stato, nella quale i singoli sono nemici solo accidentalmente, non
certo come uomini e neppure come cittadini, bensì come soldati, non come membri della patria ma
come suoi difensori” (Ibidem, Cap. IV)

Pertanto ogni possibile relazione identitaria è ciò che viene decodificato dal nostro cervello mediante i
nostri sensi. Ovvero non solo viene creato un sistema apparentemente generale di riconoscimento di
ciò che è (che invece potrebbe essere), ma addirittura viene plasmato il modo di filtrarlo; per far sì che
il nostro modo di giudicarlo-apprenderlo corrisponda a ciò che poi sarà registrato sotto la cartella
realtà.

Allora dov’è l’utilità di ciò che si definisce cooperazione:

“io (padrone-potere legislativo ed esecutivo) faccio una convenzione con te (servo-cittadino) tutta a tuo
carico e tutta a mio vantaggio, che osserverò finché mi piacerà, mentre tu l’osserverai finché piacerà a
me” (Ibidem, Cap. IV) (Parentesi mie)

Dove vi è servitù svanisce la nazione. Quindi se si è sotto una stessa lingua, sotto una stessa bandiera,
sotto una stessa legge, se dicendo una barzelletta si ride (perché si riconoscono i modi di dire e di

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pensare) e c’è il padrone, allora stiamo parlando di una aggregazione. Ovvero si è meramente una
collezione di individui. A questo punto cosa è l’identità? L’identità è il nome sotto al quale il pastore
raggruppa il suo gregge.

Andando verso il capitolo VI troviamo una lezione di pedagogia:

“gli uomini non possono creare nuove forze, ma solo unire e dirigere quelle che ci sono, quindi per
conservarsi devono aggregarsi per avere la meglio sulla resistenza, devono essere mossi mediante un
solo impulso e fatti agire concordemente”

Quale stato, occidentale od orientale che sia, non ha recepito questo messaggio? Alcuno. Ci troviamo
talvolta in forme di governamentalità distorte, per non dire distopiche. Ecco!, la mia stessa forma di
espressione valga da esempio al modo mediante il quale la politica odierna si afferma, ovvero con un
anti-retorica retorica. Ciò non elide, però, il modo mediante il quale si piazza una ed una sola idea (con
le sue relative contrarietà, soprattutto) ovvero il cavallo di troia della storia di un determinato popolo.
Un cavallo sia per il popolo invadente che per il popolo invaso. Ovvero i trojan non sono solo una realtà
informatica, né chimere letterarie, ma realtà fittizie ipostatizzate e saturate d’oro, splendore,
grandezza, gloria. Non ci siamo allontanati una virgola dall’Iliade di Omero. L’unica differenza che il
greco non avendole viste (le realtà di cui parlava) era cieco; noi, oggi, non siamo più così razionali da
ammettere il contrario. E ciò è vero dal cristianesimo in poi.

Tutto ciò si ripercuote sulla nostra libertà, che può essere:

“libertà naturale, che ha come limite solo le forze dell’individuo e la libertà civile, che è limitata dalla
volontà generale” (o un volere che il popolo non vorrebbe se realizzasse che: ciò che viene voluto non è
ciò di cui si è materializzato. Magari capovolgono il mezzo con il fine.) (Ibidem, Cap. VIII)

Comprendere, ciò di cui sopra, è di vitale importanza per attenuare il dolore della caduta (ancora per
un poco) oppure per essere sbranati meno voracemente, dopo aver sorpassato questo limite. Ora visto
che i limiti della volontà generale sono maggiori dei limiti della volontà particolare e visto che la volontà
generale è l’insieme delle volontà particolari, allora i risultati ottenibili sono mediocri rispetto a quelli
che potrebbero essere se la volontà generale si fondasse sui limiti di quella naturale. Pertanto nel caso
in cui la generale non si fonda con la particolare avremmo dei risultati mediocri ma stabili; nel caso
contrario avremmo risultati eccellenti ma instabili. Ovviamente qui tra stabile e instabile c’è solo una
differenza di potenziale, i rispettivi estremi, ovvero il contenuto della loro definizione, non lo si
raggiunge, mai.

Nel Libro 2, Cap. II, leggiamo:

“le volte in cui si crede di vedere la sovranità divisa in parti ci s’inganna, in quanto i diritti (ricordate la
conversione) consentono l’esecuzione (dei fini per cui sono stati imposti)” (Parentesi mie).

Da qui deriviamo che non esistono partiti, almeno non quelli creati come mezzo (trojan) per il
raggiungimento di un fine. Non esistono coalizioni che vanno contro la loro definizione ovvero alleanze
per un fine comune. Ora visto che l’interesse comune è meno della volontà generale, allora si tratta di
un interesse che rispetto a quest’ultimo è solo particolare. Ora da qui è possibile derivare la solidarietà,
intesa non linguisticamente ma moralmente?
Come infatti, poco dopo, cosa viene espresso dal ginevrino? La consapevolezza che l’apparenza non
inganna, se viene presentata come l’unica cosa che abbia verità, bellezza e bontà, in quanto accettata
dai più e pertanto tale:

“la verità non conduce alla fortuna” (Ibidem, Cap. II)

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Infatti non fu tanto fortunata l’opera (almeno non prima che fosse utilizzata per fini particolari da parte
di coloro che la ripudiarono) in quanto al Capito III, del libro 2, si afferma:

“non ci sono più tanti votanti quanti sono gli uomini, ma soltanto quante sono le associazioni. Le
differenze divengono meno numerose e danno un risultato meno generale. Infine, quando una di queste
associazioni è così grande da prevalere sulle altre, non si ha più come risultato una somma di piccole
differenze, ma una differenza unica”

Qui, anni prima della matematica e dell’economia (e dei Nobel), viene mostrato, intuitivamente, la
mancanza di possibilità della democrazia (a meno che non la si consideri svuotata dal suo significato e
quindi come mera larva retorica privata di ogni prospettiva oppure, ancor peggio, sensata dal
quell’altare costruitogli da chi di linguistica o di politica non se ne intende).

Inoltre la pedagogia, che molti stati contemporanei adottano, si dipana da una avvisaglia settecentesca:

“tutti hanno bisogno di guide: è necessario costringere gli uni ad adeguare le loro volontà alla loro
ragione”

Si oscilla ancora; il pendolo della nostra coscienza non può che aspirare, in quanto ciò che la odierna
civiltà offre di meglio, alla nevrosi. La vetta, il premio, dell’uscita dallo stato psicotico. Oggi ciò che
allora si affermava si è verificato. E’ stata livellata così tanto la volontà sulla ragione che non possiamo
fare altro che disgustarci di fronte alla pigrizia con la quale lo spirito odierno oggi si mostra. Ma non
solo la volontà, non solo la ragione, ma anche le forze, mediante le quali l’uomo agisce, devono essere
veicolate (e vincolate):

“bisogna, cha tolga all’uomo (il padrone) le sue forze proprie per dargliene altre che provengono
dall’esterno” (rendiamolo impotente in modo tale da comprarsi il Viagra!, rendiamolo disoccupato in
modo tale tramutarlo in servo, rendiamolo inadeguato rispetto alle tempistiche alle responsabilità in
modo tale da tramutarlo in un essere inferiore, rendiamolo infelice in modo tale da poterlo soddisfare
con una vasta gamma di prodotti alienizzanti ed alienanti visto che si impiega del tempo per produrli-
certo, non quello necessario alla realizzazione di questi.)(Parentesi mie)

Nonostante tutti gli inganni (e gli innesti) vi è qualcosa contro la quale il padrone va a sbattere:
“il saggio fondatore non inizia con il redigere leggi buone in se stesse, ma esamina prima se il popolo cui
tende destinarle è idoneo a sopportarle “

Ancora croce e delizia dell’occidente (ma non solo) è la consapevolezza che la debolezza è una struttura
che va creata, protetta e supportata, giorno dopo giorno, passo dopo passo…partendo dal primo:

“i popoli, come gli uomini, non sono docili che nella loro giovinezza e, invecchiando diventano
incorreggibili” ( come mai in tutti i cartoni animati vi è sempre il lieto fine? Come mai nei cartoni
animati troviamo il principe azzurro? Come mai nei cartoni animati trionfa sempre il bene? Come mai
nei cartoni animati la donna è rinchiusa in massimo due sfere della vita sociale? Come mai alcune
pubblicità vengono proiettate in alcune ore della giornata e con determinati contenuti? Il sovrappeso e
l’obesità e solo un caso? Oppure è la confusione dell’effetto con la causa da parte di chi vende e da
parte di chi consuma? Come mai gli over 65 utilizzano dalle 5 alle 9 pillole al giorno? Come mai 73%
della ricchezza degli Stati uniti d’America è detenuta dai bianchi? Come mai Gesù è biondo con gli occhi
azzurri? Come mai nel 1981 i paesi islamici hanno proclamato la loro dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo? Come mai ho l’impressione che si oscilli tra l’ossimoro e la contraddizione?) (Parentesi mie).

“il miglior modo di impedire ad un popolo di diventare ciò che potrebbero essere è persuaderli di essere
ciò che non sono” (Libro 2, Cap. VIII) (Perché gli Stati Uniti d’America, nonostante la poderosa N.S.A.,

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soffrono il terrorismo? Perché l’Italia, nonostante la mole dell’industria metallurgica, soffre del più alto
numero di disoccupati? Come è possibile che vengano evasi miliardi di euro se i soldi non ci sono? )
(Parentesi mie).

“Gli usurpatori provocano o scelgono sempre tempi di disordine (crisi) per far approvare, approfittando
del terrore (indotto) collettivo, leggi distruttive che il popolo non adotterebbe a sangue freddo” (Libro 2,
Cap. X).

“Per ordinare il tutto bisogna considerare: i costumi, le consuetudini e soprattutto l’opinione (pubblica)”
(Libro 2, Cap. XII) (Parentesi mie).

Il libro terzo considera l’azione, la causa di questa e i possibili effetti:

“ogni azione libera ha due cause che contribuiscono a produrla: l’una la morale, cioè la volontà che
determina l’atto, l’altra fisica, cioè il potere che l’esegue”[…]”il corpo politico ha gli stessi elementi
propulsori: la forza è il potere legislativo, la volontà il potere esecutivo” ( leggiamo bene i nomi e
ricordiamo della conversione della forza in diritto, quindi nel primo il potere è la capacità di usurpare
senza essere usurpati, nel secondo ben lungi dall’essere un potere è la volontà di agire, esistente solo
nel caso dei soggetti della storia non degli oggetti)

Infatti, poco dopo si legge:

“meno i costumi si collegano alle leggi, più deve aumentare la forza repressiva. Dunque il Governo
(padrone) deve essere proporzionalmente più forte man mano che il popolo diventa più ,a maggiori
tentazioni e offre maggiori mezzi per abusare del loro potere, quanto più il Governo (padrone) deve
esser forte per tener a bada il popolo”

Se tutto è così ben calcolato (apparentemente) allora perché vi sono problemi tra ciò che sono state
precedentemente definite coalizioni?:

“più lo Stato (usurpatori) si estende più la sua forza reale aumenta, per quanto non in proporzione alla
sua estensione (aumenta quindi l’intensità ovvero produce di più a parità di estensione). Ma se lo Stato
(usurpatori) resta della stessa estensione, i magistrati (coloro che hanno necessariamente un conflitto
di interessi gestendo il comune essendo dei privati) possono ben moltiplicarsi senza che il Governo
(usurpatori) acquisti per questo maggior forza reale, in tal modo la forza relativa diminuisce senza che
la sua forza assoluto possa crescere, il disbrigo degli affari diventa più lento nella misura in cui ne sono
incaricate più persone”

A questo punto è ovvio il motivo per il quale il sud Italia è pieno di spazzatura, è chiaro il motivo per il
quale si traffica la droga (oltre ad essere un alleviatore di una tensione sociale indotta a tavolino), non
meno palese sono le motivazioni dei disservizi per tutto il belpaese. Da quanto letto sopra ci si è resi
conto che lo scontro è tra pedine di diversi giochi le quali trasformano le loro regole per sedersi ad altri
tavoli ed accaparrarsi ulteriori fiches.

In tutto ciò colpo di coda di questo mulino a vento sono altri, drammatici, effetti:

“il lusso (il fine che giustifica i mezzi utilizzati per ottenerla) corrompe allo stesso tempo il ricco e il
povero: l’uno per effetto di quanto possiede, l’altro per effetto di quanto brama; si vende la patria alla
comodità e alla vanità, sottrae allo Stato (usurpatori) tutti i suoi cittadini per renderli schiavi gli uni degli
altri e, tutt’insieme, dell’opinione”

A questo punto il necessario della collettività viene dato dal superfluo che il padrone e gli usurpatori
producono. La società civile è data quindi dal surplus del lavoro degli uomini, ovvero produrre

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sconsideratamente e indefinitamente oltre i loro bisogni (infatti se ne creano di fittizi, non vale più o
non per molto il processo di sublimazione)

Vediamo la faccia dei governi occidentali (e non) contemporanei (e non) segno che la decadenza è
iniziata prima di quanto uno o due filosofi se ne siano potuti rendere conto:

“Appena il servizio pubblico cessa di essere la principale occupazione dei cittadini e appena preferiscono
prestarlo con il loro denaro anziché con la loro persona, lo Stato (qui si parla della possibilità di esistenza
di questo corpo) è già vicino alla sua rovina. Bisogna andare a combattere? Pagano le truppe e
rimangono a casa. Bisogna partecipare al Consiglio? Eleggono i deputati e rimangono a casa. A forza di
pigrizia e denaro arrivano ad avere alla fine dei soldati per rendere schiava la patria e dei
rappresentanti per venderla. Sono la preoccupazione per il commercio e per le arti, là avido interesse
per il guadagno, la mollezza e l’amore per la vita agiata, che portano a sostituire con il denaro i servizi
personali. Si cede una parte del proprio profitto per poterlo incrementare in tutta comodità. Date
denaro e presto otterrete in cambio catene. Io ritengo che le corvées siano meno contrarie alla libertà
che le tasse.”

Dario Cositore

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