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Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l.

RASSEGNA
TRIBUTARIA
Approfondimenti di diritto tributario
Bimestrale
diretta da: Massimo Basilavecchia, di Cantillo,
Michele dirittoEugenio
tributario
della Valle, Adriano Di Pietro,
Franco Fichera, Giovanni Flora, Guglielmo Fransoni, Franco Gallo, Oliviero Mazza,
Leonardo Perrone, Claudio Sacchetto, Livia Salvini, Salvatore Sammartino, Giuliano Tabet,
Francesco Tesauro, Antonio Uricchio, Giuseppe Zizzo

In questo numero:
Il conflitto tra capacit contributiva ed equilibrio finanziario
dello Stato
Enrico De Mita
Qual vaghezza...?: considerazioni sui presupposti
dellinterpello qualificatorio
Guglielmo Fransoni
La nuova disciplina degli effetti penali dellestinzione
del debito tributario
Giuseppe Melis
I contributi alle aziende di trasporto pubblico locale nellIRAP:
ambiguit normative e lapsus della giurisprudenza
Leonardo Perrone
Brevi note sullo stato della giurisprudenza intorno allart. 20
del T.U. registro
Daniele Can
I decreti delegati della riforma fiscale: passi avanti,
qualche passo indietro e molte occasioni mancate
Luigi Mazzillo

P.I. S.p.A. - Sped. Abb. Post.


D.L. n. 353/2003 Luglio - Settembre
(conv. in L. 27/2/2004 n. 46)
art. 1 co. 1, DCB Milano
Anno LV
ISSN 1590-749X 3/2016
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RASSEGNA
TRIBUTARIA
Trimestrale di diritto tributario diretto da:
Massimo Basilavecchia, Michele Cantillo, Eugenio della Valle, Adriano Di Pie-
tro, Franco Fichera, Giovanni Flora, Guglielmo Fransoni, Franco Gallo, Olivie-
ro Mazza, Leonardo Perrone, Claudio Sacchetto, Livia Salvini, Salvatore Sam-
martino, Giuliano Tabet, Francesco Tesauro, Antonio Uricchio, Giuseppe Zizzo
Fondatore di Rassegna Tributaria: Luigi Pietrantonio - Direttore responsabile: Giulietta Lemmi
Redazione: Via Ostiense, 131/L - 00154 Roma
Tel. 06.20.381.463 - E-mail: redazione.ilfisco@wki.it

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Comitato per la valutazione

Andrea Amatucci - Fabrizio Amatucci - Mauro Beghin - Umberto Breccia - Beniamino


Caravita di Toritto - Andrea Carinci - Giuseppe Maria Cipolla - Silvia Cipollina -
Andrea Colli Vignarelli - Luigi Paolo Comoglio - Daria Coppa - Roberto Cordeiro
Guerra - Lorenzo del Federico - Giacinto della Cananea Gaspare Falsitta - Augusto
Fantozzi - Andrea Fedele - Valerio Ficari - Maria Cecilia Fregni - Gianfranco Gaffuri -
Alessandro Giovannini - Daniel Gutman - Salvatore La Rosa - Maurizio Logozzo -
Francesco Paolo Luiso - Corrado Magnani - Enrico Marello - Giuseppe Marini - Gianni
Marongiu - Giuseppe Melis - Maurizio Sebastiano Messina - Marco Miccinesi -
Salvatore Muleo - Salvatore Muscar - Mario Nussi - Franco Paparella - Raffaele
Perrone Capano - Franco Picciaredda - Francesco Pistolesi - Enrico Potito - Giovanni
Puoti - Tulio Rosembuj - Roberto Schiavolin - Giuliana Scognamiglio - Giuseppe
Tinelli - Loris Tosi - Edoardo Traversa - Victor Uckmar - Marco Versiglioni

Regolamento di Autodisciplina di Rassegna Tributaria

La pubblicazione dei contributi della sezione Dottrina e della sezione Profili


istituzionali subordinata a due livelli di valutazione da parte della Direzione della
Rassegna e del Comitato per la Valutazione
Il Comitato per la Valutazione formato da almeno 12 membri, individuati dalla
Direzione fra professori ordinari di ruolo o fuori ruolo, indicati in un elenco periodi-
camente aggiornato. Il numero dei revisori pu essere aumentato fino a 36.
I contributi devono essere previamente inviati alla Redazione di Rassegna che provvede
a trasmetterli ai Direttori anche in forma digitale.
Il contributo approvato collegialmente dalla Direzione sottoposto, in forma anonima,
al giudizio di un membro del Comitato per la Valutazione designato a rotazione sulla
base delle specifiche competenze in relazione allargomento del contributo. Il giudizio
comunicato entro 15 giorni. La valutazione pu essere positiva, negativa o subordinata a
ulteriori interventi da parte degli autori. In questultimo caso, lautore tempestiva-
mente informato delle indicazioni formulate e degli interventi suggeriti e provvede
allulteriore elaborazione; la Direzione, a sua volta, valutata la significativit dellulte-
riore elaborazione, decide in ordine alla pubblicazione.
Nel Colophon di ciascun numero di Rassegna sono indicati i membri del Comitato per la
Valutazione. Nellindice di ogni numero di Rassegna, i contributi pubblicati a seguito di
una valutazione positiva sono contrassegnati da un asterisco.
Ferma restando comunque lapprovazione collegiale della Direzione, possono essere
pubblicati contributi che non siano stati sottoposti al giudizio del Comitato per la
Valutazione entro il limite del 40%.
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INDICE

DOTTRINA

Enrico De Mita - Il conflitto tra capacit contributiva ed equi-


librio finanziario dello Stato ..................................................... 563
Guglielmo Fransoni - Qual vaghezza...?: considerazioni sui
presupposti dellinterpello qualificatorio............................... 570
Giuseppe Melis - La nuova disciplina degli effetti penali del-
lestinzione del debito tributario ................................................ 589
Leonardo Perrone - I contributi alle aziende di trasporto
pubblico locale nellIRAP: ambiguit normative e lapsus della
giurisprudenza ............................................................................ 634
Daniele Can - Brevi note sullo stato della giurisprudenza
intorno allart. 20 del T.U. registro ............................................. 649
Alessandro Vicini Ronchetti - Regole europee ed incentivi
fiscali allo sviluppo dei brevetti: prime considerazioni sulla
Patent Box .................................................................................... 671

PROFILI ISTITUZIONALI

Luigi Mazzillo - I decreti delegati della riforma fiscale: passi


avanti, qualche passo indietro e molte occasioni mancate ....... 701

Rassegna Tributaria 3/2016 - 557


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INDICE

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

Paolo De Quattro - Ricorribilit dellingiunzione fiscale


e giurisdizione delle Commissioni tributarie ........................... 719
[CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unite, sentenza n. 29 del
5 gennaio 2016, Pres. Rovelli, Rel. Di Palma] .......................... 719

Santa De Marco - Linterpretazione del limite soggettivo


nellIVA di gruppo: considerazioni a margine di Cass. SS.UU.
n. 1915/2016 ............................................................................... 736
[CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unite, sentenza n. 1915 del
2 febbraio 2016, Pres. Rovelli - Est. Cappabianca] ...................... 736

GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUTARIA

Luca Magnanini - Lattenuante del pagamento del debito tri-


butario mediante rateizzazione: orientamenti giurispruden-
ziali e profili di incostituzionalit ............................................. 761
[CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, sentenza n. 1355
del 15 gennaio 2016, Pres. Franco - Est. Di Stasi] ....................... 757

558 - Rassegna Tributaria 3/2016


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INDICE

GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

Alberto Franco - Brevi note su aiuti di Stato e selettivit


materiale alla luce della recente sentenza della Corte di
Giustizia UE relativa alla prescrizione breve per reati in materia
di IVA ........................................................................................... 793
[CORTE DI GIUSTIZIA UE, Grande Sezione, causa C-105/14
dell8 settembre 2015 - Pres. V. Skouris - Rel. M. Berger]............. 779

Elisa Midassi - Costruzione artificiosa ai fini IVA e circola-


zione interna delle prove............................................................. 804
Carmine Marrazzo - Costruzione artificiosa ai fini IVA
e obbligo di cooperazione europea............................................. 817
[CORTE DI GIUSTIZIA UE, Terza Sezione, causa C-419/14 del
17 dicembre 2015 - Pres. K. Lenaerts - Rel. E. Jarainas] .......... 804

Rassegna Tributaria 3/2016 - 559


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DOTTRINA
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Il conflitto tra capacit contributiva ed equilibrio


finanziario dello Stato*
Enrico De Mita

Estratto: La giurisprudenza costituzionale. La Costituzione come tutto unitario. La


spesa pubblica. Necessit di un tetto. Lemergenza economica e lequilibrio di
bilancio. Effetti delle sentenze di accoglimento. Retroattivit e limiti. Fini politici
e motivazioni delle sentenze della Corte. Rapporti con altri poteri dello Stato. I
rapporti con lesecutivo.

Abstract: The constitutional case law. The Constitution as a unified whole.


Government expenditure. The need for an expenditure ceiling. Fiscal imbalances
and the equilibrium of the public sector balance. Effects of the court rulings of
acceptance. Retroactivity and limits. Political goals and motivations of the
Constitutional court rulings. Relationships with the other State powers.
Relationships with the executive power.

SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Lemergenza economica e il rispetto dei principi


costituzionali (ivi compreso quello di capacit contributiva) - 3. La politica e il
diritto: il Parlamento di fronte ai principi costituzionali e la Corte delle leggi alle
prese con questioni di sostenibile gestione economica e politica.

1. Introduzione - Quando scrissi che la giurisprudenza costituzionale poteva


introdurre elementi di razionalit, nel sistema tributario Antonio Berliri mi
invi una lettera nella quale mi ammoniva che la Corte non fa teoria ma
risolve solo problemi pratici. Ed Enrico Allorio di fronte ad una sentenza che
cambiava scopertamente tipo di orientamento allo scopo di salvare la
sopravvivenza delle Commissioni tributarie defin quella giurisprudenza
giurisprudenza necessitata. Quasi sempre le sentenze della Corte sono
pro Fisco, sono, cio, orientate politicamente. Ma vi sono delle sentenze
che sono politiche nel senso pieno della parola, a tutela dellinteresse di
governo.
Tale la recente sentenza (n. 10/2015) con la quale la Corte ha affrontato
in termini di pareggio di bilancio, una questione di equilibrio di bilancio
dotandosi di uno strumento che vanifica del tutto la tutela dei diritti del

* Il presente articolo destinato agli scritti in onore del Prof. Franco Gaffuri.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 563


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E. DE MITA - CAPACIT CONTRIBUTIVA ED EQUILIBRIO FINANZIARIO

contribuente. una grossa novit non sorretta neppure dai precedenti


citati. Quando fu dichiarata lincostituzionalit dellILOR il Prof. Paladin
non si pose neppure il problema. La Corte ha dichiarato lincostituzionalit
della maggioranza dellIRES applicabile al settore petrolifero e dellenergia
(art. 81, commi 16, 17, 18 del D.L. 1 12/2008 e successive modificazioni)
perch viola gli artt. 3 e 53 Cost., sotto il profilo di capacit contributiva e
della razionalit, per incongruit dei mezzi apprestati dal legislatore allo
scopo di per s legittimo perseguito. Ma la Corte nel dichiarare detta
incostituzionalit ha ritenuto di prendere in considerazione limpatto deter-
minato su altri principi costituzionali al fine di valutare leventuale
necessit di graduare gli effetti temporali della propria decisione sui rap-
porti pendenti. La Costituzione va tutelata come un tutto unitario sicch
bisogna evitare lillimitata espansione di alcuni diritti che diventerebbero
tiranno nei confronti di altre situazioni giuridiche tutelate costituzional-
mente. Lapplicazione retroattiva determinerebbe una grave violazione
dellequilibrio di bilancio ai sensi dellart. 81 Cost. Limpatto macroecono-
mico della restituzione dei contributi versati connessi alla dichiarazione di
incostituzionalit dellart. 81, D.L. n. 112/2008 determinerebbe uno squili-
brio del bilancio dello Stato tale da determinare la necessit di una mano-
vra finanziaria aggiuntiva. Sicch la dichiarazione di incostituzionalit
decorre dalla pubblicazione della sentenza.
La Corte, con una apparente esatta motivazione, non interpreta corret-
tamente lart. 81 Cost., anzi lo ignora del tutto limitandosi ad una valuta-
zione gratuita sulla manovra aggiuntiva che non pare rientri nei suoi
compiti. Era stato auspicato un tetto alle spese pubbliche, ma nella discus-
sione parlamentare era stato sostituito il concetto di pareggio con quello di
equilibrio fra entrate e spese. Un giudizio, quindi, che investe lintera
impostazione del bilancio.
La sostituzione dellespressione pareggio di bilancio con quella di
equilibrio rappresenta lintenzione del legislatore di consentire una
flessibilit nella gestione della finanza pubblica che altrimenti sarebbe
stata preclusa. Va ricordato lart. 5 della Legge costituzionale n. 1/2002
che alla lett. f) prevede lattribuzione presso le Camere, nel rispetto della
relativa autonomia, di un organismo indipendente al quale attribuire com-
piti di analisi e di verifica degli andamenti di finanza pubblica e di osserva-
zione delle regole di bilancio.
Lart. 5 citato regola dettagliatamente i criteri che debbono essere
osservati e che escludono che la verifica di bilancio possa ridursi alla sola
considerazione della entit di una imposta.
Lequilibrio di bilancio un giudizio complessivo che investe, prima di
tutto, la spesa e che diretto, principalmente, al governo. Non pu essere
limitato ad una sola voce, quella di una imposta, sia pure elevata, avulsa da
una valutazione complessiva su entrate e spese. Con un giudizio cos limi-
tato non si pu dire che il timore di una manovra aggiuntiva sia un giudizio

564 - Rassegna Tributaria 3/2016


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DOTTRINA

sullequilibrio di bilancio. C stata una sopravvalutazione della manovra


aggiuntiva che non trova riscontro nelle valutazioni correnti sulleconomia.
La prova dello squilibrio di bilancio non stata raggiunta.
Nella motivazione della Corte lentit della spesa che dovrebbe venire in
considerazione per prima non rilevata. arbitrario postulare una legge di
bilancio in assenza di bilanci determinati e sconfinare nella demagogia
alludendo alle esigenze di solidariet sociale con la violazione degli artt. 2
e 3 della Costituzione. C di pi: le disposizioni di cui alla Legge n. 243/2012,
operative a partire dallesercizio relativo al 2014, quindi non vincolano il
governo nel 2013, ma nel 2014. Sar la legge di bilancio ad indicare il valore
cui deve corrispondere lequilibrio per ciascuno degli anni del triennio di
riferimento.
Ad una prima lettura della legge si pu comunque notare che limpianto
della riforma italiana proprio per la sua natura di norma non dettagliata, ma
di principio sembra raggiungere un apprezzabile equilibrio fra due esi-
genze: quella di dimostrare tanto ai mercati quanto ai nostri partners
europei che la sostenibilit delle finanze pubbliche rappresenta un obiettivo
condiviso; quella, dallaltra, di non irrigidire eccessivamente il tessuto
omogeneo della nostra Costituzione. La Corte, invece, si mossa con la
mannaia e si dotata di uno strumento perverso che dora innanzi far valere
per ogni questione tributaria: se limposta controversa di grossa entit la
Corte negher la retroattivit se di piccola entit la conceder.
Con due recenti sentenze (n. 223/2012; n. 241/2012) la Corte aveva
ritenuto che neppure lemergenza economica giustifica la violazione dei
principi di costituzionalit. E lemergenza economica la preoccupazione
della Corte quando venuta in soccorso del governo, con argomenti che non
rientrano nelle sue funzioni.
Questa volta la politica rischia di travolgere la stessa funzione di equili-
brio costituzionale della Corte che noi abbiamo sempre apprezzato.
Viviamo in tempi di esecutivo, ha scritto Gustavo Zagrebelsky.
Lesecutivo vorrebbe tutto. Il legislativo e il giudiziario dovrebbero
essere nulla. La Corte si adeguata.

2. Lemergenza economica e il rispetto dei principi costituzionali (ivi compreso


quello di capacit contributiva) - Le vicende che hanno accompagnato la
decisione della Corte sulle pensioni (n. 70/2015) sono numerose e com-
plesse. Non la singola questione che viene in considerazione, ma la
funzione stessa della Corte e i limiti che tale funzione incontra. Il che non
di poco conto.
C la preoccupazione del governo perch deve reperire i fondi per la
restituzione della parte di pensione non corrisposta. E di conseguenza la
preoccupazione degli operatori economici per landamento delleconomia.
C il richiamo davvero preoccupante e puntuale dellEuropa. La
Commissione sta aspettando la decisione del governo italiano per applicare

Rassegna Tributaria 3/2016 - 565


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E. DE MITA - CAPACIT CONTRIBUTIVA ED EQUILIBRIO FINANZIARIO

la sentenza della Corte costituzionale e ne valuter limpatto che non


dovrebbe avere effetti sullimpegno dellItalia nellambito del patto di
stabilit. La sostenibilit di lungo periodo delle finanze pubbliche italiane
dovrebbe restare nelle priorit. Il che non pu aver altro senso che un invito
al governo italiano a neutralizzare gli effetti della sentenza. Qui il problema
pi grosso del tema specifico, perch si tratta di stabilire limpatto della
Comunit europea sulla vita delle istituzioni italiane. Il governo dichiara:
stiamo pensando intensamente a misure che minimizzino limpatto sui
conti pubblici nel pieno rispetto della Corte, ritenendo di spalmare il
rimborso nel tempo e modulando il valore dello stesso in modo inversa-
mente proporzionale allimporto delle pensioni.
C la difficile situazione della Corte che per la prima volta costretta a
smentire dichiarazioni che non ha fatto (sentenza autoapplicativa senza
bisogno di ricorso).
Con un comunicato ufficiale la Corte ha precisato che dalla pubblica-
zione della sentenza gli interessati possono adottare le iniziative che riten-
gono necessarie e gli organi politici devono adottare i provvedimenti
conseguenti nella forma costituzionalmente corrente.
La Corte deve ripensare forse la propria giurisprudenza secondo la quale
neppure lemergenza economica giustifica la violazione di principi e delle
norme costituzionali (n. 223/2012; n. 24/2012).
La decisione (che richieder una analisi pi ampia) si fonda tutta sui
principi costituzionali a tutela dei lavoratori.
La particolare protezione per il lavoratore non deve sussistere soltanto al
momento del collocamento a riposo, ma va costantemente assicurata
anche nel prosieguo in relazione ai mutamenti del potere dacquisto della
moneta. Lart. 36 Cost. richiede un costante adeguamento del trattamento di
quiescenza alle retribuzioni del trattamento attivo. un principio conso-
lidato che va dal 1979 in poi; la coerenza, e non la propria giurisprudenza,
un punto fermo della nostra Corte costituzionale. Il criterio di ragionevo-
lezza circoscrive la discrezionalit del legislatore e vincola le sue scelte
alladozione di soluzioni coerenti con la Costituzione.
Ma ci sono altri principi nella Costituzione con i quali vanno coordinati
quelli relativi alla tutela dei lavoratori. C da chiedersi se la decisione della
Corte violi lequilibrio di bilancio posto dallart. 81 Cost. Come ha detto altre
volte la Corte, la Costituzione va tutelata come un tutto unitario, sicch
bisogna evitare che alcuni diritti diventino tiranno nei confronti di situa-
zioni giuridiche tutelate costituzionalmente.
Quando c conflitto fra i principi costituzionali vanno sacrificati quelli
meno rilevanti. Ora non risulta, secondo la Corte, una violazione dellequili-
brio di bilancio: La disposizione concernente lazzeramento del meccanismo
perequativo, contenuta nellart. 25 comma 24 del D.L. del 2011, si limita a
richiamare genericamente la contingente situazione finanziaria, senza che
emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle esigenze

566 - Rassegna Tributaria 3/2016


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DOTTRINA

finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui confronti si effettuano


interventi cos fortemente incisivi. Anche in sede di conversione non dato
riscontrare alcuna documentazione circa le attese maggiori entrate.
Quindi la Corte non stata disinvolta rispetto alle esigenze delle-
quilibrio di bilancio. Va ricordato lart. 5 della Legge costituzionale
n. 1/2002 che alla lett. f) prevede lattribuzione presso le Camere, nel
rispetto della relativa autonomia, di un organismo indipendente al
quale sono attribuiti compiti di analisi di verifica degli andamenti di
finanza pubblica e di osservazione delle regole di bilancio. Lart. 5
citato regola dettagliatamente i criteri che debbono essere osservati che
escludono che la verifica di bilancio possa ridursi alla sola considera-
zione della entit di una spesa.
Non esistono argomenti per ridurre le pensioni da restituire se non
introducendo correttivi che non alterino la sostanza dei rimborsi.
Ma il problema resta per il futuro. Bisognerebbe introdurre anche
in Italia la prassi della Germania delle sentenze a termine: la Corte
avverte il governo che esiste una situazione di incostituzionalit di una
disposizione di legge in materia di spese o in materia di imposte e lo
invita a provvedere entro un determinato tempo.Decorso tale termine,
senza che il governo abbia provveduto, la Corte dichiara
lincostituzionalit.

3. La politica e il diritto: il Parlamento di fronte ai principi costituzionali e la


Corte delle leggi alle prese con questioni di sostenibile gestione economica e
politica - Per inquadrare correttamente nella giurisprudenza costituzionale
la sentenza della Corte n. 70/2015 sul blocco della rivalutazione delle
pensioni occorre partire da alcune considerazioni di carattere generale
sulle quali ha richiamato lattenzione Sabino Cassese nel suo originale
libro Dentro la Corte, Bologna, 2015.
Le questioni della Corte sono filtrate attraverso il diritto; non si affronta
direttamente il problema politico. La Corte davvero un organo giudiziario
che riconduce i conflitti politici o costituzionali ai criteri di razionalit
logica, alla coerenza.
Molti casi hanno implicazioni politiche o costituiscono decisioni politi-
che sia pure a seguito di analisi tecnico-giuridica e sulla base di elementi di
razionalit riconducibili alla ragionevolezza. La Corte motiva ma non
spiega. Ecco perch le sentenze della Corte difficilmente sono capite
dallesterno. E tuttavia il peso della Corte dipende dalla forza con la quale
i poteri dello Stato la sorreggono. Tutte le sentenze della Corte sono fondate
sul precedente. La sentenza n. 70/2015 frutto di una concatenazione di
precedenti, di riferimenti a decisioni gi prese, sicch non agevole com-
prendere il decisum che viene formulato alla fine della decisione.
Lo sforzo delle sentenze, la motivazione, la dimostrazione della coe-
renza della decisione con il precedente.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 567


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E. DE MITA - CAPACIT CONTRIBUTIVA ED EQUILIBRIO FINANZIARIO

Le sentenze vengono istruite sulla base di una collaborazione degli


assistenti dei giudici che sono giudici e professionalmente tendono a non
vedere le questioni costituzionali e politiche.
I riferimenti al diritto comune sono fatti con ladeguamento al diritto
vivente, alla giurisprudenza dei giudici ordinari, il che pu essere un limite
alla impostazione in termini costituzionalmente rilevanti della questione.
Complessivamente si pu dire che c una certa autoreferenzialit, che
rende la Corte prigioniera di se stessa.
Le critiche alla sentenza n. 70/2015 sono di carattere esterno e riguar-
dano il rapporto con gli altri poteri dello Stato. La motivazione semplici-
stica: la Corte non pu fare cose riconducibili al potere politico. una tesi
che prova troppo.
Allora bisogna chiedersi (come disse il presidente Ambrosini nel 1992)
che cosa ci stia a fare la Corte se non pu stabilire i limiti che incontra il
Parlamento nella sua discrezionalit politica, che pure un altro punto
fermo della giurisprudenza costituzionale: il Parlamento pu fare tutto ci
che non viola la Costituzione.
La sentenza n. 70/2015 non pu essere capita dallesterno, se la critica
cos radicale. La ragione che la Corte non ha saputo spiegare in termini
semplici e chiari che non esisteva il vincolo di bilancio.
Nella sentenza n. 10/2015 il riferimento al principio di bilancio fu un
modo come un altro per giustificare la deroga alla retroattivit della deci-
sione presa.
La sentenza n. 70/2015 appare un po frettolosa, anche se, a parer mio,
giuridicamente corretta.
Sta nascendo in Italia un orientamento che non solo critica la Corte, ma
rischia di produrre, come osserva Cassese, un arretramento di due secoli
nella configurazione dei rapporti della Corte con gli altri poteri. Le Corti
costituzionali esistono in quasi tutti i Paesi democratici a cominciare dalla
Corte federale degli USA. I limiti alla competenza delle Corti possono essere
indagati dalla comparazione degli orientamenti delle diverse Corti e la Corte
italiana non certo ultima nellapprestare una giurisprudenza soddisfa-
cente. Ma si sostiene che la Corte e tutti gli altri giudici in specie il TAR sono
un grosso impedimento alla responsabilit politica. Si critica il peso sem-
pre maggiore che le decisioni delle varie branche della giurisdizione hanno
sullattivit di governo.
E non si manca di rilevare che c un potere giudiziario anche in
America.
E in soccorso di tale disinvolta teoria viene aggiunto il corollario il
modo persecutorio in cui stata esercitata lazione penale. Il che la dice
lunga sui limiti auspicati delle diverse giurisdizioni.
Tornando alla sentenza n. 70/2015 essa sostanzialmente corretta.
Forse si poteva guadagnare tempo aspettando che la Corte fosse al completo
o ricorrere a qualche manipolazione con una sentenza additiva. Ma

568 - Rassegna Tributaria 3/2016


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DOTTRINA

lisolamento della Corte e laspirazione alla vanificazione della sua giuri-


sprudenza, in nome del primato della politica, sono tentazioni pericolose.
Come ha osservato giustamente Gustavo Zagrebelsky, lequilibrio di
bilancio non deve diventare un automatico lasciapassare al libero arbitrio
della politica. Il legislatore deve sempre tener presente leguaglianza nella
giustizia. Il riferimento ai conti conformi alla richiesta dellEuropa non
deve diventare una super norma costituzionale. Ma non c dubbio che il
rispetto degli accordi nella Comunit pone problemi che oggi sono risolti
con accorgimenti sbrigativi, perch devono essere affrontati dagli Stati con
normative che ancora non esistono. Ma allesterno stato rivendicato il
primato della politica. Sembra di sentire Togliatti quando non capiva come
ci potesse essere un altro organo dello Stato che fosse al di sopra del
Parlamento.
Ora la Corte non al di sopra del Parlamento, ma giudica della
costituzionalit delle leggi.
I rapporti tra poteri non possono essere configurati se non come cor-
rettezza della propria competenza. E il Parlamento ha tutti gli strumenti
nella legge costituzionale per dimostrare la costituzionalit delle leggi di
spesa. Semmai la Corte pu chiedere al Parlamento e al governo chiarimenti
sulle questioni dubbie. Qui diventa rilevante il ruolo dellAvvocatura di Stato
che, difendendo la legge, ha lonere di illustrare come essa non violi il
principio dellequilibrio di bilancio.

ENRICO DE MITA

Rassegna Tributaria 3/2016 - 569


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Qual vaghezza...?: considerazioni sui presupposti


dellinterpello qualificatorio
Guglielmo Fransoni

Estratto: Dimostrata linsussistenza di ogni differenza fra interpretare e quali-


ficare, si propone di individuare loggetto del c.d. interpello qualificatorio, nella
soluzione dei problemi determinati dalla vaghezza delle norme.

Abstract: Given the absence of any difference between interpretation and qua-
lification, it is argued that the subject matter of the so called qualifying tax ruling is
the solution of the problems which are raised by the vagueness in law.

SOMMARIO: 1. Il problema dei presupposti dellinterpello interpretativo e di


quello qualificatorio - 2. Linterpello qualificatorio come rimedio alle ipotesi di
vaghezza normativa: a) alle origini della disposizione - 3. Segue: b) le diverse
nozioni di vaghezza - 4. Segue: c) Una precisazione in ordine alla vaghezza da
rinvio e alla vaghezza socialmente tipica - 5. La vaghezza rilevante quale presup-
posto degli interpelli qualificatori - 6. Delimitazione in concreto dellambito di
applicazione dellistituto - 7. Profili disciplinari.

1. Il problema dei presupposti dellinterpello interpretativo e di quello


qualificatorio - Lart. 11, comma 1, lett. a) dello Statuto dei diritti del
contribuente - come novellato dallart. 1 del D.Lgs. n. 156/2015 - prevede
che il contribuente possa proporre istanza di interpello in due diverse
situazioni.
La prima quella in cui oggetto dellinterpello la applicazione delle
disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza
sulla corretta interpretazione di tali disposizioni. La seconda quella in cui
linterpello riguarda la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle
disposizioni tributarie applicabili alle medesime e ricorrano condizioni di
obiettiva incertezza.
Le due ipotesi di interpello hanno quindi un elemento comune (che,
almeno in apparenza, le distingue dalle altre forme di interpello e le acco-
muna fra loro), ossia lesistenza di una condizione di dubbio.
Pi in particolare, argomentando dallart. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 156/
2015, tutti gli interpelli hanno ad oggetto una questione, ma differiscono

570 - Rassegna Tributaria 3/2016


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fra loro in ragione del tipo di questione (probatoria, anti-abuso, disap-


plicativa). Gli interpelli di cui alla lett. a) dellart. 11 dello Statuto hanno ad
oggetto una questione interpretativa, ossia un dubbio relativo a una (o pi)
disposizione (i).
Le formule ricorrenti nellart. 11, comma 1, lett. a), dello Statuto indi-
viduano, per e come si detto, due tipi di interpelli diversi in ragione di un
elemento distintivo: loggetto del dubbio.
Apparentemente, tale differenza dovrebbe consistere nel fatto che, nel
primo caso, il dubbio attiene allinterpretazione di una disposizione, nel
secondo, invece, alla qualificazione di una fattispecie1.
Tuttavia, espressa in questi termini, la differenza si riduce a un gioco di
formule che, dietro lapparenza della esplicitazione delle peculiarit delle
due forme di interpello, in realt esprimono, in termini diversi, uno stesso
concetto.
Per rendersene conto sufficiente svolgere una duplice considerazione.
Per un verso, si deve ricordare che il quesito formulato con listanza di
interpello interpretativo non mai, per espressa previsione normativa, posto
in astratto2. Esso riguarda (rectius deve riguardare) una fattispecie concreta e
personale (art. 11, comma 1, dello Statuto) anche perch fra i requisiti
dellistanza vi la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie
(art. 3, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 156/2015)3 la cui assenza non pu essere
sanata (art. 3, comma 3, del D.Lgs. n. 156/2015) e determina quindi senzaltro
linammissibilit dellinterpello (art. 5, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 156/
2015). Altrimenti detto, il dubbio interpretativo deve riguardare il se e in che
misura una determinata norma si applichi una determinata fattispecie4.
Per altro verso, occorre aver presente che la qualificazione non si risolve
mai in accertamento della concreta realt della fattispecie rappresentata.
E, in questo senso, la relazione illustrativa allo schema di Decreto legislativo

1
In questo senso anche la relazione illustrativa allo schema del Decreto legislativo.
2
Diverso, come avremo modo di dire, invece leffetto della risposta ad interpello che,
anche qui per espressa previsione normativa, ha carattere di astrazione e, per tale motivi,
presenta caratteri tipicamente normativi.
3
Si tratta, di un tipico caso di ridondanza sia allinterno della stessa formula (il
concreta e personale del comma 1, dellart. 11 e, poi, il circostanziata e specifica dellart.
3, comma 1), sia insito nel combinato disposto delle due previsioni. Da un punto di vista
semantico il medesimo concetto ripetuto quattro volte. Da un punto di vista pragmatico,
tuttavia, la ripetizione non inutile essendo volta a sottolineare che lamministrazione si
esprime allo stato degli atti e non prende in considerazione situazioni indefinite. Sulla
ridondanza e sulla distinzione fra ridondanze sintattiche, semantiche e pragmatiche nonch
sulla opportunit di talune ridondanze si veda, da ultimo, S. Zorzetto, Repetita iuvant?, Sulle
ridondanze nel diritto, Milano, 2016, passim.
4
Rileva correttamente F. Pistolesi, Gli interpelli tributari, Milano, 2007, pag. 48 Norma e
fatto concorrono quindi ad integrare la condizione di fondata perplessit [] la norma, di per
s, potrebbe risultare di chiara e piana applicazione, ma non lo se messa al cospetto della
circostanza dedotta.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 571


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G. FRANSONI - I PRESUPPOSTI DELLINTERPELLO QUALIFICATORIO

e la successiva circolare n. 9/E/2016 sono giustamente e univocamente


perentorie.
Ma a questa ovvia considerazione si deve aggiungere lulteriore rilievo
per cui anche per questa tipologia di interpello deve ricorrere lobiettiva
incertezza la quale esclusa l dove lamministrazione ha fornito la solu-
zione per fattispecie corrispondenti. Ebbene, perch questa previsione
abbia un senso si deve ritenere che la soluzione al dubbio qualificatorio
sia data in astratto. chiaro, infatti, che nessuna corrispondenza pu
mai sussistere in concreto perch ogni situazione di fatto presenta, ovvia-
mente, caratteristiche sue proprie tali da renderla sempre, individualmente,
unica. Si deve necessariamente concludere, quindi, che la corrispondenza
possa e debba essere ricercata avendo riguardo non alla fattispecie concreta,
ma alla relativa tipologia, ossia, appunto, enucleando (e, necessaria-
mente, astraendo) le caratteristiche essenziali di ciascun caso individuale.
In altri termini, anche la qualificazione riguarda la possibilit di ricondurre
una determinata fattispecie (vista nelle sue caratteristiche essenziali) a una
determinata norma. Per questo motivo, anche la qualificazione si risolve
nella determinazione del se e in che termini una determinata fattispecie
sia riconducibile a una previsione normativa.
In definitiva, le due formule, se non adeguatamente interpretate, si
risolvono nella prospettazione del medesimo dubbio visto da due punti di
vista diversi o, per cos dire, luno partendo dalla prospettiva top down
(ossia volta a verificare se la norma esaminata sia applicabile alla fattispecie
rappresentata nellistanza) e laltro assumendo una visuale bottom up
(cio risolventesi nella questione se la fattispecie rappresentata sia ricon-
ducibile alla norma esaminata)5.
Che le cose possano stare in questo modo - sempre che non ci si faccia
carico di un approfondimento ulteriore - dimostrato anche dagli esempi
che sono contenuti nella relazione illustrativa secondo la quale unipotesi di
interpello qualificatorio sarebbe costituito dalla valutazione della sussi-
stenza di una stabile organizzazione allestero di un soggetto residente ai
fini dellapplicazione del regime di cui allart. 168-ter del T.U.I.R. 6. In realt,

5
Si veda al riguardo al perspicua notazione di G. Melis, Lezione di diritto tributario,
Torino, 2016, pag. 398 Si tratta, tuttavia, di una distinzione tutto sommato artificiosa, dal
momento che avendo linterpello ad oggetto questioni concrete, lapplicazione del diritto si
risolve pur sempre nella sussunzione della fattispecie concreta allinterno di una determinata
disposizione (qualificazione).
6
In realt, nella circolare n. 9/E/2016 sullinterpello si tende a limitare lesemplificazione
contenuta nella relazione sulla base di un peculiare argomento ossia che la menzione nella
relazione della sola ipotesi di cui allart. 168-ter, porterebbe ad escludere che linterpello
qualificatorio possa applicarsi al di l dellipotesi espressamente considerata. Lidea, insomma,
che la scelta di un esempio particolarmente circoscritto (ovvero pi specifico) sia espres-
sione necessaria dellinidoneit di un esempio pi ampio (cio pi generale) a rientrare nel
campo di applicazione della norma. Si giunge, a mio avviso e per un verso, ad attribuire una
valenza interpretativa alla relazione che eccede quanto le regole interpretative autorizzano a

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se cos fosse, la natura dellinterpello dipenderebbe dal modo in cui risulta


essere formulata listanza. Avremmo un interpello interpretativo nellipo-
tesi in cui listante chiedesse se, in relazione a una fattispecie concreta e
personale circostanziatamente e specificamente descritta, lart. 162 del
T.U.I.R. deve interpretarsi nel senso che lattivit svolta allestero da una
impresa possa ricadere nellambito di applicazione della disciplina (di cui
allart. 168-ter del T.U.I.R.) di esenzione degli utili e delle perdite ad essa
(attivit) relativi; avremmo invece un interpello qualificatorio ove listante
domandasse se la medesima fattispecie, sempre concreta e personale e
sempre circostanziatamente e specificamente descritta, possa qualificarsi
come stabile organizzazione alla luce dellart. 162 del T.U.I.R. ai fini del-
lesenzione degli utili e delle perdite estere.
pacifico, daltronde, che, per un verso, applicare una disposizione a
una determinata fattispecie si risolve, per lappunto, nella qualificazione o,
per meglio dire, nella sussunzione della stessa nellambito di applicazione
della norma; per altro verso, che la corretta qualificazione di una fattispecie
lesito della corretta interpretazione della disposizione.
Per rendersene conto, basta richiamare il famoso esempio di Hart della
disposizione che stabilisce: vietato laccesso di veicoli al parco7.
Dinanzi a questa regola, si pone il problema di stabilire se un portatore di
handicap possa o meno accedere al parco con la carrozzella per invalidi (o se
possa accedervi la baby sitter con il passeggino ecc.)8. E si tratta di un dubbio
che pu essere espresso in due modi, formalmente diversi, ma sostanzial-
mente identici: (i) il divieto di accesso applicabile anche alle carrozzelle per
gli invalidi? (nel qual caso si sarebbe dinanzi a un dubbio sulla corretta
interpretazione della disposizione) oppure (ii) la carrozzella per invalidi
qualificabile come veicolo alla luce della disposizione ad essa applicabile?

fare rispetto agli atti preparatori; e, per laltro verso, si applica largomento a contrario a
unesemplificazione giungendosi a una conclusione che, proprio per il carattere esemplifi-
cativo della statuizione interpretata, non ha il carattere della necessit. Dire che la Tour
Eiffel un esempio di alto, non implica che non possa essere un esempio di alto anche
lEmpire State Building. A mio avviso, la soluzione indicata dallAgenzia il riflesso della
giusta e comprensibile preoccupazione che il ricorso allinterpello qualificatorio possa
assumere una ampiezza eccessiva. Di qui uninterpretazione restrittiva intesa a circoscrivere
quanto pi possibile lambito di applicazione dellistituto. Ferma restando la condivisibilit
di questa esigenza, probabile che le considerazioni svolte in questo saggio possano
contribuire al raggiungimento di questo obiettivo sulla base di argomenti meno legati alle
intenzioni del legislatore desumibili da una lettura a contrario delle esemplificazioni conte-
nute nella relazione illustrativa.
7
Cfr. H.L.A. Hart, Positivism and the Separation of Law and Morals, in Harvard L. Rev.,
1958, pag. 593 ss.
8
In quanto il termine veicolo Nome generico di ogni mezzo meccanico guidato
dalluomo (o anche teleguidato) adibito al trasporto di persone, animali o cose (cfr.
Vocabolario Treccani).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 573


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G. FRANSONI - I PRESUPPOSTI DELLINTERPELLO QUALIFICATORIO

(cosicch saremmo dinanzi a un dubbio sulla qualificazione della


fattispecie).
Lidentit della questione - al di l della diversit delle formule - non
pu essere negata nemmeno sulla base delle seguenti due possibili
obiezioni.
La prima obiezione che la qualificazione come stabile organizza-
zione - oppure come ente pubblico o ente non economico o residente
ecc. - operazione molto simile a quella di attribuzione di uno status
piuttosto che alla fissazione della porta applicativa di un norma. A ci si
pu rispondere osservando che, per lappunto, gli status non sono altro che
formule riassuntive della riferibilit a un determinato centro di imputa-
zione di complessi di discipline. Qualificare tizio come cittadino significa
affermare che a tizio si applicano le particolari disposizioni che regolano il
possesso della cittadinanza e le relative conseguenze, cos come qualificare
unattivit come stabile organizzazione, si risolve nella affermazione che
allattivit medesima si applicano le regole di diritto tributario internazio-
nale proprie della stabile organizzazione (cosicch sar solo rispetto a quelle
regole che varr la qualificazione medesima, non potendosi estendere
quella operata ai fini dellart. 162 T.U.I.R. allIVA o allIRAP).
La seconda obiezione che lart. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. effettivamente
distingue fra violazione della norma e falsa applicazione della stessa e che,
quindi, quella distinzione potrebbe vedersi riprodotta nellalternativa fra
interpretare e qualificare. Tuttavia, neppure questa osservazione pare
cogliere nel segno, perch la distinzione assume rilievo ex post facto, ossia e
per lappunto, quale vizio della decisione e, comunque, si concretizza solo
nella motivazione della sentenza. In altri termini, quando si lamenta che il
giudice abbia male ragionato e si vuole indicare in cosa consista il difetto del
ragionamento ci si deve confrontare con la motivazione della sentenza ed
proprio da questo confronto che deriva la conclusione secondo cui il vizio
consistito, alternativamente, nellattribuire (o nel negare) alla norma una
porta diversa da quella effettiva, ovvero nel sussumere una situazione di
fatto priva dei caratteri propri della fattispecie astratta medesima (ma che si
assume correttamente determinata). tuttavia evidente che dal punto di
vista effettuale il risultato sempre il medesimo: la situazione di fatto
concreta ha ricevuto un trattamento non conforme a diritto, quindi vi
sempre violazione di legge. Cosicch la distinzione acquista rilevanza solo
perch la critica si appunta sul modo in cui il giudice ha motivato la sua
decisione. A monte, ossia nel momento in cui la questione viene posta, la
distinzione non c o, se vi , essa consiste appunto solo nella formula
utilizzata per esprimere il dubbio, non nella natura stessa del dubbio.

2. Linterpello qualificatorio come rimedio alle ipotesi di vaghezza


normativa: a) alle origini della disposizione - Quanto si appena osservato
pone linterprete dinanzi alla seguente alternativa: o si esclude la possibilit

574 - Rassegna Tributaria 3/2016


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di differenziare linterpello qualificatorio dallinterpello interpretativo


(o ordinario), oppure si fonda questa differenza su un elemento diverso
dalla (ipotetica) distinzione fra il correttamente interpretare la norma e il
correttamente qualificare la fattispecie.
Questultima , a mio avviso, una strada che si pu proficuamente
percorrere. Si tratta, peraltro, di un tentativo che necessario esperire
perch il normale approccio ermeneutico di chi si pone dinanzi ad un
enunciato dato dal canone del legislatore non ridonante9.
A questo fine pu essere utile partire dalle origini della disposizione in
esame perch la relazione illustrativa, quando afferma che listituto dellin-
terpello sarebbe stato arricchito di un profilo nuovo, dice qualcosa di solo
parzialmente corretto.
In realt, la disciplina previgente contemplava gi unipotesi di inter-
pello che, per un verso, non era riconducibile alle altre tipologie oggi
codificate dalle lett. b) e c) dellart. 11, comma 1 e dallart. 11, comma 2,
dello Statuto e, per laltro, era incentrato proprio su un profilo dichiarata-
mente qualificatorio10.
Infatti, lart. 21, comma 2 della Legge n. 413/1991 (cui si deve lorigine
dellistituto dellinterpello nel suo complesso) consentiva di interpellare
lamministrazione (oltre che per la valutazione della sussistenza di ipotesi
di interposizione fittizia di cui allart. 37, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973 e
di quelle di elusione di cui allart. 37-bis del medesimo Decreto) anche per la
corretta applicazione dellart. 74 (vecchio testo) del T.U.I.R., ossia per la
qualificazione di determinate spese, sostenute dal contribuente, tra quelle
di pubblicit e di propaganda ovvero tra quelle di rappresentanza.
questo, a nostro avviso, lantecedente del nuovo interpello qualifica-
torio che, oggi, stato generalizzato.
Il punto centrale che la disciplina delle spese di rappresentanza
costituisce un esempio di disposizione contenente un enunciato tecnica-
mente vago (nel senso che diremo). quindi possibile, almeno come ipotesi
di lavoro, proporre di incentrare la differenza fra linterpello ordinario e
linterpello qualificatorio sulla qualit dellintervento interpretativo
richiesto allamministrazione.
Nellinterpello ordinario il dubbio sarebbe determinato dalla generalit
delle questioni interpretative che sono il riflesso della complessit del
sistema, della oscurit della legge, dello stratificarsi delle disposizioni ecc.
Nel caso dellinterpello qualificatorio il dubbio sarebbe invece ricondu-
cibile alla presenza, nellenunciato normativo, di un termine vago.
Daltronde, non casualmente (ancorch forse in modo parzialmente
inconsapevole) la primigenia ipotesi di interpello qualificatorio (ossia

9
Il rinvio ancora a S. Zorzetto, Repetita iuvant?, Sulle ridondanze nel diritto, cit., pag.
113 ss.
10
Conforme la circolare n. 9/E/2016.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 575


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quella contenuta dellart. 21, comma 2, u.p. della Legge n. 413/1991) era
affiancata a quellinterpello relativo alla corretta interpretazione dellart.
37-bis del D.P.R. n. 600/1973, ossia a una disposizione che - al pari dello-
dierno art. 10-bis dello Statuto - offre, come ribadir pi oltre, lesempio
paradigmatico della disposizione (oltre che strutturalmente ridondante,
anche) fondata su plurimi sintagmi vaghi11.
questo un profilo sul quale opportuno, tuttavia, sospendere per il
momento il giudizio essendo di preminente importanza chiarire in che
senso e entro quali limiti la vaghezza normativa pu costituire lelemento
caratterizzante dellinterpello qualificatorio.

3. Segue: b) le diverse nozioni di vaghezza - La vaghezza non un generico


termine descrittivo, ma indica precise caratteristiche di taluni termini o
sintagmi12.
Caratteristiche, che, val la pena puntualizzarlo sin dalla premessa, non
sono necessariamente negative; per meglio dire, da un lato, la vaghezza
una qualit semantica di taluni termini che, come tale, non per definizione
n buona, n cattiva; in realt, e dallaltro lato, solo linserzione di
termini vaghi in enunciati normativi che pu trasmettere il carattere
della vaghezza ai precetti e si presterebbe, quindi, a formare oggetto di un
giudizio di valore. Ma se questo giudizio deve essere dato in termini prag-
matici - ossia di effettiva idoneit della norma vaga a trasmettere un
significato e, cos, ad orientare lazione dei destinatari della comunicazione
- si deve dire, come si spiegher meglio fra breve, che la vaghezza pu,
talvolta, risolversi in un pregio, piuttosto che in un difetto, del testo
normativo13.
Secondo la definizione pi generale, un predicato vago quando, al di l
di certe ipotesi che rientrano certamente nella estensione del termine e di
altre che invece altrettanto certamente non vi sono ricomprese, esistono
invece alcune ipotesi che non possibile dire con esattezza se posseggono o
meno la caratteristica indicata con quella espressione14.

11
Sul punto si ritorner pi oltre al par. 6.
12
Per la precisa riferibilit dellattributo della vaghezza ai singoli termini o sintagmi e non
allintero enunciato normativo (o disposizione) si veda V. Velluzzi, Le clausole generali.
Semantica e politica del diritto, Milano, 2010, pag. 26.
13
Per tutti, cfr., C. Luzzati, La vaghezza delle norme, Milano, 1990 e, fin dal titolo,
H. Asgeirsson, On the instrumental value of vagueness in the law, in Ethics, 2015, pag. 425
ss. Ma la notazione condivisa dalla dottrina unanime.
14
La letteratura, nellambito della filosofia del diritto, certamente vasta. I contributi dei
filosofi analitici italiani sul tema sono particolarmente ricchi. Senza pretesa di completezza,
pare dobbligo il rinvio, innanzi tutto, al saggio di C. Luzzati, La vaghezza delle norme, cit., e al
contributo di V. Velluzzi, Le clausole generali. Semantica e politica del diritto, Milano, 2010,
nonch i saggi raccolti nel volume AA.VV., Interpretazione giuridica e retorica forense,
M. Manzini e P. Somaggio (cur.), Milano, 2006. Molteplici anche i contributi nella letteratura
straniera, per tutti, anche qui senza alcuna pretesa di completezza, si vedano, con specifico

576 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Si tratta di termini ai quali, da un punto di vista strutturale, si applica il


paradosso del sorite (se si usa come riferimento il mucchio) o del falacro
(se si usa come riferimento il calvo) secondo il quale, partendo dalla
duplice premessa per cui un granello di sabbia non un mucchio e che
aggiungendo un granello in pi a ci che non un mucchio questo non
diventa un mucchio, allora si pu ripetere loperazione infinite volte senza
che mai laccumulo di granelli generi un mucchio15. La possibilit di for-
mulare questo paradosso dipende dal fatto che il termine mucchio non
contiene in s la individuazione di una misura, di un limite, che lo individua.
Lo stesso ragionamento, ad esempio, non funzionerebbe sostituendo a
mucchio, il termine quintale16.
Tuttavia, non vi ununica accezione di vaghezza.
Innanzi tutto, occorre distinguere la vaghezza sia dallambiguit - che
ricorre quando un medesimo termine pu designare oggetti diversi17 - sia
dalla genericit - che si ha quando un termine pu riferirsi indifferente-
mente a una pluralit di situazioni - sia, infine, dalla generalit che sussiste
quando un termine, di cui non in alcun modo indeterminata lestensione,
idoneo a designare una pluralit di oggetti con taluni, ma limitati, elementi
comuni, cosicch la generalit aumenta mano a mano che il numero degli
elementi caratterizzanti la categoria di oggetti designati diminuisce18.
In secondo luogo, restando allinterno del concetto di vaghezza, si suole
distinguere fra vaghezza di grado, combinatoria e socialmente tipica.
La vaghezza di grado quella gi descritta con riferimento al para-
dosso del sorite ed una caratteristica moltissimi termini del linguaggio19
che determina un problema interpretativo ordinario e, come tale,

riferimento alla definizione riportata nel testo, G.C. Christie, Vagueness and legal lan-
guage, Minnesota Law Review, 1964, pag. 885 ss.; J. Waldron, Vagueness in Law and
Language: some philosofical issues, in Cal. Law Rev., 1994, pag. 509; A. Marmor, Varieties
of vagueness in the law, USC Gould School of Law, Legal Studies Research Paper Series, July
18, 2013, consultabile al sito http://cclp.usc.edu/centers/class/class-workshops/usc-legal-stu-
dies-working-papers/documents/12_8_paper.pdf; T. Endicott, Law and Language, The
Stanford Encyclopedia of Philosophy (Spring 2014 Edition), Edward N. Zalta (ed) consulta-
bile al sito http://plato.stanford.edu/archives/spr2014/entries/law-language; H. Asgeirsson,
On the instrumental value of vagueness in the law, cit.
15
La prima formulazione del paradosso attribuita al sofista Eubulide di Mileto.
16
Per un inquadramento formale del problema in un pi diretto confronto con la filosofia
del linguaggio, cfr. C. Luzzati, Ricominciando dal sorite, in Interpretazione giuridica e retorica
forense, cit., pag. 29.
17
Un esempio di ambiguit (o di polisemia) fornito proprio dal termine vaghezza: oltre
a indicare lindeterminatezza, esso pu essere utilizzato per designare il desiderio [come in
Dante (Purg. XXX) e in Petrarca (Sonetto n. 7 ripreso nel titolo di questo saggio)] oppure la
bellezza [come in Leopardi (Le ricordanze)].
18
Per queste distinzioni si vedano i ricordati saggi di C. Luzzatti, La vaghezza delle norme,
cit., pag. 46 ss. e V. Velluzzi, Le clausole generali, cit., pag. 36 ss.
19
Secondo la definizione di V. Velluzzi, Le clausole generali, cit., pag. 31 la vaghezza di
grado connota tutte le parole della lingua naturale che designano cose o fatti, ma non

Rassegna Tributaria 3/2016 - 577


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G. FRANSONI - I PRESUPPOSTI DELLINTERPELLO QUALIFICATORIO

ordinariamente risolvibile in base al contesto in cui il termine si colloca


(rappresentato dallo stesso enunciato normativo e dal sistema nel suo
complesso) ma, soprattutto, in base alla ratio della norma considerata.
Diversa la vaghezza combinatoria20 che ricorre quando lestensione
di un termine definibile sulla base delle molteplici combinazioni di una
pluralit di parametri. Lesempio classico quello della negligenza21: il
comportamento di un genitore verso la prole pu risultare negligente in
dipendenza di vari fattori (let, le circostanze ambientali, le condizioni
economiche, le condizioni di salute ecc.)22.
Infine, la vaghezza socialmente tipica una particolarit del linguag-
gio normativo.
Si deve ricordare, in particolare, che luso intenzionale di termini vaghi
implica necessariamente la attribuzione di una particolare responsabilit ai
soggetti cui la norma diretta23 e, soprattutto, un ampliamento dei poteri
del giudice di determinare lesatto contenuto della norma vuoi per quanto
riguarda la fattispecie (la giusta causa come presupposto del licenzia-
mento individuale), vuoi per quanto riguarda gli effetti (lobbligo di corri-
spondere una retribuzione che assicuri al lavoratore dipendente una vita
libera e dignitosa).
Luso di termini vaghi contribuisce, detto altrimenti, a conferire sempre
una certa elasticit alla previsione normativa consentendo ladattamento
delle relative prescrizioni alle particolarit dei singoli casi24.

riguarda i termini numerici e della geometria cos come i connettivi (e, o, non, se, allora) e i
quantificatori (tutti, alcuni, nessuno).
20
Il concetto sembra essere lequivalente di ci che la dottrina anglosassone definisce
incommensurable multidimensionality: cfr. H. Asgeirsson, On the instrumental value of
vagueness in the law, cit., pag. 424 ss. Tuttavia, trattandosi di definizioni convenzionali, le
oscillazioni sono inevitabili per una classificazione parzialmente diversa cfr. A. Marmor,
Varieties of vagueness in the law, cit., passim che distingue fra ordinary vagueness (che corri-
sponde approssimativamente alla nostra vaghezza di grado), transparent vagueness (dove, a
mio avviso, laccento posto pi sullelemento intenzionale della scelta di un termine vago che
non sulla tipologia di vaghezza) e extravagant vagueness (che possiede il carattere, appunto,
della multidimensionalit).
21
Per un compiuto sviluppo di questo esempio si veda G.C. Christie, Vagueness and legal
language, cit., passim.
22
Pu non essere negligenza far aspettare un ragazzo di quindici anni per mezzora dopo
la chiusura della scuola, ma diverso se il bambino ha dieci anni, o ha una malattia, o se vi un
forte temporale ecc.
23
Chi soggiace alla prescrizione di guidare con cautela deve assumersi la responsabilit
di determinare qual la velocit massima consentita sulla base delle proprie capacit, delle
condizioni metereologiche, del fondo stradale ecc. Tale responsabilit non posta a carico di
colui che soggiace alla prescrizione di non superare la velocit di 80 km/h. Sulle implicazioni
delle clausole vaghe relativamente alla responsabilit individuale cfr., ad esempio, A. Marmor,
Varieties of vagueness in the law, cit., pag. 14.
24
Lutilit della vaghezza normativa, in determinate circostanze, unanimemente rico-
nosciuta negli studi al riguardo. Nella letteratura straniera cfr. G.C. Christie, Vagueness and
legal language, cit., passim; J. Waldron, Vagueness in Law and Language: some philosofical

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Muovendo da questa considerazione generale, vi largo consenso - sia


pure espresso in termini non sempre univoci - sul fatto che, a volte, il
legislatore impiega termini che attribuiscono alla norma il massimo
dellelasticit possibile nel senso che la regola di comportamento deve essere
completata mediante una attivit di integrazione valutativa.
Secondo una tesi particolarmente elaborata - alla quale per il momento
possibile attenerci - la necessit dellintegrazione valutativa sussiste quando
il legislatore formula enunciati impiegando sintagmi il cui significato non
pu essere neppure parzialmente determinato se non ricorrendo a criteri
extragiuridici desunti dal costume e dalla morale25. Sarebbe questo il caso
delle c.d. clausole generali nelle quali, secondo la definizione riferita, risul-
terebbe presente questa particolare vaghezza da rinvio, perch implica la
necessit, per il soggetto che deve decidere in ordine alla applicazione della
norma - e, quindi, in primo luogo per il giudice la cui statuizione dotata di
autorit26 - di integrarne il contenuto mediante il richiamo delle variabili
valutazioni etiche comunemente condivise in un dato momento27.

4. Segue: c) Una precisazione in ordine alla vaghezza da rinvio e alla vaghezza


socialmente tipica - Come noto, la nozione di vaghezza socialmente
tipica quale elemento distintivo della clausole generali oggetto di dibattito
sia fra i giuristi28, sia fra gli stessi filosofi analitici29.
In questa sede, tuttavia, la questione non direttamente rilevante.
Nessuno nega, infatti, lesistenza di enunciati normativi in cui entra in
gioco la vaghezza socialmente tipica. Nella prospettiva della teoria delle
clausole generali, si discute invece del ruolo che la nozione riveste agli effetti
della definizione della categoria.

issues, cit., pag. 534 ss.; T. Endicott, Law and Language, cit. Una particolare discussione del
tema, cui si allude fin dal titolo, in H. Asgeirsson, On the instrumental value of vagueness in
the law, cit., passim, la cui particolare concezione non appare rilevante ai nostri fini.
25
La definizione riprende quella di C. Luzzati, La vaghezza delle norme, cit., pag. 303.
26
Che le clausole generali si risolvano in una attribuzione di uno specifico potere
allautorit giudiziaria considerazione comune in dottrina. Ma ovvio che, sia pure in misura
diversa, la stessa situazione si verifica, in generale, per tutte le norme vaghe cfr. A. Marmor,
Varieties of vagueness in the law, cit., pag. 13 secondo il quale the most obvious aspect of
legislating transparently vague standards [] is that the legislator om effects delegats the decisions
of how to make the standard more specific to courts or to administrative agencies.
27
Sulle molteplici definizioni di clausola generale si veda, ampiamente, E. Fabiani,
Clausole generali, in Enc. dir., Ann. V, Milano, 2012, pag. 180 ss.
28
Per i diversi modi in cui, fra i giuristi, stata sviluppata unintuizione di K. Engish,
Introduzione al pensiero giuridico, trad. it., Milano, 1970 nonch per le distinzioni lessicali con
le quali il fenomeno stato designato, si rinvia alla minuziosa rassegna di E. Fabiani, Clausole
generali, op. loc. cit.
29
Per taluni rilievi critici sulla idoneit della nozione si veda V. Velluzzi, Le clausole
generali, cit., pag. 60 ss.

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Il problema che mi propongo di esaminare (secondo lipotesi di lavoro


prima elaborata) , pi limitatamente, quale sia, fra le forme di vaghezza
prima individuate, quella che integra i presupposti dellinterpello
qualificatorio.
Da questo punto di vista, necessaria innanzi tutto una precisazione.
La nozione di vaghezza socialmente tipica, intesa nei termini prima
descritti, risulta, a mio avviso, non del tutto adeguata o, quanto meno,
suscettibile di integrazioni.
Detto diversamente, mi sembra che fra la nozione di vaghezza da
rinvio e vaghezza socialmente tipica non vi coincidenza, almeno se e
nella misura in cui la vaghezza socialmente tipica viene caratterizzata dal
rinvio ai variabili parametri di giudizio e alle mutevoli tipologie della
morale sociale e del costume30.
Il punto che mi sembra opportuno sottolineare che - a meno di non
intendere il termine costume in senso molto ampio - il rinvio operato per il
tramite della vaghezza a elementi di giudizio extragiuridici non circo-
scritto alla morale sociale, ma pu riguardare, pi genericamente, gli
apprezzamenti sociali ovvero ci che la comune opinione (al limite di
un certo gruppo di operatori: il mercato, le imprese, la famiglia ecc.)
apprezza come conforme a una certa nozione (p. es., ritornando allesempio
di partenza, ci che il mercato considera ordinariamente quale spesa di
rappresentanza).
Per evitare confusioni, potremmo quindi distinguere la vaghezza da
rinvio - intendendo, per tale, tutte le ipotesi in cui il termine vago implica la
necessit di determinare il significato di un enunciato normativo inte-
grando la disciplina con un riferimento agli apprezzamenti sociali in gene-
rale - dalla vaghezza socialmente tipica che costituirebbe una
specificazione della prima perch il rinvio operato alle valutazioni sociali
attinenti alla morale e al costume.

5. La vaghezza rilevante quale presupposto degli interpelli qualificatori - Fatte


queste specificazioni, occorre adesso affrontare il problema (che costituisce
il nucleo dellipotesi di lavoro prima delineata) di quale tipo di vaghezza
integrerebbe la fattispecie degli interpelli qualificatori.
Una conclusione facile quella di escludere da tale ambito i casi di
vaghezza di grado. Si gi detto, infatti, che secondo lopinione general-
mente condivisa queste ipotesi di vaghezza determinano un problema di
ordinaria interpretazione, cosicch ammettere che linterpello qualificato-
rio possa essere proposto per risolvere questioni di vaghezza di grado
condurrebbe, in sostanza, ribadire lidentit di presupposti fra interpello
qualificatorio e interpello interpretativo.

30
Questa la definizione testuale proposta da C. Luzzati, La vaghezza delle norme, cit.,
pag. 303.

580 - Rassegna Tributaria 3/2016


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probabilmente altres da escludere che il presupposto dellinterpello


qualificatorio sia la (sola) vaghezza socialmente tipica, ma ci per un
diverso ordine di motivi. necessario avere presente che, qualunque tipo di
vaghezza si includa fra i presupposti dellinterpello, questa scelta impone
logicamente e a fortiori di ritenere comprese fra i presupposti anche tutte le
forme di vaghezza superiori: sarebbe illogico, invero, che lo Statuto
consentisse, ad esempio, di presentare istanza di interpello per risolvere
le questioni di vaghezza combinatoria e non per risolvere questioni di
vaghezza da rinvio.
Lesclusione fra i presupposti dellinterpello qualificatorio delle que-
stioni di vaghezza socialmente tipica (intesa, come si detto, come quella
particolare ipotesi di vaghezza da rinvio in cui si ineriscono nel sistema
richiamante i criteri della morale sociale) deve intendersi come esclusione
che solo questo tipo di vaghezza possa costituire il presupposto
dellinterpello.
E la ragione di questa esclusione abbastanza intuitiva e consiste in ci
che, sebbene un completo censimento delle ipotesi di vaghezza nellordina-
mento tributario sia difficile (e non possa essere neppure tentato in questa
sede), dovrebbe essere evidente che sono probabilmente assenti del tutto o
assai rare le ipotesi vaghezza socialmente tipica31.
Daltra parte, il caso che si detto paradigmatico (perch costituisce
anche lipotesi originaria) di vaghezza oggetto di interpello qualificatorio -
ossia quello delle spese di rappresentanza - costituisce un esempio di
vaghezza da rinvio ma non socialmente tipica (nel senso che si
detto) e, quindi, limitare linterpello qualificatorio alle sole ipotesi di
vaghezza socialmente tipica significherebbe escludere dallambito appli-
cativo dellinterpello proprio lipotesi intorno alla quale stata costruita tale
tipologia.
Il vero dubbio, pertanto, riguarda se includere fra i presupposti dellin-
terpello anche le ipotesi di vaghezza combinatoria, oppure se limitarlo ai
casi di vaghezza da rinvio (anche non socialmente tipica).
A mio avviso, il dilemma deve essere risolto nel secondo senso.
E la ragione di questa affermazione risiede nel fatto che anche le ipotesi
di vaghezza combinatoria pongono problemi che, come quelli originati
dalla vaghezza di grado, possono definirsi di ordinaria interpretazione.

31
Alcuni esempi di vaghezza socialmente tipica nel diritto tributario sono, tuttavia,
formulati da G. Melis, Linterpretazione della legge nel diritto tributario, Padova, 2003, pag.
531 che li riconduce alle valide ragioni economiche nellambito della clausola antielusiva,
nonch agli investimenti innovativi, ai beni di rilevante interesse culturale ecc. A parte il
primo caso, occorrerebbe verificare se tali ipotesi non siano riconducibili a concetti giuridici di
altri settori. In ogni caso, la limitatezza dellelenco conferma la estrema limitazione e
problematicit dellintroduzione della categoria nel diritto tributario.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 581


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G. FRANSONI - I PRESUPPOSTI DELLINTERPELLO QUALIFICATORIO

Si tratta, cio, di problemi che possono essere risolti sulla base del
confronto con la ratio della disciplina e degli interessi che, tramite la stessa,
si intendono tutelare, promuovere o, per converso, reprimere.
La possibilit di recedere da un contratto divenuto eccessivamente
oneroso ex art. 1467 c.c. pone senzaltro la necessit di verificare caso per
caso e tipo contrattuale per tipo contrattuale se, nelle circostanze date,
lequilibrio fra le prestazioni si sia alterato in modo anormale, ma la que-
stione si risolve sul piano della valutazione, appunto, della ratio della
disposizione e della identificazione, nellambito della disciplina del singolo
contratto volta per volta rilevante, del normale punto di equilibrio fra le
prestazioni e del grado normale di alea. Il resto , ovviamente, questione di
mero fatto.
Detto altrimenti, e in termini pi tecnici, l dove non c una vaghezza
da rinvio linterprete ha sempre - per definizione - la possibilit di rendere
pi determinato il termine vago ricorrendo ai normali criteri giuridici di
interpretazione; lenunciato normativo comunque completo e non deve
essere oggetto della c.d. integrazione valutativa (realizzata attingendo a dati
extragiuridici) che tipicamente necessaria per i casi di vaghezza da
rinvio. Per queste ipotesi di vaghezza, ove ricorressero condizioni di obiet-
tiva incertezza, si potr ricorrere allinterpello ordinario.
Il proprium dellinterpello qualificatorio - se e nella misura in cui lo si
voglia effettivamente distinguere dallinterpello ordinario - consiste nella
sua applicabilit alle ipotesi di incertezza determinate dallincertezza da
rinvio.
Questa ricostruzione presenta due ordine di riflessi: il primo riguarda la
delimitazione in concreto dellambito di applicazione dellistituto; il
secondo attiene alle conseguenze sul piano della disciplina.

6. Delimitazione in concreto dellambito di applicazione dellistituto - Le


osservazioni che precedono conducono, ove condivise, a ritenere che lin-
terpello qualificatorio potr essere proposto in tutte le ipotesi in cui vi
vaghezza da rinvio.
Scendendo pi nel concreto, questa soluzione porta, per esempio, ad
escludere che sia oggetto di interpello qualificatorio una questione di
inerenza perch questo termine presenta i caratteri della vaghezza com-
binatoria, non quelli della vaghezza da rinvio.
Esemplificando, evidente che la spesa per lacquisto e la gestione di un
elicottero pu essere inerente: (i) tanto per una grande impresa che per le sue
dimensioni e per le esigenze relazionali, di sicurezza o privacy dei suoi
organi apicali deve dotarsi di un mezzo di locomozione del tutto privato,
veloce e rappresentativo, (ii) quanto per una piccola impresa impegnata
nella manutenzione di ponti radar collocati in luoghi distanti fra loro e non
facilmente accessibili. quindi palese che il giudizio sullinerenza dipende
da molteplici fattori in varia combinazione fra loro. Ma se la ratio della

582 - Rassegna Tributaria 3/2016


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subordinazione della deducibilit di un costo allinerenza (dellatto) rispetto


allattivit appunto quella di garantire la coerenza fra costi e programma
imprenditoriale, allora la decisione dei diversi casi dipende sempre dalla
corretta interpretazione della disposizione in base a elementi del tutto
interni al sistema dei tributi.
questa la differenza fra gli ordinari problemi di inerenza e quelli propri
delle spese di rappresentanza. Infatti, la questione relativa alla qualifica-
zione di una spesa come rappresentanza non pu essere decisa limitandosi a
valutare la coerenza della spesa rispetto al programma imprenditoriale.
Perch evidente, in base allespressa previsione normativa, che se la spesa
di rappresentanza, allora essa inerente e deducibile; ma ci che manca la
possibilit di determinare (e definire) la nozione di rappresentanza sulla
base degli elementi normativi interni al sistema. E questo dipende dal fatto
che le spese di rappresentanza sono collegate allattivit di impresa non da
un nesso di diretta strumentalit alla produzione dei risultati o allorganiz-
zazione dellattivit, ma un rapporto di normalit sociale in quanto il
mercato (o, pi in generale, gli stakeholders) apprezzano lo svolgimento di
determinate attivit (e il sostenimento del relativo onere) come implicato
nellesistenza stessa dellimpresa e nel suo posizionamento sul mercato in
ragione delle sue dimensioni, del settore merceologico in cui opera, del-
loccasione, della frequenza, del valore ecc.
Lindividuazione di questa normalit sociale , ovviamente, rimessa al
soggetto chiamato a decidere e, quindi, in ultima analisi al giudice. Tuttavia,
coerente con lassetto del nostro ordinamento tributario il favorire una
decisione anticipata, cui concorrono il contribuente e lAgenzia nei termini
che esamineremo fra breve.
Da questo punto di vista, probabile che lesempio della stabile orga-
nizzazione svolto nella relazione illustrativa allo schema di Decreto (e
ripreso con una certa apprensione dalla circolare n. 9/E)32 non sia del
tutto pertinente.
In linea di principio, la disciplina relativa alla stabile organizzazione
del tutto autosufficiente per consentire di decidere, in base alla ratio della
stessa e in chiave sistematica, quando lesercizio dellattivit dimpresa nel
territorio di uno Stato assuma la consistenza di una presenza stabile. Il
problema pu forse porsi in alcuni casi limite (come stato quello dei
server per lattivit di commercio elettronico) dove levoluzione della
tecnologia e delle forme di esercizio dellimpresa conduce a ipotesi di
svolgimento di attivit apprezzate socialmente come collegate al territorio
dello Stato. Tuttavia, si deve ammettere che la presenza di una vaghezza da
rinvio nella disciplina della stabile organizzazione appare molto dubbia e
che anche le ipotesi evolutive cui si fatto cenno trovano soluzione pi sul

32
Si veda, retro, nota 4.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 583


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G. FRANSONI - I PRESUPPOSTI DELLINTERPELLO QUALIFICATORIO

piano delle modifiche normative, che su quello dellinterpretazione


adeguatrice.
Sembra quindi confermata la cautela che la circolare n. 9/E dimostra
verso lapplicazione dellinterpello qualificatorio in materia di stabile orga-
nizzazione; anzi, nella prospettiva qui sviluppata, appare dubbia finanche la
riconducibilit allambito di applicazione di tale interpello anche dellunico
caso nei cui confronti lAgenzia esprime una posizione di apertura.
Viceversa, almeno ad un primo esame, la nozione di sede dellammini-
strazione (costituente, come a tutti noto, una delle fattispecie rilevanti ai
fini della determinazione della residenza di un soggetto passivo dellIRES ai
sensi dellart. 73, comma 3, del T.U.I.R.) pu considerarsi connotata da una
vaghezza da rinvio nella misura in cui, almeno nei gruppi di imprese,
lesercizio di taluni poteri di indirizzo da parte della capogruppo rappre-
senta un fenomeno ineliminabile e finanche giuridicamente necessario.
Cosicch rimessa, in definitiva, a una valutazione di normalit sociale
(intendendo riferirsi, ovviamente, alle prassi comunemente adottate nel
mercato, per quel settore merceologico, per quella data dimensione e arti-
colazione del gruppo ecc.) lindividuazione del limite oltre il quale tale
ingerenza non pu pi considerarsi ordinariamente ricompresa nei poteri
di direzione e coordinamento33.
Come si anticipato, non questa certamente la sede per tentare un
censimento degli enunciati normativi presenti nelle leggi tributarie carat-
terizzati da vaghezza da rinvio.
Gli esempi svolti sembrano sufficienti, per un verso, a fornire qualche
criterio orientativo e, per altro verso, a dimostrare come, per questa via, si
riesca a fornire allinterpello qualificatorio un ambito di applicazione che
sia, al tempo stesso, specifico (ossia non sovrapposto a quello dellinterpello
c.d. ordinario) e sufficientemente contenuto. Questultima caratteristica, a
mio avviso, risulta non trascurabile non solo perch tiene conto delle
esigenze pratiche sottese alle preoccupazioni che trapelano dalla citata
circolare n. 9/E/2016, ma anche per taluni caratteri propri dellinterpello
sui quali mi soffermer brevemente nel paragrafo successivo.

33
Questa soluzione non , a ben vedere in contrasto con la posizione assunta dallAgenzia
nella circolare n. 9/E/2016 che , a mio avviso, da condividersi nelle conclusioni, ma forse in
ragione di una diversa motivazione (sulla quale si veda, infra, in questo stesso paragrafo). Ivi si
afferma, infatti, che la residenza non pu costituire oggetto di interpello e questo pu
giustificarsi con il rilievo che la residenza leffetto di plurime fattispecie fra loro concorrenti
(cfr., per qualche riferimento al riguardo G. Fransoni, Sulle presunzioni legali nel diritto
tributario, in Rass. trib., 2010, pag. 603; , cosicch la proposizione di unistanza di interpello sul
punto avrebbe un oggetto del tutto indeterminato. Lipotesi formulata nel testo, invece, non
implicherebbe, di per s, alcuna valutazione in ordine alla residenza, ma riguarderebbe solo la
corretta sussunzione di una specifica fattispecie (la sede dellamministrazione) nella relativa
disciplina.

584 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Prima di passare ai riflessi della nozione di interpello qualificatorio sul


piano della disciplina, occorre rilevare come dovrebbe essere evidente lo
stretto grado di affinit esistente fra tale interpello e quello anti-abuso34.
Entrambi, infatti, sono preposti a pervenire a una definizione anticipata
dellambito di applicazione di norme caratterizzate dalla presenza di ter-
mini connotati da vaghezza da rinvio, con la differenza che linterpello
qualificatorio si applica alla generalit delle disposizioni cos conformate
(ad esclusione di quella interessata dallinterpello anti-abuso), mentre lin-
terpello anti-abuso si applica solo ove venga in discussione lart. 10-bis dello
Statuto, una disposizione che, tuttavia, presenta un livello esponenziale di
vaghezza. Se vero, infatti, che la vaghezza si predica dei singoli termini e
sintagmi, si deve ammettere che la disposizione recata dallart. 10-bis
rappresenta, come si gi detto, un caso paradigmatico di questa tecnica
normativa a causa della numerosit di termini vaghi impiegati: sostanza
economica, vantaggi fiscali indebiti, effetti significativi diversi dai van-
taggi fiscali, valide ragioni extrafiscali35, non marginali, migliora-
mento strutturale o funzionale dellimpresa.
Appare immediato riscontrare in queste formule molte delle tipologie di
vaghezza indicate in precedenza e tutto questo rafforza la conclusione cui
gi pervenuta la dottrina in ordine alla qualificazione della disciplina
sullabuso come una vera e propria clausola generale36.
Ci che per premeva evidenziare in questa sede lindubbia affinit
tipologica dellinterpello qualificatorio e di quello anti-abuso il che pu
avere qualche rilevanza sul piano della interpretazione della relativa
disciplina.
In particolare, e per limitarci ad un esempio, questa affinit induce a
dubitare della adeguatezza dei motivi in base ai quali la circolare n. 9/E/2016
perviene alla conclusione37 secondo cui linterpello qualificatorio non
sarebbe esperibile in tema di residenza a cagione dellimplicazione nella
soluzione di tale questione di elementi meramente fattuali di cui

34
Non a caso, la dottrina acutamente qualificava anche linterpello antielusivo di cui
allart. 21 della Legge n. 413/1991 come qualificatorio cfr. F. Pistolesi, Gli interpelli tributari,
cit., pag. 4. Lanalogia fra le questioni altres rilevata, in termini sufficientemente convergenti
con quelli utilizzati nel testo, da E.M. Bagarotto , Linterpello speciale alla luce della sop-
pressione del comitato per lapplicazione delle norme antielusive e degli orientamenti giuri-
sprudenziali in materia di affidamento e abuso del diritto, in AA.VV., Atti della giornata di studi
in onore di Gaspare Falsitta, Padova, 2012, pag. 384.
35
Cfr., pertinentemente, G. Melis, Linterpretazione della legge nel diritto tributario,
Padova, 2003, pag. 531, che riconduce la nozione delle valide ragioni economiche alla
categoria della vaghezza da rinvio nella species della vaghezza socialmente tipica.
36
In questo senso F. Gallo, La nuova frontiera dellabuso del diritto in materia fiscale, in
Rass. trib., 2015, pag. 1315, V. Velluzzi, Interpretazione e tributi. Argomenti, analogia, abuso del
diritto, Modena, 2015, pag. 45 ss. nonch, se si vuole, G. Fransoni, Abuso ed elusione del
diritto, in Treccani - Il libro dellanno del diritto 2015, Roma, 2015, pag. 407 ss.
37
Conclusione che, alla stregua di quanto rilevato retro a nt. 30 deve peraltro condividersi.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 585


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essenziale verificare la veridicit e completezza. palese che tale rilevanza


sussiste, in misura non inferiore, anche nelle ipotesi di interpello anti-
abuso, ci che non impedisce, appunto, che linterpello sia esperibile.
Il punto che, come sempre stato, le risposte allinterpello vengono
rese sotto la condizione si vera sint exposita e non hanno validit se i fatti
realmente verificatisi, che lAgenzia pu sempre accertare, divergono da
quelli esposti nellistanza.
vero che, tanto nel caso dellinterpello qualificatorio, quanto nel caso
dellinterpello anti-abuso, la ricchezza degli elementi fattuali pu risolversi
nellimpossibilit di acquisire unadeguata conoscenza delle circostanze
rilevanti, ma questo si dovrebbe riflettere, come diremo, sul contenuto
della risposta allistanza, non sullammissibilit, ex ante e in astratto, del-
linterpello medesimo.

7. Profili disciplinari - La ricostruzione proposta ha ovviamente numerose


conseguenze sul piano disciplinare. La mancanza di una casistica adeguata
(anzi, la mancanza di casistica tout court) impone di limitarsi a qualche
considerazione di larga massima e in termini necessariamente provvisori e,
in parte, implicitamente dubitativi.
Il primo punto che occorre sottolineare che, verosimilmente, la rispo-
sta a questo interpello, pi che quella allinterpello ordinario, presenter
lattitudine - oggi definitivamente oggetto di disciplina espressa - ad abbrac-
ciare tutti i comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla
fattispecie oggetto di interpello.
Val quanto dire che la risposta presenter uno spiccato carattere di
normativit, nella misura in cui dato rinvenire in essa il requisito della-
strattezza, pur nella sua individualit applicativa.
Al tempo stesso, altrettanto ragionevole assumere che proprio la
necessit di integrazione valutativa che caratterizza la risposta finir
con laccentuare i profili di consensualit che sono latamente presenti
nel complesso della disciplina. Invero, al di l della struttura formale del
procedimento e della scansione soluzione proposta - accettazione moti-
vata (che evidentemente si prestano a richiamare un modulo consensuale),
il procedimento nel suo complesso appare orientato, in generale, allindi-
viduazione di soluzioni condivise fra linterpellante e linterpellato38.
Ma questo tanto pi vero, appunto, nel caso degli interpelli qualifica-
tori se, come mi sembra adeguatamente argomentabile, essi sono finalizzati
a operare, in relazione a un caso specifico, lintegrazione valutativa

38
Per un efficace quadro di sintesi delle opinioni della dottrina in ordine al tasso di
consensualit degli interpelli cfr. L. Del Federico, Autorit e consenso nella disciplina degli
interpelli fiscali, in AA.VV., Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario, (a cura di
Salvatore La Rosa), Milano, 2008, pag. 155 ss.

586 - Rassegna Tributaria 3/2016


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richiesta, ai fini della determinazione del suo significato, da una norma vaga
mediante rinvio a dati extragiuridici.
Da questo inquadramento consegue pure che la rettifica della risposta
da parte dellamministrazione dovrebbe dipendere (al di l dei casi di errore)
da una conclamata modifica nella realt sociale di riferimento. ipotizza-
bile, quindi, che le risposte (ed i relativi effetti) presentino un maggior grado
di stabilit.
Si tratta di un complesso di caratteri (normativit, consensualit,
stabilit) che, se confermati nellesperienza concreta, certamente rafforze-
ranno la necessit di circoscrivere adeguatamente lambito di applicazione
dellistituto.
Da un altro punto di vista, si deve evidenziare come proprio laffinit gi
richiamata fra linterpello anti-abuso e quello qualificatorio conferma lin-
tuizione contenuta nella circolare n. 9/E relativa alla differenza che inter-
corre fra lobiettiva condizione di incertezza come requisito dellinterpello
ordinario e luguale condizione prescritta per linterpello qualificatorio.
La circolare risolve, infatti, lobiettiva incertezza (predicata dalla norma
senza altre specificazioni) in necessaria complessit e peculiarit della
fattispecie, il che - tenuto conto del fatto che la fattispecie non forma oggetto
di accertamento da parte dellAgenzia - significa, in sostanza, complessit
e peculiarit della sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta.
Complessit e peculiarit le quali, a loro volta, non possono che dipendere
dal modo in cui la fattispecie astratta definita normativamente. Si
potrebbe quindi avanzare lillazione per cui, in presenza di norme vaghe,
tale complessit e peculiarit sussiste di per s, senza bisogno di ulteriori
specificazioni. Le esemplificazioni formulate dallAgenzia sembrerebbero
addirittura ammettere lesistenza di tali condizioni nel caso di vaghezza
combinatoria (il riferimento allipotesi dellinerenza)39, il che avvalora tale
conclusione rispetto ai casi di vera e propria vaghezza da rinvio.
Infine, sembra prospettabile, almeno con riferimento agli interpelli
qualificatori e anti-abuso un ultimo dubbio che attiene agli esiti della
istanza. La disciplina menziona solo la declaratoria di inammissibilit40,
il provvedimento di accoglimento o di rigetto e il silenzio (che equivale ad
accoglimento della soluzione proposta).
Vi , tuttavia, da chiedersi se non sia prospettabile un provvedimento
(certamente motivato) di non liquet.

39
Con questo riferimento, lAgenzia sembra avallare, sia pure in casi limite, la possibilit
di presentare interpello anche nelle ipotesi di vaghezza combinatoria. Per i motivi sopra
esposti, ci sembra di dover propendere per una soluzione pi restrittiva. Ma, in definitiva, le
considerazioni qui svolte non si modificherebbero in modo sensibile anche adottando un
approccio pi estensivo.
40
Sul tema, sia consentito rinviare a G. Fransoni e F. Coli, Linammissibilit degli
interpelli, in Corr. Trib., 2015, pag. 1964.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 587


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G. FRANSONI - I PRESUPPOSTI DELLINTERPELLO QUALIFICATORIO

Ovviamente, tale soluzione non incontra ostacoli sotto il profilo dei


principi generali, poich il divieto del non liquet incombe solo sugli organi
giurisdizionali.
Daltra parte vero che lamministrazione ha il dovere di esprimersi in
relazione allistanza (cosicch linerzia sanzionata con lequiparazione del
silenzio ad accoglimento della soluzione proposta dal contribuente), ma
non sembra che abbia il dovere di esprimersi indicando comunque una
soluzione positiva o negativa, specie se, come nelle ipotesi in esame, la
soluzione condizionata da una compiuta conoscenza dei fatti.
Da questo punto di vista, la regola per cui lamministrazione pu chie-
dere ulteriori documenti una sola volta (art. 4, comma 1, del D.Lgs. n. 156/
2015)41 sembra assolutamente compatibile con lipotesi qui formulata:
lesigenza manifestata dalla norma che si possa pervenire rapidamente a
una conclusione, non alla completezza dellistruttoria. Ma se, per motivi
imputabili alla complessit del caso, listruttoria cos configurata non riesce
a dare adeguata consapevolezza degli elementi fattuali, la soluzione pi
appropriata, sembra essere quella, appunto di una decisione di non liquet.
Invero, quando lamministrazione reputa di non disporre di tutti gli
elementi necessari per esprimersi, anzich adottare una pronuncia di non
accoglimento, che non rifletterebbe comunque leffettiva posizione
dellautorit, sembrerebbe pi congruo (e forse meno pregiudizievole per
listante) rispondere allistanza esponendo compiutamente le ragioni - che
devono consistere nellimpossibilit di apprezzare compiutamente la situa-
zione di fatto - per le quali non possibile esprimere alcuna risposta.
Si tratta, peraltro, di un profilo in parte formale perch la disciplina
dellinammissibilit evidenzia che anche il rigetto pronunciato allo stato
degli atti, quindi il contribuente potrebbe comunque ripresentare listanza
sulla base di un apparato informativo pi articolato e compiuto.
Cosicch, non ricomprendere la risposta dellAgenzia, in questi casi,
nella categoria delle pronunce di rigetto, significherebbe, in sostanza,
chiamare le cose con il loro nome.

GUGLIELMO FRANSONI

41
Peraltro, credo che lunicit della richiesta, proprio nella prospettiva qui indicata, possa
considerarsi disponibile da parte del contribuente.

588 - Rassegna Tributaria 3/2016


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La nuova disciplina degli effetti penali dellestinzione


del debito tributario*
Giuseppe Melis

Estratto: Il contributo analizza levoluzione delle scelte del legislatore in tema di


rilevanza ai fini penali dellestinzione del debito tributario e, in particolare, la
soluzione da ultimo adottata dal D.Lgs. n. 158/2015, che, nel procedere alla revisione
del sistema sanzionatorio tributario amministrativo e penale in attuazione della
Legge delega n. 23/2014, ha sdoppiato negli artt. 13 e 13-bis, D.Lgs. n. 74/2000 -
ciascuno dei quali fonte di effetti diversi - la disciplina originariamente contenuta nel
solo art. 13 ed unitaria anche quanto agli effetti dellavvenuta estinzione del debito. Il
contributo si sofferma poi su una serie di questioni teoriche e tecniche, relative, tra le
altre, allambito di applicazione oggettivo, al rapporto tra il pagamento delle san-
zioni amministrative, al principio di specialit e al ne bis in idem sostanziale e
processuale, agli effetti in sede penale dellintervenuta definizione anche ai fini
della sospensione condizionale della pena e delle misure alternative, ai profili
procedimentali e al rapporto tra i procedimenti/processi tributario e penale.

Abstract: The article analyses the different legislative choices adopted in the last
decades in respect of the effects of the payment of tax debts on criminal trials, having
particular regard to the solution adopted by the recent Legislative Decree No. 158/
2015 regarding the reform of administrative and criminal tax penalties. Legislative
Decree No. 158/2015 adopted two different approaches to the criminal effects of the
payment of tax debts, that depends on the kind of crime committed by the taxpayer
(whilst the preexisting rules provided for a unique approach). The article also
examines a number of points regarding the objective scope of the newly-adopted
provisions, the relationship between the payment of administrative penalties and the
lex specialis principle and the substantive and procedural ne bis in idem principle, the
consequences of the payment on the possibility to have the penalties suspended, the
procedural aspects and the relationship not only between the tax and the criminal
proceedings but also between the tax and criminal trials.

SOMMARIO: 1. La ricerca di un difficile equilibrio sulla rilevanza ai fini penali


dellavvenuta estinzione del debito tributario: dalla Legge n. 516/1982 al D.L. n. 138/
2011 - 2. La soluzione di doppio binario accolta nel D.Lgs. n. 158/2015: non punibilit

* LAutore desidera ringraziare Alessio Persiani, Federico Rasi, Matteo Rubera, Pietro
Sabella e Andrea Tripodi per i preziosi commenti. La responsabilit delle considerazioni qui
espresse rimane interamente dellAutore.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 589


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

dei reati ed attenuazione della pena - 3. Lambito di applicazione oggettivo -


4. Pagamento delle sanzioni amministrative, principio di specialit e ne bis in
idem - 5. Alcune questioni relative agli effetti in sede penale dellintervenuta estin-
zione del debito: attenuante ad effetto speciale, sospensione condizionale della pena,
misure alternative - 6. I profili procedimentali e il rapporto tra i procedimenti/
processi tributario e penale - 7. Conclusioni.

1. La ricerca di un difficile equilibrio sulla rilevanza ai fini penali dellavvenuta


estinzione del debito tributario: dalla Legge n. 516/1982 al D.L. n. 138/2011 -
Gli effetti ai fini penali dellestinzione dei debiti tributari relativi ai fatti
costitutivi dei delitti di cui al D.Lgs. n. 74/2000 sono disciplinati dagli artt.
13 e 13-bis del medesimo Decreto.
Essi costituiscono il frutto del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, che,
come noto, ha provveduto alla revisione del sistema sanzionatorio tributa-
rio amministrativo e penale in attuazione della Legge delega n. 23/2014, e la
sua novit rispetto al passato risiede nellavvenuto spacchettamento nelle
citate disposizioni normative - ciascuna delle quali fonte di effetti diversi -
della disciplina originariamente contenuta nel solo art. 13 ed unitaria anche
quanto agli effetti dellavvenuta estinzione del debito tributario.
Il testo delle richiamate disposizioni, contenuto nellart. 11 del Decreto
attuativo, tuttavia sensibilmente diverso da quello dellomologa disposi-
zione contenuta nelliniziale schema di Decreto legislativo recante dispo-
sizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra Fisco e contribuente;
schema che, per la nota manina salita agli onori delle cronache, era
stato ritirato, da cui lesigenza di una proroga del termine di scadenza per
lesercizio della delega, originariamente fissato al 27 marzo 2015.
Il citato schema, infatti, aveva operato un vero e proprio strappo
rispetto allintervento attuato, solo pochi anni prima, con il D.L. 13 agosto
2011, n. 138 (conv. con modificazioni dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148),
poich per la prima volta, sia pure per i soli reati di versamento e dichiarativi,
aveva individuato nel radicale effetto estintivo del reato la conseguenza
dellavvenuto pagamento del debito tributario indipendentemente dalla
formale conoscenza di attivit di indagine1, confermando invece, per i

1
Si tratta dellart. 13 dello Schema di Decreto legislativo recante Modifica dellart. 13 del
Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, in materia di cause di estinzione e circostanze del
reato. Pagamento del debito tributario, che disponeva quanto segue:
1. Allart. 13, del Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i commi 1 e 3 sono sostituiti dai
seguenti:
1. Se i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti di cui al presente Decreto sono
stati estinti, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, mediante
pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione allaccertamento
previste dalle norme tributarie:
a) i reati di cui agli artt. 4, 5, 10-bis, 10-ter sono estinti;

590 - Rassegna Tributaria 3/2016


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reati caratterizzati da frode, leffetto della sola diminuzione della pena, sia
pure aumentandone la misura massima da un terzo alla met.
Invero, con lintervento del 2011, il legislatore si era mosso nella logica,
diametralmente opposta, di un significativo irrigidimento del trattamento
sanzionatorio tributario-penale, procedendo allabbassamento delle soglie
di imposta evasa, allabolizione delle fattispecie attenuate di cui allart. 2,
comma 3, ed 8, comma 3, D.Lgs. n. 74/2000, allinapplicabilit a determinate
condizioni della sospensione condizionale della pena e allallungamento dei
termini di prescrizione2. Non diversa era stata la logica alla base dellinter-
vento sugli effetti penali dellestinzione del debito tributario, da un lato
riducendo dalla met ad un terzo la diminuzione massima della pena3,
dallaltro subordinando la possibilit di accedere al c.d. patteggiamento al
previo pagamento del debito tributario ai sensi dei commi 1 e 2 dellart. 134.
A parziale giustificazione delleffetto estintivo del reato proposto
nello schema di Decreto per i reati di versamento e dichiarativi, militava la
sola constatazione, diremmo di sociologia legislativa, che la ben pi rigida
soluzione al problema data dal legislatore del 2011 costituiva, a sua volta,
lennesima tappa di un travagliato percorso del legislatore stesso in ordine
alla rilevanza ai fini penali dellestinzione del debito tributario relativo a fatti
costitutivi di delitti tributari, che aveva invero oscillato nel tempo tra poli
opposti.
Se, infatti, da un lato, lesistenza di reati tributari, anche emersa suc-
cessivamente allavvenuta definizione, costituiva addirittura causa

b) le pene previste per gli altri delitti di cui al presente Decreto sono diminuite fino alla
met, non si applicano le pene accessorie indicate allart. 12 e le circostanze aggravanti di cui ai
commi 3 e 4.
2
Dal 17 settembre 2011, per effetto di quanto disposto dal D.L. n. 135/2011, i termini di
prescrizione, per la maggior parte dei reati tributari, si sono allungati passando dai precedenti
sei agli attuali otto anni. Fanno eccezione le violazioni penali relative allomesso versamento,
allindebita compensazione e alla sottrazione fraudolenta, per le quali continuano ad applicarsi
i precedenti termini (sei anni). Inoltre, ai sensi dellart. 17, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000, il corso
della prescrizione per i delitti tributari interrotto, oltre che dai normali atti indicati nellart.
160 c.p., anche dal verbale di constatazione o dallatto di accertamento delle relative violazioni.
Questa interruzione, a norma del codice di rito, non pu comunque comportare laumento di
pi di un quarto del tempo necessario a prescrivere. Ne consegue che i sei anni e, dal 17
settembre 2011, gli otto anni, possono diventare rispettivamente sette anni e mezzo ovvero
dieci anni (in presenza di cause interruttive).
3
Questo il testo del comma 1 quale risultava a seguito delle modifiche apportate dal D.L.
n. 138/2011: 1. Le pene previste per i delitti di cui al presente Decreto sono diminuite fino ad un
terzo e non si applicano le pene accessorie indicate nellart. 12 se, prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti
medesimi sono stati estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedure
conciliative o di adesione allaccertamento previste dalle norme tributarie.
4
2-bis. Per i delitti di cui al presente Decreto lapplicazione della pena ai sensi dellart. 444
del Codice di procedura penale pu essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza
attenuante di cui ai commi 1 e 2.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 591


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

preclusiva al concordato c.d. di massa (art. 2-bis, D.L. n. 564/1994)5 e,


dallaltro, la Legge 7 agosto 1982, n. 516 non prevedeva alcuna rilevanza
ai fini penali della suddetta definizione (al pi operante sul piano delle
circostanze attenuanti)6, il D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218 aveva completa-
mente ribaltato la situazione, disponendo allart. 2, comma 3 che laccerta-
mento con adesione ai fini delle imposte dirette ed IVA - cos come la
rinuncia allimpugnazione del provvedimento, ma non anche la concilia-
zione giudiziale - escludesse la punibilit per i reati relativi a tali tributi7. Va
detto, tuttavia, che tale disposizione trovava applicazione per le sole ipotesi
5
Cass., 29 settembre 2005, n. 19112, che attribuisce rilevanza alla mera configurabilit
dellobbligo di denuncia allautorit giudiziaria per rendere operativa la preclusione; Cass., 8
settembre 2005, n. 17926.
6
Quanto alla questione, sollevata dallavvenuto pagamento, del rapporto tra art. 62, n. 6
(attenuante comune dellavvenuta riparazione del danno) ed art. 62-bis c.p. (attenuanti gene-
riche), la dottrina (F. Antolisei, Manuale di diritto penale - parte generale, Milano, 2000, pag. 463)
ritiene, come noto, che la previsione di cui allart. 62-bis c.p. sia inapplicabile in caso di
risarcimento del danno da parte del reo, in quanto la valutazione delle circostanze attenuanti
generiche deve involgere la valutazione di elementi diversi da quelli espressamente previsti
dallart. 62 c.p. Si tratta tuttavia di questione estremamente controversa sulla quale si registra
una giurisprudenza incerta. Limitandoci al profilo tributario, va rilevato come prima del D.Lgs.
n. 74/2000 venissero appunto in gioco gli artt. 62 e 62-bis c.p. Lapplicabilit in materia
tributaria della circostanza attenuante di cui allart. 62, n. 6, c.p. stata tuttavia sovente negata
dalla giurisprudenza con argomenti fondati sullindividuazione del bene giuridico tutelato nei
reati tributari e sulla sua diversit rispetto al patrimonio (sul punto si torner nel prosieguo, ma
vale rilevare, in ogni caso, come tale orientamento sia stato affermato tanto prima della riforma
dei reati tributari del 2000 quanto successivamente ad essa; si veda, in proposito, Cass. pen.,
Sez. III, 18 gennaio 1994, in Giust. Pen., 1994, II, pag. 561, Cass. pen., 11 aprile 2002, n. 13481, in
Giur. imp., 2002, pag. 1133 ss. e Cass., Sez. III, 19 dicembre 2007, n. 47068). Pertanto, prima del
2000 il pagamento del tributo poteva valere solo ai fini del riconoscimento delle attenuanti
generiche. Si trattava, comunque, di questione dibattuta, sulla quale non mancavano opinioni
diverse in dottrina: si veda, ad esempio, B. Tinti, Il risarcimento del danno nei processi penali
per reati tributari, in il fisco, 1998, pag. 4397 il quale, ante riforma, sosteneva lapplicabilit
della circostanza attenuante di cui allart. 62, n. 6, c.p. facendo leva sullorientamento domi-
nante della Cassazione in ambito non tributario in base al quale lattenuante prevista dallart.
62, n. 6), del Codice penale applicabile a qualsiasi reato, in quanto trova ragione unicamente in
una diminuita capacit a delinquere del colpevole, dimostrata dal comportamento successivo
al reato ed del tutto svincolata dalloggettivit giuridica del reato cui va applicata (cos Cass.
pen., Sez. VI, 8 ottobre 1993, in Cass. pen., 1995, pag. 1196). Dopo il D.Lgs. n. 74/2000,
linapplicabilit dellattenuante di cui allart. 62, n. 6, c.p. stata affermata, sia pur in modo
indiretto, sulla scorta della cennata specialit ratione materiae dellattenuante prevista dallart.
13 del D.Lgs. n. 74/2000, rispetto a quella di cui allart. 62, n. 6, c.p. In questo senso, la recente
giurisprudenza di legittimit ha precisato che il pagamento del tributo rileva ai fini della
possibile applicazione delle circostanze attenuanti previste dallart. 62-bis c.p. o della citata
attenuante speciale di cui allart. 13 del D.Lgs. n. 74/2000 (cos Cass. pen., Sez. III, 13 gennaio
2011, n. 656).
7
Art. 2, comma 3: La definizione esclude, anche con effetto retroattivo, in deroga allart.
20 della Legge 7 gennaio 1929, n. 4, la punibilit per i reati previsti dal Decreto legge 10 luglio
1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 1982, n. 516, limitatamente ai
fatti oggetto dellaccertamento; la definizione non esclude comunque la punibilit per i reati di
cui agli artt. 2, comma 3, e 4 del medesimo Decreto legge.

592 - Rassegna Tributaria 3/2016


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di tipo contravvenzionale (ad eccezione di quella relativa alla dichiarazione


dei sostituti).
Una norma di carattere speciale era inoltre stata introdotta - e si
discuter infra sulla questione della sua persistente vigenza, non essendo
mai stata formalmente abrogata - con lart. 14, comma 5, Legge n. 408/1990,
prevedendo la non punibilit per i reati di cui alla Legge n. 516/1982 nel caso
di presentazione di dichiarazione integrativa ex art. 9, D.P.R. n. 600/1973 in
materia di imposte sui redditi, ovvero di regolarizzazione ex art. 48, D.P.R.
n. 633/1972 in materia di IVA: in entrambi i casi, con la preclusione
(a monte) derivante dallavvio di attivit di accertamento.
Il legislatore della Riforma del 2000 adott con lart. 13 una via inter-
media tra lirrilevanza tout court dellestinzione del debito e la non
punibilit del reato (sia pure, come detto, di portata limitata alle contrav-
venzioni), prevedendo la riduzione sino alla met della sanzione penale e la
non applicazione delle pene accessorie. La novit risiedeva, tuttavia,
nellapplicabilit della riduzione alle ipotesi delittuose, che peraltro forma-
vano ormai oggetto esclusivo del D.Lgs. n. 74/2000, privo di ipotesi
contravvenzionali.
La Legge delega, in realt, era estremamente ampia, in quanto lart. 9,
comma 2, lett. e), Legge 25 giugno 1999, n. 205, dava mandato allesecutivo
di introdurre meccanismi premiali idonei a favorire il risarcimento del
danno conseguente alla commissione del reato tributario.
La soluzione infine scelta - peraltro non in linea con quella della mag-
gioranza, quale risulta dai lavori preparatori, incline ad estendere la solu-
zione prevista dal D.Lgs. n. 218/1997 a tutte le nuove ipotesi di reato - si
riconnetteva allintenzione del legislatore della Riforma di punire poche
ipotesi delittuose di particolare gravit, la cui forza dissuasiva si riteneva
sarebbe stata svilita dalleffetto di estinzione del reato e/o di esclusione della
punibilit conseguente al pagamento del tributo, dandosi conto, nella stessa
relazione di accompagnamento allo schema di Decreto, della preoccupa-
zione che la soluzione consistente nelleffetto estintivo del reato, con la
conseguente possibilit di monetizzare il rischio della responsabilit
penale, potesse sortire un effetto criminogeno8; ci senza rinunziare,
tuttavia, alla possibilit di riscuotere il tributo tramite la concessione di
un abbattimento della sanzione e linapplicabilit delle pene accessorie.
In ogni caso, il legislatore delegato, nel prevedere una riduzione sino alla
met della sanzione, aveva gi compiuto un piccolo passo in avanti
rispetto allo schema di Decreto legislativo approvato il 5 gennaio 2000 dal
Consiglio dei Ministri, che aveva introdotto una circostanza ad effetto
comune consistente nella riduzione sino ad un terzo; passo in avanti
spiegato dalle competenti Commissioni parlamentari con la volont di

8
In Guida al diritto, n. 14/2000, pag. 40.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 593


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

rendere effettivamente appetibile il ricorso alle procedure risarcitorie tra-


mite lincentivazione delleffetto premiale9.
In questo quadro si era appunto inserito il citato D.L. n. 138/2011 che,
nellottica dellulteriore irrigidimento delle sanzioni penali sopra eviden-
ziata, aveva ridotto, come detto, labbattimento massimo della sanzione
dalla met ad un terzo, cos tornando alla soluzione della circostanza ad
effetto comune approntata nel citato schema di Decreto del 5 gennaio 2000.
Lo schema di Decreto legislativo oggetto di ritiro avrebbe dunque
nuovamente modificato - ed in modo estremamente significativo - il quadro
di riferimento.
Da un lato, infatti, si sarebbe ripristinato labbattimento massimo della
sanzione nella misura della met; allaumento dellabbattimento massimo si
sarebbe accompagnata, come prima, la non applicazione delle pene acces-
sorie di cui allart. 12, nonch delle nuove circostanze aggravanti previste dai
commi 3 e 4 (rectius, dalle lett. a) e b) del nuovo comma 3).
Soprattutto, per, lo schema di Decreto prevedeva lestinzione per i reati
di cui agli artt. 4, 5, 10-bis e 10-ter, D.Lgs. n. 74/2000, senza preclusioni
derivanti dalla conoscenza di attivit di accertamento, andando ben oltre lo
stesso effetto di non punibilit a suo tempo previsto dal D.Lgs. n. 218/1997.
Si trattava, tuttavia, di una modifica che non avrebbe trovato alcuna
base legislativa espressa nellart. 8 della Legge delega di revisione del
sistema sanzionatorio10, la quale non contemplava la possibilit di far
riferimento ai comportamenti successivi del contribuente finalizzati al
pagamento del tributo; prevedeva expressis verbis solo lefficacia atte-
nuante o esimente delladesione alle forme di comunicazione e di

9
Vedi P. Rossi, Gli effetti dei meccanismi premiali sulla punibilit in sede penale
tributaria, in Boll. trib., 2001, pag. 1307 ss.
10
Questo il testo: 1. Il Governo delegato a procedere, con i Decreti legislativi di cui
allart. 1, alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di prede-
terminazione e di proporzionalit rispetto alla gravit dei comportamenti, prevedendo: la
punibilit con la pena detentiva compresa fra un minimo di sei mesi e un massimo di sei anni,
dando rilievo, tenuto conto di adeguate soglie di punibilit, alla configurazione del reato per i
comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e allutilizzo di documenta-
zione falsa, per i quali non possono comunque essere ridotte le pene minime previste dalla
legislazione vigente alla data di entrata in vigore del Decreto legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148; lindividuazione dei
confini tra le fattispecie di elusione e quelle di evasione fiscale e delle relative conseguenze
sanzionatorie; lefficacia attenuante o esimente delladesione alle forme di comunicazione e di
cooperazione rafforzata di cui allart. 6, comma 1; la revisione del regime della dichiarazione
infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo al fine di meglio correlare, nel rispetto del
principio di proporzionalit, le sanzioni alleffettiva gravit dei comportamenti; la possibilit di
ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anzich
penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilit; lestensione della possibilit, per
lautorit giudiziaria, di affidare in custodia giudiziale i beni sequestrati nellambito di proce-
dimenti penali relativi a delitti tributari agli organi dellAmministrazione finanziaria che ne
facciano richiesta al fine di utilizzarli direttamente per le proprie esigenze operative.

594 - Rassegna Tributaria 3/2016


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cooperazione rafforzata di cui allart. 6, comma 1; contemplava s la


revisione del regime della dichiarazione infedele, ma al fine di meglio
correlare, nel rispetto del principio di proporzionalit, le sanzioni alleffet-
tiva gravit dei comportamenti; limitava, infine, la possibilit di ridurre le
sanzioni a le fattispecie meno gravi.
Una lettura sistematica delle richiamate norme avrebbe al pi con-
sentito di ripristinare lattenuante da un terzo alla met o di intervenire sulla
fattispecie di omesso versamento dellIVA (per la quale tuttavia, si sarebbe
forse dovuto ragionare su una depenalizzazione a monte), ma non certa-
mente prevedere leffetto estintivo del pagamento per il reato di infedele
dichiarazione o addirittura di omessa dichiarazione tout court, peraltro
anche dopo la conoscenza di attivit di accertamento; salvo a voler ritenere,
con unoperazione interpretativa piuttosto ardita, che questo effetto estin-
tivo rappresentasse una soluzione di compromesso - consistente nellat-
tribuire rilevanza penale anche ai comportamenti non fraudolenti,
estinguendo tuttavia il reato a seguito del pagamento del tributo e delle
connesse sanzioni - per ovviare allambiguit di una Legge delega che, nel
dare rilievo alla configurazione del reato per i comportamenti fraudolenti,
simulatori o finalizzati alla creazione e allutilizzo di documentazione
falsa, sembrava voler individuare quale elemento distintivo della gravit
del fatto meritevole di sanzione penale la relativa fraudolenza11.
La soluzione accolta dal legislatore delegato nello schema poi ritirato,
dunque, non soltanto non avrebbe trovato un sicuro fondamento nella
delega, ma sarebbe risultata diametralmente opposta alla scelta legislativa
originariamente trasfusa nel D.Lgs. n. 74/2000, che, come detto, aveva
espressamente respinto leffetto estintivo del reato dellavvenuta estinzione
del debito tributario per timore delleffetto criminogeno che ne sarebbe
derivato.
Del resto, per evidenziare linsostenibilit - a tacer daltro - della solu-
zione proposta, era sufficiente pensare alla seguente sequenza che si
sarebbe venuta a determinare: i) infedele dichiarazione (penalmente rile-
vante)12 - ii) attivit di verifica (solo eventuale) - iii) PVC (idoneo, nella
peggiore delle ipotesi, a recuperare lintero maltolto) - iv) ravvedimento
operoso (esperibile, a seguito della Legge n. 190/2014, sino alla notifica

11
Anche se, in tal caso, leffetto estintivo avrebbe dovuto riguardare anche il reato di cui
allart. 10-quater, almeno nella misura in cui non si trattasse di ipotesi fraudolente. Si pensi ai
crediti non spettanti, che riguardano anche quei crediti che, pur certi nella loro esistenza ed
ammontare, siano, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabili (o non pi utiliz-
zabili) in operazioni finanziarie di compensazione nei rapporti tra i contribuenti e lErario:
cos, Cass., Sez. III pen., 26 gennaio 2015, n. 3367.
12
Non si prende in considerazione lipotesi di omessa presentazione della dichiarazione
per la quale dubbio che sia consentito avvalersi del ravvedimento operoso al di fuori del caso
espressamente disciplinato dallart. 13, comma 1, lett. c) D.Lgs. n. 472/1997 di presentazione
della dichiarazione entro 90 giorni dalla scadenza del relativo termine.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 595


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

dellavviso di accertamento), con pagamento delle sanzioni ridotte ad una


frazione del minimo - v) estinzione del reato.
Insomma, avremmo assistito ad una manifestazione estrema della
nuova filosofia della tax compliance ormai alla base di numerosi e recenti
interventi legislativi13, che avrebbe aggiunto, a quello che stato gi definito
da attenta dottrina come un condono permanente - per non presupporre
pi il ravvedimento operoso la spontaneit del comportamento del contri-
buente successivo alla sua violazione14 - anche lestinzione del reato.
N si sarebbe potuto sostenere, a fondamento della scelta del legi-
slatore delegato, che una siffatta soluzione conseguisse alla volont di
attuare il principio del ne bis in idem, sia nel suo profilo sostanziale, che
in quello processuale15 elaborato dalla Corte EDU16 e dalla Corte di

13
ben noto che nellottica di favorire ladempimento spontaneo (tax compliance) nei
confronti della generalit dei contribuenti, il legislatore ha provveduto a recenti ed incisivi
interventi normativi. Innanzitutto, lart. 1, comma 634 ss., Legge n. 190/2014 ha previsto un
ricorso sempre maggiore alle c.d. comunicazioni preventive, al fine di segnalare eventuali
anomalie risultanti dallincrocio tra la posizione fiscale dei contribuenti ed i dati presenti nelle
banche dati, e ci anche prima della scadenza dei termini per la presentazione delle dichiara-
zioni fiscali. In tal modo, lAgenzia delle entrate potr indirizzare la propria attivit di accerta-
mento nei confronti di quei soli soggetti che non intendano collaborare o ravvedersi. Il rapporto
tra il Fisco e i contribuenti che collaboreranno in modo leale nellambito del procedimento di
accertamento si baser pertanto, sempre di pi, su una relazione di tipo orizzontale, mentre i
controlli sugli altri soggetti, caratterizzati da una maggiore incisivit, resteranno improntati
al tradizionale rapporto di tipo verticale. Sempre in tale ottica si collocano poi ulteriori
interventi normativi, tra cui, oltre allampliamento dei termini e delle modalit per fruire del
ravvedimento operoso, la revisione (qui in esame) del sistema sanzionatorio amministrativo e
penale per garantirne una maggiore conformit ai criteri di proporzionalit e predetermina-
zione, la completa rivisitazione della disciplina degli interpelli e lintroduzione della dichiara-
zione precompilata con le relative conseguenze sul controllo c.d. formale. A ci si
aggiungono, infine, i recenti interventi che hanno interessato quegli istituti che tengono ad
incentivare il c.d. tax settlement, per definire quanto prima le controversie tributarie con il
Fisco. Tra questi, lavvenuto rafforzamento degli istituti c.d. deflattivi - soprattutto con riferi-
mento alla mediazione e alla conciliazione giudiziale - nonch la possibilit (pure qui in esame)
di usufruire della non punibilit di taluni reati o di una significativa riduzione della pena
applicabile nel caso di pagamento dei tributi non dichiarati e/o non versati.
14
A. Giovannini, Il nuovo ravvedimento operoso: il Fisco amico e il condono perma-
nente, in il fisco, 2015, pag. 315 ss.
15
A. Tripodi, Il ne bis in idem, si confronta con i suoi limiti: al vaglio di proporzionalit
della Corte di giustizia la condizione desecuzione prevista dallart. 54 della Convenzione di
applicazione dellaccordo di Schengen, in Giur. cost., 2015, pag. 606.
16
La quale muove dalla qualificazione sostanziale (secondo i c.d. criteri Engel: quali-
ficazione giuridica della misura, natura della misura, natura e grado di severit della sanzione)
della sanzione (penale o amministrativa), prescindendo dal nomen attribuito nella legislazione
di appartenenza. Da ultimo, in materia tributaria, Corte EDU, 20 maggio 2014, Nikaenen c.
Finlandia e, in dottrina, G. M. Flick, Reati fiscali, principio di legalit e ne bis in idem:
variazioni italiane su un tema europeo, in Rass. trib., 2014, pag. 939 ss. Analoghi sono i criteri
utilizzati dalla Corte di Giustizia UE: il primo consiste nella qualificazione giuridica dellillecito
nel diritto nazionale, il secondo nella natura dellillecito e il terzo nella natura nonch nel grado

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Giustizia UE, privilegiando la sanzione amministrativa su quella


penale17.
In disparte le ben note resistenze della recente giurisprudenza italiana
allapplicazione del principio di specialit e del principio del ne bis in idem al
sistema sanzionatorio tributario18, una siffatta spiegazione sarebbe stata
infatti inappagante almeno sotto due profili.
In primo luogo, in quanto lestinzione avrebbe riguardato solo alcuni
reati, riservandosi ai restanti il solo effetto attenuante dellavvenuta estin-
zione del debito.
In secondo luogo, in quanto lestinzione avrebbe riguardato anche
quelle ipotesi - disciplinate dal D.L. n. 269/2003 - in cui la sanzione ammini-
strativa ricade su un soggetto (la persona giuridica) diverso dallimputato,
richiedendo il ne bis in idem lidentit soggettiva tra persona coinvolta nel
procedimento amministrativo e in quello penale19.

2. La soluzione di doppio binario accolta nel D.Lgs. n. 158/2015: non


punibilit dei reati ed attenuazione della pena - Come anticipato, con il D.
Lgs. n. 158/2015 si giunti alla soluzione (finale?) di sdoppiare loriginaria
disciplina contenuta nellart. 13.
In particolare, tale disposizione confluisce nel nuovo art. 13-bis,
rubricato Circostanze del reato, tuttavia con due rilevanti differenze
rispetto al passato20.
La prima, che lattenuante opera adesso fino alla met. Si torna, in
sostanza, alla situazione qual era prima delle modifiche attuate con il D.L. n.
138/2011 e, dunque, in sostanza, al testo delloriginario art. 13, D.Lgs. n. 74/
2000.

di severit della sanzione in cui linteressato rischia di incorrere (sentenza 5 giugno 2012,
causa C-489/10, Bonda, punto 37).
17
Anche linflizione di una sanzione amministrativa definitiva pu infatti precludere
lavvio di un procedimento penale nei confronti della medesima persona, in relazione agli stessi
fatti che le vengono addebitati: Corte EDU, Ruotsalainen c. Finlandia, 16 giugno 2009,
n. 13079/03.
18
Ad esempio, Cass., SS.UU., 28 marzo 2013, n. 37425; Cass., 1 ottobre 2014, n. 40526;
Cass., 12 marzo 2015, n. 10475.
19
Vedi Cass., Sez. III pen., 30 ottobre 2015, n. 43809.
20
Art. 13-bis (Circostanza del reato). 1. Fuori dei casi di non punibilit, le pene previste
per i delitti di cui al presente Decreto sono diminuite fino alla met e non si applicano le pene
accessorie indicate nellart. 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado, i debiti tributari [relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi - inciso soppresso],
comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento
degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione
allaccertamento previste dalle norme tributarie.
2. Per i delitti di cui al presente Decreto lapplicazione della pena ai sensi dellart. 444 del
Codice di procedura penale pu essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza
attenuante di cui al comma 1, nonch il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui allart.
13, commi 1 e 2 (si sono sottolineate le differenze rispetto al testo di cui al D.L. n. 138/2001).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 597


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La seconda, ben pi importante, che lattenuante di cui allart. 13-bis,


opera adesso fuori dei casi di non punibilit, la cui disciplina contenuta
nel nuovo art. 13, D.Lgs. n. 74/2000, rubricato Causa di non punibilit.
Pagamento del debito tributario21.
Con tale disposizione, innovando profondamente in materia, il legisla-
tore individua un insieme di ipotesi delittuose di carattere tributario cui
possibile attribuire un trattamento di maggior favore, ulteriormente gra-
duato a seconda che laccesso a questo trattamento di favore sia possibile in
ogni caso, oppure solo laddove il contribuente non abbia avuto formale
conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dellinizio di qualunque attivit
di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Ne risulta il seguente quadro finale:
a) laddove si tratti di fattispecie di omesso versamento e di indebita
compensazione - con leccezione della compensazione di crediti inesistenti,
in quanto connotati da frode22 - se i debiti tributari vengono estinti (sanzioni
ed interessi compresi) prima della dichiarazione di apertura del dibatti-
mento di primo grado, i reati non sono punibili;

21
Art. 13 (Causa di non punibilit. Pagamento del debito tributario). - 1. I reati di cui agli
artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di
apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative
e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a
seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione allaccertamento previste dalle
norme tributarie, nonch del ravvedimento operoso.
2. I reati di cui agli artt. 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e
interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del
ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di
presentazione della dichiarazione relativa al periodo dimposta successivo, semprech il
ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che lautore del reato abbia avuto
formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dellinizio di qualunque attivit di accer-
tamento amministrativo o di procedimenti penali.
3. Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il
debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dellapplicabilit
dellart. 13-bis, dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la
prescrizione sospesa. Il giudice ha facolt di prorogare tale termine una sola volta per non
oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione.
22
Va rilevato, tra laltro, che sussiste una diversa nozione di credito inesistente a
seconda che si tratti di sanzioni amministrative o di sanzioni penali. Per le prime, infatti,
lart. 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/1997, come modificato dal D.Lgs. n. 158/2015, considera
inesistenti quei crediti per i quali non solo manchi, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo,
ma per i quali la relativa inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-
bis e ter, D.P.R. n. 600/1973, ovvero tramite lart. 54-bis, D.P.R. n. 633/1972. In altri termini, se
lErario in grado di verificare agevolmente, mediante riscontri incrociati con i dati in proprio
possesso, linesistenza del credito - sicch colui che ha compensato ha di fatto solo beneficiato
di un mero differimento nel pagamento gi consapevole di essere poi scoperto con matema-
tica certezza - allora si resta nellambito degli omessi versamenti sanzionabili con il 30%
dellimporto compensato, anzich sconfinare nella sanzione dal 100% al 200% dei crediti
utilizzati in compensazione.

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b) laddove si tratti di reati dichiarativi, privi cio di elementi fraudolenti,


opera parimenti la non punibilit del reato in caso di estinzione del debito,
ma a condizione che lautore del reato non abbia avuto la formale cono-
scenza di cui sopra;
c) laddove, infine, si tratti di reati caratterizzati da frode - oppure dei
reati di cui al punto b), per i quali non sussistano tuttavia oramai pi le
condizioni per accedere alla pi favorevole non punibilit - trova applica-
zione la sola attenuante di cui allart. 13-bis.
Questo quadro fornisce, ad avviso di chi scrive, una risposta soddisfa-
cente alle perplessit sopra evidenziate, dando vita a un sistema tutto
sommato coerente, articolato sui tre livelli indicati.
Da un lato, infatti, la fraudolenza del fatto (compresa lindebita com-
pensazione di crediti inesistenti) fa da spartiacque tra le ipotesi a) e b) da
un lato, in cui possibile accedere alla non punibilit del reato, e quelle,
connotate appunto da frode, in cui tale accesso precluso, residuando la
sola attenuante.
Dallaltro ancora, le fattispecie di omesso versamento beneficiano di un
trattamento ancora di maggior favore rispetto ai reati dichiarativi, per
levidente circostanza che nel primo caso, diversamente dal secondo, il
contribuente ha dichiarato fedelmente le imposte da versare, salvo non
provvedere, per i motivi pi disparati (non di rado, indipendenti dalla sua
volont), al loro pagamento. Anzi, poich nelle ipotesi a) e c) il pagamento di
tributi, interessi e sanzioni deve avvenire entro il medesimo termine, costi-
tuito dalla dichiarazione di apertura del dibattimento, agli omessi versa-
menti trova applicazione sempre la causa di non punibilit e mai
lattenuazione della sanzione penale.
Quanto alle fattispecie di omesso versamento, lattuazione del Decreto
non si spinge per al punto di depenalizzare tout court tali reati, prevalendo
pertanto la valutazione di una tutela rafforzata del credito erariale sulla
mancanza non solo di frode, ma anche di mera difformit dichiarativa nel
comportamento del contribuente. Del resto, il profilo maggiormente critico
connesso ai reati di versamento, e che maggiormente aveva impegnato i
giudici penali, relativo alla possibilit di riconoscere allilliquidit finanzia-
ria efficacia scriminante sulla rilevanza penale delle omissioni tributarie -
escludendo lintegrazione dellelemento psicologico o del rapporto di
causalit - viene fortemente ridimensionato (ma non del tutto annullato)
nella sua rilevanza pratica dal lasso di tempo normalmente piuttosto ampio
che intercorrer tra tale momento e lapertura del dibattimento.
Quanto alle fattispecie meramente dichiarative, il legislatore, nel caso di
reati dichiarativi, offre comunque al contribuente unultima chance per
uscire indenne sotto il profilo penale, alla condizione, tuttavia, che di vera
resipiscenza si tratti, segnando pertanto una cesura rispetto alle scelte
fatte in tema di ravvedimento operoso sul piano sanzionatorio amministra-
tivo in nome della tax compliance. Da qui la causa preclusiva dellavvio di

Rassegna Tributaria 3/2016 - 599


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accessi, ispezioni e verifiche, invece obliterata nello schema di Decreto


oggetto di ritiro e che interrompe adesso la sequenza criminogena
sopra delineata cui la previsione contenuta nel citato schema avrebbe
dato vita23.
In ambedue i casi, il legislatore, insomma, tiene ferma lantigiuridicit
dei comportamenti, reputando tuttavia inopportuna lirrogazione della
pena pur di assicurare un interesse superiore, qui rappresentato dalla
piena soddisfazione del debito tributario, secondo una valutazione di
opportunit politico-criminale24.
Quel che appare pi importante sotto un profilo sistematico che la
rilevanza ai fini penali del comportamento successivo del contribuente,
che non trovava alcun appiglio diretto nella Legge delega, finisce adesso
per trovarlo, indirettamente, proprio in quella proporzionalit della rispo-
sta penale (e della correlata offensivit del comportamento del contri-
buente) che la Legge delega assume, in ultima analisi, a fondamento
dellintervento di riforma, di fatto spostando sul mero piano sanzionatorio
amministrativo, alle condizioni e nei limiti sopra indicati, la rilevanza dei
fatti (anche) costitutivi dei delitti di cui al D.Lgs. n. 74/2000.

3. Lambito di applicazione oggettivo - Si gi accennato al fatto che il D.Lgs.


19 giugno 1997, n. 218 non avesse esteso leffetto di esclusione dalla
punibilit del reo alla conciliazione giudiziale.
Ciononostante, la giurisprudenza di merito25 aveva attribuito una rile-
vanza allaccordo raggiunto in esito alla conciliazione giudiziale nel caso in
cui esso avesse condotto a fissare lammontare dei corrispettivi evasi in una
somma inferiore alla soglia di punibilit stabilita dalla norma incrimina-
trice. In particolare, il giudice avrebbe dovuto accertare che laccordo
raggiunto non fosse il frutto di ragioni semplicemente transattive, bens
fosse fondato su considerazioni e rilievi di carattere oggettivo, trasponibili
nel contesto del processo penale, nel senso che siffatti considerazioni e
rilievi avrebbero condotto anche nel caso di un dibattimento, ad abbattere
in egual modo limporto dellevasione, riconducendolo entro limiti di

23
Peraltro, poich tale preclusione concorre pur sempre a delineare i confini tra il lecito e
lillecito penale, il riferimento ivi contenuto ad accessi, ispezioni e verifiche, ma anche a
qualunque attivit di accertamento amministrativo o di procedimenti penali appare un po
troppo generico, alla luce dei principi di tassativit e sufficiente determinatezza vigenti in
materia penale. Meglio sarebbe stata, forse, unelencazione casistica pi precisa, soprattutto
con riferimento alle attivit amministrative suscettibili di integrare la formale conoscenza
circa lavvio di un accertamento.
24
Cfr. M. Romano, Commentario sistematico del Codice penale, sub pre-art. 50, vol. 1,
Milano, 2004, pag. 523 ss., ove lA. precisa che dietro la generica e atecnica denominazione
codicistica di non punibilit stanno qualificazioni legali profondamente diverse le une dalle
altre, con importantissimi riflessi teorico-sistematici e non meno considerevoli conseguenze
pratiche, data dalla differente disciplina applicabile.
25
Trib. Verona, 2 dicembre 1999, in il fisco, 2000, pag. 3371, con nota di G. Maccagnani.

600 - Rassegna Tributaria 3/2016


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irrilevanza penale. A queste condizioni, gli esiti potevano recepirsi anche in


sede penale ai fini di considerare il fatto come non previsto dalla legge come
reato.
Torneremo sul punto trattando della relazione tra la definizione in sede
amministrativa e il procedimento penale.
Preme qui soltanto evidenziare che il problema adesso superato
dallart. 13 e 13-bis, D.Lgs. n. 74/2000, che - ponendosi in continuit con
quanto gi disposto dalloriginario art. 13 - fanno riferimento alle speciali
procedure conciliative o di adesione allaccertamento previste dalle norme
tributarie e, pertanto, comprendono certamente la conciliazione
giudiziale26.
Si tratta di unespressione dotata di ampia latitudine semantica, idonea
ad adattarsi ad un quadro normativo in continua evoluzione, come peraltro
rilevato dalla stessa relazione governativa al Decreto del 2000, che, con
lungimiranza, aveva rigettato lipotesi di unindicazione normativa degli
istituti rilevanti, ritenendo che essa avrebbe conferito alla disposizione una
non auspicabile rigidit.
infatti noto che, a partire dallultimo decennio del secolo scorso, il
legislatore tributario, nellottica di deflazionare il contenzioso, ha avviato
un percorso teso ad introdurre nel nostro ordinamento una serie di istituti
che si caratterizzano per il fatto che il contribuente, trovandosi in una
situazione di lite potenziale (o gi in atto) con gli Uffici, addiviene a
versare subito, in tutto o in parte, limposta oggetto di contestazione,
rinunziando al contenzioso ed accedendo per leffetto ad una serie di
vantaggi (quali la riduzione delle sanzioni, la copertura da possibili futuri
accertamenti sulla stessa annualit, il pagamento dilazionato delle somme
dovute e via dicendo).
A seguito di ripetuti interventi normativi - da ultimo, con lart. 1, comma
637 e ss., Legge n. 190/201427 - il quadro degli strumenti c.d. deflattivi del

26
Del resto, va ricordato che loriginario art. 48, D.Lgs. n. 546/1992, intitolato esame
preventivo e definizione della controversia, fu introdotto al fine di dare attuazione alla
specifica Direttiva della delega contenuta nellart. 30, comma 1, lett. b), Legge 30 dicembre
1991, n. 413, che prevedeva la facolt di richiedere, in tutto o in parte, lesame preventivo e la
definizione da parte della Commissione tributaria di primo grado del rapporto tributario con
conseguente estinzione dei reati in materia tributaria per i quali ammessa loblazione: vedi P.
Selicato, La conciliazione giudiziale tributaria: un istituto processuale dalle radici procedi-
mentali, in Giust. trib., 2008, pag. 681.
27
Il quale ha soppresso, con effetto dal 1 gennaio 2016, sia lacquiescenza rinforzata
(art. 15, comma 3, D.Lgs. n. 218/1997); sia ladesione al processo verbale di constatazione (D.L.
n. 112/2008, che aveva introdotto il comma 1-bis allart. 5 D.Lgs. n. 218/1997); sia, infine,
ladesione al contenuto dellinvito al contraddittorio (D.L. n. 185/2008, che aveva introdotto
lart. 5-bis al D.Lgs. n. 218/1997). Nei due ultimi casi, come osserva A. Carinci, Modifiche al
ravvedimento operoso: un nuovo modello di collaborazione Fisco-contribuenti, in il fisco,
2014, pag. 4340 ss., si trattava, in sostanza, anche di forme di acquiescenza, comportando essi
laccettazione integrale da parte del contribuente delle richieste dellUfficio. La soppressione di

Rassegna Tributaria 3/2016 - 601


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contenzioso risulta ad oggi cos composto: laccertamento con adesione (art.


1 e ss., D.Lgs. n. 218/1997); lacquiescenza (art. 15, D.Lgs. n. 218/1997); il
reclamo e la mediazione (art. 17-bis, D.Lgs. n. 546/92); la conciliazione
giudiziale (art. 48, D.Lgs. n. 546/1992).
Tali strumenti - che operano tutti nella fase amministrativa ad eccezione
della conciliazione giudiziale, che si svolge nella fase contenziosa - presup-
pongono il coinvolgimento del contribuente nella fase procedimentale
oppure processuale, come nel caso degli istituti c.d. bilaterali, quali laccer-
tamento con adesione, il reclamo e la conciliazione giudiziale; altre volte
non la richiedono, come nel caso degli istituti c.d. unilaterali, rimessi alla
volont del solo contribuente, quale lacquiescenza.
Agli istituti deflattivi del contenzioso tributario possono tuttavia ascri-
versi anche il c.d. ravvedimento operoso - come detto, fortemente potenziato
con la Legge n. 190/2014 mediante leliminazione degli originari limiti
temporali e la limitazione delle cause preclusive connesse allattivit di
verifica da parte della Guardia di finanza o dellAmministrazione finanzia-
ria28 - con il quale il contribuente pu autonomamente procedere a correg-
gere i propri errori prevenendo cos future contestazioni, salvo il pagamento
delle relative sanzioni in misura ridotta; nonch la definizione delle sole
sanzioni attraverso cui il contribuente, ricevuto un avviso di accertamento,
si riserva di discutere il merito della pretesa tributaria, ma non anche le
sanzioni, che definisce mediante il loro pagamento in misura ridotta.
Ebbene, anteriormente al D.Lgs. n. 158/2015, poteva discutersi se lam-
pia latitudine semantica dellespressione speciali procedure conciliative o
di adesione allaccertamento previste dalle norme tributarie fosse teorica-
mente idonea o meno a ricomprendere tutti gli istituti sopra indicati e quelli
futuri, ivi compreso il ravvedimento operoso, purch, tuttavia, essi si risol-
vessero nellestinzione mediante pagamento dei debiti tributari relativi ai
fatti costitutivi dei delitti medesimi. Era tuttavia certo che ne restavano
escluse tutte le ipotesi in cui loggetto della definizione fosse costituito dalle
sole sanzioni.
Il nuovo testo contiene adesso un riferimento espresso al ravvedimento
operoso nellart. 13, e ci sia che si tratti della non punibilit dei reati da
omesso versamento (dove il ravvedimento deve intervenire prima della
dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado), sia che si tratti
della non punibilit dei reati dichiarativi (dove il ravvedimento deve avve-
nire prima della conoscenza dellavvio di controlli o di procedimenti penali).

tali istituti si collega al potenziamento del ravvedimento operoso, esperibile, come si dir
subito nel testo, senza pi limiti temporali e con preclusioni procedimentali attenuate.
28
Sia pure limitatamente ai tributi amministrati dallAgenzia delle entrate, viene infatti
meno la causa preclusiva rappresentata dallinvio di questionari, dallaccesso presso i locali del
contribuente e dalla consegna del PVC. Restano invece le preclusioni derivanti dalla notifica
degli atti di liquidazione e di accertamento o dallinvio delle comunicazioni di irregolarit ex
art. 36-bis e ter D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis, D.P.R. n. 633/1972.

602 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Non lo contiene, invece, nellart. 13-bis, sollevando una serie di


interrogativi.
In linea generale, si tratta da un lato di omissione certamente ingiusti-
ficata, atteso che il ravvedimento operoso pu ormai avvenire indipenden-
temente dallavvio dei controlli, sicch residua un suo spazio operativo non
solo per i reati di frode (che spazio operativo pieno, non essendo tali reati
interessati dalla causa di non punibilit), ma anche per i reati meramente
dichiarativi, precisamente nella fase che va dalla conoscenza formale di
controlli o procedimenti penali (che precludono, come detto, loperativit
della causa di non punibilit) alla dichiarazione di apertura del dibatti-
mento (e fermi restando i limiti intrinseci allistituto del ravvedimento
operoso); dallaltro, di omissione irrilevante, atteso che lutilizzo nellenun-
ciato normativo dellavverbio anche prima del riferimento espresso alle
speciali procedure conciliative o di adesione allaccertamento previste
dalle norme tributarie attraverso cui pu avvenire lintegrale pagamento
degli importi dovuti, apre certamente a forme estintive del debito tributario
qual il ravvedimento operoso.
Occorre tuttavia interrogarsi circa il rapporto tra lart. 13-bis e lart. 14,
comma 5, Legge 29 dicembre 1990, n. 40829, che prevede che la presenta-
zione delle dichiarazioni integrative e la regolarizzazione degli adempi-
menti escludano la punibilit per i reati (gi) previsti dalla Legge n. 516/
1982: ci tenuto conto che, come stato osservato30, lart. 25, D.Lgs. n. 74/
2000, non include alcun riferimento alla predetta disposizione tra quelle
oggetto di abrogazione espressa, che dunque continua formalmente a
vivere.
Ora, il problema si pone in concreto per il solo art. 13-bis, dal momento
che ove si tratti delle ipotesi di cui allart. 13, commi 1 e 2, la disposizione di
cui al citato art. 14 verrebbe certamente assorbita dal nuovo regime, che
pure prevede la non punibilit del reato.
Per lart. 13-bis, il problema si pone in quanto, da un lato lart. 13-bis
prevede una mera attenuante, e, dallaltro (a seguito della Legge n. 190/2014)
il ravvedimento operoso adesso esperibile anche laddove siano avvenuti
accessi, ispezioni e verifiche e sino allemanazione dellavviso di
accertamento.
La questione di non poco conto gi per i reati dichiarativi, atteso che il
ravvedimento operoso effettuato post accessi, ispezioni e verifiche

29
Art. 14, comma 5, Legge n. 408/1990: La presentazione delle dichiarazioni integrative
di cui allultimo comma dellart. 9 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600, e la regolarizzazione degli adempimenti ai sensi del comma 1 dellart. 48 del
Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nei limiti delle integrazioni e
delle regolarizzazioni effettuate, escludono la punibilit per i reati previsti dal Decreto legge 10
luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 1982, n. 516.
30
G. Sepio, F.M. Silvetti, Gli effetti del ravvedimento operoso e degli altri strumenti
deflativi sulla punibilit del contribuente, in il fisco, 2016, pag. 854 ss.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 603


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condurrebbe appunto, con lart. 13-bis, al mero abbattimento della san-


zione, mentre con lart. 14, comma 5 alla non punibilit del reato. Tuttavia,
non pu ipotizzarsi di innestare in un contesto completamente diverso,
qual quello delineatosi a seguito della Legge n. 190/2014 sul piano sanzio-
natorio amministrativo e del D.Lgs. n. 158/2015 sul piano sanzionatorio
penale, una disposizione concepita quando il ravvedimento operoso costi-
tuiva manifestazione di piena resipiscenza. Se il legislatore ha adesso
individuato nella piena resipiscenza - data dalla mancata formale cono-
scenza di accessi, ispezioni o verifiche o di altri atti o attivit preclusive - il
discrimen tra la non punibilit e lapplicazione della mera attenuante nei
reati dichiarativi, non si pu pensare di recuperare tale effetto di non
punibilit solo perch il ravvedimento operoso tale resipiscenza non pre-
suppone pi sul piano sanzionatorio amministrativo. In altri termini, la
soluzione individuata dalla Legge n. 408/1990 si giustificava con la piena
resipiscenza del reo, e, per questo motivo, risulta certamente inapplicabile
nel nuovo contesto.
Ove si tratti di reati di frode, la soluzione negativa appare certamente
indubitabile per il ravvedimento post accessi, ispezioni e verifiche, e ci per
gli stessi motivi appena delineati con riferimento ai reati dichiarativi: per il
fatto, cio, che la non punibilit contrasterebbe con la complessiva ratio del
D.Lgs. n. 158/2015 che, si ribadisce, attribuisce alla formale conoscenza di
indagini amministrative e penali effetti preclusivi ai fini della non
punibilit.
Del resto, la Corte costituzionale, chiamata a suo tempo a valutare la
legittimit costituzionale dellart. 14, comma 5, nella parte in cui fissa (va)
un limite temporale per correggere gli errori materiali contenuti nella
dichiarazione, la ha dichiarata manifestamente infondata, traducendosi
la pretesa di procedere a tale correzione sino al momento dellaccertamento
definitivo del maggior reddito in un sistema elusivo delle sanzioni predi-
sposte dal legislatore per linosservanza delle disposizioni relative alla
dichiarazione dei redditi31.
Ci si potrebbe, invece, interrogare se la non punibilit possa operare per
il ravvedimento effettuato prima della conoscenza formale delle indagini,
tenuto conto che non sussisterebbero, in linea generale, preclusioni sulla
tipologia di reati interessati, avendo la giurisprudenza di legittimit affer-
mato, sia pure in sentenze risalenti, lapplicabilit dellart. 14, comma 5, a
tutti i reati di cui alla Legge n. 516/1982, ivi compresi quelli fraudolenti, in
virt della sua formula normativa estremamente dilatata32.
Diversamente dal ravvedimento post-preclusioni, lelemento ostativo
alla non punibilit nel caso di ravvedimento ante-preclusioni, si

31
Corte cost., 23 luglio 2002, n. 392.
32
Cass., Sez. III pen., 28 maggio 1996, n. 2092. Anche Cass., Sez. III pen., 13 febbraio 1996,
n. 456.

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collocherebbe qui su un piano logico antecedente, e cio nella scelta del


legislatore di cui al D.Lgs. n. 158/2015 di riservare la non punibilit ai soli
reati diversi da quelli di frode, ora prescindendo dalla resipiscenza (reati di
versamento), ora presupponendola (reati dichiarativi). Sicch si tratta di
comprendere se prevalga la piena resipiscenza oppure la volont da parte
del legislatore di riservare sempre la sanzione penale, sia pure attenuata, ai
reati di frode.
Ebbene, pare a chi scrive che loperativit dellart. 14, comma 5, debba
escludersi - oltre che per la considerazione di fondo che il sistema stesso
come delineato dal D.Lgs. n. 158/2015 a far propendere per la soluzione
negativa, per via della netta graduazione da esso stabilito tra le varie
categorie di reato (di versamento, dichiarativo, fraudolento) che si
sopra delineata - per almeno altri quattro ordini di ragioni.
In primo luogo, perch la giurisprudenza, a seguito della formale abro-
gazione dellart. 48, D.P.R. n. 633/1972, ha ritenuto applicabile lart. 14 alle
sole imposte sui redditi, il che, escludendo la portata generale e sistema-
tica dellart. 14 medesimo33, gli attribuirebbe una portata residua tale da
non armonizzarla con il sistema ora vigente.
In secondo luogo, in considerazione del riferimento espressamente
operato ai reati di cui alla non pi vigente Legge n. 516/198234, ma ci
non tanto per mere ragioni testuali, quanto invece perch lart. 14, comma
5 norma ormai troppo lontana, riferita com ad un sistema punitivo che
ha perso di attualit, essendo mutati sia il bene giuridico tutelato, sia la
complessiva ratio del sistema sanzionatorio penale, dapprima con il D.Lgs.
n. 74/2000 e poi con le modifiche ad esso apportate dal D.Lgs. n. 158/201535.

33
Cass., Sez. III pen., 24 marzo 1999, n. 3911.
34
Pur non mancando chi ne ha affermato la perdurante vigenza anche dopo il D.Lgs. n. 74/
2000: cos, E. Mastrogiacovo, Commento allart. 13, in I. Caraccioli, A. Giarda, A. Lanzi, Diritto e
procedura penale tributaria, Padova, 2001, pag. 405.
35
Non vi dubbio, infatti, che la trama della Legge n. 516/1982 rivelasse un ampliamento
delloggetto giuridico del reato tributario e il tendenziale arretramento della salvaguardia dal
bene finale costituzionalmente protetto alla funzione amministrativa impositiva (L. Del
Federico, Le sanzioni amministrative nel diritto tributario, Milano, 1993, pag. 138, nota 372).
Quanto alle sanzioni penali, la Legge n. 516/1982 aveva indubbiamente sacrificato il principio
di offensivit del reato, prestandosi a colpire anche inosservanze concretamente innocue sul
piano del prelievo tributario o che addirittura finivano per risolversi in un vantaggio per il fisco
(V. Napoleoni, I fondamenti del nuovo diritto penale tributario nel D.Lgs. 10 marzo 2000, Milano,
2000, pag. 9). Il D.Lgs. n. 74/2000 - sia pure con le eccezioni delloccultamento delle scritture
contabili e dellemissione o rilascio di falsa documentazione - restaura, invece, il principio di
offensivit medesimo, abbandonando lo schema del reato ostacolo e concentrandosi sui soli
fatti correlati, tanto sul versante soggettivo che su quello oggettivo, alla lesione di interessi
fiscali diversi dalle violazioni formali e meramente preparatorie. Il D.Lgs. n. 158/2015, nel
riformare i reati tributari, ha ulteriormente ridotto larea di intervento della sanzione penale ai
soli casi connotati da un particolare disvalore giuridico e riservato allimpianto sanzionatorio
amministrativo le condotte caratterizzate da un disvalore minore (ivi compresa lelusione
fiscale), pur non individuando nella frode il discrimen tra sanzione penale ed amministrativa.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 605


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In terzo luogo, perch sarebbe quanto meno strano che il legislatore sia
talmente distratto da dimenticarsi, nellambito di una rivisitazione com-
plessiva degli effetti penali dellestinzione del debito tributario - allinterno,
peraltro, di una revisione sistematica dellintero impianto sanzionatorio
tributario, amministrativo e penale - di abrogare espressamente lart. 14,
comma 5; se non, appunto, ritenendolo implicitamente abrogato. Del
resto, ove il ravvedimento operoso conducesse, in ogni caso, alla non
punibilit, il legislatore avrebbe di fatto (almeno parzialmente) duplicato
la disciplina dei relativi effetti penali, originando inutili ed illogici problemi
di coordinamento normativo.
Infine, per il tenore letterale dellart. 13-bis, comma 2, laddove prevede
che Per i delitti di cui al presente Decreto lapplicazione della pena ai sensi
dellart. 444 del Codice di procedura penale pu essere chiesta dalle parti
solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui al comma 1, nonch il
ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui allart. 13, commi 1 e 2. In
altri termini, da un lato viene fatta salva la non punibilit, riferendola
esclusivamente ai commi 1 e 2 - e dunque ai soli reati di versamento e
dichiarativi - e, dallaltro, si include il ravvedimento operoso tra le ipotesi
che possono giustificare semmai il patteggiamento, presupponendo, per-
tanto, che il ravvedimento implichi pur sempre la punibilit del reo.
In conclusione, unoperazione di recupero interpretativo dellart. 14,
comma 5, apparirebbe non solo anacronistica ma anche difficilmente
argomentabile sotto un profilo sia testuale che sistematico, dovendosi
pertanto giungere alla conclusione della sua abrogazione (tacita) per rin-
novazione della materia, ai sensi dellart. 15 delle Preleggi36.
Del resto, anche le ragioni che sono state addotte in passato a favore della
sua conservazione dopo lintroduzione del D.Lgs. n. 74/2000, non paiono
pi attuali almeno dopo il D.Lgs. n. 158/2015. Tra questi, il rischio di auto-
denuncia37, visto che il ravvedimento adesso espressamente previsto

dunque rimasta la rilevanza penale anche della dichiarazione infedele, il cui regime stato
tuttavia meglio correlato al principio di proporzionalit, elevando la relativa soglia di
punibilit ed escludendo la rilevanza penale delle operazioni di ordine classificatorio aventi
ad oggetto elementi attivi e passivi effettivamente esistenti, delle violazioni delle norme in
tema di competenza ed inerenza, della indeducibilit di elementi passivi reali. Sul punto, sia
consentito rinviare a G. Melis, Gli interessi tutelati, in AA.VV. (a cura di A. Di Martino, A.
Giovannini ed E. Marzaduri), Trattato di Diritto sanzionatorio tributario, doganale e valu-
tario, Milano, 2016, pag. 1293 ss.
36
Come infatti osserva G.U. Rescigno voce Abrogazione, in Enciclopedia Treccani on
line, Lidea che sta dietro questa prescrizione [vale a dire lart. 15 delle preleggi con riferimento
allabrogazione per nuova disciplina dellintera materia] che la ratio della nuova legge
certamente diversa dalla ratio della vecchia (altrimenti il legislatore non avrebbe introdotto una
nuova legge al posto della precedente ma si sarebbe limitato a modificare quella precedente
secondo opportunit), e dunque non si possono aggiungere alla nuova legge disposizioni che
rispecchiano una diversa ratio.
37
E. Musco - F. Ardito, Diritto penale tributario, Bologna, 2013, pag. 104.

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nellart. 13, D.Lgs. n. 74/2000, poich conduce per i reati di versamento e


dichiarativi alla non punibilit, sia pure, in questultimo caso, nellipotesi di
piena resipiscenza. Lautodenuncia, in sostanza, sarebbe prevista dallo
stesso legislatore. Oppure, la circostanza che sia pi conveniente per il
contribuente attendere lattivit ispettiva dellamministrazione anzich
provvedere spontaneamente, dal momento che: a) per i reati di versamento,
trattandosi di importi dichiarati ma non versati, lattivit di controllo sar
sostanzialmente automatica e comunque gli effetti sarebbero i medesimi; b)
per i reati dichiarativi, proprio la resipiscenza a condurre alleffetto pi
favorevole della non punibilit; c) per i reati di frode, questa valutazione di
convenienza irrilevante alla luce dalla pi ampia politica del legislatore
penale tributario, che intende evitare la commissione a monte di siffatti
reati di frode piuttosto che agire ex post sul piano della non punibilit del
reato. Ancora, la circostanza che il precedente art. 13 si riferisse espressa-
mente alle sole speciali procedure conciliative o di adesione allaccerta-
mento previste dalle norme tributarie, che appare del tutto irrilevante alla
luce della nuova formulazione testuale, come sopra argomentato38. Infine,
la naturale spontaneit del ravvedimento operoso, oramai venuta meno
con la Legge n. 190/2014.
Un secondo profilo riguardante lambito di applicazione oggettivo della
disposizione in esame concerne i reati che ne formano oggetto.
Infatti, la circostanza che essa presupponga il pagamento di determi-
nate somme, ha indotto parte della dottrina ad escludere dallambito di
applicazione quelle fattispecie - quali lart. 8 (emissione di fatture false) e
lart. 10 (distruzione delle scritture contabili), D.Lgs. n. 74/2000 - in cui non
sorge alcun debito di imposta. Altra parte della dottrina sostiene, invece, che
non occorra che il debito tributario ristorato sia la diretta conseguenza del
delitto, essendo sufficiente che esso presenti un grado di connessione con la
fattispecie e, dunque, ne rappresenti anche una conseguenza indiretta39.
Fermo restando, in questo ultimo caso, che necessario che un debito
tributario almeno sorga, circostanza che non si verificherebbe, ad esempio,
nel caso in cui le fatture inesistenti non siano state utilizzate dal
destinatario40.

4. Pagamento delle sanzioni amministrative, principio di specialit e ne bis in


idem - Il comma 2 dellart. 13 ante modifiche, prevedeva che il pagamento

38
E. Mastrogiacovo, Commento allart. 13, cit., pag. 402 ss.
39
Sul punto, G.L. Soana, I reati tributari, Milano, 2005, pag. 319.
40
Secondo E. Mastrogiacovo, Commento agli artt. 13 e 13-bis, D.Lgs. 74/2000, in AA.V.V.
(a cura di I. Caraccioli), I nuovi reati tributari, Milano, 2016, pag. 272, nulla esclude che il
Tribunale possa riconoscere lattenuante qualora il contribuente abbia definito la violazione
sostanziale, nei cui confronti la condotta penalmente rilevante si ponga in un rapporto di
strumentalit (come nel delitto di distruzione e occultamento delle scritture contabili) o di
conseguenzialit (come nel delitto di sottrazione fraudolenta).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 607


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deve riguardare anche le sanzioni amministrative previste per la violazione


delle norme tributarie, sebbene non applicabili allimputato a norma del-
lart. 19, comma 1.
Questa disposizione adesso venuta meno, mentre il legislatore ha
aggiunto alla parola tributo lespressione comprese sanzioni ammini-
strative e interessi quale oggetto necessario di pagamento per accedere ai
benefici41.
Si tratta di una questione di non poco conto, perch in effetti la prece-
dente disposizione prevedeva due norme distinte: la prima, relativa alla
necessit di pagare anche le sanzioni amministrative; la seconda, relativa
alla necessit di pagamento di dette sanzioni ancorch non applicabili
allimputato per effetto del principio di specialit sancito dallart. 19,
comma 1.
Il problema, allevidenza, quello della possibilit che si verifichi una
doppia risposta sanzionatoria, amministrativa e penale, tanto pi se il
pagamento della sanzione amministrativa rappresenti la condicio sine
qua non per laccesso ai benefici sul piano penale.
Questa eventualit, particolarmente sentita nel sistema normativo ante
D.Lgs. n. 158/2015 per via della citata deroga allart. 19, ha adesso perso
parzialmente rilevanza per effetto della non punibilit prevista dallart. 13,
che elimina alla radice la doppia sanzione, concentrando la risposta san-
zionatoria sul solo piano amministrativo.
Il problema rimane per attuale per le ipotesi interessate dallart. 13-bis,
richiedendo, altres, di comprendere la motivazione della soppressione del
riferimento allart. 19.
Va premesso che lart. 19 stato introdotto nel sistema del D.Lgs. n. 74/
2000 per superare la regola del cumulo delle sanzioni nella materia
tributaria e allineare il sistema penale tributario al principio generale
espresso dagli artt. 15 c.p. e 9, Legge n. 689/1981, ma la giurisprudenza ne
ha dato una lettura sostanzialmente svalutativa, tale da far rivivere di fatto
la duplicazione punitiva. A ci si aggiunto il filone processuale del
principio del ne bis in idem, previsto sia dallart. 50 della Carta dei diritti
fondamentali dellUnione Europea, sia dallart. 4 del Protocollo n. 7 alla
Convenzione Europea dei diritti delluomo, cos come interpretato ed appli-
cato dalla Corte di Strasburgo.
Si tratta, in linea di massima, di disposizioni operanti su piani diversi:
sul piano della fattispecie astratta, senza alcuna valutazione del fatto nella

41
Un problema ulteriore riguarda lespunzione, dopo lespressione debiti tributari,
dellinciso relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi, dal che potrebbe dedursi che il
legislatore richieda adesso il pagamento dellintero debito, non solo di quello che ha dato
origine al rilievo di carattere penale. Sul punto, E. Mastrogiacovo, Commento agli artt. 13 e 13-
bis, D.Lgs. 74/2000, cit., pag. 291, che sembrerebbe propendere per la soluzione negativa. Deve
tuttavia ritenersi implicito un collegamento tra il debito che si va ad estinguere e quello da cui si
origina il reato.

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sua concreta materialit, opera il principio di specialit - dovendosi dunque


individuare il concorso apparente di norme sulla base di elementi specia-
lizzanti contenuti nelluna fattispecie e non nellaltra, ferma lidentit dei
restanti elementi costitutivi (che si risolve, di regola, a favore della risposta
penale, stante la sussistenza del dolo specifico di evasione e/o il supera-
mento di soglie di punibilit); sul piano del fatto nella sua concreta
materialit, e non gi sul piano della struttura legale astratta della fattispe-
cie, opera invece il principio del ne bis in idem42.
Tanto premesso, ci pare utile ragionare su ciascuna delle possibili
ipotesi.
La prima ipotesi quella del contribuente persona fisica, che in base alla
precedente formulazione, per accedere allattenuante in esame, avrebbe
dovuto sicuramente versare, oltre al tributo, la sanzione amministrativa
anche ove non dovuta in virt del principio di specialit43.
Una tale condizione potrebbe, infatti, presentare dei profili di
incompatibilit con il principio del ne bis in idem di cui allart. 4 del
Protocollo n. 7 della Convenzione Europea dei diritti delluomo, per come
valorizzato dalla giurisprudenza della Corte EDU, ove si giunga ad esigere
dallimputato il pagamento di una sanzione amministrativa che abbia
natura sostanzialmente penale in aggiunta a quella penale stricto sensu
in esito ad un possibile doppio procedimento44; salvo che, a escludere la

42
Da tributarista, non volendo invadere ambiti di studio altrui, mi limito a rinviare per
una recente ed efficace ricostruzione dello stato della questione, a M. Dova, Ne bis in idem e
reati tributari: a che punto siamo?, in Diritto penale contemporaneo, 2016, reperibile allindi-
rizzo web http://www.penalecontemporaneo.it/upload/1455100124DOVA_2016a.pdf, e allam-
pia bibliografia e ai riferimenti giurisprudenziali nazionali, internazionali ed europei ivi
riportati.
43
Art. 19, comma 1: Quando uno stesso fatto punito da una delle disposizioni del titolo
II e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione
speciale.
44
Dalla giurisprudenza della Corte EDU parrebbe, in effetti, evincersi che non occorra che
si sia aperta una fase stricto sensu processuale per attivare la garanzia del ne bis in idem
processuale, ma solo che vi sia la definitivit della sanzione in esito ad un procedimento:
cos accade nella gi citata sentenza della Corte EDU 16 giugno 2009, Ruotsalainen v. Finland
(Application no. 13079/03), dove la sanzione amministrativa non aveva formato oggetto di
impugnazione e pertanto si era resa definitiva. Come la Corte EDU precisa nella richiamata
sentenza, infatti, da un lato The aim of Article 4 1 of Protocol No. 7 is to prohibit the repetition of
criminal proceedings that have been concluded by a final decision (par. 41), e, dallaltro, the legal
characterisation of the procedure under national law cannot be the sole criterion of relevance for
the applicability of the principle of non bis in idem under Article 4 1 of Protocol No. 7. Otherwise,
the application of this provision would be left to the discretion of the Contracting States to a degree
that might lead to results incompatible with the object and purpose of the Convention (see, most
recently, Storbrten v. Norway (dec.), no. 12277/04, ECHR 2007... (extracts), with further
references). The notion of penal procedure in the text of Article 4 of Protocol No. 7 must be
interpreted in the light of the general principles concerning the corresponding words criminal
charge and penalty in Articles 6 and 7 of the Convention respectively (par. 42). In ogni caso, sul
piano sanzionatorio amministrativo tributario, va rilevato che la conciliazione giudiziale si

Rassegna Tributaria 3/2016 - 609


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violazione del principio, non valga il rilievo del carattere comunque volon-
tario (e, dunque, non coatto) del pagamento, finalizzato a ottenere un
beneficio proprio in sede penale consistente nella riduzione della sanzione
penale stricto sensu che si somma a quella (pure ridotta, anche in modo
consistente) amministrativa45.
Ora, il venir meno dellespresso riferimento potrebbe ricollegarsi, sotto
questo profilo, alla nuova conseguenza della non punibilit del reato per le
ipotesi di cui allart. 13, dove, come si detto, un problema di specialit e di
doppio binario neanche si pone. In questo caso, pertanto naturale che la
sanzione amministrativa sia dovuta per accedere al beneficio, sia perch
non vi alcuna deroga al principio di specialit (la norma incriminatrice
penale di fatto privata del suo profilo strettamente sanzionatorio), sia
perch non si pone alcun problema di ne bis in idem (la sanzione applicata
unica).
Il problema permane, invece, laddove si tratti di accedere alla mera
diminuzione della pena, atteso che in tal caso, oltre alla sanzione ammini-
strativa, trova applicazione anche la sanzione penale, sia pure attenuata.
In effetti, sul piano sostanziale, lespresso riferimento alle sanzioni
quale oggetto di estinzione necessitata per poter accedere allattenuante ad
effetto speciale, potrebbe certamente essere inteso quale deroga implicita
al principio sancito dallart. 19, cos integrando un ne bis in idem sostanziale.
Diversa invece la valutazione sul piano processuale, dove non pu non
constatarsi che, cos facendo, da un lato non viene scongiurato il rischio di
attivare pi procedimenti e che, dallaltro, la chiusura di quello sanziona-
torio amministrativo, che presupposto di operativit del divieto di ne bis
in idem processuale, costituisce nellimpianto legislativo la condicio sine
qua non per poter accedere allattenuante ad effetto speciale e, pertanto,

colloca nella fase strettamente processuale, ancor pi dopo la recente rimozione del limite
alla sua esperibilit entro la prima udienza di trattazione.
45
A tale riguardo, occorre ricordare che la Corte di cassazione (Cass. civ., 21 gennaio 2015,
n. 950, in il fisco, 2015, pag. 873 con nota di A. Palasciano, Rinviata alla Corte costituzionale
lapplicazione di sanzioni penali e amministrative per lo stesso fatto), nellordinanza di
rimessione con cui ha sottoposto a scrutinio di costituzionalit lart. 187-ter T.U.F. (sanzione
amministrativa in materia di manipolazione del mercato), ha messo in dubbio che la norma si
ponesse in effettivo contrasto con il principio di ne bis in idem atteso che, nel caso di specie, la
sanzione applicata in sede penale era scarsamente afflittiva in quanto azzerata dallindulto.
In particolare, con riferimento alla possibilit di ammettere, entro certi limiti, il cumulo di
sanzioni amministrative e penali (c.d. principio del doppio binario attenuato), la Cassazione
afferma che tali riflessioni sono indotte dalla Direttiva 2003/6/CE (c.d. Market Abuse Directive -
MAD) che in materia di abusi di mercato impone agli Stati membri lobbligo di adottare
sanzioni amministrative - effectve, proportionate and dissuasive - lasciando loro la facolt di
prevedere nel contempo anche sanzioni penali - c.d. sistema a doppio binario - in forza del
quale, in caso di convergenza dei medesimi fatti, lillecito penale concorre con il corrispondente
illecito amministrativo, con conseguente cumulo delle rispettive sanzioni, in deroga al princi-
pio di specialit di cui allart. 9 della Legge n. 689 del 1981.

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condurre allirrogazione definitiva della sanzione penale che di tale atte-


nuante tenga conto (in aggiunta a quella amministrativa)46.
La seconda ipotesi quella in cui il contribuente sia diverso (ad es.,
societ) dalla persona fisica imputata (ad es., lamministratore).
Ora, lattuale disposizione, cos come quella precedente, non prevede chi
debba provvedere al pagamento delle sanzioni amministrative (e, pi in
generale, delle somme necessarie ai fini dellaccesso allattenuante), in altri
termini se debba provvedervi limputato o possa provvedervi anche una
terza persona (nella specie, la societ). Si tratta di problema gi affrontato
dalla giurisprudenza con riferimento allattenuante di cui allart. 62, n. 6, c.p.
e risolto nel senso di ammettere il risarcimento effettuato da un terzo tutte le
volte in cui questi ne abbia conoscenza e mostri la volont di farlo proprio47.
La formulazione normativa certamente consente che al pagamento
provveda anche un soggetto diverso da quello attivo del reato, differenzian-
dosi, pertanto, dallart. 62, n. 6 c.p.48.
Si tratta tuttavia di un profilo da valutare con molta attenzione.
Va infatti ricordato che lart. 19, D.Lgs. n. 74/2000, nellintrodurre al
comma 1 il principio di specialit, ha precisato al comma 2 che permane, in
ogni caso, la responsabilit per la sanzione amministrativa dei soggetti
indicati nellart. 11, comma 1, del Decreto legislativo 18 dicembre 1997,
n. 472, che non siano persone fisiche concorrenti nel reato. Tale ultima
disposizione, lo si ricorda, prevede a sua volta che la persona fisica, la
societ, lassociazione o lente nellinteresse dei quali ha agito lautore della
violazione sono obbligati solidalmente al pagamento di una somma pari alla
sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni
vigenti. Questo quadro normativo si completa, poi, con lart. 7 del D.L.
30 settembre 2003, n. 26949, in base al quale le sanzioni amministrative
relative al rapporto fiscale proprio di societ o enti con personalit giuridica
sono esclusivamente a carico della persona giuridica.
Possiamo dunque avere (almeno) i seguenti casi:
1) soggetti con personalit giuridica (ex D.L. n. 269/2003), dove sia il
tributo, sia la sanzione sono imputabili al soggetto medesimo;

46
Solleva dubbi sul rispetto del principio del ne bis in idem anche V. Mastroiacovo,
Riflessi penali delle definizioni consensuali tributarie e riflessi fiscali delle definizioni bonarie
delle vertenze penali, in Riv. dir. trib., 2015, pag. 167.
47
Cass., Sez. IV pen., 24 gennaio 2013, n. 23663 (risarcimento effettuato dalla societ o
dallente nellambito del quale opera limputato); Cass., Sez. IV, 30 marzo 2009, n. 13870
(risarcimento effettuato dalla societ assicuratrice); Cass., Sez. IV pen., 11 aprile 2011,
n. 14523 (risarcimento effettuato dal comune datore di lavoro di imputato e persona offesa).
48
Come evidenzia E. Mastrogiacovo, Commento agli artt. 13 e 13-bis, D.Lgs. 74/2000, cit.,
pag. 270, lestinzione effettuata dal contribuente deve ritenersi idonea ad escludere la punibilit
per tutti i concorrenti nella commissione del reato. In questo senso, anche P. Fimiani, G. Izzo,
Gli effetti in bonam partem della riforma dei reati tributari, in Diritto penale contemporaneo,
2016, pag. 15.
49
Conv. dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 611


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

2) soggetti privi di personalit giuridica in cui il tributo imputabile alla


persona fisica (ad es., il socio-amministratore di una societ di persone per
la maggiore IRPEF accertata) e la sanzione pure;
3) soggetti privi di personalit giuridica il cui il tributo imputabile al
soggetto medesimo (ad es., la maggiore IRAP accertata per una societ di
persone) mentre la sanzione alla persona fisica che per tale diverso soggetto
ha agito.
Tanto premesso, la relazione ministeriale alloriginario art. 13 escludeva
che si trattasse di una deroga al principio di specialit, motivando la
previsione del pagamento della sanzione amministrativa quale criterio di
commisurazione legale del risarcimento del danno da reato ulteriore
rispetto al mero pagamento dellimposta.
Sennonch, tale prospettiva appariva criticabile sotto pi punti di vista:
i) non potendosi qualificare di per s la sanzione quale danno ulteriore in
mancanza di una sua effettiva ricorrenza, ii) non potendo il danno essere
qualificato in via preventiva dalla stessa parte che lo pretende ed, infine, iii)
non potendosi fare riferimento ad una somma certamente avulsa dal danno
eventualmente cagionato.
Sembra, dunque, che la ratio risiedesse esclusivamente nella volont di
evitare che la sanzione penale potesse essere preferita a quella amministra-
tiva, invece legata allentit del tributo evaso.
Ci avrebbe dovuto significare, nel precedente assetto normativo, che
dallimputato non si sarebbe potuto pretendere anche il pagamento della
sanzione amministrativa, almeno nel caso in cui questa fosse esclusiva-
mente riferibile ad un soggetto diverso, come nellipotesi disciplinata dal
citato D.L. n. 269/2003, posto che tale soggetto diverso avrebbe risposto in
via autonoma della sanzione amministrativa, non pregiudicando la posi-
zione dellErario e potendosi comunque ritenere eliso il danno per effetto
del mero pagamento del tributo. Il pagamento delle somme necessarie ai fini
dellaccesso allattenuante pu invero avvenire anche al di fuori delle pro-
cedure conciliative50, sicch non necessariamente il pagamento della san-
zione si accompagna al pagamento del tributo.
Del resto: i) da un lato, la norma precisava che le sanzioni erano dovute
sebbene non applicabili allimputato a norma dellart. 19, comma 1, e
quindi, a contrario, ben potevano escludersi quelle non applicabili ad altro
titolo, come nel caso della disciplina speciale di cui al D.L. n. 269/2003; ii)
dallaltro, non poteva prescindersi, in sede di interpretazione della norma de
qua, dalla necessit di tenere conto del principio di personalit della
responsabilit penale, evitando, dunque, per quanto possibile - e cio, lo
si ribadisce, almeno nellipotesi in cui la sanzione amministrativa fosse

50
Si pensi alla societ che versi lIVA, ma non anche le sanzioni, ad esempio in quanto le
ritenga non dovute per obiettive condizioni di incertezza sullambito di applicazione della
norma.

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esclusivamente imputabile ad altro soggetto - che lapplicabilit dellatte-


nuante dipendesse dal comportamento di un soggetto diverso
dallimputato.
In questa situazione, restava naturalmente sullo sfondo la circostanza
che, ai fini dellaccesso allattenuante da parte dellimputato, fosse necessa-
rio il pagamento di un tributo imputabile ad un soggetto diverso dallimpu-
tato (ipotesi sub 1 e 3), non superabile neanche con ladempimento
dellimputato in luogo del debitore - effettuato in ipotesi, nellinerzia della
societ, pur di beneficiare dellattenuante in parola - atteso che in tal caso,
pur determinandosi lestinzione dellobbligazione, limputato non avrebbe
avuto alcun titolo per agire direttamente nei confronti del debitore51.
Ebbene, la soppressione della deroga espressa al principio di
specialit finisce purtroppo per sottrarre argomenti validi alla tesi
dellapplicabilit della sanzione solo se dovuta dallimputato ab origine,
sia perch viene meno la sua funzione dichiarata di risarcire un danno
(che verrebbe, come detto, comunque riparato dalla societ tenuta al
pagamento delle sanzioni in via esclusiva), sia perch viene meno largo-
mento a contrario sopra menzionato basato sulla lettera della (ex) deroga.
La difficolt di contrastare efficacemente lirrazionalit dellavere
subordinato lattenuante al pagamento di una sanzione dovuta esclusiva-
mente da altri, trova infine un ostacolo ulteriore in un passaggio della
sentenza della Corte costituzionale n. 95/2015, di cui si dir immediata-
mente, dove la Corte afferma che con riguardo ai reati tributari vi , di
regola - anche se non immancabilmente - una diretta correlazione tra entit
del danno cagionato e risorse economiche del reo (ove questi si identifichi
nel contribuente persona fisica), o da lui comunque gestite (ove si tratti
dellamministratore o del liquidatore di societ o enti), posto che il profitto
conseguente al reato corrisponde allimposta sottratta al Fisco.
Nel caso di cui allart. 11, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997 - si tratta delle
ipotesi sub 2 e 3 - appariva invece gi allora irrilevante, ai fini di escludere
che limputato potesse non pagare le sanzioni amministrative ove

51
Vedi Cass., SS.UU., 29 aprile 2009, n. 9946, secondo cui ladempimento spontaneo di
unobbligazione da parte del terzo, ai sensi dellart. 1180 c.c., determina lestinzione dellob-
bligazione, anche contro la volont del creditore, ma non attribuisce automaticamente al terzo
un titolo per agire direttamente nei confronti del debitore, non essendo in tal caso configurabili
n la surrogazione per volont del creditore, prevista dallart. 1201 c.c., n quella per volont del
debitore, prevista dallart. 1202 c.c., n quella legale di cui allart. 1203, n. 3 c.c., la quale
presuppone che il terzo che adempie sia tenuto con altri o per altri al pagamento del debito; la
consapevolezza da parte del terzo di adempiere un debito altrui esclude inoltre la surrogazione
legale di cui agli artt. 1203, n. 5 e 2036, comma 3, c.c., la quale, postulando che il pagamento sia
riconducibile allindebito soggettivo ex latere solventis, ma non sussistano le condizioni per la
ripetizione, presuppone nel terzo la coscienza e la volont di adempiere un debito proprio;
pertanto, il terzo che abbia pagato sapendo di non essere debitore pu agire unicamente per
ottenere lindennizzo per lingiustificato arricchimento, stante lindubbio vantaggio econo-
mico ricevuto dal debitore.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 613


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intendesse procedere direttamente al pagamento del tributo dovuto pur di


beneficiare dellattenuante, la circostanza che il soggetto nel cui interesse si
era agito rispondesse in via solidale per una somma corrispondente alle
sanzioni amministrative. infatti pur sempre la persona fisica la responsa-
bile per le sanzioni amministrative - essendo peraltro previsto un diritto di
regresso in capo al soggetto nel cui interesse si agito - sicch ben avrebbe
potuto operare, in linea generale, la deroga al principio di specialit
prevista dallart. 13, comma 2: tuttavia, ci non avrebbe impedito di rilevare
i medesimi dubbi di compatibilit con la CEDU gi esposti per il caso di
contribuente persona fisica.
Va infine rilevato che le modifiche apportate dal D.L. n. 138/2011
avevano escluso la discriminazione rispetto ai meccanismi premiali previsti
dalla disciplina del processo penale, in primis il patteggiamento, il quale,
essendo stato subordinato al pagamento delle somme di cui ai (precedenti)
commi 1 e 2, stato allineato alla disciplina prevista per lestinzione del
debito tributario in sede amministrativa52.
Questa previsione stata confermata dal D.Lgs. n. 158/2015, con la
precisazione (ovvia) della sua irrilevanza nel caso di operativit della
causa non punibilit, e quella ulteriore (inutile) della sua operativit nel
caso di ravvedimento operoso.
Va ricordato, peraltro, che la Consulta stata chiamata a pronunziarsi
sui limiti di accesso al patteggiamento53, rigettando tuttavia la q.l.c. per un
duplice motivo: da un lato, perch le esclusioni dal patteggiamento rien-
trano nella discrezionalit del legislatore, il cui esercizio sindacabile solo
ove decampi nella manifesta irragionevolezza e nellarbitrio; dallaltro, in
quanto gli oneri patrimoniali che laccesso presuppone si ricollegano allo
specifico interesse alla integrale riscossione dei tributi; dallaltro ancora, in
quanto non risulta compromesso lesercizio di un diritto che la Costituzione
garantisce a tutti paritariamente, non vulnerando la negazione legislativa
della facolt di chiedere il patteggiamento in rapporto ad una determinata
categoria di reati il nucleo incomprimibile del diritto di difesa (in quanto
esclusa per un largo numero di reati). Per completezza, alla citata q.l.c. si

52
Su questa discriminazione, vedi A. Uricchio, Gli studi di settore: primi risultati e
prospettive. Profili sanzionatori e strumenti deflativi dellaccertamento in base agli studi di
settore, in Atti del convegno tenutosi allUniversit di Bari il 6 aprile 2001, in allegato a il fisco,
n. 34/2001, pag. 11469 ss. Al tempo stesso, per, questa condizione ha sollevato gravi critiche
nella dottrina penalistica, che ha rilevato come lavere condizionato il patteggiamento allese-
cuzione di un comportamento riparatorio obliteri la logica ordinaria del patteggiamento
stesso, trasformandolo in una sorta di beneficio grazioso concesso dal legislatore che deve
essere meritato dal reo. Sul punto, G. Flora, Le recenti modifiche in materia penale tributaria:
nuove sperimentazioni del diritto penale del nemico, in Dir. pen. e proc., 2012, pag. 20.
53
Corte cost., 14 maggio 2015, n. 95, su cui si v. T. Ventrella, Laccesso al patteggiamento
passa per la (ragionevole?) strettoia dellestinzione del debito tributario, in Innovazione e
diritto, n. 1/2016.

614 - Rassegna Tributaria 3/2016


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accompagnava quella ulteriore relativa alla preclusione disposta dallart. 12,


comma 2-bis, D.Lgs. n. 74/2000 alla sospensione condizionale della pena di
cui allart. 163 c.p. nei casi in cui ricorrano congiuntamente le condizioni ivi
indicate54 - alla quale gli imputati avevano subordinato la richiesta di
patteggiamento - che la Corte ha tuttavia dichiarato inammissibile una
volta esclusa in radice la possibilit di patteggiamento per i reati per cui
si procedeva55.
In ogni caso, essendo il patteggiamento subordinato al pagamento
(anche) della sanzione amministrativa, esso solleva i medesimi dubbi
sopra evidenziati per loperativit dellattenuante ex art. 13-bis.

5. Alcune questioni relative agli effetti in sede penale dellintervenuta


estinzione del debito: attenuante ad effetto speciale, sospensione
condizionale della pena, misure alternative - Lart. 13, come modificato dal
D.L. n. 138/2011, prevedeva, quale effetto dellintervenuta definizione
amministrativa, la diminuzione delle pene previste per i delitti di cui al
D.Lgs. n. 74/2000 fino ad un terzo e la non applicazione delle pene accessorie
indicate nellart. 12 del Decreto medesimo.
Il nuovo art. 13-bis ripristina la situazione anteriore al D.L. n. 138/2011, e
dunque unattenuante ad effetto speciale (art. 63, comma 3 c.p., con conse-
guente applicazione, in materia di concorso con altre circostanze omoge-
nee, della disciplina ivi stabilita), in quanto comporta una diminuzione della
pena superiore ad un terzo, oltre alla non applicazione delle pene accessorie.
Si differenzia, pertanto, dalle attenuanti generiche di cui allart. 62-bis,
c.p., cui anteriormente alla riforma del 2000 venivano rapportati gli effetti
penali del risarcimento del danno derivante da reato tributario.
Labbattimento sino alla met previsto dalla precedente disposizione
conduce, anche nellipotesi dellapplicazione della pena massima di sei anni
prevista per talune ipotesi delittuose, alla sospensione condizionale della
pena, sempre che concorrano circostanze attenuanti, come quelle
generiche.
Questo effetto avrebbe potuto non verificarsi in conseguenza dellatte-
nuante cos come modificata dal D.L. n. 138/2011, poich essa cessava di
essere speciale, il che aumentava certamente leffetto intimidatorio.

54
Segnatamente, lammontare dellimposta evasa superiore al 30% del volume di affari e
lammontare dellimposta evasa superiore a euro 3 mln.
55
Di modo ch leventuale rimozione dellostacolo alla concessione della sospensione
condizionale, cui la richiesta di accesso al patteggiamento era subordinata, sarebbe rimasta del
tutto ininfluente sulla decisione che il rimettente era chiamato ad adottare. Al riguardo, del
resto, la giurisprudenza ha chiarito che il giudice di merito non pu applicare la pena richiesta
dallimputato disgiunta dal beneficio della sospensione condizionale, quando questultimo sia
stato indicato come condizione della richiesta stessa: lalternativa tra ratificare in caso
positivo laccordo delle parti, oppure rigettare in toto la richiesta di patteggiamento (Cass.
pen., Sez. IV, 21 gennaio 2011, n. 9455 in Cass. pen., 2012, pag. 1461).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 615


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

Per quanto riguarda le attenuanti comuni, lart. 62, n. 6, c.p. resta


certamente assorbito dallart. 13-bis56. Se, peraltro, si accoglie la tesi
secondo cui il medesimo articolo non sarebbe applicabile ai reati tributari
trattandosi di reati che non incidono, se non indirettamente, sul patrimonio
dello Stato - ledendo piuttosto il suo diritto costituzionalmente sancito alla
imposizione dei tributi, alla loro riscossione ed alla loro successiva distri-
buzione per le esigenze della collettivit57 - rimarrebbe esclusa anche
lapplicazione dellart. 62, n. 4 relativo ai reati che cagionano un danno
patrimoniale di speciale tenuit, teoricamente applicabile nelle fattispecie
in cui manca una soglia di punibilit (artt. 2, 8 e 10).
Il comma 3 dellart. 13 - adesso non pi riprodotto - prevedeva, infine,
che della diminuzione di pena prevista dal comma 1 non si tiene conto ai
fini della sostituzione della pena detentiva inflitta con la pena pecuniaria a
norma dellart. 53 della Legge 24 novembre 1981, n. 689.
In altri termini, la diminuzione della pena che conseguiva allapplica-
zione dellattenuante non operava in funzione dei limiti cui si connette la
possibile applicazione delle misure alternative previste dalla disposizione
cui il comma 3 rinviava.
Ci significava che se, per effetto dellapplicazione della riduzione
(unitamente, ad esempio, ad attenuanti generiche o con il ricorso a riti
alternativi), la sanzione fosse scesa sotto i tre mesi di reclusione, non si
sarebbe resa applicabile la sanzione alternativa della pena pecuniaria. Ci al
fine di evitare che il contribuente pagasse la multa in sostituzione della pena
detentiva utilizzando le stesse disponibilit derivanti dallevasione e, dun-
que, di monetizzare il reato tributario, riservandosi il beneficio della
sospensione condizionale della pena per altre situazioni.
Tuttavia, occorre rilevare che a seguito dellentrata in vigore dellart. 4,
Legge 12 giugno 2003, n. 134, il limite di conversione stato elevato a sei mesi,
che pertanto raggiungibile, in relazione alle fattispecie di cui agli artt. 4 e 5
D.Lgs. n. 74/2000, con le sole attenuanti generiche ed i riti alternativi, dunque,
anche senza contare le attenuanti regolate dal D.Lgs. n. 74/2000. Permanevano,
invece, gli effetti ostativi per le fattispecie di cui agli artt. 2 e 3, dal momento che
esse prevedono una pena minima di 1 anno e sei mesi, poich le attenuanti
generiche ed i riti alternativi non consentono di scendere sotto i sei mesi58.
In ogni caso, con lespunzione del comma in esame venuta definitiva-
mente meno la preclusione appena illustrata59.

56
Si veda, al riguardo, la precedente nota 6. Come ha sottolineato la Corte costituzionale
(n. 95/2015), la disposizione tributaria si pone in rapporto di specialit rispetto allart. 62, n. 6,
c.p.
57
Cass. pen., 11 aprile 2002, n. 13481, in Giur. imp., 2002, pag. 1133 ss.; in senso conforme
anche Cass., Sez. III pen., 19 dicembre 2007, n. 47068.
58
Vedi G.L. Soana, I reati tributari, cit., pag. 317 ss.
59
Sulla immediata operativit nei processi in corso alla data del 22 ottobre 2015 di vigenza
del D.Lgs. n. 158/2015 delleffetto sostanziale di esclusione del suddetto limite alla praticabilit

616 - Rassegna Tributaria 3/2016


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6. I profili procedimentali e il rapporto tra i procedimenti/processi tributario e


penale - Per quanto riguarda gli aspetti procedimentali e processuali, pos-
sono essere svolte le seguenti considerazioni.
6.1. - Innanzitutto, la norma individua - sia per lart. 13, comma 1, sia per
lart. 13-bis - un limite temporale nellapertura del dibattimento di primo
grado ex art. 492 c.p.p. Ne consegue che il pagamento dovr avvenire dopo
aver eseguito le formalit relative allaccertamento della regolare costitu-
zione delle parti od anche prima, in fase di indagini o durante ludienza
preliminare, ovvero in concomitanza con la proposizione delle questioni
preliminari ex art. 491 c.p.p. Per i procedimenti che si concludono dinanzi al
GUP con riti alternativi, il momento ultimo dovr individuarsi, per il
patteggiamento, nella formulazione concordata della richiesta e, per il
rito abbreviato, prima dellinizio della discussione60.
Si tratta di un limite temporale che, come riportato nella relazione allo
schema di Decreto del 2000, ha la finalit di evitare lunghe sospensioni o
rinvii del dibattimento in prossimit della decisione o comunque ad istrut-
toria avanzata, finalizzate ad iniziative risarcitorie.
Ci non toglie che la circostanza del pagamento successivo, anche
parziale, possa essere valutata ai fini del riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche ex art. 62-bis c.p., nonch ai fini della concreta deter-
minazione della pena base, ai sensi dellart. 133 c.p., posto che trattasi,
comunque, di una positiva condotta successiva al reato.
Nel caso dei reati c.d. dichiarativi, il termine ultimo non pu indivi-
duarsi nellapertura del dibattimento, poich opera la causa preclusiva

della sostituzione di pena detentiva, vedi P. Fimiani, G. Izzo, Gli effetti in bonam partem
della riforma dei reati tributari, cit., pag. 14, i quali richiamano la sentenza della Corte
costituzionale n. 19/1995.
60
Cos, da ultimo, Cass., Sez. III pen. 4 febbraio 2014, n. 5457, secondo cui nel caso in cui
il procedimento venga definito con giudizio abbreviato, il pagamento del debito tributario, ai
fini del riconoscimento della relativa circostanza attenuante, deve aver luogo prima che abbia
inizio la discussione. Con questa sentenza la Cassazione dichiara di superare la precedente
Cass., Sez. II pen., 22 novembre 2012, n. 45629, ove si leggeva che nel caso che il procedimento
venga definito con il rito del giudizio abbreviato, il risarcimento del danno, tempestivo ai fini
del riconoscimento dellattenuante in parola, deve avvenire prima che sia pronunziata lordi-
nanza del giudice che dispone il giudizio abbreviato, ex art. 438 c.p.p., comma 4. Per
comprendere la pi recente posizione della Cassazione, occorre per prestare attenzione
alle vicende che ne sono alla base. Dalla lettura del caso di cui alla sentenza n. 5457/2014,
risulta che, prima delludienza di discussione, fosse stata solo richiesta lapplicazione dellat-
tenuante in esame, mentre alludienza di discussione fosse stata offerta la prova del pagamento.
La sentenza n. 5457/2014 sembrerebbe introdurre la distinzione tra rito abbreviato azionato
sulla base di una richiesta semplice per cui il giudice si trover a decidere allo stato degli atti, e
rito abbreviato azionato sulla base di una richiesta complessa per cui il giudice si trover a
decidere allesito di unintegrazione probatoria dellimputato. Nella prima ipotesi il pagamento
deve verificarsi al momento della richiesta di ammissione al rito; nella seconda il pagamento del
debito tributario pu avvenire successivamente allammissione al rito e la relativa prova pu
essere offerta durante la (ridotta) fase istruttoria e sino alludienza di discussione.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 617


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della formale conoscenza di attivit di indagine amministrativa o penale.


Quanto alle prime, occorrer pertanto fare riferimento ai principi elabo-
rati dalla prassi in materia, che attribuisce rilevanza alla sola notifica di
determinati atti o allespletamento materiale degli accessi, ispezioni e
verifiche61, con la precisazione, tuttavia, che la disciplina qui in esame,
diversamente da quanto accaduto per le cause ostative alla c.d. voluntary
disclosure, non attribuisce alcuna efficacia preclusiva alleventuale cono-
scenza formale acquisita da soggetti solidalmente obbligati in via tribu-
taria o concorrenti nel reato62, di talch la conoscenza formale dovr
essere riferita al singolo indagato/imputato; quanto alle seconde, esse
possono essere desunte dal codice di rito, consistendo nellinformazione
di garanzia, nellavviso di conclusione e nella richiesta di proroga delle
indagini preliminari, nellinvito a comparire per rendere interrogatorio,
nella fissazione delludienza a seguito di opposizione alla richiesta di
archiviazione, nei decreti di sequestro, nelle ordinanze relative a misure
cautelari personali, nel Decreto penale di condanna e negli atti di vocatio in
jus63.

61
Come infatti evidenziato nella circolare 10 ottobre 2009, n. 43/E (par. 10), ai sensi del
comma 4 dellart. 13-bis, D.L. n. 78/2009, le operazioni di emersione non producono gli effetti
previsti qualora, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, la violazione sia stata
gi constatata ovvero siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attivit di accertamento
tributario e contributivo nei confronti del contribuente ovvero siano stati emanati nei confronti
del medesimo avvisi di accertamento o di rettifica o atti di contestazione di violazioni tributarie,
compresi i predetti inviti, questionari e richieste. Al riguardo, affinch vi sia un effetto
preclusivo alla regolarizzazione, gli atti menzionati devono essere stati portati formalmente
a conoscenza del contribuente. Per formale conoscenza si intende la notifica degli stessi (in
senso conforme, circolare n. 52/E dell8 ottobre 2010). Sempre secondo lA.F. (circolare, 23
novembre 2009, n. 49/E, par. 8.1.), il contribuente che sia stato informato dalla propria banca
che lAmministrazione finanziaria ha chiesto dati e notizie sui suoi rapporti di conto corrente,
pu procedere allemersione delle attivit detenute allestero, non essendo ravvisabile quale
causa ostativa allefficacia dello scudo la notizia della richiesta istruttoria che i soggetti terzi
indicati nellart. 32, comma 1, n. 7), D.P.R. n. 600/1973 destinatari della stessa, devono
immediatamente dare al soggetto verificato, in forza del disposto di cui allultimo periodo
della citata disposizione. Si tratta, infatti, di una mera informativa che non pu ritenersi
idonea a soddisfare il requisito della formale conoscenza da parte del contribuente
dellattivit istruttoria dellA.F., provenendo da un soggetto da esso diverso, non essendo
richiesta alcuna forma specifica per la sua comunicazione al contribuente e non prevedendo
la norma alcuna conseguenza per linosservanza di tale obbligo di comunicazione.
62
Foriera peraltro di problemi di non poca importanza, dal momento che, come eviden-
ziato dalla stessa Amministrazione finanziaria (circolare, 16 luglio 2015, n. 27/E), non essen-
dovi coincidenza soggettiva tra il soggetto che richiede laccesso alla procedura e chi ha avuto la
formale conoscenza del provvedimento suscettibile di determinare linammissibilit alla
stessa, leffettiva conoscenza della causa ostativa da parte dellistante non certa, potendo
essere lo stesso ignaro. Al riguardo, lA.F. ha ritenuto che, nel rispetto dei principi di lealt e di
garanzia che devono improntare i rapporti tra fisco e contribuente, la norma introduca una
presunzione di conoscenza che non deve essere considerata in senso assoluto.
63
Cos, testualmente, la Relazione n. III/05/2015 del 28 ottobre 2015 dellUfficio del
Massimario, settore penale, della Corte di cassazione, pag. 44.

618 - Rassegna Tributaria 3/2016


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6.2. - In secondo luogo, poich il nuovo sistema non contempla pi la


sola attenuante, bens anche la non punibilit, ne vanno esaminati i relativi
profili processuali.
In effetti, sia lestinzione del reato che la causa di non punibilit condu-
cono ad una non punibilit in concreto del soggetto agente ma in modo
diverso.
Lart. 129 c.p.p. consente la declaratoria di non punibilit per estinzione
del reato in ogni stato e grado del processo, sicch, in presenza di un fatto
estintivo del reato, il giudice dovr dichiararlo con immediatezza. Per le
cause di non punibilit sopravvenute, invece, non vi unespressa previsione
allinterno dellart. 129 c.p.p., il che significa che il giudice dovr comunque
accertare prima lesistenza di tutti gli elementi costitutivi del fatto di reato.
Lesclusione dei casi di non punibilit dallalveo applicativo dellart. 129 c.
p.p. viene giustificata con la circostanza che tale disposizione si riferisce alle
sole formule che realmente possano condurre ad unimmediata declaratoria
di non punibilit in ogni stato e grado del processo64. In presenza di una
causa di esclusione della punibilit il giudice penale dovr pronunciare
sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. durante ludienza
preliminare, oppure, ex art. 469 c.p.p. nella fase predibattimentale, a
seconda del momento in cui sia intervenuta lestinzione del debito.
invece dubbia la possibilit di richiedere larchiviazione ove il PM
abbia notizia dellavvenuta estinzione del debito nella fase delle indagini, dal
momento che lart. 411 c.p.p. non fa riferimento alcuno alle cause di non
punibilit, se non alla specifica ipotesi di cui allart. 131-bis c.p. (Esclusione
della punibilit per particolare tenuit del fatto), offrendo anzi in tal modo,
a contrario, un argomento a favore della non applicabilit generalizzata
dellarchiviazione alle cause di non punibilit. Sarebbe pertanto stato
opportuno che il legislatore tributario prevedesse analoga disposizione
anche per le cause di non punibilit di cui allart. 13, D.Lgs. n. 74/2000,
evitando cos inutili ulteriori attivit procedimentali o processuali.
Va infine precisato che in questa ipotesi non applicabile lart. 651 c.p.p.
che riguarda lefficacia del giudicato penale di condanna nei giudizi civili ed
amministrativi di danno, dal momento che questa norma fa esplicito rife-
rimento alla sola sentenza di condanna e non anche a quella di assoluzione.
Quanto agli effetti che promanano in sede civile della sentenza penale
che assolve per una causa di non punibilit, gli stessi sono diversi da quelli
che si avrebbero nel caso di sentenza che dichiara lestinzione del reato. In
questultimo caso, infatti, lesistenza del reato verr comunque valutata dal
giudice civile, nel secondo, invece, la sentenza dibattimentale di non
punibilit, pur non avendo effetto di giudicato quanto allaccertamento
della sussistenza del fatto, della sua illiceit penale e allaffermazione che

64
E. Marzaduri, Commento allart. 129 c.p.p., in M. Chiavario (a cura di), Commento al
nuovo Codice di procedura penale, Torino, 1990, pag. 117.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 619


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

limputato lo ha commesso, per la non applicabilit dellart. 651 c.p., ha


comunque pur sempre efficacia di giudicato per ci che riguarda i fatti
materiali oggetto del giudizio penale ai sensi dellart. 654 c.p.p. cui deve
essere riconosciuta lapplicabilit rispetto alle parti che sono intervenute nel
giudizio.
6.3. - In terzo luogo, vi certamente la possibilit di estinguere il debito
mediante compensazione, trattandosi di modalit di pagamento.
Essa stata peraltro ammessa dalla stessa Amministrazione finanziaria
(circolare n. 154/E/2000), fermo restando laccertamento dellesistenza del
credito oggetto di compensazione.
6.4. - In quarto luogo, si pone il problema del pagamento rateale.
La giurisprudenza, in un caso relativo alla rateazione del pagamento
delle somme risultanti a seguito di accertamento con adesione65, aveva,
infatti, precisato che lattenuante prevista dallart. 13, D.Lgs. n. 74/2000,
subordinata allestinzione dei debiti tributari mediante pagamento,
anche a seguito dellaccertamento con adesione, ma che latto di adesione
non condizione sufficiente per lestinzione dei debiti; questi dovranno
essere integralmente pagati, compresi sanzioni amministrative ed
interessi66.
Questa sentenza intendeva semplicemente rilevare linidoneit di un
pagamento non ancora integrale per effetto della sua rateazione (peraltro
assistita da garanzia fideiussoria) a configurare lestinzione del debito
richiesta dallart. 13. Essa ha tuttavia formato oggetto di unerronea lettura
da parte della giurisprudenza successiva (e dello stesso Massimario), al
punto da escludere la rilevanza tout court dellaccertamento con adesione,
per essere lattenuante subordinata ... allintegrale estinzione del debito
tributario67!
Quanto alla rateazione, la Riforma prevede adesso, allart. 13, che 3.
Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo

65
La giurisprudenza (Cass., Sez. III pen. 5 febbraio 2014, n. 5681 e Cass., Sez. III pen, 15
settembre 2014, n. 37748) ha esaminato lapplicabilit dellattenuante in esame anche in quei
casi in cui il contribuente abbia ottenuto la possibilit di pagare ratealmente il proprio debito
tributario al di fuori di procedure di accertamento con adesione. Si tratta, in particolare, di
quelle ipotesi in cui al contribuente, ai sensi dellart. 19, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, era
stata riconosciuta una dilazione di un debito di imposta gi iscritto a ruolo e indicato nella
cartella di pagamento. Anche in queste sentenze la circostanza che il debito tributario non
fosse stato ancora integralmente estinto, ha precluso al contribuente la possibilit di ottenere
lattenuante di cui allart. 13 in quanto presupposto della concessione dellattenuante de qua -
lavere effettivamente estinto lintero debito tributario prima della dichiarazione di apertura
del dibattimento di primo grado (cos la sentenza n. 5681 del 2014). Queste sentenze, dunque,
confermano limpostazione restrittiva della Cassazione e la estendono a tutte le forme di
pagamento rateale del debito tributario.
66
Cass., Sez. III pen., 14 luglio 2004, n. 30580.
67
Cass., Sez. III pen., 23 gennaio 2009, n. 3203 e, di recente, Cass., Sez. III pen., 7 gennaio
2013, n. 176; Cass., Sez. III pen., 19 giugno 2014, n. 26464.

620 - Rassegna Tributaria 3/2016


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grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione,


anche ai fini dellapplicabilit dellart. 13-bis, dato un termine di tre mesi per il
pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione sospesa. Il giudice ha
facolt di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo
ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione.
Ebbene, la dottrina aveva ben rilevato come la rateizzazione non costituisse
unarbitraria concessione dellAmministrazione finanziaria, bens la mera
applicazione di una previsione normativa, e che (il precedente) art. 13 esigeva
lavvenuto pagamento del debito senza porre limiti temporali68; il giudice
avrebbe pertanto potuto subordinare ladesione alla richiesta della difesa al
preventivo pagamento delle rate aventi scadenze successive a quelle scadute ed
onorate. E, del resto, la rateazione riguarda specialmente i debiti tributari di
importo ingente, sicch si sarebbe negata loperativit dellart. 13 proprio in
quelle ipotesi in cui massimo linteresse dello Stato alloperativit di ogni
meccanismo, anche premiale, che favorisca il pagamento del tributo. Se poi si
considera pure la discriminazione che da una siffatta interpretazione sarebbe
derivato tra chi dispone delle capacit economiche per provvedere allintegrale
pagamento e chi ne invece privo69, ne conseguiva che essa era evidentemente
dovuta a ragioni pratiche correlate alla durata assai estesa che il periodo
massimo di rateazione pu, almeno in alcuni casi, avere70, il che rinvierebbe
in sostanza il processo penale alle calende greche.

68
Sul punto, diffusamente, S. Capolupo, Accertamento con adesione e responsabilit
penale, in Corr. Trib., 2011, pag. 4018 ss.
69
Qualche apertura in tal senso poteva in effetti leggersi da Cass., Sez. III pen., 15
gennaio 2015, n. 1738, relativa alla possibilit (negata) di revocare il sequestro preventivo ex art.
321 c.p.p. nel caso di ammissione al pagamento rateale e non solo nel caso di gi avvenuta
estinzione del debito. Dinanzi alla prospettazione della difesa che, altrimenti opinando, si
incorrerebbe in illegittimit incostituzionale per irragionevolezza/diseguaglianza, discrimi-
nando tra il soggetto che ha le risorse per adempiere integralmente in ununica soluzione il suo
debito tributario rispetto a quello che economicamente pu avvalersi soltanto della rateizza-
zione, la Corte non esclude in principio siffatta discriminazione, limitandosi ad affermare che il
contribuente non aveva dimostrato che lutilizzazione del pagamento rateale sia stato frutto di
una sua inadeguatezza economica e non piuttosto di una sua scelta gestionale delle risorse della
sua ditta e, inoltre, non si trattava della immobilizzazione sotto il vincolo della cautela penale
di tutto il patrimonio e non risulta quindi dimostrato che il ricorrente non abbia pi nella sua
disponibilit risorse sufficienti per procedere nelladempimento, tra laltro rateizzato, dellob-
bligazione tributaria.
70
Ferme restando le diverse discipline in materia di rateazione dei debiti tributari
attualmente vigenti nel nostro ordinamento - e per le quali lart. 6, comma 4, lett. c) della
Legge delega n. 23/2014 prevede una omogeneizzazione: sul tema si veda A. Carinci, La
riforma della rateazione in materia di tributi erariali nella Legge delega, in il fisco, 2014,
pag. 2368 ss. - ricordiamo che per le somme dovute in base ad avvisi di accertamento esecutivi il
contribuente, in funzione della propria situazione economica come calcolata sulla base di
appositi parametri, pu richiedere un piano di rateazione ordinaria fino ad un massimo di
settantadue rate mensili ovvero, al ricorrere di particolari circostanze, un piano di rateazione
straordinaria fino ad un massimo di centoventi rate mensili. In caso di peggioramento della
situazione economica del contribuente, possibile richiedere una proroga del piano di

Rassegna Tributaria 3/2016 - 621


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

in questottica che si colloca il nuovo art. 13, tenuto anche conto che,
nel frattempo, la Consulta, chiamata a pronunciarsi proprio sulla legittimit
costituzionale - oltre che, come visto, in linea generale, sullesclusione dei
reati dal patteggiamento - anche della specifica condizione per la rimo-
zione di tale esclusione, costituita dallavvenuta estinzione dei debiti tribu-
tari, che il giudice remittente aveva posto con riferimento agli artt. 3
(irragionevole disparit tra imputati in considerazione delle loro capacit
economiche) e 24 Cost. (limitazione del diritto di difesa dellimputato non
abbiente), aveva dichiarato la questione infondata. Ci sulla base dellargo-
mentazione - gi richiamata sopra - della normale, ancorch non inde-
fettibile, diretta correlazione tra entit del danno cagionato e risorse
economiche del reo (ove persona fisica) o da lui gestite (ove amministratore
o liquidatore di societ)71.
Il legislatore, infatti, tiene ferma lintegrale estinzione del debito, rico-
noscendo soltanto, nel caso di rateizzazione in corso, la proroga auto-
matica di tre mesi per il pagamento del debito residuo, termine durante il
quale la prescrizione del reato sospesa, nonch lulteriore facolt del
giudice di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi,
qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della
prescrizione.
Gi si registrano, tuttavia, le prime reazioni della giurisprudenza di
merito, con particolare riferimento al difetto di coordinamento con la
normativa riguardante il concordato fallimentare e la transazione fiscale,
che non consente di effettuare pagamenti per debiti anteriori che si disco-
stino dal piano omologato, traducendosi ci in un irragionevole trattamento
deteriore per coloro che hanno avuto accesso a tali istituti, sostanzialmente
impedendo loro di fruire della causa di non punibilit, con violazione degli
artt. 3 e 24 Cost.72.

rateazione fino ad un massimo di ulteriori settantadue o centoventi mesi (art. 2, D.M. 6


novembre 2013).
71
Corte cost., n. 95/2015. Osserva peraltro la Corte che si tratta di una questione analoga,
mutatis mutandis, a quella riscontrabile in rapporto al delitto di insolvenza fraudolenta, di cui
allart. 641 c.p., rispetto al quale ladempimento dellobbligazione ha addirittura effetti estintivi
del reato.
72
Trib. Treviso, Sez. pen., 23 febbraio 2016, che evidenzia come dopo lammissione alla
procedura del concordato preventivo non siano consentiti pagamenti lesivi della par condicio
creditorum, nel senso che i debiti devono essere pagati nellordine, nella misura, nei tempi e
con le modalit previste nel piano concordato, nellambito di una procedura propria di un
istituto di carattere prevalentemente pubblicistico. Non mancano, tuttavia, nella stessa giuri-
sprudenza penale, impostazioni contrattualistiche del concordato preventivo, che non con-
sentirebbe pertanto di elidere obblighi giuridici, specie quelli aventi rilievo pubblicistico,
come la previsione del versamento dellIVA alla scadenza di legge, la cui omissione sanzionata
penalmente: Cass., Sez. III pen., 14 maggio 2013, n. 44283. Sullordinanza del Tribunale di
Treviso, v. anche E. De Mita, Concordati lunghi, il Fisco intralcia lesenzione penale, in Il Sole
- 24 Ore del 22 maggio 2016, pag. 19. interessante evidenziare al riguardo che secondo un

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Quanto allaccertamento con adesione, avvilisce dover constatare


come si rinvengano tuttora recenti pronunzie di legittimit che riten-
gono che lattenuante di cui si discute non possa essere riconosciuta nel
caso di accertamento con adesione, di cui, al pi, potrebbe tenersi
conto ai fini della dosimetria sanzionatoria, semmai anche mediante
lambito discrezionale concesso al giudice ex art. 62-bis c.p.73; fortu-
natamente se ne contrappongono altre che, correttamente, considerano
come indubbia lapplicabilit del beneficio previsto dallart. 13, D.Lgs.
n. 74/200074.
Quanto al termine di tre mesi (prorogabili fino a sei) fissato dallart. 13,
comma 3 ai fini dellestinzione del debito residuo - pur comprendendosi le
ragioni relative allimposizione di un lasso cronologico cos breve (i.e.
evitare una lunga sospensione del processo penale, in attesa che il paga-
mento rateale sia completato) - un termine a mesi appare comunque
distonico. Da un lato, un cos breve iato temporale pare incoerente con i
tempi normalmente accordati per il pagamento rateale del tributo (fino a
dieci anni); dallaltro, il termine de quo sembra eccentrico rispetto alla
durata media di un procedimento penale, che non pare giustificare tanta
fretta. In sede applicativa, qualora la causa di esclusione della punibilit non
potesse operare perch il debito tributario residuo non stato estinto nei
brevi termini di legge previsti, appare dunque doveroso dare rilievo ad una
puntuale esecuzione del piano di rateazione, comunque avvenuta entro la
conclusione del procedimento penale, almeno ai fini di cui agli artt. 62-bis e
133 c.p.
6.5. - In quinto luogo, sempre in tema di pagamento, si ritiene che lo
stesso non sia ripetibile in caso di sentenza di assoluzione, diversamente da
quanto previsto dallart. 14, D.Lgs. n. 74/2000 in tema di estinzione per
prescrizione - rimasto invariato con la Riforma - ove una tale possibilit
espressamente prevista.
Come correttamente rilevato75, si tratta di una conseguenza del c.d.
doppio binario che fa s che la somma corrisposta per lestinzione del debito
tributario non possa essere considerata indebito e, dunque, essere restituita
a colui che labbia corrisposta, anche qualora limputato sia stato assolto o il

orientamento giurisprudenziale di merito, alle societ ammesse al concordato preventivo


non sarebbero irrogabili neanche le sanzioni amministrative per omesso versamento delle
imposte, in quanto opererebbe appunto la sospensione obbligatoria di tutti i pagamenti, s da
non potersi pagare le somme derivanti da obbligazioni anche fiscali se non con le regole
proprie della procedura in essere, di modo da rispettare il principio di parit di trattamento
dei creditori: Comm. trib. prov. di Milano, 22 aprile 2016, n. 3675/40/2016.
73
Cass., Sez. III pen., 18 aprile 2013, n. 17706.
74
Cass., Sez. III pen., 6 marzo 2014, n. 10814.
75
V. Mastroiacovo, Riflessi penali delle definizioni consensuali tributarie e riflessi fiscali
delle definizioni bonarie delle vertenze penali, cit., pag. 161 ss.

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reato risulti prescritto e finanche risulti vittorioso allesito del giudizio


tributario76.
6.6. - In sesto luogo, si pone il problema della prova dellavvenuta
definizione amministrativa.
Al riguardo, il Decreto del Ministero delle Finanze 13 giugno 2000 ha
previsto il rilascio di unattestazione da parte dellUfficio al contribuente di
avvenuta estinzione del debito relativo ai reati oggetto del procedimento
penale.
Si tratta, tuttavia, di un atto amministrativo privo di efficacia vincolante
nei confronti del giudice penale, che dovr valutare la correttezza del
pagamento soltanto in conformit alle vigenti leggi.
Conseguentemente, sia che esso sia stato rilasciato, sia che ne sia stato
negato il rilascio, il giudice penale conserver piena libert di
apprezzamento.
6.7. - Ancora, si deve rilevare come la novella in discorso perpetui
quelluso un po eccentrico dellistituto processuale del patteggiamento,
gi precedentemente invalso e dichiarato comunque legittimo dalla Corte
costituzionale (supra, par. 4 in fine).
La circostanza che laccesso allapplicazione della pena concordata sia stata
subordinata allavvenuto, integrale pagamento dei debiti tributari, comprese
sanzioni amministrative e interessi, nonch al ravvedimento operoso (art. 13-
bis, comma 3), attribuisce infatti al patteggiamento una funzione di politica
criminale, finalizzata allo stimolo di comportamenti virtuosi (il pagamento del
tributo evaso) ed inquina la ratio sottesa allo sconto sanzionatorio di cui
allart. 444 c.p.p.: ossia, quella di compensare la rinuncia proveniente dallim-
putato al diritto di difesa ed al contraddittorio dibattimentale, con contestuale
accettazione della condanna, in vista della deflazione procedimentale.
6.8. - Ancora, lart. 12-bis, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000, introdotto dal D.Lgs.
n. 158/2015, limita loperativit della confisca penale per quella parte che il
contribuente si impegna a versare allErario anche in presenza di sequestro.
Il legislatore sembrerebbe voler cos risolvere il problema derivante
dalladozione di provvedimenti che abbiano leffetto di privare il contri-
buente della disponibilit finanziaria necessaria ad estinguere tributo,
sanzioni ed interessi; e, quindi, ad accedere ai benefici premiali.
Da un lato, tuttavia, si interviene solo sul profilo della confisca e non
anche su quello del sequestro, dove si sarebbe ad esempio potuto prevedere
la possibilit di un pagamento eseguito direttamente dal custode giudizia-
rio, su istanza dellindagato-contribuente77.

76
M. Di Siena, La nuova disciplina dei reati tributari: imposte dirette ed IVA, Milano, 2000,
pag. 195.
77
Lipotesi in cui lindagato a cui sono stati sequestrati i beni proponga istanza di
dissequestro affinch possa provvedere al pagamento tanto del debito tributario, quanto

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Dallaltro, restano aperti una serie di problemi, anche di carattere


pratico-operativo, quali lindividuazione del profitto oggetto di confisca;
nonch la questione relativa alle modalit e forme nelle quali debba mani-
festarsi limpegno del contribuente al pagamento di quanto fiscalmente
dovuto, al fine di evitare la confisca.
A tale riguardo gi si registrano i primi contrasti: la Corte di cassazione,
infatti, ha prima reputato tale programma non preclusivo del sequestro e
della successiva confisca, nei limiti degli importi non ancora corrisposti
allErario78; per poi successivamente ritenere che il mero impegno a versare
(se pure formale) faccia venire meno la necessit della confisca sia diretta,
sia per equivalente79.
6.9. - Infine, va esaminato il profilo attinente al momento in cui si avvia il
procedimento penale, che pu presentare connotazioni diverse a seconda
dellorgano che avvia la fase istruttoria. Se lattivit istruttoria posta in
essere dallAmministrazione finanziaria, questa potrebbe non procedere
allinformativa di reato, perch, ad esempio, il procedimento di accerta-
mento con adesione abbia tempi e modalit tali da ricondurre nellarea della
liceit penale il comportamento del contribuente (ad esempio, in quanto si
scenda al di sotto delle soglie di punibilit), salvo che non intercorra, tra la

della sanzione amministrativa, certamente di grande rilevanza. Istanze simili pongono non
pochi problemi quando sia stata concessa in sede amministrativa la possibilit di un
pagamento rateizzato, il che dovrebbe condurre alladozione di un provvedimento di disse-
questro condizionato. Questa tipologia di provvedimento, tuttavia, non trova alcun riscon-
tro normativo, sicch queste istanze rischiano di essere rigettate, privando lindagato/
imputato della possibilit di accedere ad un trattamento sanzionatorio per lui pi favorevole.
A tale ostacolo di carattere formale se ne aggiungerebbe inoltre uno di carattere pratico,
poich nel caso in cui i beni dissequestrati non vengano destinati alladempimento del debito
tributario o al pagamento delle sanzioni amministrative, si renderebbe necessaria la richiesta
al GIP di un nuovo sequestro. La soluzione potrebbe pertanto essere quella di imporre al
custode giudiziario il pagamento.
78
Cass., Sez. III pen., 11 febbraio 2016, n. 5728, in il fisco, 2016, pag. 1076 ss., con nota di C.
Santoriello. Secondo la Cassazione, infatti, la previsione finale dellart. 12-bis, comma 2,
dimostrerebbe che la funzione del sequestro, pur a fronte di impegno a versare in toto la
somma dovuta (ad es., a seguito di un accordo per il pagamento rateale del debito), sarebbe
proprio quella di garantire lefficacia della confisca una volta constatato leventuale inadempi-
mento di quanto in precedenza promesso. Ne deriverebbe, pertanto, secondo la Cassazione,
che anche in presenza di piano rateale di versamento, la confisca continui ad essere consentita
per gli importi che non siano stati ancora corrisposti, cos continuando ad essere consentito
anche il sequestro a detta confisca finalizzato.
79
Cass., Sez. III pen., 7 luglio 2016, n. 28225, secondo cui lassunzione dellimpegno, nei
soli termini riconosciuti e ammessi dalla legislazione tributaria di settore (accertamento con
adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, attivazione di procedure di rateizza-
zione automatica o a domanda(, di per s sufficiente a impedire la confisca (diretta o per
equivalente, la norma non fa distinzioni) dei beni che ne sarebbero oggetto poich ritenuta
comunque satisfattiva dellinteresse al recupero delle somme evase (o non versate) che
dovrebbero essere ugualmente ottenute dallesproprio dei beni del contribuente (in caso di
confisca diretta), o dellimputato, se diverso (in caso di confisca per equivalente).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 625


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

constatazione e laccertamento con adesione, un tempo tale da far ipotizzare


unomissione dufficio in capo ai verificatori per non aver interessato
lautorit giudiziaria. Ove, invece, listruttoria sia condotta dalla Guardia
di finanza e questa si trovi, ai sensi dellart. 347 c.p.p., nella condizione di
dover informare, senza ritardo, il Pubblico ministero della notizia di reato
emersa nel corso dellattivit ispettiva, si porr immediatamente il pro-
blema del rapporto tra i procedimenti/processi tributario e penale, doven-
dosi poi ragionare sulla rilevanza della successiva attivit di accertamento
posta in essere dagli Uffici finanziari80.
Questo profilo introduce il tema del rapporto tra i procedimenti, rispetto
al quale va rilevato quanto segue81.
Innanzitutto, affinch si producano gli effetti previsti dalla disposizione
in commento, occorre che vi sia una corrispondenza tra loggetto del con-
cordato con adesione o degli altri istituti rilevanti e loggetto dellimputa-
zione penale. Questo principio ha trovato applicazione in giurisprudenza
con riferimento sia al concordato di massa di cui al D.L. 30 settembre 1994,
n. 564, conv. in Legge 30 novembre 1994, n. 656, sia allart. 2, D.L. n. 218/
1997 nella parte in cui prevedeva originariamente la non punibilit del
reato82.
Il punto pi rilevante in tema di rapporti tra procedimenti e tra processi
riguarda, tuttavia, il principio secondo cui la determinazione dellimposta
posta in essere dallUfficio nella misura in cui risulti confermata in sede di
contenzioso tributario, ovvero come resasi definitiva in esito allapplica-
zione degli istituti deflattivi, non vincola il giudice penale.
In particolare, con specifico riferimento al profilo del superamento delle
soglie di punibilit, la Cassazione ha rilevato che spetta esclusivamente al
giudice penale il compito di procedere allaccertamento dellavvenuto supe-
ramento o meno delle soglie medesime - e, per tale via, alla determinazione
dellammontare dellimposta evasa - attraverso una verifica che pu venirsi
a sovrapporre ed anche ad entrare in contraddizione con quella eventual-
mente effettuata dinanzi al giudice tributario non essendo configurabile
alcuna pregiudiziale tributaria83. Ci significa che se, ad esempio, in sede

80
Sul punto, diffusamente, S. Capolupo, Accertamento con adesione e responsabilit
penale, cit., pag. 4018 ss.
81
Sul punto, si vedano anche le ampie considerazioni di V. Mastroiacovo, Riflessi penali
delle definizioni consensuali tributarie e riflessi fiscali delle definizioni bonarie delle vertenze
penali, cit., pag. 153 ss., la quale osserva che lintroduzione per ragioni di sistema del c.d. doppio
binario risulti oggi coerente - in bilanciamento con il principio di proporzionalit delle sanzioni
- con una nuova disciplina che introduce cause di non punibilit, che, sembrerebbe coerente-
mente e conseguentemente ad essa imporre di riconsiderare la nozione stessa di tributo quale
mero istituto per il riparto delle pubbliche spese in ragione della propria capacit contributiva.
82
Trib. Torino, 26 marzo 1998, in Fisconline, con nota di B. Tinti.
83
Cass., Sez. III pen., 18 aprile 2014, n. 17299; Cass., Sez. II pen., 28 febbraio 2012, n. 7739;
Cass., Sez. III pen., 21 giugno 2011, n. 24811; Cass., Sez. III pen., 26 febbraio 2008, n. 21213.

626 - Rassegna Tributaria 3/2016


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di adesione si dovesse scendere al di sotto di siffatte soglie, il giudice penale


potrebbe riservarsi di entrare nel merito della determinazione del quantum
debeatur.
Ii rilievo senzaltro esatto, se solo si pensa alle sentenze della Consulta
nn. 88 e 89 del 12 maggio 1982, le quali hanno dichiarato costituzionalmente
illegittime, rispettivamente: i) le disposizioni della Legge n. 4/1929 nella parte
in cui prevedevano che gli accertamenti dellimposta e della relativa sovraim-
posta, divenuti definitivi in via amministrativa, facessero stato nei procedi-
menti penali per la cognizione dei reati preveduti dalle leggi tributarie in
materia di imposte dirette, sia in quanto in violazione del diritto alla difesa, sia
in quanto differenziavano irrazionalmente la condizione degli imputati
secondo che limputazione fosse conseguente a un accertamento tributario
o meno e, nellambito degli accertamenti amministrativi tributari, fosse
relativa a imposte dirette o indirette; e ii) lart. 58, D.P.R. n. 633/1972, nella
parte in cui disponeva che lazione penale avesse corso dopo che laccerta-
mento fosse divenuto definitivo anche nelle ipotesi, quali lemissione di
fatture false, in cui il reato fosse del tutto indipendente dal relativo ammon-
tare o dalla misura, superiore a quella reale, dei corrispettivi indicati.
Tale ultima pronunzia, in particolare, confermando la liceit della pre-
giudiziale con riferimento alla determinazione dellammontare dellimposta
evasa, spiega il significato dellattuale sistema, frutto appunto della precipua
abrogazione di quello precedente per effetto della Legge n. 516/1982, che ha
sancito lautonomia tra processo penale e processo tributario (c.d. doppio
binario). Autonomia poi estesa ai rapporti con il procedimento amministra-
tivo tributario dallart. 20, D.Lgs. n. 74/2000, che prevede adesso che il
procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non
possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad
oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la
relativa definizione, mentre la regola inversa, e cio che il procedimento
penale non pu essere sospeso dalla pendenza di un procedimento o di un
processo tributario, si ricava dallart. 3 c.p.p., che consente al giudice di
sospendere il processo solo quando la decisione dipende dalla risoluzione
di una controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza.
Da qui, dunque, la correttezza dellassunto della giurisprudenza penale
sopra evidenziato.
Ciononostante, la giurisprudenza penale ha mostrato di non voler igno-
rare le risultanze del processo tributario. Essa ha valorizzato, ad esempio, le
percentuali di ricarico applicate nellavviso di accertamento previa speci-
fica autonoma valutazione degli elementi nello stesso descritti, comparan-
doli con quelli eventualmente acquisiti aliunde84; ma gli esempi di utilizzo,

84
Cass., Sez. III pen., 21 giugno 2011, n. 24811; Cass., Sez. III pen., 18 aprile 2016,
n. 15899, che sottolinea che con riferimento alle percentuali di ricarico o alle presunzioni
legali occorre che il giudice non si limiti a constatarne lesistenza e a fare un apodittico richiamo

Rassegna Tributaria 3/2016 - 627


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

in ambito ad un tempo processuale penale e tributario, di elementi di prova


acquisiti in uno dei due procedimenti, potrebbero essere numerosi85.
In tema di soglie di punibilit, essa ha poi affermato che il principio
sancito dallart. 20, D.Lgs. n. 74/2000, riguarda gli esiti del giudizio tribu-
tario, che costituisce profilo distinto dalla pretesa tributaria
dellAmministrazione finanziaria che fissa il limite della soglia di
punibilit. Se, infatti, il giudice penale non vincolato allaccertamento
del giudice tributario, esso non pu tuttavia neanche prescindere dalla
pretesa tributaria dellAmministrazione finanziaria86. In questo ultimo
caso, pur non sussistendo neanche qui un vincolo, il giudice, per discostarsi
dalla pretesa in ultimo definita e riferirsi, anche ai fini del superamento delle
soglie di punibilit, alla pretesa originaria, dovr disporre di concreti
elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile liniziale quantifi-
cazione dellimposta dovuta, dovendo altrimenti assolvere limputato
perch il fatto non costituisce reato87.

agli elementi in esso evidenziati, ma proceda a specifica, autonoma valutazione degli


elementi nello stesso descritti comparandoli con quelli eventualmente acquisiti aliunde.
85
Vedi S. Golino - B. Lo Giudice, Principio del doppio binario: interferenze tra conten-
zioso tributario e procedimento penale, in il fisco, 2013, pag. 2729 ss., ove gli esempi delle
intercettazioni telefoniche, delle dichiarazioni di terzi e delle sommarie informazioni testi-
moniali. A ci si aggiungono le interazioni che nascono da vicende particolari quali il raddoppio
dei termini oppure lindeducibilit dei costi da reato: vedi M. Di Siena, Doppio binario tra
procedimenti tributario e penale: una metafora ferroviaria in crisi?, in il fisco, 2014, pag.
4259 ss.
86
Cass., Sez. III pen., 14 febbraio 2012, n. 5640, in Corr. Trib., 2012, pag. 891 ss., con nota
di P. Corso, Adesione allaccertamento: oneri probatori a carico del PM e poteri del giudice
penale, e in Riv. dir. trib., 2012, pag. 532 ss. Vedi anche Cass., Sez. III pen., 23 giugno 2011,
n. 25213; Cass., Sez. III pen., 18 aprile 2013, n. 17706, che dopo aver premesso la rilevanza
metodologica del diverso contenuto dellobbligazione tributaria e che il giudice deve solo
considerare le due diverse motivazioni e aderire a quella delle due che le risultanze processuali
indicano come provata, conferma la sentenza impugnata per avere i giudici di merito motivato
in ordine alla veridicit del primo accertamento, alla stregua dei dati e degli elementi
univocamente indiziari come sopra richiamati; Cass., Sez. IV pen., 18 febbraio 2014,
n. 7615, in Corr. Trib., 2014, pag. 1007 ss., con nota di I. Caraccioli, Superato il doppio binario
tributario-penale?, ove anche un elenco dei settori di intervento in cui si concretizzato il
fenomeno delle deroghe al c.d. doppio binario; Cass., Sez. III pen., 9 maggio 2014, n. 19138.
87
Il fatto illecito, infatti, esiste, ma non integra una fattispecie penalmente rilevante
in quanto levasione si colloca al di sotto della soglia di punibilit. Le soglie sono intese
dalla giurisprudenza talvolta come condizione obiettiva di punibilit, pertanto senza
necessit del dolo dellautore (mancanza di conoscenza e volont degli ammontari) e con
conseguente riconduzione allart. 44 c.p.: Cass., Sez. III pen., 23 giugno 2011, n. 25213;
Cass., Sez. III pen., 20286/2012; Cass., Sez. III pen., 3 settembre 2014, n. 36703, in il fisco,
2014, pag. 3581 ss., con nota critica di C. Beccalli, il quale evidenzia che la stessa
relazione governativa al D.Lgs. n. 74/2000 affermava, con nettezza, che le soglie sono
da considerarsi alla stregua di altrettanti elementi costitutivi del reato e che, in quanto
tali, debbono essere investiti dal dolo; ed altre volte come elementi costitutivi dellillecito:
Cass., Sez. pen., nn. 10346/2000, 1994/2005 e 42868/2013.

628 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Si pensi, soprattutto, ai casi in cui lazione penale prenda le mosse da un


processo verbale di constatazione della Guardia di finanza, dal quale risulti
il superamento delle soglie, ma che lUfficio titolare della funzione di
accertamento ritenga di condividere in una misura tale da non determi-
narne il superamento. In questo caso si imporr, dunque, al PM unindagine
particolare per supportare le conclusioni della G.d.F. in contrasto con quelle
raggiunte dallUfficio.
Insomma, la rilevanza dellaccertamento con adesione pu andare oltre
la mera attenuante ex art. 13-bis, per riflettersi anche sul merito, in quanto
forma di definizione della pretesa tributaria, conducendo ad una pronunzia
di assoluzione. Viene in tal modo garantita una circolazione del materiale
probatorio tra il procedimento tributario e quello penale che, pur non
sacrificando il principio del doppio binario, pu, a certe condizioni,
garantire una certa omogeneit rispetto ai relativi epiloghi.
In tale prospettiva, non sembra potersi condividere quella giurispru-
denza penale che ribadisce la piena autonomia del procedimento penale
per laccertamento dei reati tributari, rispetto al processo tributario e
allaccertamento tributario, motivando nel senso che nel diritto tributario
ormai chiara lapertura verso una vera e propria negoziabilit della pretesa
tributaria finale88, almeno per laccertamento con adesione.
Invero, tra le varie alternative che, allo stato attuale della legislazione e
dellevoluzione dottrinaria, si pongono con riguardo allindividuazione
della natura giuridica degli istituti in esame - e in particolare quale: i) atto
unilaterale della Pubblica amministrazione, con lassunzione delladesione
del contribuente quale condicio iuris per la sua efficacia, ii) contratto di
transazione e iii) accordo bilaterale non avente natura contrattuale - lultima
ricostruzione appare certamente quella preferibile.
Laccordo che conduce alladesione lelemento grazie al quale si forma
e si conclude latto e si supera la res incerta. Tale rilevanza, per, non tale da
trasformare latto bilaterale in un contratto, n di diritto privato, n di diritto
pubblico perch, mancando la pariordinazione (e, quindi, la possibilit di
fusione) delle rispettive volont, manca anche la caratteristica peculiare del
contratto. Laccordo in questione, infatti, non ha una natura dispositiva in
base alla quale la determinazione del debito dimposta dipende esclusiva-
mente dalla volont comune di ambedue le parti e, quindi, anche da quella
dellAmministrazione finanziaria assunta come espressione di autonomia
privata.
La determinazione del debito fiscale cui si perviene con laccertamento
con adesione il risultato voluto dalla legge di una valutazione critica e
concorde di soggetti non pariordinati, volta a superare lo stato di incertezza
della controversia e non a disporre liberamente del debito dimposta.
Laccertamento con adesione si verifica, infatti, in un momento che precede

88
Cass., Sez. III pen., n. 1256/2013.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 629


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

la nascita del debito, e cio in un momento in cui questo non ancora


determinato e, comunque, pu essere sottoposto a verifica giudiziale in sede
contenziosa (salvo, appunto, che non intervenga ladesione stessa).
Lo scopo delle parti resta, nella sostanza, quello di individuare consen-
sualmente, adeguatamente motivandola, una soluzione del contrasto inter-
pretativo che sia conforme alle disposizioni di legge applicabili nella specie.
Leventuale riduzione del debito la conseguenza dellapplicazione di pre-
cise norme tributarie con riferimento alla nuova situazione di fatto e di
diritto concordemente accertata rispetto a quella incerta precedente e non la
conseguenza di una discrezionalit con effetti di tipo dispositivo espressa da
soggetti pariordinati e portatori di comuni interessi89.
Maggiori dubbi si pongono, invece, con riferimento alla conciliazione
giudiziale, atteso che la disciplina contenuta nellart. 48, D.Lgs. n. 546/1992
sembra riconoscere margini di apprezzamento ben pi ampi e, dunque, anche
accordi che si pongano in unottica transattiva: in altri termini, sembra sacri-
ficare sullaltare dellinteresse allimmediata acquisizione delle somme quei
principi di capacit contributiva e di eguaglianza che sono alla base della giusta
ripartizione del carico impositivo e del connesso principio di indisponibilit
dellobbligazione tributaria. Ed in effetti, nel senso transattivo della concilia-
zione si espressa anche la Cassazione sia civile90 che penale91, allorquando, sul
presupposto della pariordinazione delle parti, riconosce che la conciliazione
giudiziale di cui allart. 48 attiene allesercizio di poteri dispositivi delle parti.

7. Conclusioni - Conclusivamente, occorre chiedersi se lattuale soluzione


normativa - al di l delle criticit di taluni profili tecnico-applicativi sopra
evidenziate - configuri un punto di equilibrio tra le esigenze, da un lato, di
non neutralizzare il carattere intimidatorio della sanzione penale e, dallal-
tro, di incentivare il contribuente ad eliminare le conseguenze del reato
mediante il pagamento del tributo, degli interessi e delle connesse sanzioni.
Probabilmente, un punto di equilibrio era stato raggiunto, per stessa
intenzione del legislatore, con il D.Lgs. n. 74/2000, ma la situazione era
significativamente mutata per effetto della diminuzione dellattenuante ope-
rata con il D.L. n. 138/2011, che aveva contribuito, unitamente alle altre misure
contenute nel medesimo provvedimento, ad accentuare il carattere intimida-
torio, anche se va pur sempre detto che la riduzione di cui al D.Lgs. n. 74/2000
era, comunque, sino alla met, restando pertanto fermo il potere del giudice
di graduare lentit della riduzione concessa al reo.

89
F. Gallo, La natura giuridica dellaccertamento con adesione, in Riv. dir. trib., 2002,
pag. 425 ss.
90
Cass., nn. 9455/2005, 12314/2001 e 21325/2006.
91
Cass., n. 9079/2013, ai fini dellapplicazione delle sanzioni ex Legge n. 231/2001 per
corruzione aggravata dallavere per oggetto la stipulazione di contratti ex art. 319-bis c.p., in
relazione ad un pagamento effettuato ad un funzionario dellAmministrazione finanziaria per
accettare la conciliazione anzich proseguire nel giudizio.

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A ci si era aggiunta - ed essa permane a seguito delle modifiche di cui al


D.Lgs. n. 158/2015 - limpossibilit di accedere al patteggiamento, rima-
nendo ferma lirrilevanza dellattenuante ai fini delle c.d. misure alternative.
Sembra pertanto possibile affermare che il legislatore del D.L. n. 138/2011
aveva puntato tutto sulleffettivit della sanzione penale per spingere il con-
tribuente a definire senza la via di uscita in precedenza costituita dal patteg-
giamento; ma forse sarebbe meglio dire che esso aveva puntato tutto per
spingere il contribuente ad adempiere, sin da subito, allobbligazione tributaria
nella sua interezza. Il contribuente era, infatti, reso edotto che, ove avesse
deciso di non adempiere correttamente, la sanzione penale sarebbe stata
effettiva, non potendo egli contare su una rapida prescrizione del reato92 e
che, in ogni caso, laddove non avesse adempiuto sin da subito correttamente, la
scelta si sarebbe risolta tra non pagare in sede amministrativa ed andare in
dibattimento oppure pagare, aprendosi cos la via per uneventuale applica-
zione concordata della pena ed evitando cos il dibattimento, fermo restando
che in tal caso lattenuante massima sarebbe stata di un terzo della pena, cui si
sarebbe aggiunta la riduzione per il rito prescelto. Peraltro, rimaneva comun-
que aperta levenienza che il contribuente fosse disinteressato allattenuante di
cui al citato art. 13 e preferisse affrontare un processo, confidando nella
prescrizione. La sensazione era, pertanto, che con il D.Lgs. n. 138/2011 fosse
mutata, ancora una volta, la prospettiva del legislatore: dallinteresse di spin-
gere il contribuente a definire assolutamente il tributo, proprio della soluzione
della non punibilit del reato (contravvenzionale), si era passati attraverso un
contemperamento tra efficacia intimidatoria ed interesse alla definizione
amministrativa, per giungere, infine, alla volont di indurre innanzitutto il
contribuente ad adempiere correttamente allobbligazione tributaria, consi-
derando la fase della definizione amministrativa come un passaggio soltanto
successivo, ma obbligatorio per evitare la fase del dibattimento. Insomma, nel
disegno del legislatore penale tributario del D.Lgs. n. 138/2011, linteresse alla
riscossione del tributo pareva essersi spostato dalla fase degli istituti deflattivi a
quella dichiarativa, delineando un disegno rispetto al quale si poneva in
controtendenza lavvenuto potenziamento, ad opera della Legge n. 190/2014,
dellistituto del ravvedimento operoso che, superando i precedenti limiti di
carattere temporale e (in buona parte) le precedenti preclusioni di carattere
procedimentale al ravvedimento, sminuisce al contrario la fase dichiarativa
stessa. Ebbene, stando cos le cose, il disegno di cui al D.Lgs. n. 138/2011
sarebbe stato del tutto stravolto dalla norma contenuta nellart. 13 dello schema
di Decreto legislativo ritirato, potendo confidare il contribuente nelleffetto

92
Sullestensione del termine prescrizionale, vedi supra, nota 2. La prescrizione non ,
dunque, pi cos facile da lucrare, salvo che il processo richieda accertamenti particolar-
mente complessi (ad es., una perizia sulle scritture contabili di una societ di notevoli
dimensioni, per determinare il superamento delle soglie di punibilit).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 631


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G. MELIS - ESTINZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO: EFFETTI PENALI

estintivo del reato del pagamento fatto sino al giorno precedente la notifica
dellavviso di accertamento.
Il legislatore del D.Lgs. n. 158/2015, come visto, fa un passo indietro rispetto
a questa soluzione estrema, per dosare con equilibrio la sanzione penale a
seconda del disvalore del reato nella progressione reati di versamento - reati
dichiarativi - reati di frode e cos fornire una risposta, ad avviso di chi scrive,
coerente, con le premesse poste della Legge delega, con le particolari esigenze
dei reati di versamento e con la nuova filosofia della tax compliance.
Per il resto, limpianto del sistema penale delineato dal D.L. n. 138/2011
rimane fermo, sicch mi pare che la volont di indurre innanzitutto il
contribuente ad adempiere correttamente lobbligazione tributaria
rimanga fermo con la doppia postilla, come detto, dei reati di versamento
(che richiedevano un intervento forse ancor pi deciso) e dei reati dichia-
rativi, dandosi qui rilievo a quella resipiscenza cui si ormai fatta abiura
sul piano sanzionatorio amministrativo.
Naturalmente, venuta meno lultima chance della resipiscenza, nella suc-
cessiva fase degli istituti deflattivi il contribuente dovr valutare se ladesione
non peggiori il quadro probatorio a suo carico in sede penale e, in particolare, se
questa non aumenti la verosimiglianza di fondatezza dei rilievi che gli sono stati
mossi, sia in sede amministrativa - determinando linoltro della denuncia della
notizia di reato93 - sia in sede penale (ove la denuncia gi sia stata inoltrata),
provocando almeno un effetto suggestivo e, certamente, rendendo pi com-
plesso per il contribuente prospettare una versione diversa da quella oggetto
di adesione, salvo che si tratti, ad esempio, di reati commessi da terzi ausiliari
del contribuente, oppure nel caso in cui, come sarebbe potuto accadere
nelladesione al processo verbale di constatazione (in vigore sino al 31 dicembre
2015), questi non indichi le somme dovute, successivamente calcolate
dallUfficio (e, in ipotesi, determinanti il superamento delle soglie di
punibilit), nel qual caso il contribuente avrebbe bens aderito, ma non
sulla cifra94. A ci si aggiungono i possibili effetti di trascinamento sulle
annualit successive, nel caso in cui la contestazione per lannualit oggetto di
adesione sia suscettibile di essere contestata anche in relazione ad esse. Tale
valutazione dovr essere ponderata con gli sconti sul tributo, sugli interessi
(dovuti su una minore somma), sulle sanzioni amministrative e sulle sanzioni
penali, fermo restando, per queste ultime, che lautonomia del giudice penale

93
Vedi A. Marcheselli, Adesioni ai verbali, rischi e vantaggi penali per il contribuente, in
Corr. Trib., 2008, pag. 3520 ss., il quale evidenzia, con riferimento alladesione ai processi verbali
di constatazione, la mancanza di una norma, invece presente per gli studi di settore (art. 10,
comma 6, Legge n. 146/1998), che escluda lobbligo di denuncia (ferma restandone la facolt).
94
Rileva sempre A. Marcheselli, Adesioni, cit., pag. 3523, che lipotesi simmetrica - di
ricaduta in ambito tributario di scelte strategiche operate sul piano penale - alla base di quella
giurisprudenza che ha ritenuto di trarre indicazioni probatorie, nel giudizio tributario, dal
patteggiamento sulla ipotesi delittuosa (Cass., 17 gennaio 2001, n. 630, in Dir. prat. trib., 2003,
II, pag. 705 ss.).

632 - Rassegna Tributaria 3/2016


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nel qualificare il fatto non assicura un risultato certo95. Conclusivamente, il


disegno del legislatore del D.L. n. 138/2011 non ha avuto il tempo di dimostrare
la sua efficacia o meno a contrastare i comportamenti penalmente rilevanti dei
contribuenti, anche se qualche legittimo dubbio poteva in effetti sorgere sul se
leffettivit della sanzione avrebbe potuto realmente essere assicurata dal
nuovo sistema tenendo presente lattuale situazione del carico di reati tributari
gravanti sui tribunali italiani96. Quel che era logico attendersi, invece, che, da
un lato, dovesse fare da pendant la riduzione, ancora una volta, delle fatti-
specie penalmente rilevanti, non a caso alla base dellart. 8, comma 1, della
Legge delega per la riforma tributaria n. 23/2014; e che, dallaltro, si dovesse
nuovamente mutare la filosofia di fondo della disciplina degli effetti penali
dellestinzione del debito tributario per graduarne lapplicazione a seconda
del tipo di reato interessato e tenere altres conto della resipiscenza del
contribuente, cos evitando di giungere sul piano sanzionatorio penale a quella
deriva criminogena che sarebbe derivata dalla sostanziale traslazione, in tale
diverso ambito, della disciplina del nuovo ravvedimento operoso97.

GIUSEPPE MELIS
Ordinario di Diritto Tributario LUISS Guido Carli

95
Oltre che con la possibilit di ottenere lo svincolo di quanto sia stato eventualmente
sequestrato in eccesso in via preventiva finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 322-ter
c.p. Basta pensare agli accertamenti basati su presunzioni fiscali che, pur non sufficienti di per
s per giungere ad una condanna penale (Cass. pen., n. 10811/2014), possono fondare secondo
la giurisprudenza lapplicazione di una misura cautelare reale, richiedendo questa la semplice
prospettazione del fumus del reato, intesa come mera probabilit di effettiva consumazione
dellillecito secondo la prospettazione della pubblica accusa, sulla base dellindicazione di dati
fattuali che si configurino coerenti con lipotesi criminosa (Cass. pen., n. 18715/2014). Sulla
rilevanza assunta dallaccertamento con adesione ai fini della riduzione della somma sottopo-
sta a vincolo nel caso di sequestro preventivo funzionale alla confisca di valore, in considera-
zione del principio di corrispondenza tra lentit del profitto e il quantum del sequestro per
equivalente, vedi Cass., Sez. III pen., n. 45847/2012; sulla rilevanza, ai medesimi fini, del
pagamento rateale, vedi Cass., Sez. III pen., n. 1738/2015.
96
Ed in effetti la dottrina ha constatato quale unica conseguenza del D.L. n. 138/2011
lincremento delle segnalazioni di reato e del numero dei procedimenti penali, con conse-
guente intasamento delle Procure della Repubblica e proporzionale incremento dei casi di
estinzione del reato per intervenuta prescrizione, senza alcun reale effetto in termini di
deterrenza: cos E. Mastrogiacovo, Commento agli artt. 13 e 13-bis, D.Lgs. 74/2000, cit.,
pag. 302.
97
Che avrebbe rischiato, anzich di fare cassa a valle - come verosimilmente auspicato
dal legislatore delegato dello schema di Decreto delegato poi ritirato - di provocare una ben pi
grave emorragia a monte.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 633


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I contributi alle aziende di trasporto pubblico locale


nellIRAP: ambiguit normative e lapsus della
giurisprudenza
Leonardo Perrone

Estratto: Largomento del presente articolo stato piuttosto trascurato dalla dot-
trina ed in sostanza lasciato alle interpretazioni delle circolari dellAmministrazione
finanziaria ed alle pronunce dei giudici, in particolare alle sentenze della Cassazione.
Largomento importante poich riguarda la possibile esclusione, dal concorso alla
formazione della base imponibile dellIRAP, dei contributi erogati dallo Stato e/o
dalle Regioni alle aziende di trasporto pubblico locale, per coprire le perdite di
esercizio determinate da certi costi ed in particolare dai costi del lavoro dipendente.
La discussione del tema focalizzata sulla natura e sul tipo delle condizioni richieste
dalla legge per poter escludere dalla base imponibile dellIRAP delle aziende lam-
montare dei contributi ricevuti ed erogati in base alla legge statale e/o regionale.
Il problema costituito dal fatto che la legge (art. 11, comma 3 ora art. 5, comma 3 del D.
Lgs. n. 446/1997) prevede che lesclusione dallimponibile IRAP riguarda soltanto i
contributi correlati ai costi indeducibili dal tributo medesimo e, tra questi costi, a noi
interessano in modo particolare quelli di lavoro dipendente. Orbene
lAmministrazione finanziaria e la Cassazione (i giudici delle Commissioni di merito
hanno tenuto una posizione equilibrata) hanno seguito un orientamento molto restrit-
tivo, richiedendo per lesclusione che la legge preveda una formale, specifica e diretta
indicazione della correlazione del contributo al lavoro dipendente. La dottrina e recenti
risoluzioni ministeriali hanno raggiunto una impostazione meno formale e piuttosto
permissiva.
Da ultimo lAutore critica una recente ordinanza della Cassazione che, equivocando sul
dato normativo, ha negato lesistenza della correlazione anche nel caso di leggi che
hanno finanziato il rinnovo di Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro stipulati nel
settore (trascurando anche la formazione e la consegna ex post, da parte delle aziende, di
una scheda riepilogativa dei costi sostenuti per lavoro dipendente e, dunque, dei
contributi spettanti).
LAutore rileva, invece, che nei casi di CCNL (Contratti Collettivi Nazionali di lavoro) la
correlazione in re ipsa.

Abstract: The present article addresses an issue that has been somewhat neglected by
authors and essentially left to be interpreted in Circulars issued by the Tax Authorities
and sentences handed down by judges, particularly the Court of Cassation. The issue is
important since it concerns the possible exclusion from the IRAP tax base of con-
tributions paid by the State and/or regional governments to local public transport

634 - Rassegna Tributaria 3/2016


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companies to cover losses (attributable to certain costs, particularly labour costs) and/
or to cover labour costs. The discussion focuses on the nature and type of conditions
laid down by law in order to exclude these costs from the IRAP tax base. The problem
arises from the fact that article 11, par. 3 and article 5, par. 3 of Legislative Decree n. 446
of 1997 allow only contributions correlated with non-deductible costs to be excluded
from the IRAP tax base. The costs of particular interest to us are those related to
employee labour costs. The Tax Authorities and the Court of Cassation (the lower tax
courts adopted a balanced stance) assumed a very restrictive approach, requesting
that the law should provide for a formal, specific and direct indication of the
correlation between the contribution and employee labour costs. Authors and recent
Ministerial resolutions have moved to a less formal and more permissive approach.
The author concludes by criticising a recent decision issued by the Court of Cassation
that misunderstood the regulation and denied the consideration or existence of the
correlation in cases where laws has financed the renewal of national collective
labour agreements stipulated in the sector (also introducing the ex post requirement
that the companies draft and submit a summary sheet showing the labour costs
incurred and the contributions due).
It must be pointed out that in the case of CCNL (national collective labour agree-
ments) the correlation is self-evident.

SOMMARIO: 1. Linfluenza delle circolari dellAgenzia delle entrate sulla giurispru-


denza - 2. La caotica legislazione e la legge di interpretazione autentica - 3. Lesclusione
dei contributi erogati dallo Stato o dalle Regioni dallimponibile IRAP, se correlati al
costo del lavoro - 4. La correlazione tra i contributi ed il costo del lavoro necessaria per la
loro esclusione dallimponibile IRAP - Orientamenti dellAgenzia e della Cassazione:
critica - 5. La corretta interpretazione dellattuale art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 446/1997
sui contributi.... correlati a costi indeducibili dallIRAP - 6. Nelle leggi di finanzia-
mento dei Contratti Collettivi Nazionali di lavoro la correlazione esiste in re ipsa - 7.
Anche in questi ultimi casi stenta a tramontare il vecchio orientamento della Cassazione
che nega lesistenza della correlazione tra contributi erogati e costi indeducibili (e,
quindi, la loro esclusione dallIRAP) - salvo previsione espressa della legge istitutiva.

1. Linfluenza delle circolari dellAgenzia delle entrate sulla giurisprudenza -


Nel vasto territorio del diritto tributario esistono zone nelle quali linter-
pretazione della norma particolarmente complessa ed in cui, specie nei
primi tempi della sua entrata in vigore, sorgono e a volte si consolidano
orientamenti di matrice ministeriale non sempre molto meditati.
Tali orientamenti hanno il pregio rappresentato dal fatto che rapida-
mente manifestano soluzioni operative ed interpretative, che sono le prime
ad avere una circolazione ufficiale e diffusa, molto utili per le imprese sul
campo, ma possono avere il difetto che, essendo pensate ed elaborate
nellambito dellAmministrazione finanziaria, appaiono per lo pi sensibili
alle istanze, agli interessi ed ai punti di vista dellente impositore1.

1
Nel caso di specie c un interesse dellAmministrazione finanziaria molto concreto, in
quanto la esclusione o meno dalla base imponibile dellIRAP dei contributi correlati ai costi

Rassegna Tributaria 3/2016 - 635


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L. PERRONE - IRAP: CONTRIBUTI ALLE AZIENDE DI TRASPORTO

A volte accade che anche i giudici siano attratti da tali norme interne
dellamministrazione e tendano ad adagiarsi sulle impostazioni ed inter-
pretazioni in esse avanzate, specialmente se si tratta di applicare leggi, da
poco entrate in vigore, che disciplinano materie molto tecniche, partico-
larmente complesse e sulle quali magari il Parlamento continua a legiferare
senza sosta e con scarsa coerenza (come accaduto nel caso di specie)2.
Non sono rare le situazioni in cui si assiste a ripetute modificazioni
normative, di leggi aventi brevissima vita e della cui natura si dubitato,
tanto che, come avvenuto nella questione in esame, per venirne a capo stato
necessario attendere una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (SS.
UU. n. 21749/2009) che, dopo una accurata ricostruzione della caotica
legislazione vigente nella materia, ha messo un po dordine ed ha dichiarato
la natura di legge di interpretazione autentica (peraltro non da tutti condi-
visa) di uno degli atti normativi succedutisi in quegli anni (Legge 27 dicem-
bre 2002, n. 289, art. 5, comma 3).
A dir la verit, come espressamente indicato nella stessa sentenza delle
SS.UU., la tipologia e gli effetti della Legge n. 289/2002 avevano gi suscitato
lattenzione delle sentenze di Cassazione nn. 4838, 4839 e 4840 del 1 marzo
2007 che erano giunte a soluzioni analoghe.
Peraltro, salvo poche argomentate pronunce, accaduto che i giudici,
specie nelle prime decisioni relative a nuove questioni, poste da nuove leggi,
siano influenzati dalle prese di posizione espresse da norme interne

del lavoro dipendente comporta una variazione complessiva del gettito del tributo di molti
milioni di euro ogni anno, tenendo conto di tutte le aziende.
un esempio, in proposito, la circolare 26 luglio 2000, n. 148 che nel commentare il punto,
oggetto di queste nostre note, ribadisce quanto gi espresso nella risoluzione 28 gennaio 2000,
n. 8/E (in entrambi i casi senza alcuna motivazione) e cio che i contributi esclusi dallimpo-
nibile IRAP, che sono quelli correlati (art. 11, comma 3, ora 5, comma 3, D.Lgs. n. 446/1997) a
costi od oneri non ammessi in deduzione (dallIRAP medesima) quali, ad esempio, le spese per il
lavoro dipendente o gli interessi passivi, possono essere non inclusi soltanto se la correlazione
richiesta dalla legge ed diretta e tale da individuare e vincolare in modo preciso ed inequi-
vocabile la destinazione del contributo erogato.
Orbene, nonostante laffermazione cos tranchant della circolare, non vero che la legge
(lart. 11, comma 3) richieda qualcosa di pi della semplice correlazione, che non ulterior-
mente qualificata n vincolata. Le sopraindicate precisazioni e limitazioni sono soltanto il
frutto di immotivate affermazioni dellAmministrazione finanziaria tese a restringere lambito
(voluto dalla legge) della esclusione dei contributi dallimponibile IRAP. La legge, infatti, parla
soltanto e semplicemente di contributi correlati a costi indeducibili, tra cui nellIRAP, quelli
del lavoro dipendente (vedi A. Dodero, Agenzia delle entrate ed Assonime intervengono sulla
determinazione della base imponibile IRAP, in Corr. Trib., n. 33/2009, pag. 2714).
2
la sent. n. 14416/2010 della Cassazione che, con riferimento alla normativa IRAP in
esame parla dei problemi interpretativi nascenti dalla complessa e progressiva legislazione
(Vedi R. Schiavolin, La Suprema Corte conferma la rilevanza IRAP anche per il passato dei
contributi, in GT - Riv. giur. trib., n. 9/2007, pag. 777 ss.).
Nelle sentenze di Cassazione n. 4838, 4839, 4840 del 2007 ed a Sezioni Unite n. 21749/2009,
sono indicate tutte le norme successive allart. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 446/1997 relativo
allIRAP. Vedi ora lart. 5, comma 3 del Decreto legislativo medesimo che, attualmente contiene
tale testo, in vigore dal 1 gennaio 2008 a seguito della Legge 24 dicembre 2007, n. 244.

636 - Rassegna Tributaria 3/2016


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elaborate dallAmministrazione finanziaria3, prese di posizione che, in


qualche caso, finiscono per essere costantemente presenti, con formula-
zioni quasi di stile, nelle sentenze relative a tali nuove questioni (senza che
esse siano state sottoposte ad una adeguata analisi critica da parte dei
giudici ed al vaglio della dottrina, col rischio di determinare orientamenti
giurisprudenziali privi del sostegno di meditate riflessioni e di idonee
motivazioni)4.
Emblematica la giurisprudenza (nonch la prassi ministeriale), rela-
tiva al diritto (negato) di escludere, dalla base imponibile dellIRAP, lim-
porto dei contributi erogati (alle aziende di trasporto pubblico locale) a
norma di legge, purch correlati a costi indeducibili per il tributo stesso (in
base allart. 11, comma 3 ora art. 5, comma 3 D.Lgs. 1997, n. 446)5.

2. La caotica legislazione e la legge di interpretazione autentica - La giurispru-


denza della Corte di cassazione qui indicata, infatti, riguarda la tassabilit (o
meno) ai fini IRAP dei contributi erogati (prima dallo Stato e poi dalle
Regioni) a favore delle aziende di trasporto pubblico locale.
Tali aziende ricevono diversi tipi di contributi: 1) volti a coprire gene-
ricamente i disavanzi di gestione (di cui alla Legge n. 151/1981), ovvero 2)

3
Cos, ad esempio, si leggeva nelle prime sentenze e si legge ancor oggi (sulla scia delle
circolari ministeriali) che i contributi erogati alle aziende di trasporto possono essere esclusi
dalla base imponibile IRAP soltanto se la correlazione prevista dalla legge e se c a) una
destinazione certa ed inequivocabile alla copertura di oneri non deducibili ed in particolare ai
costi del lavoro dipendente, ovvero b) (se c) unafferenza esclusiva, un nesso diretto ed
univoco, ovvero c) se c (e questa la pi recente evoluzione) una specifica previsione nella
legge istitutiva dei contributi od in una legge speciale della correlazione univoca ed impre-
scindibile, corredata degli eventuali limiti quantitativi tra il contributo ed il costo del lavoro
(sent. 4838/2007; 7893/2007; 13160/2010 ecc.). Addirittura, secondo una parte minoritaria
della giurisprudenza (senza motivazione) la legge dovrebbe avere una doppia specifica previ-
sione: 1) quella della correlazione dei contributi e 2) quello dello specifico costo indeducibile
cui il contributo correlato (cos ord. n. 4226/2015, Cass. sent. n. 3771/2013 e Cass. n. 13162/
2010 la quale (senza alcuna motivazione) vedrebbe la esclusione dallIRAP dei soli contributi
quantificati dalla legge istitutiva dei contributi stessi, sulla base di un nesso diretto tra la somma
erogata ed il componente negativo non deducibile).
4
Tra le sentenze in tema maggiormente citate e pi articolate, non si possono non
ricordare Cass. n. 4838/2007 e n. 3771/2013. La prima sentenza, nellultima parte, tocca il
tema specifico della esclusione dallIRAP dei contributi correlati a costi indeducibili (largo-
mento trattato in poche righe ai punti finali nn. 11 e 12). In particolare, al punto 12 (pag. 10)
dopo aver affermato che tutti i contributi erogati a norma di legge concorrono a formare la base
imponibile IRAP, aggiunge senza alcuna motivazione salvo che si tratti di contributi per i quali
lesclusione dalla base imponibile IRAP non sia prevista dalle relative leggi istitutive ovvero da
altre disposizioni di carattere speciale o rispetto ai quali la legge regionale istitutiva abbia
previsto espressamente la specifica correlazione a determinati componenti negativi non
ammessi in detrazione ai fini IRAP.
5
Con la Legge di stabilit del 2015 (Legge n. 190/2014), per il personale dipendente con
contratto a tempo indeterminato, stata introdotta la deducibilit integrale del costo del lavoro
dallIRAP.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 637


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specificamente tesi a ristorare le imprese di trasporto dei maggiori costi


sostenuti in occasione dei rinnovi dei Contratti Collettivi Nazionali di lavoro
del settore del trasporto pubblico locale (in tal senso, vedi art. 23, comma 1
D.L. n. 355/2003, convertito in Legge n. 47/2004; art. 1, comma 2, D.L. n. 16/
2005 convertito in Legge n. 58/2005; art. 1, comma 1230, Legge n. 296/2006).
Ai fini del corretto trattamento fiscale dei contributi in genere, lart. 11,
comma 3 del D.Lgs. n. 446/1997 prevedeva che concorrevano in ogni caso
alla formazione della base imponibile (dellIRAP) i contributi erogati a
norma di legge, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili dal
tributo medesimo (come, ad esempio, il costo relativo al personale dipen-
dente che per definizione non era deducibile ai fini IRAP).
In riferimento a tale disposizione il legislatore intervenuto, prima,
con il D.L. n. 209/2002, art. 3, comma 2-quinquies (convertito in Legge
n. 265/2002) e, poi, con la Legge finanziaria per il 2003 (Legge 27 dicembre
2002, n. 289) che le indicate sentenze della Cassazione hanno qualificato, per
questo tema (art. 5, comma 3), di interpretazione autentica6.
Ed in effetti narra questa legge che la disposizione di cui allart. 11,
comma 3 del D.P.R. n. 446/1997, secondo la quale i contributi erogati a
norma di legge concorrono alla determinazione della base imponibile
dellimposta regionale sulle attivit produttive, fatta eccezione per quelli
correlati a componenti indeducibili, deve interpretarsi nel senso che tale
concorso si verifica anche in relazione a quei contributi per i quali sia
prevista lesclusione dalla base imponibile delle imposte sui redditi, sempre
che lesclusione dalla base imponibile non sia prevista dalle leggi istitutive
dei singoli contributi ovvero da altre disposizioni di carattere speciale.
Dal sopra indicato intreccio normativo emersa una complicata disci-
plina secondo cui i contributi erogati a norma di legge concorrono a formare
la base imponibile dellIRAP - regola generale - a meno che (eccezione n. 1)
non si tratti di contributi correlati a componenti negativi di reddito non
ammessi in deduzione dallIRAP medesima (quali erano, prima della Legge
di stabilit del 20157 tipicamente i costi del lavoro ai fini di quel tributo) ed a
meno che (eccezione n. 2) la norma istitutiva degli stessi o altra legge
speciale non ne preveda specificamente lesclusione, a prescindere dalla
loro diretta riferibilit a componenti negativi non ammessi in deduzione
(dallIRAP).
La giurisprudenza di legittimit, con riferimento a contributi a coper-
tura (genericamente) di disavanzi di gestione ha sempre confermato la

6
Vedi la sent. Cass. SS.UU. n. 21749/2009 che dalla pag. 6 alla pag. 15 espone chiara-
mente levoluzione del caotico quadro normativo, nonch la sent. Cass. n. 14415/2010 e sent.
Cass. n. 4438, 4439 e 4440 del 2007.
7
Come gi accennato con la Legge di stabilit del 2015 (Legge n. 190/2014), per il
personale dipendente con contratto a tempo indeterminato, stata introdotta la deducibilit
integrale del costo del lavoro dallIRAP.

638 - Rassegna Tributaria 3/2016


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indicata sostanziale tripartizione (contributi soggetti allIRAP oppure esclusi


per effetto delle eccezioni 1 o 2), traendone (ex multis Cass. n. 18505/2010) il
seguente principio di diritto: A norma del D.Lvo. 24 luglio 1977, n. 446, art.
11, comma 3, [...], tutti i contributi erogati a norma di legge, compresi quelli
esclusi dalla base imponibile ai fini delle imposte sui redditi [...] debbono
essere inclusi [...] nel calcolo della base imponibile IRAP, salvo che si tratti di
contributi per i quali lesclusione (da quella base imponibile) non sia stabilita
dalle relative leggi istitutive ovvero da altre disposizioni di carattere speciale o
rispetto alle quali la legge [regionale] istitutiva abbia previsto espressamente
la specifica correlazione a determinati componenti negativi non ammessi in
deduzione ai fini IRAP8.

3. Lesclusione dei contributi erogati dallo Stato o dalle Regioni dallimponibile


IRAP, se correlati al costo del lavoro - Alla luce di quanto sin qui esposto, si
pu affermare che, ormai da tempo, lorientamento della Cassazione,
affinch si possano escludere i contributi in questione dallimponibile
dellIRAP, nel senso che la correlazione (tra i contributi ed i costi
indeducibili) deve risultare specificamente dalla legge istitutiva del contri-
buto o da altra disposizione di carattere speciale, aderendo cos in buona
sostanza allinterpretazione espressa dallAmministrazione finanziaria in
numerose sue circolari9.
Tale interpretazione, peraltro, come si vedr pi avanti, restringe molto
lambito della norma che consente lesclusione dei contributi dallimponi-
bile IRAP ed, a mio avviso, non conforme alla legge.
In proposito si deve sottolineare che le indicate caratteristiche della
correlazione, sempre richieste dalle circolari e dalla Cassazione come
necessarie per la deducibilit dallimponibile IRAP dei contributi erogati
dallo Stato o dalla Regione, non sono previste dalla legge ma, come detto,
sono state inventate senza alcuna giuridica motivazione dalle prime
circolari ministeriali (al chiaro fine di ridurre lambito della esclusione
della deducibilit dei contributi dalla base imponibile, facendo cos crescere
il gettito del tributo) e sono state acriticamente recepite dalla Cassazione10.

8
In senso conforme: Cass. 18506/2010; Id. n. 21303/2010; Id. n. 25593/2010; Id. 13162/
2010; Id. n. 13160/2010; Id. n. 27950/2008; Id. 27594/2009; Id. n. 27992/2008; Id. n. 4838/2007;
Id. n. 4839/2007; Id. n. 4840/2007; Id. n. 7893/2007; Id. n. 14415/2010; n. 16721/2010; Id. SS.UU.
n. 21749/2009; Id. 23 ottobre 2012, n. 18006; Id. 16 maggio 2012, n. 7671.
9
Vedi per tutte risoluzione Min. Fin. n. 8 del 28 gennaio 2000, circolare n. 148/E del 26
gennaio 2000 e risoluzione n. 330/E del 21 ottobre 2002, risoluzione Ag. Entrate n. 34/E del 5
febbraio 2008 e le sentenze citate alla nota 4.
10
La stessa sentenza n. 4838 del 2007 che affronta funditus, in molte pagine, il diverso
tema della non tassabilit ai fini IRAP dei contributi non soggetti alle imposte sui redditi (dal
punto 1 al punto 10 per circa 9 pagine), per quanto riguarda la esclusione dallIRAP dei
contributi correlati a costi indeducibili (che il nostro tema), nella parte finale, dedica solo
il punto 11, cio mezza pagina e si allinea alla acritica posizione ministeriale senza prestare
particolare attenzione al tema specifico e soprattutto senza motivare le ragioni della propria

Rassegna Tributaria 3/2016 - 639


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Come gi detto, lindicato orientamento ministeriale accolto dalla


Cassazione, costituisce, a mio avviso, una illegittima interpretazione pro
Fisco della normativa in materia, in quanto pretende lesistenza di un
diverso e pi stringente requisito, rispetto a quello previsto e richiesto alla
legge, affinch possa escludersi il concorso dei contributi dalla base impo-
nibile IRAP: secondo lorientamento stesso, non sufficiente (ai fini delle-
sclusione dallimponibile IRAP) che i contributi erogati siano correlati a
costi indeducibili, tra cui in particolare il costo del lavoro (cos come narra
la legge), ma necessario il ben pi vincolante (ma diverso) requisito della
certa, inequivocabile, univoca ed imprescindibile destinazione (corredata
degli eventuali limiti quantitativi) del contributo stesso al costo del lavoro
(previsto dalla legge istitutiva o da altra disposizione di carattere speciale).
Come visto, questo lorientamento dellAmministrazione finanziaria e
della Cassazione: orientamento che limita moltissimo lambito della esclu-
sione dei contributi dallimponibile IRAP (facendo lievitare il gettito) ma
che, peraltro, oltre ad essere illegittimo, non ha trovato sinora (a quanto mi
consta), alcuna valida argomentazione a sostegno che lo giustifichi.
In un caso a dire il vero, lAmministrazione finanziaria si messa la
mano sulla coscienza e, anzich ripetere la solita non legittima e non
motivata impostazione, ha enunciato la corretta interpretazione.
LAgenzia delle entrate, infatti, con circolare 5 aprile 2005, n. 13/E, dopo
aver affermato che il comma 3 dellart. 5 della Finanziaria 2003 contiene
una norma dinterpretazione autentica della disposizione contenuta nel-
lart. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997 riguardante la disciplina dei
contributi erogati in forza di legge e dopo aver aggiunto che la norma in
questione sostituisce il comma 2-quinquies dellart. 3 del D.L. n. 209 del 2002
...., nella sua ultima parte, finalmente chiarisce e precisa che sono impo-
nibili ai fini IRAP i contributi per i quali non sia prevista dalle leggi istitutive
dei singoli contributi o da leggi speciali una specifica esclusione dalla base
imponibile IRAP e che fanno eccezione a tale principio i soli contributi
correlati a componenti negativi non ammessi in deduzione, che risultano,
comunque, sempre non imponibili.
In proposito fondamentale rilevare e sottolineare che in questa circo-
lare (5 aprile 2005, n. 13/E) lAgenzia finalmente riconosce che, anche in
base alla legge di interpretazione autentica, lart. 11, comma 3 (ora art. 5,
comma 3) del D.Lgs. n. 446/1997, assoggetta allIRAP tutti i contributi per i
quali non sia prevista da specifica legge una puntuale esclusione, ma che
tuttavia fanno eccezione a tale principio soltanto i contributi correlati a
componenti negativi indeducibili (di cui ci stiamo occupando ora) che
risultano, comunque, sempre non imponibili.

impostazione. Lo stesso accade in unaltra importante sentenza in materia e cio nella sent.
n. 3771/2013.

640 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Alla luce di questa circolare, quindi, sono comunque, sempre non


imponibili allIRAP i contributi correlati (tout court, come detta la
legge, senza ulteriori specificazioni o limitazioni del tipo univocamente,
imprescindibilmente o simili) a componenti negativi non deducibili dal
tributo medesimo.
Come si pu rilevare nellAmministrazione finanziaria c qualche voce,
qualche circolare che pi di recente rispetto alle precedenti, fornisce unin-
terpretazione assolutamente rispettosa del dato normativo. La giurispru-
denza, invece, appare ancora legata alla originaria restrittiva impostazione.

4. La correlazione tra i contributi ed il costo del lavoro necessaria per la


loro esclusione dallimponibile IRAP - Orientamenti dellAgenzia e della
Cassazione: critica - Non si pu far a meno di criticare la miope e restrittiva
posizione che non trova fondamento nella legge e che espressa (ma non
motivata) nelle precedenti circolari ministeriali e per lo pi nelle sentenze
della Cassazione, secondo cui la correlazione tra i contributi ed i costi
indeducibili richiesta dalla norma per lesclusione dei contributi stessi
dalla base imponibile (art. 11, comma 3, ora art. 5, comma 3, D.Lgs.
n. 446) deve essere diretta e tale da individuare e vincolare in modo preciso
ed inequivocabile la destinazione del contributo erogato. Secondo questa
impostazione, deve esistere un rapporto nessiologico - reso esplicito dalla
legge istitutiva (o da altra legge specifica) - tra la somma erogata a titolo di
contributo ed il corrispondente componente negativo (cos testualmente
circolare 26 luglio 2000, n. 148/E). Inoltre, in questa norma interna ed in
altre emanate dallAgenzia si afferma che, affinch il contributo possa esser
escluso dallIRAP, la correlazione richiesta dalla norma deve essere diretta
a vincolare in modo preciso ed inequivocabile la destinazione del contributo
erogato. Deve esistere, cio, un rapporto nessiologico - reso esplicito dalla
legge istitutiva....11.
Come gi detto, questa interpretazione non motivata, non ha fonda-
mento giuridico, appare eccessivamente severa nei confronti del contri-
buente e merita di esser rivisitata.
Infatti, gli indicati specifici requisiti, previsti dalla prassi amministra-
tiva e recepiti dalla Suprema Corte nelle sue sentenze, non sono contemplati
dalla legge che, come s visto, semplicemente richiede che i contributi,
affinch possano essere esclusi dalla base imponibile dellIRAP, siano cor-
relati (riferibili o riferiti, cio che vi sia una relazione qualsiasi) con costi
indeducibili dal tributo (quali tipicamente quelli per il lavoro dipendente).

11
Da ci consegue - secondo la prassi ministeriale - che non rientrano nellesclusione dalla
base imponibile IRAP in questione i contributi la cui quantificazione viene semplicemente
parametrata a determinati elementi negativi ancorch indeducibili ovvero determinata in
modo forfettario o proporzionale, ad esempio nella perdita desercizio complessiva rispetto al
costo del lavoro (vedi le circolari indicate alle note 1 e 9).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 641


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Laggettivo utilizzato dal legislatore senza alcuna ulteriore specifica-


zione, in primo luogo, non particolarmente stringente, in secondo luogo,
poi, lascia intendere, a mio avviso, che la esclusione dallIRAP possibile
allorquando il contributo sia in qualsiasi modo e misura, riferibile (colle-
gabile) al costo del lavoro, e non soltanto quando sia ad esso (col)legato
strettamente, specificamente ed esattamente determinato anche nella
misura gi in base alla legge istitutiva o speciale.
Non mi pare che il testo e lo spirito della legge militino a favore di
uninterpretazione cos rigida e restrittiva, come vorrebbe la prassi ammi-
nistrativa (con lencomiabile eccezione della circolare 5 aprile 2005, n. 13/E
ampiamente trattata retro al pf. 3), seguita dallorientamento della
Cassazione, anche perch n lAmministrazione finanziaria n la giurispru-
denza affrontano o azzardano alcuna motivazione od argomento a sostengo
della loro rigida posizione.

5. La corretta interpretazione dellattuale art. 5, comma 3, del D.Lgs. n. 446/


1997 sui contributi .... correlati a costi indeducibili dallIRAP - In ordine alla
corretta interpretazione della disposizione in esame (attuale art. 5, comma 3
ex art. 11, comma 3, del D.Lgs. n. 446/1997), nel ricordare che essa narra che
concorrono a formare limponibile IRAP i contributi erogati in base a
norma di legge, fatta eccezione per quelli correlati a costi indeducibili....,
si deve sottolineare che non si riesce a capire (n c qualcuno che lo spiega)
come mai, in via interpretativa, alla parola correlati si debbano aggiungere
aggettivi od avverbi tesi a restringere fortemente il significato e lambito di
applicazione della esclusione dei contributi dalla base imponibile IRAP (e
non, ad esempio, ad ampliare quellambito).
In proposito si deve ricordare che il fatto che la norma tributaria, ed in
particolare quella che prevede agevolazioni, esenzioni od esclusioni, sia a
fattispecie esclusiva, comporta non solo che essa norma non possa esser
ampliata ed applicata a fattispecie materiali analoghe e/o simili a quella
esclusiva fissata nella legge, ma anche, e per la stessa ragione, che lambito
della norma medesima non possa esser compresso, ristretto o limitato o
condizionato da nulla di diverso o di pi rispetto a ci che la legge prevede e/o
richiede.
In particolare, nel caso in esame, non si deve dimenticare che la legge,
per attribuire il diritto allesclusione del contributo dallimponibile IRAP,
pretende soltanto lesistenza di una correlazione tra i due elementi e non
pure un rapporto od un collegamento pi stretto. Ed il tenue e labile nesso
indicato dal legislatore con laggettivo correlato non pu esser in via
interpretativa cambiato per rafforzarlo o renderlo pi stringente.
E ci specialmente se, come nel caso concreto, n la Cassazione n
lAgenzia delle entrate hanno motivato o tentato di motivare lorientamento
rigoristico da loro sostenuto.

642 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Inoltre c da chiedersi quale sia la ratio che giustifichi od abbia giu-


stificato tale interpretazione restrittiva. In realt lunica ragione plausibile
appare essere quella del maggior gettito del tributo, determinato dalla
maggiore difficolt per il contribuente di eliminare dalla base imponibile
dellIRAP i contributi erogati in base a norme di legge.
Quindi la stringente interpretazione giova allente impositore cui va il
maggior gettito dellIRAP.
Ma certo questa non pu esser la ratio cio la giustificazione logico-
giuridica della interpretazione restrittiva sopra indicata.
Come si visto ai paragrafi precedenti, le prime circolari ministeriali e la
Cassazione (non pure la giurisprudenza di merito e la circolare 5 aprile 2005,
n. 13/E che hanno per lo pi avuto un orientamento equilibrato)12 si sono
espresse a favore di uninterpretazione molto rigida, pretendendo lesi-
stenza di caratteristiche ulteriori rispetto alla semplice correlazione
richiesta dalla legge per la esclusione dei contributi dalla base imponibile
IRAP.
Stando ad uninterpretazione letterale, non si pu fare a meno di rilevare
che la legge condiziona la esclusione dei contributi dallimponibile IRAP alla
pura e semplice correlazione del contributo ai costi indeducibili e nel nostro
caso al costo del lavoro.
Oltre a quanto detto nelle pagine precedenti, aggiungo che il fatto stesso
che il legislatore abbia utilizzato laggettivo correlati mi fa ritenere che
abbia voluto far riferimento ad un tipo di relazione, di rapporto o di
collegamento tra il contributo ed il costo del lavoro abbastanza tenue,
blando (e, quindi, di qualsiasi natura ed intensit) e non particolarmente
severo o stringente come, ad esempio, sarebbe stato se il legislatore avesse
scritto e richiesto che potevano essere esclusi dallimponibile IRAP soltanto
i contributi erogati da leggi dello Stato o dalle Regioni vincolati (non
correlati) a costi indeducibili quali quelli del lavoro dipendente.
Mi sento, quindi, di poter affermare che la esclusione del contributo
dallimponibile IRAP si configura purch ed allorch esso, in qualsiasi

12
La prevalente giurisprudenza di merito, nellaffrontare la tematica, non ha condiviso
linterpretazione ministeriale (che pretendeva la sopraindicata previsione nella legge istitutiva
del contributo) ed affermava che lesistenza della correlazione - necessaria fini della esclusione
del contributo dalla base imponibile IRAP - potesse essere dimostrata in concreto attraverso
lutilizzo di mezzi probatori idonei (in tal senso, si veda la sentenza n. 481/25/04 del 17
settembre 2004 della Comm. trib. prov. di Roma; la sentenza n. 292/1/05 del 18 ottobre 2005
della Comm. trib. prov. di Roma; la sentenza n. 521/02/03 del 30 settembre 2003 della Comm.
trib. prov. di Cagliari; la sentenza n. 66/05/07 dell8 giugno 2007 della Comm. trib. prov. di
Cagliari; la sentenza n. 25/1/03 del 24 ottobre 2003 della Comm. trib. prov. di Siena; la sentenza
n. 24/18/04 del 5 luglio 2004 della Comm. trib. prov. di Venezia; le sentenze n. 167/01/2004 e 168/
01/2004 della Comm. trib. prov. di Ravenna; le sentenze n. 16/14/06 e 17/14/06 del 15 marzo
2006 della Comm. trib. prov. di Bologna; la sentenza n. 59/03/04 del 22 luglio 2004 della Comm.
trib. prov. di Mantova e la sentenza n. 52/12/03 del 25 novembre 2003 della Comm. trib. reg. di
Milano).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 643


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forma o modalit o maniera, sia riferibile o collegabile (correlato) al costo


del lavoro (o ad altri costi indeducibili) e sia in qualsiasi modo determinabile
la sua misura.
Le considerazioni sin qui svolte mi portano in ultima analisi a conside-
rare possibile la esclusione dei contributi dallimponibile IRAP anche nella
ipotesi in cui sia necessario procedere ad una imputazione proporzionale
(ed addirittura forfettaria) del contributo rispetto al costo del lavoro.
Anche in questi casi, infatti (in particolare in quello della
proporzionalit), il contributo erogato correlato al costo del lavoro ed
comunque riferito o riferibile ad esso, anche se saranno necessarie una o
pi operazioni per la determinazione della concreta, proporzionale misura
del contributo da escludere dallimponibile IRAP (espressamente contraria,
senza alcuna motivazione, alla proporzionale esclusione dei contributi
dallIRAP la sentenza di Cassazione n. 13162/2010).
A quanto appena affermato si pu aggiungere che, se le conclusioni
indicate nelle pagine precedenti sono condivisibili, le stesse potrebbero
trovare applicazione anche in quelle fattispecie in cui la legge istitutiva
contempla in modo chiaro che il contributo erogato alle aziende ma con
formule normative omnicomprensive. Formule normative che, pur non
collegando specificamente i contributi ai costi del lavoro, ma a situazioni
di pi ampio respiro, tuttavia non escludono lesistenza ed il concorso di tali
oneri, anzi implicitamente li comprendono nella determinazione della
misura complessiva della erogazione delle somme richieste.
Mi riferisco in particolare ai contributi richiesti ed erogati per copertura
di disavanzi di gestione. In questi casi evidente che le situazioni di crisi
delle aziende sono determinate anche dai costi del lavoro dipendente e che i
contributi erogati per le sopraindicate esigenze e finalit comprendono
anche una parte destinata a sanare e coprire tali costi.
Ed anche in questi casi, potrebbe essere non impossibile calcolare in
quale misura il costo del lavoro ha influito, rispetto a tutti gli altri costi, nel
determinare la perdita di esercizio complessiva: ci al fine di calcolare e
stabilire la quota proporzionalmente corrispondente dei contributi da
escludere dallimponibile IRAP.
Ed invece la giurisprudenza della Cassazione, ancora condizionata dalle
meno recenti istruzioni ministeriali, restia in linea di principio (salvo
qualche deroga) a riconoscere forme di esclusione del contributo dalla base
imponibile dellIRAP proporzionalmente o forfettariamente determinabile.
Daltro canto la gi citata risoluzione ministeriale n. 8/E/2000 ha evi-
denziato che in ipotesi di destinazione mista del contributo doveva rite-
nersi ammissibile lesonero del contributo ai fini IRAP solo per la quota
correlata a componenti negativi non ammessi in deduzione, qualora detta
quota sia indicata in modo preciso, anche in misura percentuale.
A ci si deve aggiungere che esistono alcune leggi regionali, ad esempio
la Legge Regionale della Lombardia (n. 13 del 25 marzo 1995), nelle quali il

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legislatore nel determinare i costi standardizzati del trasporto pubblico


locale destinati ad essere coperti con lerogazione dei contributi, ha speci-
ficamente determinato la percentuale di incidenza del costo del personale
non deducibile ai fini IRAP sul costo complessivo del trasporto.
Nonostante lindicata espressa previsione da parte della Legge n. 13/
1995 della Regione Lombardia, la questione del riconoscimento proporzio-
nale della quota del contributo correlato da escludere dalla base imponibile
dellIRAP, stata inopinatamente risolta in modo negativo per le aziende
dalla Cassazione, con le sentenze n. 15518 e 15519 del 2010 (peraltro,
contraddetta dalla sent. n. 13155/2010 pi avanti indicata).
In proposito non si pu non rilevare che le indicate sentenze di
Cassazione sono in stridente contrasto con i principi espressi dalle prime,
approfondite sentenze della stessa Cassazione, che ha sempre affermato in
via generale che i contributi in questione sono pacificamente esclusi dalla
base imponibile dellIRAP, nei casi in cui la correlazione (e la conseguente
esclusione) siano previsti dalla legge istitutiva del contributo o da altre leggi
(vedi ad esempio sent. n. 4838, 4839 e 4840 del 2007)13.
Infine, anche la Legge Regionale del Veneto n. 25 del 30 ottobre 1998, ha
espressamente previsto la correlazione proporzionale, allart. 32-bis, affer-
mando che i contributi erogati a ripiano dei disavanzi di esercizio sono
correlati al costo del lavoro dipendente in misura proporzionale alla per-
centuale del costo del lavoro rispetto al totale dei costi, come da bilancio.
La Cassazione con sent. n. 13155/2010 ha riconosciuto la legittimit di
tale calcolo proporzionale dei contributi esclusi (negando, peraltro, la
retroattivit della legge).

6. Nelle leggi di finanziamento dei Contratti Collettivi Nazionali di lavoro la


correlazione esiste in re ipsa - Come accennato, la giurisprudenza sin qui
richiamata per lo pi ha riguardato contributi genericamente erogati a
copertura dei disavanzi di gestione e/o per consentire lequilibrio economico
delle aziende di trasporto urbano che, vendendo i biglietti a prezzi politici,
istituzionalmente chiudevano lesercizio in perdita, perdita che veniva
ripianata mediante contribuzioni erariali o regionali, spalmando cos sul-
lintera collettivit locale il maggior costo effettivo del servizio pubblico di
trasporto rispetto ai proventi derivanti dalla vendita dei biglietti.
Alcune volte il concorso della collettivit locale per coprire, in partico-
lare, i maggiori costi del lavoro dipendente avviene sulla base di leggi che
finanziano le aziende gravate da maggiori costi di lavoro a causa della

13
Si deve rilevare, peraltro, che alcune amministrazioni locali, con molto buon senso,
adeguandosi a quanto disposto sul punto specifico dalla risoluzione n. 8/E/2000, nonch
allorientamento delle citate sentenze di Cassazione, in sede di accertamento con adesione,
hanno attribuito rilevanza, ai fini dellesclusione dallIRAP, alla Legge n. 13/1995 della Regione
Lombardia.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 645


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L. PERRONE - IRAP: CONTRIBUTI ALLE AZIENDE DI TRASPORTO

stipula di Contratti Collettivi Nazionali di lavoro. Contratti che allinizio


degli anni duemila hanno comportato costi crescenti mettendo in difficolt
le imprese esistenti e scoraggiando la nascita di nuove iniziative produttive
idonee a creare nuovi posti di lavoro.
Il Governo allora ha deciso di intervenire e con lart. 23, comma 1 del D.L.
n. 355/2003 conv. nella Legge n. 47/2004 ha stabilito (prevedendo, ex ante, in
via preventiva, generale ed astratta, anche per consentire controlli pi
agevoli) che al fine di assicurare il rinnovo del contratto collettivo relativo
al settore del trasporto pubblico locale autorizzata la spesa .......
Successivamente, con lart. 1 del D.L. n. 16/2005, convertito nella Legge
n. 58/2005, il legislatore ha previsto che al fine di assicurare il rinnovo del
primo biennio del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del
trasporto pubblico locale, autorizzata la spesa ... (ancora una disciplina
astratta ex ante che contempla genericamente lerogazione di contributi a
copertura del maggior costo del lavoro).
Analogamente, con lart. 1, comma 1230, la Legge n. 296/2006 ha stabi-
lito che Al fine di garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico
delle Regioni .... per il rinnovo del secondo biennio economico del contratto
collettivo relativo al settore del trasporto pubblico locale ... autorizzata la
spesa ....
Come agevole rilevare, in questi casi sono le stesse leggi istitutive
appena citate che direttamente e specificamente individuano la destina-
zione dei contributi a copertura delle maggiori spese per lavoro dipendente
che le aziende del settore si trovano a sostenere in relazione ai rinnovi dei
contratti collettivi degli autoferrotranvieri.
Laddove esistano leggi (come le ultime tre sopra indicate), che
autorizzano la spesa o prevedono lo stanziamento di risorse finanziarie
per sostenere le imprese che, a causa della sottoscrizione di contratti
collettivi di lavoro, si trovino gravate da maggiori costi di lavoro dipen-
dente, a me sembra che non si possa dubitare della esistenza del
requisito richiesto dalla legge IRAP e cio della correlazione tra le
risorse stanziate (la spesa autorizzata) ed il costo del lavoro con la
conseguente applicabilit dellesclusione dei relativi contributi
dallIRAP (ai sensi dellart. 11 ora art. 5, del D.Lgs. n. 446/1997). E si
badi bene la esistenza della correlazione in tali casi non pu essere
messa in dubbio neppure se si aderisce alle pi restrittive interpreta-
zioni (peraltro, infondate, come visto) della norma avanzate dalla
Agenzia delle entrate e/o dalla giurisprudenza.
Peraltro, lo stesso legislatore al fine di regolamentare, controllare ed
evitare abusi, ha previsto, con la stessa legge (art. 23 del D.L. n. 355/2003),
lemanazione di un Decreto interministeriale dei Ministeri delle
Infrastrutture e dei Trasporti (n. 578/2004) il quale stabilisce le procedure
e le modalit di richiesta dei contributi da parte delle aziende cos da poter
poi verificare ex post la misura e la correttezza delle erogazioni.

646 - Rassegna Tributaria 3/2016


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DOTTRINA

In tal modo la legge istitutiva stabilisce ex ante, in via generale ed


astratta, di finanziare il rinnovo del contratto collettivo di lavoro e nel
contempo prevede che, con disciplina posta dallapposito Decreto ministe-
riale, siano svolte ex post e verificate in concreto le procedure, le modalit e le
misure della effettiva contribuzione correlata ai costi del lavoro delle
imprese di trasporto locale.
La destinazione/correlazione risulta in tali casi anche dai considerata
nelle premesse del sopra citato Decreto interministeriale n. 578/2004 [di
attuazione dellart. 23 citato] che indica che i contributi costituiscono un ...
intervento erariale mirato alla copertura dei maggiori oneri derivanti dal
rinnovo del CCNL di categoria....

7. Anche in questi ultimi casi stenta a tramontare il vecchio orientamento della


Cassazione che nega lesistenza della correlazione tra contributi erogati e costi
indeducibili (e, quindi, la loro esclusione dallIRAP), salvo previsione specifica
della legge istitutiva - Purtroppo, con delusione, devo rilevare che anche nei
casi di contributi previsti ed istituiti dalle tre sopraindicate leggi che auto-
rizzano e finanziano il rinnovo dei Contratti Collettivi Nazionali di lavoro (in
cui la correlazione tra la legge istitutiva ed il costo indeducibile in re ipsa e,
quindi, non sembra possibile affermare che la legge istitutiva non prevede
direttamente la correlazione al costo del lavoro), pu accadere che la
Cassazione continui a seguire, con formule di stile, loriginaria imposta-
zione della Amministrazione finanziaria e della giurisprudenza, criticata
nelle pagine precedenti e, a mio avviso, non pi sostenibile14.
Un esempio molto significativo e recente di quanto appena detto lordi-
nanza n. 4226/2015 della Suprema Corte, che ha accolto il ricorso dellAgenzia
delle entrate (peraltro, in difformit dellopinione del Relatore, nella procedura
in Camera di Consiglio ex art. 380-bis del c.p.c.), che non dedica la dovuta
attenzione ed anzi trascura del tutto largomento fondamentale, idoneo a
risolvere la controversia, e cio omette di evidenziare che le tre leggi indicate
(D.L. n. 355/2003 convertito in Legge n. 47/2004; D.L. n. 6/2005 convertito in
Legge n. 58/2005 e Legge n. 296/2006) individuano specificamente la destina-
zione dei contributi da esse istituiti a copertura delle maggiori spese per lavoro
dipendente che le aziende del settore hanno sostenuto in dipendenza dei
rinnovi dei contratti collettivi degli autoferrotranvieri (vedi retro paragrafo 6).
Pertanto, priva di pregio la considerazione svolta nellordinanza, al
punto 3 secondo la quale anche nel caso in esame le leggi istitutive dei

14
Vedi Cass., ordinanza n. 4226 del 2 marzo 2015. I giudici di merito, invece, in molte
occasioni hanno mostrato maggiore sensibilit nei riguardi della tematica decidendo nel senso
sopra prospettato e cio che i contributi erogati per il rinnovo del CCNL autoferrotranvieri sono
in re ipsa correlati al costo del personale dipendente. Cos, ad esempio, Comm. trib. reg. di
Napoli n. 151/32/2010 del 17 settembre 2011; Comm. trib. reg. di Napoli n. 471/1/2011 del 26
settembre 2011; Comm. trib. prov. di Lecco n. 143 del 9 novembre 2009 e Comm. trib. reg. di
Milano nn. 129 e 130/44/2011 del 20 giugno 2011.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 647


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contributi non istituiscono lindicata correlazione tra lerogazione dei con-


tributi e costi non deducibili, segnatamente costi del lavoro. di tutta
evidenza che in questa parte dellordinanza sono riprodotte le formule di
stile contenute nelle prime circolari dellAmministrazione finanziaria e
nelle prime sentenze della Cassazione che, per, sono del tutto fuori
luogo nel caso concreto allesame della Cassazione. Infatti, nel caso di specie
la correlazione tra il contributo ed il costo del lavoro era in re ipsa poich essa
era prevista da una legge prodromica al CCNL.
Cos i contributi previsti dalle tre leggi indicate al pf. 6, per definizione e
per specifica funzione, sono correlati al costo del lavoro, in quanto sono 1)
istituiti dalle leggi e da queste 2) destinati proprio a coprire i maggiori costi
di lavoro dipendente sostenuti dalle imprese del settore.
Queste, infatti, sostengono il maggior costo e successivamente, secondo
le modalit previste dal Decreto ministeriale n. 578/2004 (di attuazione delle
3 leggi), chiedono e previa dimostrazione documentale ottengono il rim-
borso del maggior costo sostenuto per il lavoro dipendente.
A me sembra che quanto sopra esposto comporti lattribuzione certa
allazienda di trasporto del diritto alla esclusione dallIRAP dei contributi
ricevuti.
Daltra parte ci confermato anche dal fatto che nella motivazione
dellordinanza si censura la azienda contribuente per non aver dedotto in
causa la emanazione ed il contenuto del Decreto (ministeriale) utile a
verificare la sussistenza del legame indicato.
Orbene, in primo luogo, questa considerazione conferma la determi-
nante rilevanza del Decreto ministeriale n. 578/2004, in quanto dalla moti-
vazione dellordinanza sembra potersi desumere che se fosse stato
depositato sarebbe stato decisivo per rovesciare lesito del giudizio.
In secondo luogo, poi, si deve ricordare che in base al principio iura
novit curia, i giudici avrebbero ben potuto conoscere ed ottenere il Decreto
ministeriale (che presumibilmente era stato depositato nei gradi di merito
unitamente ai prospetti indicativi del maggior costo e delle richieste di
rimborso).
Da ultimo si deve rilevare che non appare appropriato quel brano della
motivazione (anchesso contenuto nel punto 3), ove si afferma che manca la
specifica correlazione in quanto il comma 3 dellart. 2 del D.L. n. 16/2005,
con riferimento alla consistenza del personale in servizio alla data del
30.11.2004, non ha fatto alcun puntuale riferimento alla azienda contri-
buente. In proposito si deve osservare che le caratteristiche della generalit e
dellastrattezza della legge evidentemente non potevano e non possono
consentire che la stessa faccia riferimento specifico ad uno o pi soggetti
destinatari del provvedimento legislativo.

LEONARDO PERRONE
gi Ordinario di Diritto Tributario nell Universit Sapienza di Roma

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Brevi note sullo stato della giurisprudenza intorno


allart. 20 del T.U. registro
Daniele Can

Estratto: A tre anni dalla sentenza Tamerice, la Corte di cassazione sembra essersi
attestata sulla natura non antielusiva dellart. 20 T.U. registro. Le sentenze dello
scorso dicembre confermano questo principio e ne stabiliscono un altro, di notevole
importanza, secondo il quale lart. 20, norma dinterpretazione degli atti, non pu
essere usata per contrastare condotte abusive, oggi punibili solo ai sensi e nei limiti
dellart. 10-bis, Legge n. 212/2000.
Tuttavia, residuano perplessit sullinterpretazione dellart. 20 adottata dalla
Cassazione, che non sembra coerente con la struttura dellimposta n con la funzione
della norma, guardata anche in una prospettiva storica.

Abstract: Three years following the Tamerice decision, the Italian Supreme Court
seems to have definitively acknowledged that Article 20 of the law on registration tax
does not constitute a general anti abuse rule. Last Decembers decisions confirm this
principle of law and go even further by stating that - notably - Article 20 is a simple
rule of interpretation. Accordingly, it cannot be used to counteract the abuse of tax
rules, which can be only tackled by the new general anti abuse rule laid down in
Article 10-bis of law N. 212 of 2000.
However, the Supreme Courts interpretation of Article 20 still raises some concerns
since it does not appear consistent with the structure of the registration tax nor with
the history and the rationale of Article 20 itself.

SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Funzione dellart. 20 nel tributo di registro -


3. Linterpretazione dellart. 20 nella giurisprudenza di legittimit -
3.1. Linterpretazione, oggi recessiva, dellart. 20 come norma antielusiva -
4. Casistica - 5. Il primo corno del dilemma: i limiti dellinterpretazione degli atti
soggetti a registrazione - 5.1. (segue) Specialit del procedimento dinterpretazione
degli atti soggetti a registrazione rispetto allinterpretazione dei negozi - 6. Ragioni
per un superamento dei tradizionali limiti allinterpretazione degli atti - 7. Il secondo
corno del dilemma: lirrilevanza del collegamento negoziale (volontario) nellimpo-
sta di registro (ossia, sulla sostituzione di fattispecie imponibili) - 8. Art. 20 e nuovo
art. 10-bis, Legge n. 212/2000 - 9. Inapplicabilit dellart. 10-bis al conferimento
seguito dalla cessione di partecipazioni - 10. Art. 20 e partecipazione del contri-
buente allaccertamento - 11. Notazioni conclusive.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 649


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D. CAN - LA GIURISPRUDENZA INTORNO ALLART. 20 DEL T.U.R.

1. Introduzione - Tre anni dopo la sentenza n. 15319 del 19 giugno 2013, la


Corte di cassazione sembra essersi attestata - sporadiche deviazioni a parte -
sul principio secondo cui lart. 20 T.U. registro non costituisce una norma
antielusiva e, per questo, non pu essere utilizzata per censurare condotte
abusive o elusive.
I quattro arresti del dicembre scorso1 offrono loccasione per riprendere
un tema di grande rilevanza pratica e teorica, nel tentativo, qui solo abboz-
zato, dinquadrare i problemi che residuano intorno allapplicazione del-
lart. 20; primo fra tutti, quello del rapporto con la nuova norma generale
antiabuso, introdotta dal D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128.
Dopo un quadro delle diverse interpretazioni dellart. 20 T.U. registro,
riportata una tassonomia delle sue principali applicazioni giurispruden-
ziali, con speciale riguardo alla fattispecie di conferimento di beni o aziende
seguito dalla cessione delle partecipazioni.
Infatti, soprattutto nellultimo decennio, queste operazioni sono state
regolarmente contestate dagli Uffici e intorno ad esse si sviluppata una
cospicua giurisprudenza.
Si svolgono poi unanalisi critica dellorientamento giurisprudenziale
prevalente e alcune considerazioni sul rapporto di complementariet tra
lart. 20 e il nuovo art. 10-bis della Legge n. 212/2000.
Nel finale, quasi a mo di provocazione, mi chiedo se le esigenze di
certezza nella determinazione del presupposto dimposta e di garanzia del
contribuente a fronte di accertamenti tanto pervasivi, per altro confermati
dalla giurisprudenza, non rendano opportuno prevedere una qualche forma
di partecipazione del privato agli accertamenti fondati sullart. 20 T.U.
registro.

2. Funzione dellart. 20 nel tributo di registro - Regola dinterpretazione degli


atti, non a caso la prima delle disposizioni applicative racchiuse nel Titolo
III del T.U., lart. 20 il frutto di una lunga elaborazione - normativa,
giurisprudenziale e dottrinaria - non ancora conclusa.
Senza ripercorrerne qui tutte le vicende, sufficiente ricordare che, in
un tributo concepito per tassare il negozio risultante dal documento portato
a registrazione, la norma recepiva il principio, di matrice romanistica,
secondo il quale nelle convenzioni deve guardarsi alla realt, non
allapparenza2.

1
Cass., 11 dicembre 2015, n. 25001 (Pres. Merone - Rel. Chindemi); Id., 11 dicembre 2015,
n. 25005 (Pres. Merone - Rel. Bruschetta); Id., 18 dicembre 2015, n. 25484 (Pres. Merone - Rel.
Cappabianca); Id., 18 dicembre 2015, n. 25487 (Pres. Merone - Rel. Cappabianca).
2
Amplius P. Puri, Il fantasma dellart. 20 del T.U.R. sulle cessioni di partecipazioni di
controllo (riqualificate come cessione di azienda), in GT - Riv. giur. trib., 2014, pag. 71 s. Per
bibliografia fondamentale, v. V. Uckmar, R. Dominici, Registro (imposta di), in Digesto
Comm., XII, Torino, 1999, pag. 260; B. Santamaria, Registro (imposta di), in Enc. dir.,
XXXIX, Milano, 1988; M.A. Ferrari, Registro (imposta di), in Enc. giur. Treccani, Agg.,

650 - Rassegna Tributaria 3/2016


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DOTTRINA

Vigente lart. 8 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, che ancora non
specificava che gli effetti dellatto cui guardare erano quelli giuridici3, la
dottrina tradizionale aveva ritenuto che simile principio, nella logica di un
tributo sugli atti, servisse a disvelare il negozio (gestum) realmente conte-
nuto nel documento (scriptum), per impedire il conseguimento di un rispar-
mio fiscale tramite una denominazione dellatto che non ne rispecchiasse la
natura giuridica e gli effetti.
Inizialmente ristretta ai casi di impropria qualificazione del negozio,
lampia portata applicativa della norma veniva avvertita soprattutto nelle
fattispecie di simulazione, ove tipicamente si manifestava quella
discordanza4.
A costoro si opponeva, da parte della scuola di Pavia, che la norma
valesse a colpire il risultato economico degli atti, anche oltre il negozio
rappresentato nel documento: si diceva che limposta andava applicata non
per il negozio giuridico prescelto dalle parti, ma per quello previsto dalla
legge come produttivo del risultato effettivamente raggiunto5.
Questa tesi muoveva in una prospettiva scientifica, allepoca diffusa, che
riguardava il registro come tributo sui trasferimenti di ricchezza e adottava
criteri interpretativi di tipo sostanzialistico, al fine di sottrarre allautono-
mia privata un potere creativo dellobbligazione tributaria (rischio

XXX, Roma, 2006; G. Fransoni, Il presupposto dellimposta di registro fra tradizione ed


evoluzione, in Rass. trib., 2013, pag. 955 s. Sul rapporto tra art. 20 e divieto di abuso del
diritto, v. G. Girelli, Abuso del diritto e imposta di registro, Torino, 2012.
3
solo con il D.P.R. n. 634/1972 che compare, nellart. 19, laggettivo giuridici. La
portata della modifica venne subito avvertita (Assonime, circolare n. 48 del 12 marzo 1973 e F.
Tesauro, Novit e problemi nella disciplina dellimposta di registro, in Riv. dir. fin. sc. fin.,
1975, I, pag. 97 s.) e ritenuta da alcuni confermativa di tesi gi espresse dalla dottrina (ss. M.
Battista, E. Jammarino, Tasse di registro, I, Roma, 1934). Invece, il riferimento a lintrinseca
natura e gli effetti degli atti risale, pressoch immutato, allart. 7 della Legge 21 aprile 1862, n.
585, la prima del Regno dItalia sulle tasse di registrazione. Va detto che, rispetto ai suoi
successori, nel diverso sistema del r.d. 3269/1923 lart. 8 serviva non solo a qualificare gli atti,
ma soprattutto a individuare laliquota applicabile a quelli non nominati.
4
A. Uckmar, La legge del registro, I, 5a ed., Padova, 1958, pag. 197 s.
5
D. Jarach, Principi dellapplicazione delle tasse di registro, Padova, 1937, pag. 41 s.; Id.,
Limposta di registro sui contratti in parte a titolo gratuito e in parte a titolo oneroso, in Riv.
dir. fin. sc. fin., 1937, II, pag. 297 s., il quale ravvis nellart. 8 una norma generale antielusiva;
dello stesso autore, si veda anche Id., Metodo e risultati nello studio delle imposte di registro,
in Dir. prat. trib., 1938, pag. 93 s. La tesi aveva suggestionato altri studiosi della scuola pavese,
tra cui B. Griziotti, Il principio della realt economica negli artt. 8 e 68 della l.r., in Riv. dir. fin.
sc. fin., 1939, II, pag. 202 s.; E. Vanoni, Natura dellinterpretazione delle leggi tributarie, Padova,
1932, pag. 133; G. Tesoro, Principii di diritto tributario, Bari, 1938, pag. 249; F. Maffezzoni, Gli
effetti giuridici degli atti soggetti allimposta di registro, Padova, 1947, pag. 4 s.; e non solo: A.D.
Giannini, Istituzioni di diritto tributario, 2a ed., Milano, 1941, pag. 114: Id., I concetti fonda-
mentali del diritto tributario, Torino, 1956, pag. 166. Contrario, tra gli altri, A. Berliri, Negozi
giuridici o negozi economici quale base di applicazione per limposta di registro?, in Riv. it. dir.
fin., 1941, I, pag. 175; Id., Le leggi di registro, Milano, 1961, pag. 257.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 651


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D. CAN - LA GIURISPRUDENZA INTORNO ALLART. 20 DEL T.U.R.

particolarmente avvertito in un tributo calato nello stampo delle forme


giuridiche)6.
In una posizione intermedia si poneva quella dottrina che, pur fedele agli
effetti giuridici, ampliava la visuale dellinterpretazione testuale, esten-
dendo la portata della norma alle diverse ipotesi di divergenza fra qualifi-
cazione oggettiva del negozio ed effetti ad essa non connaturati7.
Dopo la riforma del 72 e il Testo Unico dell86, le posizioni della dottrina
rimanevano ancora divise sulloggetto (mediato) del tributo: per gli uni, era
la situazione giuridica; per gli altri, la capacit economica manifestata
dallatto. Ma venivano sostanzialmente a concordare sulla necessit di
traguardare tale oggetto solo attraverso latto, escludendo, nellinterpreta-
zione, elementi a questo estranei e forme di collegamento funzionale con
altri atti. Si concludeva che il Fisco non potrebbe superare lo schema
negoziale, elemento centrale del presupposto impositivo.
In linea con la concezione di imposta datto, gi la giurisprudenza
precedente il D.P.R. n. 634/1972, pur non unanimemente, aveva sostenuto
che la riqualificazione degli atti presentati alla registrazione dovesse fon-
darsi esclusivamente sui loro effetti giuridici, non su quelli economici; e che
non fossero da considerare elementi ad essi estranei o accadimenti
successivi8.
Il principio per cui gli atti devono essere valutati singolarmente e con
rilevanza dei soli elementi infratestuali stato, per, abbandonato da tempo
in favore di interpretazioni non sempre lucidamente avvertite, anzi spesso
sovrapposte e non recisamente distinguibili tra loro.
Nellultimo decennio, la produzione giurisprudenziale stata abbon-
dante: ad un primo filone che vedeva nellart. 20 una norma antielusiva,
espressione del principio del divieto di abuso del diritto, poi seguita - e si
consolidata - uninterpretazione svicolata da dottrine antiabuso, ispirata
allincerto concetto di causa concreta e tesa a superare le forme giuridiche
per disvelare la situazione di fatto, i veri effetti da sottoporre a tassazione.

6
Linterpretazione funzionale delle norme fiscali stata elaborata negli anni 30 da
Benvenuto Griziotti, maestro della scuola di Pavia. Per riferimenti, v. G. Girelli, op. cit., pag.
63 s.; sulla figura del Griziotti, S. Cipollina, Enrico Allorio (1914-1994): il carteggio con
Benvenuto Griziotti e la rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, in Riv. dir. fin.
sc. fin., 2014, I, pag. 131 s. Sulla rilevanza del contratto nei vari tributi, cfr. A. Fedele, Assetti
negoziali e forme dimpresa tra opponibilit simulazione e riqualificazione, in Riv. dir. trib.,
2010, I, pag. 1093 s.; A. Carinci, La rilevanza fiscale del contratto tra modelli impositivi, timori
antielusivi e fraintendimenti intrepretativi, in Rass. trib., 2014, pag. 961 s.
7
F. Batistoni Ferrara, Atti simulati ed invalidi nellimposta di registro, Napoli, 1969.
8
Tra tante, Cass., 16 febbraio 2000, n. 6082 e Id., 16 aprile 1983, n. 2633, ove una
ricostruzione della giurisprudenza precedente. La stessa posizione si ritrova, per isolata, in
Cass., 20 luglio 2011, n. 15918. Contraria, tra le altre, Cass., 16 ottobre 1980, n. 5563, in Boll.
trib., 1981, pag. 888. Altri riferimenti in F. Tesauro, Elusione e abuso nel diritto tributario
italiano, in Dir. prat. trib., 2012, I, pag. 684 s.

652 - Rassegna Tributaria 3/2016


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DOTTRINA

3. Linterpretazione dellart. 20 nella giurisprudenza di legittimit - Secondo la


giurisprudenza oggi prevalente, lart. 20 fissa un criterio di qualificazione
autonomo rispetto a quelli dellart. 1362 c.c., che consente di considerare
unitariamente pi negozi, ancorch contenuti in atti separati, quando
risultino funzionalmente collegati per il raggiungimento di un preordinato
unico risultato9.
Nella importante sentenza Tamerice10, la Corte di cassazione ha ravvi-
sato la causa della vendita diretta di immobili nel collegamento tra lapporto
di immobili al fondo, con contestuale accollo liberatorio - da parte della
societ di gestione - del relativo finanziamento, e la successiva cessione delle
quote a terzi partecipanti del fondo.
La Corte muove dalla duplice natura dellart. 20: norma dinterpreta-
zione ma anche impositiva o, meglio, di norma che, insieme allart. 1 T.U.,
concorre a individuare loggetto del tributo, costituito dagli effetti giuridici
degli atti; effetti che esprimono la capacit contributiva tassabile.
Si ammette che lart. 20 non costituisce una norma antielusiva in senso
proprio, ma ha solo ratio antielusiva: a differenza del primo tipo di norma,
che colpisce fattispecie individuate, espressamente qualificandole come
elusive, lart. 20 interviene, in fase dinterpretazione, sulla fattispecie impo-
sitiva del tributo, per impedire pratiche elusive non codificate11.
Seguendo un ragionamento che si ritrover anche nella giurisprudenza
successiva, la Corte afferma che, nella qualificazione dellatto, si deve
privilegiare il dato giuridico reale della effettiva causa negoziale rispetto
al relativo assetto cartolare; ci consentirebbe di tassare unitariamente i
negozi collegati in vista di uno scopo pratico unitario.
Cos, si supera anche la differenza tra gli oggetti dei diversi atti (rect.
negozi), che sono riguardati come un unico atto sul piano fiscale.
Questo orientamento non nuovo: gi allinizio degli anni 80 la giuri-
sprudenza aveva esaminato fattispecie di negozi collegati e indiretti ed
avvertiva lesigenza di superare la considerazione isolata dellatto per ade-
guare la struttura di un tributo, ancora incentrato sul concetto di negozio,
ad una realt economica che si muoveva per insieme di negozi (ossia per
operazioni)12.
9
Cass., 29 aprile 2015, n. 8655. In altre occasioni, la giurisprudenza parla indifferente-
mente di scopo pratico e di causa reale, indicando il medesimo concetto.
10
Cass., 19 giugno 2013, n. 15319 (Pres. Merone - Rel. Cappabianca), in Giur. it., 2014,
pag. 557, con nota di Can; conff. Id., 5 giugno 2013, n. 14150, in Rass. trib., 2013, pag. 870, con
nota di Zizzo; Id., 14 febbraio 2014, n. 3481; Id., 19 febbraio 2014, n. 3932. Non constano altre
decisioni in tema di applicazione dellart. 20 ad apporti in fondi immobiliari.
11
F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, 12a ed., Milano, 2015, pag.
260 s.
12
In verit, gi negli anni 50 la giurisprudenza aveva affermato il potere del fisco di
tassare, ai fini dellimposta di registro, la compravendita del pacchetto azionario tamquam esset
trasferimento del patrimonio societario; la tesi, per, non si fondava sullart. 8 ma sulla
simulazione (V. Uckmar, Il regime impositivo delle societ. Le societ a ristretta base azionaria,

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Tra i primi casi, risulta quello della donazione di buoni del tesoro dal
genitore al figlio, seguita dalla cessione onerosa di un immobile, sempre dal
primo al secondo, il cui prezzo era pagato mediante retrocessione dei buoni
del tesoro. In tal caso, si dato rilievo al collegamento tra i diversi atti per
riqualificare loperazione come donazione indiretta dimmobile13.
In seguito, la giurisprudenza ha applicato lart. 20, valorizzando il
collegamento tra atti, anche al noto caso del conferimento di azienda con
successiva cessione delle partecipazioni a terzi; e pure alle cessioni frazio-
nate di azienda (c.d. cessioni spezzatino).
Diversi e rilevantissimi sono i corollari di questa impostazione teorica:
non essendo lart. 20 una norma antielusiva, indifferente che il vantaggio
fiscale, cui latto o il collegamento negoziale danno luogo, sia sostenuto da
unapprezzabile ragione economica14.
Inoltre, il Fisco non deve provare la sussistenza dellintento elusivo15; n
ha lobbligo di instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente,
oggi previsto dallart. 10-bis Legge n. 212/2000 - e, prima, dallart. 37-bis del
D.P.R. n. 600/1973 - per le contestazioni di abuso del diritto16.

3.1. Linterpretazione, oggi recessiva, dellart. 20 come norma antielusiva -


Prima che si consolidasse lorientamento, oggi prevalente, che nega allart.
20 natura antielusiva, questa norma era stata applicata pi volte come tale17.
In tempi pi recenti, questo filone confluito, confondendovisi, nella
nota dottrina dellabuso del diritto18. Centrale nella giurisprudenza della-
buso erano le valide ragioni economiche, concepite come esimente ma
riguardate, di fatto, come elemento costitutivo della fattispecie. Di tal
che, lincapacit del contribuente di giustificare il vantaggio fiscale sul

Padova, 1966, pag. 205 s.). Allora, il superamento della persona giuridica era raramente
ammesso dalla legge: tra le poche disposizioni, lart. 27, c. 3, r.d. 3269/1923, per il quale, ai
fini del registro, le partecipazioni in societ in nome collettivo o in accomandita semplice
erano considerate beni mobili o immobili, a seconda della consistenza del patrimonio
sociale.
13
App. Milano, 18 giugno 1976, in Giur. it., 1978, I, pag. 99, con nota di Dolfin; Cass., 9
maggio 1979, n. 2658, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1982, II, pag. 79, con nota di Jarach, che coni il
termine contratti a gradini. V. anche Cass., 16 ottobre 1980, n. 5563.
14
Cass., 11 dicembre 2015, n. 25005; conff. Id., 11 dicembre 2015, n. 25001; Id., 18
dicembre 2015, nn. 25487 e 25484; Id., 29 aprile 2015, n. 8655; Id., 14 febbraio 2014, n. 3481.
15
Alle sentenze citate nella nota precedente adde Cass., 29 aprile 2016, n. 8542; Id., 16
aprile 2010, n. 9162.
16
Cass. 19 giugno 2013, n. 15319; conf. Cass., 18 dicembre 2015, n. 25484.
17
Cass., 23 novembre 2001, n. 14900 in Rass. trib., 2005, pag. 1208, con nota di Farina; Id.,
25 febbraio 2002, n. 2713, in Giur. it., 2003, pag. 193.
18
Tra le altre, Cass., 24 luglio 2013, n. 17965.

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piano economico veniva considerata di per s sufficiente a integrare gli


estremi dellabuso19.
Nonostante le critiche della dottrina20, si ritenuta elusiva, e riqualifi-
cata come cessione di masseria con fabbricato rurale, il conferimento
dazienda agricola con cessione delle partecipazioni medesime, in pari
data e con atto separato, alla conferitaria ed ai suoi soci21.
Analogamente, era stata considerata elusiva, ai sensi dellart. 20 e del
divieto di abuso del diritto, la cessione di azienda realizzata da unimpresa
ammessa al concordato preventivo con pi atti di cessione di beni singoli,
siccome avente come unica finalit il risparmio di imposta22.
Ancora, Cass., 28 giugno 2013, n. 1634523 ha deciso che la costituzione di
societ con conferimento di azienda alberghiera, gravata da mutuo fondia-
rio, e successiva cessione delle quote (della conferitaria) ad un terzo costi-
tuiva elusione della equivalente fattispecie della compravendita; ai fini
dellimposta di registro, andava quindi tassata come una cessione di
azienda.
Dopo la sentenza Tamerice e numerose altre conformi, la giurispru-
denza maggioritaria della Cassazione sembra oggi aver acquisito che lart.
20 non norma antielusiva in senso proprio e che per essa non possono
valere le regole dellabuso del diritto.
Va detto che, in alcune pronunce che pure seguono la teoria del colle-
gamento negoziale, sadombra ancora la natura antielusiva dellart. 20;
questi sembrano, per, pi il segno dinavvertite esigenze antielusive che
di un orientamento difforme24.
Questa considerazione appare confermata dalle sentenze del
dicembre scorso che, proprio in un caso di conferimento di azienda
e cessione delle partecipazioni, hanno correttamente distinto lart. 20
dallart. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973.

19
Cass., 21 gennaio 2011, n. 1372, in Corr. Trib., 2011, pag. 678, con nota critica di
Stevanato e in GT - Riv. giur. trib., 2011, pag. 286, con nota di Basilavecchia. Lerrata percezione
della convenienza economica quale elemento costitutivo della condotta abusiva emerge anche
dalla ratio decidendi di Cass., 30 dicembre 2015, n. 26060, in Corr. Trib., 2016, pag. 904, con nota
adesiva di Marcheselli e Costanzo.
20
G. Marongiu, Labuso del diritto nella legge di registro tra principi veri e principi
asseriti, in Dir. prat. trib., 2013, II, pag. 362; Id., Lelusione nellimposta di registro tra labuso
del diritto e labuso del potere, ivi, 2008, I, pag. 1067; G. Corasaniti, Linterpretazione degli
atti e lelusione fiscale nel sistema dellimposta di registro, in Obbl. contr., 2012, pag. 615 s.
21
Cass., (ord.) 19 marzo 2013, n. 6835, in Corr. Trib., n. 16/2013, pag. 1280, con nota di
Rizzardi.
22
Ossia di detrarre lIVA assolta sullacquisto dei singoli beni (Cass., (ord.) 21 giugno 2013,
n. 15743).
23
In Corr. Trib., 2013, pag. 3358, con nota di Martinelli e Stancati.
24
Cass., 22 ottobre 2014, n. 22492; Id., (ord.) 13 marzo 2014, n. 5877, in GT - Riv. giur. trib.,
2014, pag. 494, con nota di Fanni.

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4. Casistica - Nel vasto panorama giurisprudenziale, ricorrono almeno


quattro tipologie di fattispecie nelle quali stata applicata la teoria degli
atti collegati.
Come noto, il grosso dellelaborazione giurisprudenziale si svilup-
pato sul conferimento di beni o aziende seguito dalla cessione delle parte-
cipazioni, rivenienti dal conferimento, ai soci della conferitaria o a terzi.
Riqualificate le operazioni in una vendita di azienda (o di beni, a
seconda del caso), il Fisco richiede alle parti dellatto di cessione delle
partecipazioni il pagamento delle relative imposte di registro, ipotecarie
e catastali, calcolate sulla base dei valori di perizia o del corrispettivo di
vendita delle partecipazioni25, oltre a interessi e, occasionalmente,
sanzioni26.
In Cass., 18 dicembre 2015, n. 25487, ad esempio, una societ che
gestiva centri commerciali conferiva ad altra societ, gi proprietaria di
diversi immobili, un ramo dazienda esercente lattivit di gestione del
centro, con pagamento dellimposta di registro fissa. In pari data, la
conferente cedeva a una terza societ le quote ottenute a seguito del
conferimento.
Pi articolato il caso oggetto della coeva Cass., 18 dicembre 2015, n.
25484: allesito di una procedura pubblica, un fondo pensione costituiva una
societ veicolo, alla quale conferiva il proprio patrimonio immobiliare.
Lintera partecipazione nella conferitaria era poi ceduta ad una terza
societ, interamente partecipata dalla sub-holding che faceva capo alla
societ vincitrice della gara. Infine, questultima incorporava entrambe le
societ partecipate.
La maggioranza di questi casi riguarda cessioni di partecipazioni tota-
litarie o, comunque, di controllo; ma vi sono state anche contestazioni su
cessioni di partecipazioni minoritarie27.
Una seconda fattispecie nella quale stata applicata la teoria degli atti
collegati quella del conferimento dimmobili gravati da mutuo ipotecario e
successiva cessione delle partecipazioni (operazione attuata specialmente
per beneficiare delle pi favorevoli modalit di determinazione della base

25
Gli Uffici applicano spesso laliquota pi alta tra quelle relative ai diversi beni del plesso
aziendale, anche in presenza di separata indicazione del valore dei beni nella perizia di
conferimento (secondo Cass., 22 aprile 1991, n. 4338, se, nellatto di conferimento, sono
separatamente indicati i valori dei singoli beni, a ogni bene dovrebbe esser applicata la
corrispondente aliquota). Tra laltro, se la maggiore imposta qualificata come principale
postuma, il ricorso non ne sospende la riscossione.
26
Talora stata irrogata la sanzione prevista dellart. 52, comma 1 T.U. registro per gli
accertamenti di maggior valore dei trasferimenti dimmobili e aziende.
27
In Cass., 18 dicembre 2013, n. 28259, diverse societ dello stesso gruppo conferivano in
una societ neo-costituita vari rami dazienda immobiliare; contestualmente, le partecipa-
zioni, acquisite da ciascuna societ, venivano tutte cedute alla capogruppo, la quale ne cedeva
poi il solo 49% ad una societ esterna al gruppo. Questultima operazione (cessione del 49% del
capitale) stata riqualificata in vendita di azienda ai fini delle imposte di registro e ipo-catastali.

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imponibile stabilite per i conferimenti immobiliari)28. Sono state unitaria-


mente riqualificate in vendita di terreni agricoli anche la costituzione di
societ con conferimento di terreni agricoli gravati da ipoteca, seguiti dalla
cessione delle quote a favore della stessa conferitaria29.
In giurisprudenza, ricorre anche il caso della pluralit di vendite di
componenti aziendali fatte al medesimo soggetto e in un breve intervallo
di tempo; valutate unitariamente le cause dei diversi contratti, la
Cassazione, senza necessit di ricorrere allabuso del diritto, vi ha indivi-
duato una unitaria cessione del complesso aziendale, costituito dallinsieme
degli oggetti delle cessioni frazionate30.
Va ancora segnalata una quarta fattispecie, in cui la cessione di fabbri-
cati da demolire, seguita, prima della demolizione e subito dopo lacquisto,
dalla richiesta di concessione edilizia da parte dellacquirente, stata riqua-
lificata in cessione di terreno edificabile31.

5. Il primo corno del dilemma: i limiti dellinterpretazione degli atti soggetti a


registrazione - La giurisprudenza ha fatto uso del negozio collegato e indi-
retto per contrastare presunte condotte elusive, nellintento di superare
lapplicazione formale delle norme impositive in nome dellequa riparti-
zione dei carichi pubblici32.

28
Nel conferimento, a differenza della cessione, sono deducibili le passivit e gli oneri
accollati alla conferitaria (art. 50 T.U. registro). Nel caso Tamerice, in realt, il conferimento di
immobili beneficiava dellagevolazione prevista dallart. 8, comma 1-bis, D.L. n. 351/2001,
consistente nellapplicazione delle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa. Da annotare
invece che, in Cass., 19 febbraio 2014, n. 3932, limmobile conferito risultava libero da oneri.
Ci non ha impedito allUfficio di riqualificare in vendita dimmobile la successiva cessione
della maggioranza delle quote della conferitaria.
29
Cass., 11 dicembre 2015, n. 25005. Una parte minore della giurisprudenza di merito
contraria alla teoria della riqualificazione: tra le altre, Comm. trib. prov. di Forl, 24 febbraio
2014, n. 113, in Riv. dir. trib., 2014, II, pag. 109, con nota di Menti; Comm. trib. reg. di Milano, 27
giugno 2014, n. 3466 in GT - Riv. giur. trib., 2014, pag. 61, annotata da Puri; Id., 13 aprile 2015, n.
1453 in Corr. Trib., 2016, pag. 30, con nota adesiva di Beghin.
30
Cass., 4 maggio 2007, n. 10273 e 16 aprile 2010, n. 9162; Id., 24 luglio 2013, n. 17965; Id.,
4 febbraio 2015, n. 1955. Curiosamente, in Cass., 10 febbraio 2016, n. 2636 stato il contri-
buente ad invocare lapplicazione della teoria degli atti collegati per ottenere lannullamento
dellavviso che aveva negato lesistenza di unazienda.
31
In ultimo, Cass., 21 novembre 2014, n. 24799.
32
Tendenza che riaffiora anche in altri casi, come dimostra lesperienza dellabuso del
diritto; v. G. Falsitta, Linterpretazione antielusiva della norma tributaria come clausola
generale immanente al sistema e direttamente ricavabile dai principi costituzionali, in
Corr. giur., 2009, pag. 294 s. e A. Giovannini, Il divieto dabuso del diritto in ambito tributario
come principio generale dellordinamento, in Rass. trib., 2010, pag. 982 s. Sintravede, nella
tesi della Cassazione, il pregiudizio secondo cui, per un dato risultato economico, vi sarebbero
forme giuridiche pre-individuate dal legislatore, rispetto alle quali quelle diverse appaiono
deviazioni. Non si considera che spesso vi sono pi vie nel diritto per giungere al medesimo
risultato pratico (D. Stevanato, Elusione fiscale e abuso delle forme giuridiche, anatomia di un
equivoco, in Dir. prat. trib., 2015, I, pag. 695 s.).

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Si tratta di tendenze gi note, che si acuiscono in periodi storici caratte-


rizzati da dissesti finanziari nel bilancio pubblico, come mostra lesperienza
tedesca del primo dopoguerra33.
Lammissibilit del negozio collegato e indiretto stata indagata
soprattutto sul piano dellinterpretazione degli atti, senza una medi-
tata ponderazione del presupposto dimposta. La ricostruzione del
presupposto nella sua duplicit, data dagli effetti giuridici potenziali
del negozio e dal fatto della registrazione34, reagisce sul problema
dellinterpretazione, che, nel tributo di registro, principalmente una
questione di limiti; limiti che la dottrina e la giurisprudenza hanno
individuato nella considerazione isolata degli atti, anche per ragioni
pratiche dettate dalla peculiare modalit di riscossione del tributo.
Storicamente, la ricchezza era visibile attraverso latto, quale manife-
stazione indiretta della capacit economica colpita dal tributo, che, in
origine, si connotava essenzialmente come tassa; di qui la nota formula
imposta datto, giunta immutata ai giorni nostri35.
La giurisprudenza tenta oggi di superare questo limite quando afferma
che limposta di registro grava sugli effetti giuridici dei negozi, che sono da
considerare unitariamente, se collegati36.

5.1. (segue) Specialit del procedimento dinterpretazione degli atti


soggetti a registrazione rispetto allinterpretazione dei negozi - Il problema
del limite dinterpretazione degli atti riflette il contrasto tra opposte conce-
zioni del rapporto tra diritto tributario e civile nonch, in definitiva, il
difficile bilanciamento tra istanze garantistiche, fedeli alla forma, e istanze
egalitarie, che valorizzano la sostanza dei fatti tassabili.
Ritengo che il problema vada reimpostato partendo dalle norme civili-
stiche sullinterpretazione negoziale e che il rapporto tra queste e quelle
ricavabili dallart. 20 debba esser letto pi in termini di specialit-
complementariet che di eccezionalit-autonomia. Tenter, quindi, una
sintesi tra le posizioni dottrinali che hanno escluso limpiego dei canoni

33
Cfr. W. Schoen, Interpretation of Tax Statutes in Germany, in K. Vogel (a cura di),
Interpretation of Tax Law and Treaties and Transfer Pricing in Japan and Germany, Kluwer Law
International, 1972, pag. 69 s.; P. Pistone, Abuso del diritto ed elusione fiscale, Padova, 1995.
34
Cfr. L. Ferlazzo Natoli, La fattispecie tributaria, in Amatucci (diretto da), Trattato di
diritto tributario, Padova, 2001 e S. Ghinassi, Imposte di registro e di successione. Profili
soggettivi ed implicazioni costituzionali, Milano, 1996, pag. 4. In verit, il presupposto dellim-
posta di registro stato talora individuato nella formazione dellatto, tal altra nella sua
registrazione. Per una rassegna delle varie teorie, v. Lapis, Presupposto dellimposta di registro
e atto plurimo, in Riv. dir. fin. e sc. fin., 1969, II, pag. 173 s.; e N. DAmati (a cura di), La nuova
disciplina sullimposta di registro, Torino, 1989, pagg. 91-92.
35
Cfr. A. Uckmar, La legge del registro, cit., pag. 188 s. e G. Girelli, op. cit., pag. 74 s.
36
accolta la tesi che attribuiva al registro la duplice natura dimposta e tassa (cfr. E.
Jammarino, Commento alla legge sulle imposte di registro, Torino, 1962, pag. 5).

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civilistici nellinterpretazione degli atti soggetti a registro37 e quelle che,


invece, hanno ritenuto di poter recuperare in toto tali criteri38, valorizzando
finanche il comportamento delle parti posteriore al contratto.
Secondo lo schema norma-fattispecie-effetto, gli effetti giuridici del
negozio scaturiscono dal tipo negoziale, conformato dagli interessi delle
parti. Ci per lelementare ragione che, da un lato, il legislatore non poteva
tipizzare tutti gli schemi negoziali; e, dallaltro, il regolamento scelto dalle
parti deve, per comune esperienza, rispondere alla loro convenienza pratica.
Linterpretazione dei negozi ricerca, dunque, la comune intenzione
dei contraenti, frutto del loro accordo. A questo fine, linterprete deve far uso
di una serie di criteri, ordinati in uno schema gerarchico preciso: deve prima
aver riguardo al testo e, se residuano incertezze (ossia, se questo diverge
dalla comune intenzione delle parti), a dati ad esso estrinseci, come i loro
comportamenti precedenti o successivi. In linea con la concezione dichia-
rativa del negozio, linterpretazione ricerca la volont dei contraenti, non
come fatto psichico, ma come precetto espresso dal regolamento negoziale;
le intenzioni individuali inespresse (linterno volere) non assumono
dignit giuridica39.
Sulla base di questo impianto normativo, lart. 20 fissa due limiti: il
primo, interno, nel tipo (qualificazione) e negli effetti giuridici del negozio;
il secondo, esterno, nella registrazione.
Il riferimento allintrinseca natura e agli effetti giuridici individua il
criterio di sussunzione dellatto nelle fattispecie indicate in Tariffa e deli-
mita loggetto dellinterpretazione, che diverso dalla comune intenzione
delle parti ( proprio questa duplice valenza ad aver indotto la giurispru-
denza ad affermare che lart. 20 individua anche loggetto del tributo)40.

37
Tra gli altri, G.A. Micheli, Corso di diritto tributario, 7a ed., Torino, 1984, pag. 77;
F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Parte speciale, 10a ed., Milano, 2016, pagg. 282-283;
N. Dolfin, Limposta di registro, in G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte speciale, 11a
ed., Padova, 2016, pagg. 971 s.; B. Santamaria, op. cit.; M.A. Ferrari, op. cit.; G. Corasaniti,
Profili tributari dei conferimenti in natura e degli apporti in societ, Padova, 2008, pag. 473.
38
A.D. Giannini, op. cit., spec. pag. 166; A. Uckmar, La legge del registro, cit., pag. 97 s. E
stato da taluno ritenuto che si debba valutare anche il comportamento delle parti posteriore al
contratto (P. Tabellini, Lelusione della norma tributaria, Milano, 1988, pag. 65; G. Ferraro,
Linterpretazione del negozio giuridico agli effetti della imposta di registro, in Boll. trib., 1986,
pag. 631 s.).
39
E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, 2a ed. (1a rist.), Napoli, 2002, pagg. 54 s. e
346 s. Sullinterpretazione del negozio in generale, v. M. Casella, Negozio giuridico (inter-
pretazione del), in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, pag. 39; G. Alpa, Contratto, in Dig. priv.,
Sez. civ., IV, Torino, 1989, pag. 121; F. Ziccardi, Interpretazione III) Interpretazione del
negozio giuridico, in Enc. giur. Treccani, XIX, Roma, 1998; R. Sacco, Interpretazione del
contratto (I mezzi ermeneutici nell), in Dig. priv., Sez. civ. (on line), 2014.
40
Di diverso avviso M.A. Ferrari, op. cit., pag. 5, secondo la quale la comune intenzione
delle parti e lintrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti esprimono concetti identici.
Dissento, anche perch possono verificarsi effetti giuridici diversi da quelli intesi dalla comune

Rassegna Tributaria 3/2016 - 659


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Lart. 20 non pu rinunciare ai criteri interpretativi comuni; per cui, si


limita a circoscriverne lapplicazione alla qualificazione e agli effetti giuri-
dici del negozio, fissando anche un criterio speciale dinterpretazione, non
incompatibile con quelli civilistici41, ma che conforma uno speciale proce-
dimento interpretativo.
Esso impone di privilegiare il tipo negoziale e i suoi effetti giuridici,
come conformati dalla comune intenzione delle parti, rispetto ad altri
elementi che, di norma, si considerano quando si interpreta il negozio: ad
esempio, il comportamento successivo delle parti. In questo, lart. 20 non
esclude i normali canoni dinterpretazione, i quali ben possono utilizzarsi,
specie quelli oggettivi, nella misura in cui consentono di qualificare latto e
disvelarne gli effetti; n sembrerebbe escludere la possibilit di ricorrere
allinterpretazione funzionale per valorizzare il collegamento tra diversi
negozi42. Recepisce, anzi, una regola perfettamente identica a quello del-
lart. 1362 c.c., ossia che, quando la forma non rispecchia la sostanza, si ha
riguardo a questultima.
Ad una lettura pi attenta della norma, che consideri anche le altre
disposizioni del T.U., emerge, per, il limite esterno dellinterpretazione, il
quale non consente di dar rilievo ad elementi esterni allatto e che non ne
formino gli effetti.
Un primo indizio si ricava dalla seconda parte dellart. 20, che fa riferi-
mento agli atti presentati alla registrazione. Questi sono da considerare
isolatamente e per come appaiono alla registrazione, come suggeriscono le
norme che non danno rilevanza a comportamenti o vicende successivi
allatto43 e quelle che prevedono eccezionalmente la registrazione di con-
venzioni verbali, che non sarebbero di per s soggette a tassazione, o di atti
per i quali il caso duso non si sia verificato (atti, questi ultimi, che sono
comunque tassati in modo autonomo).
Queste norme - tutte - indicano lautonomia dellimposta di registro
rispetto alle vicende del diritto civile44; autonomia che si coglie in special
modo nellaccertamento del presupposto.
In questo, lart. 20 deroga allart. 1362 c.c., il quale richiede di non
fermarsi al testo, ma di valutare anche il comportamento complessivo

intenzione delle parti. La stessa giurisprudenza mostra di percepire la comune intenzione


come elemento estraneo al negozio in s o, comunque, altro rispetto ai suoi effetti giuridici.
41
La norma speciale non fissa regole incompatibili con quella generale, come fa, invece, la
norma eccezionale (cfr. V. Italia, La deroga nel diritto pubblico, Milano, 1977, pag. 54 s.; S.
DAlbergo, Norma speciale, eccezionale e comune in un caso di interpretazione autentica, in
Foro it., 1956, III, pag. 206).
42
Cfr. G. Vettori (a cura di), II, Regolamento, in V. Roppo (diretto da), Trattato del
contratto, Milano, 2006, pagg. 183-184.
43
Sullirrilevanza dei vizi dellatto, v. F. Batistoni Ferrara, op. cit.
44
Cfr. G. Gaffuri, Qualificazione tributaria autonoma di un atto civile e imposta di
registro sulla sentenza dichiarativa della simulazione, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1971, II, pag. 50 s.

660 - Rassegna Tributaria 3/2016


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delle parti, nella misura in cui sia necessario per stabilire la comune inten-
zione (regola dellinterpretazione globale). E vi deroga per la ragione pratica
che non si pu chiedere allUfficio del registro dinvestigare leffettiva
volont delle parti45.
Cos, prevalgono gli effetti giuridici oggettivizzati dal tipo legale,
anche se non voluti46; e se, dal comportamento complessivo, emerge una
comune intenzione delle parti diversa da quella che risulta dallatto, limpo-
sta di registro si applica comunque in base al tipo negoziale e ai suoi effetti
giuridici.

6. Ragioni per un superamento dei tradizionali limiti allinterpretazione degli


atti - Accanto a questi dati positivi abbastanza univoci, ne sono stati rilevati
altri che inducono ad ampliare il concetto di atto a quello di operazione, s da
considerare in modo unitario pi negozi.
stata richiamata la formulazione della Tariffa, che, ai sensi dellart. 1,
concorre ad individuare il presupposto del tributo. In essa, gli atti sono
raggruppati in categorie o classi di effetti giuridici ovvero, a seconda dei casi,
in base al loro autore o alloggetto, e solo occasionalmente per tipo.
Altre ragioni di sistema che impongono una considerazione unitaria
delle operazioni sono state ravvisate nella distinzione del registro rispetto
allimposta sulle successioni e donazioni e nel rapporto di alternativit con
limposta sul valore aggiunto, incentrata sulle operazioni47.
In generale, poi, la normativa (comune e speciale) e la giurisprudenza
tendono a valorizzare lunit dellattivit negoziale, che si sviluppa oggi per
insiemi di atti (operazioni).
Questa giurisprudenza appare certo incoerente col dato normativo:
collega la nascita del debito dimposta al compimento dellatto ed ignora
la registrazione, che elemento indefettibile del presupposto. Tuttavia, essa
conferma linadeguatezza delle tradizionali nozioni di atto e di presupposto
dimposta rispetto alla realt economica e suggerisce un ripensamento delle
strutture formali e sostanziali di un tributo che, oggi, non sembra pi adatto
ad intercettare le manifestazioni di forza economica per le quali stato
concepito.

7. Il secondo corno del dilemma: lirrilevanza del collegamento negoziale


(volontario) nellimposta di registro (ossia, sulla sostituzione di fattispecie
imponibili) - Se si osservano le conseguenze della teoria della riqualifica-
zione, ci si accorge che il collegamento negoziale non applicabile

45
Gi lo rilevavano Cass., 17 ottobre 1904 e Trib. Genova, 31 gennaio 1927 in A. Uckmar,
La legge del registro, cit.
46
Cass., 17 dicembre 1988, n. 6092.
47
G. Fransoni, Il presupposto, cit.

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allimposta di registro, poich comporta larbitraria sostituzione di fatti-


specie imponibili.
Se, come la giurisprudenza48, si guarda solo al risultato pratico, facile
cadere nella tentazione di equiparare la propriet del bene di primo grado a
quella del bene di secondo grado. In realt, la cessione delle quote si
distingue recisamente dalla cessione degli immobili: detenere le seconde
cosa ben diversa dal possedere i primi49.
Questa giusta critica aiuta a focalizzare il nocciolo del problema, che mi
pare questo: se lart. 20 autorizzi linterprete, che ravvisi un collegamento tra
atti, ad applicare limposta di registro a fattispecie che non producono gli
effetti giuridici chessa dovrebbe colpire, sostituendo una fattispecie reale
ad unaltra presunta.
Se, come afferma la Cassazione, oggetto del tributo sono gli effetti
giuridici, ci si dovrebbe chiedere se giusto che la ricerca della causa
reale e della regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai
contraenti autorizzi a tassare allo stesso modo il tipo giuridico corrispon-
dente allo scopo pratico unitario, che fonda il collegamento tra gli atti (la
cessione del bene di primo grado), e quello effettivamente scelto dalle parti
(la cessione del bene di secondo grado).
A differenza del diritto civile, dove laccertamento del collegamento
negoziale principalmente un problema dinterpretazione del contratto,
la diversit di oggetto e di tipo negoziale non pu ritenersi indifferente
nellimposta di registro, dove ad ogni classe di negozi corrisponde una
specifica tassazione. Qui, la fattispecie civilistica assunta, nelle forme
del diritto civile, quale elemento della fattispecie impositiva e modificata
secondo le esigenze del tributo.
I casi nei quali il legislatore ha considerato la situazione di fatto nella
definizione della norma impositiva, superando la qualificazione giuridica
del diritto comune, sono tassativamente individuati. Cos, troviamo norme
che introducono fattispecie supplementari, norme che stabiliscono presun-
zioni ed altre che danno rilievo al collegamento tra diverse pattuizioni di un
unico atto o a pi atti.
Queste disposizioni rispondono ora a late finalit antielusive, ora alle-
sigenza di adattare le fattispecie civilistiche al presupposto dellimposta di
registro.

48
In tema di IVA, CGE, 29 ottobre 2009, causa C-29/08, AB SKF, in Dir. prat. trib., 2010, II,
pag. 333, con nota di Vannini.
49
Proprio in base a questo principio Cass., 19 ottobre 2012, n. 17948, in Riv. trim. dir. trib.,
2012, pag. 667, commentata da Can, ha stabilito che vanno tassate separatamente, ai sensi
dellart. 21, comma 1, T.U. registro, il contratto di cessione di partecipazioni e le annesse
clausole di garanzia riferite alla consistenza economica dellazienda. Sulla diversit di effetti:
E. Della Valle, Lelusione nella circolazione indiretta del complesso aziendale, in Rass. trib.,
2009, pag. 375 s.; M. Beghin, Elusione fiscale e imposta di registro tra interpretazione dei
contratti e collegamento negoziale, in Corr. Trib., 2016, pag. 25 s.

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Ad esempio, lart. 33 T.U. registro disciplina il regime fiscale di alcuni


negozi indiretti e prevede che il mandato irrevocabile dallobbligo di rendi-
conto soggetto allimposta stabilita per latto per il quale stato conferito.
Unaltra fattispecie supplementare nella disposizione che, in deroga
alla regola dellart. 31 e al principio di alternativit, assoggetta la cessione di
contratti di locazione finanziaria di immobili strumentali ad unaliquota di
registro pari alla somma delle aliquote delle imposte ipotecarie e catastali
previste per la vendita diretta degli immobili50. Ci, nella considerazione
che la cessione, da parte dellutilizzatore, del contratto di godimento com-
porta il trasferimento anche del diritto di riscatto del bene ed equivale, nella
sostanza, ad un trasferimento della propriet (trasferimento che, se fatto per
compravendita, sconterebbe le imposte ipotecarie e catastali del 4%).
Altre norme, come lart. 26, stabiliscono presunzioni secundum eventum
per limitare possibili arbitraggi tra il tributo di registro e quello sulle
successioni.
Ancora, lart. 21 d rilievo ai negozi complessi, disponendo la tassazione
unitaria di pi pattuizioni necessariamente derivanti le une delle altre;
viceversa, lart. 3, comma 2 del D.Lgs. n. 218/1997 dispone la definizione
separata dei rilievi riguardanti disposizioni autonome, ancorch contenute
nello stesso atto. Ma queste norme valorizzano il collegamento oggettivo tra
disposizioni, che deriva da obiettive esigenze del negozio giuridico, non
quello volontario, che ha in mente la Cassazione quando applica ai negozi la
teoria della riqualificazione; e non si applicano ai negozi collegati51, come
dimostra a contrario la presenza di una norma apposita sullenunciazione.
Quindi, lattuale impianto normativo non consente di valorizzare il
collegamento negoziale oltre gli effetti giuridici sostanziali, onde allargare
le maglie delle fattispecie impositive oltre i casi che il legislatore ha inteso
ricomprendervi52.
Allora, si risolve in una petizione di principio quella secondo cui, anche
nel tributo di registro, non decisiva, in caso di negozi collegati, la rispettiva

50
Art. 8-bis della Tariffa, Parte I, allegata al T.U. registro, introdotto dallart. 1 della
Legge 27 dicembre 2013, n. 147; v. Assonime, circolare n. 1 del 21 febbraio 2014, pag. 14 s.;
V. Mastroiacovo, Imposta di registro proporzionale al 4% sulle cessioni dei contratti di
leasing, in Corr. Trib., 2014, pag. 463 s.
51
In applicazione di questo principio, Cass., (ord.) 11 settembre 2014, n. 19245 ha cassato
la sentenza di merito che aveva ritenuto soggetto a tassazione unica latto contenente cessioni di
pi quote sociali da pi cedenti a pi cessionari, riscontrando un semplice collegamento
negoziale tra pattuizioni indipendenti, ciascuna con causa autonoma, e non gi un negozio
complesso, contrassegnato da una causa unica; conf. Cass., 4 maggio 2009, n. 10180, che ha
escluso la tassazione unitaria, ex art. 21, comma 2, degli atti di cessione dazienda e dei contratti
di locazione dei relativi immobili.
52
Il D.P.R. n. 634/1972 non ha riproposto la disposizione dellart. 8, comma 2 del R.D. n. 3269/
1923, che autorizzava lapplicazione del tributo per analogia. Cos che oggi non pi ammissibile la
c.d. analogia di tariffa. Cfr. G. Fransoni, Il presupposto, cit., pag. 966 s.; per la dottrina formatasi sul
R.D. 3269/1923, v. A. Uckmar, La legge del registro, cit., pag. 88 s.

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differenza di oggetto; e la teoria della riqualificazione riporta la questione al


vero oggetto materiale del tributo di registro (gli effetti giuridici o quelli
economici) e alle secche della querelle che il legislatore della Riforma
sembrava aver risolto con laggiunta, nellart. 20, dellaggettivo giuridici.
Si vede bene come, nella pratica, la ricerca della causa reale possa
travalicare il concetto di causa negoziale per porsi sul piano dei motivi
(tra laltro, i negozi collegati mantengono ciascuno la propria causa, per cui
non possibile individuarne una unica, ma, semmai, una fattispecie
pluricausale)53.
Questa impostazione, insomma, pretende erroneamente di applicare de
plano la categoria del collegamento volontario nel tributo di registro e
finisce per andare oltre il semplice accertamento del collegamento54 (per
cui serve non solo il nesso teleologico, ma anche la comunanza intenti tra le
parti dei vari negozi, le quali devono prefigurarsi leffetto tipico di ciascuno e
il coordinamento tra essi55).
Una tale comunanza di intenti si pu facilmente individuare nei con-
tratti reciproci, ossia quando il conferimento seguito dalla cessione delle
quote alla conferitaria o ai suoi soci, ma pu mancare in ipotesi di negozi
conclusi tra soggetti diversi o, ancora, di meri atti.
Altrettanto problematico pu risultare limpiego della figura del negozio
indiretto, specie nei conferimenti seguiti dalla cessione delle quote a sog-
getti diversi dalla conferitaria. Infatti, anche il negozio indiretto richiede
una certa comunanza di intenti o che, comunque, il motivo del contraente di
pervenire ad un diverso risultato sia noto allaltro o, almeno, riconoscibile56.

8. Art. 20 e nuovo art. 10-bis, Legge n. 212/2000 - Stabilito che lart. 20 non
una norma antielusiva e poggia su presupposti diversi da quelli dellallora

53
A. Di Majo, Causa del negozio giuridico, in Enc. giur. Treccani, VI, Roma, 1988;
R. Sacco, Causa, in Digesto priv., Sez. civ. (on line), 2014.
54
Per una critica simile, V. Mastroiacovo, La nuova disciplina dellabuso del diritto e
dellelusione fiscale nella prospettiva dellimposta di registro, in Riv. not., 2016, pagg. 32-33.
55
Cass., 21 luglio 2004, n. 13580, in Giur. it., 2005, pag. 925 con nota di Cassano; Cass., SS.
UU., 5 ottobre 2015, n. 19785, in Giur. it., 2016, pag. 33 con note di Viti e Messina; Id., 11
settembre 2014, n. 19161. La giurisprudenza civilistica ha ravvisato negozi collegati nella
cessione dimmobile, seguita da retro-locazione dello stesso allalienante (sale and lease back) o
da cessione dellazienda in esso gestita; nella locazione collegata alla concessione in uso
dellarredo; nei contratti di credito al consumo finalizzati allacquisto di beni o servizi ed i
relativi contratti di acquisto (Cass., 30 settembre 2015, n. 19522).
56
Cfr. F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, 9a ed., Napoli, 1983,
contrario ad attribuire dignit giuridica alla categoria del negozio indiretto; D. Rubino, Il
negozio giuridico indiretto, Milano, 1937, e T. Ascarelli, Il negozio indiretto, in Saggi giuridici,
Milano, 1949, II, pag. 149 s., il quale lo utilizz per riconoscere la validit delle c.d. societ di
comodo. Altri riferimenti in G. Scalfi, Negozio giuridico (Negozio indiretto), in Enc. giur.
Treccani, XXIII, Roma, 1990. La giurisprudenza civilistica ha applicato il negozio indiretto
specialmente a fattispecie di societ di comodo, di alienazione a scopo di garanzia e di
donazione indiretta (Cass., 21 ottobre 2015, n. 21449, in Notariato, 2015, pag. 599).

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vigente art. 37-bis, D.P.R. n. 600/1973, le sentenze di dicembre risolvono in


radice il problema di coordinamento tra le due norme.
Le stesse conclusioni dovrebbero valere anche rispetto alla nuova norma
generale antielusiva, contenuta nellart. 10-bis della Legge n. 212/2000.
Infatti, lart. 20 conforma un rimedio interpretativo ordinario nel tributo
di registro e, per la natura residuale della tutela antiabuso, prevale su questa
(meglio, la precede). Tra laltro, le due norme si distinguono per natura,
presupposti e funzione57; non pu quindi esservi conflitto, quanto
complementariet58.
Lart. 20 norma di interpretazione, mentre lart. 10-bis norma a
contenuto e funzione complessi e, come il previgente art. 37-bis, racchiude
disposizioni di carattere sostanziale e procedurale59.
Lart. 10-bis opera, poi, in base a presupposti differenti, che variano in
ragione del tipo di tributo applicabile. Esso colpisce le operazioni prive di
sostanza economica e mira a neutralizzare i vantaggi fiscali indebiti, ossia
contrari ai principi propri - e sempre diversi - dei singoli settori impositivi60.
Diversa nelle due norme anche la fase ricostruttiva, che volta a
definire come e su quale materia imponibile applicata limposta dopo
che stata decostruita la fattispecie realizzata. Lart. 20, come inteso dalla
giurisprudenza, richiede di riqualificare le forme giuridiche utilizzate in
altre che producano effetti economici analoghi (secondo un ragionamento
analogico). Lart. 10-bis non spiega come procedere nelle situazioni in cui,
cancellati i fatti, sia necessario individuare una fattispecie imponibile;
prevede solo che i tributi devono essere rideterminati in base alle norme e ai
principi elusi. Richiede quindi al Fisco di ricostruire la fattispecie elusa sul
regime legale individuato dalle norme impositive eluse (secondo il normale
ragionamento deduttivo)61.
Ancora: le condotte abusive, per definizione, non violano altre disposi-
zioni tributarie, nemmeno quelle a ratio espressamente antielusiva (la cui
violazione d luogo ad evasione). Di conseguenza, tali condotte configurano
un illecito atipico, che si distingue dallevasione per la diversa tutela rime-
diale che lassiste (di tipo procedimentale e non pi interpretativo); e
possono essere contrastate solo con lart. 10-bis.

57
Conf. F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, cit., pag. 261.
58
Non pu quindi condividersi laffermazione secondo cui lart. 10-bis avrebbe implici-
tamente abrogato lart. 20 T.U. registro (A. Busani, Regole allineate anche per il registro, in Il
Sole - 24 Ore del 21 gennaio 2016, pag. 46; G. Gavelli, Contratti riqualificati solo con le tutele
dellabuso del diritto, in Il Sole - 24 Ore del 29 febbraio 2016, pag. 23).
59
G. Falsitta, Natura delle disposizione contenenti norme per linterpretazione di
norme e lart. 37-bis sullinterpretazione analogica o antielusiva, in Riv. dir. trib., 2010, I,
pag. 521.
60
Conff. A. Contrino, A. Marcheselli in C. Glendi, A. Contrino, C. Consolo (a cura di),
Abuso del diritto e novit sul processo tributario, Milano, 2016, spec. pag. 13 s.
61
Cfr. D. Stevanato, Elusione fiscale, cit., pag. 701 s.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 665


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Di contro, non si hanno violazioni dellart. 20 T.U. registro, quanto, in


realt, violazioni delle norme impositive che lart. 20 assiste, le quali danno
luogo ad evasione (non ad elusione)62.

9. Inapplicabilit dellart. 10-bis al conferimento seguito dalla cessione di


partecipazioni - Risolto nel senso della distinzione il rapporto tra art. 20 e
art. 37-bis, e ritenendo applicabile il primo, non vi era necessit, per la Corte,
di indagare lapplicabilit della norma generale antielusiva al conferimento
seguito dalla cessione di partecipazioni.
Se, per, si nega che lart. 20 consenta di riqualificare loperazione de quo
in cessione di azienda, potrebbe applicarsi, anche nellimposta di registro, la
norma residuale oggi racchiusa nellart. 10-bis, ove se ne ravvisassero i
presupposti63. Non pare, tuttavia, chessa possa applicarsi alla gran parte
di questi casi per mancanza di uno degli elementi costitutivi della condotta.
Difatti, lart. 10-bis presuppone leffettuazione di operazioni prive di
sostanza economica, che realizzino vantaggi fiscali indebiti, i quali, a loro
volta, devono risultare essenziali rispetto agli altri vantaggi conseguiti.
Recepisce, cos, la concezione oggettiva dellabuso elaborata dalla giuri-
sprudenza comunitaria, nella quale scompare il riferimento alla formula
pretoria delluso distorto di strumenti giuridici (che sembra, semmai,
riaffiorare negli indici di cui al comma 2, lett. a).
Non assumono rilevanza i motivi soggettivi64: i vantaggi fiscali sono
inopponibili quando non siano conformi alle finalit e ai principi delle
norme rilevanti o dellordinamento65.

62
Conf. S. Fiorentino, Lart. 10-bis ed il coordinamento delle normative antielusive nazio-
nali, relazione tenuta al Convegno AIPDT di Napoli, il 14 e 15 ottobre 2015 (reperibile
allindirizzo: http://www.aipdt.it/). A conclusioni analoghe perviene V. Mastroiacovo, Studio
n. 151-2015/T del Consiglio Nazionale del Notariato - Labuso del diritto o elusione in materia
tributaria: prime note nella prospettiva della funzione notarile, 27 gennaio 2016, per la quale lart.
20 dovrebbe applicarsi solo a casi di errata interpretazione dellatto o di difformit tra titolo e
tipo giuridico (Id., La nuova disciplina dellabuso del diritto, cit.). Va segnalata, sul punto, la
diversa opinione di A. Giovannini (ribadita, in ultimo, in Labuso del diritto tributario, cit.,
pag. 908), secondo cui chi abusa del diritto fiscale viola comunque una norma - lart. 10-bis,
appunto - n pi n meno di chi commette evasione; le due condotte, entrambe anti-giuridiche,
esprimerebbero un disvalore simile, tale da non giustificare disparit di sanzioni. LAutore
per consapevole del fatto che una simile posizione svaluta, di fatto, la differenza tra evasione
ed elusione e, aggiungo, la categoria stessa del lecito risparmio di imposta.
63
Lart. 10-bis , infatti, applicabile a tutti i tributi. Conf. V. Mastroiacovo, La nuova
disciplina dellabuso del diritto, cit. pag. 36 s.
64
Cfr. relazione governativa allo schema di Decreto sulla certezza del diritto del 21 aprile
2015.
65
Colgono la centralit del vantaggio fiscale indebito nella fattispecie abusiva, pur con
diverse sensibilit, P. Russo, Profili storici e sistematici in tema di elusione ed abuso del diritto
in materia tributaria: spunti critici e ricostruttivi, in Dir. prat. trib., 2016, I, pagg. 7-9; D.
Stevanato, Elusione fiscale, cit., e, gi prima, A. Contrino, Il divieto di abuso del diritto
fiscale: profili evolutivi, (asseriti) fondamenti giuridici e connotati strutturali, in Dir. prat.

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proprio il carattere indebito del vantaggio fiscale che sembra mancare


nella maggior parte dei casi di conferimento e cessione delle partecipazioni.
Dal sistema delle norme sullimposta di registro, specie da quelle a ratio
antielusiva, si trae il principio per cui, quando divergano, prevale la sostanza
giuridica dellatto sulla sua forma. Questo principio, per, non comporta
lapplicazione della medesima tassazione a qualsivoglia fattispecie civili-
stica realizzi un dato risultato pratico, che significherebbe sovvertire la
struttura del tributo; n impone una corrispondenza univoca tra schemi
negoziali, tipo normale (ss. scelto dal legislatore) e un certo risultato
pratico, tale da obbligare il contribuente a scegliere schemi negoziali pre-
determinati in funzione di quel risultato. Ci per il motivo che la valutazione
di corrispondenza tra tipo negoziale e sostrato economico - se cos si pu
dire - delloperazione compiuta dal legislatore e, solo in determinate
circostanze, dallinterprete che applica la norma generale antielusiva
(come nelle condotte circolari, allesito delle quali lunico socio della confe-
ritaria si trova a detenere la totalit delle partecipazioni di questa).

10. Art. 20 e partecipazione del contribuente allaccertamento - Dalla natura di


norma interpretativa dellart. 20 deriva che, a differenza delle contestazioni
di abuso del diritto, non richiesta al Fisco la prova dellintento elusivo n di
instaurare il contraddittorio66 preventivo.
Questa seconda massima (inesplicata nelle sentenze di dicembre, ma gi
affermata nella sentenza Tamerice) conforme al principio, enunciato dalle
Sezioni Unite nella sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823, secondo il quale, nei
tributi non armonizzati, non esiste un generico diritto del contribuente di
partecipare alla formazione del provvedimento, n il Fisco ha lobbligo di
provocarlo, se non nei casi espressamente previsti67. Obbligo che, al

trib., 2009, I, pag. 481 s. In senso parzialmente difforme F. Gallo, La nuova frontiera
dellabuso del diritto in materia fiscale, in Rass. trib., 2015, pag. 1330; A. Giovannini,
Labuso del diritto tributario, in Dir. prat. trib., 2016, I, pag. 906 s. Sullart. 10-bis in
generale, v. anche F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Parte Generale, cit., pag. 250 s.;
G. Corasaniti, Il dibattito sullabuso del diritto o elusione nellordinamento tributario, in
Dir. prat. trib., 2016, I, pag. 465 s.; M.V. Serran, Brevi considerazioni sulle prospettive di
riforma in tema di abuso del diritto o elusione fiscale, in Boll. trib., 2015, pag. 488 s.
66
Con il termine contraddittorio indico la partecipazione del contribuente allattivit
dellAmministrazione in funzione difensiva, ossia per rappresentare elementi di fatto e di
diritto utili per giungere ad unobiettiva determinazione della materia imponibile (L. Salvini,
La nuova partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo statuto del
contribuente ed oltre), in Riv. dir. trib., 2000, I, pag. 13). V. anche Cass., 3 agosto 2012, n. 14026.
67
Confermata dalle successive Cass., (ordd.) 17 marzo 2016, n. 5362 e 12 aprile 2016, n.
7137 e commentata da M. Beghin, Il contraddittorio endoprocedimentale tra disposizioni
ignorate e principi generali poco immanenti, in Corr. Trib., 2016, pag. 479 s. e V. Garattini, Il
principio del contraddittorio nel procedimento tributario: brevi riflessioni sullevoluzione
della giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in Innovazione e diritto,
2015, pag. 91 s. In base a questo principio, un accertamento emesso senza previo

Rassegna Tributaria 3/2016 - 667


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contrario, la dottrina68 e parte della giurisprudenza precedente69, anche


costituzionale70, avevano faticosamente e variamente ricavato dai principi
di partecipazione allazione amministrativa e di collaborazione e buona
fede, diretta espressione di quelli costituzionali di difesa, imparzialit e
buon andamento dellAmministrazione.
Le oscillazioni della giurisprudenza in tema dintervento del privato nel
procedimento amministrativo (o, mutuando il termine processualistico, di
contraddittorio endoprocedimentale) riflettono le incertezze sui limiti di
applicazione di siffatto principio nel nostro ordinamento, sulle sue concrete
modalit di attuazione e sulle conseguenze della sua violazione.
Questi tre profili sannodano lun laltro in un intreccio difficile da
sciogliere.
Se vero, come afferma la Corte costituzionale71, che la mancata
previsione nellart. 20 del contraddittorio anticipato non dostacolo alla
sua applicazione, difficile dire come debba attuarsi tale principio. La sua
traduzione pratica pu, infatti, variare di caso in caso, perch dipende dalle
caratteristiche del procedimento applicabile e dal contemperamento din-
teressi che linterprete chiamato a fare72.
Nel caso dellart. 20 T.U. registro, ad esempio, in quale modo dovrebbe
partecipare il contribuente alla formazione dellatto? Basterebbe linvio di
un semplice questionario o sarebbe necessario un vero e proprio
contradditorio?
La domanda suona pi come una provocazione, se si ritiene che la
funzione della norma sia solo dindividuare gli effetti giuridici degli atti e
che non hanno peso le ragioni economiche delle operazioni: non si
vedrebbe, infatti, lutilit di un contraddittorio (peraltro, nessuna norma

contraddittorio stato ritenuto valido per la parte riguardante tributi non armonizzati,
invalido per quella relativa a tributi armonizzati (Cass., 30 dicembre 2015, n. 26117).
68
Riferimenti essenziali anche alla giurisprudenza comunitaria in V. Garattini, op. cit.
Ricordo solo le monografie di L. Salvini, La partecipazione del privato allaccertamento, Padova,
1990, E. Marello, Laccertamento con adesione, Torino, 2001 e G. Ragucci, Il contraddittorio nei
procedimenti tributari, Torino, 2009.
69
Cass., SS.UU., 29 luglio 2913, n. 18184 in Rass. trib., 2013, pag. 1129, annotata da F.
Tesauro; Id., 18 settembre 2014, n. 19667, in Giur. it., 2015, pag. 1199 con nota di Albertini. Cass.
nn. 406/2015 e 25759/2014 avevano esteso lobbligo di notifica della richiesta di chiarimenti
anche a contestazioni di abuso del diritto su fattispecie non contemplate dallart. 37-bis.
Tuttavia, i principi affermati da queste pronunce, oltre ad essere superati dallarresto delle
Sezioni Unite, non sembrano estendibili alle contestazioni ex art. 20, perch formulati con
riguardo a fattispecie nelle quali le verifiche si erano svolte nei locali dellimpresa, con
successiva consegna del PVC; quindi, comunque sussumibili nellart. 12 della Legge n. 212/
2000.
70
Corte cost., 7 luglio 2015, n. 132, in Rass. trib., 2015, pag. 1201, con note di G. Marongiu e
Ragucci.
71
Sentenza 7 luglio 2015, n. 132, punto 3.1.
72
G. Ragucci, Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza della Corte costitu-
zionale, in Rass. trib., 2015, pagg. 1228 e 1233.

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del T.U. registro impone allUfficio un generalizzato obbligo del


contraddittorio).
Sennonch, allatto pratico, la riqualificazione risulta estremamente
invasiva per limpresa, potendo portare inattese e gravi conseguenze finan-
ziarie anche a distanza di anni; tanto da aver indotto certa dottrina finanche
a interrogarsi sulla possibilit di configurare lannullabilit degli avvisi di
riqualificazione per sviamento di potere73.
Queste riflessioni suggeriscono, insomma, una pi informata medita-
zione dellattivit valutativa del Fisco, specie nelle operazioni pi artico-
late74. Esigenze di certezza nella determinazione del presupposto,
espressione del principio di legalit, e di bilanciamento della invasivit
della riqualificazione potrebbero indurre a considerare una forma (obbli-
gatoria) di partecipazione-difensiva del contribuente alla formazione del-
lavviso; una partecipazione diretta soprattutto ad instaurare un
contraddittorio, pi che a completare il quadro conoscitivo del Fisco (lim-
posta deve comunque applicarsi in base allatto)75.
Anche a voler ignorare il problema della forma del contraddittorio, poi
dubbio quale sia la conseguenza della violazione di un obbligo ricavato da
un principio: un obbligo tale se la sua violazione comporta una sanzione e,
nel diritto tributario, questa sanzione pu derivare dalla violazione di una
norma di legge o di un principio. Ma deve trattarsi di un principio fonda-
mentale (si ha nullit in senso forte anche negli altri casi indicati dallart. 21-
septies, comma 1 della Legge n. 241/1990, nei quali, per, non sembra
sussumibile il difetto di contradditorio)76.
Tuttavia, qui posta in dubbio lesistenza stessa di una norma di legge77
o di un principio fondamentale, la cui violazione sarebbe causa di nullit.
Sul piano delle posizioni soggettive, in fine, lobbligo di un soggetto
corrisponde al diritto di un altro; diritto che, nella specie, la Cassazione ha
(di nuovo) ravvisato nei soli casi previsti dalla legge.

73
G. Girelli, op. cit., pag. 127 s.
74
Nel caso esaminato da Cass. 25484/2015, una societ e un fondo pensione si sono visti
richiedere oltre 70 milioni di euro, a titolo di sola imposta complementare di registro, tre anni
dopo una complessa operazione da oltre un miliardo di euro.
75
Mi faccio carico della critica secondo la quale la partecipazione del privato sarebbe oggi
gi assicurata dalla possibilit di esperire laccertamento con adesione, una volta ricevuto
lavviso. Obbietto che, in realt, in quel momento latto gi formato.
76
Cfr. Cass., 18 settembre 2015, n. 18448. In dottrina, F. Tesauro, Le nullit dei provve-
dimenti tributari, in Innovazione e diritto, 2015, pag. 30 s.
77
M. Beghin, Il contraddittorio endoprocedimentale, cit., ritiene che un generale
obbligo del Fisco di comunicare il processo verbale di constatazione, e attendere per sessanta
giorni le osservazioni del contribuente prima di emanare lavviso, sia desumibile, per inter-
pretazione analogica, proprio dallart. 12, comma 7, Legge n. 212/2000 e dallart. 24, Legge 7
gennaio 1929, n. 4.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 669


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D. CAN - LA GIURISPRUDENZA INTORNO ALLART. 20 DEL T.U.R.

11. Notazioni conclusive - Labbandono della tesi che vedeva nellart. 20 una
norma antielusiva propria rappresenta, a mio avviso, un passo avanti per la
giurisprudenza. Le clausole generali, come quelle antielusive, determinano
un innalzamento dei criteri giudiziali di decisione - dalle norme precettive
ai valori della coscienza sociale78 - e accrescono lincertezza del sistema.
La posizione della giurisprudenza sullart. 20 appare coerente con la
funzione che la nuova norma generale antielusiva dellart. 10-bis destinata
a svolgere nel nostro ordinamento. Tuttavia, essa sembra criticabile sotto
pi profili.
Sotto il profilo teorico, la teoria degli atti collegati contraddice la ratio
dellart. 20 e contrasta col presupposto del tributo di registro, perch pre-
tende di applicarvi de plano le figure civilistiche, ignorandone la specificit.
Lavversata tesi tradisce la diffusa e condivisibile esigenza di adeguare la
struttura del tributo al mutato contesto economico, nel tentativo di realiz-
zare leguaglianza sostanziale nella ripartizione dei carichi pubblici79.
Tuttavia, in un ordinamento informato al principio di legalit, nel quale
il potere pubblico si connota in termini di esercizio tipico e formale80,
linterprete non pu alterare le fattispecie impositive, che spetta solo al
legislatore di modificare.
Sotto laspetto pratico, la teoria della riqualificazione inficia la
prevedibilit delle conseguenze giuridiche, comporta lirrilevanza delle
ragioni economiche delle operazioni e la negazione del diritto al
contraddittorio.
Cos, sembra che il contribuente resti senza argomenti - e, soprattutto,
senza garanzie - innanzi a rettifiche tanto invasive. Rimangono, per altro,
perplessit sullutilit che un (eventuale) contraddittorio anticipato
potrebbe avere nelleconomia di questi accertamenti.
Queste ragioni inducono a una rimeditazione della teoria degli atti
collegati, che confini lapplicazione dellart. 20 entro il presupposto dellim-
posta di registro e lasci allart. 10-bis il compito di colpire le condotte
abusive, specie quelle realizzate con schemi circolari.

DOTT. DANIELE CAN


Dottorando di ricerca in diritto tributario
Universit degli Studi di Milano-Bicocca

78
N. Irti, La crisi della fattispecie, in Riv. dir. proc., 2014, pag. 41 s.
79
Per una analisi critica delle teorie egalitaristiche della redistribuzione, v. D. Stevanato,
La giustificazione sociale dellimposta, Bologna, 2014, pag. 322 s.
80
Cass., SS.UU., 26 febbraio 2010, n. 4648.

670 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Regole europee ed incentivi fiscali allo sviluppo dei


brevetti: prime considerazioni sulla Patent Box
Alessandro Vicini Ronchetti

Estratto: La legge riguardante la detassazione degli utili derivanti dallo sfrutta-


mento di taluni beni immateriali, c.d. Patent Box, stimola alcune riflessioni in merito
alla compatibilit rispetto alla regole europee. La Patent Box pone riflessioni con
riguardo al necessario bilanciamento della regola sul divieto di aiuti di Stato e la
necessit di attuare politiche economiche europee di sviluppo di determinati settori.
In particolare, la recente evoluzione della Commissione in merito alla nozione di
selettivit dellaiuto potrebbe implicare profili di illegittimit della norma.
Inoltre, il disposto legislativo di cui alla Legge n. 190/2014 pone alcuni problemi
interpretativi, di non poco conto, che non appaiono essere stati risolti dal Decreto
attuativo.

Abstract: The law granting tax benefit in case of certain intangibles income, the so
called Patent Box, involves considerations on the compatibility of said law with
regard to European rules. Patent Box implies a balance between the State Aid rule
and the need to put in place specific economics European actions on strategic sectors
development. In particular, the recent evolution of the European Commission on the
selectivity requirement may lead to affirm that the law n. 190 could be contrary to
prohibition of State Aid rule.
In addition, the law n. 190/2014 includes few interpretation matters that have not been
solved by the Ministerial Decree.

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La disposizione di cui alla Legge finanziaria per il 2015


(cenni) - 3. Compatibilit del regime Patent Box con la legislazione comunitaria -
3.1. Premessa - 3.2. Patent Box e libert fondamentali - 3.3. Patent Box e
Aiuti di Stato - 3.4. Patent Box ed obiettivi europei di politica economica -
4. Peculiarit recate dalla legislazione italiana e regole europee - 4.1. Perdite
fiscali - 4.2. Deducibilit dei costi - 5. Determinazione del contributo econo-
mico alla produzione del reddito.

1. Premessa - La Legge n. 190 del 23 dicembre 2014 pubblicata sulla Gazzetta


Ufficiale n. 300 del 29 dicembre 2014 (Legge di stabilit per il 2015, di seguito
anche Legge n. 190) reca, nella versione originaria, allart. 1, commi 37 e
seguenti, la possibilit di optare per un regime fiscale previlegiato ai redditi

Rassegna Tributaria 3/2016 - 671


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A. VICINI RONCHETTI - INCENTIVI ALLO SVILUPPO DEI BREVETTI

derivanti dallutilizzo di opere dellingegno, da brevetti industriali, da mar-


chi dimpresa funzionalmente equivalenti ai brevetti, nonch da processi,
formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo indu-
striale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili. La disposizione
di cui sopra rappresenta un incentivo allattivit di ricerca gi presente, da
alcuni anni, in altri Paesi europei.
La legge istitutiva, al comma 43, prevede lemanazione di un Decreto di
natura non regolamentare volto a disciplinare le disposizioni attuative
dellagevolazione nonch individuare le tipologie di marchi escluse dallam-
bito di applicazione della norma de qua. Inoltre, lart. 5 del D.L. 25 gennaio
2015, n. 3 convertito nella Legge 24 marzo 2105, n. 331, ha modificato il
comma 43 eliminando sia il riferimento alla individuazione della tipologia
di marchi esclusa dallagevolazione sia la specificazione riferita sempre ai
marchi che prevedeva che fossero funzionalmente equivalenti ai brevetti2.
In ultimo, il comma 148, art. 1 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d.
Legge di stabilit per il 2016) ha introdotto alcune precisazioni in relazione
alla individuazione dei beni agevolabili, senza tuttavia apportare modifiche
sistematiche3.
Lopportunit di riflettere su detta agevolazione trova stimolo anche alla
luce del dibattito attualmente in essere in ambito europeo sui regimi di
incentivazione alla ricerca e sviluppo attraverso agevolazioni di carattere
tributario. LItalia infatti tra gli ultimi Paesi che hanno adottato una
specifica legislazione al fine di incentivare la ricerca e linnovazione attra-
verso una disciplina fiscale dedicata4.
Lintroduzione di regimi fiscali di favore, sebbene volta ad incre-
mentare gli investimenti in attivit potenzialmente capaci di arrecare
incremento di ricchezza e di produzioni ad alto valore aggiunto, pu
tuttavia assumere le caratteristiche di concorrenza fiscale dannosa;
prassi che sia lEuropa sia lOCSE sono impegnati a contrastare.
Proprio in relazione al regime agevolativo Patent Box, la Germania,
attraverso il proprio Ministro delle Finanze, ha formalmente chiesto di

1
Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 70 del 25 marzo 2015.
2
Le implicazioni derivanti dallinclusione dei marchi tra le attivit immateriali che
permettono di godere dellagevolazione Patent Box non sono oggetto di trattazione nel presente
scritto.
3
In particolare viene precisato che tra le opere dellingegno tutelabili rientra il software
protetto da copyright e che qualora pi beni appartenenti a un medesimo soggetto, siano
collegati da vincoli di complementariet e vengano utilizzati congiuntamente ai fini della
realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di
processi, tali beni possono costituire un solo bene immateriale.
4
I Paesi che risultano avere una disciplina Patent Box sono: Francia, Ungheria, Paesi
Bassi, Cipro, Regno Unito, Portogallo, Svizzera, Liechtenstein, Irlanda, Cina. I regimi agevo-
lativi variano da unaliquota di tassazione pari a 0% in Malta, al 2% a Cipro, 2,5% in
Liechtenstein per giungere al 12% in Spagna e 15,5% in Francia.

672 - Rassegna Tributaria 3/2016


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rivedere la legislazione di diversi Stati membri in quanto, secondo la


Germania, costituirebbero prassi fiscali che non hanno lo spirito euro-
peo ma sono adottate al solo fine di attrarre societ garantendo aliquote
fiscali fortemente ridotte5. In dettaglio, secondo le osservazioni mosse
dalla Germania, la Patent Box britannica consentiva di beneficiare
dellagevolazione fiscale anche in caso di attivit di ricerca sostanzial-
mente effettuata da soggetti residenti in altri Paesi membri; con ci non
avrebbe permesso di concorrere allo sviluppo delleconomia del Paese
che concede lagevolazione. Inoltre, la legge sulla Patent Box britannica
non poneva specifici oneri di documentazione/tracciabilit delle spese
di ricerca sostenute. Ci ha indotto la Germania a chiedere modifiche al
regime inglese. Richieste che, dopo un periodo di trattative tra i
Ministri delle Finanze dei due Paesi, hanno comportato ladozione di
un accordo formalizzatosi durante le riunione del G20 di Brisbane
tenutosi nel novembre 2014. Successivamente, in occasione del G20
del febbraio 2015, tenutosi ad Istanbul, i Paesi hanno concordato
lintroduzione del c.d. nexus approach al documento BEPS con riferi-
mento alle norme di favore riguardanti gli incentivi alla ricerca6. Tale
regola statuisce la necessit che lagevolazione sia concessa, o comun-
que sia pi efficace, qualora vi sia una collegamento diretto tra le spese
sostenute per il bene immateriale e i proventi derivanti dallo sfrutta-
mento del bene stesso7.

5
Affermava il Ministro tedesco Wolfgang Schaueble: We have to look at this practice and
discuss it in Europe. Thats not European spirit. You could get the idea they are doing it just to
attract companies Cfr. dichiarazione del Ministro delle Finanze riportata dallagenzia di
stampa Reuters in http://uk.reuters.com/article/2013/07/09/uk-europe-taxes-
idUKBRE9680KY20130709. Sempre lagenzia Reuters riporta: Governments which offer
them say they encourage innovation and high-value jobs in research and development. Critics
see the scheme as government-sanctioned tax avoidance. Countries offering Patent Box-type
regimes include Belgium, France, Hungary, the Netherlands and Spain, according to tax advisers
Deloitte. Patent Box schemes can be valuable for companies.
Glaxo Smithkline (GSK.L) has said the UK regime encouraged it to build a new UK
pharmaceutical plant in Britain and to bring many patents held overseas back into the UK.
Citigroup has estimated GSKs effective tax rate will fall to 21 percent by 2017, from an estimated
24 percent in 2013 as a result of the measure. U.S. on line travel agency Priceline.com said last year
the innovation box break offered in the Netherlands, where its Booking.com is based, would
reduce its tax rate by around four percentage points. Belgium, one of the first EU countries to adopt
a Patent Box type break, is considering imposing limits to the benefits companies can claim, tax
advisers said, after discovering tax revenues were being cut more than expected. Tax competition is
a global issue but the ability of companies to operate in one European market and access
neighbouring ones without barriers means tax competition is most fiercely fought in the bloc,
academics say.
6
Sul tema si veda P. Arginelli - F. Pedaccini, Prime riflessioni sul regime italiano di Patent
Box in chiave comparata ed alla luce dei lavori dellOCSE in materia di contrasto alla pratiche
fiscali dannose, in Riv. dir. trib., n. 9/2014, pag. 80 ss.
7
Cfr. Relazione illustrativa al Decreto interministeriale.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 673


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Inoltre, il regime fiscale Patent Box pu comportare altre potenziali


criticit. Esso difatti pu comportare eventuale violazione del divieto di
aiuti di Stato ai sensi degli artt. 107 e seguenti del Trattato di funzionamento
dellUnione Europea; eventuale violazione del codice di condotta istituito da
parte dellECOFIN nel 1998 nonch possibile violazione delle indicazioni
contenute nel documento programmatico dellOCSE (Base Erosion and
Profit Splitting, c.d. BEPS) recentemente sottoscritto dai ministri dei
Paesi aderenti al G208. In particolare, con riferimento al documento
OCSE, trattasi di proposte di modifiche ai trattati bilaterali ed alle dispo-
sizioni che potenzialmente potrebbero rappresentare misure fiscali dan-
nose. I Paesi del G20 hanno difatti concordato un quinto punto (Action n. 5)
allinterno del documento BEPS in base al quale il beneficio fiscale concesso
ai redditi derivanti dallattivit di ricerca e sviluppo dovr rispettare talune
caratteristiche.

2. La disposizione di cui alla Legge finanziaria per il 2015 (cenni) -


Lagevolazione Patent Box recata dalla normativa italiana ricalca, in linea
generale, le disposizioni gi adottate dagli altri Paesi. prevista una detas-
sazione (a regime sar del 50%) dei proventi derivanti dallo sfruttamento di
taluni beni immateriali. In particolare sono inclusi tra i beni immateriali: le
opere dellingegno, i brevetti industriali, i marchi nonch processi, formule e
informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, com-
merciale o scientifico, a patto che siano giuridicamente tutelabili.
La disposizione reca i presupposti soggettivi individuando tutti coloro
che esercitano attivit dimpresa, indipendentemente dalla forma giuridica.
Sono inoltre ammessi a beneficiare del regime anche i soggetti non residenti
nel territorio dello Stato ai sensi della lett. d), comma 1, art. 73 T.U.I.R.; in
questultimo caso solo qualora i beni immateriali siano attribuibili alla
stabile organizzazione e sia in vigore con il Paese estero un accordo per
evitare le doppie imposizioni che preveda uno scambio di informazioni
effettivo. Peculiare caratteristica del regime Patent Box, infine, lobbligo si
quantificare il contributo diretto dei beni immateriali al reddito comples-
sivo, attraverso un accordo con lAmministrazione finanziaria ai sensi
dellart. 8, D.L. 30 settembre 203, n. 269 (articolo ora sostituto con lart.
31-ter, D.P.R. n. 600/1973); requisito, questultimo, che - come descriveremo
meglio nel prosieguo - presenta talune criticit9.

8
Sottoscritto durante il G20 di Lima in data 8 ottobre 2015 ha visto il contributo di oltre 60
Paesi. In merito ricordiamo che il Governo spagnolo ha annunciato il 5 agosto 2015 lintenzione
di modificare il regime Patent Box al fine di adeguarlo al contenuto dellAction 5 on countering
harmful tax practices, emesso dallOCSE.
9
inoltre previsto il preventivo accordo con lAmministrazione finanziaria nel caso di
profitti eligibili per lagevolazione qualora derivino da transazioni con soggetti appartenenti al
gruppo o qualora la plusvalenza connessa alla cessione del bene, derivi da alienazione avvenuta
nei confronti di soggetti appartenenti al gruppo.

674 - Rassegna Tributaria 3/2016


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inoltre concessa unagevolazione anche nel caso di alienazione del


bene immateriale ( prevista una detassazione della plusvalenza realizzata)
a condizione che almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla cessione sia
reinvestito, prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo
a quello in cui avvenuta la cessione, nello sviluppo o nella manutenzione di
altri beni agevolabili.
Sebbene il meccanismo agevolativo sia applicato al reddito imponibile
attraverso lesclusione da tassazione di una parte del reddito stesso, le
modalit per la quantificazione dallammontare agevolabile si basano sul-
lammontare dei costi sostenuti. I criteri di determinazione del beneficio,
stato osservato, non si configurano come un semplice incentivo per le
aziende nellintraprendere attivit di ricerca e sviluppo ma collocano lim-
pianto di incentivazione su un piano differente, allorch lagevolazione sui
ricavi connessi ai costi sostenuti per la ricerca e sviluppo, mentre le incen-
tivazioni alla ricerca e sviluppo in precedenza introdotte erano parametrate
esclusivamente sullammontare dei costi (incentivo sotto forma di credito
dimposta, quale, ad esempio, quello disciplinato dal D.L. 23 dicembre 2013,
n. 145 recante la concessione di un credito dimposta parametrato sulle
spese di ricerca e sviluppo sostenute)10. Invero, la legge in questione ha come
ratio il mantenimento dei beni immateriali in Italia nonch favorire il
rientro in Italia di beni immateriali delocalizzati in Paesi esteri11.
Trattasi, difatti, come evidenziato da attenta dottrina, di beni e di connessi
redditi che, oltre a consentire la realizzazione di alto valore aggiunto,
possono essere agevolmente trasferiti in Paesi ove vigono regole fiscali
pi favorevoli12.
Il meccanismo di determinazione dellagevolazione comporta che la
quota di reddito o di valore della produzione (lopzione per il regime di
tassazione agevolata dei redditi derivanti dallutilizzo dei beni immate-
riali rileva, oltre che ai fini delle imposte sui redditi, anche ai fini IRAP)
che pu essere oggetto di agevolazione, definita in base al rapporto tra
i costi di attivit di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento,
laccrescimento e lo sviluppo del bene immateriale eligibile e i costi
complessivi sostenuti per produrre tale bene. In dettaglio, i costi che
sono privilegiati per la quantificazione del reddito agevolabile sono

10
Cfr. M. DOrsogna, A. Sbroiavacca, D. Stevanato, R. Lupi, Patent Box tra calcolo dei
ricavi agevolabili e utilizzazione dei costi come limite al beneficio, in Dialoghi Tributari, n. 1/
2015, pag. 5.
11
In questo senso si esprime la relazione illustrativa al disegno di legge come evidenziato
da L. M. Pappalardo, Alcuni comenti a caldo sul nuovo Patent Box, in Riv. dir. prat. trib., n. 4/
2015, pag. 3.
12
Cfr. S. Cipollina, I redditi nomadi delle societ multinazionali nelleconomia globa-
lizzata, in Riv. dir. fin. sc. fin., n. 1/2014, pag. 8. Afferma la dottrina citata: Allinterno dei
gruppi multinazionali, lallocazione dei costi e dei profitti relativi allo sviluppo dei beni
immateriali spesso non in linea con il reale processo di creazione del valore.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 675


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costi afferenti attivit svolte direttamente dai soggetti beneficiari; da


universit o enti di ricerca e organismi equiparati; da societ, anche
start up innovative, diverse da quelle che direttamente o indiretta-
mente controllano limpresa, ne sono controllate o sono controllate
dalla stessa societ che controlla limpresa. Si pu trarre la ratio di tale
calcolo nella volont di incentivare la ricerca e sviluppo effettuata da
parte del soggetto che beneficia della misura. Difatti, lammontare del
reddito agevolabile decresce allaumentare della spese di ricerca e
sviluppo rappresentate da addebiti effettuati da societ del gruppo
nella misura in cui tali costi non sono, a loro volta, oggetto di
riaddebito.
La finalit del meccanismo di calcolo dellagevolazione espressa-
mente confermata dalla relazione al Decreto ministeriale ove si afferma
che il numeratore e il denominatore del rapporto [ergo lammontare
dellagevolazione, N.d.R.] non differiscono per natura dei costi ivi
indicati, ma soltanto per il diverso computo delle spese di R&S deri-
vanti da rapporti con consociate e di quelle relative ad acquisizioni
degli immateriali13.

3. Compatibilit del regime Patent Box con la legislazione comunitaria

3.1. Premessa - Usualmente i Paesi europei che adottano legislazioni di


favore verso redditi derivanti dallo sfruttamento di propriet intellettuali,
suddividono le propriet immateriali legate alla produzione dei beni come
i brevetti e quelle legate al marketing, come i marchi. Le prime sono
propriet immateriali che solitamente comportano alti rischi ed ingenti
investimenti; le seconde permettono invece una maggiore diffusione sul
mercato dei beni prodotti14. Inoltre, anche le modalit di determinazione
del beneficio fiscale possono essere suddivise in due tipologie di gruppi. Da
un lato, esistono Paesi in cui la riduzione della tassazione effettiva
concessa mediante lesenzione (il nostro legislatore ha adottato il sostan-
tivo esclusione) di parte del reddito, altri Paesi concedono una deduzione
(notional deduction) al reddito derivante dalla propriet intellettuale

13
Prosegue quindi la relazione In ragione della suddetta composizione degli elementi del
coefficiente per la determinazione del reddito agevolabile, risulta pertanto evidente che
qualora le spese di sviluppo, mantenimento e accrescimento dei beni intangibili agevolabili
siano solo quelle relative ad attivit di ricerca e sviluppo effettuate direttamente dal contri-
buente o effettuate da soggetti terzi indipendenti (universit, centri di ricerca e soggetti
indipendenti), la quota di reddito agevolabile sar pari allintero importo del reddito derivante
dallutilizzo di tali beni (infatti, in tale caso il valore del coefficiente risulter pari a uno).
14
Invero, la legislazione adottata dai Paesi dellUnione molto pi articolata. Alcuni Paesi
includono nellagevolazione fiscale software, formule, know how, ricerche commerciali. Cfr. L.
Evers, H. Miller, C. Spengel, Intellectual Property Box Regimes: Effective Tax Rates and Tax
Policy Considerations, in International Tax and Public Finance, n. 3/2015, pag. 502 ss.

676 - Rassegna Tributaria 3/2016


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oggetto di agevolazione. La Francia adotta un regime in base al quale il


reddito derivante dalla propriet intellettuale tassato separatamente con
unaliquota ridotta.

3.2. Patent Box e libert fondamentali - Il diritto comunitario, inteso come


regole e principi sanciti dal trattato di funzionamento dellUnione Europea,
di per s, non osta alla possibilit di adottare regimi fiscali di vantaggio su
redditi derivanti dallimpiego di propriet intellettuali a patto che tali regimi
non conducano ad una discriminazione o ad una limitazione di una delle
libert fondamentali statuite dal Trattato stesso15.
Un primo vincolo che condiziona la disciplina della Patent Box quindi
legato allaspetto della territorialit. Lagevolazione fiscale non pu essere
subordinata allo svolgimento dellattivit di ricerca nel Paese ove viene
istituita lagevolazione. Ad esempio, escludere dal beneficio il reddito pro-
dotto dalla societ in forza dellattivit di ricerca effettuata dalla propria
stabile organizzazione ubicata in un altro Paese membro, costituirebbe una
violazione della libert sancita dallart. 49 TFUE. Si prospetta quindi un
potenziale contrasto: da un lato il Paese vuole incentivare un maggiore
investimento in ricerca e sviluppo, dallaltro, la norma agevolativa non
pu imporre lo svolgimento dellattivit di ricerca e sviluppo entro i confini
di un Paese16. Si profilano quindi dirimenti le condizioni a fronte delle quali
pu essere imposta una localizzazione territoriale di un determinato inve-
stimento. In primo luogo, ricordiamo che leventuale limitazione ad una
libert pu essere ammessa qualora risponda ad esigenze di interesse
generale17.
La Legge n. 190, nel disciplinare lagevolazione, non reca alcun espresso
regime fiscale differenziato sulla base della localizzazione del sito ove viene
svolta lattivit di ricerca. La norma, difatti, prende a riferimento i proventi
riconducibili ai beni immateriali, a prescindere da dove il bene immateriale

15
Sul tema si veda G. Bizioli, Agevolazioni fiscali e libert fondamentali: i criteri di
collegamento dellimposizione nella giurisprudenza comunitaria, in Riv. dir. trib. int., n. 2/
2001, pag. 349 ss. Osserva Bizioli che nel contesto della struttura del sindacato comunitario al
fine di evincere o meno la violazione di un libert fondamentale la verifica deve essere diretta
allaccertamento della legittimit, in modo quasi esclusivo, delle norme che delimitano lesten-
sione del trattamento di favore rispetto ad una data fattispecie. Afferma Bizioli che In un
quadro sintesi, si potrebbe osservare che tale sindacato riguarda le norme nazionali che
delimitano subiettivamente od oggettivamente lambito di applicabilit delle agevolazioni
(es. Schumacker ed avoir fiscal) ovvero che prescrivano determinati procedimenti formali
per la fruizione (es. Futura Participations e ICI).
16
Il tema del bilanciamento della ragione fiscale degli Stati nazionali e i valori europei
affrontato da P. Boria, Diritto tributario europeo, Milano, 2010, pag. 177 ss.
17
Per una diffusa disamina delle condizioni affinch il regime della Patent Box, pur
violando una libert fondamentale, possa essere ammesso si veda F. Mang, The (in)
Compatibility of IP Box Regimes with EU Law, the Code of Conduct and the BEPS initiatives,
in European Taxation, February/March, 2015, pagg. 79-80.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 677


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sia localizzato. In particolare, il meccanismo di calcolo del beneficio distin-


gue i costi direttamente sostenuti dellimpresa e costi rappresentati da
addebiti. Nella seconda ipotesi irrilevante se il canone per lutilizzo sia
addebitato da un soggetto residente nel territorio ovvero residente alle-
stero18. Al contrario, il meccanismo agevolativo maggiormente premiante
nel caso in cui i costi siano direttamente sostenuti dallimpresa ovvero siano
addebitati da universit o enti di ricerca e organismi equiparati, ovvero da
societ, anche start up innovative, che non facciano parte del gruppo a cui
appartiene il soggetto beneficiario19.
Sotto questo aspetto, ci pare che la Patent Box recata dalla Legge n. 190,
non presenti profili di contrasto alle libert fondamentali20.

3.3. Patent Box e Aiuti di Stato - Un ulteriore aspetto che attiene alla
compatibilit della norma con il diritto comunitario riguarda la possibile
violazione del divieto di aiuti di Stato21.
Lagevolazione Patent Box di cui alla Legge n. 190 merita approfondi-
menti con riferimento al requisito della selettivit e della capacit di incidere
e distorcere la concorrenza, stante lindiscussa presenza del trasferimento di

18
Ricordiamo in questo senso quanto affermato nella sentenza Compagnie de Saint
Gobain, causa C-307/97, in particolare par. 43. Sul tema della libert di stabilimento, in
particolare sul concetto di restrizione al godimento della libert fondamentale, sia in entrata
sia in uscita, si veda S. Dorigo, Residenza fiscale delle societ e libert di stabilimento nellunione
europea, CEDAM, Padova, 2012, pag. 131 ss.
19
Trattasi di quella categoria di costi che in base al Regolamento ministeriale concorrono
a formare il numeratore del rapporto che determina la quota di proventi agevolabili. Cfr. art. 9,
lett. 2) del Decreto del Ministero dello Sviluppo economico di concerto con il Ministero
dellEconomia.
20
Rilievo che non pu essere escluso qualora la legislazione preveda trattamenti diffe-
renziati a seconda della residenza del soggetto che effettua la ricerca e sviluppo. Cfr. F. Mang,
The (in)compatibility of IP Box Regimes with EU Law, the Code of Conduct and the BEPS
initiatives, cit., pagg. 79-80.
21
Cfr. C. Fontana, Gli aiuti di Stato di natura fiscale, Torino, 2012, pagg. 42-43; G. Fransoni,
Profili fiscali della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, Pacini, 2007. Sempre sulla nozione di
aiuti di Stato, senza pretesa di esaustivit, si veda anche L. Salvini (a cura di), Aiuti di Stato in
materia fiscale, CEDAM, Padova, 2007; P. Russo, Le agevolazioni e le esenzioni fiscali alla luce di
principi comunitari in materia di aiuti di Stato: i poteri del giudice nazionale, in Rass. trib., n. 1-
bis/2003, pag. 341 ss.; F. Fichera, Gli aiuti di Stato nellordinamento comunitario, in Riv. dir. fin.
sc. fin., n. 1/1998, pag. 89 ss.; Id., Le agevolazioni fiscali, CEDAM, Padova, 1992; P. Boria, Diritto
tributario europeo, Milano, 2010, pag. 219 ss.; S. Dorigo, Il ruolo del diritto nellUnione Europea,
in R. Cordeiro Guerra (a cura di), Diritto tributario internazionale, CEDAM, Padova, 2012, pag.
167 ss.; E. A. La Scala, I principi fondamentali in materia tributaria in seno alla Costituzione
dellUnione Europea, Milano, 2005, pag. 375 ss.; F. Gallo, Linosservanza delle norme comuni-
tarie sugli Aiuti di Stato e sue conseguenze sullordinamento comunitario interno, in Rass. trib.,
2003, pag. 2271 ss.; A. Carinci, Autonomia impositiva degli enti sub statali e divieto di aiuti di
Stato, in Rass. trib., 2006, pag. 1783 ss.; G. Melis, Vincoli internazionali e norma tributaria
interna, in Riv. dir. trib., 2004, I, pag. 1083.

678 - Rassegna Tributaria 3/2016


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risorse statali e del vantaggio economico22 a favore dellimpresa che esercita


lopzione23.
Afferma lart. 107 che ... sono incompatibili con il mercato interno, nella
misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli
Stati ..., favorendo talune imprese o talune produzioni.
Di fatto, la legge non pare porre condizioni di natura selettiva: tutti
coloro che esercitano attivit dimpresa possono fruire del beneficio a patto
di conseguire reddito che deriva dallo sfruttamento di specifiche attivit
immateriali. Ad un prima lettura tale incentivo appare coerente alle regole
europee; noto che il divieto di aiuti di Stato non pregiudica il diritto da
parte dei singoli Stati membri di adottare misure fiscali volte a perseguire gli
obiettivi di politica economica che ritengano pi appropriati, purch siano
rivolte a tutte le imprese e a tutte le produzioni.
Occorre quindi applicare la verifica dei c.d. tre test che la Commissione
ha elaborato al fine di acclarare la sussistenza di un aiuto non ammesso dal
trattato. Sulla base di tale metodologia, necessario, in primo luogo,
verificare quale sia il sistema generale di tassazione previsto per le imprese
nel territorio dello Stato, in un secondo momento accertare la presenza o
meno di un trattamento differenziato rispetto a tale sistema generale di
tassazione, quindi verificare la presenza o meno di cause di giustificazione
che permettano di giudicare compatibile con le norme di cui agli artt. 107 e
108 la misura fiscale adottata. Ebbene, nel sistema tributario italiano le
imprese residenti e le imprese non residenti che svolgono sul territorio
attivit dimpresa per mezzo di una stabile organizzazione, sono assogget-
tate a tassazione sul reddito complessivo prodotto. Sotto questo aspetto, il
regime Patent Box introduce un criterio selettivo in quanto una particolare
tipologia di reddito non assoggettata a tassazione in deroga al criterio
generale.
Occorre quindi appurare se tale deroga possa essere giustificata. La
giustificazione di un regime differente rispetto al criterio ordinario di
tassazione deve essere effettuata nellambito del sistema di tassazione, in
particolare occorre analizzare se tale differente regime tributario sia coe-
rente rispetto al sistema fiscale24.

22
Su questo tema la giurisprudenza della Corte di Giustizia ampia, si veda lelencazione
indicata da J. Luts, Compatibility of IP Box Regimes with EU State Aid Rules and Code of
Conduct, in EC Tax Review, n. 5/2014, 260, nota 32.
23
indubbio che, potenzialmente, la Patent Box, a seguito dellincremento degli inve-
stimenti e quindi dei risultati positivi conseguiti dalle imprese, potr implicare un effetto
positivo per il bilancio dello Stato. Tuttavia, la Corte di Giustizia ha pi volte sancito lirrile-
vanza di ci al fine di determinare la sussistenza del trasferimento delle risorse. Cfr. cause
riunite C-182/03 e C-217/03, parr. 129-129. Per la dottrina si veda K. Bacon, European Union
Law of State Aid, Oxford, Oxford University Press, 2013, pag. 67.
24
Afferma la dottrina che occorre verificare, preliminarmente, quale sia il sistema
generale applicabile. Successivamente, si potr valutare se la deroga a tale sistema, o le

Rassegna Tributaria 3/2016 - 679


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Secondo lelaborazione giurisprudenziale, la misura selettiva con-


sentita, quindi coerente rispetto allordinamento europeo, se trova giu-
stificazione nellambito del sistema fiscale nel quale inserita; al
contrario, qualora la selettivit della misura risponda ad esigenze eso-
gene rispetto al sistema fiscale stesso, essa non potr trovare acco-
glienza secondo i principi comunitari25. Ad esempio, i regimi nei
quali leffetto selettivo teso a raggiungere finalit del sistema fiscale,
quali ad esempio i regimi di favore al fine di eliminare la doppia
imposizione, non costituiscono misure selettive vietate in quanto tese
non ad arrecare benefici a taluni soggetti ma a dare coerenza e
sistematicit allordinamento26. Esempio di tale sistema agevolativo,
che trova tuttavia coerenza allinterno del sistema fiscale, rappresen-
tato dallart. 87 T.U.I.R. Con tale disposizione il legislatore assegna
lesenzione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni,
ma tale regime tributario non ha lo scopo di assegnare un regime
agevolativo ma dare coerenza al sistema, evitando che la tassazione
della plusvalenza si aggiunga alla tassazione degli utili conseguiti dalla
societ alienata oltre a realizzare esigenze di coerenza del sistema delle
plusvalenze rispetto ai dividendi27. Utili che, in linea di principio, sono
gi stati assoggettati ad imposizione o lo saranno in futuro.
Sulla base delle considerazioni sopra svolte possiamo concludere che
lagevolazione Patent Box sia di natura selettiva e, ad una prima conclusione,
non sia giustificabile la deroga al regime ordinario in quanto non sistema-
tica e coerente con il sistema tributario di tassazione delle imprese28.

differenziazioni al suo interno, siano giustificate dalla natura o dalla struttura del sistema
stesso, ossia se discendano direttamente dai principi informatori o basilari del sistema
tributario dello Stato membro interessato. Detta deroga viene, infatti, considerata dalla
giurisprudenza europea come una forma di selettivit della misura adottata in contrasto
con la disciplina posta dallart. 107, n. 3, TFUE. Cfr. F. Amatucci, Il ruolo del giudice
nazionale in materia di aiuti fiscali, in Rass. trib., n. 5/2008, pag. 1285.
25
Afferma la CGE, nella sentenza Portugal v Commission, causa C-88/03. Una misura in
deroga rispetto allapplicazione del sistema fiscale generale pu essere giustificata dalla natura
e dalla struttura generale del sistema tributario qualora lo Stato membro interessato possa
dimostrare che tale misura discende direttamente dai principi informatori o basilari del suo
sistema tributario. In proposito va operata una distinzione fra, da un lato, gli obiettivi che
persegue un determinato regime fiscale e che sono ad esso esterni e, allaltro, i meccanismi
inerenti al sistema tributario stesso, necessari per il raggiungimento di tali obiettivi.
26
La Corte di Giustizia ha evidenziato tale peculiarit nel caso Paint Graphos, cause
riunite C-78/08 e C-80/08, par. 71.
27
Trattasi di coordinamento necessario che opera con riferimento ai dividendi e alle
plusvalenze, in assenza del quale si verificherebbe una ingiusta doppia imposizione. Una prima
volta in capo alla societ che ha in concreto esercitato lattivit economica; una seconda volta
presso il soggetto che aliena la partecipazione. Cfr. M. Beghin, Diritto tributario, II ed., CEDAM,
Padova, pagg. 614-621.
28
Sulla nozione di selettivit come deroga ai principi del sistema fiscale nazionale si veda
C. Fontana, Aiuti di Stato di natura fiscale, Torino, 2012, par. 3.4.

680 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Occorre tuttavia svolgere unulteriore analisi29. Laiuto di Stato non


ammesso dalle regole europee pu infatti essere compatibile sulla base
delle eccezioni di cui ai commi 2 e 3, art. 107 TFUE.
Assunto che non possa essere applicata la causa di compatibilit di cui al
comma 230, resta da verificare se possano trovare applicazione le deroghe
statuite dal comma 331. Al comma 3 sono previste alcune tipologie di aiuti
che, in presenza delle circostanze ivi richiamate, sono considerate compa-
tibili. Al fine di meglio definire le tipologie di aiuti ammessi, la Commissione
ha emanato un apposito Regolamento ove sono precisate le categorie di aiuti
compatibili con il mercato interno32. Sono ammessi, in maniera espressa,

29
A measure which derogates from the system of reference (prima facie selectivity) may be
still found to be non-selective if it is justified by the nature or general scheme of that system. Such is
the case where a measure results directly from the intrinsic basic or guiding principles of the
reference system or where it is the result of inherent mechanisms necessary for the functioning and
effectiveness of that system. On the contrary, external policy objectives which are not inherent to
the system cannot be relied upon for that purpose.
30
Sono compatibili con il mercato interno:
a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano
accordati senza discriminazioni determinate dallorigine dei prodotti;
b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamit naturali oppure da altri eventi
eccezionali;
c) gli aiuti concessi alleconomia di determinate Regioni della Repubblica federale di
Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a
compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo lentrata in
vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, pu adottare una
decisione che abroga la presente lettera.
31
Possono considerarsi compatibili con il mercato interno:
a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle Regioni ove il tenore di vita sia
anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonch quello delle
Regioni di cui allart. 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune
interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento delleconomia di uno Stato
membro;
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attivit o di talune Regioni
economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al
Comune interesse;
d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando
non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nellUnione in misura contraria
allinteresse comune;
e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della
Commissione.
32
Reg. UE 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014 emanato dalla Commissione
al fine di individuare talune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno, in coerenza
rispetto agli artt. 107 e 108 del trattato. Ricordiamo che, in generale, i finanziamenti statali che
soddisfano i criteri di cui allart. 107, paragrafo 1, del trattato costituiscono aiuti di Stato e sono
soggetti a notifica alla Commissione a norma dellart. 108, paragrafo 3. Tuttavia, secondo il
disposto dellart. 109 del trattato, il Consiglio pu stabilire le categorie di aiuti che sono esentate
dallobbligo di notifica. In conformit allart. 108, paragrafo 4, del trattato, la Commissione pu
adottare regolamenti concernenti queste categorie di aiuti di Stato. Il Reg. CE 994/98 del
Consiglio autorizza la Commissione a dichiarare che, a determinate condizioni, talune

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aiuti per incentivare la ricerca fondamentale, la ricerca industriale, lo


sviluppo sperimentale e gli studi di fattibilit. Restano pertanto esclusi gli
investimenti aventi natura commerciale.
Lart. 9 del Decreto interministeriale individua ai punti (i) e (ii) le spese
che il Regolamento europeo qualifica come ricerca fondamentale,
ricerca industriale e ricerca applicata. Nei successivi punti del
Decreto - dal punto (iii) al punto (vi) - sono individuate tipologie di spese
che non rispettano in pieno le Direttive emanate dalla Commissione33. Le
peculiarit delle spese per ricerca e sviluppo che esonerano lo Stato membro
dallobbligo di notifica sono rappresentate dalla stretta connessione con la
ricerca e linnovazione e non alla commercializzazione di prodotti o servizi.
In particolare i riferimenti alle ricerche di mercato e alle attivit legate al
marchio non ricadono tra quelle previste dal Regolamento europeo34.
Esprimiamo pertanto perplessit in merito allinclusione di beni

categorie di aiuti possono essere esentate dallobbligo di notifica. Trattasi degli aiuti a favore
delle piccole e medie imprese (PMI), degli aiuti alla ricerca e sviluppo, degli aiuti per la tutela
dellambiente, degli aiuti alloccupazione e alla formazione e gli aiuti conformi alla carta
approvata dalla Commissione per ciascuno Stato membro per lerogazione degli sovvenzioni
a finalit regionale.
33
La Commissione individua: ricerca fondamentale: lavori sperimentali o teorici svolti
soprattutto per acquisire nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili,
senza che siano previste applicazioni o usi commerciali diretti;
ricerca industriale: ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove
conoscenze e capacit da utilizzare per sviluppare nuovi prodotti, processi o servizi o per
apportare un notevole miglioramento ai prodotti, processi o servizi esistenti. Essa comprende
la creazione di componenti di sistemi complessi e pu includere la costruzione di prototipi in
ambiente di laboratorio o in un ambiente dotato di interfacce di simulazione verso sistemi
esistenti e la realizzazione di linee pilota, se ci necessario ai fini della ricerca industriale, in
particolare ai fini della convalida di tecnologie generiche;
sviluppo sperimentale: lacquisizione, la combinazione, la strutturazione e lutilizzo
delle conoscenze e capacit esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e di altro
tipo allo scopo di sviluppare prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati. Rientrano in questa
definizione anche altre attivit destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla
documentazione di nuovi prodotti, processi o servizi.
Rientrano nello sviluppo sperimentale la costruzione di prototipi, la dimostrazione, la
realizzazione di prodotti pilota, test e convalida di prodotti, processi o servizi nuovi o miglio-
rati, effettuate in un ambiente che riproduce le condizioni operative reali laddove lobiettivo
primario lapporto di ulteriori miglioramenti tecnici a prodotti, processi e servizi che non
sono sostanzialmente definitivi. Lo sviluppo sperimentale pu quindi comprendere lo sviluppo
di un prototipo o di un prodotto pilota utilizzabile per scopi commerciali che necessariamente
il prodotto commerciale finale e il cui costo di fabbricazione troppo elevato per essere
utilizzato soltanto a fini di dimostrazione e di convalida.
Lo sviluppo sperimentale non comprende tuttavia le modifiche di routine o le modifiche
periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione e servizi
esistenti e ad altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino
miglioramenti;
34
Il Regolamento fa esclusivo riferimento a studi di fattibilit intesi come la valutazione
e lanalisi del potenziale di un progetto, finalizzate a sostenere il processo decisionale indivi-
duando in modo obiettivo e razionale i suoi punti di forza e di debolezza, le opportunit e i

682 - Rassegna Tributaria 3/2016


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immateriali di tipo commerciale tra quelli che posso permettere un red-


dito agevolato.
Sempre con riferimento alla deroga di cui al comma 3, lett. b),
espressamente indicato che deve trattarsi di progetti di comune interesse
europeo e su tale aspetto sussistono, secondo la dottrina, alcune limitazioni.
In particolare, stante la finalit di sostenere la sviluppo e la ricerca allin-
terno dellEuropa, alcuni autori hanno evidenziato che eventuali aiuti alla
ricerca effettuata fuori dai confini europei sarebbero difficilmente
giustificabili35.
Occorre tuttavia segnalare che, ancorch la legge sia formalmente
rivolta a tutti gli operatori economici, pu accadere che, dal punto di
vista sostanziale, la misura di agevolazione sia de facto utilizzata da una
specifica categoria di soggetti36. Si tratta della c.d. selettivit materiale37.
Criterio selettivo secondo il quale, sebbene la legge non rechi limitazioni alle
possibilit di fruire dellagevolazione, agli effetti applicativi risulta che solo
determinate tipologie di soggetti o categorie di produttori di taluni beni,
risultano essere i reali beneficiari della disposizione agevolativa38.

rischi, nonch a individuare le risorse necessarie per lattuazione del progetto e, in ultima
analisi, le sue prospettive di successo.
35
I. Zammit, Centralised Intellectual Property Business Models - Tax Implications of EU
Patent Box Regimes, in Bullettin for International Taxation, n. 9/2015, pag. 548.
36
La Commissione si espressa nel 2013, con riferimento al regime fiscale di favore
concesso alle societ holding residenti a Gibilterra confermando la necessit di verificare la
sussistenza di una selettivit sostanziale (de facto selectivity). In particolare, osserva la
Commissione: Selectivity can also be established in cases where the structure of the measure
is such that its effects significantly favour a particular group of undertakings (de facto selectivity).
In the case at hand, the passive income exemption might be found de facto selective as the measure
seems to significantly favour a group of 529 companies in receipt of passive income, in particular
interests from other companies of the same group or royalties for intellectual property rights. The
measure therefore seems to favour a specific group of companies, namely companies providing
loans to related companies or receiving royalty income for intellectual property rights. Such de
facto selectivity is confirmed by the quantitative effects of the measure concerning the exemption of
interest. The figures provided by the UK authorities for 2011 show that, of the total amount of inter-
company loan interests received by Gibraltar companies ( 1400 million), the largest part (99.8%)
derives from loans granted to foreign (group) companies, in particular from non-EU countries
(76%). This seems to demonstrate that the measure would mainly benefit intra-group financing
companies providing loans to foreign related companies, which can be considered as a privileged
group of companies. Cfr. European Commission, C(2013) 6654, par. 38.
37
La selettivit materiale a sua volta pu essere selettivit settoriale, ove siano avvantag-
giate talune attivit. Ovvero selettivit orizzontale, ove siano avvantaggiate talune tipologie di
lavoratori dipendenti, ad esempio.
38
Afferma la dottrina: tax provisions disguised as general measures which seem to
promote unspecific goals policy, may well aim at the preferential treatment of a single enterprise or
a certain branch of enterprises. W. Schoen, Taxation and State Aid Law in the European
Union, in Common Market Law Review, n. 36/1999, pag. 933. Si veda anche H. Lopez Lopez,
General Thought on Selectivity and Consequences of a Broad Concept of State Aid in Tax
Matters, in European State Aid Law, n. 9/2010, pag. 808.

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Un importante contributo al tema del regime tributario differenziato


rispetto a talune categorie di beneficiari (undertakings), fornito dalla sen-
tenza Gibilterra ove, pur in assenza di un formale sistema di tassazione
differenziato, la Corte ha constatato che lo specifico regime di tassazione
previsto comportava, di fatto, che talune categorie di contribuenti erano in
grado di beneficiare in misura superiore rispetto alle altre tipologie di con-
tribuenti, giudicando pertanto selettiva la misura fiscale adottata per le
societ residenti a Gibilterra39. Invero, proprio la sentenza Gibilterra
segna un cambiamento in quanto il giudice non pone attenzione solo alla
causa o alle finalit della norma - aspetti questi che sono tipicamente verifi-
cabili nella selettivit formale - ma pone in luce gli effetti che la legge
determina con riferimento alla platea di contribuenti40. Il passo della sen-
tenza Gibilterra stato infatti ripreso dalla Commissione nella citata comu-
nicazione del 2014 ove afferma che la Corte di Giustizia ha constatato che il
sistema di riferimento definito dallo Stato membro interessato (Portogallo),
pur se fondato su criteri di natura generale, in pratica compiva una discri-
minazione tra imprese che si trovavano in una situazione analoga rispetto
allobiettivo della riforma fiscale, portando ad un vantaggio selettivo a favore
delle societ offshore residenti a Gibilterra. A questo proposito, la Corte ha
constatato che il fatto che tali societ non fossero tassate non era una
conseguenza casuale del regime bens linevitabile conseguenza del fatto
che le basi della valutazione erano specificamente concepite in modo che le
societ offshore non avessero una base imponibile41.

39
Cfr. sent. 15 novembre 2011, Gibraltar, cause riunite C-106/09 e C-107/09 ove, nei
paragrafi dal 103 al 107 la Corte afferma: Vero che, conformemente alla giurisprudenza
citata al punto 73 della presente sentenza, una pressione fiscale differente risultante dallap-
plicazione di un regime fiscale generale non pu essere sufficiente, in s, a dimostrare la
selettivit di unimposizione ai fini dellart. 87, n. 1, CE.
Infatti, per poter essere ritenuti costituire vantaggi selettivi, i criteri dimposizione pre-
scelti da un regime fiscale devono essere anche idonei a caratterizzare le imprese beneficiarie in
virt delle propriet loro peculiari quale categoria privilegiata, cos da potersi concludere che
tale regime favorisce talune imprese o talune produzioni ai sensi dellart. 87, n. 1, CE.
Ebbene, ci proprio quanto avviene nella fattispecie.
Al riguardo, occorre osservare che la circostanza che le societ offshore non siano tassate
non una conseguenza casuale del regime in causa, bens il risultato ineluttabile del fatto che i
criteri dimposizione sono concepiti precisamente in modo che le societ offshore, le quali per
loro natura non hanno dipendenti n occupano immobili commerciali, non dispongano delle
basi imponibili prese in considerazione dai criteri previsti dalla proposta di riforma tributaria.
Pertanto, la circostanza che le societ offshore, che con riferimento ai criteri dimposi-
zione previsti nella proposta di riforma tributaria costituiscono un gruppo di societ, sfuggano
allimposizione, proprio grazie alle caratteristiche peculiari al gruppo, consente di considerare
che tali societ beneficiano di vantaggi selettivi.
40
Cambiamento annotato anche dalla dottrina. Cfr. I. Zammit, Centralised IP business
models - tax considerations and EU Patent Box regimes, in Bullettin for International Taxation,
cit., pag. 546.
41
Per una analisi approfondita della sentenza si veda C. Fontana, Gli aiuti di Stato di natura
fiscale, cit., pag. 130 ss.

684 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Passando ad analizzare i casi affrontati dagli organi amministrativi,


constatiamo che sono due i precedenti. Un primo caso affrontato dalla
Commissione Europea, laltro dallAutorit di sorveglianza dellEFTA42.
Nel primo, la Commissione si espressa sulla Patent Box introdotta nella
legislazione spagnola evidenziando che il beneficio era comunque fruibile
da tutti i contribuenti assoggettati allimposta sulle societ, osservando,
inoltre, che se non tutte le imprese erano nelle condizioni di poter godere
della suddetta agevolazione, ci costitutiva una mera conseguenza delle
scelte imprenditoriali, le quali non possono influire sul giudizio sulla pre-
senza o meno di misure in contrasto con le regole sugli aiuti di Stato43.
Peraltro, osserva la Commissione, la categoria di investimenti agevolabili
caratterizzata da estrema genericit e non pu quindi affermarsi che sia una
misura volta a favorire taluni beneficiari44. Inoltre il Governo spagnolo, nel
corso delle audizioni durante lo svolgimento dellistruttoria riguardante la
procedura di infrazione, ebbe a produrre dati e statistiche da cui risultava
che gli investimenti in beni immateriali agevolabili grazie al regime Patent
Box, sono stati effettuati da imprese appartenenti a numerosi e differenti
settori delleconomia45.
Laltro caso, deciso dalla Commissione EFTA, riguarda il regime Patent
Box recato dalla legislazione del Liechtenstein. La fattispecie presenta le
medesime caratteristiche della legislazione spagnola e lesito dello scrutinio
stato analogo a quello adottato dalla Commissione46.
In entrambi i casi - affrontati a livello amministrativo e non giurispru-
denziale - lattenzione posta sugli effetti concreti causati ex post dalla
norma e non sulla potenziale applicazione di essa.

3.4. Patent Box ed obiettivi europei di politica economica - La Commissione


ha da tempo statuito che non rientrano nella fattispecie Aiuto di Stato,
purch destinate alla generalit delle imprese ed a tutte le tipologie di attivit
economiche, le agevolazioni volte ad incentivare obiettivi di politica eco-
nomica generale, tra i quali rientrano la ricerca e lo sviluppo.
Ricordiamo che la legge introdotta recentemente in Italia, come peraltro
le legislazioni adottate dagli altri Paesi stranieri, non prevedono, formal-
mente, alcun criterio selettivo di tipo soggettivo: tutte le imprese che conse-
guono redditi riconducibili alla Patent Box, possono godere
dellagevolazione fiscale. Tuttavia, quanto espresso dallart. 107 TFUE in
cui prevede che v aiuto di Stato ove la misura sia diretta a favorire talune

42
Organismo omologo alla Commissione istituito dalla European Free Trade Association
di cui fanno parte: Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera.
43
Decisione della Commissione n. C(2008)467, 13 febbraio 2008.
44
Par. 16 decisione.
45
Par. 15 decisione.
46
Decisione della EFTA Sourveillance Authority n. 177/11/COL., 1 giugno 2011.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 685


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imprese o produzioni, deve essere meglio precisato. Invero, il criterio della


selettivit pu essere oggetto di differenti interpretazioni in quanto, come
osserva la dottrina, la linea di confine tra discipline speciali e discipline
generali pu risultare assai sfumata se valutata in rapporto alle concrete
ipotesi applicative e ci sia perch anche le misure a carattere generale
possono, in alcuni casi, produrre effetti simili a quelli di un aiuto, sia perch,
viceversa, il carattere settoriale di un aiuto pu risultare solo apparente47.
Occorre premettere che lanalisi deve tenere conto che, se da un lato
lUnione Europea vieta aiuti caratterizzati da selettivit, dallaltro la stessa
Unione che pone obiettivi quantitativi per talune tipologie di investimenti.
La strategia 2020 proposta dalla Commissione pone come obiettivo per il
2020 lincremento delle spese per ricerca, sviluppo e innovazione (R&D&I)
al 3% (dato che oggi si attesta sotto il 2%) del prodotto interno lordo
dellUnione; trattasi di un obiettivo peculiare la cui incentivazione, attra-
verso disposizioni specifiche, pone, inevitabilmente, un tema di
selettivit48.
In apparenza parrebbe sussistere un contrasto tra le due finalit:
pressoch inevitabile che la concessione di unagevolazione per lattivit
di ricerca e sviluppo implichi una possibile distorsione al libero mercato
allinterno dellUnione. La commissione, al fine di meglio definire i criteri
applicabili per determinare la compatibilit delle misure di incentivazione
rispetto alla disciplina degli aiuti di Stato, ha individuato le caratteristiche
che dovrebbero sussistere affinch laiuto possa essere considerato compa-
tibile con le regole di cui allart. 107 TFUE. In particolare nel documento per
la Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione
si afferma la compatibilit con il mercato interno se le agevolazioni per-
mettono di incrementare le attivit di ricerca, sviluppo e innovazione senza
alterare negativamente le condizioni degli scambi in misura contraria
allinteresse comune49. In dettaglio, le condizioni di cui sopra, secondo la
Commissione, dovrebbero essere rispettate ove lagevolazione:
(i) permetta di raggiungere un obiettivo ben definito di interesse
comune50;

47
Cfr. G. Fransoni, Profili fiscali della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, Pacini,
Ospedaletto, 2007, pag. 13. Fransoni, nella nota 12 ricorda la Causa 203/82 in cui fu ritenuto
presente il carattere della selettivit in relazione ad un piano di riduzione dei contributi di
assicurazione medica per gli imprenditori in quanto idoneo a favorire impresa con maggiore
presenza femminile.
48
Si veda comunicazione della Commissione Europea 2020, Una strategia per una
crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, del 3 marzo 2010, COM(2010) 2020 definitivo.
49
Comunicazione 2014/C 198/01.
50
Il documento della Commissione parla di crescita intelligente, sostenibile ed
inclusiva.

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(ii) sia concessa in un contesto in cui il mercato non riesce, da solo, a


conseguire un risultato efficiente in termini di investimenti in ricerca e
sviluppo;
(iii) sia adeguata rispetto a possibili strumenti di incentivazione
alternativi;
(iv) sia incentivante. In tal senso si intende lo strumento agevolativo che
modifica il comportamento dellimpresa inducendola ad intraprendere
attivit supplementari che, in assenza dellaiuto, non avrebbe intrapreso o
avrebbe intrapreso in maniera limitata o differente;
(v) sia qualificabile come proporzionale, intendendo con ci aiuti il cui
importo sia limitato al minimo necessario per lo svolgimento dellattivit
che deve essere incentivata (c.d. intensit dellaiuto);
(vi) abbia limitati effetti negativi indebiti sulla concorrenza e sugli
scambi e tali effetti negativi siano controbilanciati dagli effetti positivi in
termini di contributo allobiettivo di interesse comune.
Infine, unultima riflessione sui possibili contrasti rispetto al diritto
europeo. La quantificazione del beneficio fiscale previsto dalla Patent
Box, demandata, in alcuni casi, ad un accordo obbligatorio tra limpresa
e lamministrazione. Premesso che i profili di carattere procedurale con-
nessi saranno trattati nelle pagine seguenti, evidenziamo, in questa sede,
forti perplessit sulla compatibilit di tale regola rispetto al divieto che una
possibile misura possa essere concessa secondo un grado di discrezionalit
da parte della Pubblica amministrazione. Invero, sebbene laccordo di cui
sopra dovr essere stipulato in applicazione di quanto stabilito dalla legge - e
non certo in base ad una valutazione arbitraria da parte dellUfficio -
lestrema laconicit e lincerta disciplina normativa su come debba essere
quantificato il reddito agevolabile (nel caso di utilizzo diretto del bene
immateriale), ci portano a ritenere che vi siano evidenti profili di
incompatibilit della regola suddetta51.
Possiamo ora tracciare alcune conclusioni sulla compatibilit della
Patent Box italiana rispetto allordinamento europeo. La disposizione intro-
dotta con la Legge n. 190 una norma che, senza dubbio, volta a perseguire
finalit che lUnione ha definito prioritarie (il citato obiettivo del 2020 pone
come traguardo un robusto incremento degli investimenti in ricerca e
sviluppo rispetto al PIL di ogni Stato membro), esistono pertanto le argo-
mentazioni per sostenere che, pur sussistendo i requisiti dellaiuto di Stato,
esso pu essere applicato in deroga al divieto di aiuti di Stati ai sensi di

51
Cfr. causa C-256/1997, 19 giugno 1999, par. 27 ove il giudice osserva: Per contro,
allorch lente che concede vantaggi finanziari dispone di un potere discrezionale, che gli
consente di determinare i destinatari o le condizioni del provvedimento concesso, questultimo
non pu considerarsi avere carattere generale (v. in tal senso, sentenza 26 settembre 1996,
causa C-241/94, Francia/Commissione, Racc. pag. I-4551, punti 23 e 24).

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quanto recato dalla lett. c), n. 3, art. 107 TFUE, in quanto volto a realizzare
obiettivi di sviluppo di carattere orizzontale52.
Osserviamo tuttavia che non ogni tipologia di aiuto alla ricerca e svi-
luppo pu essere qualificato ammissibile secondo le regole comunitarie;
occorre una proporzionalit tra incentivi per una crescita economica rite-
nuta prioritaria e la necessit di evitare che aiuti economici possano com-
portare uningiustificata violazione delle regole sulla equa concorrenza e sul
libero accesso al mercato53. Unequa ponderazione di tali finalit pu essere
individuata nei requisiti che la Commissione, nella citata comunicazione
2014/C 198/01, ha individuato al fine di ritenere ammissibili le sovvenzioni
alla ricerca e sviluppo. In particolare, crediamo che la Patent Box recata
dalla legislazione italiana, pu essere giudicata compatibile con il diritto
europeo, se essa sar realmente in grado di indurre una modifica del
comportamento delle imprese inducendole ad intraprendere attivit sup-
plementari che, in assenza dellaiuto, non avrebbero intrapreso o avrebbero
fatto in maniera limitata o differente. Tuttavia, ci permettiamo di esprimere
sin da subito alcune perplessit che attengono al regime Patent Box in
generale di essere in grado di comportare un reale incremento delle
attivit di ricerca e sviluppo, alla luce di uno specifico studio elaborato
dalla Commissione europea ove, dopo una esame di tutte le legislazioni
Patent Box vigenti in Europa e dei connessi effetti che tali incentivi hanno
avuto sulleconomia reale si conclude che la misura del beneficio fiscale non
ha alcuna correlazione con lattivit di ricerca e sviluppo e che si tratta,
pertanto, di un provvedimento di esclusiva rilevanza fiscale54.

4. Peculiarit recate dalla legislazione italiana e regole europee

4.1. Perdite fiscali - La Legge n. 190, nulla precisa con riferimento al regime
fiscale delle possibili perdite derivanti dallattivit di ricerca e sviluppo,
diversamente da quanto avviene negli altri Paesi che adottano un regime di
Patent Box.

52
Per un inquadramento del regime degli aiuti concessi in deroga al divieto al fine di
realizzare finalit ritenute strategiche dalla Commissione si veda A. Amatucci, Agevolazioni
fiscali ambientali, aiuti di Stato e incompatibilit comunitaria, in Riv. dir. trib. int., 2005, pag.
81 ss.
53
Recente dottrina afferma: Even so, this justification would have to follow the principle of
proportionality, thereby resulting in a discussion as to whether Patent Box regimes go beyond what
is necessary to realize the legitimate objective being pursued or whether the objective could be
attained by less far-reaching measures. Cfr. I. Zammit, Centralised IP business models - tax
considerations and EU Patent Box regimes, cit., pag. 547.
54
We find that the size of the tax advantage is negatively correlated with the local R&D. This
suggests that the effects of Patent Boxes are mainly of a tax nature. Cfr. Patent Boxes Design,
Patents Location and Local R&D, European Commission Taxation Papers, Working paper, 57/
2015, 24, in www.ec.europa.eu/jrc/en/publication/eur-scientific-and-technical-research-
reports.

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Occorre svolgere alcune riflessioni preliminari. Nel nostro ordina-


mento, lutilizzo delle perdite fiscali o meglio, le modalit di compensazione
delle stesse, non soggiace a limitazioni qualora siano conseguite nellambito
del reddito dimpresa e siano compensate sempre con redditi dimpresa,
contrariamente ad altri ordinamenti ove le perdite fiscali possono subire
limitazioni alla compensabilit rispetto alla loro natura (trading losses e
capital losses).
Ad esempio, i regimi Patent Box recati dalla legislazione britannica e
francese prevedono che le perdite possano essere compensate solo con
profitti attinenti lattivit oggetto di agevolazione anche nellambito della
tassazione consolidata. Il riporto negli esercizi successivi delle perdite
derivanti dallattivit Patent Box soggetto pertanto ad una gestione sepa-
rata55. Al contrario, le legislazioni del Liechtenstein, Lussemburgo, Olanda
e del Cantone svizzero Nidwalden prevedono la deduzione dal reddito
complessivo della perdita derivante dalla Patent Box ma, in tal caso,
posta la condizione che in caso di futuri redditi da Patent Box, essi non
saranno assoggettabili allaliquota agevolata.
Tornando allItalia, in assenza di precisazioni, ed applicando pertanto i
principi e le regole della legislazione ordinaria, limpresa che sostiene
perdite fiscali durante il periodo di vigenza dellopzione Patent Box (5
anni prorogabili) dovrebbe, in linea di principio, compensarle senza limi-
tazioni, fermo restando le regole recate dallart. 84 T.U.I.R.
Lart. 84 citato, norma che, precisiamo, disciplina lutilizzo delle perdite
fiscale formatesi, reca una clausola di coerenza sistematica, essa prevede
che le perdite fiscali riportabili siano diminuite in misura proporzional-
mente corrispondente alla quota di esenzione dellutile. Tale clausola non
pu per trovare applicazione nel caso che occupa il presente scritto in
quanto, il reddito connesso al regime Patent Box , come detto, parzialmente
non soggetto a tassazione a titolo di esclusione56.
Tuttavia, per assegnare il corretto trattamento delle perdite fiscali
occorre analizzare non solo la norma che ne sancisce lutilizzo, ergo
compensabilit ma anche la norma che ne disciplina la formazione, ergo
le regole per la determinazione del reddito complessivo. Ebbene, il secondo
periodo del comma 1, art. 83 T.U.I.R. reca una disposizione che permette un
trattamento fiscale delle perdite coerente con il regime Patent Box57. Invero,

55
Comunicazione emanata dallorgano governativo responsabile delle entrate HM
Revenue Customs reperibile sul sito del Governo www.hmrc.gov.uk/manuals/cirdmanual/
CIRD240100.htm.
56
Regime tributario ampiamente descritto da P. L. Cardella, La perdita di periodo nel
sistema di imposizione sul reddito, Giappichelli, Torino, 2012, pag. 94 ss.
57
Si veda in proposito G. Fransoni, Finanziaria 2008 e modifiche alla disciplina delle
perdite in Riv. dir. trib., 2008, I, pag. 664 ss. Secondo lautore la norma dovrebbe essere
applicata sulla base di una lettura costituzionalmente orientata, tenendo conto dei rilievi mossi
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 233 del 13 maggio 1993, in Riv. dir. trib., I, 1994,

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il secondo periodo del comma 1, art. 83 T.U.I.R. reca: In caso di attivit che
fruiscono di regimi di parziale o totale detassazione del reddito, le relative
perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa misura in cui assumereb-
bero rilevanza i risultati positivi. La norma pertanto coerente rispetto a
quanto affermato nel documento OCSE Action 5 ove si precisa, alla nota 14,
che Jurisdictions should also use any tax losses associated with the IP
income in a manner that is consistent with domestic legislation and that
does not allow the diversion of those losses against income that is taxed at the
ordinary rate.
Ai sensi della norma citata, le eventuali perdite provenienti dallattivit
di ricerca e sviluppo, non dovrebbero assumere rilevanza fiscale in misura
proporzionale al mancato concorso alla formazione del reddito imponi-
bile58. In particolare, dovrebbe trovare applicazione la regola secondo cui
limpresa che consegue una perdita Patent Box (i.e. i costi attribuibili al
bene immateriale sono superiori ai connessi proventi) potr compensarlo
con il reddito dellattivit ordinaria (imponibile) ma limitatamente alla
percentuale di imponibilit dei redditi da Patent Box59.
In merito, lAgenzia delle entrate ha recentemente emesso una
circolare in cui interpreta, in maniera discutibile, il regime delle perdite
realizzate nellambito Patent Box. Afferma lAmministrazione finanzia-
ria, senza argomentazioni e in assenza di giustificazioni alla tecnica
interpretativa adottata, che le perdite generate in vigenza del regime
Patent Box dovranno essere recuperate, attraverso un meccanismo di
recapture nellambito del medesimo regime Patent Box, nel momento in
cui il bene immateriale comincer a produrre utili. Tale tesi ci pare
slegata dal dato normativo60. Linterpretazione dellAmministrazione
finanziaria non poggia, apparentemente, su alcun riferimento

pag. 340 ss. con nota di A. Meloncelli, Lillegittimit dellagevolazione che si risolve in un
maggior aggravio.
58
La disposizione citata afferma: In caso di attivit che fruiscono di regimi di parziale o
totale detassazione del reddito, le relative perdite fiscali assumono rilevanza nella stessa
misura in cui assumerebbero rilevanza i risultati positivi.
59
Trattasi di principio espresso dalla dottrina in occasione di commento alle modifiche
agli artt. 83 e 84 T.U.I.R. introdotte dalla Legge n. 244/1997. Cfr. M. S. Messina, La disciplina
delle perdite, in Corr. Trib., n. 46/2007, pag. 3779 ss. Al contrario, in senso critico rispetto alla
disposizione in quanto trasformerebbe un regime agevolativo in un regime disincentivante si
veda P.L. Cardella, La perdita di periodo nel sistema di imposizione sul reddito, cit., 94 ss.; G.
Zizzo, La determinazione del reddito delle societ e degli enti commerciali, in G. Falsitta, Manuale
di diritto tributario, CEDAM, Padova, 2012, pagg. 319-320M; D. Stevanato, Prime riflessioni
sulle nuove norme in materia di inutilizzabilit delle perdite in presenza di esenzioni del reddito
o dellutile, in Dialoghi dir. trib., 545, 2007. Invero, la recente circolare n. 36/E del 1 dicembre
2015, emessa dallAgenzia delle entrate parrebbe tralasciare il contenuto dellart. 83, limitan-
dosi sancire la compensabilit delle perdite solo nellambito del regime Patent Box.
60
Osservazioni critiche, in senso analogo, sono mosse da P. L. Cardella, Perdita da
intangible e minusvalenza da sua cessione nel regime di Patent Box: spunti controcorrente, sul
n. 2/2016 di questa Rivista alle pagg. 373-374.

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legislativo, tenuto conto che non ci troviamo in un caso di lacuna per il


quale potrebbe profilarsi una possibile interpretazione integrativa o
analogica; ci troviamo invece in un caso ove il diritto positivo vigente
- come sopra detto - al secondo periodo, comma 1, art. 83 T.U.I.R., gi
prevede le regole applicabili al caso de quo.

4.2. Deducibilit dei costi - Nel contesto europeo, in relazione al regime


fiscale dei costi sostenuti nellambito dellagevolazione Patent Box, diffu-
samente adottato il c.d. net approach. Esso comporta lobbligo di allocare i
costi al provento agevolato e solo dopo averli decurtati, il residuo reddito
sar tassato allaliquota ridotta. Tale meccanismo pi coerente rispetto
alla genesi della Patent Box in cui, come conferma la definizione stessa, il
termine box sta ad indicare un regime a se stante ove vigono aliquote e
regole differenziate rispetto a quelle ordinarie. Allinterno del metodo del
netto alcuni Paesi prevedono ulteriori differenziazioni. Il Regno Unito
consente la deducibilit delle spese alla minore aliquota ad eccezione
delle spese finanziarie che sono deducibili in base allaliquota piena61.
Malta, al contrario, ammette una esenzione completa dei profitti legati
alla Patent Box a condizione che le correlative spese non siano fiscalmente
dedotte62. In ultimo lOlanda, proprio con riferimento al regime fiscale delle
spese, ha adottato la deducibilit di esse allaliquota ordinaria anzich
aliquota ridotta della Patent Box63.
Solo alcuni Paesi adottano il metodo del lordo (gross approach)
secondo il quale le spese sono deducibili sulla base dellaliquota ordinaria,
ci provoca una asimmetria a favore del contribuente, nella misura in cui
possiede reddito imponibile. La regola del gross approach prevista dalla
legislazione del Belgio e dellUngheria ove, come detto, i costi sono dedu-
cibili ad aliquota ordinaria64. Invero, il metodo del reddito lordo costitui-
sce una prassi non coerente rispetto al documento BEPS Action n. 5, ove al
par. 47 si afferma esplicitamente che, nella determinazione del reddito al
quale applicare laliquota agevolata, devono essere sottratti i costi attribui-
bili ai beni immateriali eligibili per lagevolazione sostenuti nellesercizio. In
particolare, si afferma: Overall income should instead be calculated by

61
Come detto la Patent Box britannica, dal punto di vista del regime dei costi, coerente.
Sul punto si veda A. Gregory, A. Casley, K. Naish, The Patent Box Regime, in International
Transfer Pricing Journal, marzo/aprile, 2013, pag. 113, ss.
62
L. Evers, H. Miller, C. Spengel, Intellectual Property Box Regimes: effective tax rates and
tax policy considerations, cit., par. 2.3.
63
Cfr. M. Schellekens, The Netherlands as an Innovative Hub: An Appraisal of the
Innovation Box Regime, in Eur. tax., October, 2015, pag. 527.
64
L. Evers, H. Miller, C. Spengel, Intellectual Property Box Regimes: Effective Tax Rates
and Tax Policy Considerations, Discussion Paper No. 13-070, in www.ftp.zew.de/pub/zew-
docs/dp/dp13070.pdf.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 691


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subtracting IP expenditures allocable to IP income and incurred in the year


from gross IP income earned in the year65.
Tornando allanalisi della disciplina prevista dalla Legge n. 190, eviden-
ziamo che essa non appare chiara nella individuazione del regime fiscale dei
costi connessi ai proventi agevolabili; tanto meno soddisfacente , a nostro
avviso, quanto statuito nel Decreto interministeriale.
possibile tuttavia ritenere che la legge e successivamente il Decreto
interministeriale, ove richiamano i redditi derivanti dalla concessione in
uso o dalluso dei beni immateriali, debbano essere intesi redditi al netto dei
connessi costi sostenuti per il loro conseguimento. Sar pertanto oggetto di
definizione in sede di interpello con lAgenzia delle entrate non solo quali e
quanti proventi sono agevolabili ma anche i connessi costi che andranno a
decurtare il reddito tassabile ad aliquota agevolata.
Linterpretazione di cui sopra discende non solo da un esame esegetico
della nozione di reddito che, nel contesto dimpresa esso deve essere assunto
al netto dei costi, ma anche tenendo conto delle prescrizioni sancite nel
documento BEPS nonch di quanto affermato nel Decreto interministeriale
ove nellultimo periodo del comma 3 art. 12, in relazione alla determina-
zione del contributo economico, si fa riferimento al nesso tra spese e reddito.

5. Determinazione del contributo economico alla produzione del reddito - La


Legge n. 190 dispone che, in caso di utilizzo diretto del bene immateriale, il
reddito al quale applicare la riduzione dimposta determinato sulla base di
un previo accordo con lAmministrazione finanziaria ai sensi dellart. 8, D.L.
n. 269/200366 (articolo, come detto, sostituito in occasione di una revisione

65
In particolare lAction plan n. 5 ai paragrafi 46 e 47 precisa: Jurisdictions will define
overall income consistent with their domestic laws on income definition after the application of
transfer pricing rules. The definition that they choose should comply with the following principles:
Income benefiting from the regime should be proportionate.
Overall income should be defined in such a way that the income that benefits from the regime
is not disproportionately high given the percentage of qualifying expenditures undertaken by
qualifying taxpayers. This means that overall income should not be defined as the gross income
from the IP asset, since such a definition could allow 100% of the net income of qualifying
taxpayers to benefit even when those taxpayers had not incurred 100% of qualifying expenditures.
66
Il comma 39, secondo periodo della Legge n. 190 citata reca: In caso di utilizzo diretto
dei beni indicati, il contributo economico di tali beni alla produzione del reddito complessivo
beneficia dellesclusione di cui al presente comma a condizione che lo stesso sia determinato
sulla base di un apposito accordo conforme a quanto previsto dallart. 8 del Decreto-Legge 30
settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326, e
successive modificazioni. In tali ipotesi la procedura di ruling ha ad oggetto la determinazione,
in via preventiva e in contraddittorio con lAgenzia delle entrate, dellammontare dei compo-
nenti positivi di reddito impliciti e dei criteri per lindividuazione dei componenti negativi
riferibili ai predetti componenti positivi. Nel caso in cui i redditi siano realizzati nellambito di
operazioni intercorse con societ che direttamente o indirettamente controllano limpresa, ne
sono controllate o sono controllate dalla stessa societ che controlla limpresa, lagevolazione
spetta a condizione che gli stessi siano determinati sulla base di un apposito accordo conforme

692 - Rassegna Tributaria 3/2016


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generale degli accordi con lAmministrazione finanziaria per le imprese che


effettuano attivit internazionale, con lart. 31-ter, D.P.R. n. 600/1973). Tale
requisito richiamato anche nel Decreto interministeriale il quale, allart.
12, individua due fattispecie alle quali assegna differenti regimi: (i) lipotesi
in cui il reddito sia direttamente prodotto dallimpresa beneficiaria attra-
verso lutilizzo dei beni immateriali rispetto al caso in cui il (ii) reddito
agevolabile ovvero la plusvalenza da cessione del bene immateriale, siano
ottenuti nellambito di operazioni con societ appartenenti al gruppo.
Precisa inoltre il Decreto che nel secondo caso laccordo con lagenzia
opzionale, affermando - implicitamente - che nel primo caso laccordo con
lAmministrazione finanziaria obbligatorio. Il comma 39, art. 1 della Legge
n. 190 richiama, una prima volta, laccordo di cui al citato art. 8 e, una
seconda volta, il c.d. ruling che deve avere ad oggetto la determinazione, in
via preventiva e in contraddittorio con lAgenzia delle entrate, lammontare
dei componenti positivi di reddito impliciti e i criteri per lindividuazione dei
componenti negativi riferibili ai predetti componenti positivi. Appare
quindi che il legislatore adotti una certa disinvoltura usando i due termini
come sinonimi sebbene, soprattutto nellesperienza internazionale (preva-
lentemente nei Paesi anglosassoni), con lespressione ruling siano indivi-
duate due differenti modalit di richiesta di pronuncia da parte
dellAmministrazione finanziaria67.
Osserviamo, in primo luogo, che lipotesi (i) di cui sopra, non presenta
profili di internazionalit - cui invece si riferisce lart. 8 citato - essa attiene,
pi semplicemente, alla corretta individuazione del reddito di pertinenza
del bene immateriale che incluso nellutile o nella perdita dellimpresa e dei
connessi costi. Trattasi, verosimilmente, di unattivit che implica valuta-
zioni economico-industriali volte a determinare in quale misura il profitto
dellimpresa attribuibile alluso del bene immateriale. Una volta determi-
nato tale reddito, esso, per essere assoggettato al regime agevolativo, dovr
essere quantificato sulla base del quoziente di cui allart. 9 del Decreto. Su
tale modalit di determinazione del contributo economico del bene, il
Decreto interviene in maniera laconica, affermando che necessario indi-
viduare per ciascun bene immateriale oggetto dellopzione il contributo
economico da esso derivante che ha concorso algebricamente a formare il
reddito dimpresa o la perdita. I costi attribuibili al contributo del bene

a quanto previsto dal citato art. 8 del Decreto-Legge n. 269 del 2003, e successive
modificazioni.
67
Cfr. F. Pistolesi, Gli interpelli tributari, Milano, 2007, pag. 1. Osserva Pistolesi che
esistono due tipologie di ruling: quello teso a consentire al contribuente di ottenere, di regola
in via preventiva il parere dellAutorit fiscale in ordine ad eventi non agevolmente qualificabili
dal punto di vista impositivo o su norme di non facile interpretazione in relazione a determinati
casi concreti e quello volto ad individuare una soluzione condivisa dal Fisco e dal soggetto
passivo in merito allattuazione dei rapporti tributari al fine di prevenire future eventuali
controversie.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 693


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immateriale dovranno essere individuati in base al criterio di afferenza,


stante lapplicabilit del principio generale della tassazione del reddito al
netto dei costi, caratteristica che contraddistingue la categoria reddituale in
oggetto.
In data 1 dicembre 2015 il Direttore dellAgenzia delle entrate ha
emesso il Provvedimento ai sensi dellart. 12 del Decreto, al fine di stabilire
le modalit di determinazione del contributo economico dei beni immate-
riali68. Tale documento, seppur succinto, rimanda agli standard internazio-
nali rilevanti elaborati dallOCSE con particolare riferimento alle linee
guida in materia di prezzi di trasferimento. Il rimando allart. 8 (ora art.
31-bis, D.P.R. n. 600/1973) deve quindi essere inteso, a nostro avviso, non
con riferimento alle tipologie di fattispecie in esso contenute ma alle meto-
dologie di determinazione del contributo nonch allaspetto procedurale;
aspetto, questultimo, disciplinato in dettaglio con il provvedimento del
Direttore dellAgenzia delle entrate del 23 luglio 2004.
Tuttavia, il Decreto pone un altro tema: la determinazione del reddito
agevolabile di cui al punto (i) deve essere effettuata, come abbiamo detto,
obbligatoriamente in accordo con lAmministrazione finanziaria. La prima
osservazione che sovviene, riguarda lapparente contraddizione: laccordo
costituisce una forma consensuale desercizio dellattivit amministrativa
ma proprio il requisito della consensualit, tipico dellaccordo, confligge
con lobbligo di raggiungerlo69.
Posto quanto sopra ed ammesso che il contribuente possa non trovare
laccordo con lAmministrazione finanziaria, sorge il problema di stabilire
quali possano essere le conseguenze giuridiche sul diritto a poter benefi-
ciare dellagevolazione fiscale oggetto del presente scritto.
Se al mancato accordo con lAmministrazione finanziaria, dovesse
seguire limpossibilit di godere dellagevolazione fiscale ne conseguirebbe
una palese lesione dei diritti in capo al contribuente. Conseguenza non
accettabile, tenuto conto della cornice costituzionale, poich condurrebbe
alla determinazione della prestazione patrimoniale vincolata ad un obbli-
gatorio accordo con lAmministrazione finanziaria.

68
Il comma 3, art. 12 del Decreto reca: Ai fini della determinazione del contributo
economico di cui al comma 1, punto (i), le microimprese, piccole e medie imprese come
definite dalla Raccomandazione della Commissione delle Comunit Europee 2003/361/CE
accedono alla procedura di ruling di cui al medesimo comma 1, attraverso modalit sempli-
ficate stabilite con Provvedimento del Direttore dellAgenzia delle entrate, nel rispetto del
principio comunitario del contenimento degli oneri amministrativi.
69
La natura dellaccordo pu trovare collocazione sistematica tra i moduli consensuali
con cui Amministrazione finanziaria e contribuente, similmente a quanto accade allesito
dellaccertamento con adesione, definiscono i profili qualitativi e quantitativi della fattispecie
imponibile in relazione ad espetti sia di fatto che di diritto delloperazione di non univoco
inquadramento. Cfr. M. T. Moscatelli, Moduli consensuali e istituti negoziali nellattuazione
della norma tributaria, Giuffr, Milano, 2007, pag. 256. Sullaccordo amministrativo si veda E.
Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffr, Milano, 2015, pag. 563 ss.

694 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Laccordo di cui allart. 8 caratterizzato dalla ricostruzione concordata


tra Ufficio e contribuente dei criteri applicativi della legge, non v un ruolo
unilaterale da parte dellUfficio ma latto recher le modalit applicative per
la determinazione del reddito, concordemente definite da ambo le parti.
Tale accordo, tuttavia, secondo parte della dottrina non pu essere qualifi-
cato come atto di disposizione del rapporto impositivo ma rappresenta la
ricostruzione delle modalit applicative di quanto stabilito dalla legge.
Quanto sopra conduce a ritenere che laccordo non produce effetti negoziali
ma meramente dichiarativi, volti ad illustrare con finalit ricognitive le
modalit con cui determinare il contributo del bene immateriale al conse-
guimento del reddito o della perdita dellimpresa70.
Occorre quindi stabilire quali siano le conseguenze qualora non si
giunga ad un accordo, sia in caso di mancata condivisione delle modalit
di determinazione del reddito agevolabile, sia nel caso di possibile atteggia-
mento inerziale da parte dellUfficio.
Largomento dellimpugnabilit dei provvedimenti emessi dallammini-
strazione da tempo oggetto di dibattito. In senso generale, con riferimento
agli interpelli ordinari, si afferma che essi non siano atti impugnabili.
Secondo una certa impostazione (corroborata dalla posizione assunta
dallAgenzia delle entrate con la circolare n. 7/2009) dovrebbe ritenersi
preclusa la possibilit di adire al giudice tributario per ottenere la declara-
toria di illegittimit di una risposta negativa ad un interpello, poich si tratta
di atti non ricompresi nellelenco di cui allart. 19 del D.Lgs. 31 dicembre
1992, n. 546 e perch essi non sono vincolanti per il contribuente. Al
contrario, nel caso di interpello disapplicativo ex art. 37-bis, comma 8,
D.P.R. n. 600/1973, la giurisprudenza intervenuta, con pi sentenze,
sancendo - seppur con percorsi logico-motivazionali differenti -
limpugnabilit della risposta negativa allistanza presentata dal
contribuente71.
Tuttavia, il caso di specie, non presenta le caratteristiche tipiche
dellinterpello (ruling); laccordo ex art. 8 nel contesto del regime Patent
Box assume le caratteristiche di atto autorizzatorio, che dovrebbe
permettere una autonoma impugnabilit, ordinariamente prevista per
gli atti emessi dalla Pubblica amministrazione aventi finalit

70
In tal senso F. Pistolesi, Gli interpelli tributari, cit., pag. 108.
71
Sent. Cass., Sez. trib., 27 gennaio 2011 - 15 aprile 2011, n. 8663, in Riv. dir. trib., n. 7-8/
2011, pag. 358 con nota di F. Pistolesi, Impugnazione della risposta negativa allistanza di
interpello: condizioni ed effetti, ivi, pag. 365. Peraltro, lautore esprime perplessit sulla
sentenza, egli non condivide la premessa dei giudici, in quanto contesta la doverosit dellin-
terpello disapplicativo, da cui seguono le conseguenze cui giunge la Cassazione. Contraria
allautonoma impugnabilit dellatto si esprime anche E. Core, La natura e impugnabilit
dellinterpello disapplicativo, in Dir. prat. trib., pag. 2/2014. La citata sentenza annotata
anche da S. Fucile, Riflessioni in tema di impugnabilit del diniego di disapplicazione di una
norma antielusiva, in Riv. dir. trib., II, 9, 2011, pag. 421 ss.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 695


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A. VICINI RONCHETTI - INCENTIVI ALLO SVILUPPO DEI BREVETTI

meramente interpretativa72. In particolare, laccordo de quo, presenta la


tipiche caratteristiche del provvedimento amministrativo, essendo
dotato di autoritativit, esecutivit ed obbligatoriet e capace di pro-
durre conseguenze giuridicamente rilevanti nei confronti dei terzi (con-
tribuente). Laccordo difatti vincolante per le parti; esso costituisce
atto con il quale il Fisco esprime il proprio e definitivo convincimento e,
in quanto tale, assimilabile agli atti impugnabili nel giudizio tributario.
Trattasi quindi di atto che autorevole dottrina qualificava come veri-
ficazioni necessarie73, ove gli effetti giuridici discendono, senza dubbio
dalla legge, ma occorre che sia verificato che i presupposti della legge
siano applicati e che di ci se ne dia atto.
A nostro avviso, il contribuente potr fare valere il diritto ad impugnare il
diniego allaccordo ovvero il silenzio formatosi, davanti al giudice
tributario74.
Quanto sopra trova rinforzo nella giurisprudenza riguardante
lesaustivit o meno dellelencazione degli atti di cui allart. 19, D.Lgs. n.
546/1992. infatti acclarata limpugnabilit di atti non compresi in tale
novero ma contenenti la manifestazione di una compiuta e definita pretesa
tributaria75. oramai questione piana - a dispetto di quanto sostenuto
dallAgenzia delle entrate - il fatto che lelencazione degli atti impugnabili,
contenuta nel D.Lgs. n. 546/1992, art. 19, tenuto conto dellallargamento
della giurisdizione tributaria operato con la Legge n. 448/2001, deve essere
interpretata alla luce delle norme costituzionali di buon andamento della
Pubblica amministrazione e di tutela del contribuente, riconoscendo
limpugnabilit davanti al giudice tributario di tutti gli atti adottati dallente
impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben
individuata pretesa tributaria, con lesplicitazione delle concrete ragioni
(fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessit di attendere che la
stessa assuma la forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressa-
mente impugnabili dallart. 19 citato.
Tale principio stato recentemente confermato dalla Cassazione SS.
UU. con ordinanza n. 12759 del 19 giugno 2015 in cui il giudice supremo
afferma limpugnabilit del mancato avvio della procedura amichevole ai
sensi dellart. 6 della Convenzione europea sullarbitrato n. 90/436/CEE del

72
In questo senso F. Tesauro, Manuale del processo tributario, Giappichelli, Torino, 2009,
pag. 92.
73
Definizione coniata dal Capaccioli il quale affermava che per tali atti gli effetti derivano
solo dalla legge ma si tratta di constatare i presupposti previsti dalla legge e che lunico requisito
di costitutivit pu ravvisarsi, semmai, nella necessariet dellatto, nel senso che si esso non si
pu prescindere. Cfr. E. Capaccioli, Manuale di diritto amministrativo, I, CEDAM, Padova,
1980, pag. 349 ss.
74
In questo senso si veda Cass., sent. n. 7344/2012.
75
Si veda Cass., sent. 8 ottobre 2007, n. 21045, in Rass. trib., n. 2/2008, pag. 447 nota di G.
Randazzo, Avvisi bonari ed esercizio informale di funzioni tributarie.

696 - Rassegna Tributaria 3/2016


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DOTTRINA

23 luglio 1990 ove il supremo giudice afferma che ogni atto adottato
dallente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente
una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni
fattuali e giuridiche, impugnabile davanti al giudice tributario, senza
necessit che si manifesti in forma autoritativa, e tale impugnazione va
proposta davanti al giudice tributario, in quanto munito di giurisdizione a
carattere generale e competente ogni qualvolta si controversa di uno speci-
fico rapporto tributario76.
Quanto al merito, il giudice dovr attenersi alle laconiche regole. La
legge prevede che laccordo deve riguardare la determinazione dellammon-
tare dei componenti positivi di reddito impliciti e dei criteri per lindividua-
zione dei componenti negativi riferibili ai predetti componenti positivi e
successivamente, con normativa di secondo grado, affermato che tale
determinazione dovr essere effettuata tenendo conto dei principi OCSE in
materia di determinazione del valore normale dei beni e servizi ceduti
nellambito dei gruppi multinazionali.
Precisiamo, inoltre, che le spese da tenere in considerazione saranno
tutte quelle direttamente o indirettamente attribuibili al bene. In partico-
lare, la precisazione recata dal Decreto allart. 9, comma 9, secondo cui sono
non rilevano alcune tipologie di spese77, trova applicazione solo al fine di
determinare il quoziente da applicare alla quota di reddito attribuibile al
bene immateriale.

ALESSANDRO VICINI RONCHETTI

76
Cass. civ., Sez. V, 11 maggio 2012, n. 7344, in GT - Riv. giur. trib., n. 8-9/2012, pag. 657
nota di A. Guidara, Ragioni e possibili implicazioni dellaffermata impugnabilit delle comu-
nicazioni di irregolarit.
77
Il citato comma 9 esclude la rilevanza, ai fini del computo del quoziente, degli interessi
passivi, delle spese relative agli immobili e di qualsiasi costo che non pu essere direttamente
collegato ad uno specifico bene immateriale di cui allart. 6.

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PROFILI

ISTITUZIONALI
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I decreti delegati della riforma fiscale: passi avanti,


qualche passo indietro e molte occasioni mancate
Luigi Mazzillo

Estratto: Come era nelle intenzioni, non si trattato di una riforma organica, ma di
una manutenzione straordinaria del sistema impositivo. Con elementi positivi, passi
avanti verso un fisco pi semplice, certo e moderno. E con altri, invece, negativi,
lindebolimento delleffetto di deterrenza nella lotta allevasione e lennesimo smacco
ai diritti del contribuente. Ma soprattutto con tante questioni che lincompleta
attuazione della delega ha lasciato irrisolte: dal riordino delle agenzie fiscali, con
il mancato rilancio dellobiettivo di superare il modello burocratico a favore di un
assetto manageriale, alla razionalizzazione dellIva, fino alla revisione dellIrap ed
alla riforma del catasto. Tutta una serie di punti interrogativi che confermano ancora
una volta la necessit e lurgenza di proporre e portare a termine una riforma
strutturale di un sistema fiscale che si caratterizza per lelevato peso tributario
(44% del PIL, caricato, peraltro, per l80% sui redditi da lavoro dipendente e da
pensione), lalta incidenza dellevasione fiscale (120 miliardi lanno, al secondo posto
nellUE) ed il groviglio degli adempimenti (500 allanno).

Abstract: As it was intended to be, legislative innovations adopted do not represent


an organic reform, but only a sort of extraordinary maintenance intervention to
update here and there the Italian tax system. With positive aspects steps forward in
simplification, more certainty and modernity. With other, instead, rather negative
weakening of the deterrence effect as a means to combating tax evasion and the
hundredth snub of taxpayers charter of rights. Above all, the implementation of the
delegation law leaves unsolved too many questions: the failure to further advance in
overcoming the bureaucratic model of the tax agencies towards a managerial one,
the rationalization of VAT, the revision of the regional company tax (IRAP) and the
reform of Cadastre. A number of question marks which once more highlight how
urgent it is to implement a structural reform of the fiscal system to overcome the
relevant weaknesses represented by high fiscal pressure (44% of GNP - as much as
80% borne by employees and people on pension) and the tangled mass of tax
accomplishments requested (about 500 in a year).

SOMMARIO: 1. Violazioni dello Statuto dei diritti del contribuente - 2. Peculiarit


delliter della Legge delega e della sua attuazione - 3. Incompleta attuazione della
delega - 4. Attuazione della delega anche al di fuori dei Decreti delegati - 5.
Manutenzione straordinaria del sistema - 6. Persistente necessit di riforma strut-
turale del sistema - 7. Indirizzi di politica fiscale e Decreti delegati: fatturazione
elettronica, trasmissione telematica dei dati IVA ed evasione - 8. Incroci banche dati
e tracciabilit dei pagamenti - 9. Monitoraggio dellerosione e dellevasione fiscale -

Rassegna Tributaria 3/2016 - 701


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L. MAZZILLO - RIFORMA FISCALE: VERSO UN FISCO PI SEMPLICE

10. Sotto-utilizzo della delega per il riordino delle Agenzie fiscali - 11. Misure che
indeboliscono leffetto deterrenza - 12. Conclusione.

1. Violazioni dello Statuto dei diritti del contribuente - Nel rispetto del tema
generale dellincontro, voglio iniziare esaminando in quale conto la riforma
abbia tenuto le prescrizioni dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge
n. 212/2000). A tal proposito debbo ricordare che nel 2010, a dieci anni
dallintroduzione dello Statuto, la Corte dei conti lanci un allarme docu-
mentato sulla sistematica violazione dei principi che lo stesso aveva sancito -
con le deroghe eccessive alle sue regole, con la retroattivit delle imposte o
dei mutamenti procedurali, luso massiccio delle proroghe dei termini di
accertamento, il deficit di chiarezza e di trasparenza. Il ricorso al semplice
incipit della disposizione in deroga - esso stesso non sempre rispettato - era
bastato al legislatore per disattendere almeno 400 volte in dieci anni una
legge da tutti fortemente voluta.
La violazione dei principi dello Statuto non stata senza conseguenze
per quanto riguarda lentit del carico tributario per le famiglie e per le
imprese: stato stimato che solo dalla violazione del principio di
irretroattivit nel 2011 scaturito un maggior gettito di oltre 6 miliardi;
entrate che, rispettando lo Statuto, si sarebbero registrate soltanto a partire
dal 2012.
Il legislatore delegante ha pertanto cercato di porre un argine alla
tentazione della retroattivit in sede di attuazione della delega fiscale con
la previsione, contenuta nellart. 1 del provvedimento (emendamento Fluvi),
che i Decreti legislativi venissero adottati nel rispetto, non solo dei principi
costituzionali e del diritto dellUnione Europea, ma anche di quelli dello
Statuto dei diritti del contribuente di cui alla Legge 27 luglio 2000, n. 212,
con particolare riferimento al rispetto del vincolo di irretroattivit delle
norme tributarie di sfavore.
Si tratta, ovviamente, di una prescrizione che non trover applicazione
operativa oltre il caso concreto della delega fiscale. Continueranno, per-
tanto, a restare in balia delle necessit e delle urgenze del legislatore tutti gli
altri provvedimenti per i quali non sar stato apposto analogo vincolo di
esclusione di ogni retroattivit. Il fatto che, non trattandosi di norme di
rango costituzionale, lo Statuto del contribuente continua ad essere una
legge scritta sulla sabbia, modificabile in qualunque momento da unaltra
legge ordinaria.
Ritornando alla riforma, si detto del rimedio introdotto per impedire
ladozione di norme retroattive. Lattuazione dei Decreti delegati fa ciono-
nostante registrare la sua brava violazione dello Statuto dei diritti del
contribuente con riguardo ad un principio diverso da quello
dellirretroattivit, quello dellart. 2, secondo il quale le prescrizioni modi-
ficative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo

702 - Rassegna Tributaria 3/2016


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PROFILI ISTITUZIONALI

conseguentemente modificato. Ebbene, non poche delle disposizioni dei


Decreti delegati sono scritte con un riferimento sintetico alla norma modi-
ficata individuata con il numero dellarticolo e del comma - con tutti gli
effetti di illeggibilit che ne conseguono, non solo per i contribuenti in
generale, ma per gli stessi professionisti ed i giudici.

2. Peculiarit delliter della Legge delega e della sua attuazione - Lorigine,


lintestazione e liter della Legge delega n. 23 del marzo 2014 e la sua
successiva attuazione si caratterizzano per una serie di peculiarit che
non sono passate inosservate. La legge, che conferiva al Governo una delega,
da attuare entro il 26 marzo 2015, per la realizzazione di un sistema fiscale
pi equo, trasparente e orientato alla crescita, riprendeva i contenuti di un
disegno di legge diniziativa del Governo della scorsa legislatura (approvato
dalla Camera nellottobre 2012, ma che non aveva concluso il proprio iter al
Senato).
Il disegno di legge, partito come progetto governativo, si trasformato in
proposta di iniziativa parlamentare. Esso non , pertanto, basato su studi,
come avvenuto con la Relazione Cosciani per la riforma del 1971, ma su
proposte delle Commissioni parlamentari. Ad ulteriormente rafforzare la
natura parlamentare della riforma va evidenziata la circostanza che lema-
nazione dei Decreti delegati da parte del Consiglio dei Ministri stata
preceduta - soprattutto nella fase iniziale - dallesame preliminare degli
schemi da parte di un Comitato ristretto informale delle Commissioni
Finanze di Camera e Senato.
Nelle more dellemanazione dei numerosi Decreti legislativi di attua-
zione, il Governo ha ritenuto di chiedere una proroga di sei mesi che,
secondo un (poco commendevole anche se tipico) comportamento italiano,
stata inserita in un emendamento allart. 1 del disegno di legge di conver-
sione di un Decreto sullIMU agricola.
Lemanazione dei provvedimenti attuativi avvenuta, cos, in ritardo
rispetto al termine inizialmente stabilito. Il tempo impiegato stato di quasi
500 giorni.
Il cammino della riforma si , dunque, caratterizzato per una lunga e
complessa attivit legislativa in partnership Governo/Parlamento, non
orientata da un disegno complessivo ed esposta alle sollecitazioni delle
necessit contingenti e delle spinte le pi diverse. mancato un disegno
organico di riferimento. Non , per converso, mancata lattenzione per molti
dettagli, spesso trascurati, ma rilevanti sul piano operativo per i contri-
buenti: il lungo lavoro parlamentare ha sicuramente consentito di far luce su
esigenze apparentemente di minor rilievo e di solito ignorate quando lat-
tenzione monopolizzata dalla gestione della coerenza di un disegno
globale.
Il particolare cammino della riforma ha per fatto anche s che, in
violazione dellart. 76 Cost., sia mancata una chiara distinzione fra principi

Rassegna Tributaria 3/2016 - 703


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L. MAZZILLO - RIFORMA FISCALE: VERSO UN FISCO PI SEMPLICE

e criteri direttivi di delega, e cio fra norme fondamentali della disciplina e


modalit da seguire ed obiettivi da raggiungere. Infatti, ci troviamo di fronte
ad un unico elenco di disposizioni Direttive del pi vario genere, o vaghe,
lacunose e difficili da interpretare, oppure semplicemente enfatiche e del
tutto lapalissiane e perci inutili, come nel caso della mera riproposizione di
ben noti principi costituzionali.

3. Incompleta attuazione della delega - Lattuazione della Legge delega avrebbe


dovuto investire praticamente quasi tutto lordinamento tributario - dalla
tassazione del reddito dimpresa allIRAP, dal contrasto allevasione allabuso
del diritto ed alle agevolazioni, dallaccertamento al contenzioso tributario,
alla semplificazione delle procedure, dal catasto ai giochi - tutti capitoli auto-
nomi, pur se legati, come si gi detto, alla finalit del perseguimento degli
obiettivi generali dellequit, della trasparenza e della crescita. Tuttavia, dei 43
obiettivi della riforma ne sono stati raggiunti non pi del 50%. Lattuazione
della delega stata incompleta. Essendo scaduto il termine per legiferare in via
delegata, sono rimaste inattuate, o solo parzialmente attuate, le disposizioni di
delega in tema di:
revisione del catasto dei fabbricati, con leccezione della riforma delle
Commissioni censuarie;
revisione della riscossione degli enti locali;
razionalizzazione dellimposta sul valore aggiunto e di altre imposte
indirette, fatta salva la revisione delle accise sui tabacchi;
revisione della disciplina dei giochi pubblici e rilancio del settore
ippico;
revisione della fiscalit energetica ed ambientale - ancora una volta
finita nel nulla;
revisione dellIRAP;
coordinamento delle obbligazioni tributarie e degli obblighi contabili e
dichiarativi;
poteri in materia tributaria e loro esercizio;
generalizzazione del meccanismo della compensazione.

4. Attuazione della delega anche al di fuori dei Decreti delegati - Lattuazione


della riforma tuttavia proseguita anche per altre vie: infatti, alcune delle
norme di delega, anche tra le pi significative, hanno trovato attuazione con
la Legge di stabilit 2015 (Legge 23 dicembre 2014, n. 190).
I commi 26-34 e 54-89 dellunico articolo della Legge di stabilit dello
scorso anno fanno riferimento alla delega in tema di tassazione dei redditi
dimpresa e di lavoro, introducendo due innovazioni di rilievo. Con la prima
si prevede, in via sperimentale, per il periodo dal 1 marzo 2015 al 30 giugno
2018, che i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi i lavoratori
domestici e quelli del settore agricolo), con almeno sei mesi di anzianit di
servizio, possano richiedere di percepire mensilmente in busta paga,

704 - Rassegna Tributaria 3/2016


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PROFILI ISTITUZIONALI

unitamente alla retribuzione, la quota di trattamento di fine rapporto


maturata. Con la seconda innovazione si introduce un nuovo regime per i
contribuenti minimi, che sostituisce i precedenti regimi di favore, con
lassoggettamento del reddito ad ununica imposta sostituiva del 15%.
I commi 634-641 perseguono lobiettivo di migliorare i rapporti tra Fisco
e contribuenti (art. 6 della delega) e, allo scopo di rafforzare la tax-com-
pliance, stabiliscono innanzitutto che lAgenzia delle entrate metta a dispo-
sizione di ciascun contribuente le informazioni in suo possesso ad esso
riferibili. Ma la norma di maggior rilievo quella che concerne la revisione
sostanziale dellistituto del ravvedimento operoso, al quale si pu ora acce-
dere senza limiti di tempo.
I commi 629-633 si ricollegano allart. 9 della delega, volto allintrodu-
zione di norme per il rafforzamento dei controlli fiscali, con lestensione
dellambito di applicazione del reverse charge IVA e lintroduzione dello split
payment.
I commi 634-650 fanno infine riferimento allart. 14 della delega, relativo
al riordino delle disposizioni in materia di giochi pubblici.
Il pendolarismo e la fungibilit tra delega/Decreti delegati e Legge di
stabilit evidenzia il radicamento della prassi di procedere a spizzichi e
bocconi, e quindi in modo disorganico e disordinato.
Venuta a scadenza la delega, il vizio della normazione disordinata e
disorganica in materia tributaria si , se possibile, ulteriormente accen-
tuato. La Legge di stabilit 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208) formata,
com noto, da un solo articolo di 999 commi (in quella dellanno prima i
commi, sempre dellunico articolo, erano solo 735), che dettano un guaz-
zabuglio di disposizioni di ogni genere. Le norme di natura tributaria -
messe di qua e di l, senza alcuna coerenza, di difficile individuazione,
prima ancora che di difficile comprensione - sono almeno 240. Per ciascuna
disposizione manca la menzione delloggetto nel titolo (che non c),
essendo tali norme, non gi raggruppate in un unico capitolo, ma sparpa-
gliate un po dovunque, senza logica. Con laggravante che, ancora una volta,
in barba ai principi di chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie
sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente, le nuove disposizioni
tributarie della Legge di stabilit 2016 risultano il pi delle volte indecifra-
bili. Esse contengono richiami ad altre disposizioni in termini non testuali,
ma solo di numeri di articoli e di commi. Questi, a loro volta, spesso
rimandano ad altre disposizioni anchesse magari individuate solo con
numeri di articoli e commi, e cos cripticamente procedendo, in una sorta
di caccia al tesoro che non pu non lasciare ben presto esausti. un mare
magnum di disposizioni alla rinfusa, popolato da una serie interminabile di
rinvii e di richiami, caratterizzato da un linguaggio spesso indecifrabile -
disposizioni di sicuro difficilmente accessibili al contribuente medio, e non
solo.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 705


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L. MAZZILLO - RIFORMA FISCALE: VERSO UN FISCO PI SEMPLICE

Prima ancora di valutarla nel merito, la riforma tributaria attuata con i


Decreti delegati si presenta, quindi, come incompleta, disorganica e di
difficile lettura, a dispetto della mole di lavoro governativo e parlamentare
svolto e delle attese alimentate. Ed stata seguita da unattivit legislativa
tanto frenetica, quanto disorganica e frammentaria, che rischia di vanifi-
care anche parte di quanto di buono i Decreti delegati avevano comunque
fatto per razionalizzare il sistema impositivo.

5. Manutenzione straordinaria del sistema - stato affermato che non di una


riforma si tratta, ma di una riformetta. Io, tuttavia, non sarei cos drastico
nella valutazione. Direi piuttosto che si trattato di uno sforzo di manu-
tenzione straordinaria del sistema, sia pure incompleta e non sistematica,
che ha avuto sicuramente il merito di correggerne alcuni difetti particolar-
mente avvertiti e di aggiornarne le modalit di funzionamento. In qualche
caso, per, ha avuto anche leffetto, magari inconsapevole, di confermarne o
di aggravarne i limiti.
Diversamente dal pi lontano - e ben pi ambizioso, ancorch generico -
disegno di Tremonti, la riforma, iniziata con la proposta del Governo Monti
del 18 giugno 2012 e ripresa dal DDL n. 282 del 15 marzo 2013 del Governo
Letta, stata dichiaratamente presentata con lobiettivo, non gi di dise-
gnare unorganica riforma del sistema di tassazione, ma di attuare inter-
venti migliorativi del sistema fiscale in termini di equit, certezza delle
regole e semplificazione. La non rispondenza ad un disegno organico di
riforma denunciata da autorevoli esperti, con le limitazioni che ne conse-
guono, non , quindi, un incidente di percorso. Essa in realt risponde ad
obiettivi consapevolmente perseguiti da Governo e Parlamento. In questot-
tica, anche le critiche espresse alla gestione ibrida Governo/Parlamento
della delega possono apparire prive di una reale ragion dessere, posto che
si voluto consapevolmente sperimentare una modalit nuova di gestione
del processo di legislazione delegata, con lo scopo di dare soluzione ad una
molteplicit di problemi avvertiti dai contribuenti - persone fisiche ed
imprese - nel concreto e quotidiano funzionamento del sistema.

6. Persistente necessit di riforma strutturale del sistema - Accontentarsi di


una parziale manutenzione straordinaria del sistema stato probabilmente
un atto di realismo politico, nella constatazione che mancavano le condi-
zioni per proporre e portare a termine una riforma strutturale. Della quale,
per, c sicuramente bisogno. Per convincersene basta considerare che
lultima organica riforma risale al 1971, quando lintegrazione europea era
appena agli inizi, le multinazionali contavano relativamente poco, la Cina
era un Paese sottosviluppato, la finanziarizzazione delleconomia non era
ancora in vista, di Internet non si parlava, mentre in Italia lo Stato era
padrone del 50% dellapparato produttivo.

706 - Rassegna Tributaria 3/2016


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PROFILI ISTITUZIONALI

Le distorsioni riconducibili ai ritardi nella riforma strutturale del nostro


ordinamento tributario possono essere lette in una serie di indicatori a tutti
noti:
il sesto posto quanto a pressione fiscale - il 44% del PIL - nella
graduatoria dei 28 Paesi dellUnione Europea;
una concentrazione - sempre in aumento - del carico tributario sui
redditi da lavoro dipendente e da pensione, passato, tra il 2003 ed il 2013, dal
75,6 all80,2%, con un incremento di circa 5 punti percentuali, a fronte di
una riduzione del peso sui redditi da lavoro autonomo, impresa e parteci-
pazione, sceso nello stesso periodo di oltre tre punti percentuali - dal 17,35
al 14%;
il secondo posto nellUnione Europea per evasione fiscale, con oltre
120 miliardi di gettito sottratto annualmente allErario, che spiega lecces-
sivo peso tributario gravante sui redditi di lavoro e di pensione, soggetti alla
non eludibile tassazione alla fonte;
un sistema di adempimento delle obbligazioni tributarie fra i pi
complessi ed i pi onerosi: solo per gli ultimi due mesi dellanno, nello
scadenzario fiscale dellAgenzia delle entrate si contano oltre 500 adempi-
menti, dagli appuntamenti chiave, che chiamano in causa milioni di con-
tribuenti, agli obblighi minori.
Il principale difetto dellattuazione della riforma della Legge n. 23/2014
sta proprio nel fatto che, in conseguenza del tipo di intervento operato,
stato possibile migliorare il funzionamento del sistema tributario solo con
riferimento a due degli obiettivi propostisi dalla riforma - certezza del diritto
e semplificazione degli adempimenti.
La maggior certezza stata perseguita attraverso una pi chiara defi-
nizione delle fattispecie dubbie (elusione ed abuso del diritto) ed una pi
efficace sistematizzazione del dialogo tra contribuente e Fisco con i Decreti
sullinterpello. Molto tuttavia dipender dai concreti comportamenti
dellAmministrazione finanziaria e dalladeguatezza della sua organizza-
zione interna: un esempio di problematicit quello degli interpelli da
presentarsi alle Direzioni Regionali, quando, in particolare se riferiti al
ruling internazionale, questi dovrebbero essere gestiti da strutture speciali-
stiche necessariamente centralizzate.
Gli interventi di semplificazione, ancorch sparpagliati in pi Decreti,
appaiono incisivi e graditi ai contribuenti e riflettono gli aspetti positivi delle
modalit di cammino della riforma. Tuttavia, anche il loro successo sul
piano operativo dipender dai comportamenti concreti e dallorganizza-
zione che lAmministrazione si dar per gestirli.
Poco, soprattutto, si realizzato, neppure in via di principio, in termini
di maggiore equit - in particolare con il significativo vulnus arrecato dalla
mancata riforma del catasto. Molto a tal fine dipender dallefficacia e dalla
determinazione con la quale, come si dir meglio in seguito, verr ridefinita
e gestita la strategia di lotta allevasione fiscale.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 707


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L. MAZZILLO - RIFORMA FISCALE: VERSO UN FISCO PI SEMPLICE

7. Indirizzi di politica fiscale e Decreti delegati: fatturazione elettronica,


trasmissione telematica dei dati IVA ed evasione - I contenuti dei Decreti
delegati possono essere valutati anche alla luce degli indirizzi di politica
fiscale annunciati dal MEF per il biennio 2016-2017 e che si concentrano su
fatturazione elettronica, tracciabilit dei pagamenti e maggiori incroci delle
banche dati.
Il Decreto delegato n. 127/2015 sulla trasmissione telematica delle
fatture e dei dati IVA su base volontaria sicuramente importante per
incentivare la diffusione delle-invoicing anche nei rapporti business to
business. Le sue disposizioni, tuttavia, non bastano per uneffettiva lotta
allevasione dellIVA: la semplice adozione della fatturazione elettronica tra
privati, infatti, non produce di per se alcun rafforzamento dellattivit
conoscitiva e di controllo ai fini fiscali. Tale rafforzamento lo si pu ottenere
solo se lAmministrazione finanziaria messa in condizione di acquisire -
tempestivamente, compiutamente ed in modo organizzato - i dati contenuti
in tutte le fatture, tanto elettroniche quanto cartacee, emesse dai
contribuenti.
Questo proprio quello che ha fatto lAmministrazione finanziaria
portoghese con lE-fatura, entrata a regime con il 1 gennaio 2015, dopo
un percorso di avvicinamento graduale di due anni. Qui la fatturazione
elettronica sicuramente centra, ma il punto importante che i dati di tutte le
fatture - elettroniche o cartacee che siano - emesse nei confronti dei propri
clienti, compresi i consumatori privati e la Pubblica amministrazione,
devono essere trasmesse telematicamente allAgenzia delle entrate, rispet-
tando uno standard di formato (quello OCSE) e una tempistica definita dalla
legge. LAutorit tributaria mette a disposizione su un apposito Portale Web
le informazioni acquisite tanto dallemittente quanto dal destinatario della
fattura, che possono cos controllare i dati e chiederne, se necessario, la
rettifica.
Al consumatore finale riconosciuta una detrazione del 15% dellIVA
riportata nelle fatture ricevute dai fornitori di beni e dai prestatori di servizi
che rientrano in alcune specifiche categorie economiche (ristoranti, par-
rucchieri ed estetisti, esercizi ricettivi, riparazione auto e moto veicoli). E c
anche la possibilit di partecipare ad una lotteria nazionale.
Il sistema dellE-fatura sembra aver funzionato: nonostante la riforma
abbia operato in un periodo di profonda crisi delleconomia portoghese, con
una riduzione del PIL del 3,2% nel 2012 e dell1,4% nel 2013, il gettito IVA
cresciuto senza interruzione, ad un tasso medio annuo di circa l8%.
La conclusione da trarsi alla luce dellesperienza portoghese che, cos
come stato architettato, il nostro Decreto delegato sulla fatturazione
elettronica appare come una mezza misura che potr sortire risultati limi-
tati in termini di riduzione dellevasione IVA, per la quale, com noto,
deteniamo una posizione di tutto rispetto - collocandoci, fra i Paesi europei,
subito dopo la Grecia.

708 - Rassegna Tributaria 3/2016


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PROFILI ISTITUZIONALI

8. Incroci banche dati e tracciabilit dei pagamenti - Rilevanti risultano le


connessioni dei Decreti delegati anche con gli altri due indirizzi di politica
fiscale annunciati per il biennio 2016/17: maggiori incroci delle banche dati
e tracciabilit dei pagamenti.
Per quanto riguarda gli incroci, se ne gi vista limportanza trattando
della fatturazione elettronica secondo il modello portoghese. Ma se ne pu
avere chiara e convincente riprova guardando al monitoraggio dellappli-
cazione del nuovo ISEE, il quale, com noto, prevede che solo una parte dei
dati necessari per il calcolo sia autocertificata. Il resto - tra cui i dati fiscali
pi importanti, come il reddito complessivo - inserito nella dichiarazione
sostitutiva unica direttamente dallAmministrazione, grazie allincrocio
delle banche dati INPS e Agenzia delle entrate. Ebbene, grazie al controllo
a monte, il numero dei soggetti che fino allanno precedente richiedevano
prestazioni sociali agevolate (esenzione sui ticket sanitari, sconti sulle rette
universitarie, un posto nellasilo nido, ecc.) dichiarando un patrimonio
nullo sceso dal 74 al 19%, mentre il valore medio dei conti correnti si
pi che raddoppiato, passando dai 4 mila ai 9 mila euro. Non si tratta di un
nuovo ed inatteso miracolo italiano dovuto ad una crescita economica la cui
rilevazione era sfuggita allISTAT, ma solo dellimpatto sui comportamenti
dei controlli resi possibili a monte dallincrocio delle banche dati.
Sicuramente efficace ai fini della lotta allevasione, segnatamente
dellIVA, sono misure come il reverse charge e lo split payment. Appaiono,
invece, contraddittorie con lo stesso indirizzo, riaffermato dal Governo,
della maggiore tracciabilit delle transazioni, la decisione di alzare il tetto
per luso del contante e labolizione del divieto di pagare cash i canoni degli
affitti. La Francia si di recente mossa in tuttaltra direzione, abbassando a
1.000 euro il tetto delluso del contante, e ci anche in chiave anti-
terroristica.
Da tempo vari studi a rilevanza mondiale sono giunti alla conclusione
che una soglia troppo bassa per il contante pu favorire levasione ed il
riciclaggio. Il fatto che, mentre per i pagamenti al di sotto della soglia di 20
euro il contante impiegato da noi in misura pi o meno equivalente a quella
degli altri Paesi, come Germania e Spagna - un po al di sopra del 90% - gi
per i pagamenti fra i 30 e i 100 euro in Italia se ne fa un uso ben maggiore che
altrove: 77% dei casi rispetto al 66% della Spagna, il 20% dellOlanda ed il
15% della Francia. Per i pagamenti fra 200 e 1.000 euro, poi, in Italia si fa
ricorso alle banconote nel 30% dei casi contro il 21% della Germania, l8%
dellOlanda ed appena il 3% della Francia.
Oltre a favorire, come si detto, levasione ed il riciclaggio, luso del
contante ha per il Paese anche un costo economico diretto che stato
calcolato per lItalia nellordine di 8 miliardi annui - lo 0,52% del PIL, contro
una media UE dello 0,40.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 709


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L. MAZZILLO - RIFORMA FISCALE: VERSO UN FISCO PI SEMPLICE

9. Monitoraggio dellerosione e dellevasione fiscale - Importanti e pienamente


condivisibili appaiono per converso le disposizioni del D.Lgs. n. 160/2015
che intervengono in modo strutturalmente positivo sul monitoraggio e sulla
revisione delle agevolazioni fiscali e sulla rilevazione dellevasione fiscale e
contributiva, anche dettandone il coordinamento con le procedure di bilan-
cio. Il monitoraggio della spesa fiscale quindi previsto in termini di
strumento di disciplina fiscale, al pari della spesa di erogazione e delle
modifiche strutturali del sistema tributario: la Nota di Aggiornamento del
Documento di Economia e Finanza deve essere annualmente corredata da
un rapporto programmatico di interventi per leliminazione, la riduzione o
la riforma delle spese fiscali, mentre allo Stato di previsione dellentrata deve
essere allegato un rapporto annuale ricognitivo delle spese fiscali in essere,
per la cui redazione prevista listituzione di unapposizione Commissione
di quindici esperti. Viene specificato che le spese fiscali per le quali siano
trascorsi cinque anni dalla loro entrata in vigore debbano essere oggetto di
specifiche proposte di eliminazione, riduzione o modifica. Interventi ana-
loghi vanno effettuati con la Legge di stabilit.
Inserire le spese fiscali allinterno delle procedure di bilancio consente di
ridiscuterne periodicamente lutilit, eliminando o ridimensionando quelle
che - alla luce delle mutate condizioni ed esigenze sociali ed economiche -
appaiano, in tutto o in parte, superate, o quelle che costituiscano una
duplicazione non voluta con interventi di spesa di erogazione. I risparmi
di spesa fiscale sono attribuiti al fondo per la riduzione della pressione
fiscale, come previsto dal comma 431 della Legge 27 settembre 2013, n. 147.
Previsioni in parte analoghe sono dettate per il monitoraggio delleva-
sione fiscale e contributiva, che attuato con la presentazione, contestual-
mente alla Nota di Aggiornamento del DEF, di un rapporto sui risultati
conseguiti in materia di misure di contrasto dellevasione fiscale e contri-
butiva, corredato da unesaustiva nota illustrativa delle metodologie utiliz-
zate. A tal fine prevista - anchessa a cura di unapposita Commissione di
quindici esperti - la redazione di una relazione annuale sulleconomia non
osservata e sullevasione fiscale e contributiva contenente:
i risultati conseguiti in materia di misure di contrasto allevasione
fiscale e contributiva, distinguendo tra imposte accertate e riscosse, nonch
tra le diverse tipologie di avvio delle procedure di accertamento;
i risultati del recupero di somme dichiarate dovute e non versate e della
correzione di errori nella liquidazione sulla base delle dichiarazioni;
il recupero di gettito fiscale e contributivo attribuibile alla maggiore
propensione alladempimento spontaneo da parte dei contribuenti;
le strategie per il contrasto allevasione fiscale e contributiva, laggior-
namento ed il confronto dei risultati con gli obiettivi.
Altrettanto importante e positivo laver previsto nel D.Lgs. n. 157/2015
che, in accordo con quanto previsto dal Decreto sul monitoraggio, le Agenzie
fiscali stabiliscano specifici obiettivi da conseguire per quanto riguarda sia

710 - Rassegna Tributaria 3/2016


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PROFILI ISTITUZIONALI

ladempimento spontaneo degli obblighi tributari, sia il livello di efficacia


dellazione di prevenzione e di contrasto dellevasione fiscale, delle frodi e
degli illeciti tributari (D.Lgs. n. 157/2015, art. 1, comma 2), da misurarsi con
appositi indicatori della produttivit, della qualit e della tempestivit
dellazione svolta, da una parte, e con indicatori della complessiva efficacia
ed efficienza gestionale, dallaltra, gli uni e gli altri definiti in convenzione
(D.Lgs. n. 157, art. 1, comma 3).
Queste disposizioni appaiono in tutta la loro rilevanza se le si raffronta
con le osservazioni e le raccomandazioni sviluppate dalla Corte dei conti
dalla fine degli anni 90 in poi nelle sue relazioni annuali ed a conclusione di
molte indagini sulla gestione: i meccanismi di monitoraggio codificati dal
Decreto delegato 160/2015 e da quello sul riordino delle Agenzie fiscali
soddisfano appieno gli standard indicati dalla Corte dei conti e sono in
linea con i pi avanzati sistemi operanti a livello europeo.
Tutto bene, quindi?
La risposta non pu essere univoca. Anzitutto perch le norme prima
riepilogate non hanno finora trovato attuazione. A cominciare, per quanto
ne sappia, dalla costituzione delle due Commissioni di esperti, formate, fra
laltro, da componenti tutti a titolo gratuito. Il rischio che, ancora una
volta, le buone intenzioni continuino a restare a lungo solo sulla carta. Ma la
risposta non pu essere rassicurante, soprattutto se si tiene conto sia dei
limiti e delle contraddizioni prima emersi con riguardo alla fatturazione
elettronica ed al tetto troppo alto per luso del contante, sia di quelli relativi
agli altri Decreti delegati, oltre che alle politiche concretamente attuate.

10. Sotto-utilizzo della delega per il riordino delle Agenzie fiscali - Resta, in
particolare, il fatto che la delega sia stata ampiamente sotto-utilizzata per
quanto riguarda le Agenzie fiscali: lintervento stato minimale. In pratica, a
parte quanto di positivo gi stato detto, ci si limitati a postulare enfati-
camente per lAmministrazione finanziaria la realizzazione di una mag-
giore efficienza favorendo ladempimento degli obblighi tributari ed a
prevedere:
la riduzione di non meno del 10% del rapporto tra personale dirigen-
ziale di livello non generale e personale non dirigente;
la riduzione di almeno il 10% delle posizioni dirigenziali di livello
generale.
In realt, limpressione che con lAmministrazione finanziaria si stia
forse perdendo il senso dellorientamento strategico, con il rischio di com-
prometterne il ruolo che si era andato positivamente definendo ed affer-
mando a partire dai primi anni 90, prima ancora di precisarsi e consolidarsi
con il D.Lgs. n. 300/1999.
Il legislatore delegato del 1999 aveva chiaramente riconosciuto la natura
specialistica delle Agenzie fiscali e ne aveva sancito la conseguente auto-
nomia organizzativa, da esercitarsi attraverso un proprio regolamento di

Rassegna Tributaria 3/2016 - 711


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L. MAZZILLO - RIFORMA FISCALE: VERSO UN FISCO PI SEMPLICE

organizzazione. Tale regolamento era chiamato a disporre anche in materia


di modalit di selezione del personale dirigente, basandosi sul superamento
del tradizionale modello burocratico-formalistico delle Amministrazioni
pubbliche italiane, a favore di un modello di progressione della carriera che
premiasse il risultato, pi che la semplice conoscenza nozionistica delle
procedure. Facendo naturalmente salvo lobbligo dellingresso attraverso
una procedura concorsuale pubblica, liter selettivo prevedeva poi un
periodo di tirocinio teorico-pratico finalizzato a verificare - attraverso un
apposito sistema di misurazione e di valutazione delle competenze - il
possesso delle capacit funzionali allespletamento dellincarico
dirigenziale.
La felice intuizione del legislatore delegato di allora era stata che unor-
ganizzazione che va avanti per obiettivi definiti in sede convenzionale, e che
deve essere, pertanto, lato sensu remunerata in base al grado di raggiungi-
mento degli stessi, non pu non adottare un modello di valutazione e di
remunerazione/valorizzazione del proprio personale basato sul merito, e
quindi sui risultati ottenuti sul campo, sulla delicatezza e sulla rilevanza
delle mansioni svolte (si pensi, ad esempio, alle verifiche sui soggetti inter-
nazionali o al ruling). Sono ruoli che non possono essere affidati al primo
venuto solo per il fatto che abbia superato un concorso aperto a tutti: nelle
selezioni per ruoli apicali non pu non entrare anche la valutazione curri-
culare. Non uneresia, ma il modo internazionalmente riconosciuto per
avere unamministrazione che produca i risultati voluti ed attesi.
Se fosse necessario, una conferma di ci pu essere trovata nei risultati
di una ricerca svolta nel 2013 nel Regno Unito sulla Pubblica amministra-
zione in 30 Paesi, compreso il nostro. La ricerca evidenzia il grande sviluppo
che negli ultimi anni ha avuto il c.d. New Public Management come forma
alternativa per laffidamento dei servizi pubblici a soggetti che operano in
regime totalmente privatistico. Si tratta di una soluzione che ha consentito
di superare le rigidit dei modelli organizzativi burocratici e di portare nei
meccanismi di funzionamento delle Amministrazioni pubbliche le innova-
zioni - organizzative e gestionali - proprie del settore privato.
Nella grande maggioranza dei Paesi esaminati stato faticosamente
ricercato un equilibrio organizzativo accettabile fra autonomia e controllo,
fra le strutture preposte alla regolazione ed al controllo della cosa pubblica e
le strutture chiamate ad erogare servizi pubblici ad alto valore per la
collettivit, fra chi chiamato a fare scelte politiche ed a verificarne lattua-
zione (policy autonomy) e chi le scelte politiche chiamato ad attuarle
(managerial autonomy).
Il risultato della ricerca che il modello delle Agenzie, pur non costi-
tuendo la risposta ideale, rappresenta la forma organizzativa potenzial-
mente pi adatta, se gestita con intelligenza, a dare efficienza alla
Pubblica amministrazione, in un momento storico di revisione del welfare,

712 - Rassegna Tributaria 3/2016


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PROFILI ISTITUZIONALI

di spinta alla riduzione del perimetro dellintervento pubblico ed al conte-


nimento del carico fiscale.
La ricerca evidenzia anche - ahinoi! - che il nostro Paese ha vissuto e
continua a vivere ai margini di queste grandi correnti di cambiamento
culturale, ancorato com ad una presunta specificit di una tradizione
giuridico-amministrativa fatta di norme e di procedure poste a tutela di
astratte garanzie che, per, nei fatti ne impediscono di esprimere le reali
potenzialit. Con i connessi risultati di inefficienze, demotivazione, disor-
ganizzazione, litigiosit, parassitismo, per non parlare di corruzione diffusa
e di malaffare, che sono sotto gli occhi di tutti. Ne potevano - e ne potrebbero
- fare eccezione almeno le Agenzie fiscali. Se, come mi auguro, si arrester
quel processo di loro omologazione alla Pubblica amministrazione alla
Checco Zalone.

11. Misure che indeboliscono leffetto deterrenza - Come si gi in parte visto,


aspetti di incoerenza della legislazione delegata con lobiettivo strategico
della lotta allevasione sono peraltro rilevabili non solo nel Decreto di
riordino delle Agenzie fiscali, ma anche in altri, che pure si propongono
la finalit, del tutto condivisibile, di favorire ladempimento spontaneo,
senza infierire sul contribuente, ma facilitandone lassolvimento degli
obblighi fiscali anche fornendogli lassistenza necessaria. C, infatti, un
rischio da non sottovalutare, ed il rischio rappresentato dalla vanificazione
delleffetto deterrenza associato ad alcune misure di attenuazione dellentit
e delleffettivit delle sanzioni amministrative tributarie, oltre che ad altre di
semplificazione e di razionalizzazione delle norme in materia di accerta-
mento e di riscossione.
Per dirla in termini generali, si ha quasi limpressione che il legislatore
delegato sia incorso in un eccesso di zelo, spingendosi talvolta nello sforzo
per la semplificazione e la facilitazione - sicuramente opportuno e condivi-
sibile - al di l del limite che segna lesaurimento delleffetto di deterrenza
della norma. In un sistema tributario come il nostro - ricordiamocelo ancora
una volta - nel quale per chi non ha il sostituto dimposta ladempimento
solo volontario.
In questa ottica, non poche perplessit sicuramente suscita la possibilit
di nuova rateizzazione dei debiti tributari anche per chi non ha adempiuto
alla rateizzazione precedente. dubbio che versi ora chi non lha fatto
prima. Mentre molto probabile, invece, che molti si convincano che non
il caso di affrettarsi a versare, posto che si pu rinviare tutto al prossimo
giro. E ci, in un contesto nel quale, secondo i dati diffusi dallAgenzia delle
entrate, il fenomeno delle imposte dichiarate dovute e non versate sta
assumendo dimensioni allarmanti: 36,3 miliardi nel quadriennio 2008-
2011, di cui 11,5 miliardi nel solo 2013. Si tratter pure, forse, di un
modo, peraltro alquanto improprio, di finanziare alcune imprese in
difficolt, ma di tutta evidenza che ci si espone al rischio concreto di

Rassegna Tributaria 3/2016 - 713


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L. MAZZILLO - RIFORMA FISCALE: VERSO UN FISCO PI SEMPLICE

insolvenza ai danni dello Stato e di compromissione dellazione di


riscossione.
Un sicuro effetto di vanificazione delleffetto di deterrenza legato al
disfacimento, operato dal Decreto n. 128/2015 sulla certezza del diritto,
della norma sul raddoppio dei termini per laccertamento amministrativo in
presenza di reati tributari. Questa norma era stata introdotta dal D.L. 4
luglio 2006, n. 223, perch lAgenzia delle entrate non era oggettivamente
nelle condizioni di perseguire quei casi pi gravi e insidiosi di evasione
fiscale connessi a indagini penali e per lo pi riguardanti mafia e criminalit
economica: di tali casi, infatti, lAmministrazione finanziaria veniva quasi
sempre a conoscenza solo quando il termine di quattro anni per lemana-
zione dellatto di accertamento era gi scaduto. Con le modifiche introdotte
con il Decreto delegato in attuazione di quanto stabilito dallart. 8, comma 2
della Legge delega, il raddoppio dei termini scatta solo se la denuncia penale
presentata entro la scadenza ordinaria dei termini, con leffetto di portare
anche allo stop dei maxi-accertamenti in corso e ad un conseguente con-
dono di fatto. Sono tuttavia fatti salvi gli effetti degli atti di controllo
notificati entro il 31 dicembre 2015 (la Legge delega faceva salvi solo gli
atti gi notificati alla data di entrata in vigore dei Decreti).
Il sistema di deterrenza ulteriormente indebolito, infine, da alcune
disposizioni introdotte dal Decreto che riordina la disciplina delle sanzioni
amministrative tributarie, di fatto favorendo chi pianifica comportamenti
dilatori rispetto a chi osserva le regole e i termini per versare le imposte
dovute. vero che importanti correttivi sono stati apportati allo schema di
partenza del Decreto, come in particolare avvenuto con la rinuncia alli-
potizzata abolizione di qualsiasi sanzione per lindicazione in dichiarazione
di un credito dimposta superiore a quello accertato. Qualche svista signi-
ficativa tuttavia rimasta.
Una prima incoerenza riguarda lo sconto per lomessa presentazione
delle dichiarazioni dei redditi, IVA e IRAP a favore di coloro che la presen-
tano entro il termine previsto per la dichiarazione relativa al periodo
dimposta successivo e comunque prima dellinizio di qualunque attivit
amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza
(come lavvio di attivit istruttoria esterna, linvio di questionari ed inviti,
lavvio di indagini finanziarie comunicato dalle banche): essi vengono a
beneficiare di un vantaggio rispetto a chi la dichiarazione la presenta entro i
termini previsti ed effettua tempestivamente il versamento della relativa
imposta.
Una seconda incoerenza attiene agli effetti dellattenuazione delle san-
zioni per linfedele dichiarazione. In applicazione del principio del favor rei,
lAmministrazione dovr rivedere tutti gli avvisi di accertamento non
ancora definitivi, con una perdita di gettito stimata in 40 milioni (oltre ai
costi amministrativi non computati), la cui copertura stata allo stato
prevista per il solo anno 2017.

714 - Rassegna Tributaria 3/2016


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PROFILI ISTITUZIONALI

Effetti analoghi di applicazione del principio del favor rei, con conse-
guente revisione di tutte le pratiche pendenti e necessit di stanziare risorse
per la relativa copertura finanziaria, si avranno anche per leliminazione
delle maggiorazioni sanzionatorie previste dal D.Lgs. n. 471/1997 (art. 1,
commi 2-bis e 2-ter; art. 5, commi 4-bis e 4-ter) e dal D.Lgs. n. 446/1997 (art.
32, commi 2-bis e 2-ter) per le infedeli dichiarazioni dei redditi, IVA e IRAP
nei casi di omessa presentazione o infedele o omessa indicazione dei dati
previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dellap-
plicazione degli studi di settore. Con laggravante che, in questo caso, le
modifiche potrebbero invogliare i contribuenti ad alterare gli studi di
settore, posto che lunica penalit prevista resta quella dellirrogazione di
una sanzione fissa di 2.000 euro, che, per, pu essere definita in via
ordinaria versandone 1/3, e cio appena 667.

12. Conclusione - Molto di pi si potrebbe dire a proposito dellattuazione


della riforma della Legge delega n. 23/2014, ma credo che lanalisi da me
condotta, sia pure sommaria e limitata, sia stata sufficiente a dimostrare
lassunto che i Decreti delegati della riforma abbiano, s, fatto compiere
importanti passi avanti verso un Fisco pi semplice, pi moderno e con
maggiori certezze, ma non siano tuttavia scevri sia da violazioni dello
Statuto dei diritti del contribuente, sia da effetti, non trascurabili, di inde-
bolimento del sistema di deterrenza dei comportamenti evasivi.

LUIGI MAZZILLO
Presidente agg. on. della Corte dei conti

Rassegna Tributaria 3/2016 - 715


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GIURISPRUDENZA

TRIBUTARIA
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GIURISDIZIONE CIVILE

1 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unite, sentenza n. 29 del 5 gennaio


2016, Pres. Rovelli, Rel. Di Palma

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione in generale - Difetto di giuri-


sdizione - Rilevabilit di ufficio - Giudice adito - Verifica della propria
giurisdizione - Dovere

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione in generale - Difetto di giuri-


sdizione - Rilevabilit di ufficio - Questione di giurisdizione e di com-
petenza - Pregiudizialit - Deroghe - Condizioni e fondamento

Ogni giudice, anche qualora dubiti della sua competenza, deve sempre verifi-
care innanzitutto, anche di ufficio, la sussistenza della propria giurisdizione.
La pregiudizialit della questione di giurisdizione rispetto a quella di compe-
tenza - fondata sulle previsioni costituzionali riguardanti il diritto alla tutela
giurisdizionale, la garanzia del giudice naturale precostituito per legge, i
principi del giusto processo, lattribuzione della giurisdizione a giudici ordi-
nari, amministrativi e speciali ed il suo riparto tra questi secondo criteri
predeterminati - pu essere derogata solo in forza di norme o principi della
Costituzione o espressivi di interessi o di valori di rilievo costituzionale, come,
ad esempio, nei casi di mancanza delle condizioni minime di legalit costitu-
zionale nellinstaurazione del giusto processo, oppure della formazione del
giudicato, esplicito o implicito, sulla giurisdizione.
Il giudice tributario munito di giurisdizione sulle controversie relative allin-
giunzione fiscale emessa dal Comune per la riscossione dellICI, ci poich tale
controversia pu essere assimilata a quella in cui venga impugnato il ruolo.
Omissis*

Ricorribilit dellingiunzione fiscale e giurisdizione delle Commissioni


tributarie

SOMMARIO: 1. Premessa: le questioni prospettate alle Sezioni Unite ed il pro-


blema della ricorribilit dellingiunzione fiscale come problema di giurisdizione -
2. Limpugnazione dellingiunzione fiscale e lapproccio sostanzialisticamente
orientato del giudice di legittimit nella risoluzione delle questioni di giurisdi-
zione - 3. La pregiudizialit della questione di giurisdizione rispetto alla questione

* Il testo della sentenza consultabile in banca dati fisconline.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 719


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P. DE QUATTRO - RICORRIBILIT DELLINGIUNZIONE FISCALE

di competenza. Importanza della soluzione nel processo tributario tra diritto di


difesa e tutela dellintegrit patrimoniale - 4. La rilevabilit ex officio del difetto di
giurisdizione in sede di esame del regolamento di competenza e il problema della
legittimit (attualit?) del divieto di proposizione del regolamento di competenza
nel processo tributario - 5. Considerazioni di sintesi.

1. Premessa: le questioni prospettate alle Sezioni Unite ed il problema della


ricorribilit dellingiunzione fiscale come problema di giurisdizione - La sen-
tenza che si annota affronta tre aspetti, di cui due attinenti alla teoria
generale del processo ed uno afferente invece al diritto processuale tribu-
tario. In particolare, nellordine di esame delle questioni in sede di decisione
della causa, il rapporto tra giurisdizione e competenza, la rilevabilit offi-
ciosa del difetto di giurisdizione in sede di esame del regolamento di
competenza e la corretta individuazione del giudice per le controversie
sullingiunzione fiscale. In definitiva, questa sentenza costituisce un ulte-
riore spunto per riflettere sul problema della giurisdizione delle
Commissioni tributarie.
La controversia ha avuto origine dalla notifica di due atti di ingiunzione di
pagamento, emessi sulla base di tre avvisi di accertamento e di una sentenza
passata in giudicato della Commissione tributaria provinciale di Mantova, con
i quali il Comune procedeva al recupero dellimposta comunale sugli immobili,
asseritamente non versata dal contribuente per tre periodi di imposta.
Il contribuente proponeva opposizione avverso le due ingiunzioni ed
incardinava il giudizio dinanzi al giudice ordinario - il Tribunale - in forza
del disposto dellart. 32, D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150 che, al comma 1,
dispone un rinvio al procedimento ordinario di cognizione per lopposizione
avverso le ingiunzioni di pagamento. Il Comune resistente, a sua volta,
sollevava questione pregiudiziale di difetto di giurisdizione del Tribunale
in favore del giudice tributario, ritenendo che la controversia avesse per
oggetto laccertamento di un tributo, anche in mancanza di unespressa
previsione dellingiunzione fiscale come atto impugnabile. Il Tribunale
emetteva sentenza ai sensi dellart. 281-sexies c.p.c. con la quale, da un
lato, confermava sussistere la giurisdizione del giudice ordinario, riget-
tando leccezione del Comune, mentre, dallaltro, declinava la propria com-
petenza territoriale in favore di altro Tribunale ritenuto competente
secondo i criteri definiti territorialmente.
Avverso questa sentenza il contribuente/attore proponeva istanza per
regolamento di competenza in Cassazione, dove la Sezione decidente, con
unarticolata motivazione, disponeva il rinvio alle Sezioni Unite, sollevando
tre questioni e proponendo, principalmente per le prime due, una possibile
soluzione.
La prima - seguendo lordine prospettato nellordinanza di rimessione -
ha carattere generale, concernendo la sussistenza o meno del potere, in capo

720 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

al giudice, di decidere su una questione di giurisdizione pur essendo


incompetente. Ad avviso della Sezione rimettente, infatti, le questioni di
competenza dovrebbero rivestire carattere pregiudiziale rispetto a quelle di
giurisdizione, sicch laddove il giudice dovesse ritenersi incompetente,
dovrebbe limitarsi a statuire sulla competenza, senza poter decidere sulla
sussistenza della giurisdizione. Ci sulla base dellassunto che il giudice, per
decidere sulla propria giurisdizione, deve primariamente essere compe-
tente e, di conseguenza, la statuizione sulla giurisdizione da parte di un
giudice incompetente avrebbe dovuto essere considerata tamquam non
esset.
La seconda questione concerne il problema della ammissibilit del rilievo
officioso del difetto di giurisdizione in sede di regolamento di competenza,
che nellordinanza di rimessione - il caso di specificarlo e in seguito si vedr
perch - viene qualificato come necessario (ex art. 42, c.p.c.). Secondo i giudici
rimettenti, infatti, poich la statuizione sulla giurisdizione non pu conside-
rarsi efficace, in quanto compiuta da un giudice non competente, non sarebbe
idonea a passare in giudicato e, di conseguenza, dovr ritenersi ammissibile
la rilevabilit dufficio del difetto di giurisdizione.
La terza questione - prettamente processual-tributaria, si direbbe -
riguarda invece lindividuazione della giurisdizione per le controversie
relative allingiunzione fiscale, tenendo conto dellintersecarsi con la giuri-
sdizione generale sulle controversie tributarie del disposto del citato art. 32,
D.Lgs. n. 132/2011, che rinvia al rito ordinario di cognizione con una
formulazione (almeno allapparenza) generalizzante.

2. Limpugnazione dellingiunzione fiscale e lapproccio sostanzialisticamente


orientato del giudice di legittimit nella risoluzione delle questioni di
giurisdizione - Tutte e tre le questioni presentano non pochi spunti proble-
matici ed il giudice di legittimit, in sede di esame del regolamento di
competenza, ne ben consapevole. Ci, peraltro, provato dal fatto che
la Sezione rimettente, pur avendo prospettato, per queste questioni (segna-
tamente per le prime due) una propria soluzione, ha ritenuto, comunque,
opportuno rimetterle allesame delle Sezioni Unite.
Particolarmente importante appare, sotto questo profilo, lultima delle
tre questioni, dal momento che la corretta soluzione al problema concer-
nente la giurisdizione sulle controversie relative allingiunzione fiscale
avrebbe evitato il presentarsi delle ulteriori questioni, cos come prospettate
nellordinanza di rimessione. Se, infatti, leccezione di giurisdizione fosse
stata esaminata alla luce della consolidata giurisprudenza in materia,
soprattutto della Cassazione, la soluzione sarebbe stata quella di un pieno
riconoscimento della giurisdizione delle Commissioni tributarie.
toccato invece alla Suprema Corte dover fornire la soluzione al
problema, con la sola considerazione funzionale dellingiunzione assimilata
alliscrizione a ruolo per il Comune fine di riscossione coattiva dei tributi,

Rassegna Tributaria 3/2016 - 721


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anche in mancanza di unespressa previsione dellingiunzione fiscale tra gli


atti impugnabili ai sensi dellart. 19, D.Lgs. n. 546/1992. Cos valorizzando la
funzione di riscossione la Cassazione dimostra di voler definire la visione di
sistema della giurisdizione tributaria con primato della relativa cognizione.
In nome di tale riparto di giurisdizione la Cassazione dimostra di voler
escludere lapplicabilit allambito tributario della normativa che in un
quadro faticosamente unitario (dopo cento anni) aveva voluto ricon-
durre nellunit della giurisdizione ordinaria quella che viene definita in
termini generali lopposizione allingiunzione che, ancora regolata dallart.
3, R.D. 14 aprile 1910, n. 639, sarebbe stata disciplinata dalle norme del
Codice di procedura civile e, specificamente ai sensi dellart. 32, comma 1,
D.Lgs. n. 150/2011, quelle del processo ordinario di cognizione.
Infatti, secondo il dato testuale del combinato disposto di queste due
norme, il giudice ordinario dovrebbe essere lunico competente a giudicare
sulle opposizioni avverso lingiunzione fiscale, anche nel caso in cui si versi
nel campo della riscossione di entrate tributarie e, segnatamente, di tributi
locali. Uninterpretazione, questa, che sarebbe confermata dallassenza
dellingiunzione fiscale tra gli atti impugnabili davanti le Commissioni
tributarie, ai sensi del citato art. 19, D.Lgs. n. 546/1992, diversamente da
quanto disponeva lart 16, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 6361.
Con la convinzione supportata da questa articolata interpretazione il
contribuente, nel caso di specie, aveva ritenuto di rivolgersi al giudice
ordinario ed il Tribunale adito confermava la correttezza di questa scelta
ritenendosi, ancorch incompetente, quantomeno munito di giurisdizione.
Le Sezioni Unite, nel riconoscere invece questa giurisdizione in capo al
giudice tributario, affermano, preliminarmente, che il disposto dellart. 32,
D.Lgs. n. 150/2011 si riferisce solo ed unicamente alle materie gi assogget-
tate alla giurisdizione del giudice ordinario, ci che, se non altro, confer-
mato dal disposto della Legge delega (art. 54, comma 1, Legge 18 giugno
2009, n. 69) che fa riferimento alla riduzione e semplificazione dei (soli)
procedimenti civili di cognizione che rientrano nellambito della giurisdi-
zione ordinaria e che sono disciplinati da leggi speciali. Ed in effetti, anche
la dottrina ha evidenziato come lart. 32, come del resto lintero capo IV del
D.Lgs. n. 132/2011, abbia ad oggetto quei procedimenti che non presentano i
caratteri che avrebbero consentito di assimilarli al rito laburistico od a
quello sommario2. Quanto, invece, al pi generale disposto dellart. 3,
R.D. n. 639/1910, che a sua volta rinvia al giudice ordinario quale (unico)

1
Sulle problematiche della diversa modulazione dei vizi dellingiunzione fiscale in sede di
impugnazione, sotto labrogato sistema, in forza anche delle molteplici funzioni di questo atto,
cfr. Tomasicchio, Manuale del contenzioso tributario, Padova, 1978, pag. 131; Polano, sub art.
16, D.P.R. n. 636/1972, in Glendi, Commentario delle leggi sul contenzioso tributario, Milano,
1990, pag. 251 ss.; Vacca, Istituzioni di Diritto processuale tributario, Milano, 1990, pag. 108 ss.
2
Cfr. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, vol. II, Il processo di primo grado e le
impugnazioni delle sentenze, Torino, 2014, pag. 377 ss. e spec. pag. 389.

722 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

organo munito di giurisdizione sulla impugnazione dellingiunzione, le


Sezioni Unite, conformemente alla precedente giurisprudenza in mate-
ria3, ritengono che tale disposizione non sia idonea a derogare alle
norme regolatrici della giurisdizione e, quindi, non possa essere invo-
cata per estendere la giurisdizione del giudice ordinario anche a rap-
porti che, invece, dovrebbero ricadere sotto la giurisdizione speciale,
qualunque essa sia4.
A questo si aggiunga la sostanziale svalutazione della mancata previ-
sione dellingiunzione tra gli atti impugnabili compiuta dalla Cassazione
che ha ritenuto non rilevante il fatto che nellart. 19, D.Lgs. n. 546/1992,
non vi sia alcun riferimento a questo atto5. La Cassazione, facendo riferi-
mento alla propria giurisprudenza, dimostra di voler condividere per
definire la giurisdizione un approccio funzionale6, qualificando lingiun-
zione fiscale come atto di riscossione coattiva, al pari delliscrizione a ruolo
e riferendola di conseguenza ad un rapporto con oggetto tributario. Cos
viene confermata lattualit dellingiunzione fiscale. Ancorch se non
rivesta pi il rilievo che aveva in passato7 n tantomeno presenti gli aspetti
problematici di un tempo8, continua ad espletare i propri effetti nellordi-
namento vigente, come strumento alternativo, rispetto al procedimento di
iscrizione a ruolo, per la riscossione di tributi locali, ai sensi dellart. 36,
comma 2, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 e, talvolta, anche ad opinione della

3
Cfr. p. es. Cass., SS.UU. 8 febbraio 2001, n. 49, che ritiene non rilevante, a livello
processuale, il disposto del D.P.R. n. 639/1910 per lindividuazione della giurisdizione, in
relazione alla opposizione avverso lingiunzione volta al recupero della sovraimposta locale
sul reddito dei fabbricati; vedasi pure Cass., SS.UU. 30 gennaio 2002, n. 1238, avente ad oggetto
lingiunzione di pagamento di diritti doganali.
4
Come nel caso della giurisdizione contabile: cfr. Cass., SS.UU. 29 febbraio 2008, n. 5430.
5
Del resto, la dottrina ha ormai registrato la svalutazione della predeterminazione
normativa degli atti impugnabili di cui allart. 19, D.Lgs. n. 546/1992, propendendo senzaltro
per una interpretazione estensiva di questa norma: sugli orientamenti giurisprudenziali cfr.
Cerioni, Fine della tassativit degli atti impugnabili, in Dir. prat. trib., n. 6/2009, pag. 11279 ss.;
Guidara, Ragioni e possibili implicazioni dellaffermata impugnabilit delle comunicazioni di
irregolarit, in GT - Riv. giur. trib., n. 8-9/2012, pag. 657 ss.
6
Coerentemente con lorientamento volto a dar rilievo al contenuto sostanziale del-
latto, piuttosto che al suo nomen: cfr., per questi orientamenti giurisprudenziali, Vantaggio,
Tassativit degli atti impugnabili, in Fedele (a cura di), Casi e materiali di diritto tributario,
Padova, 1997, pag. 615; Chiarizia, Gli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie, in
il fisco, n. 26/2009, pag. 4233 ss.
7
In argomento, in generale si veda Cocivera, voce Ingiunzione, (dir. trib.), in Enc. Dir.,
XXI, 1971, pag. 528 ss.; quanto allingiunzione per la riscossione delle entrate tributarie, ed un
confronto rispetto allistituto generale delle entrate statali, cfr. Berliri, Le leggi di registro,
Milano, 1960, pag. 545 ss.
8
Sui quali si rinvia allampia trattazione di Mondini, La ingiunzione fiscale, Padova, 1970,
spec. pag. 23 ss.; Berliri, Appunti sullingiunzione fiscale, in Temi Emiliana, n. 10/1934, ora in
Scritti scelti di diritto tributario, Milano, 1990, pag. 13 ss. (da cui si cita); DAyala Valva,
Plurimposizione e reiterabilit dellingiunzione fiscale, in Riv. dir. fin., II, 1973, pag. 225
ss. e spec. pag. 228 ss.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 723


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giurisprudenza, come atto con una residua funzione di accertamento in


specifici settori, quale quello doganale9. In questo quadro di attuale effi-
cacia la dottrina considera lassenza dellingiunzione nel catalogo degli atti
impugnabili imputabile ad un probabile difetto di coordinamento norma-
tivo10, rispetto alla riforma della riscossione11, che la Cassazione,
mediante la valorizzazione dellaspetto funzionale dellatto, dimostra
di voler superare condividendo lorientamento giurisprudenziale12 che,
in nome appunto della funzione dellingiunzione, ha sempre ritenuto
lingiunzione fiscale quale atto impugnabile nel processo tributario, in
quanto assimilabile alliscrizione a ruolo e comunque riferito ad un
rapporto tributario da rimettere come tale alla giurisdizione delle
Commissioni.
La soluzione ermeneutica della Cassazione quindi conforme allorien-
tamento dei giudici di legittimit che, sin dagli anni Ottanta, hanno voluto

9
Sulla attuale natura giuridica dellingiunzione si rinvia a Tesauro, Istituzioni di diritto
tributario. Parte generale, Torino, 2015, pag. 245. Sulla funzione accertativa dellingiunzione
fiscale, cfr. Cass., Sez. V, 6 settembre 2006, n. 19194, che equipara lingiunzione doganale di
cui allart. 82 dellabrogato D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, allingiunzione fiscale di cui al
D.P.R. n. 639/1910; in via ancor pi esplicita, Cass., Sez. V, 7 marzo 2012, n. 3528, secondo cui
anche a seguito della riforma della riscossione, lingiunzione continua a esplicare legittima-
mente la funzione accertativa. Pertanto, , a livello giurisprudenziale, revocabile in dubbio
lidea che nel campo doganale listituto dellingiunzione sia scomparso: cfr., sul punto,
Cerioni, Gli atti dellAgenzia delle dogane e la giurisdizione tributaria, in Rass. trib., n. 2/
2004, pag. 383 ss. e spec. pag. 389.
Peraltro, in passato si discuteva sulla portata effettivamente accertatrice, oltre che esat-
tiva, dellingiunzione ma il dibattito nasceva da una non netta distinzione tra accertamento e
riscossione ed anzi, secondo alcuni proprio questo dibattito stato alla base della separazione
di queste due fasi: cfr. La Rosa, Riparto delle competenze e concentrazione degli atti nella
disciplina della riscossione, in Riv. dir. trib., n. 6/2011, pag. 576 ss. e spec. pag. 578-579, nota 5,
ora anche in Glendi - Uckmar (a cura di), La concentrazione della riscossione nellaccertamento,
Padova, 2011, pag. 74, nota 5.
10
Sul falso presupposto del legislatore, secondo taluni, che lintero D.P.R. n. 639/1910
fosse stato integralmente abrogato: cfr. Fransoni, Spunti ricostruttivi in tema di atti impu-
gnabili nel processo tributario, in Riv. dir. trib., n. 11/2012, I, pag. 979 ss. e spec. pag. 992. Si
riferisce ad uno scherzo del destino Cipolla, Processo tributario e modelli di riferimento:
dallonere di impugnazione allimpugnazione facoltativa, in Riv. dir. trib., n. 11/2012, I, pag.
957 ss. e spec. pag. 965.
11
A seguito della entrata in vigore del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, che ha inciso, ex art.
68, anche sul sistema di riscossione degli enti locali e, ex art. 130, comma 2, ha abrogato quelle
norme che regolano la riscossione coattiva mediante rinvio al D.P.R. n. 639/1910. Si noti, per,
che, malgrado il riferimento anche alle entrate relative agli enti locali, questa disposizione non
abroga il D.P.R. n. 639/1910, ma solo le norme che vi rinviano, pertanto tale Decreto deve
ritenersi comunque in vigore e le norme successive (quali il D.Lgs. n. 248/2007) che vi rinviano,
devono ritenersi efficaci.
12
Cass., SS.UU., 8 febbraio 2001, n. 49; Cass., SS.UU. 21 gennaio 2005, n. 1240; Cass., SS.
UU. ord. 25 maggio 2005, n. 10958, in Riv. dir. trib., n. 9/2005, pag. 476 ss., con nota di Randazzo,
In tema di giurisdizione sulle controversie su ingiunzione fiscale. In argomento si veda anche
Giordano, Giurisdizione tributaria e atti impugnabili. La Cassazione ridisegna i confini, in
Giur. it., 2009, pag. 2057 ss.

724 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

innovare le precedenti interpretazioni, riconoscendo la sussistenza della


giurisdizione delle Commissioni tributarie per tutte le controversie relative
allingiunzione fiscale, segnatamente in relazione alla materia delle imposte
dirette13, facendo comunque salva la giurisdizione del giudice ordinario per
talune fattispecie - riconducibili alla categoria delle imposte indirette - in
forza dellart. 9, c.p.c., che individua la competenza (residuale) del
Tribunale in materia di imposte e tasse14.
quindi comprensibile che condividendo tale approccio funzionale la
Cassazione abbia inteso concentrare la propria attenzione sulloggetto della
controversia andando a scrutinare dunque se il rapporto sottostante fosse, o
meno, riconducibile alla giurisdizione delle Commissioni tributarie15. E
trattandosi di una controversia avente ad oggetto la riscossione dellimposta
comunale sugli immobili, la risposta a questo quesito non poteva che essere
affermativa: su questo punto non possono esistere dubbi, poich, da un lato,
lart. 2, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992 conferma la giurisdizione delle
Commissioni tributarie per le controversie relative ai tributi locali, mentre,
dallaltro lato, non pu contestarsi la natura tributaria dellICI16, tanto che il
relativo contenzioso esplicitamente regolato, ai sensi dellart. 15, D.Lgs. 30
dicembre 1992, n. 504, dalle norme sul processo tributario, rinviando poi al
previgente D.P.R. n. 636/1972 ma non sembrano sussistere dubbi che quel
rinvio debba ad oggi intendersi al D.Lgs. n. 546/1992.
Con tale interpretazione la Corte, peraltro, dimostra di voler superare la
stessa ambiguit di quel dato testuale che, combinando loggetto della
riscossione delle entrate patrimoniali di cui al R.D. n. 639/1910 e di quelle
tributarie strictu sensu, di cui al R.D. n. 3269/1923, finiva con lattribuire al
Tribunale la giurisdizione per queste ultime, ai sensi dellart. 9, c.p.c., in

13
In argomento, si rinvia alle considerazioni, ricognitive anche degli orientamenti giuri-
sprudenziali, di Consolo, In tema di giurisdizione a conoscere dei giudizi promossi avverso
lingiunzione fiscale (anche in relazione alla pendenza di procedure concorsuali e soprattutto
dellesecuzione): lultima posizione delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 461/1987) ed altre
ancora, in Rass. trib., 1987, I, pag. 463 ss., ed ora in Dal contenzioso al processo tributario,
Milano, 1992, pag. 241 ss. e spec. pag. 250 (da cui si cita).
14
Cfr. Cass., SS.UU. 23 novembre 1985, n. 5811, in ordine alla opposizione avverso
lingiunzione per il pagamento dellimposta sulle pubblicit; ed anche Cass., Sez. I, 5 novembre
1991, n. 11808, per lingiunzione fiscale volta al recupero del canone radiotelevisivo.
15
Seguendo dunque la strada tracciata dalla precedente giurisprudenza, la quale, una
volta pervenuta alla conclusione che la giurisdizione spetti alle Commissioni, guardando
alloggetto, al rapporto controverso, il problema relativo allart. 19, D.Lgs. n. 546/1992
superato sostanzialmente di slancio: in questi precisi termini, cfr. Fransoni, Spunti ricostrut-
tivi, cit., pag. 992.
16
Che, al di l del non sempre decisivo nomen iuris, presenta i caratteri fisionomici che
consentono di qualificare una data entrata come tributaria, cos come scolpiti dalla giurispru-
denza costituzionale: doverosit della prestazione, collegamento di tale prestazione alla spesa
pubblica in riferimento ad un presupposto economicamente rilevante (cfr., tra le tante, Corte cost.
11 febbraio 2005, n. 73, ripresa peraltro pedissequamente da Corte cost. 11 ottobre 2012, n. 223).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 725


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P. DE QUATTRO - RICORRIBILIT DELLINGIUNZIONE FISCALE

riferimento alle imposte e tasse17. Sarebbe stato senzaltro incoerente,


dunque, ritenere che, a seguito della novellata disciplina del processo
tributario, i giudici che par excellence, poich speciali, giudicano sulle
controversie relative alle imposte e tasse si vedessero sottratta una frazione
di giurisdizione che immotivatamente dovrebbe permanere in capo al
giudice ordinario, soprattutto se si considera che levoluzione normativa
in tema di giurisdizione delle Commissioni (art. 2, D.Lgs. n. 546/1992) ha
contribuito a marginalizzare il campo di applicazione dellart. 9, c.p.c.18.

3. La pregiudizialit della questione di giurisdizione rispetto alla questione di


competenza. Importanza della soluzione nel processo tributario tra diritto di
difesa e tutela dellintegrit patrimoniale - Con tale interpretazione consoli-
data e convincente il Tribunale non avrebbe dovuto avere dubbi a ricono-
scere la giurisdizione delle Commissioni tributarie e non la propria,
evitando cos che fosse coinvolta la Cassazione nei suoi successivi passaggi
alle Sezioni Unite, come invece accaduto.
Al contrario, la conclusione cui giunto il Tribunale, che ha ritenuto non
fondata la questione di giurisdizione, dando luogo invece ad una statuizione
sulla competenza che poi sfociata nella proposizione del regolamento, ha
fatto sorgere in quella sede altre due questioni. Queste, in effetti, attengono
al problema della giurisdizione in generale, problema che per ben
estensibile allambito del processo tributario, per la primaria ragione
della sussistenza del rinvio alle norme del Codice di procedura civile con-
templato nellart. 1, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992, oltre che per gli effetti
indesiderati sulleffettivit ed economicit della tutela che saranno esami-
nati in seguito.
La prima questione concerne il rapporto sistematico tra le questioni di
giurisdizione e quelle di competenza, soprattutto quando si trattato di
circoscrivere i limiti nazionali della giurisdizione del giudice e, quindi,
soltanto relativamente ad un settore (i cc.dd. limiti esterni) del tema
generale della giurisdizione19. Ma evidente come questo problema involga
anche e soprattutto i confini interni della giurisdizione e, cio, i rapporti
tra giudice ordinario e giudice specializzato.
La soluzione adottata dal Supremo Collegio in questa sentenza di
segno contrario rispetto a quella prospettata nellordinanza di rimessione
e, in un certo senso, maggiormente condivisibile, per ragioni di sistema e di
effettivit ed economicit della tutela giurisdizionale. Secondo le Sezioni

17
Cocivera, Ingiunzione, cit., pag. 549.
18
Sulla portata generale della giurisdizione delle Commissioni, cfr. Corte cost. 5 febbraio
2010, n. 37.
19
Si veda, anche per un quadro ricognitivo delle diverse opinioni dottrinarie, Origoni
Della Croce, Precedenza della questione di giurisdizione rispetto a quella di competenza o
della seconda rispetto alla prima? (Riflessioni di diritto processuale civile internazionale), in
Riv. dir. civ., 1978, II, pag. 697 ss.

726 - Rassegna Tributaria 3/2016


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Unite, pertanto, si ritiene sussistere una pregiudizialit della questione di


giurisdizione rispetto a quella di competenza, sicch il giudice, prima di
pronunziare sulla questione di competenza, dovr verificare la sussistenza
della propria giurisdizione, essendo senzaltro inadeguato fondarsi unica-
mente sullassunto secondo cui ogni giudice giudice della propria com-
petenza. Ci a fronte, in particolare, del tessuto normativo che la
Costituzione dedica alle garanzie processuali ed allordinamento giudizia-
rio cui la Cassazione strettamente ancorata; segnatamente per quanto
riguarda la precostituzione per legge del giudice naturale ex art. 25, comma
1, Cost. Una disposizione di tal tipo, infatti, intanto pu espletare i propri
effetti garantistici in quanto il giudice che pronunzia sul caso di specie
disponga della propria giurisdizione, poich, diversamente, non potrebbe
parlarsi di giudice naturale, precostituito per legge. Ci che viene, peral-
tro, confermato anche dalle norme che la Costituzione dedica allordina-
mento giudiziario e, principalmente, alla distinzione tra le diverse
magistrature che, prima dogni altra questione, fa emergere il carattere
primario dellesame della (sussistenza della) giurisdizione. Probabilmente
lassunto della Sezione rimettente secondo cui lesame della questione
debba precedere quello sulla giurisdizione deriva da un risalente orienta-
mento dottrinario, che era orientato ad ascrivere i rapporti tra giudice
ordinario e giudice speciale a questioni di competenza e non di giurisdizione.
Ci sulla convinzione che il concetto di giurisdizione dovesse attenere alla
funzione giurisdizionale nel suo complesso e, quindi, il difetto di giurisdizione
si sarebbe dovuto ravvisare nella esclusione di una determinata lite dalla
spettanza di tutti gli organi giurisdizionali dello Stato20. Il Codice di procedura
civile del 1942 prima e la Costituzione poi hanno superato questo orienta-
mento, ascrivendo tali rapporti a questioni di giurisdizione in senso stretto21,
ed a tale impostazione che si rifanno le Sezioni Unite nello sciogliere il nodo
della questione. Ed infatti, con laffermata pregiudizialit della questione di
giurisdizione, la Cassazione dimostra di voler ricondurre i rapporti tra giudice
ordinario e giudice specializzato a questioni di giurisdizione, limitando, peral-
tro, lincidenza della questione processuale tutto a favore del merito. Ci che
spiega se non altro la rilevanza della terza questione (seguendo lordine della
sentenza), quale recupero a sistema del problema della giurisdizione sulle
controversie dellingiunzione fiscale, evitando che un difetto di coordinamento
normativo avesse leffetto di limitare, ingiustificatamente, la giurisdizione delle
Commissioni. Con tale fondamento costituzionale possono peraltro essere

20
In questi precisi termini si esprimeva Allorio, Diritto processuale tributario, Milano,
1942, pagg. 375-376. Ed in effetti, lart. 35, c.p.c. del 1865 si prestava ad interpretazioni
ambigue, facendo riferimento alla competenza dellAutorit Giudiziaria.
21
Accogliendo, quindi, le istanze di altra illustre dottrina: cfr. Chiovenda, Diritto proces-
suale civile, Napoli, 1923, pagg. 368-369. Basti riflettere sullart. 1, c.p.c., che fa riferimento alla
giurisdizione del giudice ordinario rispetto alle altre giurisdizioni disciplinate dalle speciali
disposizioni di legge.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 727


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revocate in dubbio le recenti istanze dottrinarie che vorrebbero rimodulare la


portata della questione di giurisdizione da questione di rito su un presupposto
processuale a questione di merito sulla decidibilit della domanda giudiziale22,
con il potenziale (ma inevitabile) effetto di rendere, a fortiori, pregiudiziale, in
rito, lesame della sussistenza della (sola) competenza. Al contrario, lart. 25,
comma 1, Cost. impone un primario scrutinio sulla sussistenza della giurisdi-
zione del giudice adito al fine di verificare la naturalit di questo giudice, che
dovr statuire sulla controversia dianzi a lui incardinatasi, sicch la questione
di giurisdizione , e resta, un presupposto (di rito) del processo il cui esame,
secondo le Sezioni Unite in commento, non pu che precedere qualsiasi altra
questione di rito.
Qualche discordanza avrebbe potuto, semmai, porsi in applicazione del
criterio della ragione pi liquida, che ha leffetto di rovesciare lordine
logico delle questioni qualora una questione di grado successivo sia idonea a
risolvere lintera controversia23. Nella sentenza in commento non si inter-
viene direttamente su questo punto ma il principio di diritto ivi enunciato
sembra essere comunque utile, quando riconosce che la pregiudizialit
della questione di giurisdizione rispetto a quella di competenza possa trovar
deroga soltanto in presenza di interessi di rilievo costituzionale, tra i quali
non sembra rientrare il criterio della ragione pi liquida.
Corollario della conclusione cui si giunge nella sentenza , pertanto, che
anche il giudice tributario, in una controversia dianzi a s prospettata, sar
comunque tenuto a verificare il rispetto dei limiti tracciati dalle norme
regolatrici la propria giurisdizione, prima di statuire sulle altre questioni
di rito e, segnatamente, sulla competenza. Corollario, questo, che, come
anticipato, non esente da conseguenze rilevanti, soprattutto in relazione
alleffettivit e alleconomicit del diritto di difesa del contribuente in
conseguenza di una certa mobilit dei (si parlerebbe quasi di incertezza
sui) confini della giurisdizione tributaria, dovuta dalla formulazione deci-
samente ampia del nuovo art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992 che, a seguito
della riforma del 2001, ha generalizzato la giurisdizione delle Commissioni
tributarie24.

22
Per un riferimento al dibattito, cfr. Recchioni, Diritto processuale cautelare, Torino,
2015, pag. 241, nota 1. Ci che conseguirebbe alla introduzione della c.d. translatio iudicii ex art.
59, Legge n. 69/2009, che avrebbe comportato un mutamento del ruolo della questione di
giurisdizione, da presupposto processuale a condizione di decidibilit del merito: cfr. Barbieri,
Translatio iudicii e caducazione dei provvedimenti cautelari nel nuovo codice del processo
amministrativo, in Riv. dir. proc., n. 6/2011, pag. 1457 ss.
23
Ci che vale non solo per i rapporti tra questioni di rito e di merito, ma anche nellambito
delle stesse questioni di rito: cfr. Biavati, Appunti sulla struttura della decisione e lordine delle
questioni, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 4/2009, pag. 1301 ss.
24
Come noto, la disciplina della giurisdizione del giudice tributario andata incontro alla
pi volte richiamata novella dellart. 12, Legge 28 dicembre 2001, n. 448, a seguito della quale
stata estesa alle controversie relative a tutti i tributi di ogni genere e specie. Disposizione poco

728 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

Se infatti si ritenesse che il giudice incompetente non potesse statuire


sulla sussistenza della propria giurisdizione, il giudice tributario, a fronte
della impugnazione di un atto, dal momento che si ritenesse incompetente,
non potrebbe verificare i presupposti della propria giurisdizione. Quindi, a
seguito della declinatoria della propria competenza, il giudizio verrebbe
traslato dinanzi al giudice tributario competente territorialmente.
Questultimo, a sua volta, anche a causa della mobilit dei confini della
giurisdizione tributaria, potrebbe riconoscersi s competente, ma non
munito di giurisdizione, procedendo pertanto ad una ulteriore pronuncia
di rito che costringer la parte (pi diligente) a riassumere il giudizio dinanzi
al giudice munito di giurisdizione. Malgrado i ben noti tentativi del legi-
slatore di ridurre al minimo gli effetti dannosi che potrebbero essere pro-
dotti dalla traslazione della domanda da una giurisdizione allaltra, la scelta
innovativa di traslare la translatio iudicii anche nel caso di carenza di
giurisdizione di cui allart. 59, Legge n. 69/2009, finisce con il tutelare solo
in parte colui che impugna latto. Il relativo ricorso, infatti, non ne comporta
automatica sospensione. Anzi, dal combinato disposto degli artt. 15, D.P.R.
29 settembre 1973, n. 60225 e 68, D.Lgs. n. 546/1992, latto continuer,
quantomeno in parte, a produrre i propri effetti nella sfera patrimoniale
del contribuente, sicch la successione di una doppia pronunzia di rito (di
incompetenza prima; di difetto di giurisdizione, poi) rischierebbe di recare
un pregiudizio economico al contribuente, anche con effetti sulleffettivit e
sulleconomicit della difesa costituzionalmente garantito ex art. 24,
comma 1, Cost. Per questo si apprezza il capovolgimento dellesame del-
lordine delle questioni cos come impostato dalle Sezioni Unite, perch
consente di evitare, quantomeno nel quadro dellesame delle questioni di
rito, il rischio di una eccessiva dilatazione dei termini di risoluzione della
controversia.

chiara, a fronte soprattutto del previgente elenco di tributi soggetti a questa giurisdizione,
che ha dato luogo a dubbi ermeneutici sulla sua effettiva portata: in argomento si veda
Russo, I nuovi confini della giurisdizione delle commissioni tributarie, in Rass. trib., n. 2/
2002, pag. 415 ss.; Cantillo, Aspetti problematici dellistituzione della giurisdizione generale
tributaria, in Rass. trib., n. 3/2002, pag. 803 ss.; Turchi, Considerazioni in merito alluni-
ficazione della giurisdizione in materia tributaria, in Riv. dir. trib., n. 5/2002, pag. 505 ss.;
Cipolla, Le nuove materie attribuite alla giurisdizione tributaria, in Rass. trib., n. 2/2003,
pag. 463 ss. Sulla successiva evoluzione normativa si veda Lovisolo, Considerazioni sul-
lampliamento della Giurisdizione delle Commissioni Tributarie, in Dir. prat. trib., n. 5/
2006, pag. 1057 ss. Quanto allorientamento della Consulta, cfr. Pellegrini, La Corte costi-
tuzionale e la giurisdizione delle Commissioni Tributarie, in Riv. dir. trib., n. 12/2008, pag.
636 ss.
25
Richiamato peraltro nella disposizione disciplinante la c.d. concentrazione della
riscossione nellaccertamento per le imposte reddituali, limposta regionale sulle attivit
produttive e limposta sul valore aggiunto: cfr. art. 29, comma 1, lett. a), D.L. 31 maggio
2010, n. 78.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 729


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P. DE QUATTRO - RICORRIBILIT DELLINGIUNZIONE FISCALE

4. La rilevabilit ex officio del difetto di giurisdizione in sede di esame del


regolamento di competenza e il problema della legittimit (attualit?) del
divieto di proposizione del regolamento di competenza nel processo
tributario - Passando allesame della questione attinente la rilevabilit offi-
ciosa del difetto di giurisdizione in sede di esame del regolamento di
competenza proposto dinanzi alle Sezioni semplici della Cassazione,
opportuno premettere come anche questa problematica assuma rilievo
nel processo tributario malgrado (ed, anzi, si direbbe a maggior ragione
per) il divieto di proponibilit del regolamento di competenza ai sensi
dellart. 5, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992. Due sono le ragioni che militano
per limportanza di questa questione nel giudizio tributario.
In primo luogo, potrebbe comunque esser proposto regolamento di
competenza dinanzi al provvedimento con cui il giudice ordinario
statuisce sulla propria competenza ed in questa sede la Cassazione
ben potrebbe riscontrare dufficio il difetto di giurisdizione di questo
giudice, in favore delle Commissioni tributarie. In secondo luogo, ed in
unottica parzialmente de jure condendo, lammissibilit del rilievo offi-
cioso in sede di regolamento di competenza sarebbe idonea a dar nuova
linfa alle critiche sollevate contro il divieto di proponibilit di questo
regolamento nel processo tributario26. Peraltro, il caso di osservare
come la Cassazione, pur in presenza di questo divieto, ammetta comun-
que il regolamento di competenza, nel giudizio tributario, proposto per
impugnare il provvedimento che dispone la sospensione del processo, ai
sensi dellart. 43, comma 3, c.p.c.27. Proprio in sede di impugnazione
del provvedimento di sospensione, in effetti, si ritenuta sussistente la
possibilit, in capo alla Cassazione, di rilevare dufficio il difetto di
giurisdizione28, sicch, a fortiori, deve ritenersi che il divieto di una
possibilit generalizzata di proporre regolamento di competenza
potrebbe comportare un serio ostacolo ad un ulteriore, e senzaltro

26
Critiche sia relative al fatto che tale divieto, contenuto nel D.Lgs. n. 546/1992, non trovi
riscontro nella Legge delega (art. 30, Legge 30 dicembre 1991, n. 413), sicch potrebbe parlarsi
di incostituzionalit per eccesso di delega (cfr. Finocchiaro A. - Finocchiaro M., Commentario al
nuovo contenzioso tributario, Milano, 1996, pag. 83) ma anche relative alla inopportunit della
esclusione della possibilit di proporre, da parte del giudice, quantomeno il regolamento di
competenza dufficio (cfr. Malag, Spunti critici sulla nuova disciplina del processo tributario
di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dalla Legge 24 ottobre 1996, n. 556,
in Boll. trib., n. 14/1997, pag. 1069 ss.).
27
Si veda Cass., Sez. V, ord. 26 maggio 2005, n. 11140, che riconnette la possibilit di
impugnare il provvedimento che sanziona la sospensione con il regolamento direttamente
allart. 24, Cost., sicch una interpretazione del divieto di proposizione del regolamento che
escluda questa impugnazione esporrebbe lart. 5, comma 4, D.Lgs. n. 546/1992 a censure di
incostituzionalit. In senso sostanzialmente conforme, cfr. Cass., Sez. V, ord. 2 aprile 2007, n.
8129; Id., Sez. VI-5, ord. 25 luglio 2013, n. 18100; Id., Sez. VI-5, ord. 25 luglio 2013, n. 18104.
28
Cfr., p. es., Cass., SS.UU. 7 gennaio 2008, n. 35.

730 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

rilevante, controllo sulla (sussistenza della) giurisdizione del giudice


tributario29.
Tanto premesso, deve precisarsi che la possibilit di rilevare dufficio il
difetto di giurisdizione, in sede di esame del regolamento e, comunque, in un
grado successivo al primo, potrebbe essere ostacolata dal giudicato forma-
tosi sulla statuizione sulla giurisdizione compiuta dal primo giudice, giu-
dicato che sine dubio idoneo ad escludere una nuova statuizione sulla
giurisdizione nella ipotesi in cui in primo grado vi sia stata una espressa
decisione su questa materia30 ma che, secondo la Cassazione, sarebbe
idoneo a formarsi anche sulla statuizione meramente implicita, nella ipotesi
in cui il giudice decida immediatamente il merito o, comunque, statuisca su
altre questioni, diverse dalla giurisdizione, avendo in ogni caso gi deciso
di poter decidere31. Ci, malgrado il chiaro disposto, da un lato, dellart.
37, c.p.c. e dallaltro dellart. 3, D.Lgs. n. 546/1992, che sanciscono il rilievo
in ogni stato e grado del difetto di giurisdizione32. Pur non prendendo le
distanze da questo orientamento, le Sezioni Unite ritengono ammissibile
la rilevabilit officiosa del difetto di giurisdizione in questa particolare
sede, con una soluzione afferente alla teoria generale del processo ma che
pu ben applicarsi anche nella ipotesi di giurisdizione tributaria.
In effetti, anche nellordinanza di rimessione si ritenuta ammissibile la
rilevabilit dufficio, sulla base della (ritenuta) pregiudizialit della questione
di competenza rispetto alla questione di giurisdizione. Infatti, in tal caso, il
giudice incompetente che statuisca sulla giurisdizione non lo fa

29
Parte della dottrina ritiene invece condivisibile la sussistenza di questo divieto, poich
avrebbe leffetto di ridimensionare la proponibilit delle questioni di competenza (evitando
inutili remore quoad competentiam) e consentendo una pronunzia in termini pi brevi nel rito
o nel merito: cfr. Glendi, Prime sentenze sulla nuova disciplina della competenza nel processo
tributario, in GT - Riv. giur. trib., n. 5/2001, pag. 397 ss.
30
Ci in quanto, come si osservava in passato e come ad oggi del tutto pacifico, il
principio della rilevabilit officiosa va comunque coordinato con il sistema delle impugna-
zioni: cfr. Satta - Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 1996, pag. 32, nota 30.
31
Si veda principalmente Cass., SS.UU. 9 ottobre 2008, n. 24883, con nota di Ricci, Le
Sezioni Unite cancellano lart. 37 c.p.c. nelle fasi di gravame, in Riv. dir. proc., n. 4/2009, pag.
1085 ss.; ma lorientamento ormai consolidato ed stato di recente recuperato da Cass., Sez. V,
8 luglio 2015, n. 14243.
32
La dicotomia tra il disposto dellart. 37 c.p.c. e lorientamento giurisprudenziale stata
ampiamente esaminata dalla dottrina. Si vedano, tra gli altri, Consolo, Travagli costituzio-
nalmente orientati delle Sezioni Unite sullart. 37 c.p.c., ordine delle questioni, giudicato di rito
implicito, ricorso incidentale condizionato (su questioni di rito o, diversamente operante, su
questioni di merito), in Riv. dir. proc., 2009, pag. 1141 ss.; Monteleone, Difetto di giurisdizione
e prosecuzione del processo: una confusa pagina di anomalie processuali, in Riv. dir. proc.,
2010, pag. 271 ss.; Carpi, Osservazioni sulle sentenze additive delle Sezioni Unite della
Cassazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, pag. 587 ss.; Pacilli, Note in tema di giudicato
implicito sulla giurisdizione alla luce della recente giurisprudenza di legittimit, in Riv. dir.
proc., 2010, pag. 595 ss. In una prospettiva pi ampia, Ragni, Il giudicato implicito ed il
principio della ragione pi liquida: i confini mobili del giudicato nella giurisprudenza, in Riv.
trim. dir. proc. civ., n. 2/2015, pag. 647 ss.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 731


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P. DE QUATTRO - RICORRIBILIT DELLINGIUNZIONE FISCALE

legittimamente e, pertanto, tale statuizione dovr ritenersi tamquam non


esset, con la conseguenza che nessun giudicato potr formarsi su codesta
decisione e, pertanto, ben potr considerarsi rilevabile dufficio il difetto
di giurisdizione. Il rischio invece di un esito completamente diverso se
come in questo caso si ritenga sussistente la pregiudizialit della que-
stione di giurisdizione rispetto a quella di competenza, poich la statui-
zione (anche implicita) sulla sussistenza della giurisdizione da ritenersi
validamente compita e, dunque, idonea al giudicato. Per evitare questo
rischio le Sezioni Unite ritengono erronea la qualificazione del regola-
mento di competenza, proposto dal Comune, come necessario (ex art.
42, c.p.c.), qualificandolo, al contrario, come facoltativo (ex art. 43, c.p.
c.), poich ha avuto ad oggetto un provvedimento con il quale non si era
statuito sulla sola competenza, ma anche sul merito, intendendo per
merito proprio la pronuncia sulla giurisdizione33. Trattandosi di rego-
lamento facoltativo, dovr, pertanto, trovare applicazione il comma 3
dellart. 43, c.p.c., giusta il quale i termini per proporre appello restano
sospesi sino alla comunicazione dellordinanza che statuisce sul regola-
mento, se questo stato proposto per primo. In forza di tale efficacia
sospensiva, che consegue alla proposizione del regolamento, non pu
considerarsi passata in giudicato la statuizione sulla giurisdizione e,
dunque, la relativa questione, quantomeno in sede di regolamento facol-
tativo di competenza, dovr ritenersi rilevabile dufficio.
Cos per le Sezioni Unite divergono consapevolmente rispetto alle prece-
denti decisioni della Suprema Corte34, secondo cui tale rilievo officioso non
sarebbe da ritenersi ammissibile. Una tale conclusione non infatti condivisa
dalle Sezioni Unite, soprattutto per evitare la scissione tra lesame della
questione di giurisdizione e di quella di competenza, che aumenterebbe il
rischio che la sentenza sulla prima questione, se di segno negativo e, dunque,
declinatoria della giurisdizione del giudice originariamente adito, possa tra-
volgere anche la decisione sulla competenza, emessa in sede di regolamento,
con conseguente dispendio di tempo e risorse delle parti, del tutto incompa-
tibile, anche in questo caso, con leffettivit e leconomicit del diritto di difesa.

5. Considerazioni di sintesi - La sentenza in commento pu dunque costi-


tuire la quadratura del cerchio sul problema della giurisdizione delle

33
In linea, peraltro, con lautorevole tesi volta ad interpretare il riferimento al lemma
merito di cui allart. 43, c.p.c., nel suo significato pi lato, ricomprendendovi anche tutte
quelle statuizioni sul rito e che non concernono la competenza: cfr. Calamandrei,
Sopravvivenza della querela di nullit nel processo civile, in Riv. dir. proc., 1951, pag. 124
ss.; pi in generale sul tema, cfr. Bongiorno, Il regolamento di competenza, Milano, 1970, pag.
174 ss.
34
Ove si ritenuto di dover contemperare la rilevabilit dufficio in ogni stato e grado del
difetto di giurisdizione con la disciplina delle impugnazioni: cfr. Cass., SS.UU. 23 giugno 1995,
n. 7086; Cass., Sez. III, 12 novembre 1999, n. 12566.

732 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

Commissioni tributarie che, come si anticipato nel corso del presente


lavoro, tuttaltro dallessersi risolto. Tuttora, infatti, sono presenti notevoli
incertezze sul campo di applicazione dellart. 2, comma 1, D.Lgs. n. 546/
1992. In particolare, a seguito della riforma del 2001, che ha esteso alle
controversie relative a tutti i tributi di ogni genere e specie, comunque
denominati, la giurisdizione delle Commissioni, si posto il serio problema
di coordinare una s ampia formulazione normativa con il disposto dellart.
19, D.Lgs. n. 546/1992. La dottrina, infatti, ha ritenuto, allindomani della
citata novella, come una elencazione tassativa degli atti impugnabile ben
potesse coordinarsi con una elencazione dei tributi soggetti alla giurisdi-
zione delle Commissioni; dal momento in cui tale ultima elencazione stata
sostituita da una clausola generale, ecco che il catalogo degli atti impugna-
bili rischia di divenire eccessivamente restrittivo, dal momento che taluni
dei tributi soggetti alla ampliata giurisdizione del giudice tributario pre-
sentano profili di eterogeneit, principalmente con riguardo alla denomi-
nazione ed alla funzione degli atti del procedimento35.
Con la decisione in epigrafe, dunque, si in un certo senso istitu-
zionalizzato lorientamento in base al quale non il nomen juris del-
latto, ma la sua funzione, a costituire parametro di interpretazione
dellart. 19, D.Lgs. n. 546/1992, cos un determinato atto, che produca
effetti assimilabili a quelli della riscossione, piuttosto che a quelli
dellaccertamento, dovrebbe ritenersi comunque impugnabile dinanzi
alle Commissioni. Ci a patto che il rapporto sottostante sia di matrice
fiscale ed abbia, pertanto, oggetto del tributo.
Limportanza di questa sentenza, se non altro, pertanto quella
dellaver confermato lo spostamento dellottica da cui partire, per diri-
mere una questione di giurisdizione, dallatto alloggetto del giudizio,
ma salvando comunque la matrice impugnatoria del processo tributa-
rio, poich, una volta proceduto alla assimilazione ad un atto tipizzato
dallart. 19, D.Lgs. n. 546/1992 al fine di ritenere latto non tipizzato
espressamente come impugnabile, il giudizio sar comunque orientato
alla legittimit di quellatto36 37.

35
Cantillo, Aspetti problematici, cit., spec. pag. 809. Ed in effetti, solo una interpretazione
estensiva dellart. 19 ha potuto evitare un diniego di tutela verso tutti quegli atti relativi a tributi
originariamente sottratti alla cognizione delle Commissioni poich non ricompresi nellelenco
delloriginario art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992: per questi rilievi, cfr. Carinci,
Dallinterpretazione estensiva dellelenco degli atti impugnabili al suo abbandono: le glisse-
ment progressif della Cassazione verso laccertamento negativo nel processo tributario, in Riv.
dir. trib., n. 10/2010, pag. 615 ss. e spec. pagg. 616-617.
36
Non scontata questa considerazione, sol che si pensi che anche in tempi recenti la reale
estensione delloggetto del processo tributario, in connessione con le questioni di giurisdizione,
ancora oggetto di incertezze. A titolo di esempio, si consideri la fattispecie della giurisdizione
per le controversie tra sostituto e sostituito in materia di rivalsa successiva: questione assai
discussa, che sfoci nel paradosso della emanazione di due decisioni della Cassazione,

Rassegna Tributaria 3/2016 - 733


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P. DE QUATTRO - RICORRIBILIT DELLINGIUNZIONE FISCALE

E le conclusioni cui le Sezioni Unite sono giunte appaiono tanto pi


condivisibili se si pensa che in quella sede si deciso di prescindere dal
combinato disposto di due norme (art. 3, D.P.R. n. 639/1910 ed art. 32,
D.Lgs. n. 150/2011) che, invece, espressamente sembravano ricondurre
al giudice ordinario la giurisdizione per limpugnazione dellingiun-
zione. Si invece preferito dar la precedenza alla coerenza del sistema,
recuperando nellalveo della giurisdizione delle Commissioni queste
controversie quante volte attengano ad un tributo e malgrado lassenza
di indicazioni di tal tipo nel campo del diritto positivo; sar stata anche
una conclusione obbligata, de plano, si direbbe, ma rimane pur sempre
una conclusione assolutamente coerente con il sistema.
Tanto pi se si pensa che questa soluzione va coordinata con laffermata
natura pregiudiziale della questione di giurisdizione rispetto alla questione
di competenza e, di conseguenza, con gli effetti affatto positivi che una
simile pregiudizialit pu riverberare sulla durata del giudizio e, dunque,
sulla integrit del diritto di difesa del contribuente, parte nel giudizio
tributario. La valorizzazione delloggetto della lite, da un lato, e, dallaltro
lato, lobbligo per il giudice di indagare sulla propria giurisdizione pur
quando egli si ritenga incompetente, costituisce senzaltro un ulteriore
tassello per la tutela della integrit patrimoniale della parte privata, in
particolare se si considera che incerto se dal vulnus conseguente alla
eccessiva durata del processo possa corrispondere una adeguata tutela, in
particolare a livello internazionale, in applicazione della Convenzione
Europea dei Diritti dellUomo38.

depositate lo stesso giorno ma di segno opposto, poich luna (Cass., SS.UU. 26 giugno 2009,
n. 15047) riconosceva la sussistenza della giurisdizione del giudice tributario mentre laltra
(Cass., SS.UU. 26 giugno 2009, n. 15031) quella del giudice ordinario, ma questa divarica-
zione cos plateale avrebbe dovuto andar rimediata alla luce del fatto che il giudizio
tributario , e resta, un giudizio relativo alla impugnazione di un atto dellamministrazione
e non pu essere esteso sino a ricomprendere le controversie tra privati. Cfr., in argomento,
Brighenti, Le controversie tra sostituto e sostituito: al giudice tributario; anzi no, al giudice
ordinario, in Boll. trib., n. 18/2009, pag. 1384 ss.; Tabet, Svolta storica in tema di giuri-
sdizione tra sostituto e sostituito?, in GT - Riv. giur. trib., n. 12/2009, pag. 1046 ss. Per una
successiva evoluzione del dibattito, cfr. Pini, La giurisdizione sulla c.d. rivalsa successiva e
su altre liti tra sostituto e sostituito, in Rass. trib., n. 6/2013, pag. 1330 ss.
37
In coerenza con lintento del legislatore che, nel configurare il processo tributario come
processo a carattere impugnatorio, ancorando linteresse del contribuente ad agire in giudizio
allemanazione di un atto con il quale lamministrazione esprime formalmente il proprio vanto
creditorio oppure prenda comunque posizione in merito ad esso: per questi rilievi, cfr. Russo,
Laccertamento tributario nel pensiero di Enzo Capaccioli: profili sostanziali e processuali, in
Riv. dir. trib., n. 6/2010, pag. 661 ss.
38
Sul punto, cfr. De Mita, La durata ragionevole del processo tributario tra norme
interne e convenzionali, in Corr. Trib., n. 16/2002, pag. 1442 ss.; Marcheselli, Il giusto processo
tributario in Italia. Il tramonto dell interesse fiscale?, in Dir. prat. trib., n. 5/2001, pag. 793 ss. e
spec. pagg. 800-801.

734 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

Ma il punto nodale anche un altro, e si riconduce alla terza questione,


quella cio relativa alla rilevabilit dufficio del difetto di giurisdizione in
sede di esame del regolamento di competenza. Riconnettendo anche qui il
discorso alla mobilit dei confini della giurisdizione tributaria, pu notarsi
come questa rilevabilit officiosa, in capo al giudice di legittimit, costitui-
sce, n pi, n meno, che unulteriore scansione del controllo sulla giuri-
sdizione e, quindi, senzaltro va apprezzata nella sua giusta luce, poich
costituisce uno strumento per evitare che il giudicato cali sulla statuizione
implicita sulla giurisdizione compiuta dal giudice ordinario, anche quando
essa spetterebbe ad altro giudice, segnatamente quello tributario.
Peraltro, come si affermato, il riconoscimento della rilevabilit offi-
ciosa del difetto di giurisdizione costituisce (o quantomeno idonea a
costituire) la base per un ulteriore profilo di criticit del divieto di
proponibilit del regolamento di competenza nel processo tributario,
criticit che viene senzaltro amplificata dalla considerazione che la
possibilit in capo alla Cassazione di scrutinare, ed eventualmente rilevare
dufficio il difetto di giurisdizione, senzaltro uno strumento molto pi utile
del c.d. regolamento di giurisdizione che, pur ammissibile nel processo
tributario (ex art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992), stato ridotto, in questo
come in qualunque altro giudizio, proprio perch ad istanza di parte, ad uno
strumento meramente dilatorio della lite, con conseguente scarsa utilit
pratica39.
In conclusione, le tre questioni vanno esaminate congiuntamente e tutte
e tre attengono, o comunque possono attenere, ai problemi di determina-
zione, controllo e sindacato dei limiti della giurisdizione delle Commissioni
tributarie. Ed in una prospettiva quale quella attuale, caratterizzata pi
che mai da una forte incertezza su questi limiti, la soluzione adottata dalle
Sezioni Unite si pone senzaltro tra quelle maggiormente condivisibili.

PAOLO DE QUATTRO
Dottorando di ricerca
Universit di Bologna

39
Parte della dottrina ha infatti acutamente registrato, in passato, le criticit dellistituto
ed i rischi che il regolamento di giurisdizione si prestasse a manovre dilatorie: per tutti, cfr.
Cipriani, Il regolamento di giurisdizione, Napoli, 1981, pag. 187 ss., che pu esser definito come
uno dei principali Autori che ha mosso la battaglia per la soppressione del regolamento (si veda,
per una ricognizione giurisprudenziale e dottrinale sul punto, sempre di Cipriani, Nuovi limiti
allammissibilit del regolamento di giurisdizione, in Giust. civ., n. 6/1996, pag. 1581 ss.).
Manovre dilatorie, peraltro, stigmatizzate anche in giurisprudenza, ancorch in una fattispecie
attinente non al giudizio ordinario ma al rito (ordinario) laburistico: cfr. Cass., SS.UU. 23 aprile
1980, n. 2647.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 735


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TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI

2 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unite, sentenza n. 1915 del 2 febbraio


2016, Pres. Rovelli - Est. Cappabianca

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI (RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972) -


Imposta sul valore aggiunto (IVA) - Obblighi dei contribuenti -
Dichiarazioni - In genere - Regime della liquidazione dellIVA di
gruppo ex art. 73, D.P.R. n. 633/1972 ratione temporis vigente -
Societ di persone in qualit di societ controllante - Applicabilit

Il pi favorevole regime di liquidazione dellIVA di gruppo di cui allart. 73,


comma 3, D.P.R. n. 633/1972, nel testo ratione temporis vigente, in base al
quale lIVA a credito di una societ pu essere compensata con gli importi
dovuti a debito, per la medesima imposta, da altra societ appartenente allo
stesso gruppo, si applica anche se la societ controllante sia una societ di
persone, senza che rilevi, in senso contrario, quanto indicato dal D.M.
n. 11065/1979 del Ministero delle Finanze, gerarchicamente subordinato
alla legge, n, tantomeno, la successiva circolare dello stesso Ministero
n. 16/360711, dovendosi ritenere una diversa interpretazione lesiva del prin-
cipio di parit di trattamento rispetto a soggetti che operano nel medesimo
mercato.
Omissis*

Linterpretazione del limite soggettivo nellIVA di gruppo: considera-


zioni a margine di Cass. SS.UU. n. 1915/2016

SOMMARIO: 1. La fattispecie e la decisione della Suprema Corte - 2. Confronto tra


normativa comunitaria ed interna sulla soggettivit passiva dellIVA di gruppo - 3. La
problematica relativa alla veste giuridica della societ controllante - 4. La funzione
del controllo nellIVA di gruppo - 5. Considerazioni conclusive.

1. La fattispecie e la decisione della Suprema Corte - La sentenza in oggetto


esamina, in modo puntuale, i rilevanti dubbi interpretativi ed applicativi
dellIVA di gruppo. Lesigenza di recepire in Italia lIVA di gruppo1, come

*Il testo della sentenza consultabile in banca dati fisconline.


1
Si veda art. 13 della Legge n. 23 dell11 marzo 2014, il quale prevede lattuazione del
regime del gruppo ai fini dellapplicazione dellimposta sul valore aggiunto, previsto dallart. 11
della Direttiva 2006/112/CE. Sullargomento si vedano A. Amatucci, Brevi note in tema di
adattamento dellordinamento giuridico italiano alla VI Direttiva CEE in materia di IVA, in
Dir. prat. trib., 1980, pag. 652; Comelli, IVA comunitaria e IVA nazionale, Padova, 2000, pag. 280;
Giorgi, I limiti della normativa nazionale sullIVA di gruppo sono compatibili con i principi
comunitari, in Corr. Trib., 2008, pag. 2280; CGE, sent. 17 settembre 2014, causa C-7/13.

736 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

previsto dalla Direttiva 2006/112/ CE, allart. 11, comma 1, sempre pi


attuale, soprattutto in considerazione del fatto che le imprese operano
frequentemente in ambito europeo ed internazionale.
Il quid iuris sorge intorno allapplicabilit dellIVA di gruppo nel caso in
cui la societ controllante sia una societ di persone, involgendo numerose ed
evidenti problematiche sulla soggettivit del gruppo, sulla discrasia tra
controllo di cui allart. 2359 c.c. ed il controllo nellIVA di gruppo, nonch
sul rapporto tra normativa interna e comunitaria. La mancata applicazione
dellIVA di gruppo, nellipotesi in cui la controllata sia una societ di persone,
non potrebbe che generare possibili violazioni, come vedremo in seguito, del
principio di uguaglianza, neutralit, proporzionalit e ragionevolezza.
Nel caso di specie ad una srl, a seguito del controllo della dichiarazione,
era stata notificata una cartella di pagamento, relativa allomesso versa-
mento IVA, in quanto la suddetta srl risultava controllata per il 98% da una
societ di persone (snc). Limpugnazione era eccepita sul presupposto che
sia il D.M. 13 dicembre 1979, n. 11065 che la C.M. 28 agosto 1986, n. 16/
360711, escludono lapplicabilit dellIVA di gruppo, quando la controllante
assume la veste di societ di persone.
La Commissione adita, nel primo grado di giudizio, respinge il ricorso;
in appello la Commissione tributaria regionale chiarisce che la nozione di
IVA di gruppo assume un connotato diverso da quello disposto dal Codice
civile di cui allart. 2359 c.c. e, pertanto, non sussistono delle limitazioni
allapplicabilit dellIVA di gruppo quando la controllante una societ di
persone.
Successivamente, avverso tale decisione, lAgenzia delle entrate ha pro-
posto ricorso alla Corte di cassazione, la quale, con lordinanza 11451/2014
in relazione alla particolare importanza della questione ed in assenza di
precedenti nella giurisprudenza di legittimit, ha rimesso il ricorso alle-
same delle Sezioni Unite.
Laspetto centrale intorno al quale ruota la controversia se il partico-
lare regime IVA previsto dallart. 73, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, con
riguardo alla c.d. IVA di gruppo, trovi applicazione solo nellipotesi in cui la
societ controllante sia societ di capitali, ovvero, anche nel caso in cui la
societ controllante sia societ di persone. Lordinanza, nel rimettere la
questione alle Sezioni Unite, evidenzia che mentre la normativa primaria e
quella secondaria di riferimento (art. 73, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 e i
D.M. 13 dicembre 1979, n. 11065) sono, in proposito, caratterizzate dalluso
di locuzione ente o societ controllante, che non si qualifica per la neces-
saria esclusione delle societ di persone dallambito di applicazione della
sua previsione; la C.M. 28 febbraio 1986 n. 16/360711, seguita da alcune
risoluzioni dellAgenzia (nn. 22/E/2005 e 347/E/2002), nega decisamente che
lIVA di gruppo possa trovare applicazione quando la societ controllante
presenti la veste di societ di persone. Ma, ovviamente, si tratta di uninter-
pretazione di parte.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 737


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S. DE MARCO - LIMITE SOGGETTIVO NELLIVA DI GRUPPO

La Suprema Corte, nellesaminare il ricorso proposto, ha ricostruito la


fattispecie, focalizzandosi in particolare:
sul confronto tra normativa comunitaria e interna, sebbene osservi
come la fattispecie debba essere risolta nellambito della disciplina interna;
sulla tassazione di gruppo di cui allart. 117 T.U.I.R. (consolidato
nazionale), la quale non equiparabile a quello dellIVA di gruppo;
sulla nozione di controllo di cui allart. 2359 c.c. che stata recepita
parzialmente nellIVA di gruppo;
sulla disparit di trattamento, tra societ di persone e di capitali, che
non troverebbe alcuna giustificazione in alcun interesse pubblico da tute-
lare, poich bisogna operare la stessa parit di trattamento tra societ o enti
che svolgono la propria attivit nello stesso mercato.
La Suprema Corte, rigettando il ricorso degli Uffici impositori, ha
sostenuto che la questione proposta va risolta nel senso che il particolare
regime IVA previsto dallart. 73, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, con riguardo
allIVA di gruppo, trova applicazione anche nellipotesi in cui la societ
controllante sia societ di persone.
Alla luce dei punti sopra evidenziati, che analizzeremo pi dettagliata-
mente nel prosieguo, possibile affermare che tale pronuncia sia partico-
larmente interessante per quanto attiene laccuratezza delle
argomentazioni svolte dalla Suprema Corte e per la novit della tematica
de qua almeno nella giurisprudenza di legittimit. Le problematiche que-
stioni interpretative, sullapplicazione dellIVA di gruppo nellipotesi in cui
la societ controllante sia una societ di persone, ci forniscono lo spunto per
elaborare alcune riflessioni.

2. Confronto tra normativa comunitaria ed interna sulla soggettivit passiva


dellIVA di gruppo - Ci sembra opportuno, preliminarmente, occuparci della
soggettivit passiva del gruppo2 IVA, in ambito comunitario ed interno,
aspetto sul quale si soffermata la stessa sentenza della Corte di cassazione.

2
Sulla disciplina dei gruppi si vedano, tra tutti, Uckmar, Gruppi e disciplina fiscale, in
Dir. prat. trib., 1996, pag. 3; Gallo, I gruppi dimprese e il Fisco, in Studi in Onore di V. Uckmar,
Padova, 1997, pag. 585; Tabellini, Gruppi di societ nel diritto tributario, in Dig. Disc. Priv.
Sez. comm., Torino, 1991, pag. 440; Lovisolo, Limposizione dei gruppi di societ: profili
evolutivi, in Levoluzione dellordinamento tributario italiano, a cura di V. Uckmar, Padova,
2000; Marino, Contributo allo studio dei rapporti di gruppo attraverso le relazioni di con-
trollo, in Riv. dir. trib., 2004, pag. 545; Id., La relazione di controllo nel diritto tributario. Analisi
interdisciplinare e ricostruzione sistematica, Padova, 2008; Id., Fantozzi, La nuova disciplina
IRES: i rapporti di gruppo, in Riv. dir. trib., n. 4/2004, pag. 489; Ficari, Gruppo di imprese e
consolidato fiscale allindomani della riforma tributaria, in Rass. trib., 2005, pag. 1587;
Giovannini, Gruppo di societ e capacit contributiva, in Perrone e Berliri (a cura di),
Diritto tributario e Corte costituzionale, Napoli, 2006; Garbarino, Tassazione dei gruppi, in
Dig. disc. priv., Sez. comm., Aggiornam., 2008, pag. 938; Ricci, La tassazione consolidata dei
gruppi di societ, Bari, 2010, pag. 30; Grandinetti, La Tassazione dei gruppi dimpresa, in

738 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

ben noto che, per la pluralit di soggetti coinvolti, la creazione di un


gruppo, mediante una fiscal unit, determina il conseguimento di risultati
pi vantaggiosi rispetto a quelli perseguibili singolarmente. A fronte degli
inevitabili vantaggi derivanti dallappartenenza di una societ al gruppo
perseguendo c.d. sinergie di gruppo3, si rilevano, per, notevoli questioni
giuridiche, tra cui la soggettivit passiva del gruppo vista in unottica
comparativa interna e comunitaria4.
In via del tutto generale, ed al fine di chiarire la tematica, evidenziamo
che, a livello comunitario, esistono diversi modelli di tassazione consolidata
riconducibili a tre diverse modalit applicative quali:
la fiscal unity;
il group contribution;
il group relief 5.
Il modello accolto in Italia quello della fiscal unity in cui, fermo
restando che ciascuna societ controllante possiede autonoma
soggettivit, la fiscal unity compenetra gli imponibili delle societ
controllate, operando la compensazione tra poste positive e negative
e nel caso specifico dellIVA di gruppo tra posizioni creditorie e
debitorie. La fiscal unity , infatti, obbligata ad adempiere agli obblighi
di determinazione dellimponibile, liquidazione e versamento del
tributo6.

Sacchetto (a cura di), Principi di Diritto Tributario europeo e internazionale, Torino, 2011, pag.
245; Dami, I rapporti di gruppo nel diritto tributario, Milano, 2011.
3
Cos Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, Milano, 2010, pag. 3.
4
Il trattamento fiscale dei gruppi nei vari ordinamenti giuridici, assume un ruolo impor-
tante, anche se la mancanza di uniformit impositiva, frequentemente, denota un differente
ambito applicativo. Sul punto cfr. Ricci, IVA di gruppo: la mancanza di soggettivit salva la
normativa italiana dalla censura comunitaria, in Riv. dir. prat. trib., n. 5/2009, pag. 1006, la
quale evidenzia che per la Germania e lAustria, lesistenza di una disciplina civilistica che
riconosca i gruppi di societ come soggetti di diritto ha di certo influenzato la scelta del regime
fiscale applicabile; altri Paesi, come la Danimarca, lIrlanda, i Paesi Bassi, il Regno Unito, la
Svezia e la Spagna, pur non prevedendo una disciplina unitaria di gruppo nella legislazione
civilistica nazionale, hanno optato per il regime del soggetto unico.
5
Per maggiori approfondimenti sui principali modelli di tassazione consolidata si rinvia a
Grandinetti, La Tassazione dei gruppi dimpresa, cit., pag. 254.
6
Ai sensi dellart. 127 T.U.I.R., la controllante responsabile: a) per la maggiore imposta
accertata e per gli interessi relativi, riferita al reddito complessivo globale risultante dalla
dichiarazione di cui allart. 122; b) per le somme che risultano dovute, con riferimento alla
medesima dichiarazione, a seguito dellattivit di controllo prevista dallart. 36-ter del Decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, riferita alle dichiarazioni dei redditi
propria di ciascun soggetto che partecipa al consolidato e dellattivit di liquidazione di cui
allart. 36-bis del medesimo Decreto; c) per ladempimento degli obblighi connessi alla deter-
minazione del reddito complessivo globale di cui allart. 122; d) solidalmente per il pagamento
di una somma pari alla sanzione di cui alla lett. b) del comma 2 irrogata al soggetto che ha
commesso la violazione.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 739


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S. DE MARCO - LIMITE SOGGETTIVO NELLIVA DI GRUPPO

In ambito nazionale lIVA di gruppo disciplinata dallart. 73, comma


3, del D.P.R. n. 633/1972, che contempla come, al verificarsi di alcune
condizioni, questo particolare regime opzionale di liquidazione dellim-
posta7, volto a compensare la posizione creditoria e debitoria di ciascuna
societ appartenente al gruppo, determina notevoli vantaggi di natura
finanziaria, con la liquidazione unitaria si evita, infatti, che allinterno
dello stesso gruppo talune societ debbano versare limposta a debito ed
altre, invece, siano costrette ad attendere i tempi, non celeri, del
rimborso8.
Logico corollario che, ai fini IVA, il gruppo, nella disciplina dome-
stica, costituisce una fictio juris, dove la sostanza economica prevale sulla
forma giuridica, avente la finalit di ottenere evidenti vantaggi economici
dati dal consolidamento dei debiti e crediti IVA dei partecipanti al
gruppo9. E, difatti, come affermato nella sentenza de qua, gli effetti
prodotti non sono diversi da quelli che assicura la procedura di rim-
borso accelerato10. In buona sostanza, ogni societ controllata apparte-
nente al gruppo, mantiene la propria identit giuridica, per cui la
creazione del gruppo finalizzata alla liquidazione e dichiarazione
dellimposta consentita ai gruppi societari, in cui la fiscal unity procede
unitariamente ad effettuare la liquidazione e i versamenti dellimposta
dovuta11.
Per completezza precisiamo che la tassazione di gruppo nelle imposte
dirette, di cui allart. 117 T.U.I.R., si differisce dallimposizione del gruppo
IVA, giacch come rilevato anche nella sentenza in esame, involge un
differente settore impositivo e regime applicativo; anche se in tema di

7
Si veda Ficari, Liquidazione congiunta dellIVA ex art. 73 D.P.R. 633 e rilevanza
tributaria del gruppo di societ, in Riv. dir. trib., 1992, pag. 151.
8
Cos Ricci, IVA di gruppo: la mancanza di soggettivit salva la normativa italiana dalla
censura comunitaria, in Riv. dir. prat. trib., n. 5/2009, pag. 1004. Per maggiori approfondi-
menti in tema di rimborso si veda Del Federico, Il rimborso dei tributi incompatibili con la
Direttiva, in AA.VV., Di Pietro (a cura di), Atti societari ed imposizione indiretta. Dalle Direttive
comunitarie alla nuova riforma tributaria, Padova, 2005, pag. 230.
9
Con la finalit di limitare possibili e frequenti fenomeni elusivi, lart. 1, comma 63,
della Legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (c.d. Legge finanziaria per il 2008), ha introdotto
allart. 73 del D.P.R. n. 633/1972, il seguente periodo: non si tiene conto delle eccedenze
detraibili, risultanti dalle dichiarazioni annuali relative al periodo dimposta precedente,
degli enti. Ci stato posto con lobiettivo di evitare che una societ possa acquisire il
controllo di soggetti IVA che hanno realizzato crediti IVA e, quindi, finalizzati a com-
pensare i debiti della controllante. Si veda risoluzione dellAgenzia delle entrate del 14
febbraio 2008, n. 4.
10
A tal riguardo, si veda tra tutte, la sentenza della Corte di cassazione n. 4843/2015.
11
Cfr. Brisacani, Sul trattamento, ai fini dellIVA, delle prestazioni di servizi fornite
da una societ non residente nellUnione Europea alla propria stabile organizzazione,
apparentemente ad un gruppo IVA in uno Stato membro, in Dir. prat. trib. int., n. 1/
2015, pag. 381.

740 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

soggettivit passiva dimposta12, pervengono comunque allo stesso risul-


tato, ossia la mancata soggettivit del gruppo13.
Come affermato in dottrina14, il gruppo identifica una formula del
linguaggio e infatti, nella disciplina opzionale del consolidato la capacit
per cos dire del gruppo la stessa capacit contributiva dei singoli sebbene,
in ragione del consolidamento, la sua quantificazione subisca o possa subire
modificazioni15.
Quanto al gruppo IVA, la disciplina comunitaria ha introdotto allart. 4,
par. 4, della Direttiva 2006/112/CE che, previa consultazione del Comitato
IVA16, ogni Stato membro ha la facolt di considerare come unico sog-
getto passivo le persone residenti allinterno del Paese che siano giuridi-
camente indipendenti, ma strettamente vincolate tra loro da rapporti
finanziari, economici ed organizzativi. Dal tenore letterale della norma,

12
Per maggiori approfondimenti in tema di soggettivit tributaria, si vedano tra gli altri,
Ferlazzo Natoli, Fattispecie tributaria e capacit contributiva, Milano, 1979, pag. 62 ss.; Id., Il
fatto rilevante in diritto tributario, Messina, 1994; Id., La fattispecie giuridica tributaria, in
Amatucci (a cura di), Trattato di diritto tributario, Padova, 1994, pag. 53 ss.; Giovannini,
Soggettivit tributaria e fattispecie impositiva, Padova, 1996, pag. 168 ss.; Fedele,
Introduzione, in AA.VV., Fedele (a cura di), Il regime fiscale delle associazioni, Padova,
1998; Gallo, La soggettivit ai fini IRPEG, in AA.VV., Il reddito dimpresa nel nuovo testo
unico, Roma-Milano, 1990, pag. 662 ss.; Antonini, La soggettivit tributaria, Napoli, 1965, pag.
106 ss.; Castaldi, Gli enti non commerciali nelle imposte sui redditi, Torino, 1999, pag. 62 ss.;
Ficari, La soggettivit tributaria delle S.R.L. e limposizione del reddito delle societ di
capitali, in Ficari - Gianpaolino (a cura di), Trattato delle societ a responsabilit limitata,
Padova, 2012, pag. 164; Gallo, Levoluzione del sistema tributario e il principio di capacit
contributiva, in Rass. trib., n. 3/2013, pag. 499; Giovannini, Ripensare la capacit contribu-
tiva, in Dir. prat. trib., n. 1/2016, pag. 15.
13
Si veda Marino, Contributo allo studio dei rapporti di gruppo attraverso le relazioni di
controllo, in Riv. dir. trib., n. 4/2004, pag. 557, il quale ha osservato che La giurisprudenza
italiana concepisce il gruppo come una costellazione di enti, dotati ciascuno di un proprio
distinto interesse e di una propria, distinta soggettivit.
14
Si veda Giovannini, op. ult. cit., pag. 219 ss.
15
Si vedano Marino, Contributo allo studio dei rapporti di gruppo attraverso le relazioni di
controllo, cit., pag. 556, il quale osserva che ribadito che il gruppo di imprese non costituisce
un soggetto giuridico, ma si aggiunge che esso un fenomeno di fatto. Linteresse sociale da
prendere in considerazione per valutare la sussistenza del conflitto di interessi andrebbe
identificato esclusivamente con riferimento allautonomia soggettiva delle singole societ
del gruppo; Giovannini, Gruppo di societ e capacit contributiva, cit., pag. 221, il quale
giustamente afferma che vero che la capacit contributiva, secondo il costante orientamento
della Corte costituzionale e come ho gi ricordato, deve essere riferita al singolo soggetto e
comporta, per ciascuno, la soggezione allobbligo contributivo in funzione di essa. Quindi,
come si scritto, se anche limposizione prende in considerazione il gruppo identificandone il
reddito complessivo, il carico tributario dovrebbe essere ripartito obbligatoriamente in base
alla rispettiva attitudine alla contribuzione dei suoi componenti.
16
Sotto laspetto procedurale, lart. 11, comma 1 della sesta Direttiva, presuppone, come
atto preliminare, il parere del Comitato consultivo IVA, il quale procede alla valutazione della
neutralit della normativa interna riguardo al mercato unico. Si veda la sentenza della CGE 22
maggio 2008, causa C-162/07, Ampliscientifica e Amplifin, punto 18.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 741


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si evince, quindi, che la disciplina comunitaria implica il superamento


degli schemi giuridici determinati dalle distinte soggettivit17 identifi-
cando il gruppo in un unico soggetto passivo dimposta18 (c.d. Value Added
Tax Group).
Tra laltro, nellIVA di gruppo comunitaria, attribuendosi soggettivit
passiva dimposta al gruppo, le operazioni volte alla cessione di beni e alle
prestazioni di servizio tra i soggetti che operano nel perimetro del consoli-
damento, sono ininfluenti ai fini IVA19. Si evince pertanto che assumono
rilevanza ai fini del tributo, esclusivamente le operazioni poste in essere con
soggetti estranei allarea del consolidamento, che fanno sorgere il diritto di
detrazione dellimposta assolta sugli acquisti20.
Da un breve raffronto, tra la disciplina comunitaria ed interna, emerge
che, in realt, il gruppo IVA, nella normativa interna, non sembra aver dato
piena attuazione al principio contenuto nella norma comunitaria21, poich
stata recepita in modo ristretto22, attuando pi che altro laspetto proce-
durale23 e non riconoscendo autonoma soggettivit al gruppo24, cos come
previsto in ambito europeo.

17
Cos afferma la sentenza in oggetto.
18
Si veda la sentenza della CGE 9 aprile 2013, causa C- 85/2011.
19
Cfr. Fantozzi - Paparella, Lezioni di Diritto Tributario dellimpresa, Padova, pag. 319.
20
Per maggiori approfondimenti si veda Grandinetti, LIVA di gruppo: dalla Corte di
Giustizia UE le guidelines per il legislatore delegato nazionale, in Riv. dir. trib., n. 9/2014, pag.
128, il quale a tal riguardo sostiene che ne consegue che listituto dellIVA di gruppo pu
presentare indubbi vantaggi finanziari in un gruppo IVA a cui partecipano, insieme a soggetti
passivi con detrazione piena, altri membri con una detrazione dellimposta parziale.
21
Tale precisazione si rileva anche nella Comunicazione comunitaria (2009) n. 325 del 2
luglio 2009, in giurisprudenza nella sentenza della CGE, 22 maggio 2008, causa C- 162/07,
Cass., sentenza n. 6105/2009, e cos come affermato nellordinanza n. 11877 del 2 aprile 2014,
LItalia non inserita nellelenco comunitario dei Paesi che hanno applicato la Direttiva.
22
In proposito la circolare ministeriale n. 16 del 28 febbraio 1986, chiarisce che Il
principio contenuto nella citata norma comunitaria stato recepito, invero, in termini molto
ristretti e con contenuto di carattere procedurale, cio mantenendo sempre lautonomia giuri-
dica e fiscale delle societ interessate, sufficiente a perseguire il fine prefissato che era quello di
offrire alle dette societ un mezzo semplificato di recupero delle eccedenze di credito mediante
la compensazione tra debiti e crediti dimposta emergenti dalle liquidazioni e dichiarazioni di
societ facenti parte di un gruppo, soggette al controllo diretto o indiretto di una societ che
partecipi, in modo qualificato e consistente, al capitale delle societ controllate.
23
Cfr. Ricci, IVA di gruppo: la mancanza di soggettivit salva la normativa italiana dalla
censura comunitaria, cit., pag. 1006, la quale attentamente osserva che lopzionalit del regime
conosce, per, deroghe non solo in senso restrittivo ma anche, al contrario, in senso estensivo:
la disciplina britannica, ad esempio, non prevede il principio all in all out, lasciando ampi
margini di tax planning ai gruppi, che potrebbero trovare pi vantaggioso escludere talune
societ dallimposizione unitaria.
24
Si veda Cass. 7 marzo, 2012, n. 3513, con commento di Montanari, La soggettivit IVA
degli enti pubblici territoriali alla luce di un recente orientamento della Suprema Corte, in Riv.
trim. dir. trib., n. 4/2012, pag. 1099.

742 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

In definitiva, riteniamo di dover condividere la posizione affermata


dalle Sezioni Unite, giacch, il gruppo IVA, definito dallordinamento
nazionale - riducendosi ad una procedura di mera liquidazione del tributo
- non si uniforma a quello delineato nel sistema comunitario, che, nella
prospettiva di consolidazione degli imponibili, comporta, invece, ben pi
pregnante unificazione a livello soggettivo.
Certamente, questo mancato allineamento della normativa interna
rispetto a quella comunitaria, potrebbe comportare delle distorsioni che
incidono sulla parit di trattamento fiscale e neutralit impositiva, inci-
dono, cio, da un lato sulla libera circolazione delle merci, dei servizi e delle
persone e dallaltro sulla libera concorrenza25.

3. La problematica relativa alla veste giuridica della societ controllante - Non


ci resta che soffermarci sullambito soggettivo della societ controllante e
chiederci se questultima pu essere una societ di persone.
La controversia rimessa allesame delle Sezioni Unite, va risolta alla luce
della normativa interna, pur tenendo presente i principi comunitari, poich,
come detto precedentemente, lapplicazione dellIVA di gruppo nazionale
ha un ambito di applicazione pi ristretto. La mancata trasposizione della
normativa comunitaria con specifico atto normativo risulta, peraltro, espli-
citata anche nella Comunicazione della Commissione Europea del 2 luglio
2009, 325, Com (2009), nella circolare del 28 febbraio 1986, n. 16/360711, e
ribadita da diverse sentenze della Corte di Giustizia europea26. La norma-
tiva nazionale disciplina il presupposto soggettivo della predetta liquida-
zione IVA di gruppo, allart. 73, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, disponendo
che Il Ministero delle Finanze pu disporre con propri decreti, stabilendo le
relative modalit, che le dichiarazioni delle societ controllate siano pre-
sentate dallente o societ controllante allUfficio del proprio domicilio
fiscale e che i versamenti di cui agli artt. 27, 30 e 33 siano fatti allUfficio
stesso per lammontare complessivamente dovuto dallente o societ con-
trollante e dalle societ controllate, al netto delle eccedenze detraibili ....... Si
considera controllata la societ le cui azioni o quote sono possedute dallal-
tra per oltre la met fin dallinizio dellanno solare precedente.
A dare attuazione a tale disposizione intervenuto lart. 2 del D.M. 13
dicembre 1979, che in relazione alle societ controllanti, utilizza la locu-
zione ente o societ controllante, riproponendo in buona sostanza quanto
disposto nellart. 73, comma 3, D.P.R. n. 633/1972. Quanto alle societ
controllate, invece, restringe lambito di applicazione alle societ per
azioni, in accomandita per azioni e a responsabilit limitata.

25
Cos Giorgi, Detrazione e soggettivit passiva nel sistema dellimposta sul valore aggiunto,
Padova, 2005, pag. 32.
26
Si veda, tra le tante, CGE, 17 settembre 2014, causa C- 7/13.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 743


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S. DE MARCO - LIMITE SOGGETTIVO NELLIVA DI GRUPPO

Dal combinato disposto tra le disposizioni citate, consegue che, affinch


si possa optare per lIVA di gruppo, necessario che ricorrano il presupposto
soggettivo, oggettivo e temporale. In merito al presupposto oggettivo, la
societ controllante deve detenere una quota di controllo superiore al 50%
del capitale delle societ controllate, senza prendere in considerazione le
azioni o quote prive del diritto al voto. Quanto al presupposto temporale, il
controllo deve permanere ininterrottamente per almeno dodici mesi27.
Volgendo particolare attenzione al presupposto soggettivo, dallesame let-
terale dellart. 73, comma 3, D.P.R. n. 633/1972 e dal Decreto attuativo,
emerge che entrambe le disposizioni utilizzano lespressione ente o societ
controllante, ma non specificano la veste societaria che deve assumere la
controllante. Come giustamente affermato dalla sentenza in oggetto, sia la
norma primaria, sia quella secondaria, non contempla, ai fini dellappli-
cazione del regime dell IVA di gruppo, alcuna testuale diretta esclusione
delle societ di persone dal novero dei soggetti controllanti, giacch egual-
mente qualificano la relativa categoria con la non discriminante locuzione
ente o societ controllante.
A questo punto, ci sorge il dubbio della mancata applicazione del regime
di gruppo IVA, nel caso in cui la societ controllante sia una societ di
persone28. Se la normativa primaria e secondaria specificano che la veste
giuridica di societ di capitali circoscritta alle societ controllate, mentre
in merito alle societ controllanti, si limita alla generica definizione di ente
o societ controllante, perch allora devono essere escluse le societ di
persone? Il termine generico ente o societ controllante non involge anche
le societ di persone?
Lesclusione delle societ di persone sul semplice assunto che lart. 2 del
Decreto 13 dicembre 1979, nel prevedere, al comma 2, che le societ
controllate (societ di capitali) possono assumere agli effetti della norma-
tiva in esame, la veste di societ controllanti di altre societ, lascia chiara-
mente intendere che sia le une che le altre debbano essere societ di
capitali29, ci appare molto discutibile ed irragionevole. E come

27
Sullargomento, la Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 22 maggio 2008, causa C-
162/07, nellesaminare il limite temporale di un anno, afferma che, posto in essere con la
finalit di porre rimedio alle costruzioni di puro artifizio.
28
In merito alla disciplina commerciale, si veda tra tutti, Tombari, Diritto dei gruppi di
imprese, cit., pag. 136, il quale osserva che Se elementi costitutivi di una struttura di gruppo
sono normalmente societ di capitali, nella realt imprenditoriale (non solo italiana) si
possono riscontrare anche gruppi composti (in genere non esclusivamente, ma in parte) da
societ in nome collettivo o in accomandita semplice. inoltre da rilevare che societ di
persone sono presenti non solo in gruppi familiari di ridotta grandezza, ma anche in gruppi
multinazionali di notevoli dimensioni.
29
Cos C.M. 28 febbraio 1986, n. 16/360711; sullo stesso orientamento si vedano le
risoluzioni dellAgenzia delle entrate del 6 novembre 2002, n. 347/E e 21 febbraio 2005,
n. 22/E.

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giustamente affermato nella sentenza de qua tra premessa e conseguenza


che se ne trae, manca qualsiasi rapporto di interdipendenza logica.
Tra laltro, sotto il profilo dei requisiti soggettivi, non si pu accogliere,
come abbiamo detto precedentemente, il regime opzionale del consolidato
di cui allart. 117 T.U.I.R., infatti, esso non pu essere equiparato, sotto il
profilo del prelievo e dei requisiti soggettivi, alla liquidazione dellIVA di
gruppo, poich si tratta semplicemente di un consolidamento delle poste
creditorie e debitorie delle societ controllate, sebbene queste ultime man-
tengano la propria identit giuridica, per cui il consolidamento permane
solo ai fini della liquidazione IVA e della semplificazione degli obblighi
dichiarativi.
Ai fini dellapplicazione del tributo indiretto, sia le societ di capitali, sia
quelle di persone, sono equiparabili e, infatti, limposta sul valore aggiunto,
indipendentemente dalla veste societaria si applica a tutti i soggetti che
effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizio30, in quanto, gli obblighi
(contabili) relativi alla liquidazione del tributo sono identici, per cui lesclu-
sione delle societ di persone ci sembra che determini la violazione dei
principi di proporzionalit, di uguaglianza, oltre che di neutralit
dellimposizione31.
Tra laltro, volgendo lo sguardo in ambito comunitario32, con la finalit
di tutelare il principio di neutralit e la parit di trattamento, la Corte di
Giustizia europea sottolinea33 sempre pi lesigenza di ampliare la nozione
di soggetto passivo34. Nel caso specifico, con le sentenze del 25 aprile 2013,

30
Si vedano, tra le altre, le sentenza della CGE 20 giugno 2013, causa C-219/12; 9 aprile
2013, causa C-85/11.
31
Cfr. Sacchetto, Le libert fondamentali ed i sistemi fiscali nazionali attraverso la
giurisprudenza della Corte di Giustizia UE in materia di imposte dirette, in AA. VV.,
Uckmar (a cura di), La normativa tributaria nella giurisprudenza delle Corti e nella nuova
legislatura, Padova, 2007, pag. 45; Del Federico, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica
europea. Contributo allo studio della prospettiva italiana, Milano, 2010; Boria, Diritto Tributario
Europeo, Milano, 2015, pag. 127.
32
Si vedano Lupi, Concorrenza tra ordinamenti, Comunit europee e prelievo tributa-
rio, in Rass. trib., n. 3/2004, pag. 989; Califano, La motivazione degli atti impositivi tra forma e
sostanza, principi europei e valori costituzionali, in Riv. trim. dir. trib., n. 1/2013, pag. 81.
33
Si vedano, tra tutte, le sentenze della CGE, causa C- 65/11, causa C- 86/11, causa C-95/11,
causa C- 109/11.
34
Si veda CGE, sentenza del 29 settembre 2015, causa C- 276/14, la quale al punto 27
sostiene che la Direttiva IVA comprende un titolo III dedicato alla nozione di soggetto passivo.
A norma della prima disposizione di tale titolo, vale a dire lart. 9, paragrafo 1, si considera
soggetto passivo chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, unattivit
economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attivit. I termini utilizzati in
tale disposizione, in particolare il termine chiunque, danno una definizione ampia della
nozione di soggetto passivo, incentrata sullindipendenza nellesercizio di unattivit econo-
mica nel senso che, come rilevato dallAvvocato Generale ai paragrafi 28 e 29 delle conclusioni,
tutte le persone fisiche e giuridiche, sia pubbliche che private, e anche gli enti privi di
personalit giuridica, che obiettivamente soddisfino i criteri di cui a tale disposizione, sono
considerate soggette allIVA.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 745


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causa C-480/10, e causa C-74/1135 - sorte da un ricorso presentato dalla


Commissione nei riguardi della Svezia e della Finlandia che, in applicazione
della normativa interna, limitavano lopzione al regime IVA di gruppo,
soltanto alle societ pubbliche che erogano servizi finanziari e assicurativi
- la Corte36 afferma un principio fondamentale: la violazione del principio
generale della parit di trattamento pu essere contraddistinta, in materia
tributaria, da altri tipi di discriminazioni, che incidono su operatori eco-
nomici che non sono necessariamente concorrenti, ma versano nondimeno
in una situazione comparabile per altri rapporti.
Riteniamo pertanto che, anche nel caso di applicazione dellIVA di
gruppo, tra societ di persone e societ di capitali, si possa postulare lo
stesso principio di parit di trattamento37. Tra laltro, cos come disciplinato
dallart. 11 della Direttiva 2006/112/CE, non debbono risultare vantaggi
indebiti, ma neanche svantaggi ingiustificati38.
Il principio di neutralit, infatti, vieta che le stesse operazioni poste in
essere da soggetti diversi abbiano un trattamento differenziato, giacch
questo principio presuppone la parit di trattamento fiscale, sia delle merci
oggetto di scambio, sia dei soggetti. Come attentamente osservato in

35
La Commissione europea nellesaminare lart. 11 della Direttiva 2006/112/CE, ha
rilevato che ogni Stato membro pu considerare come unico soggetto passivo le persone
stabilite nel territorio dello Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma stretta-
mente vincolate fra loro da rapporti finanziari economici ed organizzativi. La Corte di
Giustizia europea con la causa C-480/10, respinge il ricorso presentato dalla Commissione
Europea, giacch al punto 41, chiarisce che irricevibile nella parte in cui fondato sulla
violazione del principio di parit di trattamento.
36
La Corte, nellesaminare la fattispecie, giunta alla conclusione che il ricorso della
Commissione irricevibile, giacch, fondato sulla violazione del principio di parit di tratta-
mento. Segnatamente al punto 18, afferma che Conseguentemente, deducendo, nellatto
introduttivo del ricorso, che la legge in materia di IVA, nella parte in cui limita la possibilit
di formare un gruppo IVA alle imprese del settore finanziario e assicurativo, non compatibile
con il principio di parit di trattamento, laddove nel parere motivato stato invocato a tal
riguardo il principio di neutralit fiscale, la Commissione ha ampliato loggetto della
controversia.
37
Cfr. Grandinetti, LIVA di gruppo: dalla Corte di Giustizia UE le guidelines per il legislatore
delegato nazionale, cit., pag. 127.
38
Il notevole interesse da parte degli operatori situati negli Stati membri ha indotto la
Commissione Europea a predisporre le linee guida sulla costituzione del gruppo IVA, conte-
nute nella Comunicazione n. 325 del 2 luglio 2009, Com (2009), la quale chiarisce che Il
secondo paragrafo dellart. 11 consente inoltre agli Stati membri di adottare i provvedimenti
necessari per evitare levasione o lelusione fiscale. Occorre anche ricordare che nella sentenza
Halifax18, la Corte ha chiarito che gli Stati membri dispongono dei poteri necessari per lottare
contro le pratiche abusive. La Commissione ritiene comunque che dallattuazione dellopzione
di IVA di gruppo non debbano risultare vantaggi indebiti, n svantaggi ingiustificati. Tenendo
conto degli obiettivi originali dellopzione di IVA di gruppo, che deve esser considerata
soprattutto una misura di semplificazione, nessun regime fondato su tale opzione deve falsare
la concorrenza o compromettere il principio di neutralit fiscale. Si devono evitare situazioni in
cui lopzione di IVA di gruppo utilizzata per attrarre le imprese in determinati Stati membri e
diventa in tal modo motivo di concorrenza fiscale tra di loro.

746 - Rassegna Tributaria 3/2016


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dottrina39 il principio di parit di trattamento fiscale ed il principio di


neutralit impositiva40, tuttavia, presuppongono da un lato che limposta
abbia il pi vasto ambito di applicazione possibile in relazione alla cessioni
di beni e prestazioni di servizi e dallaltro che limposta sia detraibile nella
stessa identica misura per i soggetti che esercitano una medesima attivit
economica, che effettuano, cio, cessioni di beni e prestazioni di servizi che
rientrano nella sfera di applicazione dellimposta.
Si evince chiaramente che i limiti soggettivi tra societ di persone e di
capitali, determinano una chiara disparit di trattamento, ed unaltera-
zione della neutralit impositiva41 tra soggetti passivi IVA che pongono in
essere le medesime operazioni nel medesimo mercato, quindi, tale limita-
zione, non trova riscontro in alcun interesse pubblico da tutelare.
Quanto al principio di proporzionalit, invece, in via del tutto prelimi-
nare, ricordiamo che esso trae origine dal diritto tedesco42, trasmigrato
successivamente in quello comunitario comporta la congruit del mezzo al
fine, vale a dire, nel caso specifico che lErario, nella scelta degli strumenti
idonei a raggiungere il fine preposto, dovrebbe scegliere quello che arreca
minor sacrificio al contribuente.
LIVA di gruppo sorge con la finalit di agevolare coloro i quali appar-
tengono al perimetro del consolidamento, consentendo loro innegabili
vantaggi mediante la compensazione dei crediti e debiti IVA, rappresen-
tando un interessante strumento di ottimizzazione del carico tributario,
anche in termini prettamente finanziari43. Perch non consentire quindi
alle societ di persone di usufruire di tali benefici?
Accogliere la tesi44 che la contabilit delle societ di capitali sia pi
rigorosa ed analitica e che pertanto ostacolerebbe fenomeni di piani-
ficazione fiscale, ci sembra molto discutibile, poich riteniamo che non
sia lanaliticit della contabilit che rileva ai fini del tributo, ma
39
Cfr. Giorgi, Detrazione e soggettivit passiva nel sistema dellimposta sul valore aggiunto,
cit., pag. 31.
40
Si veda Greggi, Frodi fiscali e neutralit del tributo nella disciplina dellIVA, in Dir.
prat. trib., n. 1/2016, pag. 115.
41
Cos Ricci, ult. op. cit., pag. 1012.
42
Si veda Serran, Il rispetto del principio di proporzionalit e le garanzie del contri-
buente, in Riv. trim. dir. trib., n. 4/2014, pag. 875, la quale chiarisce che la genesi di tale
principio da attribuirsi al diritto tedesco che individuava tre requisiti (livelli o gradini) della
proporzionalit: idoneit (Geeignetheit), necessariet (Erforderlichkeit) e proporzionalit
(Verhaltnismabigkeit). Idoneit del mezzo rispetto allobiettivo perseguito, necessariet che
la misura adottata sia conforme, appunto, a controllo di proporzionalit e, pertanto, non esista
un altro mezzo efficace nella medesima misura (insostituibilit del mezzo); proporzionalit in
senso stretto da intendersi come una legittima proporzione fra la limitazione dei diritti dei
cittadini e le finalit pubbliche perseguite e, dunque, come contemperamento tra interesse
pubblico e posizione dei privati.
43
Cos Grandinetti, La Tassazione dei gruppi dimpresa, in Principi di Diritto Tributario
europeo e internazionale, cit., pag. 261.
44
Si veda ordinanza del 24 febbraio 2014, n. 11451.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 747


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S. DE MARCO - LIMITE SOGGETTIVO NELLIVA DI GRUPPO

semplicemente laver posto in essere operazioni imponibili.


Affermiamo, quindi, che lesclusione dellIVA di gruppo, quando la
controllante sia una societ di persone, ci appare in netto contrasto
con il principio di uguaglianza. Non si individuano, infatti, ragioni
logiche e giuridiche che possano circoscrivere linterpretazione alle
sole societ di capitali.
Tale limitazione soggettiva, per essere ammissibile, dovrebbe trovare
giustificazione, cos come previsto dalla Direttiva 2006/112/CE, nellinte-
resse dello Stato di adottare misure volte a prevenire lelusione o levasione
fiscale. Ma anche in tale circostanza, ci sembra che i limiti temporali posti
per lespletamento dellIVA di gruppo, siano gi una chiara limitazione
antielusiva45, sorta con la finalit di evitare che gruppi legati occasional-
mente possano usufruire del beneficio della compensazione dei crediti e
debiti IVA in capo alla fiscal unity. Ma, presupponendo che possa ricorrere
anche tale ipotesi (evasione o elusione), lAmministrazione finanziaria, con i
documenti di prassi, non pu accogliere tale limitazione soggettiva sic et
simpliciter, ma dovrebbe ascoltare in contraddittorio il contribuente / fiscal
unity46. E, comunque, qualsiasi misura nazionale, volta a recepire tale
limitazione, deve tener conto dei principi di proporzionalit e ragionevo-
lezza, oltre che della neutralit.
Ebbene, la proporzionalit e la ragionevolezza47, principi ben distinti,
dovrebbero rappresentare i parametri di riferimento della Pubblica ammi-
nistrazione, il cui operato dovrebbe essere costantemente proporzionato
allobiettivo perseguito dalla norma, arrecando il minor sacrificio al
contribuente.

45
Nondimeno, importante sottolineare che, con la finalit di limitare le possibili frodi
fiscali, i crediti maturati dalle dichiarazioni annuali debbono essere garantiti cos come
previsto dallart. 38-bis, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972.
46
Cfr. Grandinetti, IVA di gruppo: dalla Corte di Giustizia UE le guidelines per il legislatore
delegato nazionale, cit., pag. 131, propone che si potrebbe prevedere una istanza di interpello
obbligatoria che non permetta di aderire al regime dellIVA di gruppo per i soggetti non passivi,
senza aver ottenuto il parere favorevole dellAmministrazione finanziaria, potrebbe prospet-
tare dei profili di non proporzionalit della disposizione interna rispetto allobbiettivo che si
proporrebbe la disciplina nazionale, vale a dire impedire levasione e lelusione fiscale.
47
Talvolta, per, il principio di proporzionalit richiamato dalla giurisprudenza uni-
tamente al principio di ragionevolezza, o in alcune circostanze addirittura utilizzato come
sinonimo, invece, cos come previsto nellart. 1 della Legge n. 241/1990, si tratta di due principi
distinti, e la ragionevolezza rappresenta un canone del principio di proporzionalit. Come
giustamente stato osservato, in dottrina, Serran, ult. op. loco cit., pag. 879, sottolinea che ci
sia tra la proporzionalit e la ragionevolezza un rapporto tra species e genus, in realt la
ragionevolezza pondera la logicit e congruit della scelta operata, laddove il principio di
proporzionalit implica una valutazione ed un contemperamento tra interesse pubblico
perseguito e diritto privato. I principi di proporzionalit e ragionevolezza sottendono alle
valutazioni discrezionali operate dalla Pubblica amministrazione, nel rispetto
dellimparzialit e del buon andamento (art. 97 Cost.).

748 - Rassegna Tributaria 3/2016


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4. La funzione del controllo nellIVA di gruppo - Il gruppo ed il controllo, pur


essendo due fenomeni distinti esprimono lidea della pluralit nella
unitariet, riscontrabile nella realt socio-economica48. Il controllo,
cio la posizione di potere, rappresenta la condizione necessaria ma
non sufficiente affinch un gruppo si costituisca49.
In altri termini, il gruppo ed il controllo rappresentano due momenti
diversi del fenomeno. Il controllo la posizione di potere nellambito delle
singole organizzazioni che esso esprime, il momento strumentale. Il
gruppo, e cio il rapporto che ne consegue fra le organizzazioni stesse, il
momento finale50.
importante chiarire che la nozione di controllo di cui allart. 2359 c.c.,
stata recepita nellIVA di gruppo in modo molto ristretto, generando, cos
come di seguito esporremo, una significativa divergenza tra nozione civili-
stica e fiscale. In via del tutto generale, ricordiamo che, sotto il profilo civile,
il controllo disciplinato dallart. 2359 c.c. presuppone51:
al comma 1 un controllo interno di diritto in cui la societ (control-
lante) disponga della maggioranza dei voti esercitabili nellassemblea
ordinaria;
al comma 2 un controllo interno di fatto, in cui la societ (controllante)
dispone dei voti sufficienti per esercitare uninfluenza dominante nellas-
semblea ordinaria;
al comma 3 un controllo esterno di fatto, in cui le societ hanno
uninfluenza dominante in relazione a particolari vincoli contrattuali.
Partendo dal dato normativo, necessario formulare alcune osserva-
zioni: nel caso specifico dellIVA di gruppo, sia lart. 73 T.U.I.R. comma 3, sia
il D.M. 13 dicembre 1979, precisano che si considera controllata la societ
le cui azioni o quote sono possedute dallaltra per oltre la met fin dallinizio
dellanno solare ..... la percentuale calcolata senza tener conto delle azioni

48
Cos Marino, Contributo allo studio dei rapporti di gruppo attraverso le relazioni di
controllo, cit., pag. 547.
49
Per maggiori approfondimenti sulla distinzione di gruppo e controllo si vedano, tra gli
altri, Marchetti, Note sulla nozione di controllo nella legislazione speciale, in Riv. soc., 1992,
pag. 1; Di Sabato, Diritto delle societ, Milano, 2005, pag. 563; Graziani, Minervini, Belviso,
Santoro, Manuale di Diritto Commerciale, Padova, 2013, pag. 297; Boggio, Lorganizzazione ed
il controllo della gestione finanziaria nei gruppi di societ (non quotate), in Societ, Banche e
Crisi DImpresa, in Campobasso - Cariello - Di Cataldo - Guerrera - Sciarrone Alibrandi (diretto
da), Liber amicorum Pietro Abbadessa, Torino, 2014, pag. 1481.
50
Cos Marino, op. ult. cit., pag. 547.
51
Si vedano Fantozzi - Paparella, Lezioni di Diritto tributario dellImpresa, Padova, 2014,
pag. 302, i quali a tal proposito affermano che tale impostazione preclude la possibilit di
riconoscere al gruppo una dimensione sistematica compiuta nellordinamento tributario per
cui sembra preferibile la conclusione che individua la ratio delle distinte fattispecie in cui esso
assume rilievo principalmente nellesigenza di evitare una penalizzazione alle strutture pluri-
soggettive dellimpresa, riconoscendo una particolare rilevanza dellattivit di controllo, di
direzione e di coordinamento.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 749


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S. DE MARCO - LIMITE SOGGETTIVO NELLIVA DI GRUPPO

prive del diritto al voto. Ne consegue che, il legislatore, sebbene abbia fatto
riferimento alla disciplina civilistica di cui allart. 2359 c.c., labbia recepita
solo parzialmente, giacch la disciplina dellIVA di gruppo postula una
nozione di gruppo differente da quella di cui allart. 2359 c.c.
A questo punto ci si interroga su quale sia il tipo di controllo acquisito
nella disciplina dellIVA di gruppo ed in particolare nella fattispecie in esame.
Senza indugiare sullinfluenza dominante della societ controllante su
di unaltra societ, in relazione (alle azioni o quote possedute) o a particolari
vincoli contrattuali, nel caso specifico ci sembra che il legislatore (nazio-
nale) abbia ricostruito la disciplina del controllo in ambito IVA, attribuendo
particolare importanza al rapporto patrimoniale, tale da consentire la
compenetrazione degli imponibili.
A dissipare qualche dubbio intervenuta la C.M. 28 febbraio 1986, n. 16,
la quale chiarisce che, tra le varie modalit di controllo, quella di certo non
recepita dal legislatore tributario quella del controllo di fatto di cui al
comma 3, dellart. 2359 c.c.
Ed infatti, tra le diverse forme di controllo, la nozione adottata ai fini
IVA, sembra senzaltro il controllo di diritto o organico che nel caso specifico
trova la sua ratio nellinteresse delle singole societ di portare in compensa-
zione crediti e debiti IVA e non postula necessariamente la realizzazione di
un interesse ulteriore, attraverso laggregazione52.
Come detto precedentemente, lIVA di gruppo, in ambito nazionale, ha
recepito solo parzialmente la disciplina comunitaria, poich, la normativa
nazionale, pur mantenendo la soggettivit passiva dimposta di ciascuna
societ appartenente al gruppo, consente, con il regime opzionale dellIVA di
gruppo, in presenza di un rapporto di controllo, di semplificare gli adempi-
menti fiscali delle controllate, portando in compensazione i crediti ed i
debiti IVA. La compenetrazione degli imponibili, in capo alla societ con-
trollante, comporta che le controllate, per effetto del consolidamento, non
dispongono pi dei crediti e debiti IVA, poich la controllante dovr liqui-
dare e versare allErario lammontare netto complessivo e gestire le even-
tuali eccedenze unitarie53, per cui, in ambito nazionale, lIVA di gruppo
assume il connotato della liquidazione di gruppo.

52
Cfr. Marino, ult. op. loco cit., pag. 549.
53
Cfr. Ricci, IVA di gruppo: la mancanza di soggettivit salva la normativa italiana dalla
censura comunitaria, cit., pag. 1004, la quale rileva come la disciplina nazionale, dunque,
introduce un regime facoltativo, applicabile solamente in presenza di un rapporto di controllo
societario definito in modo pi ristretto rispetto alle nozione civilistica; un regime che non
comporta affatto il superamento della soggettivit tributaria delle societ controllate e con-
trollanti, che conservano la loro autonomia e indipendenza, ma si limita ad offrire un mezzo
semplificato di recupero delle eccedenze di credito, mediante la compensazione fra i debiti e i
crediti dimposta emergenti dalle liquidazioni e dichiarazioni delle societ legate da particolari
vincoli di controllo. A questo si aggiunge un privilegio di ordine sostanziale, direttamente
attinente al regime fiscale degli scambi interni al gruppo. Per queste operazioni, infatti, viene a

750 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA

Ma, affinch si possa parlare di consolidamento, lart. 3 del Decreto


attuativo (D.M. 13 dicembre 1979) chiarisce che la societ controllante, nel
comunicare allAgenzia delle entrate competente per territorio lopzione per
il consolidato IVA, dovr indicare la sussistenza del requisito di cui al
comma 1 dellart. 254, specificando la percentuale di possesso, e da quale
data, delle azioni o quote delle societ controllate. Queste brevi premesse ci
inducono a riflettere e a chiederci se il termine possesso, che rappresenta il
vincolo di partecipazioni di azioni o quote munite di diritto di volto per oltre
il 50% del capitale sociale, vada inteso congiuntamente al diritto di voto cos
come sancito al comma 1 dellart. 2359 c.c., oppure se, nel caso specifico, il
possesso vada riferito semplicemente alla titolarit dei titoli.
Stante il dato letterale e la ratio della norma tributaria, riteniamo che,
nel caso specifico, sia necessario il possesso qualificato delle azioni o quote,
congiuntamente al diritto di voto55, pertanto, ai fini del controllo dellIVA di
gruppo, il possesso deve essere circoscritto alle situazioni in cui sussiste la
titolarit delle azioni unitamente al diritto di voto56.
Come giustamente affermato in dottrina57, bisogna osservare che
quindi la natura agevolativa della norma che impone uninterpretazione
ristretta del controllo, rispetto alla visione giuscommercialistica estesa
anche alle ipotesi di dissociazione tra titolarit delle azioni e diritto di
voto. Nel caso in esame, la creazione del gruppo, attraverso una relazione

realizzarsi un regime di sospensione del tributo, il cui prelievo viene rinviato fino alla fase di
scambio con il consumatore finale, o comunque, con un soggetto esterno al gruppo. Bench tale
regime di sospensione non incida direttamente sulla misura del tributo complessivamente
dovuto, produce, tuttavia, un notevole beneficio finanziario per il gruppo stesso.
54
Lart. 2 del D.M. 13 dicembre 1979, cos dispone: si considera controllata la societ le
cui azioni o quote sono possedute dallaltra per oltre la meta fin dallinizio dellanno solare
precedente.
55
Cfr. Ricci, La proposta di Direttiva sulla CCCTB: profili soggettivi, base imponibile e
suo consolidamento, in Riv. trim. dir. trib., n. 4/2012, pag. 1031, la quale evidenzia che con
riguardo, ad esempio, al requisito del controllo, lammissione al regime di tassazione unitaria
subordinata, in taluni Stati (Regno Unito, Olanda, Francia e Spagna), al criterio della parte-
cipazione al capitale sociale; in altri (Italia, Germania e Danimarca), anche allulteriore
requisito del controllo dei diritti di voto in assemblea. Negli Stati UE, inoltre, la percentuale
di partecipazione varia dal 50% al 100% e il possesso pu essere diretto o indiretto.
56
Si vedano Marino, La relazione di controllo nel diritto tributario. Analisi interdisciplinare
e ricostruzione sistematica, cit., pag. 249; Belli Contarini, Il requisito del controllo rilevante ai
fini dellopzione per lIVA di gruppo, in Riv. dir. trib., n. 1/2014, pag. 796, il quale sostiene che
diversamente, ai fini IVA, in virt di uninterpretazione letterale e sistematica, sia a livello
domestico sia comunitario, dalla normativa di riferimento, si pu concludere che la possibilit
di beneficiare del consolidato IVA deve essere riconosciuta in presenza di un preciso vincolo
che deve collegare strettamente la societ partecipante con la partecipata. necessario cio, il
ricorso congiunto, da un lato, del possesso qualificato (oltre la met del capitale) delle azioni o
quote, da intendere nel significato attribuito da Codice civile, dallaltro lato, della disponibilit
del relativo diritto di voto, senza possibilit di dissociazione tra i predetti elementi.
57
Cos Marino, La relazione di controllo nel diritto tributario. Analisi interdisciplinare e
ricostruzione sistematica, cit., pag. 249.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 751


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S. DE MARCO - LIMITE SOGGETTIVO NELLIVA DI GRUPPO

di controllo, non ha come finalit leliminazione della doppia imposizione,


ma il consolidamento finanziario, realizzando dei benefici maggiori,
rispetto a quelli ottenuti singolarmente, se il fenomeno di gruppo un
fenomeno di aggregazione di imprese per la realizzazione di un programma
economico comune e ulteriore rispetto a quello realizzabile attraverso le
imprese singole e precisamente un fenomeno di aggregazione che trova il
suo fondamento in un contratto, da un punto di vista teorico chiaro che il
fenomeno non necessariamente legato alle imprese costituite in forma di
societ per azioni58.
In considerazione delle osservazioni svolte, concordiamo con la
Suprema Corte che la normativa IVA sul fenomeno giuridico di gruppo,
cos come definito dal D.M. n. 24/1979, ipotizza una nozione di gruppo
diversa da quella definita dallart. 2359 c.c. ... pertanto va disattesa la tesi
dellUfficio per cui la controllante non pu essere una societ di persone, in
quanto non obbligata alla tenuta di determinati libri sociali e, quindi, non in
possesso delle prerogative previste per le societ controllanti e controllate.

5. Considerazioni conclusive - Tirando le fila di quanto argomentato, pos-


siamo rilevare che la sentenza in oggetto, molto interessante per laccu-
ratezza e la fondatezza delle motivazioni svolte. Il riconoscimento alle
societ di persone, previa opzione, di poter assumere anche il ruolo di
societ controllante, ha rappresentato uninteressante, sistematica e coe-
rente chiave interpretativa dellapplicazione dellIVA di gruppo.
Tale interpretazione risulta, tra laltro, in linea con la posizione espressa
dalla Direttiva 2006/112/CE e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia
UE, in cui lAvvocato Generale UE, nelle conclusioni rese nella sentenza
Skandia America Corporation USA59, precisa che nellart. 11 della
Direttiva 2006/112/CE, la locuzione persona, deve essere interpretata
nel suo senso ordinario, ossia come un ente che gode di personalit
giuridica, vale a dire una persona fisica o giuridica.
Certamente non si pu accogliere la tesi che la limitazione alle societ di
capitali si avrebbe in coerenza con il consolidato fiscale di cui allart. 117
T.U.I.R., poich, come detto precedentemente, lIVA di gruppo ha una
finalit meramente liquidatoria ed, inoltre, si differisce anche per ci che
riguarda lambito soggettivo di applicazione, oltre che del prelievo; non si
pu neanche accettare che la contabilit delle societ di capitali, essendo pi
rigorosa rispetto a quella delle societ di persone limiterebbe fenomeni di
frode fiscale.
importante evidenziare che il soggetto passivo ai fini IVA, cos come
definito nellart. 9, comma 1, della Direttiva 2006/112/CE chiunque
esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, una attivit economica,

58
Cos Marino, Contributo allo studio attraverso le relazioni di controllo, cit., pag. 550.
59
Cfr. causa C-7/13, par. 45.

752 - Rassegna Tributaria 3/2016


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indipendentemente dallo scopo e dai risultati di detta attivit. Ne consegue


che soggetto passivo IVA pu essere chiunque svolga unattivit econo-
mica, indipendentemente dalla veste giuridica prescelta, nel rispetto del
principio di neutralit del tributo, di uguaglianza, proporzionalit e
ragionevolezza.
Secondo lorientamento giurisprudenziale della Corte UE, i limiti posti
dalla disciplina nazionale sono plausibili solo se hanno una finalit anti-
elusiva. Nel caso in esame, il limite antielusivo posto dalla normativa
nazionale il limite temporale, ma non di certo la differenziazione tra i
soggetti passivi, in relazione alla veste giuridica assunta; per cui, ai fini della
corretta applicazione dellIVA di gruppo, importante evidenziare che, il
presupposto essenziale sarebbe soltanto quello di assicurare leffettivit del
legame tra le societ, al fine di escludere che la partecipazione sia finalizzata
soltanto allo scopo di usufruire della detrazione di crediti IVA60.
In altri termini, riteniamo che la disparit di trattamento tra soggetti
passivi IVA, diversi sotto il profilo della veste giuridica assunta, ma che
operano nello stesso mercato, ponendo in essere operazioni imponibili IVA,
non trova alcuna giustificazione in un interesse pubblico da tutelare.
Il principio di non discriminazione61 nellalveo del principio di ugua-
glianza, rappresenta, infatti - come stato detto - solo uno strumento di
eliminazione delle asimmetrie fiscali che, sul piano soggettivo, si frappon-
gono alla realizzazione del mercato interno e alloperare della concorrenza
secondo lo schema liberista62.

SANTA DE MARCO
Ricercatore t.d. di Diritto Tributario
Universit di Messina

60
Cos Cass., sentenza 13 marzo 2009, n. 6105.
61
Si veda Ficari, La non discriminazione nella liquidazione IVA di gruppo comunitario,
in Corr. Trib., 2003, pag. 788.
62
Cos Gallo, Le ragioni del fisco, Bologna, 2011, pag. 137.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 753


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GIURISPRUDENZA

PENALE TRIBUTARIA
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3 CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, sentenza n. 1355 del 15


gennaio 2016, Pres. Franco - Est. Di Stasi

Reati finanziari e tributari (in genere) - Circostanze attenuanti -


Circostanza attenuante del pagamento del debito tributario - Art. 13
D.Lgs. n. 74/2000 (oggi art. 13, comma 3, e art. 13-bis D.Lgs. n. 74/2000) -
Presupposti - Integrale estinzione del debito dimposta

Anche in caso di procedure conciliative o di adesione, presupposto della


applicabilit della circostanza attenuante di cui allart. 13 D.Lgs. n. 74/2000
(nella formulazione antecedente alla modifica apportata dal D.Lgs. 24 settem-
bre 2015, n. 158, applicabile ratione temporis alla presente fattispecie)
lintervenuta integrale estinzione del debito dimposta, non essendo sufficiente
la mera ammissione al provvedimento di rateazione intervenuta prima della
dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Omissis.

RITENUTO IN FATTO - 1. Il Tribunale di Chiavari in data 13.11.2012,


pronunciando nei confronti dellodierno ricorrente G.G., lo dichiarava respon-
sabile del reato di cui allart. 2 D.Lgs. n. 74/2000 per aver utilizzato, nella qualit
di legale rappresentante della Imperiale s.r.l., fatture relative ad operazioni
inesistenti al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto in
relazione allanno 2007 e lo condannava alla pena di anni 3 e mesi 6 di
reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali ed alle pene accessorie
di legge.
Con sentenza del 26.3.2014, la Corte dAppello di Genova, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Chiavari, appellata dallimputato, con-
cedeva al predetto le attenuanti generiche, riduceva la pena ad anni 1 di
reclusione ed escludeva la pena accessoria della pubblicazione della sentenza
sul giornale (Omissis).
Avverso tale sentenza ha proposto personalmente ricorso per cassazione
G.G., articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari
per la motivazione, come disposto dallart. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
a. Violazione dellart. 606, comma 1, lett. c) c.p.p. con riferimento al disposto
dellart. 195 c.p.p.
Il ricorrente deduce che la Corte territoriale ha ritenuto pienamente utiliz-
zabili le dichiarazioni de relato rese dal teste Maresciallo B. sullerrata afferma-
zione che al fascicolo del dibattimento erano stati acquisiti anche atti e
dichiarazioni di terzi. Argomenta, quindi, che tali atti e dichiarazioni sono stati
assunti in violazione dellart. 195 c.p.p. e sono, pertanto, inutilizzabili, al pari
delle dichiarazioni rese dal teste nella parte in cui riferiscono del contenuto di
interrogatori svolti da terzi.
b. Violazione dellart. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 757


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L. MAGNANINI - RATEIZZAZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO

Il ricorrente deduce che la sentenza impugnata sarebbe priva di motiva-


zione, in quanto laffermazione di responsabilit dellimputato si basa esclusi-
vamente delle dichiarazioni rese dal teste Maresciallo B., dichiarazioni
inutilizzabili perch assunte in violazione dellart. 195 c.p.p.
c. Violazione dellart. 606, comma 1, lett. a) c.p.p. in relazione allart. 2,
comma 3, D.Lgs. n. 74/2000.
Il ricorrente deduce lomessa motivazione da parte della Corte territoriale in
ordine alla falsit delle fatture oggetto di contestazione. Aggiunge che, ove si
volesse ritenere valida lassunzione delle dichiarazioni de relato rese dal teste
B., emergerebbe una violazione che non supera nel massimo il valore di euro
154.937,07 e che la condotta, riferibile a fatti relativi allanno 2007, integrerebbe
la fattispecie attenuata di cui allart. 2, comma 3, D.Lgs. n. 74/2000.
d. Violazione dellart. 606, comma 1, lett. a) c.p.p. con riferimento allart. 13
D.Lgs. n. 74/2000.
Il ricorrente deduce che prima dellinizio del dibattimento era intervenuto
accordo con lAgenzia delle entrate per il pagamento rateale di una somma sulla
base delle speciali procedure previste in via amministrativa e che era stato
effettuato un parziale pagamento della somma concordata.
Invoca, pertanto, lapplicazione dellart. 13 D.Lgs. n. 74/2000 attraverso
una interpretazione estensiva della norma, deducendo che lintenzione del
legislatore nella predetta previsione normativa anche a seguito delle spe-
ciali procedure conciliative o di adesione allaccertamento previste dalle
norme tributarie comprenderebbe nel concetto di estinzione anche lo stesso
piano di ammortamento concordato con lAgenzia delle entrate e non sola-
mente lesaurimento o estinzione di tali procedure prima dellapertura del
dibattimento di primo grado.
2. Chiede, pertanto, lannullamento della decisione impugnata, con le
conseguenti statuizioni di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO - 1. infondato il primo motivo di ricorso.


Come emerge chiaramente dalla lettura di pag. 1 della sentenza impugnata,
il Maresciallo capo B. della Guardia di Finanza di Rapallo ha riferito in dibatti-
mento, innanzitutto, circa lattivit dindagine da lui stesso coordinata e scaturita
da una verifica dellAgenzia Generale delle entrate di Rapallo relativa a diverse
fatture indicate nel Mod. UNICO 2007 dalla Societ Imperiale s.r.l., fatture che
risultavano emesse da soggetti che non avevano rapporti con la predetta
societ e che non risultavano negli elenchi clienti/fornitori.
Una simile deposizione si pone ben al di l dei limiti di operativit del divieto
di cui allart. 195 c.p.p., comma 4, limiti definiti dallespresso riferimento della
disposizione in parola alle ... dichiarazioni acquisite dai testimoni ... (cfr. Sez. 2,
21 settembre 2010, Miele, n. 36286, Rv. 248536). In altri termini, il summenzio-
nato ufficiale di polizia giudiziaria, nel riportare le risultanze delle indagini svolte,
non ha esposto il contenuto di testimonianze nel senso proprio e tecnico del
termine, ma ha semplicemente portato a conoscenza dellAutorit giudiziaria

758 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUTARIA

procedente i dati reperiti a seguito dello svolgimento dellattivit di indagine


delegata.
Del resto, questa Suprema Corte ha gi avuto modo di escludere
lapplicabilit dellart. 195 c.p.p., comma 4, alle informazioni trasmesse da
altri agenti o ufficiali di P.G., attivi nello stesso contesto investigativo (cfr. sent.
n. 36286 del 2010) affermando il principio di diritto in base al quale il divieto di
testimonianza indiretta previsto per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria
dallart. 195, comma 4, c.p.p. non si applica nellipotesi in cui il verbalizzante
riferisca sulle attivit di indagine svolte da altri ufficiali o agenti di P.G. nello stesso
contesto investigativo.
Diversamente a dirsi per quanto attiene, invece, alle dichiarazioni raccolte,
durante lattivit di indagine, dai soggetti titolari delle ditte che risultavano
emittenti le fatture utilizzate dallimputato.
Tali dichiarazioni non potevano essere utilizzate a fondamento della deci-
sione, atteso il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali e agenti di polizia
giudiziaria di cui al comma 4 dellart. 195 c.p.p., che si riferisce tanto alle
dichiarazioni che siano state ritualmente assunte e documentate, quanto ai
casi nei quali la polizia giudiziaria non abbia provveduto alla redazione del
relativo verbale (cfr. Sez. F., n. 38560/2014, Rv. 261470).
La decisione impugnata, per, non si fonda su tali dichiarazioni, ma
sullanalisi e valutazione delle fatture acquisite agli atti, sia quelle emesse
dallimputato che quelle rinvenute presso le ditte presunte emittenti (cfr.
pag. 2 della sentenza impugnata, dove si d rilievo, al fine di ritenere
provata lemissione delle fatture per operazioni inesistenti, alla diversa
veste grafica delle fatture, alla non rispondenza tra il numero della fattura
utilizzata dallimputato e quella rinvenuta presso le ditte presunte emittenti
ed emessa verso terzi estranei ed al mancato pagamento delle prestazioni
da parte dellimputato).
La censura proposta, pertanto, non merita accoglimento.
2. Il secondo motivo di ricorso, basato sullaccoglimento del primo motivo -
gi valutato infondato - risulta, conseguentemente, anchesso infondato.
3. Il terzo motivo di ricorso manifestamente infondato.
La corte territoriale ha diffusamente argomentato in ordine alla falsit delle
fatture ed allimporto complessivo delle stesse (pag. 2 e 3), con motivazione
congrua e priva di vizi logici e, pertanto, esente da censure in questa sede di
legittimit.
Corretta anche la motivazione in ordine alla non configurabilit della
ipotesi attenuata prevista dallart. 2 comma 3 del D.Lgs. n. 74/2000 (comma
abrogato dal D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla
Legge 14 settembre 2011, n. 148 ma in astratto applicabile alla fattispecie
esaminata in quanto relativa a reato consumato prima del 17.9.2011) atteso
limporto complessivo delle fatture emesse per operazioni inesistenti, che risulta
superiore alla soglia di punibilit di euro 154.937,07.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 759


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L. MAGNANINI - RATEIZZAZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO

La critica del ricorrente, inoltre, sul punto generica e meramente assertiva


e, quindi, priva di concretezza.
4. manifestamente infondato il quarto motivo di ricorso.
Il D.Lgs. n. 74/2000, prevedendo allart. 13 (nella formulazione antecedente
alla modifica apportata dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, applicabile ratione
temporis alla presente fattispecie), la circostanza attenuante speciale del
pagamento del debito tributario, ha disposto che le pene previste per i delitti
di cui allo stesso Decreto siano diminuite fino alla met e che non si applichino le
pene accessorie indicate nellart. 12, se, prima della dichiarazione di apertura
del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti
medesimi siano stati estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali
procedure conciliative o di adesione allaccertamento previste dalle norme
tributarie.
il dettato stesso della norma, laddove si richiede appunto la estin-
zione del debito, a far ritenere che presupposto necessario del trattamento
sanzionatorio pi favorevole sia lintegrale pagamento di quanto dovuto
allErario, non essendo, invece, sufficiente la mera ammissione al provve-
dimento di rateazione intervenuta prima della dichiarazione di apertura del
dibattimento.
Del resto - com stato ripetutamente sottolineato da questa Corte di
legittimit (cfr. ex plurimis sent. n. 37748/2014) anche sotto il profilo della
ratio della norma, la condotta meritevole del trattamento premiale solo quella
effettivamente idonea ad apportare un beneficio in termini patrimoniali
allErario, non apparendo significativo sotto tale profilo il mero provvedimento
di ammissione alla rateazione posto che linteressato, una volta ammesso alla
rateazione, ben potrebbe restare inadempiente rispetto al pagamento delle
singole rate.
Va, quindi, ribadito il principio di diritto in base al quale anche in caso di
procedure conciliative o di adesione, presupposto della applicabilit della circo-
stanza attenuante di cui allart. 13 D.Lgs. n. 74/2000 (nella formulazione ante-
cedente alla modifica apportata dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158,
applicabile ratione temporis alla presente fattispecie) lintervenuta integrale
estinzione del debito dimposta (cfr. Sez. 3, n. 30580 del 13.5.2004, Pisciotta, Rv.
229355; conf. Sez. 3, n. 176 del 5.7.2012, dep. 7.1.2013, Zorzi, Rv. 254146; Sez.
3, n. 5681 del 27.11.2013, Crocco, Rv. 258691; Sez. 3, n. 37748 del 16.7.2014,
Rv. 260189; Sez. 3, n. 26464 del 19/02/2014, Rv. 259299; Sez. 3, n. 11352 del
10/02/2015, Rv. 262784).
Correttamente, pertanto, nella sentenza impugnata si valutava infondata la
tesi difensiva avente ad oggetto lapplicabilit della circostanza attenuante di cui
allart. 13 del D.Lgs. n. 74/2000 in questione, stante lirrilevanza dellintervenuto
accordo con lAgenzia delle entrate in considerazione del parziale pagamento
della somma concordata.
5. Il ricorso, pertanto, va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali, ai sensi dellart. 616 c.p.p. - Omissis.

760 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUTARIA

Lattenuante del pagamento del debito tributario mediante rateizza-


zione: orientamenti giurisprudenziali e profili di incostituzionalit

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La circostanza attenuante del pagamento del debito


tributario - 3. Gli antecedenti. Lorientamento consolidato della giurisprudenza di
legittimit - 4. Riflessioni sulla compatibilit dellorientamento giurisprudenziale
consolidato con la riforma dei reati tributari (D.Lgs. n. 158/2015) e profili di
incostituzionalit del nuovo art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 74/2000 - 5. Osservazioni
conclusive.

1. Premessa - La sentenza della Suprema Corte in esame tratta il tema


dellapplicazione della circostanza attenuante del pagamento del debito
tributario di cui allart. 13 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (nella formulazione
antecedente alla modifica apportata dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158).
In particolare, essa si inserisce nel solco gi tracciato dalla stessa giurispru-
denza di legittimit in plurime occasioni a far data dallentrata in vigore del
D.Lgs. n. 74/2000, ribadendo, con una motivazione sintetica e di mero
richiamo, che, in tema di reati finanziari e tributari, tale attenuante speciale
non applicabile in caso di adesione allaccertamento, nonch nel caso di
rateizzazione del debito dimposta gi iscritto a ruolo e indicato nella
cartella di pagamento, atteso che il suo riconoscimento subordinato
allintegrale ed effettiva estinzione dellobbligazione tributaria mediante il
pagamento, anche in caso di esperimento delle speciali procedure concilia-
tive previste dalla normativa fiscale.
Premessa unanalisi della fattispecie nonch dellorientamento pretorio
ormai consolidato sul tema, nonostante alcune criticit che il dato norma-
tivo potrebbe sollecitare, si tenter di dimostrare lattualit della giurispru-
denza consolidatasi sotto la vigenza della normativa previgente - della quale
la pronuncia in esame si occupa -, dal momento che, per quanto concerne la
nostra disamina, il dettato dei nuovi artt. 13 e 13-bis D.Lgs. n. 74/2000, come
risultanti dalla riforma del D.Lgs. n. 158/2015, non muta i termini della
questione affrontata.

2. La circostanza attenuante del pagamento del debito tributario - Come noto,


lart. 131, unitamente allart. 14, ha rappresentato, dalla sua introduzione

1
Sulle circostanze attenuanti nel diritto penale tributario, in particolare sullart. 13 D.Lgs.
n. 74/2000, cfr. G. Bellagamba - G. Cariti, Il sistema delle sanzioni tributarie. I reati tributari. Le
sanzioni amministrative tributarie, 2a ediz., Milano, 2011, pag. 219; G. Caputi, Le circostanze
attenuanti nel nuovo diritto penale tributario, in Riv. Guardia Fin., 2000, pag. 2021; A. Di
Amato, Le linee ispiratrici della riforma e la parte generale del diritto penale tributario, in
A. Di Amato - R. Pisano, Trattato di diritto penale dellimpresa, VII, I reati tributari, Padova, 2002,
pag. 259; S. Gennai - A. Traversi, I delitti tributari. Profili sostanziali e processuali, 2a ediz.,
Milano, 2011, pag. 185; G. Izzo, Risarcimento del danno e riparazione delloffesa nella riforma
dei reati tributari, in il fisco, 2000, pag. 7022; A. Martini, Reati in materia di finanza e tributi,

Rassegna Tributaria 3/2016 - 761


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L. MAGNANINI - RATEIZZAZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO

nellordito del D.Lgs. n. 74/2000, linveramento della generica previsione di


meccanismi premiali idonei a favorire il risarcimento del danno2 dettata
dallart. 9, comma 2, lett. e) della Legge delega 25 giugno 1999, n. 205. A
fronte dellampio margine offerto dalla delega, si preferito configurare la
condotta risarcitoria come circostanza attenuante di portata comune a tutto
il diritto penale tributario, anzich elevarla a causa di estinzione del reato o
esclusione della punibilit3, nel timore che una tale scelta avrebbe consen-
tito al contribuente di monetizzare il rischio della responsabilit penale,
barattando, sulla base di un freddo calcolo, la certezza del vantaggio pre-
sente con leventualit di un risarcimento futuro privo di stigma criminale4.
Lart. 13 D.Lgs. n. 74/2000, per quanto qui interessa, stabilisce la
diminuzione della pena fino ad un terzo e la non applicazione delle
pene accessorie previste dallart. 12 qualora, prima della dichiarazione
di apertura del dibattimento di primo grado (art. 492 c.p.p.)5, i debiti
tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi, comprese

in C.F. Grosso, T. Padovani e A. Pagliaro (diretto da), Trattato di diritto penale. Parte speciale,
XVII, Milano, 2010, pag. 208; E. Mastrogiacomo, sub art. 13, in I. Caraccioli, A. Giarda e
A. Lanzi (a cura di), Diritto e procedura penale tributaria (Commentario al Decreto legislativo 10
marzo 2000, n. 74), Padova, 2001, pag. 381; E. Musco - F. Ardito, Diritto penale tributario, 2a
ediz., Bologna, 2013, pag. 59; G. Pezzuto, Le circostanze attenuanti connesse al pagamento del
debito tributario ed allequa riparazione delloffesa (Artt. 13 e 14), in E. Musco (a cura di),
Diritto penale tributario, 3a ediz., Milano, 2002, pag. 281; M. Pierro, Luso premiale delle
sanzioni tributarie e la crisi del principio di specialit, in Riv. trim. dir. trib., 2014, pag. 679;
P. Rossi, Gli effetti dei meccanismi premiali sulla punibilit in sede penale tributaria, in Boll.
trib., 2001, pag. 1307; G.L. Soana, I reati tributari, 3a ediz., Milano, 2013, pag. 435. V., inoltre, la
circolare del Ministero delle Finanze n. 154/E del 4 agosto 2000, in il fisco, 2000, pag. 10071.
2
Per alcune considerazioni, D. Fondaroli, Illecito penale e riparazione del danno, Milano,
1999, pag. 535.
3
In questo senso, v., per tutti, I. Caraccioli, Attenuanti: la transazione si fa meno
appetibile, in Guida al diritto, n. 14/2000, pag. 85; Id., Lattenuante del pagamento del debito
tributario e la compensazione, in il fisco, 2000, pag. 11620; Id., Interpello - Istituti premiali -
Specialit fra sanzioni penali e sanzioni tributarie, ivi, 2001, pag. 4791.
4
Cfr. Relazione ministeriale, in il fisco, 2000, pag. 3164; A. Martini, Reati in materia di
finanza e tributi, cit., pag. 214, osserva che nel caso di specie [ p]revale [] la c.d. ragione
fiscale, rispetto ad esigenze che potremmo definire genericamente ispirate alla tutela general-
preventiva dellapparato sanzionatorio, considerato che lo specifico strumento politico
criminale dellattenuante appare evidentemente finalizzato ad invogliare il contribuente ad
adempimenti tardivi ma comunque preziosi per lamministrazione finanziaria, anche a costo
di riservargli un trattamento preferenziale che non sembra davvero meritato; E. Musco, voce
Reati tributari, in Enc. dir., Annali, I, 2007, pag. 1055, pur condividendo la motivazione della
Relazione, precisa che non si tratta di argomentazioni che giustificano lesistenza di una
circostanza del reato in senso tecnico-giuridico-penalistico.
5
Il pagamento deve, cio, avvenire entro il termine di cui allart. 491 c.p.p., ovvero al
massimo sbito dopo laccertamento della regolare costituzione delle parti (cfr., ex plurimis,
G. Bellagamba - G. Cariti, Il sistema delle sanzioni tributarie, cit., pag. 225). Tale termine, in linea
con le previsioni di cui allart. 62, n. 6, c.p., mira ad evitare lunghe sospensioni o rinvii del
dibattimento in prossimit della decisione, o comunque ad istruttoria avanzata, finalizzate ad
iniziative risarcitorie (Relazione ministeriale, cit., pag. 3165), nel rispetto dei princpi di

762 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUTARIA

sanzioni amministrative ed interessi, siano stati estinti mediante inte-


grale pagamento, anche a sguito delle speciali procedure conciliative o
di adesione allaccertamento previste dalla normativa fiscale. La for-
mula volutamente aperta utilizzata dal legislatore consente lautomatico
adattamento della norma ad eventuali nuovi istituti premiali di futura
introduzione nellordinamento tributario6. Ad oggi, in particolare, pos-
sono registrarsi i seguenti: laccertamento con adesione (o concordato),
disciplinato dagli artt. 1 e segg. D.Lgs. n. 218/19977; la rinuncia allim-
pugnazione dellavviso di accertamento o di liquidazione (o acquie-
scenza da parte del contribuente) di cui allart. 15 D.Lgs. n. 218/1997;
la conciliazione giudiziale ex art. 48 D.Lgs. n. 546/1992, cos come
sostituito dallart. 14, comma 1, D.Lgs. n. 218/1997; il ravvedimento
operoso ex art. 13 D.Lgs. n. 472/1997, cos come novellato dallart. 16,
comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 158/20158.
Tale effetto premiale, secondo la dottrina pressoch unanime9, si confi-
gura come una circostanza attenuante speciale, rispetto a quella comune di

concentrazione e immediatezza, che innervano il dibattimento penale. Se tale limite opera per i
procedimenti che seguono il rito ordinario, per quelli che si decidono dinanzi al G.U.P. con riti
alternativi cfr. E. Mastrogiacomo, sub art. 13, cit., pag. 410; in giurisprudenza, v., da ultimo,
Cass., Sez. III, 4 febbraio 2014, n. 5457, con commento di P. Corso, Estinzione del debito
tributario nei riti speciali, in Corr. Trib., 2014, pag. 1080. Cfr., altres, A. Giarda - M. Alloisio,
Le nuove cause di estinzione del reato e di esclusione della punibilit. Le circostanze del reato,
in A. Giarda, A. Perini e G. Varraso, La nuova giustizia penale tributaria. I reati - Il processo,
Padova, 2016, pag. 543, i quali, evidenziata limportanza della data del pagamento che dovr
perentoriamente rispettare i suddetti limiti temporali, rilevano come [l]o stesso non [possa]
dirsi per la prova del versamento che ben potr essere prodotta successivamente, logicamente,
non oltre il momento in cui il giudicante si ritirer per la decisione.
6
In dottrina v., per tutti, A. Di Amato, Le linee ispiratrici della riforma, cit., pag. 275. In
questo senso, v., inoltre, la Relazione ministeriale, cit., pag. 3165, nonch la circolare n. 154/E
del 4 agosto 2000, cit., pag. 10071. Per approfondimenti, si vedano P. Corso, Effetti penali degli
istituti deflattivi, in Rass. trib., 2015, pag. 461; V. Ficari - G. Scanu, Soglie di punibilit,
accordi deflativi e transazione fiscale, in Riv. dir. trib., 2014, I, pag. 937.
7
Per approfondimenti si veda S. Capolupo, Accertamento con adesione e responsabilit
penale, in Corr. Trib., 2011, pag. 4018, nonch, in generale, F. Gallo, La natura giuridica
dellaccertamento con adesione, in Riv. dir. trib., 2002, I, pag. 425.
8
Contra, tuttavia, I. Caraccioli, Attenuanti: la transazione si fa meno appetibile, cit., pag. 85;
V. Napoleoni, I fondamenti del nuovo diritto penale tributario, Milano, 2000, pag. 223, i quali
escludono lapplicabilit dellattenuante in esame al ravvedimento operoso, nonostante esso
sia specificamente menzionato sia dalla Relazione ministeriale, cit., pag. 3165, che dalla
circolare n. 154/E del 4 agosto 2000, cit., pag. 10071. Per approfondimenti in merito al
nuovo ravvedimento operoso e alla c.d. voluntary disclosure, v., per tutti, S. Galeazzi, Il
nuovo ravvedimento oneroso, in Riv. dir. trib., 2014, I, pag. 995; C. Glendi, Voluntary
disclosure: le ripide procedure (per il Purgatorio pi o meno salvifico o il suicidio sanzionatorio
del peccatore fiscale in via di non sempre spontaneo e totale pentimento), in Dir. prat. trib.,
2015, I, pag. 351; sul neointrodotto regime di c.d. adempimento collaborativo (o c.d. cooperative
compliance), F. Gallo, Brevi considerazioni sulla definizione di abuso del diritto e sul nuovo
regime del c.d. adempimento collaborativo, ivi, 2014, I, pag. 952.
9
Si veda, per tutti, A. Di Amato, Le linee ispiratrici della riforma, cit., pag. 265.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 763


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L. MAGNANINI - RATEIZZAZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO

cui allart. 62, n. 6, prima parte, c.p., ad effetto speciale10, in quanto com-
porta la diminuzione della pena sino alla met, estrinseca, poich integrata
da un comportamento diverso e temporalmente successivo rispetto a quello
caratterizzante il fatto di reato, e oggettiva, talch trova applicazione anche
laddove il pagamento venga effettuato da un terzo11. Ai fini della sua
concessione deve poi farsi luogo al bilanciamento ex art. 69 c.p. nel caso
di concorso eterogeneo.
Da ultimo, la recente riforma attuata dal D.Lgs. n. 158/201512 ha confi-
gurato il pagamento del debito tributario quale causa di non punibilit
(rectius: causa estintiva)13 di alcuni reati tributari allart. 1314 o, in

10
Originariamente era ad effetto speciale, poi resa ad effetto comune con lart. 2, comma
36-vicies semel, lett. i), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 conv., con modif., in Legge 14 settembre
2011, n. 148, ora riconfigurata ad effetto speciale. Sulle modifiche operate dalla c.d. Manovra di
Ferragosto (2011), v. A. Iorio, Reati tributari: attenuanti, patteggiamento e condizionale, in
Corr. Trib., 2011, pag. 3357.
11
Relazione ministeriale, cit., pag. 3165.
12
In merito ai nuovi artt. 13 e 13-bis D.Lgs. n. 74/2000, cfr. R. Amadeo, sub art. 13, in
C. Nocerino - S. Putinati (a cura di), La riforma dei reati tributari. Le novit del D.Lgs. n. 158/2015,
Torino, 2015, pag. 325; F. Colaianni - M. Monza, Commento agli artt. 13 e 13 bis del D,Lgs. 74/
2000 mod. D.Lgs. 158/2015, in I. Caraccioli (a cura di), I nuovi reati tributari. Commento al
D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, Milano, 2016, pag. 306; G. Gambogi, La riforma dei reati
tributari. Commento al Decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, Milano, 2016, pag. 379;
A. Giarda - M. Alloisio, Le nuove cause di estinzione del reato e di esclusione della punibilit, cit.,
pag. 435; S. Golino, Cause di non punibilit e circostanze del reato. Pagamento del debito
tributario, in I. Caraccioli (a cura di), I nuovi reati tributari, cit., pag. 325; A. Iorio - S. Mecca,
Nuovi rapporti tra pagamento del debito tributario e reati, in Corr. Trib., 2015, pag. 4463;
E. Mastrogiacomo, Commento agli artt. 13 e 13 bis D.Lgs. 74/2000 mod. D.Lgs. 158/2015, in
I. Caraccioli (a cura di), I nuovi reati tributari, cit., pag. 264; A. Perini, La riforma dei reati
tributari, in Dir. pen. proc., 2016, pag. 33; C. Santoriello - A. Perini, La riforma dei reati tributari
(D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158), Milano, 2015, pag. 75. Per ulteriori riflessioni,
V. Mastroiacovo, Riflessi penali delle definizioni consensuali tributarie e riflessi fiscali
delle definizioni bonarie delle vertenze penali, in Riv. dir. trib., 2015, I, pag. 143.
13
G. Gambogi, La riforma dei reati tributari, cit., pag. 380. Cfr., tuttavia, V. Mastroiacovo,
Riflessi penali delle definizioni consensuali tributarie, cit., pag. 158, la quale ricorda che la
disposizione proposta in sede di prima bozza parlava espressamente di causa di estinzione del
reato, anzich di causa di non punibilit.
14
In particolare, ai fini dellelevazione del pagamento a causa di non punibilit, i commi 1
e 2 del nuovo art. 13 D.Lgs. n. 74/2000 prendono in considerazione, rispettivamente, i reati di
omesso versamento delle ritenute dovute o certificate (art. 10-bis), omesso versamento di IVA
(art. 10-ter) e indebita compensazione (art. 10-quater, limitatamente allipotesi di cui al comma
1), da un lato, e i delitti di dichiarazione infedele (art. 4) e omessa dichiarazione (art. 5),
dallaltro. In particolare, in merito alle fattispecie di cui agli artt. 4 e 5, cfr. A. Giarda - M. Alloisio,
Le nuove cause di estinzione del reato e di esclusione della punibilit, cit., pag. 450, i quali,
considerata la Relazione n. III/05/2015 del 28 ottobre 2015 della Corte di cassazione, Ufficio del
Massimario, Settore penale, in www.cortedicassazione.it, pag. 44 - nella quale si richiede, in tali
casi, al soggetto un agere tempestivo e anticipatorio rispetto alla formale conoscenza di un
accertamento fiscale o di un procedimento penale -, si chiedono se non sarebbe stato pi
corretto inquadrare tale previsione quale ipotesi di desistenza volontaria, pi che definirla quale
causa di non punibilit [corsivo degli AA.].

764 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUTARIA

subordine, quale tradizionale circostanza attenuante - traslando il vecchio


art. 13 nel nuovo art. 13-bis, con la sola modifica dellentit della riduzione di
pena e laggiunta della clausola di riserva -, prevedendo peraltro, per
entrambi i casi, la sospensione del procedimento penale nelle more del
pagamento del debito tributario (art. 13, comma 3)15.

3. Gli antecedenti. Lorientamento consolidato della giurisprudenza di


legittimit - Come accennato, costante lorientamento della III Sezione
penale della Cassazione, deputata alla trattazione della materia penal-tri-
butaria, nel sostenere la necessit dellintervenuta integrale estinzione del
debito tributario, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado, mediante il pagamento, anche in caso di espletamento delle
speciali procedure conciliative o di adesione previste dalla normativa
fiscale, quale presupposto per il riconoscimento dellattenuante in esame.
Tale circostanza, infatti, non trova applicazione in caso di mera adesione
allaccertamento nonch di rateizzazione del debito dimposta gi iscritto a
ruolo e indicato nella cartella di pagamento16. La mera ammissione al

15
Tuttavia, si veda anche losservazione critica di I. Caraccioli, Linee generali della
revisione del sistema penale tributario, in il fisco, 2015, pag. 2938, secondo il quale con le
nuove disposizioni degli artt. 13 e 13-bis D.Lgs. n. 74/2000, con cui viene ampiamente ridise-
gnato il sistema dellattuale incidenza del risarcimento del danno erariale sulla punibilit dei
reati [] si voluto arrivare solo fino ad un certo punto, in quanto nel lungo dibattito che ha
preceduto lapprovazione della riforma si era anche ventilata la possibilit che il risarcimento
del danno erariale potesse portare comunque allestinzione di taluni reati in materia di
dichiarazione (escluso comunque quello di cui allart. 3). In realt, poi, a tanto non si pervenuti
in ogni caso, osservandosi da molti che la previsione dellestinzione del reato a seguito del
risarcimento del danno potesse avere unefficacia addirittura propulsiva verso la commissione
del reato stesso, in applicazione del grossolano concetto: evado, poi se vengo processato pago
una cifra minore in via transattiva e quindi il reato si estingue. Pertanto il meccanismo
introdotto, pur importante, si arresta ad un certo punto, dal momento che, per i reati di cui
agli artt. 4 e 5, [n]on si pu, quindi, conseguire la non punibilit [] se il pagamento avviene
dopo tale draconiano termine della scadenza della dichiarazione per lanno successivo.
16
In tal senso, Cass., Sez. III, 18 marzo 2015, n. 11352, Rv. 262784; Id., 15 settembre 2014,
n. 37748, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2014, pag. 997, con nota di G. Salamone; Id., 19 giugno
2014, n. 26464, ivi, pag. 525, con nota di G. Salamone; Id., 5 febbraio 2014, n. 5681, ivi, pag. 526,
con nota di G. Salamone, ed in Foro it., 2014, II, col. 270; Id., 7 gennaio 2013, n. 176, Rv. 254146;
Id., 14 luglio 2004, n. 30580, Rv. 229355; v., altres, Id., 13 gennaio 2011, n. 656, Rv. 249335,
secondo la quale il versamento spontaneo dellimposta evasa, effettuato successivamente alla
presentazione della dichiarazione dei redditi, pu rilevare ai fini del riconoscimento dellatte-
nuante prevista dallart. 13 D.Lgs. n. 74/2000. In dottrina, in tal senso, E.D. Basso - A. Viglione, I
reati tributari. Profili sostanziali e processuali, Torino, 2013, pag. 168; F. Brighenti, Reati
tributari e meccanismi premiali, in Boll. trib., 2000, pag. 967; G. Caputi, Le circostanze
attenuanti tra luci ed ombre, in Corr. Trib., 2000, pag. 2167; C. Santoriello, La rateizzazione
degli acconti IVA non esclude la responsabilit penale per omesso versamento IVA, in il fisco,
2014, pag. 3777; G.L. Soana, I reati tributari, cit., pag. 443. Per alcune interessanti osservazioni
critiche, si veda F. Rasi, Lattenuante del pagamento del tributo, in Riv. trim. dir. trib., 2015,
pag. 421, secondo il quale, sotto un primo profilo, le pronunce successive a Cass. n. 30580/2004
ne avrebbero travisato il significato letterale, affermando che lattenuante non sia tout court

Rassegna Tributaria 3/2016 - 765


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provvedimento di rateazione intervenuta prima della dichiarazione di aper-


tura del dibattimento, ancorch garantita da fideiussione, non sarebbe
sufficiente allottenimento del beneficio de quo, giacch lavvenuto puntuale
pagamento dei ratei scaduti non garantisce, di fatto, quello delle successive
rate a scadere17.

applicabile in caso di accertamento con adesione. Tuttavia, dai fatti oggetto delle controversie
de quibus si evince che la causa della mancata concessione dellattenuante risiede non nel
ricorso allaccertamento con adesione in quanto tale, ma piuttosto nel mancato pagamento
integrale della somma aderita. Secondo lA., pertanto, tale equivoco, dovuto ad una (auspi-
cabilmente superata) frettolosit dei giudici di legittimit nel leggere i precedenti e redigere le
sentenze, si risolverebbe nel senso che deve propendersi per la concessione dellattenuante de
qua in caso di ricorso a tutte le tipologie di istituti deflativi, sulla base dellinequivoco dato
normativo. Sotto altro profilo, invece, egli stigmatizza lorientamento rigoroso della S.C. che
richiede il pagamento integrale della somma, ritenendo insufficiente quello rateale, sulla base
di una duplice argomentazione. Da un lato, facendo leva sul dato testuale, che si riferisce
soltanto alla misura del pagamento, non anche al modo in cui esso avvenga, deve conclu-
dersi che nellottica fiscale perch sia integrato quanto richiesto dal legislatore per concedere
lattenuante (ovverosia ladempimento spontaneo, anche se tardivo, del contribuente) suffi-
ciente il pagamento rateale (il modo) dellintero ammontare stabilito in sede di adesione (la
misura). Dallaltro lato, in forza di uninterpretazione sistematica della disposizione, si
evidenzia che lart. 13, nelleffettuare un rinvio integrale alle speciali procedure conciliative
o di adesione allaccertamento previste dalle norme tributarie, non pu non rinviare anche alle
modalit previste da ciascuna di esse nel disciplinare il pagamento del dovuto. Sarebbe proprio
tale rinvio ad imporre di dare rilievo a quanto si verifica in tale settore. Peraltro, gli istituti
deflativi del contenzioso tributario garantiscono un adempimento totale dellobbligazione
tributaria e, dunque, in misura integrale, pur consentendo che la somma cos accertata sia
corrisposta in modo rateale. La preoccupazione della giurisprudenza per il caso specifico in
cui il contribuente paghi la prima rata, ma risulti inadempiente per quelle successive non
varrebbe, tuttavia, a giustificare tale orientamento restrittivo. Infatti, esclusivo compito del
legislatore risolvere la situazione patologica in cui il contribuente, dopo aver ottenuto la
rateazione, interrompa il pagamento delle somme dovute; ma loperativit dellattenuante in
esame dovrebbe essere preservata nei casi fisiologici in cui le rate vengano regolarmente pagate
alle scadenze pattuite. La soluzione al problema, da adottarsi in prospettiva de lege ferenda, non
potendo la giurisprudenza indebitamente ingerirsi in tale questione, sarebbe - secondo lA. - il
rilascio di unadeguata garanzia in caso di pagamento rateale, il ch consentirebbe di contem-
perare le esigenze del contribuente, da un lato, e quelle dellAmministrazione finanziaria,
dallaltro.
17
Interessante la recente Cass., Sez. III, 11 febbraio 2016, n. 5728, in Guida al diritto, n. 10/
2016, pag. 56, con commento di G. Amato, Il pagamento rateale non blocca la misura ma
riduce limporto, nella quale la S.C., affrontando per la prima volta le novit introdotte in tema
dal D.Lgs. n. 158/2015, ribadisce il consolidato principio secondo cui la mera ammissione a un
piano rateale di pagamento o il parziale pagamento effettuato a tale ultimo titolo insuffi-
ciente anche ai fini della non operativit della confisca ex art. 12-bis D.Lgs. n. 74/2000, essendo,
queste, situazioni che legittimano solo la riduzione del sequestro e/o della confisca nella
misura corrispondente ai parziali pagamenti intervenuti; infatti, solo lintegrale pagamento
del debito tributario, in virt della necessit di evitare la sostanziale duplicazione dello stesso e
in contrasto con il principio che lespropriazione definitiva di un bene non pu mai essere
superiore al profitto derivato, pu condurre alla non operativit della confisca e, correlativa-
mente, alla revoca del sequestro imposto a tal fine. In generale, sulla confisca prevista dallart.
12-bis D.Lgs. n. 74/2000, v., ex plurimis, G. Varraso, La confisca (e il sequestro) e i nuovi reati

766 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUTARIA

Tale conclusione corroborata, da un lato, dal dato testuale, il quale fa


inequivoco riferimento allintervenuta estinzione del debito tributario, e,
dallaltro, da una lettura teleologica della norma in esame, in quanto la ratio
ad essa sottesa da rinvenirsi nella concreta soddisfazione dellErario, tanto
che meritevole del trattamento premiale la sola condotta effettivamente
idonea ad apportare a questo un concreto ed effettivo beneficio in termini
patrimoniali.
Sintomatica della (apparente) frizione che pu ingenerare un atteggia-
mento cos rigoroso stata, tra laltro, la proposizione della questione di
legittimit costituzionale dellart. 13 (recte: comma 1) D.Lgs. n. 74/2000
nella parte in cui non prevede lapplicazione della speciale attenuante
dellestinzione del debito anche nellipotesi in cui limputato stia eseguendo
lestinzione mediante pagamento rateizzato del debito fiscale determinato
dallAgenzia delle entrate in quanto in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111
Cost.18, che stata, tuttavia, dichiarata manifestamente inammissibile dalla
Corte costituzionale19 per omessa descrizione della rilevanza e non manife-
sta infondatezza.
In effetti, linapplicabilit dellattenuante de qua nellipotesi in cui lim-
putato non abbia provveduto allintegrale pagamento dei tributi da lui
dovuti in quanto la relativa somma, determinata dallAgenzia delle entrate,
stata oggetto di rateizzazione potrebbe, a prima vista, suscitare qualche
perplessit, che viene tuttavia fugata da unanalisi pi attenta.
Le obiezioni, peraltro avanzate dalle difese degli imputati, sono sempre
state respinte dalla Suprema Corte. Potrebbe sostenersi che la ratio della
rateizzazione consisterebbe proprio nel pagamento del debito, iscritto a
ruolo e richiesto per mezzo della cartella di pagamento, attraverso rate
mensili, e che la stessa rateazione sarebbe prova della volont di provvedere
al pagamento integrale del debito. Senonch, non pu paragonarsi tale
volont alleffettiva estinzione del debito stesso. Il pagamento rateale,
infatti, non garantisce lErario rispetto alladempimento complessivo a
differenza di quanto avviene a fronte di un pagamento in ununica
soluzione.
Laddove la disposizione parla di estinzione del debito deve senzaltro
intendersi, come detto, un effettivo e concreto adempimento, quale modo
appunto di estinzione dellobbligazione. Con la conseguenza che, ai fini del
riconoscimento del beneficio di cui allart. 13, non rilevano gli eventuali
impegni sostitutivi dellesatto adempimento esperiti dal reo, quali

tributari, in A. Giarda, A. Perini e G. Varraso, La nuova giustizia penale tributaria, cit., pag. 395;
cfr., altres, I. Caraccioli, Reati tributari e confisca per equivalente, in Riv. dir. trib., 2012, III,
pag. 27.
18
Trib. Ferrara, ord. 20 settembre 2011, in Gazz.Uff. n. 4 del 25 gennaio 2013, 1a Serie
speciale, pag. 114.
19
Corte cost., 12 luglio 2013, n. 192, in Giur. cost., 2013, pag. 2736.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 767


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rateizzazioni ovvero fideiussioni20. In tale ottica, stata ritenuta insuffi-


ciente, ad esempio, la dimostrazione documentale dellammissione alla
procedura di adesione allaccertamento prevista dalle norme tributarie e
il fatto di aver iniziato a versare il debito tributario rateizzato, peraltro dietro
garanzia fideiussoria21.
Tuttavia, posto che lattenuante di cui allart. 13 una circostanza
oggettiva ed pacificamente ammessa lipotesi che ladempimento sia
effettuato da un terzo rispetto allimputato, potrebbe a prima vista paven-
tarsi una questione di legittimit costituzionale dellart. 13, comma 1, D.Lgs.
n. 74/2000 in parte qua laddove non prevede il riconoscimento dellatte-
nuante nel caso di accordo con lAmministrazione finanziaria di pagamento
dilazionato assistito da fideiussione per un importo corrispondente al
debito oggetto di ammortamento, per violazione dellart. 3 Cost., stante la
(apparente) differenza di trattamento tra questa ipotesi e quella in cui un
terzo soggetto tout court estingua il debito al posto dellautore del reato.
Questione che , a nostro avviso, allo stato della normativa vigente, da
respingere, dal momento che la garanzia fideiussoria garantirebbe soltanto
una mera possibilit (in astratto) del pagamento, mentre la norma in esame
chiara nel richiedere un effettivo pagamento entro un preciso termine
legislativamente stabilito.
Pertanto, deve ritenersi che, laddove il fideiussore saldi il residuo ante-
riormente alla data di apertura del dibattimento nulla quaestio; in caso
contrario, il suo intervento successivo in garanzia sarebbe irrilevante22.
Se il suddetto orientamento merita adesione, esso ha tuttavia portato, in
concreto, ad una rara applicazione dellattenuante de qua, dal momento che
il cospicuo importo da versare, comprensivo delle sanzioni amministrative
comminate, rendeva pressoch impossibile allimputato estinguere lintero
debito prima dellapertura del processo23. Merita, a tal proposito, rammen-
tare la proposta avanzata da attenta dottrina24: il rinvio dellapertura del
dibattimento (o dello svolgimento del rito abbreviato) al momento in cui
tutte le rate risultino saldate; rinvio da concedersi, in via di prassi, dal

20
Sulla inammissibilit di un versamento conseguente alla stipulazione di unapposita
polizza assicurativa ai fini dellottenimento dellattenuante, si veda G. Pezzuto, Le circostanze
attenuanti, cit., pag. 295.
21
Cass., Sez. III, 19 giugno 2014, cit.
22
Analoghe considerazioni dovrebbero potersi estendere anche al contratto autonomo di
garanzia (Garantievertrag), ancorch una clausola di pagamento a prima richiesta o a prima
domanda pare maggiormente idonea a non vulnerare la pretesa del Fisco.
23
E. Marello, Evanescenza del principio di specialit e dissoluzione del doppio binario:
le ragioni per una riforma del sistema punitivo penale tributario, in Riv. dir. trib., 2013, III, pag.
284, osserva, peraltro, che lottenimento del sequestro preventivo da parte del Fisco sui beni del
contribuente potrebbe privare costui della disponibilit delle risorse necessarie per lestinzione
del debito, con la conseguente impossibilit di vedersi riconosciuta lattenuante prevista
dallart. 13 o di accedere al patteggiamento.
24
C. Santoriello, La rateizzazione, cit., pag. 3777.

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giudice in favore dellimputato che abbia dimostrato per tabulas lotte-


nuta rateizzazione dellimporto. Se non che tale prassi avrebbe potuto
comportare, di contro, una eccessiva discrezionalit dellAutorit giu-
diziaria nel rinviare i procedimenti al fine di concedere il beneficio di
cui allart. 13. Con la conseguenza, tra laltro, che un simile rimedio,
senza possibilit di sospensione del termine prescrizionale, avrebbe
rischiato di portare allassoluzione di un elevato numero di imputati
per intervenuta prescrizione.

4. Riflessioni sulla compatibilit dellorientamento giurisprudenziale


consolidato con la riforma dei reati tributari (D.Lgs. n. 158/2015) e profili di
incostituzionalit del nuovo art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 74/2000 - A sguito
della riforma intervenuta col D.Lgs. n. 158/2015, la morfologia del regime
delle circostanze previste per i reati tributari sensibilmente differente. Vi ,
pertanto, da chiedersi se lelaborazione ermeneutica di dottrina e giurispru-
denza, concretatasi in approdi conformi della III Sezione della Cassazione,
possa ritenersi valida a sguito di tale importante novella o se agli operatori
del diritto si paleser presto lesigenza di ulteriore attivit esegetica.
Centrale importanza riveste, ai fini della questione in esame, il
nuovo art. 13, comma 3, il quale, come accennato, prevede che, qualora
il pagamento del debito tributario sia in corso mediante rateizzazione
prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado,
allimputato deve obbligatoriamente essere concesso un termine di tre
mesi per il pagamento del residuo; ed attribuisce, altres, al giudice la
facolt di prorogare detto termine una sola volta per non oltre tre mesi
(quindi una sorta di polmone finanziario di sei mesi concesso allim-
putato che stia provvedendo allestinzione del proprio debito mediante
versamenti dilazionati). Il tutto fermo restando la sospensione della
prescrizione.
La ratio sottesa a tale previsione risiederebbe, cos come esplicitato nella
Relazione illustrativa alla riforma, nella scelta di concedere al contribuente
la possibilit di eliminare la rilevanza penale della propria condotta attra-
verso una piena soddisfazione dellErario prima del processo penale: in
questi casi infatti il contribuente ha correttamente indicato il proprio
debito, risultando in sguito inadempiente; il successivo adempimento,
pur non spontaneo, rende sufficiente il ricorso alle sanzioni
amministrative25.
Bench ora lestinzione, mediante pagamento, del debito tributario
possa rilevare vuoi come causa di non punibilit (rectius: di estinzione)
della condotta criminosa ex art. 13 vuoi come circostanza attenuante ai sensi
dellart. 13-bis, non si vede ragione per la quale non debba mantenersi
valido lorientamento giurisprudenziale (e dottrinale) vigente il precedente

25
Relazione illustrativa, in www.camera.it, pag. 11.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 769


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testo del D.Lgs. n. 74/200026; con lunica ovvia considerazione che sar da
individuarsi quale mannaia oltre la quale il saldo, comunque effettuato,
debba ritenersi irrilevante non pi il termine di cui allart. 491 c.p.p., bens
quello che si verr a determinare a sguito della proroga disposta dal
giudice27.
Ad escludere lirrilevanza, ai fini dellottenimento dei benefici di legge,
della mera dilazione del pagamento, ancorch garantita da fideiussione,
la nuova norma, che continua a fare espresso riferimento allestinzione
del debito tributario, comprese sanzioni amministrative ed interessi,
mediante integrale pagamento. Ad essa sarebbe sottesa la medesima
ratio che aveva animato il legislatore del 2000, ovvero la volont di pre-
miare il comportamento del reo che apporti un beneficio effettivo e con-
creto allErario. Posta in questi termini la questione, a chi scrive pare, come
detto, che non possa mutare il predetto rigido atteggiamento della giuri-
sprudenza di legittimit.
Fatto salvo, pertanto, lapprodo giurisprudenziale maturato sotto il testo
previgente, deve accogliersi con moderato favore, seppur con riserva, la
scelta del legislatore, che, da un lato, si onerato di elevare il pagamento
dellobbligazione tributaria a causa di non punibilit - coraggio che era
mancato nel 2000, nonostante la libert di azione concessa dalla Legge
delega - dallaltro lato, si tentato di fronteggiare linconveniente pratico
dovuto a termini di pagamento cos stringenti da non essere quasi mai
rispettati, con conseguente rara concessione dei benefici e vulnus della
pretesa creditoria del Fisco, che difficilmente riusciva a recuperare quanto
spettantegli. Secondo lintento sottostante tale disposizione, mediante la
previsione della suddetta sospensione (trimestrale o, al massimo, seme-
strale) del procedimento penale nelle more del pagamento, linteresse
dellErario al recupero delle somme, giovandosi della collaborazione del
contribuente, dovrebbe essere, invece, maggiormente garantito28. Se non

26
Cfr., inoltre, la Relazione n. III/05/2015 dellUfficio del Massimario della Cassazione,
cit., pag. 45.
27
In questo senso anche C. Santoriello - A. Perini, La riforma dei reati tributari, cit., pag. 76;
contra R. Amadeo, sub art. 13, cit., pag. 330, secondo la quale [t]ale giurisprudenza appare oggi
superata a fronte della modifica legislativa che espressamente estende la concessione della
circostanza attenuante [] anche nelle ipotesi di pagamento rateale, prevedendo, tuttavia, un
costante monitoraggio da parte dellAutorit giudiziaria procedente (nello specifico del giudice
presso il quale pende il dibattimento) ed una scansione temporale limitata (tre mesi prorogabili
di altri tre), al fine di evitare inadempienze da parte del contribuente; G. Gambogi, La riforma
dei reati tributari, cit., pag. 398. Tuttavia, ad avviso di chi scrive, a voler utilizzare la prospettiva
enucleata supra - che individua un diverso ancoraggio temporale quale termine ultimo di
pagamento affinch questo sia utile al riconoscimento dellattenuante -, non pare potersi
affermare che lorientamento maturato vigente il precedente art. 13 sia ora tout court superato.
28
Come osserva V. Mastroiacovo, Riflessi penali delle definizioni consensuali tributarie,
cit., pag. 162, [s]i assiste per ad un effetto conformativo della vicenda procedimentale
tributaria sul procedimento e sul processo penale.

770 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUTARIA

che tale termine, a fronte di quello quadriennale29 - e, nei confronti dei


concessionari della riscossione, finanche decennale30 - di rateizzazione
consentito per le procedure di adesione, non pare agevolare in concreto il
contribuente31, e la disposizione parrebbe poter essere addirittura soggetta
a censure di incostituzionalit.
Non un caso, infatti, che la disposizione cos come vergata dalla novella
del D.Lgs. n. 158/2015 sia ora al vaglio della Corte costituzionale. Il
Tribunale di Treviso ha sollevato questione di legittimit costituzionale -
tuttora pendente appunto - dellart. 13, comma 3, D.Lgs. n. 74/2000 - cos
come sostituito dallart. 11 D.Lgs. n. 158/2015 - nella parte in cui non
consente [al giudice], almeno in determinati casi, di concedere un termine
pi lungo coincidente con lo scadere del piano di rateizzazione per con-
trasto con gli artt. 3 e 24 Cost.32.
Cos come impostata, la questione parrebbe, a nostro avviso, suscettibile
di accoglimento. La rilevanza del caso sub judice evidente, in quanto tale
disposizione, cos plasmata, impedisce allimputato, chiamato a rispondere
del reato di omesso versamento di ritenute dovute e certificate di cui allart.
10-bis D.Lgs. n. 74/2000, di usufruire della causa di non punibilit, giacch
egli non potrebbe senzaltro completare il pagamento del debito tributario
nel termine trimestrale (o anche in quello semestrale), essendo vincolato a
quanto stabilito nel piano omologato in sede di concordato preventivo -
nellmbito del quale aveva raggiunto una transazione fiscale ex art. 182-ter
l. fall., che prevedeva il pagamento rateale in linea capitale di quanto dovuto
allErario nonch delle sanzioni e degli interessi; tuttavia, lintegrale estin-
zione del debito sarebbe avvenuta, secondo quanto previsto dallaccordo,
oltre ventidue mesi dopo ludienza di apertura del dibattimento.
Quanto alla non manifesta infondatezza, invece, degne di rilievo sono
altres le considerazioni avanzate dal giudice remittente. Da un lato, come
peraltro suesposto, la disciplina sarebbe logicamente irragionevole nel
prevedere, al ricorrere di condizioni predeterminate, procedure di adesione
che consentano una rateazione quadriennale (o addirittura decennale), e
nel richiedere, al fine di elidere la rilevanza penale della propria condotta, un

29
Art. 8, comma 2, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, come da ultimo modificato dallart. 2,
comma 2, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159, che ha innalzato a quattro anni il previgente periodo
triennale per gli importi superiori ai cinquantamila euro.
30
Art. 19, comma 1-quinquies, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
31
Per questa critica, A. Perini, La riforma dei reati tributari, cit., pag. 33.
32
Trib. Treviso, ord. 23 febbraio 2016, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 4 aprile
2016; per un primo commento, S. Finocchiaro, La nuova causa di non punibilit per estinzione
del debito tributario posta al vaglio della Corte costituzionale da unordinanza del Tribunale di
Treviso, ibidem. Inoltre, in merito alla compatibilit del nuovo art. 13 coi princpi eurounitari,
si veda lordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dellUnione Europea sollevata
ex art. 267 TFUE da Trib. Varese, ord. 31 ottobre 2015, n. 588, in Rass. trib., 2016, pag. 211, con
nota di S. Putinati, Cause di non punibilit e circostanze attenuanti.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 771


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L. MAGNANINI - RATEIZZAZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO

termine (soltanto) semestrale. Un difetto di coordinamento, dunque, che


non pare trovare giustificazione alcuna, oltre a porsi in contrasto con la ratio
stessa della causa di non punibilit sopra richiamata.
Ancor pi pregnante, dallaltro lato, si rivela la censura per irragione-
volezza giuridica, in violazione dellart. 3 Cost., quantomeno sotto due
differenti profili. In primis, la concreta possibilit di accedere al beneficio de
quo verrebbe fatta dipendere da variabili che esorbitano completamente
dalla sfera volitiva, di materiale controllo dellimputato, quali, tra laltro, la
celerit con cui lazione penale esercitata nel caso concreto. Inoltre, la
norma tratta, ingiustificatamente, in modo eguale soggetti in situazioni
alquanto differenti, ovvero, da una parte, chi, ammesso al pagamento
rateizzato del debito tributario, ha la possibilit di scegliere di rinunciare
alla rateizzazione e di adempiere il residuo debito entro il termine fissato dal
giudice (eventualmente prorogato di altri tre mesi), cos andando esente
dalla sanzione penale, e [dallaltra] chi non ha tale facolt perch il piano di
rateizzazione rientra nellalveo di un concordato preventivo con conse-
guente necessit di rispettare quanto in esso previsto33. A sguito dellam-
missione al concordato, come noto, non sono, infatti, consentiti
adempimenti lesivi della par condicio creditorum, pena la risoluzione
della procedura concordataria ex art. 186 l. fall. con le ulteriori gravose
conseguenze, inclusa la possibilit di essere imputato per bancarotta e non
poter essere in futuro ammesso alla procedura di esdebitazione ex art. 142 l.
fall. In ragione di ci, richiamata una concezione pubblicistica della pro-
cedura concordataria34, se la dilazione di pagamento inserita in un con-
cordato preventivo consente di superare il termine di pagamento del debito
tributario fissato da norme incriminatrici - neutralizzando la rilevanza
penale dellinosservanza dei termini di versamento - non si vede come la
stessa dilazione possa rappresentare un ostacolo alla possibilit di giovarsi
di una causa di esclusione della punibilit35.

33
Trib. Treviso, ord. 23 febbraio 2016, cit.
34
In questo senso v., da ultimo, Cass., Sez. III, 16 aprile 2015, n. 15853, in il fisco, 2015,
pag. 2067, con nota di C. Santoriello, Escluso lomesso versamento IVA per la societ ammessa
al concordato preventivo prima della scadenza del versamento, richiamata dal giudice a quo;
contra, ex multis, Id., 31 ottobre 2013, n. 44283, in Fall., 2014, pag. 262, con nota di M. Fabiani,
La falcidiabilit di tutti i crediti tributari e lequivoco della lettura della Cassazione ed in Corr.
Trib., 2014, pag. 43, con commento di B. Santacroce - D. Pezzella, Il concordato preventivo non
esclude il reato di omesso versamento IVA: quali effetti sulle sanzioni tributarie?, ivi, pag. 38,
secondo la quale laccesso alla procedura di concordato atto di autonomia privata, dinizia-
tiva del debitore, che mira a sfociare nel c.d. patto concordatario con i creditori. In merito al
dibattito sulla natura giuridica del concordato preventivo, oramai smorzato anche a sguito
della miniriforma della legge fallimentare operata dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, conv., con
modif., in Legge 6 agosto 2015, n. 132, cfr., da ultimo, M. Bianca, La nuova disciplina del
concordato e degli accordi di regolazione della crisi: accentuazione dei profili negoziali, in Dir.
Fall., 2015, I, pag. 529.
35
Trib. Treviso, ord. 23 febbraio 2016, cit.

772 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUTARIA

Da ultimo, il giudice a quo ravvisa la lesione del diritto di difesa tutelato


dallart. 24 Cost.36, in quanto la norma impedisce, senza ragione alcuna,
allimputato di potersi avvalere, allinterno del ventaglio di opzioni difensive
esperibili, di una scelta che gli consentirebbe di andare esente da
responsabilit penale.
In estrema sintesi, nel caso de quo, limputato ha in corso il pagamento
rateizzato del debito tributario secondo un piano rientrante nellmbito di
un concordato preventivo, il quale prevede scadenze di pagamento che, al
momento dellistanza di rinvio proposta al giudice penale, vanno oltre il
termine massimo di sei mesi concedibile ex art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 74/
2000. Egli , in definitiva, privato della facolt di scegliere di rinunciare ai
termini dilatati di pagamento e di pagare il residuo debito tributario ed
privato, quindi, anche della possibilit di usufruire della causa di non
punibilit, perch vincolato dal concordato preventivo37.

5. Osservazioni conclusive - Laddove la predetta questione di legittimit


venisse accolta dalla Corte, non revocabile in dubbio che gli effetti premiali
e deflativi della recente riforma verrebbero sensibilmente amplificati, in
ragione della pi intensa possibilit del reo di beneficiare dellestinzione del
reato o, in alternativa, quantomeno dellattenuante, cos che tali premialit
forse conquisterebbero, agli occhi del contribuente, quellappeal che sino ad
ora non hanno mai riscontrato.
Senonch, in caso di accoglimento in tal senso, si aprirebbe un vuoto
normativo, in quanto, venendo di fatto a caducare il termine previsto dal
dato positivo, lunica concreta possibilit da adottare sarebbe la sospen-
sione del dibattimento sino allintervenuta estinzione del debito nei tempi di
dilazione concordati con lAgenzia delle entrate38. Peraltro, in una prospet-
tiva de jure condendo, sarebbe illegittimo qualsiasi termine il legislatore
volesse, in futuro, fissare laddove inferiore a quattro (o, al pi, dieci) anni,
dal momento che il ragionamento ora avanzato dal Tribunale di Treviso
nella questione di legittimit costituzionale del prefato art. 13, comma 3,
D.Lgs. n. 74/2000 potrebbe estendersi anche a tale caso.
Tuttavia, ammesso e non concesso che sul punto sia legittimo concedere
una cos ampia discrezionalit, foriera di inconvenienti, allAutorit giudi-
ziaria, la sospensione di un procedimento per un lasso di tempo

36
Si rammenti che, secondo Corte cost., 24 marzo 1994, n. 98, in Giur. cost., 1994, pag.
892, esso inserito nel quadro dei diritti inviolabili della persona e, come sottolinea
M. Scaparone, sub art. 24, comma II: Il diritto di difesa nel processo penale, in G. Branca
(a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1981, pag. 82, in linea di principio,
garantisce [allimputato] tutti i diritti, poteri e facolt, non protetti da altre disposizioni
costituzionali.
37
Trib. Treviso, ord. 23 febbraio 2016, cit.
38
Cfr. supra lanaloga proposta avanzata, vigente la disciplina precedente, da
C. Santoriello, La rateizzazione, cit., pag. 3777.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 773


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L. MAGNANINI - RATEIZZAZIONE DEL DEBITO TRIBUTARIO

quadriennale o addirittura decennale (cos come, nel caso, la conseguente


sospensione del termine di prescrizione per un equivalente arco temporale)
in attesa del saldo del debito tributario pare, a nostro avviso, in contrasto con
altri princpi di assoluto rilievo quale, in primis, quello della ragionevole
durata del processo, assicurato, a livello interno, dallart. 111, comma 2,
secondo periodo, Cost.39, nonch, a livello sovranazionale, dallart. 6, 1,
CEDU e dallart. 14, 3, lett. c) del Patto internazionale sui diritti civili e
politici.
Ci senza considerare che tale prassi potrebbe portare ad un uso stru-
mentale delle speciali procedure conciliative e deflative previste dalla legi-
slazione fiscale da parte del contribuente imputato, con conseguente vulnus
dellefficacia deterrente della normativa penal-tributaria.
Occorrerebbe, a parere di chi scrive, una incisiva revisione legislativa di
sistema, che coordinasse le disposizioni meramente fiscali-tributarie con le
rispettive norme incriminatrici penali, dal momento che il maggiore difetto
della recente riforma risiede, forse, nel mancato coordinamento tra esse.
Sarebbe opportuno, in prospettiva de jure condendo, un ripensamento
affinch vengano fornite al contribuente premialit concretamente acces-
sibili senza, al contempo, permettere ai giudici troppa discrezionalit nella
loro concessione, poich, laddove tali benefici fossero riconosciuti con
eccessiva disinvoltura, ci si sostanzierebbe, di fatto, in unabdicazione
dello Stato alla sua potest punitiva nel perseguimento di taluni reati
fiscali40.
Forse la migliore soluzione - al fine della concessione di un beneficio
allimputato, vuoi sotto forma di causa estintiva del reato, vuoi di circo-
stanza attenuante - potrebbe individuarsi, una volta vinti i timori di un
ipotetico mancato incasso da parte dellErario - timori che, come detto, non
possono essere superati, allo stato della disciplina vigente, dalla giurispru-
denza41 -, nel riconoscimento della rilevanza del pagamento rateizzato
garantito da fideiussione, ancorch il debito non sia interamente estinto
alla data di apertura del dibattimento. In tal modo, nel caso di pagamento

39
Comma inserito dalla Legge cost. 23 novembre 1999, n. 2.
40
In tale prospettiva, si dovrebbe cercare di assicurare, per quanto possibile, la certezza
del diritto; come recentemente ricordato da E. De Mita, La chimera della certezza nel diritto
tributario, in Dir. prat. trib., 2015, I, pag. 613, [i]l problema della certezza del diritto non pu
essere risolto con una legislazione empirica e tecnicamente difettosa, talch [n]on pu essere
difeso a oltranza un metodo legislativo che toglie [di fatto] alla legge la funzione di garanzia e le
assegna solo il ruolo della consacrazione formale di quelle che sono le valutazioni della finanza.
Senza una funzione di garanzia la legge tributaria non avrebbe senso e avrebbero ragione
coloro i quali sostengono che la legge tributaria non ha valore sostanziale.
41
La giurisprudenza, infatti, incontra uno scoglio ermeneutico nello stesso tessuto
normativo - talch lunica soluzione possibile si concretizza nel summenzionato orientamento
rigoroso sinora adottato dalla S.C. - e non pu ingerirsi in scelte che spettano unicamente al
legislatore; non pu essa disattendere il dato normativo, per quanto questo, alla luce di una
lettura sistematica, difetti di coerenza e coordinamento tra disposizioni diverse.

774 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA PENALE TRIBUTARIA

rateale coperto da polizza fideiussoria o fideiussione bancaria, la posizione


erariale sarebbe, infatti, comunque adeguatamente salvaguardata. Il solo
pregiudizio in cui rischierebbe di incorrere il Fisco sarebbe, al pi, una
minore celerit nellincasso imputabile ai tempi necessari per lescussione
della garanzia42. Ma lo Stato non sconterebbe senzaltro il rischio dellina-
dempimento del contribuente che abbia ottenuto una rateizzazione del
debito. E, per questultimo, lottenimento di un concreto beneficio premiale
non sarebbe pi soltanto una lontana chimera.

LUCA MAGNANINI
Universit di Modena e Reggio Emilia

42
Analoghe considerazioni, sia pur sotto diversa prospettiva, in F. Rasi, Lattenuante del
pagamento del tributo, cit., pag. 432.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 775


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GIURISPRUDENZA

DELLE CORTI EUROPEE


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IVA

4 CORTE DI GIUSTIZIA UE, Grande Sezione, causa C-105/14 dell8


settembre 2015 - Pres. V. Skouris - Rel. M. Berger

IVA - Imposte e tasse - Frodi in materia IVA - Prescrizione e decadenza -


Sanzioni - Aiuti di Stato

Se il regime della prescrizione applicabile ai reati in materia di IVA risultante


dal combinato disposto degli artt. 160, ultimo comma, e 161 c.p. idoneo a
pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dallart. 325, 1 e 2 TFUE,
tale regime di prescrizione non pu tuttavia essere valutato alla luce delle
disposizioni in tema di aiuti di Stato, ed in specie dellart. 107 TFUE, poich,
anche se il carattere effettivo e/o non dissuasivo delle sanzioni previste in
materia di IVA pu eventualmente procurare un vantaggio finanziario alle
imprese interessate, tutte le transazioni sono soggette al regime di IVA e
qualsiasi reato in materia di IVA penalmente sanzionato, a prescindere da
casi particolari in cui il regime della prescrizione potrebbe privare determinati
reati di conseguenze penali.

FATTO E DIRITTO - 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sul-


linterpretazione degli artt. 101 TFUE, 107 TFUE e 119 TFUE nonch dellart.
158 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al
sistema comune dimposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).
2 Tale domanda stata presentata nellambito di un procedimento penale a
carico dei sigg. T. e F., della sig.ra L. e dei sigg. S., S., S. e A. (in prosieguo,
congiuntamente: gli imputati), ai quali viene imputata la costituzione e lorga-
nizzazione di unassociazione allo scopo di commettere pi delitti in materia di
imposta sul valore aggiunto (IVA).

CONTESTO NORMATIVO
Il diritto dellUnione
3 Lart. 325 TFUE prevede quanto segue:
1. LUnione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attivit
illegali che ledono gli interessi finanziari dellUnione stessa mediante misure
adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere
una protezione efficace negli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi
dellUnione.
2. Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli
interessi finanziari dellUnione, le stesse misure che adottano per combattere
contro la frode che lede i loro interessi finanziari.
(...).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 779


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A. FRANCO - PRESCRIZIONE BREVE PER REATI IN MATERIA DI IVA

La Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunit


europee
4 A termini del preambolo della Convenzione elaborata in base allarticolo K.3
del Trattato sullUnione Europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle
Comunit europee, firmata a Lussemburgo il 26 luglio 1995 (GU C 316, pag. 48; in
prosieguo: la Convenzione PIF), le parti contraenti di tale Convenzione, Stati
membri dellUnione Europea, sono convinti che la tutela degli interessi finanziari
delle Comunit europee esige che ogni condotta fraudolenta che leda tali inte-
ressi debba dar luogo ad azioni penali e della necessit di rendere tali condotte
passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, fatta salva
lapplicazione di altre sanzioni in taluni casi opportuni, e di prevedere, almeno
nei casi gravi, delle pene privative della libert.
5 Lart. 1, paragrafo 1, della Convenzione PIF cos dispone:
Ai fini della presente Convenzione costituisce frode che lede gli interessi
finanziari delle Comunit europee:
(...)
b) in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:
- allutilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o
incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio gene-
rale delle Comunit europee o dei bilanci gestiti dalle Comunit europee o per
conto di esse;
(...).
6 Lart. 2, paragrafo 1, di tale Convenzione prevede quanto segue:
Ogni Stato membro prende le misure necessarie affinch le condotte di cui
allart. 1 nonch la complicit, listigazione o il tentativo relativi alle condotte
descritte allart. 1, paragrafo 1, siano passibili di sanzioni penali effettive,
proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno, nei casi di frode
grave, pene privative della libert che possono comportare lestradizione,
rimanendo inteso che devessere considerata frode grave qualsiasi frode
riguardante un importo minimo da determinare in ciascuno Stato membro.
Tale importo minimo non pu essere superiore a [EUR] 50.000 (...).

La Direttiva 2006/112
7 Lart. 131 della Direttiva 2006/112 dispone che:
Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 [del titolo IX della Direttiva 2006/112] si
applicano, salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati
membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle
medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso.
8 Lart. 138, paragrafo 1, di tale Direttiva prevede quanto segue:
Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del
loro rispettivo territorio ma nella Comunit, dal venditore, dallacquirente o per
loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non
soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo
Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

780 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

9 Lart. 158 della suddetta Direttiva dispone quanto segue:


1. (...) gli Stati membri possono prevedere un regime di deposito diverso da
quello doganale nei casi seguenti:
a) per i beni destinati a punti di vendita in esenzione da imposte (...);
(...)
2. Quando si avvalgono della facolt di esenzione di cui al paragrafo 1, lett.
a), gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare lapplicazione
corretta e semplice di detta esenzione e per prevenire qualsiasi evasione,
elusione e abuso.
(...).

La decisione 2007/436/CE
10 Lart. 2, paragrafo 1, della decisione 2007/436/CE, Euratom del
Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle
Comunit europee (GU L 163, pag. 17), del seguente tenore:
Costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio generale dellUnione
Europea le entrate provenienti:
(...)
b) (...) dallapplicazione di unaliquota uniforme, valida per tutti gli Stati membri,
agli imponibili IVA armonizzati, determinati secondo regole comunitarie. (...).

Il diritto italiano
11 Lart. 157 del Codice penale, come modificato dalla Legge 5 dicembre
2005, n. 251 (GURI n. 285, del 7 dicembre 2005; in prosieguo: il Codice
penale), articolo riguardante la prescrizione in materia penale, prevede quanto
segue:
La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al mas-
simo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore
a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione,
ancorch puniti con la sola pena pecuniaria.
(...).
12 Lart. 158 di tale Codice fissa linizio della decorrenza del termine della
prescrizione nel modo seguente:
Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno
della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui cessata lattivit del
colpevole; per il reato permanente, dal giorno in cui cessata la permanenza.
(...).
13 Ai sensi dellart. 159 di detto Codice, relativo alle regole sulla sospen-
sione del corso della prescrizione:
Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospen-
sione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare
imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di:
1) autorizzazione a procedere;
2) deferimento della questione ad altro giudizio;

Rassegna Tributaria 3/2016 - 781


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A. FRANCO - PRESCRIZIONE BREVE PER REATI IN MATERIA DI IVA

3) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di


impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dellimputato o del
suo difensore. (...)
(...)
La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui cessata la causa della
sospensione.
14 Lart. 160 del medesimo Codice, che disciplina linterruzione del corso
della prescrizione, cos dispone:
Il corso della prescrizione interrotto dalla sentenza di condanna o dal
decreto di condanna.
Interrompono pure la prescrizione lordinanza che applica le misure caute-
lari personali e (...) il decreto di fissazione della udienza preliminare (...).
La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della
interruzione. Se pi sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dallultimo di
essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nellart. 157 possono essere prolungati
oltre il termine di cui allart. 161, comma 2, fatta eccezione per i reati di cui allart.
51, commi 3-bis e 3-quater, del Codice di procedura penale.
15 A norma dellart. 161 del Codice penale, relativo agli effetti della sospen-
sione e dellinterruzione:
La sospensione e linterruzione della prescrizione hanno effetto per tutti
coloro che hanno commesso il reato.
Salvo che si proceda per i reati di cui allart. 51, commi 3-bis e 3-quater, del
Codice di procedura penale, in nessun caso linterruzione della prescrizione pu
comportare laumento di pi di un quarto del tempo necessario a prescri-
vere (...).
16 Lart. 416 del Codice penale punisce con la reclusione fino a sette anni i
promotori di unassociazione finalizzata alla commissione di pi delitti. Coloro
che si limitano a partecipare ad una siffatta associazione sono puniti con la
reclusione fino a cinque anni.
17 Ai sensi dellart. 2 del Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, recante
nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
(GURI n. 76 del 31 marzo 2000; in prosieguo: il D.Lgs. n. 74/2000), la
presentazione di una dichiarazione IVA fraudolenta che menzioni fatture o
altri documenti relativi a operazioni inesistenti punita con la reclusione da
un anno e sei mesi a sei anni. Alla stessa pena soggiace, ai sensi dellart. 8 del D.
Lgs. n. 74/2000, chiunque emetta fatture per operazioni inesistenti al fine di
consentire a terzi levasione dellIVA.

FATTI DELLA CONTROVERSIA PRINCIPALE E QUESTIONI


PREGIUDIZIALI - 18 A carico degli imputati stato promosso, dinanzi al
Tribunale di Cuneo, un procedimento penale con limputazione di aver costi-
tuito e organizzato, nel corso degli esercizi fiscali dal 2005 al 2009, unasso-
ciazione per delinquere allo scopo di commettere vari delitti in materia di IVA.
Essi vengono infatti accusati di aver posto in essere operazioni giuridiche

782 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

fraudolente, note come frodi carosello - che implicavano, in particolare, la


costituzione di societ interposte e lemissione di falsi documenti - che avreb-
bero consentito lacquisto di beni, segnatamente di bottiglie di champagne, in
esenzione da IVA. Tale operazione avrebbe consentito alla societ Planet Srl
(in prosieguo: la Planet) di disporre di prodotti a un prezzo inferiore a quello di
mercato che poteva rivendere ai suoi clienti, in tal modo falsando detto
mercato.
19 La Planet avrebbe ricevuto fatture emesse da tali societ interposte per
operazioni inesistenti. Le stesse societ avrebbero tuttavia omesso di presen-
tare la dichiarazione annuale IVA o, pur avendola presentata, non avrebbero
comunque provveduto ai corrispondenti versamenti dimposta. La Planet
avrebbe invece annotato nella propria contabilit le fatture emesse dalle sud-
dette societ interposte detraendo indebitamente lIVA in esse riportata e, di
conseguenza, avrebbe presentato dichiarazioni annuali IVA fraudolente.
20 Dallordinanza di rinvio emerge che, dopo che il procedimento sottoposto
alla cognizione del giudice del rinvio stato oggetto di vari incidenti procedurali e
a seguito del rigetto delle numerose eccezioni sollevate dagli imputati nellam-
bito delludienza preliminare svoltasi dinanzi a detto giudice, questultimo
chiamato, da un lato, a pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei
confronti di uno degli imputati, il sig. Anakiev, poich i reati considerati risultano
estinti per prescrizione nei suoi riguardi. Dallaltro, egli dovrebbe emettere
decreto di rinvio a giudizio per gli altri imputati, fissando unudienza dinanzi al
giudice del dibattimento.
21 Il giudice del rinvio precisa che i reati contestati agli imputati sono puniti, ai
sensi degli artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000, con la reclusione fino a sei anni. Il
delitto di associazione per delinquere, previsto dallart. 416 del Codice penale, di
cui gli imputati potrebbero altres essere dichiarati colpevoli, sarebbe invece
punito con la reclusione fino a sette anni per i promotori dellassociazione e fino a
cinque anni per i semplici partecipanti. Ne consegue che, per i promotori
dellassociazione per delinquere, il termine di prescrizione di sette anni,
mentre di sei anni per tutti gli altri. Lultimo atto interruttivo del termine sarebbe
stato il decreto di fissazione delludienza preliminare.
22 Orbene, nonostante linterruzione della prescrizione, il termine della
medesima non potrebbe essere prorogato, in applicazione del combinato
disposto dellart. 160, ultimo comma, del Codice penale e dellart. 161 dello
stesso Codice (in prosieguo: le disposizioni nazionali di cui trattasi) oltre i sette
anni e sei mesi o, per i promotori dellassociazione per delinquere, oltre gli otto
anni e nove mesi a decorrere dalla data di consumazione dei reati. Secondo il
giudice del rinvio, certo che tutti i reati, ove non ancora prescritti, lo saranno
entro l8 febbraio 2018, ossia prima che possa essere pronunciata sentenza
definitiva nei confronti degli imputati. Da ci conseguirebbe che questi ultimi,
accusati di aver commesso una frode in materia di IVA per vari milioni di euro,
potranno beneficiare di unimpunit di fatto dovuta allo scadere del termine di
prescrizione.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 783


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A. FRANCO - PRESCRIZIONE BREVE PER REATI IN MATERIA DI IVA

23 Ad avviso del giudice del rinvio, tale conseguenza era tuttavia prevedibile
a causa dellesistenza della regola sancita dal combinato disposto dellart. 160,
ultimo comma, del Codice penale e dellart. 161, comma 2, dello stesso Codice,
regola che permettendo solamente, a seguito di interruzione della prescrizione,
un prolungamento del termine di prescrizione di appena un quarto della sua
durata iniziale, finisce in realt col non interrompere la prescrizione nella
maggior parte dei procedimenti penali.
24 Orbene, i procedimenti penali relativi a una frode fiscale come quella
contestata agli imputati comporterebbero, di norma, indagini assai complesse,
con la conseguenza che il procedimento si protrarrebbe a lungo gi nella fase
delle indagini preliminari. La durata del procedimento, cumulati tutti i gradi di
giudizio, sarebbe tale che, in questo tipo di casi, limpunit di fatto costituirebbe
in Italia non unevenienza rara, ma la norma. Peraltro, sarebbe spesso impos-
sibile per lamministrazione tributaria italiana recuperare limporto di imposte
che abbiano fatto oggetto del reato considerato.
25 In tale contesto, il giudice del rinvio ritiene che le disposizioni italiane di cui
trattasi autorizzino indirettamente una concorrenza sleale da parte di taluni
operatori economici stabiliti in Italia rispetto ad imprese con sede in altri Stati
membri, con conseguente violazione dellart. 101 TFUE. Peraltro, tali disposizioni
sarebbero idonee a favorire determinate imprese, in violazione dellart. 107
TFUE. Inoltre, dette disposizioni creerebbero, di fatto, unesenzione non prevista
allart. 158, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112. Infine, limpunit de facto di cui
godrebbero gli evasori fiscali violerebbe il principio direttivo, previsto allart. 119
TFUE, secondo cui gli Stati membri devono vigilare sul carattere sano delle loro
finanze pubbliche.
26 Il giudice del rinvio ritiene tuttavia che, qualora gli fosse consentito
disapplicare le disposizioni nazionali di cui trattasi, sarebbe possibile garantire
in Italia lapplicazione effettiva del diritto dellUnione.
27 Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale di Cuneo ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
1) [S]e, modificando con Legge n. 251 del 2005 lart. 160 ultimo comma del
Codice penale italiano - nella parte in cui contempla un prolungamento del
termine di prescrizione di appena un quarto a seguito di interruzione, e quindi,
consentendo la prescrizione dei reati nonostante il tempestivo esercizio del-
lazione penale, con conseguente impunit - sia stata infranta la norma a tutela
della concorrenza contenuta nellart. 101 del TFUE;
2) Se, modificando con Legge n. 251 del 2005 lart. 160 ultimo comma del
Codice penale italiano - nella parte in cui contempla un prolungamento del
termine di prescrizione di appena un quarto a seguito di interruzione, e quindi,
privando di conseguenze penali i reati commessi da operatori economici senza
scrupoli - lo Stato italiano abbia introdotto una forma di aiuto vietata dallart. 107
del TFUE;

784 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

3) Se, modificando con Legge n. 251 del 2005 lart. 160 ultimo comma del
Codice penale italiano - nella parte in cui contempla un prolungamento del
termine di prescrizione di appena un quarto a seguito di interruzione, e quindi,
creando unipotesi di impunit per coloro che strumentalizzano la Direttiva
comunitaria - lo Stato italiano abbia indebitamente aggiunto unesenzione
ulteriore rispetto a quelle tassativamente contemplate dallart. 158 della
Direttiva 2006/112/CE;
4) Se, modificando con Legge n. 251 del 2005 lart. 160 ultimo comma del
Codice penale italiano - nella parte in cui contempla un prolungamento del
termine di prescrizione di appena un quarto a seguito di interruzione, e quindi,
rinunciando a punire condotte che privano lo Stato delle risorse necessarie
anche a far fronte agli obblighi verso lUnione Europea, sia stato violato il
principio di finanze sane fissato dallart. 119 del TFUE.

SULLE QUESTIONI PREGIUDIZIALI


Sulla ricevibilit delle questioni
28 Il sig. Anakiev nonch i governi italiano e tedesco ritengono che le
questioni poste dal giudice del rinvio siano irricevibili. A tale riguardo, il sig.
Anakiev rileva che le disposizioni di diritto nazionale che stabiliscono le regole
sulla prescrizione per i reati in materia fiscale sono state oggetto di recente
modifica, ragion per cui le considerazioni del giudice del rinvio risultano infon-
date. I governi italiano e tedesco sostengono, in sostanza, che le questioni di
interpretazione poste dal giudice del rinvio sono puramente astratte o ipotetiche
e non hanno alcun rapporto con la realt effettiva o con loggetto del procedi-
mento principale.
29 In proposito, occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza
della Corte, nellambito della collaborazione tra questultima e i giudici nazionali
istituita dallart. 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui
stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilit delle-
mananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circo-
stanze del caso, sia la necessit di una pronuncia pregiudiziale ai fini
dellemanazione della propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che
sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorch le questioni sollevate riguar-
dano linterpretazione del diritto dellUnione, la Corte, in via di principio, tenuta
a statuire (v., in particolare, sentenza Banco Privado PortuguEs e Massa
Insolvente do Banco Privado PortuguEs, C-667/13, EU:C:2015:151, punto 34
e giurisprudenza ivi citata).
30 Ne consegue che le questioni relative al diritto dellUnione godono di una
presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione
pregiudiziale proposta da un giudice nazionale possibile soltanto qualora
appaia in modo manifesto che linterpretazione del diritto dellUnione richiesta
non ha alcun rapporto con la realt effettiva o con loggetto del procedimento
principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte
non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo

Rassegna Tributaria 3/2016 - 785


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utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenza Halaf,
C-528/11, EU:C:2013:342, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
31 Tuttavia, come in sostanza rilevato dallAvvocato Generale ai paragrafi
45 e seguenti delle sue conclusioni, i presupposti che possono condurre la Corte
a rifiutare di pronunciarsi sulle questioni poste risultano, nel caso di specie,
manifestamente insussistenti. Infatti, le indicazioni contenute nellordinanza di
rinvio consentono alla Corte di formulare risposte utili per il giudice del rinvio.
Inoltre, tali indicazioni sono idonee a consentire agli interessati menzionati
allart. 23 dello Statuto della Corte di Giustizia dellUnione Europea di pronun-
ciarsi in modo efficace.
32 Peraltro, dallordinanza di rinvio risulta chiaramente che le questioni
poste alla Corte non sono affatto di tipo ipotetico e che viene individuato un
rapporto con la realt effettiva della controversia principale, dato che tali
questioni vertono sullinterpretazione di varie disposizioni del diritto
dellUnione che il giudice del rinvio considera determinanti per la futura deci-
sione che sar chiamato a emanare nel procedimento principale, pi precisa-
mente per quel che riguarda il rinvio a giudizio degli imputati.
33 La domanda di pronuncia pregiudiziale deve pertanto essere dichiarata
ricevibile.

Sulla terza questione


34 Con la sua terza questione, che opportuno affrontare per prima, il
giudice del rinvio chiede, in sostanza, da un lato, se una normativa nazionale in
materia di prescrizione del reato come quella stabilita dalle disposizioni
nazionali di cui trattasi - normativa che prevedeva, allepoca dei fatti di cui al
procedimento principale, che latto interruttivo verificatosi nellambito di pro-
cedimenti penali riguardanti reati in materia di IVA comportasse il prolunga-
mento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale,
consentendo in tal modo agli imputati di beneficiare di unimpunit di fatto -
determini lintroduzione di unipotesi di esenzione dallIVA non prevista allart.
158 della Direttiva 2006/112. Daltro lato, in caso di risposta affermativa a tale
questione, il giudice del rinvio chiede se gli sia consentito disapplicare dette
disposizioni.

Sulla conformit al diritto dellUnione di una normativa nazionale come quella


stabilita dalle disposizioni nazionali di cui trattasi
35 Occorre in limine rilevare che, sebbene la terza questione faccia riferi-
mento allart. 158 della Direttiva 2006/112, emerge chiaramente dalla motiva-
zione dellordinanza di rinvio che, con tale questione, il giudice del rinvio mira a
determinare, in sostanza, se una normativa nazionale come quella stabilita
dalle disposizioni di cui trattasi non si risolva in un ostacolo allefficace lotta
contro la frode in materia di IVA nello Stato membro interessato, in modo
incompatibile con la Direttiva 2006/112 nonch, pi in generale, con il diritto
dellUnione.

786 - Rassegna Tributaria 3/2016


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36 A tale riguardo, si deve ricordare che, in base al combinato disposto della


Direttiva 2006/112 e dellart. 4, paragrafo 3, TUE, gli Stati membri hanno non
solo lobbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative idonee a
garantire che lIVA dovuta nei loro rispettivi territori sia interamente riscossa, ma
devono anche lottare contro la frode (v., in tal senso, sentenza Akerberg
Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).
37 Inoltre, lart. 325 TFUE obbliga gli Stati membri a lottare contro le attivit
illecite lesive degli interessi finanziari dellUnione con misure dissuasive ed
effettive e, in particolare, li obbliga ad adottare, per combattere la frode lesiva
degli interessi finanziari dellUnione, le stesse misure che adottano per com-
battere la frode lesiva dei loro interessi finanziari (v. sentenza Akerberg
Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
38 La Corte ha in proposito sottolineato che, poich le risorse proprie
dellUnione comprendono in particolare, ai sensi dellart. 2, paragrafo 1, lett.
b), della decisione 2007/436, le entrate provenienti dallapplicazione di unali-
quota uniforme agli imponibili IVA armonizzati determinati secondo regole
dellUnione, sussiste quindi un nesso diretto tra la riscossione del gettito
dellIVA nellosservanza del diritto dellUnione applicabile e la messa a dispo-
sizione del bilancio dellUnione delle corrispondenti risorse IVA, dal momento
che qualsiasi lacuna nella riscossione del primo determina potenzialmente una
riduzione delle seconde (v. sentenza Akerberg Fransson, C-617/10, EU:
C:2013:105, punto 26).
39 Se pur vero che gli Stati membri dispongono di una libert di scelta delle
sanzioni applicabili, che possono assumere la forma di sanzioni amministrative,
di sanzioni penali o di una combinazione delle due, al fine di assicurare la
riscossione di tutte le entrate provenienti dallIVA e tutelare in tal modo gli
interessi finanziari dellUnione conformemente alle disposizioni della Direttiva
2006/112 e allart. 325 TFUE (v., in tal senso, sentenza Akerberg Fransson,
C-617/10, EU:C:2013:105, punto 34 e giurisprudenza ivi citata), possono
tuttavia essere indispensabili sanzioni penali per combattere in modo effettivo
e dissuasivo determinate ipotesi di gravi frodi in materia di IVA.
40 Occorre del resto ricordare che, ai sensi dellart. 2, paragrafo 1, della
Convenzione PIF, gli Stati membri devono prendere le misure necessarie
affinch le condotte che integrano una frode lesiva degli interessi finanziari
dellUnione siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissua-
sive che comprendano, almeno nei casi di frode grave, pene privative della
libert.
41 La nozione di frode definita allart. 1 della Convenzione PIF come
qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa (...) allutilizzo o alla pre-
sentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua
la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale [dellUnione] o dei
bilanci gestiti [dallUnione] o per conto di ess[a]. Tale nozione include, di
conseguenza, le entrate provenienti dallapplicazione di unaliquota uniforme
agli imponibili IVA armonizzati determinati secondo regole dellUnione. Questa

Rassegna Tributaria 3/2016 - 787


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conclusione non pu essere infirmata dal fatto che lIVA non sarebbe riscossa
direttamente per conto dellUnione, poich lart. 1 della Convenzione PIF non
prevede affatto un presupposto del genere, che sarebbe contrario allobiettivo di
tale Convenzione di combattere con la massima determinazione le frodi che
ledono gli interessi finanziari dellUnione.
42 Nel caso di specie, dallordinanza di rinvio emerge che la normativa
nazionale prevede sanzioni penali per i reati perseguiti nel procedimento
principale, vale a dire, in particolare, la costituzione di unassociazione per
delinquere allo scopo di commettere delitti in materia di IVA nonch una frode
nella medesima materia per vari milioni di euro. Si deve rilevare come simili reati
costituiscano casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellUnione.
43 Orbene, dallinsieme delle considerazioni svolte ai punti 37 e da 39 a 41
della presente sentenza emerge che gli Stati membri devono assicurarsi che
casi siffatti di frode grave siano passibili di sanzioni penali dotate, in particolare,
di carattere effettivo e dissuasivo. Peraltro, le misure prese a tale riguardo
devono essere le stesse che gli Stati membri adottano per combattere i casi
di frode di pari gravit che ledono i loro interessi finanziari.
44 Il giudice nazionale quindi tenuto a verificare, alla luce di tutte le
circostanze di diritto e di fatto rilevanti, se le disposizioni nazionali applicabili
consentano di sanzionare in modo effettivo e dissuasivo i casi di frode grave che
ledono gli interessi finanziari dellUnione.
45 Si deve in proposito precisare che n il giudice del rinvio n gli interessati
che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno sollevato dubbi sul carat-
tere dissuasivo, in s, delle sanzioni penali indicate da detto giudice, ossia della
pena della reclusione fino a sette anni, e neppure sulla conformit al diritto
dellUnione della previsione, nel diritto penale italiano, di un termine di prescri-
zione per i fatti costitutivi di una frode che lede gli interessi finanziari dellUnione.
46 Tuttavia, dallordinanza di rinvio emerge che le disposizioni nazionali di
cui trattasi, introducendo una regola in base alla quale, in caso di interruzione
della prescrizione per una delle cause menzionate allart. 160 del Codice
penale, il termine di prescrizione non pu essere in alcun caso prolungato di
oltre un quarto della sua durata iniziale, hanno per conseguenza, date la
complessit e la lunghezza dei procedimenti penali che conducono alladozione
di una sentenza definitiva, di neutralizzare leffetto temporale di una causa di
interruzione della prescrizione.
47 Qualora il giudice nazionale dovesse concludere che dallapplicazione
delle disposizioni nazionali in materia di interruzione della prescrizione conse-
gue, in un numero considerevole di casi, limpunit penale a fronte di fatti
costitutivi di una frode grave, perch tali fatti risulteranno generalmente prescritti
prima che la sanzione penale prevista dalla legge possa essere inflitta con
decisione giudiziaria definitiva, si dovrebbe constatare che le misure previste dal
diritto nazionale per combattere contro la frode e le altre attivit illegali che
ledono gli interessi finanziari dellUnione non possono essere considerate
effettive e dissuasive, il che sarebbe in contrasto con lart. 325, paragrafo 1,

788 - Rassegna Tributaria 3/2016


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TFUE, con lart. 2, paragrafo 1, della Convenzione PIF nonch con la Direttiva
2006/112, in combinato disposto con lart. 4, paragrafo 3, TUE.
48 Inoltre, il giudice nazionale dovr verificare se le disposizioni nazionali
di cui trattasi si applichino ai casi di frode in materia di IVA allo stesso modo che
ai casi di frode lesivi dei soli interessi finanziari della Repubblica italiana, come
richiesto dallart. 325, paragrafo 2, TFUE. Ci non avverrebbe, in particolare,
se lart. 161, comma 2, del Codice penale stabilisse termini di prescrizione pi
lunghi per fatti, di natura e gravit comparabili, che ledano gli interessi
finanziari della Repubblica italiana. Orbene, come osservato dalla
Commissione Europea nelludienza dinanzi alla Corte, e con riserva di verifica
da parte del giudice nazionale, il diritto nazionale non prevede, in particolare,
alcun termine assoluto di prescrizione per quel che riguarda il reato di asso-
ciazione allo scopo di commettere delitti in materia di accise sui prodotti del
tabacco.
Sulle conseguenze di uneventuale incompatibilit delle disposizioni nazio-
nali di cui trattasi con il diritto dellUnione e sul ruolo del giudice nazionale.
49 Qualora il giudice nazionale giungesse alla conclusione che le disposi-
zioni nazionali di cui trattasi non soddisfano gli obblighi del diritto dellUnione
relativi al carattere effettivo e dissuasivo delle misure di lotta contro le frodi
allIVA, detto giudice sarebbe tenuto a garantire la piena efficacia del diritto
dellUnione disapplicando, alloccorrenza, tali disposizioni e neutralizzando
quindi la conseguenza rilevata al punto 46 della presente sentenza, senza
che debba chiedere o attendere la previa rimozione di dette disposizioni in via
legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (v., in tal
senso, sentenze Berlusconi e a., C-387/02, C-391/02 e C-403/02, EU:
C:2005:270, punto 72 e giurisprudenza ivi citata, nonch Kucukdeveci,
C-555/07, EU:C:2010:21, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).
50 A tale riguardo, necessario sottolineare che lobbligo degli Stati membri
di lottare contro le attivit illecite lesive degli interessi finanziari dellUnione con
misure dissuasive ed effettive nonch il loro obbligo di adottare, per combattere
la frode lesiva degli interessi finanziari dellUnione, le stesse misure che adot-
tano per combattere la frode lesiva dei loro interessi finanziari sono obblighi
imposti, in particolare, dal diritto primario dellUnione, ossia dallart. 325, para-
grafi 1 e 2, TFUE.
51 Tali disposizioni del diritto primario dellUnione pongono a carico degli
Stati membri un obbligo di risultato preciso e non accompagnato da alcuna
condizione quanto allapplicazione della regola in esse enunciata, ricordata al
punto precedente.
52 In forza del principio del primato del diritto dellUnione, le disposizioni
dellart. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE hanno leffetto, nei loro rapporti con il diritto
interno degli Stati membri, di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso
della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legisla-
zione nazionale esistente (v. in tal senso, in particolare, sentenza ANAFE,
C-606/10, EU:C:2012:348, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 789


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53 Occorre aggiungere che se il giudice nazionale dovesse decidere di


disapplicare le disposizioni nazionali di cui trattasi, egli dovr allo stesso tempo
assicurarsi che i diritti fondamentali degli interessati siano rispettati. Questi
ultimi, infatti, potrebbero vedersi infliggere sanzioni alle quali, con ogni
probabilit, sarebbero sfuggiti in caso di applicazione delle suddette disposi-
zioni di diritto nazionale.
54 A tale riguardo, diversi interessati che hanno presentato osservazioni alla
Corte hanno fatto riferimento allart. 49 della Carta dei diritti fondamentali
dellUnione Europea (in prosieguo: la Carta), che sancisce i principi di
legalit e di proporzionalit dei reati e delle pene, in base ai quali, in particolare,
nessuno pu essere condannato per unazione o unomissione che, al momento
in cui stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto
internazionale.
55 Tuttavia, con riserva di verifica da parte del giudice nazionale, la
disapplicazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi avrebbe soltanto
per effetto di non abbreviare il termine di prescrizione generale nellambito di
un procedimento penale pendente, di consentire un effettivo perseguimento
dei fatti incriminati nonch di assicurare, alloccorrenza, la parit di tratta-
mento tra le sanzioni volte a tutelare, rispettivamente, gli interessi finanziari
dellUnione e quelli della Repubblica italiana. Una disapplicazione del diritto
nazionale siffatta non violerebbe i diritti degli imputati, quali garantiti dallart. 49
della Carta.
56 Infatti, non ne deriverebbe affatto una condanna degli imputati per
unazione o unomissione che, al momento in cui stata commessa, non
costituiva un reato punito dal diritto nazionale (v., per analogia, sentenza
Niselli, C-457/02, EU:C:2004:707, punto 30), n lapplicazione di una sanzione
che, allo stesso momento, non era prevista da tale diritto. Al contrario, i fatti
contestati agli imputati nel procedimento principale integravano, alla data della
loro commissione, gli stessi reati ed erano passibili delle stesse sanzioni penali
attualmente previste.
57 La giurisprudenza della Corte europea dei diritti delluomo relativa allart.
7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle
libert fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, che sancisce diritti
corrispondenti a quelli garantiti dallart. 49 della Carta, avvalora tale conclu-
sione. Secondo tale giurisprudenza, infatti, la proroga del termine di prescri-
zione e la sua immediata applicazione non comportano una lesione dei diritti
garantiti dallart. 7 della suddetta Convenzione, dato che tale disposizione non
pu essere interpretata nel senso che osta a un allungamento dei termini di
prescrizione quando i fatti addebitati non si siano ancora prescritti [v., in tal
senso, Corte eur. D.U., sentenze Coeme e a. c. Belgio, nn. 32492/96, 32547/96,
32548/96, 33209/96 e 33210/96, 149, CEDU 2000-VII; Scoppola c. Italia (n. 2)
del 17 settembre 2009, n. 10249/03, 110 e giurisprudenza ivi citata, e OAO
Neftyanaya Kompaniya Yukos c. Russia del 20 settembre 2011, n. 14902/04,
563, 564 e 570 e giurisprudenza ivi citata].

790 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

58 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla


terza questione che una normativa nazionale in materia di prescrizione del
reato come quella stabilita dalle disposizioni nazionali di cui trattasi -
normativa che prevedeva, allepoca dei fatti di cui al procedimento princi-
pale, che latto interruttivo verificatosi nellambito di procedimenti penali
riguardanti frodi gravi in materia di IVA comportasse il prolungamento del
termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale - idonea
a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dallart. 325, paragrafi 1
e 2, TFUE nellipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di
infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di
casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellUnione, o in cui
preveda, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato
membro interessato, termini di prescrizione pi lunghi di quelli previsti per i
casi di frode che ledono gli interessi finanziari dellUnione, circostanze che
spetta al giudice nazionale verificare. Il giudice nazionale tenuto a dare
piena efficacia allart. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE disapplicando, alloccor-
renza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo
Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dallart. 325,
paragrafi 1 e 2, TFUE.

Sulle questioni prima, seconda e quarta


59 Con la sua prima, seconda e quarta questione, da esaminarsi congiun-
tamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un regime di prescrizione
applicabile a reati commessi in materia di IVA, come quello previsto dalle
disposizioni nazionali di cui trattasi nella loro versione vigente alla data dei
fatti di cui al procedimento principale, possa essere valutato alla luce degli
artt. 101 TFUE, 107 TFUE e 119 TFUE.
60 Per quanto riguarda, in primo luogo, lart. 101 TFUE, esso vieta tutti gli
accordi tra imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il
commercio tra gli Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di
impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza allinterno del mercato
interno. Come in sostanza rilevato dallAvvocato Generale al paragrafo 60 delle
sue conclusioni, unattuazione eventualmente carente delle disposizioni penali
nazionali in materia di IVA non ha tuttavia una necessaria incidenza su possibili
comportamenti collusivi tra imprese, contrari allart. 101 TFUE, in combinato
disposto con lart. 4, paragrafo 3, TUE.
61 Con riferimento, in secondo luogo, al divieto degli aiuti di Stato previsto
allart. 107 TFUE, occorre ricordare che una misura mediante la quale le
pubbliche autorit accordino a determinate imprese un trattamento fiscale
vantaggioso che, pur non implicando un trasferimento di risorse statali, collochi
i beneficiari in una situazione finanziaria pi favorevole rispetto agli altri con-
tribuenti costituisce aiuto di Stato ai sensi dellart. 107, paragrafo 1, TFUE (v., in
particolare, sentenza P, C-6/12, EU:C:2013:525, punto 18 e giurisprudenza ivi
citata).

Rassegna Tributaria 3/2016 - 791


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A. FRANCO - PRESCRIZIONE BREVE PER REATI IN MATERIA DI IVA

62 Orbene, se il carattere non effettivo e/o non dissuasivo delle sanzioni


previste in materia di IVA pu eventualmente procurare un vantaggio finanziario
alle imprese interessate, lapplicazione dellart. 107 TFUE non pu tuttavia
assumere rilievo nel caso di specie, dal momento che tutte le transazioni
sono soggette al regime di IVA e che qualsiasi reato in materia di IVA
penalmente sanzionato, a prescindere da casi particolari nei quali il regime
della prescrizione potrebbe privare determinati reati di conseguenze penali.
63 In terzo luogo, quanto allart. 119 TFUE, tale disposizione menziona, al
paragrafo 3, tra i principi direttivi che devono governare le azioni degli Stati
membri nellambito dellinstaurazione di una politica economica e monetaria, il
principio secondo cui gli Stati membri devono vigliare sul carattere sano delle
loro finanze pubbliche.
64 Orbene, si deve rilevare che la questione riguardante la conformit al
suddetto principio di finanze pubbliche sane delle disposizioni di diritto nazio-
nale di cui trattasi, che possono lasciare impuniti determinati reati in materia di
IVA, non rientra nella sfera di applicazione dellart. 119 TFUE, dato che il
collegamento tra tale questione e il suddetto obbligo gravante sugli Stati membri
molto indiretto.
65 Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alla prima, alla
seconda e alla quarta questione che un regime della prescrizione applicabile
a reati commessi in materia di IVA, come quello previsto dalle disposizioni
nazionali di cui trattasi nella loro versione vigente alla data dei fatti di cui al
procedimento principale, non pu essere valutato alla luce degli artt. 101 TFUE,
107 TFUE e 119 TFUE.

SULLE SPESE - 66 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la


presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale,
cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M. - Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:


1) Una normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella
stabilita dal combinato disposto dellart. 160, ultimo comma, del Codice penale,
come modificato dalla Legge 5 dicembre 2005, n. 251, e dellart. 161 di tale
Codice - normativa che prevedeva, allepoca dei fatti di cui al procedimento
principale, che latto interruttivo verificatosi nellambito di procedimenti penali
riguardanti frodi gravi in materia di imposta sul valore aggiunto comportasse il
prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata
iniziale - idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dallart.
325, paragrafi 1 e 2, TFUE nellipotesi in cui detta normativa nazionale impedi-
sca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di
casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dellUnione Europea, o in cui
preveda, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro
interessato, termini di prescrizione pi lunghi di quelli previsti per i casi di frode

792 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

che ledono gli interessi finanziari dellUnione Europea, circostanze che spetta al
giudice nazionale verificare. Il giudice nazionale tenuto a dare piena efficacia
allart. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE disapplicando, alloccorrenza, le disposizioni
nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di
rispettare gli obblighi impostigli dallart. 325, paragrafi 1 e 2, TFUE.
2) Un regime della prescrizione applicabile a reati commessi in materia di
imposta sul valore aggiunto, come quello previsto dal combinato disposto
dellart. 160, ultimo comma, del Codice penale, come modificato dalla Legge
5 dicembre 2005, n. 251, e dellart. 161 di tale Codice, non pu essere valutato
alla luce degli artt. 101 TFUE, 107 TFUE e 119 TFUE.

Brevi note su aiuti di Stato e selettivit materiale alla luce della recente
sentenza della Corte di Giustizia UE relativa alla prescrizione breve per
reati in materia di IVA

SOMMARIO. 1. Introduzione - 2. Aiuti di Stato e provvedimenti di condono nella


giurisprudenza recente della Corte di Giustizia UE - 3. La configurabilit di aiuti di
Stato nelle fattispecie oggetto della sentenza Taricco - 4. (segue) La distinzione tra
frodi gravi e non gravi quale caso (paradossale) di selettivit introdotto dalla
Corte? - 5. Sullesistenza di un vantaggio finanziario per talune imprese o
produzioni.

1. Introduzione - La Corte di Giustizia UE, nella sentenza dell8 settembre


2015 (causa C-105/2014), si espressa in merito ad un rinvio pregiudiziale
proposto dal Tribunale di Cuneo in relazione a diverse questioni, tra cui se il
regime di prescrizione c.d. breve possa rappresentare, nella sua applica-
zione ai reati tributari (ed in specie ai reati in materia di IVA), un aiuto di
Stato ai sensi dellart. 107 del Trattato sul funzionamento dellUnione
Europea (TFUE)1.

1
Tale articolo prevede al comma 1 che salvo deroghe contemplate dai trattati, sono
incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati
membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma
che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concor-
renza. Pi in generale, la Corte si espressa su quattro questioni relative allintroduzione della
c.d. prescrizione breve nel 2005 (par. 27 della sentenza): 1) [s]e [] consentendo la prescri-
zione dei reati nonostante il tempestivo esercizio dellazione penale, con conseguente impunit
- sia stata infranta la norma a tutela della concorrenza contenuta nellart. 101 del TFUE; 2) se
[] privando di conseguenze penali i reati commessi da operatori economici senza scrupoli - lo
Stato italiano abbia introdotto una forma di aiuto vietata dallart. 107 del TFUE; 3) se []
creando unipotesi di impunit per coloro che strumentalizzano la Direttiva comunitaria - lo
Stato italiano abbia indebitamente aggiunto unesenzione ulteriore rispetto a quelle tassati-
vamente contemplate dallart. 158 della Direttiva 2006/112/CE; 4) se [] rinunciando a punire
condotte che privano lo Stato delle risorse necessarie anche a far fronte agli obblighi verso
lUnione Europea, sia stato violato il principio di finanze sane fissato dallart. 119 del TFUE.
Nel prosieguo si esaminer unicamente la questione sub 2; per un commento relativo agli

Rassegna Tributaria 3/2016 - 793


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A. FRANCO - PRESCRIZIONE BREVE PER REATI IN MATERIA DI IVA

In tal modo, la Corte stata chiamata a pronunciarsi anche su una


nozione, quella di selettivit, ed in particolare di selettivit sul piano mate-
riale, sempre pi cruciale ai fini dellindividuazione di un aiuto di Stato, in
quanto ne rappresenta un fondamentale elemento costitutivo2. Pi in detta-
glio, la Corte nega (conformemente a quanto rilevato dallAvvocato
Generale nelle Conclusioni) che possa riscontrarsi una misura avente
carattere selettivo nel ridotto termine di prescrizione di taluni reati in
materia di IVA e nella conseguente assenza, di fatto, di sanzioni penali
effettive in un numero significativo di casi3. Difatti, secondo la Corte ci
invero potenzialmente in grado di comportare un vantaggio finanziario per
le imprese (quantomeno, rispetto ad altri ordinamenti pi restrittivi),
vantaggio che tuttavia vale indistintamente per tutte le imprese soggette
al diritto penale nazionale, e pertanto non pu ritenersi selettivo in quanto
non favorisce determinate imprese o settori di imprese rispetto ad altri4.
Nella sentenza in commento, la Corte sembra quindi decidere sostan-
zialmente in conformit ad altre pronunce che hanno riguardato legisla-
zioni condonistiche, ovverosia la sentenza 3M (sentenza 29 marzo 2012,
causa C417/10) e lordinanza Safilo (ordinanza 29 marzo 2012, causa C-529/
10); tuttavia, come si esporr nel prosieguo, tale decisione non era invero
scontata, tant che sembrano permanere alcune questioni in relazione alla
selettivit di fatto delle misure esaminate alla Corte. Di conseguenza, nel
successivo paragrafo saranno innanzitutto esaminati i principi enunciati
dalla Corte nelle sentenze sopra citate, nonch la giurisprudenza europea in
materia di condono IVA, per poi esaminare la recente pronuncia ed effet-
tuare alcune considerazioni in merito al concetto di selettivit.

2. Aiuti di Stato e provvedimenti di condono nella giurisprudenza recente della


Corte di Giustizia UE - Come gi accennato nel precedente paragrafo, il
requisito della selettivit rappresenta un elemento essenziale al fine della
qualificazione di una misura come aiuto di Stato; tuttavia, nel diritto

aspetti penal-tributari e sulle problematiche di anti dalla possibile disapplicazione a della


prescrizione in relazione al resto tributario in materia di IVA si veda O. Mazza, Il sasso nello
stagno: la sentenza europea sulla prescrizione e il crepuscolo della legalit penale, in questa
Rivista, n. 6/2015, pag. 1552 ss. Per un commento generale alla sentenza si rinvia inoltre a
M. Thione, M. Bargagli, Contrastano con il diritto UE le norme nazionali sulla prescrizione dei
reati per gravi frodi IVA, in il fisco, n. 37/2015, pag. 3569 ss.
2
Si veda al riguardo, tra le altre, le sentenze 6 settembre 2006, causa C-88/03 (Portogallo/
Commissione, in merito al regime speciale per la Regione autonoma delle Azzorre), punto 54.
3
Conclusioni dellAvvocato Generale Juliane Kokott presentate il 30 aprile 2015,
punto 61.
4
La Corte afferma infatti (par. 62 della sentenza) che lapplicazione dellart. 107 TFUE
non pu essere invocata nel caso di specie, poich tutte le transazioni sono soggette al regime
di IVA e qualsiasi reato in materia di IVA penalmente sanzionato, a prescindere da casi
particolari nei quali il regime della prescrizione potrebbe privare determinati reati di conse-
guenze penali.

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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

dellUnione mancano precisi criteri identificativi della selettivit, e pertanto


tale nozione derivata in primo luogo dalla giurisprudenza comunitaria,
soprattutto per quanto concerne la materia fiscale5.
Il principale approccio seguito dalla Corte nellesame circa la selettivit
di una norma tributaria quello comparativo, ovverosia determinare
(anche alla luce dello scopo del provvedimento interessato, come si vedr
meglio in seguito) se una determinata norma sia in grado di favorire alcune
imprese rispetto ad altre: infatti, se una misura non selettiva (ovverosia,
non favorisce alcune imprese rispetto ad altre che si trovano in una situa-
zione fattuale e giuridica analoga), tale misura non costituisce aiuto di
Stato6. In altri termini, quindi, la verifica circa la compatibilit di una
disposizione nazionale con la disciplina in tema di aiuti di Stato deve
appurare se tale disposizione benefici una o pi imprese e non possa
conseguentemente considerarsi come una misura di carattere generale,
applicabile in maniera automatica ed in modo indiscriminato a tutte le
imprese e i settori di uno Stato membro7.
A tale approccio consegue che il principale criterio nel valutare se una
norma tributaria sia selettiva o meno (ovverosia, il c.d. test di selettivit)
consiste nel fare riferimento ai principi del sistema fiscale dello Stato
membro8. necessario infatti esaminare se la norma in questione costitui-
sca o meno una deroga al sistema fiscale nel suo complesso, poich, nel caso
in cui tale norma deroghi rispetto ai principi ordinari del sistema, tale

5
Cfr. F. Amatucci, Il ruolo del giudice nazionale in materia di aiuti fiscali, in Rass. trib.
n. 5/2008, pag. 1282.
6
La norma in esame, infatti, non si pone lobiettivo di censurare ogni misura potenzial-
mente in grado di falsare la concorrenza, ma unicamente i meccanismi che possono provocare
una discriminazione tre imprese, in quanto le misure che hanno effetto sullintera economia di
uno Stato e sulla totalit del suo territorio non costituiscono aiuti di Stato, ma misure di portata
generale che esprimono il potere degli Stati membri di definire la propria politica economica
(G. Graziano, La selettivit e gli aiuti regionali, in L. Salvini (a cura di), Aiuti di Stato in materia
fiscale, Padova, 2007). Pertanto, con specifico riferimento alle misure agevolative, chiaro che
le misure agevolative di carattere generale non rientrano nella sfera di applicazione del divieto
di aiuti di Stato, nella quale rientrano invece le misure agevolative destinate a talune imprese o
produzioni, bens al limite nella disciplina in materia di armonizzazione delle legislazioni di cui
al Trattato. Occorre inoltre considerare che la selettivit in materia fiscale pu riguardare
diversi ambiti, quali lindividuazione di un beneficiario o di un determinato settore, lattribu-
zione di un potere discrezionale allAmministrazione finanziaria, o la previsione di criteri
materialmente o territorialmente selettivi (F. Amatucci, op. cit., in Rass. trib., n. 5/2008,
pag. 1282).
7
R. Succio, Il divieto di aiuti di Stato, in C. Sacchetto (a cura di), Principi di diritto
tributario europeo e internazionale, Torino, 2011, pag. 169; C. Fontana, Gli aiuti di Stato di
natura fiscale, Torino, 2012, pagg. 100-101.
8
infatti chiaro, come rileva C. Fontana (op. cit., 2012, pag. 101), che le misure di pura
tecnica fiscale, quali la fissazione delle aliquote di imposta, le regole di deprezzamento e di
ammortamento, le regole in materia di riporto delle perdite fiscali, nonch le disposizioni per
evitare la doppia imposizione e levasione fiscale, non siano vietate purch si applichino
indistintamente a tutte le imprese e a tutte le produzioni.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 795


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A. FRANCO - PRESCRIZIONE BREVE PER REATI IN MATERIA DI IVA

deroga potr essere considerata dalla Corte una forma di selettivit della
misura fiscale in contrasto con la disciplina in materia di aiuti di Stato.
Con riferimento ai provvedimenti di condono, lordinamento italiano
stato pi volte interessato da pronunce della Corte di Giustizia in merito alla
legittimit di tali norme con il diritto comunitario e con la disciplina degli
aiuti di Stato. Tra le pronunce pi recenti si possono annoverare le sentenze
3M e Safilo, relative alla definizione delle controversie ultradecennali pen-
denti in Cassazione ex art. 3, comma 2-bis, del D.L. n. 40/2010, le quali
presentano, sul tema degli aiuti di Stato, numerosi punti di contatto con la
sentenza in commento9.
Pi in dettaglio, in relazione alla disciplina in parola, la Corte di cassa-
zione effettu un rinvio pregiudiziale alla CGE, con ordinanza n. 18055 del
4 agosto 2010, ritenendo sussistenti gli estremi per qualificare tale norma
come aiuto di Stato, ed evidenziando la selettivit della misura sulla base del
fatto che essa avrebbe procurato un vantaggio economico solamente ad un
numero ristretto di beneficiari10. La Corte UE, al contrario, afferm che la
normativa in questione, in quanto applicabile alla generalit dei contri-
buenti, non poteva ritenersi selettiva per il solo fatto che essa fosse riservata
solo a coloro che si trovavano in una determinata fattispecie (ricorso
proposto da pi di dieci anni, con lAmministrazione finanziaria

9
In sintesi, tale norma fa riferimento alle controversie che alla data di conversione del
D.L. n. 40/2010, ovverosia il 26 maggio 2010, erano pendenti da oltre dieci anni (i.e., il ricorso
introduttivo del giudizio stato iscritto a ruolo entro la data del 25 maggio 2000) e che hanno
visto soccombente lAmministrazione finanziaria nei precedenti gradi di merito del giudizio;
per la definizione in sede di giudizi di legittimit era richiesto il pagamento di un importo pari al
5% del valore della controversia e la presentazione di unapposita istanza. Tale norma quindi
una misura di definizione agevolata di carattere processuale, che sarebbe inquadrabile nella
nozione di condono c.d. impuro (in quanto prevede non solo labbandono della pretesa
sanzionatoria, ma anche della riduzione della pretesa impositiva) e che rimette al contribuente
la scelta di usufruire o meno di tale norma, sulla base di una valutazione di opportunit e di
convenienza (V. Nucera, La Corte di Giustizia si pronuncia sulla chiusura delle liti fiscali
ultradecennali: la legislazione condonistica italiana torna di scena in Europa, in Rass. trib.
n. 6/2012, pag. 1600). Sul tema si vedano anche M. Scuffi, Aiuti di Stato e misure fiscali:
i contributi della giurisprudenza tributaria italiana, in Riv. dir. trib. n. 10/2012, pag. 925 ss.,
G. Scifoni, E. Ribacchi, Definizione delle liti ultradecennali e rilevanza esclusiva dei giudizi di
merito secondo la Cassazione, in Corr. Trib. n. 47/2013, pag. 3747 ss.
10
Rileva sul punto V. Nucera (op. cit., in Rass. trib. n. 6/2012, pag. 1600) che lordinanza
di rimessione interamente percorsa da questa tensione critica che sembra, in alcuni momenti,
trascendere la fattispecie concreta e la singola norma nazionale denunciata, coinvolgendo
listituto del condono fiscale in quanto tale [] di cui si prospetta lidoneit quasi fisiologica a
porsi in contrasto con i principi europei, soprattutto di concorrenza e non discriminazione.
Limpressione che la Cassazione non abbia voluto semplicemente sottoporre un dubbio
interpretativo, ma piuttosto stimolare la Corte di Giustizia ad una riflessione pi generale sulla
legittimit comunitaria delle misure in questione, anche in considerazione della loro periodica
riedizione da parte del legislatore interno. Sullordinanza di rinvio della Suprema Corte si veda
inoltre F. Tundo, Definizione agevolata delle liti ultradecennali tra abuso del diritto e aiuti di
Stato, in GT - Riv. giur. trib., n. 11/2010, pag. 971 ss.

796 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

soccombente nei primi due gradi di giudizio), poich i contribuenti esclusi


dallambito di applicazione di tale norma non si trova[va]no in una situa-
zione fattuale e giuridica analoga ai contribuenti che ne potevano benefi-
ciare in relazione allobiettivo perseguito dal legislatore, che consiste nel
garantire il rispetto del principio del termine ragionevole.
Da quanto sopra esposto si pu evincere che nelle pronunce del 2012 la
Corte non ha ritenuto che la selettivit si possa basare solo sulla distinzione
tra violatori della legge ed operatori corretti, essendo queste due cate-
gorie di contribuenti in una situazione giuridica e fattuale per loro natura
non analoga11. Tuttavia, sembra potersi notare come lesame circa la sussi-
stenza della selettivit non viene condotto dalla Corte in maniera, per cos
dire, asettica, ovverosia avendo a riferimento esclusivamente la nozione di
selettivit enunciata allinizio del presente paragrafo, bens da un punto di
vista lato sensu teleologico, poich viene posta in relazione con la finalit
della norma e con altri principi di carattere generale12. In altri termini, una
legge di condono (seppur processuale) come la definizione delle liti ultra-
decennali appare essere chiaramente selettiva se esaminata ex se: infatti
evidente che per sua natura una tale misura sia limitata nel tempo e nel
novero dei soggetti potenziali beneficiari, e che essa sia difficilmente giu-
stificabile sulla base della struttura generale del sistema fiscale13.

11
Autorevole dottrina ritiene che nellipotesi di legislazioni di condono si sia dinanzi ad
un palese aiuto di Stato, poich nelle numerose fattispecie in cui la legge di condono ha come
destinatarie le imprese [] e nelle quali il premio non consiste solo nellabbandono delle
sanzioni ma anche nella manipolazione degli indici di riparto e nel parziale azzeramento del
tributo, palesemente si viene ad accordare un aiuto di Stato alle imprese, aiuto non riservato a
tutti gli operatori ma ad una esigua parte di essi (i violatori della legge) (G. Falsitta, Giustizia
tributaria e tirannia fiscale, Milano, 2008, pag. 316). Sulla stessa linea, proprio al riguardo della
definizione agevolata delle liti ultradecennali, stato affermato che tale disciplina rischia []
di consolidare una situazione di disparit di trattamento tra chi ha fatto il proprio dovere fino in
fondo e chi, invece, non lo ha fatto (M. Beghin, Definizione delle liti ultradecennali tra
principi generali di diritto comunitario e costituzionale, in Corr. Trib. n. 40/2010, pag. 3273).
12
Sulla natura relazionale della selettivit si veda G. Bizioli (Il processo di integrazione dei
principi tributari nel rapporto fra ordinamento costituzionale, comunitario e diritto internazio-
nale, Padova, 2008, pag. 171), secondo cui il concetto di selettivit non [] un concetto
assoluto ma di relazione, poich richiede di individuare e comparare le disposizioni fiscali di
favore ed il regime tributario ordinario (o generale).
13
V. Nucera, op. cit., in Rass. trib. n. 6/2012, pag. 1600. In relazione a tali circostanze (che
sembrano invero confermare la selettivit della norma, anzich smentirla) la CGE, nella
sentenza 3M, specifica che il fatto che solo i contribuenti che soddisfano tali condizioni
possono beneficiare di detta misura non pu, di per s, conferire a questultima carattere
selettivo [] i soggetti che non possono avervi diritto non si trovano in una situazione fattuale e
giuridica analoga a quelli di detti contribuenti in relazione allobiettivo perseguito dal legi-
slatore nazionale, che consiste nel garantire il rispetto del principio del termine ragionevole.
ero che lapplicazione di detta misura limitata nel tempo [] Tuttavia, da un lato, tale
limitazione inerente a questo tipo di misure, che possono essere soltanto circoscritte nel
tempo [].

Rassegna Tributaria 3/2016 - 797


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A. FRANCO - PRESCRIZIONE BREVE PER REATI IN MATERIA DI IVA

Se lesame della giurisprudenza della Corte fosse circoscritto a quanto


appena indicato, si potrebbe forse concludere che, per il fatto che le misure
in parola sono selettive, esse siano in ogni caso da considerarsi aiuti di Stato,
e quindi che la loro legittimit nellordinamento comunitario possa derivare
solamente da un contemperamento, da parte della Corte, dei diversi principi
contenuti nel TFUE. In altri termini, si potrebbe affermare che tali misure
sono comunque da qualificarsi come aiuti di Stato, per quanto tollerati
dalla Corte poich posti in relazione con altri principi di pari rango. Occorre
tuttavia considerare un altro dato importante riscontrabile nella giurispru-
denza della Corte, ovverosia che il carattere selettivo di una misura fiscale
non qualifica necessariamente la stessa quale aiuto di Stato. In altri termini,
pu essere che una misura sia selettiva, in quanto favorisce determinate
imprese o produzioni, ma che essa non costituisca un aiuto di Stato. Infatti,
come ha affermato la CGE, il carattere selettivo di una misura pu essere
giustificato dalla natura o dalla struttura del sistema14.
Tale giustificazione sembra essere, nella ricostruzione delliter interpre-
tativo della Corte di Giustizia, decisiva nellaffermare la legittimit delle
disposizioni in esame e la non configurabilit delle stesse quali aiuti di Stato:
difatti, la differenza tra la situazione fattuale e giuridica tra le imprese
potenziali beneficiarie e le altre imprese, pur presente e riscontrabile
sulla base di una comparazione per cos dire statica, non indurrebbe a
ritenere tale selettivit come rilevante ai fini della disciplina degli aiuti di
Stato poich messa in relazione allobiettivo perseguito dal legislatore
nazionale (ovverosia, garantire il rispetto del principio del termine
ragionevole)15.

3. La configurabilit di aiuti di Stato nelle fattispecie oggetto della sentenza


Taricco - I principi sopra delineati con riferimento alla giurisprudenza della
Corte di Giustizia in materia di selettivit nelle legislazioni condonistiche,
con particolare riferimento alle sentenze Safilo e 3M, sembrano essere
riscontrabili anche nella sentenza in oggetto, tanto pi che lobiettivo
perseguito dal legislatore nazionale appare essere, anche nel caso della
c.d. prescrizione breve, il rispetto del termine ragionevole del processo.

14
Commissione Europea, decisione 13 marzo 1966, n. 96/369/CEE, e causa C-173/73.
15
Pi in dettaglio, in relazione alle circostanze dei soggetti beneficiari e delle limitazioni
temporali (che sembrano invero confermare la selettivit della norma, anzich smentirla) la
CGE nella sentenza 3M (parr. 42-43) specifica che il fatto che solo i contribuenti che soddi-
sfano tali condizioni possono beneficiare di detta misura non pu, di per s, conferire a
questultima carattere selettivo [] i soggetti che non possono avervi diritto non si trovano
in una situazione fattuale e giuridica analoga a quelli di detti contribuenti in relazione
allobiettivo perseguito dal legislatore nazionale, che consiste nel garantire il rispetto del
principio del termine ragionevole. vero che lapplicazione di detta misura limitata nel
tempo [] Tuttavia, da un lato, tale limitazione inerente a questo tipo di misure, che possono
essere soltanto circoscritte nel tempo [].

798 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

Infatti, nella sentenza Taricco il giudice del rinvio rileva che le disposi-
zioni italiane in materia di prescrizione comportino una impunit di fatto e
che quindi sarebbero idonee a favorire determinate imprese16. Secondo
lAvvocato Generale, corretto affermare che lattuazione carente delle pene
nel settore dellIVA possa rappresentare un vantaggio finanziario per le
imprese, tuttavia tale vantaggio non avrebbe natura selettiva, in quanto
non favorisce determinate imprese o settori, ma si applicherebbe indistin-
tamente per tutte le imprese soggette al diritto penale internazionale17.
Come gi accennato, la Corte conferma sostanzialmente limpostazione
dellAvvocato Generale, e afferma (al par. 62 della sentenza) che lapplica-
zione dellart. 107 TFUE non pu essere invocata nel caso di specie, poich
tutte le transazioni sono soggette al regime di IVA e qualsiasi reato in
materia di IVA penalmente sanzionato, a prescindere da casi particolari
nei quali il regime della prescrizione potrebbe privare determinati reati di
conseguenze penali.
Sembra quindi che la Corte abbia confermato, in sostanza, un principio
gi applicato dal Tribunale (Seconda Sezione ampliata) con i recenti casi
Santander (T-399/11) e Autogrill Espaa (T-219/10), in merito alla necessit
di identificare la categoria di imprese avvantaggiate dalla misura che si
ritiene costituire un aiuto fiscale, ed alla differenza tra avvantaggiare talune
operazioni economiche in luogo di talune imprese o produzioni.
Nei casi in parola, infatti, alcune imprese spagnole impugnarono la
decisione 2011/282/UE della Commissione Europea, che aveva dichiarato
incompatibile con il mercato comune il regime fiscale spagnolo relativo
allacquisto di partecipazioni azionarie da parte delle imprese, che si diffe-
renzia a seconda che la societ target sia o meno stabilita in Spagna o in un
altro Stato membro (attribuendo peraltro un trattamento pi deteriore alle
operazioni interne rispetto a quelle internazionali)18. Al riguardo, il
Tribunale ha rilevato come il beneficio ad una categoria di operazioni
economiche non equivalga (quantomeno, non necessariamente) al benefi-
cio a talune imprese o produzioni, essendo solo il secondo ad essere censu-
rato dallart. 107 TFUE (secondo cui sono incompatibili, appunto, solo le
misure che favoriscono talune imprese o talune produzioni). Pertanto, se
la misura che si asserisce rappresentare un aiuto di Stato non riguarda una
categoria di imprese o produzioni, ma solamente una categoria di opera-
zioni economiche, tale misura non sar selettiva e quindi non potr essere

16
Parr. 24 e 25 della sentenza.
17
Conclusioni dellAvvocato Generale, par. 62.
18
Tale regime prevede infatti che, se la societ target residente in uno Stato membro
diverso dalla Spagna, limpresa acquirente pu dedurre dalla propria base imponibile lavvia-
mento finanziario derivante dallacquisizione. Su tale sentenza si veda L. Calzolari, La
selettivit degli aiuti di Stato e il principio di parit di trattamento delle imprese nella recente
giurisprudenza della CGE, in Diritto del Commercio Internazionale, n. 2/2015, pag. 481 ss.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 799


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A. FRANCO - PRESCRIZIONE BREVE PER REATI IN MATERIA DI IVA

qualificata come aiuto di Stato, a meno che non sia congegnata in modo da
escludere di fatto a priori alcune categorie di imprese19.
Tali affermazioni sembrano valere anche nella sentenza Taricco, poich
anche in tal caso si avvantaggiano (rectius, non si sanzionano) determinate
operazioni le quali possono essere potenzialmente poste in essere da tutte le
categorie di imprese o di produzioni, poich, appunto, tutte le transazioni
sono soggette al regime di IVA e qualsiasi reato in materia di IVA
penalmente sanzionato. La Corte, quindi, ricomprende le norme in tema
di prescrizione per i reati IVA nel novero delle misure generali, ovverosia di
quelle misure predisposte in relazione a tutti gli agenti economici operanti
sul territorio di uno Stato membro20.
Quanto appena descritto non comporta, tuttavia, che la decisione sopra
descritta fosse lunica possibile. Infatti, per qualificare una misura come
generale, e quindi sottrarre la stessa dalla nozione di selettivit, occorre
che tale misura non sia solamente in astratto applicabile a tutti gli operatori
economici, ma deve essere concretamente destinata a tutte le imprese e
produzioni.
Da ci si capisce come, a ben vedere, sarebbe stato possibile anche un
esito diverso, qualora il giudice del rinvio avesse dimostrato in maniera
evidente che di fatto la prescrizione breve in materia di IVA aveva concre-
tamente leffetto di avvantaggiare (in misura esclusiva, o quantomeno
significativamente prevalente) una categoria di imprese o di produzioni21.
Se nella sentenza Taricco il giudice del rinvio sembra limitarsi a pro-
spettare il possibile contrasto con la normativa in materia di aiuti di Stato,
senza addurre considerazioni circa la categoria di imprese o le produzioni
avvantaggiate dalla prescrizione breve in materia di IVA, in realt si
potrebbe sostenere che la prescrizione breve avvantaggi di fatto in misura
maggiore certe categorie di imprese rispetto ad altre. di interesse a tal fine
considerare la motivazione di fondo del rinvio alla Corte da parte del giudice
nazionale, ovverosia il fatto che i procedimenti penali relativi ad una frode in
materia di IVA comportano di norma indagini molto complesse e pertanto il
procedimento si protrae a lungo gi nella fase delle indagini preliminari22.
Ci varrebbe a dire, quindi, che le frodi pi complesse sono in genere pi
beneficiate dalla prescrizione, mentre alle frodi pi semplici non si appli-
cherebbe di regola il beneficio della prescrizione. Per cui, se si riuscisse a
ricollegare leffettuazione di frodi pi complesse ad una determinata cate-
goria di imprese o di produzioni si potrebbe forse sostenere che di fatto la

19
Sentenza T-399/11, parr. 57-66.
20
C. Fontana, op. cit., pag. 101.
21
Infatti, dalle sentenze Santander e Autogrill Espaa sembra evincersi come sia onere di
chi ritiene che la misura costituisca aiuto di Stato di dimostrare la categoria di imprese o di
produzioni avvantaggiata.
22
Par. 24 della sentenza.

800 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

prescrizione breve in materia di IVA ha un effetto selettivo; e forse proprio in


ci, ovverosia nellassenza di tale nesso tra operazioni e categoria di
imprese, che sta limpossibilit di qualificare come selettiva una siffatta
misura.

4. (segue) La distinzione tra frodi gravi e non gravi quale caso


(paradossale) di selettivit introdotto dalla Corte? - Alla luce di quanto appena
esposto, sembra possibile soffermarsi su un aspetto peculiare, e financo
paradossale, dellesame della selettivit con riferimento alla norma in
esame, ovverosia il fatto che la sentenza stessa, effettuando una distinzione
tra frodi gravi e non gravi, rischia di introdurre involontariamente essa
stessa una sorta di selettivit di fatto23.
Difatti, la conseguenza pratica della decisione della Corte che la
prescrizione breve potr essere disapplicata dal giudice nazionale per le
frodi gravi, mentre non sar disapplicata per le frodi non gravi, per cui, se la
CGE ha riconosciuto che anche una norma che attribuisce un trattamento
egli operatori economici su base discrezionale pu essere selettiva ( il caso,
ad esempio, degli administrative ruling e della sentenza C-295/97), allora
anche una norma che pu essere disapplicata selettivamente distinguendo
tra violatori gravi e violatori non gravi potrebbe rientrare in linea di
principio nel concetto di selettivit.
Peraltro, se la Corte, con la sentenza in commento, non fornisce un
criterio per valutare la gravit della frode, pur vero che (essendo il
riferimento allart. 325, parr. 1 e 2 TFUE in merito agli interessi
finanziari dellUnione) con ogni probabilit il concetto di gravit
dovr innanzitutto fondarsi su un dato quantitativo, e di conseguenza
le frodi di minore importo (che non ledono, quindi, in misura sensibile
gli interessi finanziari dellUnione) saranno beneficiate dalla non-
disapplicazione della prescrizione breve, mentre le frodi di maggiore
importo sarebbero invece penalizzate dalla disapplicazione di tale
normativa. Pertanto, se come nel caso in esame la sentenza della
Corte, in quanto organo di interpretazione, non auto-applicativa (o
meglio, come rileva autorevole dottrina, non auto-disapplicativa del

23
A tal fine necessario ricordare un aspetto fondamentale: secondo la sentenza Taricco
la c.d. prescrizione breve non va disapplicata dal giudice nazionale in tutti i casi di frode, ma
solo nei casi di frode grave. Per cui occorre esaminare innanzitutto se il requisito della gravit
sia un elemento di selettivit, anche in ragione del fatto che la Corte non indica espressamente
cosa si intende per gravit della frodi. Cfr. O. Mazza (op. cit., pag. 1554), secondo cui il
giudice interno dovrebbe stabilire, anzitutto, se la frode IVA che chiamato a giudicare sia
grave: ovviamente la Corte europea non fornisce alcuna indicazione quantitativa che consenta
di definire in modo generale e tassativo il concetto di gravit. Si affaccia immediatamente un
problema di difficile soluzione: pu la libera discrezionalit del giudice stabilire, per di pi in
modo casistico, il presupposto applicativo di un istituto di diritto penale qual certamente la
prescrizione del reato?.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 801


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A. FRANCO - PRESCRIZIONE BREVE PER REATI IN MATERIA DI IVA

diritto interno)24 salvo che per i reati associativi in materia di frodi IVA,
ci si chiede se questo potere discrezionale del giudice di discriminare
tra frodi gravi e frodi non gravi non introduca esso stesso una forma di
selettivit.
Anche in tal caso, per quanto la domanda appaia paradossale, la
risposta non sembra scontata. Se si guarda alla nozione di selettivit
descritta nei precedenti paragrafi, la risposta potrebbe essere afferma-
tiva, soprattutto se il concetto di gravit legato principalmente ad
unanalisi di tipo quantitativo: infatti, disapplicare la prescrizione breve
solo per le frodi gravi (intese come quantitativamente pi rilevanti)
potrebbe condurre in sostanza a discriminare una categoria di imprese,
ovverosia le imprese con dimensioni medio-grandi, a scapito delle
piccole e medie imprese: chiaro che, con ogni probabilit, le imprese
di dimensione pi grande sono suscettibili di porre in essere (ceteris
paribus, ovviamente) frodi quantitativamente pi rilevanti rispetto alle
imprese di dimensione pi piccola25.
Daltro canto, alle considerazioni appena svolte si potrebbe facilmente
obiettare che la discriminazione tra frodi gravi e non gravi, in quanto
effettuata non dallamministrazione statale, bens dal giudice, chiara-
mente ricompresa nel novero dei poteri attribuiti a questultimo (e quindi
costituirebbe espressione di un potere generale del tutto inerente allordi-
namento) e non potrebbe quindi essere assimilata ai casi in cui le autorit
nazionali si riservano il potere di indicare in concreto e discrezionalmente i
beneficiari di una determinata misura.

5. Sullesistenza di un vantaggio finanziario per talune imprese o produzioni -


Oltre al tema della selettivit, vi sarebbe una seconda ragione per cui la scelta
della Corte di non applicare lart. 107 del Trattato al caso in esame appare
piuttosto condivisibile, in merito allasserita sussistenza di un vantaggio
finanziario per determinate imprese o produzioni.
Difatti, sembra potersi considerare che, al di l del profilo della
selettivit (che potrebbe financo ritenersi presente, se sono soddisfatte le
condizioni esposte retro) sia comunque piuttosto incerto il vantaggio al
quale sarebbero esposte talune imprese in luogo di altre, n il giudice del
rinvio appare averlo pienamente illustrato (se non quale corollario della
alterazione della concorrenza tra imprese).
Infatti, secondo lAvvocato Generale (par. 61 delle Conclusioni) vero
che lattuazione carente delle pene nel settore dellIVA pu eventualmente
comportare un vantaggio finanziario per le imprese (affermazione poi

24
O. Mazza, op. cit., pag. 1556.
25
Anche alla luce del fatto che in passato si ritenuto che debbano essere qualificate come
selettive le agevolazioni la cui fruizione subordinata alle dimensioni o alle caratteristiche delle
imprese. Cfr. G. Graziano, op. cit., pag. 226.

802 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

ripresa dalla Corte nella sentenza), tuttavia tale espressione non sembra
doversi leggere come una affermazione incontrovertibile del fatto che per
tali imprese sussista un effettivo vantaggio finanziario; in tal senso depone,
oltre allavverbio eventualmente, anche il fatto che non viene individuato
un rapporto di causa-effetto tra mancanza di effetto dissuasivo delle san-
zioni penali in materia di IVA e vantaggio finanziario. Pertanto, tale affer-
mazione dovrebbe forse leggersi anche assumendo (ovverosia, ammesso e
non concesso) che sussista un vantaggio finanziario, in maniera peraltro
simile alle sentenze 3M e Safilo; ossia, sembra piuttosto che, non ravvisando
profili di selettivit, n lAvvocato Generale n la Corte ritengano utile
approfondire se sussista, e quale sia, il vantaggio finanziario nel caso in
esame.
Ed invero, lunico vantaggio che si pu ipotizzare nelle fattispecie
contemplate dalla sentenza Taricco sarebbe sostanzialmente il fatto che,
essendo impossibile per lAmministrazione finanziaria recuperare lim-
porto delle imposte oggetto del reato considerato, si autorizzerebbe indi-
rettamente una sorta di concorrenza sleale a discapito degli operatori
corretti; in altri termini, i violatori della legge avrebbero la ragionevole
certezza (nellimpostazione del giudice del rinvio) del fatto che per
lAmministrazione finanziaria sar di fatto impossibile recuperare le impo-
ste evase, e quindi potrebbero applicare prezzi pi vantaggiosi rispetto agli
operatori corretti senza che in futuro tali differenze di imposta (e di
prezzo) possano essere recuperate e/o sanzionate.
Ci si chiede tuttavia se tale vantaggio possa effettivamente sussistere, al
di l di casi singoli, e se esso sia sufficiente a configurare un aiuto.
Infatti, nella fattispecie in esame dubbio se si possa concretamente
riscontrare un certo nesso tra la misura introdotta e il suo ritorno in capo
allimpresa, ovverosia un rapporto causa-effetto piuttosto definito tra la
misura e il vantaggio di cui loperatore economico beneficia. In questo caso,
tale nesso sembra in realt piuttosto labile, atteso che non pienamente in
linea con lid quod plerumque accidit sostenere che dalla (presunta) non
dissuasivit delle sanzioni consegua necessariamente il fatto che una certa
categoria di imprese possa vendere i prodotti senza applicazione di imposta,
e quindi ad un prezzo pi basso, poich sicura del fatto che tale violazione
rimarr impunita. Questultimo sembra essere un percorso logico piuttosto
problematico e influenzato da altri e forse decisivi fattori, come ad esempio
il settore di attivit, il contesto geografico e sociale, lefficienza delle arti-
colazioni territoriali dellordinamento giudiziario, et cetera.

ALBERTO FRANCO
Dottore di Ricerca in Diritto Tributario delle Societ, Cultore di
Diritto Tributario e docente a contratto
presso il Dipartimento di Management dellUniversit di Torino

Rassegna Tributaria 3/2016 - 803


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5 CORTE DI GIUSTIZIA UE, Terza Sezione, causa C-419/14 del


17 dicembre 2015 - Pres. K. Lenaerts - Rel. E. Jarainas

Abuso del diritto e circolazione probatoria - Libert di stabilimento -


Artificiosit della costruzione - Circolazione diagonale - Effettivit
diritti fondamentali - Funzionalizzazione principio di autotomia pro-
cedurale degli Stati Membri

Frodi in materia IVA - Costruzione artificiosa - Abuso del diritto -


Obbligo di cooperazione tra amministrazioni fiscali europee -
Scambio di informazioni

Per accertare una costruzione artificiosa lamministrazione fiscale dello Stato


membro dove la prestazione effettivamente resa pu utilizzare, per fondare
tale accertamento, prove ottenute nellambito di un procedimento penale
parallelo non concluso, purch tale acquisizione e il successivo utilizzo
avvengano nel rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta di Nizza e
che lutilizzo da parte di tale amministrazione delle prove ottenute con detti
mezzi sia parimenti autorizzato dalla legge e necessario per garantire linteresse
finanziario europeo sancito nellart. 325 TFUE.
Lamministrazione tributaria di uno Stato membro che accerta lesigibilit
IVA di operazioni gi assoggettate a questa imposta in altro Stato membro deve
richiede informazioni allamministrazione di questultimo Stato se la richiesta
pu essere utile ai fini del corretto accertamento dellIVA.
Omissis*

(1) Costruzione artificiosa ai fini IVA e circolazione interna delle prove

SOMMARIO: 1. Abuso della libert di stabilimento con costruzione giuridica arti-


ficiosa: un punto di partenza necessitato - 2. Labusivit delloperazione e
lutilizzabilit nel procedimento amministrativo di prove raccolte in un processo
penale. Il primato dei diritti fondamentali sulla competenza procedurale nazionale -
3. Lautonomia procedurale degli Stati Membri e il relativo esercizio: un confine
sempre pi labile - 4. Conclusioni.

1. Abuso della libert di stabilimento con costruzione giuridica artificiosa: un


punto di partenza necessitato - Il caso prende le mosse da una complessa
operazione che vede la WebMindLicenses1, societ di diritto ungherese,
concedere in locazione un know-how che consente lo sfruttamento di un sito

*La sentenza consultabile in banca dati fisconline.


1
Sentenza WebMindLicenses della CGE, 17 dicembre 2015, causa C- 419/14.

804 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

internet alla Lalib, societ di diritto portoghese. Il giudice di primo grado,


tuttavia, in seguito ad indagini fiscali, aveva contestato leffettivit econo-
mica di tale operazione, sostenendo che in realt il know-how fosse sempre
stato sfruttato dalla societ ungherese, anche in seguito alla concessione in
locazione. Secondo quanto ricostruito dallamministrazione fiscale unghe-
rese il know-how della WebMindLicenses, sviluppato dal suo amministra-
tore unico, non sarebbe mai stato effettivamente sfruttato da e per la Lalib,
alla quale veniva pertanto contestato di essere una societ costruita artifi-
ciosamente, avente come unico fine quello di beneficiare della pi favore-
vole aliquota IVA portoghese. A sostegno di tale ricostruzione
lamministrazione fiscale ungherese valorizzava tre elementi2, segnata-
mente: la WML non aveva mai avuto intenzione di trasferire alla Lalib il
diritto a godere dei corrispettivi per lo sfruttamento del know-how; sussi-
stevano stretti legami personali tra il titolare del know-how e i subcontraenti
della Lalib che operavano effettivamente sul sito internet; la societ porto-
ghese aveva una gestione irrazionale e ritenuta deliberatamente deficitaria.
A tali conclusioni lamministrazione fiscale era pervenuta sulla base di prove
ottenute allinsaputa della WebMindLicenses, consistenti in intercettazioni
telefoniche e sequestri di posta elettronica, eseguiti nellambito di un pro-
cedimento penale parallelo non concluso3.
I diciassette quesiti del giudice del rinvio possono essere ricondotti a tre
macrotemi, tutti sistematicamente collegati in ragione della presunta
abusivit delloperazione. Il primo attiene a ci che viene qualificato dal
giudice del rinvio, prima, e dalla Corte di Giustizia, poi, abuso del diritto e al
corretto riparto territoriale dellIVA (si ricordi che limposta in questione era
stata correttamente versata in Portogallo dalla Lalib); il secondo verte sulle
modalit di utilizzazione dello scambio dinformazione ai fini IVA secondo
il Reg. 904/20104; infine, il terzo, riguarda la trasmigrazione probatoria dal
procedimento penale allaccertamento tributario. La notevole complessit e
ampiezza degli argomenti trattati nella sentenza monstre (diciassette que-
siti pregiudiziali sono un numero quantomeno inusuale di questioni da
sottoporre al vaglio della Corte) rende necessario delimitare loggetto di
indagine.
Nella gi ricordata pluralit dei quesiti sottoposti alla Corte di Giustizia,
quello sullabuso5 assume unimportanza centrale, sia per loriginalit di

2
Sentenza citata, p. 21 e 22.
3
Sentenza citata, p. 23.
4
C. Marrazzo, a seguire in questa Rivista, Costruzione artificiosa e obbligo di coopera-
zione europea.
5
Per una ricostruzione dellaffermazione dellabuso del diritto in materia tributaria si
vedano, tra i molti, G. Fransoni, Appunti su abuso del diritto, in Rass. trib., 2010, pag. 940;
A. Gentili, Abuso del diritto, giurisprudenza tributaria e categorie civilistiche, in Riv. dir.
comm., 2009, pag. 403; M. Greggi, Avoidance and abus de droit: the European Approach, in
Tax Law in Journal of Tax Research, 2008, pag. 23, il quale opera una affascinante, seppur breve,

Rassegna Tributaria 3/2016 - 805


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E. MIDASSI - COSTRUZIONE ARTIFICIOSA AI FINI IVA

argomentazioni con cui viene declinato listituto, sia perch questo pare
essere, come si vedr nel prosieguo, punto di partenza necessitato, utilizzato
dalla Corte per poter intervenire, su richiesta del giudice remittente, in
ambiti nei quali vi una competenza degli Stati (circolazione probatoria
interna) o unattuazione lasciata agli Stati (scambio di informazioni tra
Stati). Pi specificatamente, labuso stato riferito alla libert di stabili-
mento, cos come richiesto dal giudice del rinvio, per comprendere se nel
caso di specie fosse legittima la creazione della Lalib da parte della
WebMindLicenses, se attuata per beneficiare del vantaggio relativo al dif-
ferenziale di aliquota portoghese.
Secondo la Corte di Giustizia la libert di stabilimento diventa, in
questo caso, il parametro comunitario dellabuso, con riferimento allo-
perazione posta in essere di concessione in locazione del know-how a
favore della societ portoghese. Ci si chiede6, in unottica sistematica, se
sia o meno contrario al diritto eurounitario utilizzare una costruzione
artificiosa per beneficiare di unaliquota IVA pi favorevole (nel caso di
specie quella portoghese), invocando la libert di stabilimento7 (artt. 49 e
56 TFUE) al fine di sfruttare le asimmetrie presenti nel sistema IVA,
armonizzato, ma non per questo omogeneo, con riferimento al quantum
dellimposizione8.
Il beneficio della pi favorevole aliquota portoghese, infatti, secondo il
giudice del rinvio che si rivolge alla Corte di Giustizia potrebbe costituire un
esercizio della libert di stabilimento che consentirebbe al contribuente di
scegliere, in unottica di pianificazione fiscale, di stabilirsi laddove le condizioni

ricostruzione della nozione di abuso e delle sue interferenze con la materia tributaria gi a
partire dal diritto romano classico; M. Poggioli, La Corte di Giustizia elabora il concetto di
comportamento abusivo in materia dIVA e ne tratteggia le conseguenze sul piano impositivo:
epifania di una clausola generale anti-abusiva di matrice comunitaria?, in Riv. dir. trib., 2006,
I, pag. 107; per una ricognizione della giurisprudenza nazionale e comunitaria relativa allap-
plicazione dellabuso in materia di imposta sul valore aggiunto di veda F. Pedrotti, Abuso del
diritto e IVA, in Riv. dir. trib., 2009, I, pag. 1103; ancora M. Beghin, Alla ricerca dei punti fermi
in tema di elusione fiscale e abuso del diritto tributario (nel comparto dei tributi non armo-
nizzati), in Boll. trib. 2009, pag. 1413, in cui si utilizza la metafora, molto incisiva, dellabuso
come grimaldello nelle mani del magistrato, capace di scardinare qualunque operazione;
ancora G. Maisto (a cura di), Elusione ed abuso del diritto tributario - Orientamenti attuali in
materia di elusione e abuso del diritto ai fini dellimposizione tributaria, Milano, 2009; ancora
P. Santin, Territorialit IVA e abuso del diritto, tra limiti di giurisdizione e scelte interpretative,
in Riv. trib., IV, 1, 2014.
6
Rectius i quesiti, quelli che si riferiscono allabuso: p. 28, quesiti 1 - 8.
7
Con riferimento alle libert di stabilimento, si veda: E. Della Valle, Tassazione degli utili
della societ controllata e rispetto del diritto di stabilimento, in Corr. Trib., 2006, pag. 3347;
G. Bizioli, Evoluzione del diritto di stabilimento nella giurisprudenza in materia fiscale della
CGE, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1999, pag. 81; Id., Il rapporto tra libert di stabilimento e
principio di non discriminazione in materia fiscale: unapplicazione del recente caso ICI, in
Dir. prat. trib., n. 3/1999, pag. 323.
8
Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, considerando 29 e art. 97.

806 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

fiscali siano pi favorevoli anche per effetto della concorrenza fiscale tra Stati
alimentata dai persistenti differenziali di aliquote IVA. Secondo la Corte il fatto
di beneficiare in uno Stato membro di unaliquota IVA ordinaria inferiore non
pu essere considerato di per s come un vantaggio la cui concessione
contraria agli obiettivi della Direttiva IVA. E ci perch, ordinariamente,
sfruttare la libert di stabilimento riconosciuta dai Trattati per beneficiare di
unaliquota pi favorevole rappresenta una facolt legittima attribuita agli
operatori economici in forza delle stesse norme europee che regolano il
mercato interno. Altro sarebbe, invece, sempre come richiesto in alternativa
dal giudice del rinvio, se il contribuente avesse realizzato una costruzione
puramente artificiosa, priva di una reale effettivit economica, per beneficiare
dellaliquota pi favorevole dellordinamento portoghese. In questo caso lope-
razione posta in essere dalla WebMindLicenses avrebbe dovuto essere consi-
derata come abusiva secondo una pi ampia declinazione dellabuso cos come
elaborato nella sentenza Halifax9, perch riferito allutilizzo abusivo delle
libert, pi precisamente a quella di stabilimento, dal momento che la
WebMindLicenses avrebbe voluto beneficare della pur ammessa concorrenza
fiscale, ma senza un soggetto che ne potesse effettivamente beneficiare. Infatti
la contestata abusivit delloperazione riguarda leffettivit dellattivit econo-
mica svolta dalla Lalib, la societ portoghese, e concerne, da un lato leffettivit
dellapplicazione dellimposta sul soggetto che fisiologicamente ne deve essere
inciso, dallaltro il corretto riparto territoriale della stessa, dal momento che
limposta era gi stato assolta in Portogallo dalla Lalib. La Corte di Giustizia
delinea e fornisce al giudice del rinvio degli elementi sintomatici chiari, da
verificare, per valutare la reale e non solo formale esistenza della societ
portoghese. Proprio in questo passaggio risiede la novit concettuale di questa
forma di abuso che correla la costruzione artificiosa (illegittima) allo sfrutta-
mento di un beneficio comunitario (lecito in condizioni fisiologiche). Detto in
altri termini, in assenza di una societ economicamente attiva (se cos si
dovesse rivelare la Lalib in seguito agli accertamenti) non vi alcun soggetto
a cui riferire la libert di stabilimento.
Ecco che in questottica il richiamo effettuato alla nota sentenza
Cadbury Schweppes10pare pi consono, sebbene si tratti di una pronuncia
resa dalla Corte in tema di imposte dirette (e, lo si ricorda, la sentenza
WebMindLicenses ha invece ad oggetto un accertamento in materia di IVA)
atta a verificare la compatibilit di un regime nazionale CFC sempre con la

9
P. Pistone, Il divieto di abuso come principio del diritto tributario comunitario e la sua
influenza sulla giurisprudenza tributaria nazionale, in G. Maisto (a cura di), Elusione e abuso
del diritto tributario, Milano, 2009, pag. 311; L. Carpentieri, Lordinamento tributario tra
abuso e incertezza del diritto, in Riv. dir. trib., n. 12/2008, pag. 1055. Nellarticolo si mette in
evidenza come, omettendo di considerare la norma abusata, si perdono con essa tutte le
garanzie procedurali e sostanziali che ne discendono.
10
Sentenza WebMindLicenses cit., p. 44 ss.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 807


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E. MIDASSI - COSTRUZIONE ARTIFICIOSA AI FINI IVA

libert di stabilimento11. Nel caso in esame, invece, la Corte dimostra di


attribuire efficacia generale ai principi enunciati in Cadbury, travalicando i
limiti del regime nazionale di CFC, che aveva ispirato la pronuncia, per
giustificare unaffermazione di carattere generale. Infatti, a differenza del
caso specifico analizzato in Cadbury, nella sentenza in analisi non si giudica
la compatibilit di una clausola anti-abusiva nazionale, ma di unopera-
zione che assume caratteri propri, contribuendo a farne un vero modello,
tanto da poter essere utilizzato con riferimento a comportamenti abusivi, e
non a norme nazionali che cercano di contenerli. Con lindicazione di
caratteri propri (sede effettiva, struttura adeguata, regime della
responsabilit), la Corte dimostra di volere riconoscere una progressiva
comunitarizzazione della categoria, con effetti anche sullinterpretazione
nazionale, pur rimessa al giudice del rinvio. Infatti la Corte di Giustizia,
nellindicare al giudice a quo gli elementi da verificare, prescinde dagli indici
che lo stesso giudice aveva ritenuto sintomatici di un abuso, enucleandoli
invece in piena autonomia12. Pi precisamente i giudici del Lussemburgo
demandano al giudice nazionale di verificare se vi sia una correlazione tra
lesistenza formale e quella sostanziale della societ portoghese. La presunta
abusivit delloperazione si concentra sulla verifica del soggetto portoghese
e infatti la Corte chiede al giudice ungherese13 di verificare, alla luce dei
requisiti indicati dalla stessa Corte di Giustizia, se la sede della societ
portoghese sia effettiva; se la stessa possegga una struttura adeguata in
termini di locale e personale e, ancora, se lattivit della stessa sia esercitata
in proprio nome e per conto proprio, con le relative conseguenze in tema di
responsabilit.
Con una costruzione artificiosa cos definita verrebbe messa in pericolo
leffettivit della stessa libert di stabilimento e quindi la Corte sarebbe
legittimata, come sostenuto dallAvvocato Generale, finanche a sottoporre
ad un controllo comunitario quei poteri e quelle procedure che ogni
Amministrazione finanziaria pone in essere per verificare il carattere arti-
ficioso della societ posta allestero. Unattivit questa che rimane di pre-
rogativa nazionale e non unionale, tanto che impegna il giudice nazionale

11
Sentenza Cadbury della Corte di Giustizia, del 12 settembre 2006, causa C-196/04. Sul
punto si veda: M. Beghin, La sentenza Cadbury Schweppes e il malleabil e principio della
libert di stabilimento, in Rass. trib., n. 3/2007, pag. 983; R. Tieghi, Dalla residenza fiscale
alla libert di stabilimento: spunti in tema di delocalizzazione societaria ed estero vesti-
zione, in Riv. dir. trib., n. 4/2015, pag. 77; G. Falsitta, Spunti critici e ricostruttivi sullerrata
commistione di simulazione ed elusione nellonnivoro contenitore detto abuso del diritto, in
Riv. dir. trib., n. 6/2010, pag. 349; S. Cipollina, CFC legislation e abuso della libert di
stabilimento: il caso Cadbury Schweppes, in Riv. dir. fin. sc. fin., n. 1/2007, pag. 1.
12
Sentenza WebMindLicenses cit., pp. 49 - 50. In tema di artificiosit si veda S. Grilli, Le
costruzioni di puro artificio nella giurisprudenza della Corte di Giustizia: considerazioni in
tema di effettiva attivit economica, in Rass. trib., 2008, pag. 1169.
13
C. Marrazzo, a seguire in questa Rivista, Costruzione artificiosa e obbligo di coope-
razione europea.

808 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

nellapplicazione dei requisiti indicati dalla Corte, ma che dovrebbe pur


sempre rispettare quei diritti fondamentali che dalla Carta di Nizza14 in poi
sono diventati patrimonio giuridico eurounitario e che, come tali, devono
essere osservati, anche nellesercizio del controllo, pur rimanendo questo
una prerogativa interna e nella competenza nazionale.
Nel caso esaminato la Corte ha ritenuto che un accertamento IVA in
seguito alla constatazione di una pratica abusiva costituisca unattuazione
del diritto dellUnione Europea e che, pertanto, sia compito della Corte di
Giustizia stabilire se le misure adoperate per contrastare tale comporta-
mento siano efficaci per tutelare gli obiettivi unionali e rispettose dei diritti
contenuti nella Carta di Nizza.

2. Labusivit delloperazione e lutilizzabilit nel procedimento


amministrativo di prove raccolte in un processo penale. Il primato dei diritti
fondamentali sulla competenza procedurale nazionale - Pi specificatamente
la Corte si ritiene legittimata a controllare la compatibilit dellutilizzo in
sede amministrativa delle prove raccolte in un processo penale. In questo
sollecitata dallo stesso giudice del rinvio che, da un lato, chiede se il diritto
dellUnione Europea consenta, in attuazione degli artt. 4, p. 3 TUE (leale
collaborazione tra Stati e Unione Europea), 325 TFUE (interesse finanziario
UE) e 273 della sesta Direttiva IVA (gli Stati possono stabilire ulteriori
obblighi per assicurare lesatta riscossione IVA), a unAmministrazione
finanziaria, per accertare la sussistenza di una pratica abusiva, di utilizzare
prove ottenute allinsaputa del soggetto passivo in un procedimento penale
parallelo; dallaltro lato se gli artt. 7 della Carta dei diritti fondamentali
dellUnione Europea (rispetto della vita privata e della vita familiare) e 52,
p. 2 della stessa Carta ostino a tale acquisizione o se in ogni caso prevalgano
gli obiettivi di lotta allevasione fiscale. Le due questioni, per ragioni di
chiarezza espositiva, cos come fa la Corte di Giustizia, devono essere
trattate congiuntamente.
Convergono nel giudizio della Corte, sempre a garanzia delleffettivit
dellordinamento comunitario, sia la diretta applicabilit dei diritti fonda-
mentali sanciti dalla Carta di Nizza allinterno delle procedure nazionali, sia
leffettivit delle misure adottate dagli Stati per la tutela dellinteresse
finanziario, sancito dallart. 325 del TFUE. La risposta fornita dalla Corte
di Giustizia al giudice del rinvio apparentemente chiara: in linea teorica, il
diritto dellUnione Europea non osta allutilizzo di prove raccolte nel pro-
cedimento penale per fini fiscali, fermo restando il rispetto dei diritti
garantiti dallo stesso diritto dellUnione Europea, e, in modo particolare,
di quelli sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali. Parafrasando lart. 52,
p. 1 della Carta di Nizza i giudici lussemburghesi pongono dunque un

14
Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea, Gazzetta ufficiale n. C 364 del 18
dicembre 2000, pagg. 1-22.

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triplice limite a tale circolazione che si definisce diagonale. Questultima


deve avere una chiara base legale nel diritto nazionale (anche se la Corte non
chiarisce se debba sussistere nel diritto procedurale penale, in quello tri-
butario, o in entrambi); deve avvenire nel rispetto dei diritti sanciti nella
Carta di Nizza (a cui, lo si ricorda, stata attribuita dallart. 6 TUE pari forza
delle disposizioni primarie) e deve essere rispettosa del principio di
proporzionalit. Come gi accennato, la preoccupazione della Corte di
Giustizia risiede qui nella necessit di dare effettivit ai diritti fondamentali
garantiti dalla Carta di Nizza allinterno delle procedure nazionali. Alcune
aperture alla tutela del contribuente si erano registrate nellambito della
cooperazione amministrativa tra Stati sia nel diritto derivato15, sia nella
giurisprudenza della Corte di Giustizia16. Tuttavia, nella sentenza in
oggetto, per la prima volta viene sottolineato come la migliore tutela del
contribuente, allinterno di una circolazione probatoria nazionale come
delineata, che dunque non presenta caratteri transfrontalieri, possa essere
offerta solo dalla normativa unionale e, precisamente, dalla fonte primaria
rappresentata dallo stesso Trattato dellUnione, dopo aver incorporato il
contenuto della Carta di Nizza. Ci, dunque, non solo per lattuazione delle
Direttive sulla cooperazione amministrativa, ma anche per le procedure
esclusivamente nazionali17. Al giudice nazionale18 spetta comunque il
compito, in base al dictum della sentenza, di verificare se e in che misura
queste, anche al di fuori di una procedura di scambio di informazioni o di
assistenza nella riscossione, abbiano leso i diritti fondamentali invocabili
dal contribuente (riservatezza e rispetto del domicilio in primis). Quel che
rappresenta una novit che mentre lenforcement dei diritti fondamentali
previsto allinterno delle Direttive sullo scambio di informazioni e sullassi-
stenza alla riscossione19, nella pronuncia in epigrafe la garanzia del rispetto
di questi richiesta con riferimento allacquisizione delle informazioni
allinterno di un procedimento penale e alla relativa utilizzabilit in un
procedimento amministrativo, entrambi nazionali.
Unaffermazione importante che destinata a condizionare leffettivo
esercizio delle competenze nazionali in termini di poteri e procedure per
eliminare le operazioni abusive in particolare quando, come in questo caso,

15
Considerando 21, Direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010: La presente
Direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla
Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea, dello stesso tenore il considerando 28 della
Direttiva 2011/16/UE.
16
Sentenza Sabou della CGE, del 22 ottobre 2013, causa C- 276/12; sent. Kamino della
CGE, del 3 luglio 2014, causa C-129/13.
17
A. Di Pietro, La collaborazione comunitaria nellaccertamento e nella riscossione; la
tutela del contribuente tra amministrazioni, in La concentrazione della riscossione nellaccer-
tamento, Padova, 2011, pag. 655.
18
Ibidem.
19
Ut supra, nota n. 15.

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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

lederebbero gli interessi finanziari dellUnione. In sostanza, la competenza


delle procedure rimane nazionale per regole, norme ed effetti: il suo
esercizio che deve pur sempre essere rispettoso dei diritti fondamentali.
Un esito, questultimo, che, secondo la Corte, potrebbe essere raggiunto solo
con la proporzionalit. Il bilanciamento in questo caso riguarderebbe lef-
ficacia della tutela dellinteresse finanziario e il prezzo che imporrebbe in
termini di violazione dei diritti fondamentali. Tale bilanciamento deve
tenere conto della possibilit di sfruttare poteri e procedure meno invasivi
e, infatti, la Corte di Giustizia si spinge fino a proporre un necessario ricorso
alla collaborazione con altre amministrazioni, che, invece, risponde pur
sempre a valutazioni di opportunit ed efficienza20. Cos, qualora vi fossero
strumenti di cooperazione fra Stati in grado di garantire con la stessa
efficacia la verifica dellesistenza e delleffettivit del soggetto presuntiva-
mente artificioso, e quindi in grado di garantire il bene giuridico europeo
delineato nellart. 325 TFUE, allora la misura di circolazione interna non
sarebbe pi proporzionata. Secondo la Corte, lamministrazione ungherese
sarebbe tenuta a cooperare, attivando le procedure previste dal Reg. 904/
2010 qualora una siffatta richiesta sia utile se non indispensabile per
accertare che lIVA sia esigibile nel primo Stato membro. Altrimenti
detto, solo in caso di possibilit di proteggere linteresse finanziario
dellUnione con la stessa efficacia con il pi mite strumento della coopera-
zione, la misura di circolazione probatoria interna diventerebbe
sproporzionata.
Vero punctum dolens del test delineato dalla Corte proprio il richiamo al
(meta)principio di proporzionalit. Questo viene sovente utilizzato dalla
giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di IVA, soprattutto con
riferimento al procedimento di irrogazione delle sanzioni e alla loro entit21.
Tale principio, come noto, nasce per evitare che il legislatore, il giudice o
linterprete colleghino una conseguenza eccessivamente gravosa, e dunque
irrispettosa del principio di adeguatezza, ad una determinata violazione
(formale o sostanziale) posta in essere dal contribuente. In questo caso,
invece, la Corte considera linteresse finanziario (concretizzato nellart. 325
TFUE)22, a cui il principio di proporzionalit dovrebbe essere parametrato, a
parametro stesso di proporzionalit, in ci citando una precedente pronuncia
in tema di IVA23, e ricordando sempre la fondamentale funzione del principio
di proporzionalit, in ossequio al quale i provvedimenti che gli Stati membri

20
C. Marrazzo, a seguire in questa Rivista, Costruzione e obbligo di cooperazione
europea.
21
A. Mondini, Contributo allo studio del principio di proporzionalit nel sistema dellIVA
europea, Pisa, 2012.
22
Sul concetto di interesse finanziario si veda L. Picotti, Le basi giuridiche per lintro-
duzione di norme penali comuni relative ai reati oggetto della competenza della procura
europea, in Dir. Pen. Cont., 13 novembre 2013.
23
Sentenza R. della CGE, del 7 dicembre 2010, causa C-285/09.

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possono adottare non devono eccedere quanto necessario per conseguire gli
obiettivi diretti ad assicurare lesatta riscossione dellIVA ed evitare le frodi24.
Infatti, secondo la Corte, nel caso di specie, i mezzi istruttori attuati nel
procedimento penale avrebbero avuto come scopo primario quello di tutelare
linteresse finanziario europeo e a questo avrebbero dovuto essere parame-
trati. A tacer degli evidenti problemi di rispetto del principio di autonomia
procedurale degli Stati Membri, viene qui a concretizzarsi quel pericolo di
ampio e non facilmente controllabile apprezzamento nellutilizzo del princi-
pio di proporzionalit che era gi stato paventato in dottrina25: ossia il rischio
che i bilanciamenti operati dalla Corte perdano sistematicit, e si tramutino, a
discapito del principio di certezza del diritto, in bilanciamenti ad hoc.

3. Lautonomia procedurale degli Stati Membri e il relativo esercizio: un


confine sempre pi labile - Il primato dei diritti fondamentali, lasciando
impregiudicata la competenza sulle procedure, incide invece sulle modalit
del loro utilizzo, ridimensionando in parte il principio di autonomia pro-
cedurale degli Stati Membri sancito dallart. 4, p. 3 cpv del Trattato
sullUnione Europea. Tale autonomia, intesa in senso processuale e proce-
dimentale26, deriva dal principio delle competenze per attribuzione, a
mente del quale qualsiasi competenza non attribuita allUnione Europea
dai Trattati appartiene agli Stati Membri (art. 4 TUE). Al di fuori dei limiti
del principio di effettivit ed equivalenza e dei sempre possibili interventi di
armonizzazione, tale principio, posto alla base dellattuazione del diritto
dellUnione Europea, non dovrebbe essere messo in discussione27.
La sentenza analizzata si pone in quel filone giurisprudenziale28 che, in
nome del primato e della diretta efficacia del diritto dellUnione Europea,
in questo caso dellart. 325 TFUE, incide sullesercizio di poteri e procedure
che pur rimangono prerogativa degli Stati Membri. Nel riaffermare il
primato dei diritti fondamentali la Corte di Giustizia utilizza linteresse
finanziario sancito nellart. 325 TFUE come parametro di proporzionalit,

24
Sentenza WebMindLicenses cit., p. 74.
25
A. Mondini, Contributo allo studio del principio di proporzionalit nel sistema dellIVA
europea, cit.
26
D.U. Galetta, Lautonomia procedurale degli Stati Membri dellUnione Europea: Paradise
Lost? - Studio sulla c.d. autonomia procedurale: ovvero sulla competenza procedurale funziona-
lizzata, Torino, 2009.
27
In tema di principio di effettivit si veda R. Miceli, Il principio comunitario di
effettivit quale fondamento dellintegrazione giuridica europea, in Studi in onore di
Vincenzo Atripaldi, 2009, Napoli; L. Daniele, Lefficacia diretta delle Direttive CEE nella
giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte costituzionale, in Foro it., 4, 1991, col.
130; P. Piovani, Effettivit (principio di), in Enc. dir., 14, Milano, 1965, pag. 431.
Sullautonomia procedurale degli Stati membri si veda G. Greco, A proposito dellautonomia
procedurale degli Stati Membri, in Riv. it. dir. pub., n. 1/2014, pag. 1.
28
Ibidem G. Greco; sentenza Olimpic Club della CGE, del 3 settembre 2009, causa C- 2/08;
sentenza Lucchini della CGE, del 18 luglio 2007, causa C-119/05.

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riferita non tanto alla previsione positiva di mezzi istruttori (nazionali e


finanche europei, facendo riferimento per questi ultimi alla cooperazione
amministrativa), quanto alle modalit del loro esercizio, possibile soltanto
nel rispetto dei gi ricordati diritti di fonte europea. Parafrasando la Corte
di Giustizia, i mezzi istruttori attuati nellambito di un procedimento
penale volto a contrastare reati di tipo fiscale hanno uno scopo che
risponde a un interesse generale dellUnione Europea. Di conseguenza,
lutilizzo delle risultanze istruttorie penali in ambito tributario pu astrat-
tamente configurare una restrizione dei diritti fondamentali sanciti dalla
Carta (primo fra tutti quelli di cui allart. 7). In questo caso il test di
proporzionalit assume un ruolo centrale nelle modalit di esercizio
delle procedure nazionali che, da un lato, debbono essere adeguate al
fine di tutelare linteresse finanziario europeo, dallaltro, in ogni caso,
non possono pregiudicare i diritti fondamentali garantiti dalla Carta di
Nizza, a cui deve essere garantita effettivit.
Solo cos potrebbe essere assicurata luniforme applicazione del diritto
europeo negli Stati membri, compresi naturalmente i diritti fondamentali.
Solo cos si pu realizzare efficacemente il dovere di collaborazione in capo
agli Stati membri previsto dallart. 4 TUE, permettendo leffettivo ricono-
scimento e la conseguente azionabilit delle posizioni giuridiche soggettive
nate dalle disposizioni eurounitarie. Il principio di effettivit, come insegna
la copiosa giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia29, si articola nei
corollari del principio di equivalenza e di quello di effettivit in senso stretto.
Il primo richiede che siano messi a disposizione per il riconoscimento dei
diritti fondamentali di origine europea tutti gli strumenti giuridici dellor-
dinamento interno, in modo tale che lesercizio dei diritti di fonte unionale
non sia assoggettato a condizioni pi gravose rispetto a quello dei corri-
spondenti diritti nazionali. Leffettivit in senso stretto, daltro canto, garan-
tisce che una disposizione interna non renda troppo difficile,
eccessivamente oneroso o impossibile far valere o tutelare la posizione
giuridica soggettiva di origine europea. Cos in questo caso leffettivit si
porrebbe come punto di equilibrio imprescindibile tra la garanzia del
rispetto dellautonomia procedurale e la necessit di fornire una protezione
efficace ai diritti di fonte comunitaria.
Alla luce di tali considerazioni si comprende bene la latitudine della
sentenza WebMindLicenses. Infatti, il test di effettivit pu essere utilmente
effettuato solo in presenza di un tertium comparationis: vi deve essere un
diritto di fonte unionale, uno analogo di fonte interna, e una procedura
nazionale che non deve assoggettare il primo a modalit meno favorevoli di
quelle a cui assoggettato il secondo. Nella sentenza in oggetto, per, non vi
un diritto di fonte unionale attribuito ai soggetti da comparare con uno

29
Ex pluribus, sentenza Van Schijndel della CGE, del 14 dicembre 1995, causa C-430/93;
sentenza Palmisani della CGE, del 10 luglio 1997, causa C- 261/95.

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analogo di fonte interna (lo si ripete, unica condizione in presenza della


quale possibile uno scrutinio ad opera della Corte di Giustizia delle
procedure interne), quanto pi un obbligo, quello di tutelare gli interessi
finanziari dellUnione Europea, gravante sugli Stati membri e sullUnione.
La procedura nazionale di circolazione probatoria, stando a quanto affer-
mato dalla Corte di Giustizia, deve essere servente tale obbligo. In altre
parole, la procedura nazionale viene funzionalizzata30 alla luce dellart. 325
TFUE, con lunico limite posto dal rispetto dei diritti fondamentali garantiti
dalla Carta di Nizza.
Come ricordato dallAvvocato Generale nelle conclusioni31, la Corte di
Giustizia aveva gi affermato, nella sentenza Akerberg Fransson, che sovrat-
tasse e procedimenti penali riguardanti limposta sul valore aggiunto, costi-
tuiscono unattuazione della Direttiva IVA, e segnatamente dellart. 273, a
mente del quale gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parit
di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati
membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad
assicurare lesatta riscossione dellIVA e ad evitare le evasioni. Nella sen-
tenza in analisi la Corte porta alle massime conseguenze tale ragionamento,
piegando il procedimento penale alle esigenze europee, evidenziando come
i mezzi istruttori attuati nellambito del procedimento penale, in caso di
reati che possono ledere gli interessi finanziari europei, per il tramite
di costruzioni artificiose, abbiano uno scopo che risponde a un obiettivo
di interesse generale, di natura finanziaria, tutelato dallUnione32.
N si pu argomentare che la Corte di Giustizia abbia in questo caso
utilizzato la dimensione statica del principio di effettivit, a mente della
quale necessario garantire alle norme comunitarie, ove possibile, il pri-
mato su quelle nazionali, con la conseguente disapplicazione di queste
ultime e la garanzia della diretta applicabilit e delleffetto utile delle
seconde. La diretta applicabilit delle norme del diritto unionale, infatti,
passa per dei requisiti inderogabili: i precetti devono essere chiari, precisi e
non condizionati. Soprattutto se contenuti, come nel caso dellart. 273 della
sesta Direttiva IVA, in una fonte di diritto derivato33, essendo necessari per
la diretta applicabilit delle Direttive, oltre ai requisiti gi ricordati, valevoli
per qualsiasi testo unionale, anche uno ulteriore: la necessit che la norma
conferisca diritti ai singoli, mentre ci non accade con lart. 273.
Nel caso specifico, la Corte vuole, comunque, assicurare la tutela dei
diritti fondamentali come parte del diritto unionale anche quando si riferisce
allattuazione di procedure e allesercizio dellattivit dindagine che, pur di

30
G. Greco, A proposito dellautonomia procedurale degli Stati Membri, cit.
31
Conclusioni dellAvvocato Generale Melchior Wathelet, presentate il 16 settembre
2015, pag. 106.
32
Sentenza WebMindLicenses cit., p. 76.
33
G. Tesauro, Diritto dellUnione Europea, cit.

814 - Rassegna Tributaria 3/2016


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competenza nazionale, servono a tutelare glinteressi finanziari europei e la


loro effettivit sostanziale34, in nome del principio di leale cooperazione 35.
Lart. 325 TFUE cui la Corte fa riferimento costituisce secondo la
Commissione anche la base giuridica per la nuova proposta di Direttiva
PIF del 201236 dove si prescinde dal carattere di gravit e
transnazionalit37 di tali fattispecie, focalizzandosi esclusivamente sulla
necessit di tutelare il bene comune superiore individuato nellinteresse
finanziario dellUnione Europea. dunque possibile che la Corte di Giustizia
stia anticipando gli effetti della normativa europea, servendosi delle proce-
dure nazionali penali, qualora abbiano ad oggetto reati offensivi degli stessi
interessi, per garantire una tutela effettiva, anche in assenza di disposizioni
normative, allinteresse finanziario europeo.

4. Conclusioni - Pur nellambiguit di alcune soluzioni, prima fra tutte


quella della funzionalizzazione dellart. 325 TFUE al fine di estendere il
sindacato della Corte allattuazione delle procedure nazionali, in nome della
tutela dei diritti fondamentali sanciti dallUnione, la sentenza in analisi
merita invece di essere valorizzata per gli spunti originali offerti in materia
di abuso (e in tema di cooperazione)38.
Il primo dato da sottolineare che limposta sul valore aggiunto, oggetto
dellaccertamento, era gi stata assolta in Portogallo, pertanto il sindacato
della Corte mosso in questo caso dalla necessit di garantire, con
leffettivit della libert di stabilimento, anche il corretto riparto del potere
impositivo nellIVA su base territoriale: qualora il giudice ungherese dovesse
riconoscere il carattere artificioso della societ portoghese, lamministra-
zione ungherese sarebbe legittimata a riscuotere limposta. La particolarit
della ricostruzione risiede nel fatto che la verifica richiesta al giudice non
riguarda ladempimento della societ portoghese, che era effettivamente
avvenuto, quanto pi la debenza dellimposta da parte della societ unghe-
rese una volta che si fosse riscontrato il carattere artificioso della societ
portoghese, indipendentemente poi dai pericoli di doppia imposizione che
lapplicazione dellIVA portoghese inferiore a quella ungherese avrebbe
potuto produrre.
Se si pu riscontrare un dato di utilit nella sentenza, idoneo a trasfor-
mare la stessa in un leading case, esso risiede certamente nel tentativo di

34
G. Greco, A proposito dellautonomia procedurale degli Stati Membri, cit.
35
L. Picotti, Le basi giuridiche per lintroduzione di norme penali comuni relative ai reati
oggetto della competenza della procura europea, cit. parla di principio di affidamento alle
sanzioni penali, pag. 4.
36
COM/2012/093.
37
Lespressione appartiene a L. Picotti, Le basi giuridiche per lintroduzione di norme
penali comuni relative ai reati oggetto della competenza della procura europea, cit.
38
C. Marrazzo, a seguire in questa Rivista, Costruzione artificiosa e obbligo di coope-
razione europea.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 815


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estendere il controllo dellabuso, con relative conseguenze applicative,


anche nel campo delle libert e non solo in quello delle norme, pur sempre
in un ambito armonizzato come quello dellIVA. Nel caso oggetto di analisi la
massima evincibile il divieto di sfruttamento dei benefici riconosciuti dai
Trattati, in assenza di un soggetto effettivo, economicamente attivo, cui
imputare i relativi vantaggi, seppur derivanti dallo stesso ordinamento
europeo. Il controllo in questo caso investe direttamente la costruzione
artificiosa attivata per beneficare di regimi nazionali pi favorevoli in
altro Paese e che in questa sua funzione si conferma una categoria con
propri originali caratteri e con applicazione generalizzata nellordinamento
europeo.

ELISA MIDASSI
Dottorato di ricerca in Diritto tributario europeo
Universit di Bologna

816 - Rassegna Tributaria 3/2016


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2. Costruzione artificiosa ai fini IVA e obbligo di cooperazione europea

SOMMARIO: 1. Una costruzione artificiosa in unoperazione abusiva ai fini IVA e i


relativi caratteri - 2. La costruzione artificiosa ai fini IVA come limite allutilizzo
della libert di stabilimento - 3. Il disconoscimento della costruzione abusiva e il
rischio di doppia imposizione ai fini IVA - 4. Il corretto accertamento dellIVA:
giustificazione di una soluzione praeter legem in tema di cooperazione -
5. Conclusioni: dalla collaborazione tra le amministrazioni alla collaborazione
delle amministrazioni.

1. Una costruzione artificiosa in unoperazione abusiva ai fini IVA e i relativi


caratteri - Nella molteplicit dei quesiti sottoposti alla Corte di Giustizia, la
sentenza in epigrafe offre interessanti spunti di riflessione su problematiche
riguardanti laccertamento di condotte abusive attraverso strumenti coopera-
tivi interni1 ed esterni, intendendo per i primi i rapporti di collaborazione tra
amministrazioni dello Stato e per i secondi quelli tra amministrazioni di
ordinamenti diversi. Una delle principali ragioni di interesse della presente
sentenza riguarda proprio questultimo tema e, pi nello specifico, lo scambio
di informazioni tra amministrazioni fiscali dellUnione Europea, soprattutto,
alla luce del Regolamento del Consiglio 904/20102 dal momento che la Corte
lha interpretato come vincolo di utilizzazione per lamministrazione di uno
Stato membro procedente contro un soggetto che ha gi assolto limposta sul
valore aggiunto in un altro Stati membro per delle operazioni asserite come
abusive. Un vincolo che sempre secondo la Corte sarebbe giustificato, mal-
grado la mancanza di un dato normativo positivo, per accertare efficacemente
limposta sul valore aggiunto in funzione antiabuso. Lo scambio di informa-
zioni viene ritenuto necessario dalla Corte per il corretto funzionamento del
sistema dellIVA, accertando lesistenza di una costruzione artificiosa in
Portogallo ritenuta abusiva della libert di stabilimento ai fini del beneficio
della minore aliquota applicabile in Portogallo.
Come gi visto nella nota che precede che si occupa degli altri profili
affrontati dalla Corte, il caso trae origine da una complessa struttura

1
Come esplicitati supra nella nota precedente, E. Midassi, Costruzione artificiosa e
circolazione nazionale delle prove.
2
Regolamento di rifusione UE 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010 relativo alla
cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia dimposta sul valore
aggiunto. Sulla cooperazione in ambito IVA: S. Capolupo, Nuove regole sullo scambio di
informazioni e sulla cooperazione internazionale, in Corr. Trib., 2010, pag. 974 ss.; P. Centore,
Le misure europee a favore della cooperazione amministrativa per la lotta alle frodi IVA, in
Corr. Trib., 2010, pag. 3944 ss.; F. Cerioni, La cooperazione amministrativa IVA fra autorit
fiscali degli Stati UE si rafforza: verso un controllo europeo?, in Corr. Trib., 2012, pag. 1138 ss.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 817


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C. MARRAZZO - COSTRUZIONE ARTIFICIOSA AI FINI IVA

contrattuale con cui una licenza di sfruttamento di un know-how, creato dal


signor Gattyan, cittadino ungherese e proprietario di alcune societ dislocate
tra il Portogallo e lUngheria, circolava tra queste societ, fino al beneficiario
formale, ossia la societ portoghese Lalib di propriet di un cittadino francese.
LAmministrazione finanziaria magiara contestava che, malgrado il formale
sfruttamento da parte della Lalib, societ di diritto portoghese non collegata
alle societ di propriet di Gattyan, in realt, il beneficiario effettivo della
licenza fosse la societ ungherese WebMindLicenses di propriet del
Gattyan stesso. Lamministrazione, infatti, eccepiva che la societ portoghese
aveva una gestione irrazionale e unattivit deliberatamente deficitaria e non
disponeva di una capacit di sfruttamento autonoma3 e, dunque, in verit
fosse una struttura artificiosa, localizzata in Portogallo per beneficiare della-
liquota pi favorevole. Data la contestazione e leccezione opposta dalla societ
accertata del precedente assolvimento dellimposta sul valore aggiunto in
Portogallo da parte della Lalib e delleffettivit della stessa, il giudice ungherese
decideva di sospendere il giudizio e poneva diciassette questioni pregiudiziali
che, sulla base degli effetti, si possono riassumere in tre categorie: la tipologia
della costruzione artificiosa per beneficiare abusivamente della libert di
stabilimento, cooperazione tra Amministrazioni finanziarie sulla base del
Reg. 904/2010 e acquisizione di prove nel procedimento penale utilizzate poi
nel procedimento amministrativo.

2. La costruzione artificiosa ai fini IVA come limite allutilizzo della libert di


stabilimento - Per giudicare dellabusivit delloperazione come espressione di
un utilizzo distorto della libert di stabilimento4, la Corte si trova a giudicare,
innanzitutto, dei vari rapporti giuridici ed economici transnazionali che

3
Nella presente sentenza, vedi punto 22.
4
Sullabuso del diritto e sullelusione cfr. S. Cipollina, La legge civile e la legge fiscale. Il
problema dellelusione fiscale, Padova, 1992; G. Falsitta, Natura delle disposizioni contenenti
norme per linterpretazione di norme e lart. 37-bis sullinterpretazione analogica o antielusiva,
in Riv. dir. trib., 2010, I, pag. 519 ss.; G. Falsitta, Spunti critici e ricostruttivi sullerrata commi-
stione di simulazione ed elusione nellonnivoro contenitore detto abuso del diritto (nota a Cass.,
Sez. trib., n. 3571/2010, n. 4737/2010 e n. 25127/2009), in Riv. dir. trib., n. 6/2010, pag. 334 ss.; F.
Tesauro, Divieto comunitario di abuso del diritto (fiscale) e vincolo da giudicato esterno incom-
patibile con il diritto comunitario, in Giur. it., 2008, pag. 1029; E. Marello, Elusione fiscale e abuso
del diritto: profili procedimentali e processuali, ivi, 2010, pag. 1731; A. Giovannini, Il divieto
dabuso del diritto in ambito tributario come principio generale dellordinamento, in Rass. trib.,
2010, pag. 982; P. Pistone, Abuso del diritto ed elusione fiscale, Padova, 1995; G. Fransoni, Abuso di
diritto, elusione e simulazione: rapporti e distinzioni, in Corr. Trib., 2011, pag. 13 ss.; G. Fransoni,
Appunti su abuso del diritto e valide ragioni economiche, in Rass. trib., 2010, pag. 932; M.
Beghin, La Cassazione prosegue nellopera di cesellatura della nozione di abuso del diritto, in
Corr. Trib., 2010, pag. 1347; S. Cipollina, CFC legislation e abuso della libert di stabilimento: il
caso Cadbury Schweppes, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2007, II, pag. 13 ss.; C. Attardi, Abuso del diritto e
giurisprudenza comunitaria: il perseguimento di un vantaggio fiscale come scopo essenziale
delloperazione elusiva, in Dir. prat. trib., 2008, IV, pag. 637 ss.; M. Poggioli, La Corte di
Giustizia elabora il concetto di comportamento abusivo in materia dIVA e ne tratteggia le

818 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

coinvolgono la societ portoghese e quella magiara, ritenendo comunque non


decisivi, ai fini dellaccertamento dellabusivit delle condotte, la serie di
elementi fattuali indicati dallamministrazione ungherese per legittimare lap-
plicazione dellIVA5. Tuttavia, la questione pi rilevante posta allattenzione dei
giudici europei riguardava la pretesa abusivit delloperazione relativa al
contratto di know-how acquisito dalla societ Lalib per sfruttare il differenziale
di aliquota IVA tra lordinamento portoghese e quello ungherese6. Il giudice
ungherese, in sede di ricorso contro lAmministrazione finanziaria, infatti, si
domandava se, date anche le peculiarit dei servizi on line, le circostanze del
caso potessero essere valutate per determinare che, malgrado il formale sfrut-
tamento da parte della Lalib, la WebMindLicenses, in verit, utilizzasse effet-
tivamente il know-how e, di conseguenza, che il presupposto territoriale si fosse
realizzato in Ungheria e non gi in Portogallo.
I giudici europei, confermando le conclusioni dellAvvocato Generale,
affermano che beneficiare in uno Stato membro di unaliquota IVA ordi-
naria meno elevata di quella in vigore in un altro Stato membro non pu
essere considerato di per s come un vantaggio fiscale la cui concessione
contraria agli obiettivi della Direttiva IVA7. In sostanza, sfruttare i diffe-
renziali di aliquote, causati dalla mancata armonizzazione, non di per s
abusivo, a meno che ci non avvenga mediante una costruzione artificiosa.
Questa categoria8, gi richiamata nella giurisprudenza europea9,
utilizzata per in questo caso per una finalit diversa da quella che aveva

conseguenze sul piano impositivo: epifania di una clausola generale antiabusiva di matrice
comunitaria?, in Riv. dir. trib., 2006, I, pag. 107.
5
Nella presente sentenza, p. 49: Il diritto dellUnione deve essere interpretato nel senso
che, per accertare se, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, un contratto
di licenza () traeva origine da un abuso di diritto volto a beneficiare di unaliquota dellimpo-
sta sul valore aggiunto applicabile a detti servizi meno elevata in tale altro Stato membro, il fatto
che lamministratore e unico azionista di questultima societ fosse il creatore di tale know-
how, che lo stesso esercitasse uninfluenza o un controllo sullo sviluppo e sullo sfruttamento di
detto know-how e sulla prestazione dei servizi basati sullo stesso, che la gestione delle transa-
zioni finanziarie, del personale e degli strumenti tecnici necessari alla prestazione di detti
servizi fosse assicurata da subcontraenti, al pari dei motivi che possono aver portato la societ
che ha ceduto la licenza a concedere in locazione il know-how di cui trattasi a una societ con
sede in tale altro Stato membro invece di sfruttarlo essa stessa, non appaiono di per s decisivi.
6
Come rilevato dallAvvocato Generale nella stessa sentenza, In udienza, le parti del
procedimento principale hanno confermato che, quando stato firmato il primo contratto di
licenza con la Lalib, ossia nel febbraio del 2008, tale differenza di aliquota era del 4%, posto che
laliquota IVA era del 20% in Ungheria e del 16% a Madera.
7
Nella presente sentenza, punto 40.
8
P. Piantavigna, Abuso del diritto e fiscalit nella giurisprudenza comunitaria: unipo-
tesi di studio, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2009/III, pag. 369; vedi anche M. Lang - S. Heidenbauer,
Wholly Artificial Arrangements, in Hinnekens L. & P. (eds.), A Vision of Taxes Within and
Outside European Borders, The Netherlands, Kluwer Law International, 2008, pagg. 597-615.
9
Tra le tante, senza pretesa di esaustivit: C-264/96, ICI, 324/00 Lankhorst-Hohorst, 446/
03 Marks& Spencer, 196/04 Cadbury Schweppes, 524/04 Test Claimants in the Thin Cap Group
Litigation, 231/05 OY AA, 451/05 ELISA, 251/06 ING.AUER, 105/07 Lammers& Van Cleeff, 162/

Rassegna Tributaria 3/2016 - 819


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originato i precedenti giurisprudenziali. La Corte, infatti, nel dichiarare


lincompatibilit di operazioni come forme di abuso del diritto in ambito
IVA10 quando utilizzano costruzioni artificiose per beneficiare della libert
di stabilimento, ricorre alla qualificazione di costruzione artificiosa gi
utilizzata in un precedente per le imposte dirette e, in particolare, la sen-
tenza Cadbury. In questultima, leading case nelle imposte dirette, si dubi-
tava della legittimit del regime SEC/CFC e, quindi, lartificiosit del
soggetto si ipotizzava come giustificazione di un regime potenzialmente
restrittivo delle libert economiche fondamentali, in particolare, della
libert di stabilimento. In WebMindLicenses, invece, la Corte sembra
voler estendere il concetto di costruzione artificiosa con una valenza gene-
rale fino a superare i criteri interpretativi che lavevano ispirata. La costru-
zione artificiosa il carattere fondamentale che deve essere provato per
stabilire labusivit delloperazione, rappresentando un vincolo interpreta-
tivo posto dalla Corte di Giustizia al giudice nazionale. Questultimo, infatti,
dovr verificare leffettivit della costruzione e, dunque, in concreto, se
lobiettivo perseguito dalla societ sia stato quello di sfruttare laliquota
pi favorevole abusando delle regole sulla territorialit dei servizi digitali
vigenti ratione temporis11 e, in generale, della libert di stabilimento. Pi
precisamente il giudice del rinvio dovr valutare una serie di elementi di
fatto per valutare se la societ Lalib sia effettiva, abbia una struttura
adeguata o eserciti tale attivit sotto la propria responsabilit e a proprio
rischio. Calando il dispositivo della sentenza nel caso specifico, in sostanza,
la Corte afferma che il giudice ungherese dovr valutare leffettivit di una
societ portoghese e, per questo si avvarr anche delle informazioni acqui-
site presso lamministrazione portoghese, dal momento che la Lalib era
stata costituita in Portogallo e non solo di quelle acquisite nelle procedure
interne sia penali sia amministrative.

07 Ampliscientifica and Amplifin, 303/07 Aberdeen Property Fininvest Alpha, 330/07 Jobra,
397/07 Commissione/Spagna, 182/08 Glaxo Wellcome, 311/08 SGI, 436/08 Haribo, 437/08
sterreichischeSalinen, 267/09 Commissione/Portogallo, 318/10 SIAT, 504/10 Tanoarch, 33/
11, A, 112/14 Commissione/Regno Unito.
10
Vedi in particolare sentenze Ampliscientifica and Amplifin, 303/07 e Tanoarch, 33/11.
Vedi anche Newey, causa C- 653/11 con nota di P. Santin, Territorialit IVA e abuso del diritto
tra limiti di giurisdizione e scelte interpretative, in Riv. dir. trib., n. 2/2014, pag. 37 ss.
11
Si deve notare che, allepoca dei fatti, gli artt. 43 e 56, paragrafo 1, lett. k), della Direttiva
IVA nella sua versione in vigore dal 24 luglio 2009 al 31 dicembre 2009, e degli artt. 45 e 49,
paragrafo 1, lett. k), della Direttiva IVA, nella sua versione in vigore dal 1 gennaio 2010 al 31
dicembre 2012, stabilivano che lIVA su tali prestazioni rese a destinatari che non sono soggetti
passivi e che sono stabiliti nellUnione doveva essere assolta in Portogallo mentre le prestazioni
rese a destinatari che non sono soggetti passivi e che sono stabiliti fuori dallUnione ne erano
esenti cfr. conclusioni dellAvvocato Generale Melchior Wathelet, nelle presente sentenza,
causa C-419/14, ECLI:EU:C:2015:606, p. 58.

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3. Il disconoscimento della costruzione abusiva e il rischio di doppia


imposizione ai fini IVA - La societ portoghese, sospettata di essere una
costruzione artificiosa, aveva gi pagato lIVA nel proprio Paese e, secondo il
giudice del rinvio, questo elemento avrebbe potuto costituire un ostacolo
per una nuova applicazione dellimposta in Ungheria. Il rischio di doppia
imposizione, come definito dallAvvocato Generale12, sembra essere pi una
semplificazione definitoria per indicare un disconoscimento da parte di
unamministrazione nazionale di un accertamento gi avvenuto in un altro
Stati membro, piuttosto che un caso classico di doppia imposizione e,
dunque, di una pretesa impositiva su uno stesso presupposto gi realizzato
e riscosso in un altro Stato secondo la legislazione IVA, nei confronti di uno
stesso soggetto. Proprio perch convinta della necessit di evitare costru-
zioni abusive, la Corte non pu che orientarsi a ripristinare la situazione
come se labuso non fosse mai avvenuto13 e quindi escludere, con la propria
giurisprudenza14, che il precedente assolvimento in Portogallo non sia di
ostacolo al recupero dellimposta.
Come rilevato sia dallAvvocato Generale sia dalla Commissione
Europea, leventuale doppia imposizione sarebbe evitabile qualora il
diritto dellUnione imponesse alle autorit tributarie degli Stati membri
un obbligo di riconoscimento reciproco delle loro rispettive decisioni (...),
ma n la Direttiva IVA n il Reg. 904/2010 stabiliscono un simile obbligo15.
Linteresse dellAvvocato Generale in questo caso si concentra pi scambio
di informazioni successivo al conflitto e non gi precedente. Lobbligo di
scambio di informazioni, come prospettato dalla Corte almeno nel caso di
specie, gi nella fase dellaccertamento, e non nella fase della riscossione,
imporrebbe un coordinamento dellazione accertatrice dello Stato proce-
dente con quello in cui formalmente si avverato il presupposto impositivo
e, dunque, eviterebbe questo tipo di conflitti tra amministrazioni.
In questo caso la cooperazione rileva, dunque, non gi perch laccerta-
mento ungherese rischiava di duplicare limposizione sullo stesso soggetto,
ma perch nella fattispecie in giudizio lamministrazione magiara, impli-
citamente, imponeva lo stesso presupposto assoggettato ad imposizione in
Portogallo. In sostanza, lUngheria disconosceva il precedente accerta-
mento e assolvimento della societ portoghese, sulla base di una pretesa
costruzione artificiosa di questultima.
Se lamministrazione ungherese, invece, avesse chiesto informazioni
sulla societ Lalib allomologa lusitana, non gi sugli adempimenti tributari

12
Conclusioni, nella presente sentenza, causa C-419/14, cit.
13
Nella presente sentenza, par. 51-54. La Corte, in questo caso, non si occupata
delleventuale rimborso dellimposta versata nellaltro Stati membro, in quanto avrebbe
rischiato unextrapetizione.
14
Vedi Halifax, causa C-255/02, cit.
15
Conclusioni, nella presente sentenza, par. 91.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 821


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che erano pacifici, ma sulla operativit del soggetto, avrebbe scoperto, come
rilevato nella memoria del governo portoghese, che la societ portoghese
aveva una struttura effettiva (id est dipendenti, mezzi, stabilimenti) e che,
quindi, lo sfruttamento avveniva concretamente nel suo territorio16. In
questo caso lobbligo ipotizzato dalla Corte per lamministrazione unghe-
rese di richiedere informazioni a quella portoghese avrebbe dovuto quindi
essere funzionale allefficace accertamento dellabuso commesso pur sem-
pre nel territorio portoghese. Sarebbe spettato quindi allamministrazione
portoghese provare la costruzione artificiosa, dimostrando che la societ
Lalib non avesse una struttura societaria effettiva, che operasse deficitaria-
mente e che non gestisse effettivamente il know-how. Tutte informazioni
che solo lamministrazione lusitana avrebbe potuto acquisire come unico
soggetto qualificato ad accertare soggetti che ricadono nel proprio
ordinamento.

4. Il corretto accertamento dellIVA: giustificazione di una soluzione praeter


legem in tema di cooperazione - La cooperazione tra amministrazioni17
diventa cos importante, secondo la Corte, per acquisire informazioni
utili per verificare lesistenza di una costruzione artificiosa e per questo
motivo la sua interpretazione appare originale, dal momento che per la
prima volta dopo lapprovazione del Regolamento di rifusione del Consiglio
904/2010, investe la modalit dellesercizio dello scambio. Loriginalit
dellinterpretazione della Corte, contrariamente a quanto sostenuto

16
Conclusioni, nella presente sentenza, par. 86.
17
Sulla cooperazione tra Amministrazioni finanziarie, senza pretesa di esaustivit: A. Di
Pietro, La collaborazione comunitaria nellaccertamento e nella riscossione: la tutela del
contribuente, in C. Glendi e V. Uckmar, La concentrazione della riscossione nellaccertamento,
Padova, 2011, CEDAM, pag. 641; A. Fedele, Prospettive e sviluppi della disciplina dello
scambio di informazioni fra Amministrazioni finanziarie, in Rass. trib. 1999, pag. 58; F.
Fernndez Marn, Scambio di informazioni e tutela del contribuente, in T. Tassani (a cura di),
Attuazione del tributo e diritti del contribuente in Europa, Roma, 2009, pagg. 265 ss. F. Fernndez
Marn, Lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, in AA.VV., Lo stato della fiscalit
nellUnione Europea, Roma, 2003; F. Fernndez Marn, Tassazione dei non residenti: tra
scambio d`informazione e principio di proporzionalit, Rass. trib., 2008, n. 2, pag. 541; L.
Del Federico, Scambio di informazioni fra autorit fiscali e tutela del contribuente: profili
internazionalistici, comunitari e interni, in Riv. dir. trib. Intern. 2010, pag. 232; P. Selicato,
Scambio di informazioni, contraddittorio e Statuto del contribuente, in Rass. trib., 2012, pag.
328 ss.; G. Marino, La cooperazione internazionale in materia tributaria, tra mito e realt,
Rass. trib., n. 2/2010, pag. 435; A. Buccisano, Assistenza amministrativa internazionale dallac-
certamento alla riscossione dei tributi, Bari, 2013; P. Adonnino, Lo scambio di informazioni tra
le Amministrazioni finanziarie, in Dir. prat. trib., 2008, pag. 705; P. Mastellone, LUnione
Europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di mutua
assistenza amministrativa tra autorit fiscali, in Riv. dir. trib. n. 11/2013, pag. 349; S. Dorigo,
La cooperazione fiscale internazionale, in C. Sacchetto, Principi di diritto tributario euro-
peo e internazionale, Torino 2011, pag. 206 ss.; F. Ardito, La cooperazione internazionale in
materia tributaria, Padova, 2007, pag. 29; F. Amatucci, Onere della prova e limitazioni allo
scambio di informazioni in materia fiscale, in Riv. dir. trib. Int., 2009, I, pag. 126 ss.

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dallAvvocato Generale nelle sue conclusioni18, sta nellaver considerato che


lamministrazione tributaria di uno Stato membro che esamina lesigibilit
dellimposta sul valore aggiunto per prestazioni che sono gi state assog-
gettate a detta imposta in altri Stati membri tenuta a rivolgere una richiesta
di informazioni alle amministrazioni tributarie di tali altri Stati membri
qualora una siffatta richiesta sia utile, se non indispensabile, per accertare
che limposta sul valore aggiunto sia esigibile nel primo Stato membro19.
Una soluzione questa fondata su di una interpretazione sistematica del Reg.
904/2010 del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta
contro la frode in materia dimposta sul valore aggiunto che valorizza
specificatamente il dovere di cooperare per assicurare laccertamento
corretto dellIVA20.
Il dato normativo letterale, invece, cos come affermato dallAvvocato
Generale Wathelet, in particolare negli articoli del Capo II del Regolamento
904/2010, rubricato richiesta di informazioni e richiesta di indagini ammi-
nistrative, avrebbe militato a favore della facoltativit dellattivazione. In
aggiunta, la giurisprudenza europea aveva gi sottolineato, precedente-
mente, la facoltativit dellattivazione delle procedure cooperative per
unamministrazione e non gi lobbligo, anche su richiesta del contribuente
accertato, sulla base della tutela offerta dagli ordinamenti in sede
successiva21.
I giudici europei avrebbero potuto, a ben vedere, motivare anche sulla
base dellart. 325 del Trattato sul funzionamento dellUnione Europea22,
apparendo peraltro riduttiva una semplice interpretazione sulla base di un
considerando, bench questultimo fosse stato evocato, in realt, dal giudice
del rinvio. Il riferimento allarticolo del TFUE non appare meramente
ipotetico, visto che, in un recente precedente23 e anche in altre parti della

18
Conclusioni, WebMindLicenses, par. 96. La risposta a tali questioni molto semplice:
un siffatto obbligo non sussiste. Certamente, come suggerisce il giudice del rinvio, il Reg. 904/
2010 inteso a disciplinare le modalit di cooperazione e di assistenza fra le autorit tributarie
degli Stati membri e a facilitare lo scambio di informazioni fra le stesse sulla base di richieste
che esse possono rivolgersi reciprocamente ai sensi degli articoli da 7 a 12 di detto
Regolamento. Tuttavia, come osserva la Commissione, nellambito dello scambio di informa-
zioni sulla base di una richiesta, lautorit richiedente non affatto obbligata a rivolgere una
simile richiesta a un altro Stato membro. Infatti, si tratta di un diritto che le attribuito da detto
Regolamento e non di un obbligo che le viene imposto.
19
Nella presente sentenza, par. 59.
20
Considerando settimo del Reg. 904/2010.
21
Sentenza Twoh International, causa C-184/05, ECLI:EU:C:2007:550 e Sabou, causa C-
276/12, ECLI:EU:C:2013:678 con nota di F. Fernandez Marin, La tutela nazionale del con-
tribuente nello scambio comunitario, in Rass. trib., n. 6/2014, pag. 1421 ss.
22
In particolare il comma 3 che stabilisce: fatte salve altre disposizioni dei Trattati, gli
Stati membri coordinano lazione diretta a tutelare gli interessi finanziari dellUnione contro la
frode. A tale fine essi organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare coopera-
zione tra le autorit competenti.
23
Sentenza Taricco, causa C-105/14, ECLI:EU:C:2015:555, p. 51-52.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 823


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sentenza in epigrafe24, la Corte ha stabilito che esso immediatamente


precettivo.
Il Comitato economico e sociale europeo25, gi in sede di parere con-
sultivo, aveva ritenuto che lart. 1 del Reg. 904/2010, peraltro inserito dal
giudice relatore nel contesto normativo, avesse introdotto esplicitamente
lobbligo per gli Stati di collaborare tra di loro e con lUnione anche per
assicurare la protezione del gettito IVA in tutti gli Stati membri, mentre il
testo precedente si limitava a definire norme e procedure per lo scambio di
informazioni. Dunque, attraverso il consolidamento della cooperazione
tra amministrazioni, la Corte si preoccupata della tutela del gettito IVA
come risorsa propria dellUnione, almeno nella propria quota parte, con-
fermando la linea giurisprudenziale esplicitata nella sentenza Commissione
contro Germania26.
Il corretto funzionamento del tributo si fonda in primo luogo, sulleffi-
cacia del principio di territorialit, per evitare possibili conflitti di compe-
tenza che possono generare salti dimposta e, in secondo luogo, sulla
concreta neutralit fiscale in base alla quale gli operatori economici che
effettuano le stesse operazioni non devono essere trattati diversamente in
materia di riscossione dellIVA e non devono essere effettivamente incisi dal
tributo. Si afferma cos limportanza dello scambio di informazioni per
leffettivit dellordinamento tributario europeo e, quindi, del legame tra
corretta applicazione dellimposta e funzionamento del mercato27 oltre che
per lottare contro la frode tributaria e, quindi, operare nellinteresse fiscale
nazionale o unionale28. A sostegno di tale affermazione da rilevare come
diversi consideranda del Regolamento esaltino limportanza dello scambio
di informazioni ai fini del corretto accertamento dellimposta sul valore
aggiunto29. Lart. 1 del predetto Regolamento, nel secondo periodo del
comma 1, parrebbe enumerare in ordine non casuale gli obiettivi dello
scambio, ossia il corretto accertamento dellIVA e la verifica della corretta
applicazione e, subordinatamente, la lotta contro le frodi con lo scopo di
proteggere il gettito dellimposta in tutti gli Stati membri, come esplicitato
nel comma 2.
Linterpretazione della Corte pur sistematica rimane legata pur sempre
alla particolarit dellabuso e della costruzione artificiosa che serve a rea-
lizzarlo quando coinvolga due Paesi, ossia nel caso in cui si riscontrino due
profili, quello soggettivo quando un contribuente pur sospettato di essere
formalmente e non effettivamente operativo abbia per assolto limposta

24
Nella presente sentenza, p. 90.
25
Parere del 17 febbraio 2010, COM(2009) 427 final - 2009/0118 (CNS).
26
Sentenza Commissione/Germania, causa C-539/09, ECLI:EU:C:2011:733.
27
F. Fernandez Marin, La tutela nazionale, cit., pag. 1423.
28
Sentenza kerberg Fransson, causa C-617/10, EU:C:2013:105, pp. 25-26.
29
Cfr. considerando 5, 7, 8 e 11.

824 - Rassegna Tributaria 3/2016


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nello Stato membro in cui stato costituito e, quello oggettivo, quando


lAmministrazione finanziaria dello Stato procedente sappia o debba ragio-
nevolmente sapere che laltra amministrazione sia in possesso di informa-
zioni utili se non indispensabili30 per accertare che lIVA sia dovuta nel
primo Stato anche in riferimento al disvelamento di una struttura artifi-
ciosa creata per beneficiare dallaliquota pi favorevole applicata in
Portogallo. Proprio questultimo elemento che evoca il concetto di rilevanza
delle informazioni, in ambito OCSE stato usato in una forma di bilancia-
mento tra i diritti del contribuente e delle amministrazioni, in particolare,
contro le c.d. fishing expeditions31. Tuttavia, nel caso giudicato dalla Corte,
da ricollegare al fatto che il giudizio sulleffettivit della struttura di una
societ portoghese non pu essere demandato ad unautorit di un altro
Stato membro, senza avere informazioni utili di cui pu essere in possesso
solo lamministrazione nella cui giurisdizione tale impresa opera.
Lobbligo della richiesta di informazioni non appare solo la migliore
garanzia per il riscontro delleffettivit dellattuazione dellIVA, anche con
riferimento al riparto territoriale dimposizione, ma rileva anche come
procedura da preferire, con un ulteriore rilievo della sua necessit, a pro-
cedure interne quando possano risultare eccessivamente invasive tanto da
violare gli stessi diritti fondamentali pur tutelati dallordinamento europeo.
Cos lo scambio diventerebbe una necessitata applicazione del principio di
proporzionalit nel procedimento, secondo cui i provvedimenti che gli Stati
membri possono adottare non devono eccedere quanto necessario per
conseguire gli obiettivi diretti ad assicurare, in questo caso leffettiva appli-
cazione dellIVA oltre che la sua esatta riscossione anche contro le frodi. Per
tale motivo, lamministrazione, cos come esplicitato in altri punti della
sentenza in esame32, dovrebbe utilizzare i mezzi istruttori meno pregiudi-
zievoli (come laccesso ai locali della societ o la richiesta di informazioni ad
altra amministrazione) dei diritti affermati dalla Carta, al posto di altri
(nella fattispecie, il sequestro della corrispondenza avvenuta in un proce-
dimento penale parallelo) che si potrebbero rivelare lesivi dei diritti del
contribuente.
Questa lettura, seppure affascinante, parrebbe configgere con il princi-
pio di sussidiariet, in virt del quale lo Stato richiedente pu attivare
utilmente uno scambio di informazioni solo dopo aver esaurito i mezzi di
prova interni33. Soprattutto, considerando lomessa pronuncia riguardante
gli effetti procedurali e processuali dellinottemperanza dellobbligo da

30
Sentenza, Commissione/Regno Unito, ECLI:EU:C:2005:488, par. 23.
31
Ex multis, A. Fedele, Prospettive e sviluppi, cit., pag. 53; F. Fernndez Marn, Scambio
di informazioni e tutela del contribuente, in T. Tassani (a cura di), Attuazione del tributo, cit.,
pag. 265 ss.
32
Nella presente sentenza, p. 82, riprendendo le conclusioni di M. Wathelet, p. 133.
33
A. Buccisano, Assistenza amministrativa internazionale, cit., pagg. 60-61 in cui si fa
riferimento alla Direttiva 2011/16 e non al Reg. 904/2010.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 825


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parte delle amministrazioni (diciassettesima questione), pare necessario


considerare una ragione della sentenza diversa. Se, infatti, la Corte avesse
voluto statuire lobbligo come corollario di una pi stringente tutela del
contribuente, avrebbe dovuto sanzionare lomessa richiesta come vizio del
procedimento. Tuttavia, pur avendone occasione, i giudici europei non
hanno stabilito o sanzionato eventuali inottemperanze nello scambio34, a
differenza di altri punti della sentenza in cui sanzionano la illegittima
acquisizione di prove con linutilizzabilit35.
Inoltre, sempre in ambito di tutela del contribuente, la Corte ha creato
una asimmetria tra lobbligo per lamministrazione di richiedere informa-
zioni, senza per specificare un obbligo di effettivo utilizzo delle informa-
zioni richieste ed ottenute36. In aggiunta, potrebbero verificarsi delle
situazioni in cui lamministrazione procedente che si trova nella stessa
situazione che ha dato origine al caso sarebbe tenuta a richiedere informa-
zioni e, viceversa, lamministrazione richiesta potrebbe, fondatamente, non
rispondere alla richiesta37. Come stato rilevato38, in linea generale, nel
diritto eurounitario non esistono divieti di trasmissione di informazioni,
ma, cercando un equilibrio tra interessi europei e nazionali, si segue la
logica dei limiti e dei vincoli. In riferimento al Reg. 904, in particolare, lart.
54 impone, innanzitutto, che la richiesta non oneri eccessivamente
lautorit richiesta e che lautorit procedente abbia esaurito le fonti di
informazione a sua disposizione (principio di sussidiariet)39. I successivi
commi dellart. 54 esplicitano pi chiaramente alcune situazioni nelle quali
lamministrazione richiesta si pu legittimamente rifiutare di adempiere ad
una richiesta siffatta40.

34
Nella presente sentenza, p. 60.
35
Nella presente sentenza, p. 89.
36
Lart. 97, paragrafo 6, della Legge n. XCII del 2003 recante il codice di procedura
tributaria (azadzsrendjrlszl2003. vi XCII. trvny) afferma quando accerta i fatti,
lautorit tributaria ha lobbligo di esaminare anche i fatti a favore del contribuente. Un fatto o
una circostanza non provati non possono essere valutati a sfavore del contribuente, salvo nella
procedura di valutazione.
37
Sui limiti allobbligo di cooperazione amministrativa dellamministrazione interpel-
lata, A. Buccisano, Assistenza amministrativa internazionale, cit., pag. 60 ss.
38
Di A. Pietro, La collaborazione comunitaria, cit., in C. Glendi e V. Uckmar, pag. 660.
39
A. Buccisano, Assistenza amministrativa internazionale, cit., pag. 60.
40
Reg. 904/2010, art. 54, comma 2: Il presente Regolamento non impone di far effettuare
indagini o di trasmettere informazioni su un caso determinato quando la legislazione o la prassi
amministrativa dello Stato membro che dovrebbe fornire le informazioni non consentano allo
Stato membro di effettuare tali indagini n di raccogliere o utilizzare tali informazioni per le
sue esigenze proprie.
3. Lautorit competente di uno Stato membro interpellato pu rifiutare di fornire
informazioni allorch, per motivi di diritto, lo Stato membro richiedente non in grado di
fornire informazioni equipollenti. Tale rifiuto motivato comunicato alla Commissione dallo
Stato membro interpellato.

826 - Rassegna Tributaria 3/2016


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5. Conclusioni: dalla collaborazione tra le amministrazioni alla


collaborazione delle amministrazioni - La ricerca di una costruzione abusiva
ai fini dellIVA, quando coinvolga pi Stati, valorizza ulteriormente leffi-
cacia dello scambio dinformazione. Pi specificatamente, rappresenta un
supporto indispensabile per supportare la piena realizzazione del modello
impositivo, quando questo potrebbe essere messo in discussione dalluti-
lizzo di costruzioni artificiose che possano al tempo costituire stesso un uso
abusivo della libert di circolazione e alterare il riparto territoriale di
applicazione dellIVA, utilizzando i differenziali della aliquote IVA che
provocano una concorrenza fiscale anche nei settori armonizzati. Un vin-
colo posto al suo esercizio diventa cos nei rapporti tra amministrazioni la
garanzia per acquisire elementi informativi al di fuori della giurisdizione
dello stato che rivendica il potere di applicazione della propria imposta e nei
rapporti con lamministrazione unalternativa allacquisizione di informa-
zioni con procedure interne che possano essere per essere efficaci applicate
senza il rispetto dei diritti fondamentali.
Se, in passato, si discuteva dellesistenza di un principio di non colla-
borazione tra amministrazioni (la c.d. revenue rule)41, tale decisione
potrebbe, invece, rappresentare un punto di svolta nellambito della coope-
razione tra amministrazioni fiscali42. La globalizzazione, in generale, e i
fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva hanno costretto i singoli Stati
a prevedere delle forme di collaborazione per ovviare a queste problemati-
che. Lordinamento eurounitario, creando un mercato unico interno attra-
verso la libera circolazione di merci, persone e capitali, ha avuto, fin dalle
origini, lesigenza di rafforzare, in generale, lo scambio di informazioni tra le
amministrazioni dei singoli Stati ai fini delleffettivo raggiungimento degli
obiettivi dei Trattati e per garantire leffettivit del sistema giuridico
dellUnione. Per tali ragioni, in particolare nel sistema fiscale, sono stati
previsti diversi modelli cooperativi tra Stati con lo scopo di un modello
fiscale europeo efficiente ed efficace, in attuazione del principio di
sussidiariet, e della tutela del sistema fiscale europeo dallelusione delle

4. La trasmissione di informazioni pu essere rifiutata qualora comporti la divulgazione di


un segreto commerciale, industriale o professionale, di un procedimento commerciale o di
uninformazione la cui divulgazione sia contraria allordine pubblico.
41
La creazione di questo principio da ricondursi alla celebre statuizione di Lord
Mansfield in Holman v Johnson (1775), 1 cowp 341, 98 Eng. Rep. p. 1120 no country ever
takes notice of the revenue laws of another.
42
Celebre la definizione di M. Udina, Il diritto internazionale tributario, Padova, 1949,
pag. 428 coordinata, ma distinta, di organi interni di due o pi Stati, mirante di volta in volta ad
adattare i fini di uno di essi indifferentemente, fini trovanti rispondenza negli analoghi degli
altri, aventi egualmente diritto alla loro attuazione; D. Guttman, Globalizzazione e giustizia
tributaria, in Dir. prat. trib. Inter., 2002, pag. 703 ss.; S. Dorigo, La cooperazione fiscale
internazionale, in C. Sacchetto, Principi di diritto tributario europeo e internazionale, Torino,
2011, pag. 206 ss.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 827


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regole poste a presidio della libert di concorrenza43 e per combattere le


frodi che incidono sul bilancio europeo e su quelli nazionali, anche attra-
verso lo sfruttamento della concorrenza fiscale tra Stati, come nel caso in
oggetto.
Lo scambio di informazioni, o meglio, lacquisizione di informazioni44
rappresenta la principale declinazione del principio di collaborazione tra
Stati45. Nel diritto eurounitario, sia nei tributi armonizzati46 sia nellimpo-
sizione diretta47, lo scambio stato implementato con sicuri aspetti origi-
nali rispetto al modello internazionale che testimoniano un approccio pi
avanzato alla questione48, e riguarda un complesso di dati fiscalmente
rilevanti al fine di garantire unadeguata conoscenza per le singole ammini-
strazioni fiscali con lobiettivo di ricostruire i comportamenti e le situazioni
patrimoniali dei contribuenti e delle imprese transnazionali. Nelle proce-
dure di scambio di informazioni, il contrasto di interessi nel rapporto
triangolare amministrazione procedente, amministrazione ricevente
richiesta e contribuente evidente: da un lato, linteresse pubblico comune
degli Stati, intesi collettivamente, coinvolti nello scambio, che vogliono
lottare in maniera efficace lelusione o evasione fiscale; dallaltro, linteresse
dei singoli Stati che desiderano tutelare il loro gettito fiscale e non vogliono
essere oberati da richieste di altre amministrazioni; e, infine, linteresse
privato del singolo contribuente, il quale vuole tutelarsi dal pericolo di
doppia imposizione, da scambi di informazioni illegittimi49. La
peculiarit del sistema eurounitario la presenza di un quarto soggetto
sovraordinato rispetto agli altri, ossia lUnione Europea e il suo ordina-
mento tributario, al quale deve essere garantito un corretto funzionamento
proprio come esplicitato dai considerando sopra richiamati. Proprio per
garantire leffettivit dello scambio si posta molta enfasi da parte della
giurisprudenza eurounitaria sul corretto adempimento della richiesta di
scambio50 e, dunque, sullamministrazione ricevente, la quale ha lobbligo

43
Di A. Pietro, La collaborazione comunitaria, cit., in C. Glendi e V. Uckmar, La concen-
trazione della riscossione, cit., pag. 639 ss.
44
P. Adonnino, Lo scambio di informazioni fra Amministrazioni finanziarie, in V.
Uckmar (a cura di), Diritto tributario internazionale, Padova, 1999, pag. 1129.
45
Sentenza, Etablissements Rimbaud SA, causa C-72/09 ECLI:EU:C:2010:645, par. 48; G.
Marino, La cooperazione internazionale in materia tributaria, tra mito e realt, cit. pag. 435;
A. Giovanardi, Le frodi IVA, Milano, 2012.
46
Regolamento del Consiglio n. 904/2010 e Regolamento attuativo della Commissione n.
79/2012/UE.
47
Direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011.
48
C. Sacchetto, Levoluzione della cooperazione internazionale fra le Amministrazioni
finanziarie statali in materia di IVA ed imposte dirette: scambio di informazioni e verifiche
incrociate internazionali - prima parte, in Boll. trib., n. 7/1990, pag. 563 ss.
49
In riferimento sia alla procedura usata sia alla legittimit della prova stessa da utilizzare
e, in ultimo, anche per evitare la divulgazione di dati sensibili (come segreti industriali).
50
Sentenza, Commissione/Germania, causa C-539/09, ECLI:EU:C:2011:733.

828 - Rassegna Tributaria 3/2016


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GIURISPRUDENZA DELLE CORTI EUROPEE

di rispondere, con lesclusione di specifici casi, mentre si riteneva pacifico,


almeno fino alla sentenza in epigrafe, che lamministrazione procedente
avesse facolt di richiedere informazioni.
La sentenza in epigrafe, invece, appare eterogenea rispetto allatten-
zione manifestata sia della dottrina, alla ricerca di elementi di tutela del
contribuente51, sia della giurisprudenza, ai fini delleffettivo adempimento
dellobbligo cooperativo52, verso la cooperazione tra amministrazioni
fiscali. Linteresse primario dello scambio cos declinato appare una pi
stringente cooperazione ai fini della lotta alla frode IVA o, pi in generale,
alle condotte abusive manifestate mediante strutture artificiose.
A livello sistematico appare, per, difficile conciliare un obbligo di
richiesta con i modelli di scambio classicamente intesi, non potendosi
ricondurre a nessuna delle tre categorie tradizionali. Non pu essere inteso
nellambito dello scambio automatico, visto che questultimo attivato
quando lamministrazione ritenga che ci sia il rischio di evasione ovvero
di elusione in un altro Stati membro e, conseguentemente, non pu essere
ricondotto neanche allo scambio spontaneo, il quale, sostanzialmente, un
eccezione del primo. La sentenza pare creare uneccezione specifica allo
scambio a richiesta cos come previsto dagli artt. 7-11 del Reg. 904/2010. A
livello sistematico, pertanto, la decisione della Corte lascia perplessi sotto
diversi punti di vista: la mancanza di una chiara base giuridica da cui
ricavabile siffatto obbligo; oltre a questo aspetto, lelaborazione giurispru-
denziale dellobbligo di richiesta non tiene altres in considerazione che, in
determinate situazioni, laltra amministrazione si possa rifiutare di adem-
piere; e, infine, lamministrazione che ha richiesto correttamente le infor-
mazioni potrebbe non utilizzarle al fine di una pi aggressiva strategia
procedimentale o processuale. In sostanza sembra quasi creare un sistema
di cooperazione, molto simile al MAP (mutual agreement procedure) in cui
c unobbligazione di mezzi, ma non di risultato53.
Tralasciando questi non trascurabili profili critici, la sentenza in oggetto
ha il merito di riflettere sui profili di rinnovamento emersi dopo la promul-
gazione del Reg. 904/2010. Linsoddisfazione verso il precedente
Regolamento, dovuta alla resistenza al cambiamento di alcuni Stati membri
gelosi delle loro prerogative e desiderosi di tutelare i loro interessi partico-
laristici rispetto al bene comune, ha portato il Consiglio a promulgare
questo Regolamento di rifusione che, in realt, modifica sostanzialmente
la cooperazione amministrativa in materia fiscale. Come riportato nel
parere del CESE, una buona cooperazione amministrativa la condizione
fondamentale per un corretto svolgimento delle operazioni transfrontaliere

51
A. Fedele, Prospettive e sviluppi, cit., pagg. 58 ss.
52
P. Selicato, Scambio di informazioni, contraddittorio e Statuto del contribuente, in
Rass. trib., n. 2/2012, 328 ss.
53
Art. 25 Modello contro le doppie imposizioni OCSE.

Rassegna Tributaria 3/2016 - 829


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C. MARRAZZO - COSTRUZIONE ARTIFICIOSA AI FINI IVA

ed interesse sia delle amministrazioni sia dei cittadini; e il concetto di


corretto svolgimento coinvolge anche il rispetto delle norme fiscali.
Dunque, la cooperazione amministrativa e la lotte alla frode rappresentano
un unico del tutto inscindibile. Attraverso la cooperazione e lo scambio si
rende possibile il corretto funzionamento del sistema impositivo del valore
aggiunto. Da un lato si valorizza la territorialit, cercando pertanto di
evitare conflitti di competenza impositiva tra pi ordinamenti, obbligandoli
a cooperare tra loro al fine di accertare il luogo di tassazione e, dallaltro lato,
di verificare che limposta sia stata effettivamente assolta nellaltro ordina-
mento in conflitto. A questo punto dovrebbe apparire ragionevole anche il
motivo per il quale la Corte ha ritenuto di non pronunciarsi sullinottempe-
ranza allobbligo, visto che il principio non sarebbe diretto ad una generica
tutela del contribuente, ma al corretto riparto territoriale tra Stati del
sacrificio tributario. In conclusione, la Corte sembra voler rendere effettiva
ed efficace la collaborazione tra amministrazioni in materia fiscale con
lobiettivo non solo di individuare correttamente lo Stato dotato di potere
impositivo, evitando salti dimposta o doppia imposizione, ma soprattutto
di lottare efficacemente contro le frodi o le condotte abusive.
Sembra potersi affermare che la sentenza, pur esprimendo un principio
di diritto innovativo ed originale, sia uno sviluppo coerente delle finalit
della cooperazione e, dunque, che la tutela dei principi che regolano limpo-
sta sul valore aggiunto possano giustificare una soluzione che non sembra
del tutto aderente alla lettera della norma, ma sembra corretta per accertare
che le libert fondamentali non vengano abusate con lutilizzo di costruzioni
artificiose.

CARMINE MARRAZZO
Dottorato di ricerca in Diritto tributario europeo
Universit di Bologna

830 - Rassegna Tributaria 3/2016


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