Quindicinale Anno XLIII
18.02.2021
Numero
748
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Chiuso in redazione il 08.02.2021 - Prossima chiusura il 01.03.2021
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Governo tecnico, recovery plan e rilancio - pag. 1La Demografia del Basso Feltrino - pag. 2Auser: con noi, per un futuro di solidarietà - pag. 3In primavera si vota per le comunali di Alano - pag. 7Si farà la ferrovia Feltre-Primolano? - pag. 10
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1
Se gestiti male, perderemo la nostra sovranità perché soffocati dai debiti e in balia dei grandi investitori transnazionali
Governo tecnico, recovery plan e rilancio
di Cesare Turra
Il succedersi degli eventi è avvenuto così velocemente che molti di noi non ne hanno compreso le motivazioni: crisi di Governo promossa da Renzi, dimissioni del premier Conte, breve incarico esplorativo a Fico, incarico fina-le a Mario Draghi. In questo frangente ha sorpreso la scelta di Mattarella di non ricorrere, come sarebbe sembra-to ragionevole, alla consultazione elettorale dei cittadini, così come ha sorpreso la decisione di Renzi di provoca-re una crisi di governo che lo ha collocato nei sondaggi al di sotto della soglia limite per essere eletto e parimenti sorprende l’accondiscendenza del centro-destra alla scelta del governo tecnico quando, con molta probabilità, avrebbe potuto capitalizzare il consenso dei cittadini andando ad elezioni. Mario Draghi è una figura di spicco, con una lunga esperienza da economista in importanti istituzioni pubbliche e private, reso famoso per il suo “
whatever it takes
” (qualunque cosa sia necessaria) quando, come presidente della BCE, si dice abbia salvato l’euro dalle speculazioni finanziarie. Ma è stato anche uno dei protagonisti degli anni ‘90, periodo delle grandi pri-vatizzazioni, quando l’IRI venne smantellata e venduta e quando la gestione del debito pubblico venne demanda-ta ai mercati finanziari dando origine alla voragine degli interessi da pagare. Figura di spessore, Mario Draghi si presenta ora sulla scena politica da tecnico e non come esponente di qualche forza politica. La distinzione è estremamente rilevante perché diverse ne sono le competenze e responsabilità: il tecnico analizza con cono-scenze specialistiche un fenomeno prospettando opzioni e rendendone conto a chi l’ha nominato; l’esponente politico deve prendere le decisioni finali tenendo conto non solo del singolo aspetto specialistico, ma anche dell’intero panorama di interessi e benefici di medio-lungo termine coinvolti, rispondendo delle scelte e dei risulta-ti alla vasta platea dei cittadini-elettori. Nel nostro Paese le forze politiche accondiscendono ai governi tecnici per lo più per tattica, quando vanno adottati provvedimenti impopolari che non si vuole pagare politicamente in termi-ni di voti alle elezioni. La domanda da porsi allora è: quali possono essere queste decisioni così scomode da demandarle ad un tecnico di estrazione non politica? Leggendo tra le righe i giornali di questi ultimi mesi, gli aspetti che ricorrono con una certa frequenza e che meritano atten-zione sono:
1
) i miliardi del
Recovery Plan
;
2
) la situazione economi-ca che peggiorerà con il venir meno del blocco dei licenziamenti;
3
) la necessità di recuperare risorse finanziarie per pagare un debito pubblico alle stelle;
4
) l’incremento nel 2020 dei risparmi degli italiani depositati nelle banche e non investiti. Questi aspetti, se ben gover-nati, porteranno l’Italia fuori dal tunnel senza arrecare particolari danni per gli italiani; se gestiti male le daranno invece il colpo di grazia perché perderemo la nostra sovranità soffocati dai debiti e in balia dei grandi investitori transnazionali che, reggendo le briglie del debito pubblico, ne decideranno inevitabilmente anche le scelte politi-che. Trattandosi della più grande iniezione di risorse finanziarie che il nostro Paese abbia mai avuto, queste sa-ranno una ghiotta tentazione per le criminalità organizzate, per i centri di potere economico-finanziario, per i non meno pericolosi “furbetti” di cui abbonda il nostro Paese, tutti tentati di accaparrarsi quante più risorse possibili facendosi promotori di progetti e programmi senza valore aggiunto né creare quei posti di lavoro di cui il Paese ha estrema necessità. Il tema della formazione, proposto come indispensabile soluzione dalle forze politiche, non serve a nulla se contemporaneamente non viene incrementata anche l’offerta di lavoro sottostante sfruttando le numerose potenzialità che il nostro Paese offre come, per esempio, la riconversione delle industrie in senso so-stenibile e circolare; la messa in sicurezza di un Paese pieno di meravigliosi centri storici antichi ma anche ad al-to rischio sismico; la valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e ambientale troppo spesso bloccata dagli interessi particolaristici delle lobby di categoria che le forze politiche sembrano incapaci o non vogliono contrasta-re. La gravità dell’emergenza del lavoro sarà evidente con lo sblocco dei licenziamenti imposto alle imprese, quando migliaia di famiglie rischieranno di trovarsi senza i necessari mezzi di sostentamento. In questo contesto, una gestione malandrina, corrotta e truffaldina dei fondi europei in arrivo, se distolti dal loro obiettivo di costituire investimenti per creare veri posti di lavoro e concrete opportunità di crescita mediante progetti e opere attuative che comportino un reale ritorno in termini di benessere per tutta la collettività, aumenteranno la voragine del debi-to pubblico, incrementeranno il numero delle famiglie in difficoltà, allargheranno il divario tra i pochi ricchi e i sempre più numerosi poveri, richiederanno per lo Stato la necessità di maggiori e ulteriori liquidità. Prendendole dove? Ovviamente dalle tasche dei cittadini, aumentano le già numerose imposte oppure introducendo l’imposta patrimoniale di cui ormai da mesi si sta parlando, oppure ancora svendendo i pochi gioielli pubblici ancora rimasti in mano pubblica e privatizzando la gestione dei servizi pubblici essenziali su cui i cittadini già a suo tempo si erano espressi in senso negativo (si veda per esempio il referendum sull’acqua). Se le premesse qui sopra illu-strate sono verosimili, si comprende allora come la gestione ottimale, non dispersiva e costantemente monitorata dei fondi del
Recovery Plan
costituisca un nodo fondamentale su cui si gioca il nostro futuro e la nostra stessa tradizione repubblicana-democratica. Bisogna però essere molto realisti: con gli interessi economici in gioco e con una macchina della pubblica amministrazione disorganizzata e inefficiente si tratta di un obiettivo quasi im-possibile da attuare. I nostri politici ne sono pienamente consapevoli, essendone i principali responsabili, e in questo contesto cosa meglio di un governo tecnico su cui scaricare, in caso di insuccesso, la responsabilità di provvedimenti che i cittadini mal digeriranno? Se le soluzioni e i provvedimenti adottati, infatti, non saranno stati idonei a far uscire l’Italia dalla situazione di crisi non solo economica, ma anche sociale e organizzativa in cui si trova, i cocci prodotti saranno messi tutti, ancora una volta, a carico degli italiani e delle future generazioni.
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