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Quindicinale Anno XLIV
21.04.2022
Numero
766
Editrice ASD Ponte Tegorzo
Chiuso in redazione il 11.04.2022 - Prossima chiusura il 07-05-2022
Ne uccide più la lingua che la spada - pag. 1AUSER: cronaca di una giornata speciale - pag. 4Le api si stanno estinguendo? - pag. 6-7Giornata mondiale dell’acqua: i consigli - pag. 166.500 ore donate alla propria gente - pag. 21
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1
Ne uccide più la lingua che la spada: forma, sostanza e nuove tecniche di guerra
di Cesare Turra
Dopo un mese e mezzo di combattimenti nella guerra o, a seconda della parte interessata, dall’intervento speciale militare che vede contrapposta la Russia all’Ucraina, si possono ab-bozzare alcune prime riflessioni sulle
particolarità
di questo conflitto. Colpisce innanzitutto l’
arte della comunicazione
che è divenuta un’importante arma strategica al pari dei carri armati e delle bombe: l’utilizzo degli strumenti tecnologici per comunicare sia orizzontalmente alla popolazione mondiale sia verticalmente alle forze politiche di tutti i Paesi “amici” e la ca-pacità di catalizzare l’attenzione descrivendo gli avvenimenti bellici quasi in presa diretta, raggiungendo casa per casa la vasta platea degli utenti dei social network, è forse l’aspetto più evidente di queste settimane di conflitto. L’uso strumentale della comunicazione in ambito bellico cominciò ad imporsi durante la guerra civile nell’ex Ju-goslavia, quando i giornalisti inviati riferivano che, a differenza dai precedenti conflitti, erano subissati da così tante informazioni da essere in difficoltà ed impossibilitati ad analizzarle e verificarle tutte. “
I militari vengono a prelevarti in hotel con le camionette o i pullman, ti portano nei luoghi dove sono avvenuti gli scontri, ti spiegano cosa è successo, ti forniscono la documentazione e addirittura le immagini e i filmati, ti riportano poi in hotel dove puoi scrivere o registrare il pezzo. Al giornalista è fornito un bel piatto pronto, ma preconfezionato, e anche quello dell’eccesso di informazioni è un modo per non farti sapere le cose. Per nascon-dere qualcosa ci si può muovere in due direzioni: non fornire per nulla le informazioni tenendole nel massimo riserbo o, al contra-rio, fornirne tantissime in modo che la verità si perda nei meandri della quantità
”, raccontava anni fa un giornalista ricordando la sua esperienza di corrispondente nell’ex Jugoslavia. Se il conflitto jugoslavo aprì la pista, il Presidente Zelensky sicu-ramente l’ha perfezionata nel conflitto in corso dimostrandosi in ciò un indiscusso maestro. Il concetto di comuni-cazione, però, richiama quello delle
parole
. Il secondo aspetto che lo scontro russo-ucraino mette in risalto, infat-ti, è l’utilizzo mirato delle parole in cui
la forma cerca di prevalere sulla sostanza
. Se da un lato il Presidente Zelensky parla di “guerra”, parola che ha una indubbia connotazione negativa e che segnala la drammaticità del-la situazione in corso suscitando simpatia per chi la subisce, il Presidente Putin sostituisce il termine con quello di “intervento militare speciale” che trasforma i medesimi fatti, visti però da un’angolazione diversa, in un evento salvifico, eroico, quasi epico. Anche nei primi giorni dell’invasione l’azione militare russa veniva proclamata come attività di
peace keeping
, di mantenimento della pace, realtà affatto diversa da come viene descritta e vissuta nel resto del mondo. L’utilizzo del linguaggio per modificare la realtà non è una innovazione del conflitto russo-ucraino. In Italia, per esempio, nei primi anni ’90, sotto la presidenza del Consiglio dei Ministri di Giulio Andreotti, per giustificare l’intervento militari in Iraq, si utilizzò l’accattivante locuzione di “azioni di polizia internazionale”, mantenendo così salvo il dettato dell’articolo 11 della Costituzione italiana che, come noto, prevede il ripudio “
della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli
” e, soprattutto, “
come mezzo di risoluzione delle controversie in-ternazionali
”. Il fattore lessicale non è per nulla banale o indifferente, perché alla descrizione dei medesimi fatti con parole di-verse, può corrispondere una realtà diversa, e ad una realtà diversamente descritta può corrispondere anche una ricostruzione
normativa
diversa. Infatti - e questo è un altro aspetto di interesse nel conflitto in corso - entrambi i contendenti sembrano invocare il
diritto
come istanza sovranazionale
per condannare le azioni della contro-parte. Se l’Ucraina accusa la Russia di aver violato il “diritto internazionale” e la Russia si difende contestando di aver posto in essere non una guerra, ma una azione militare speciale, su quest’ultimo presupposto la Russia ac-cusa a sua volta l’Europa e gli Stati Uniti di aver adottato nei suoi confronti delle sanzioni “illegittime”. A sua volta l’Europa, che fornisce armi all’Ucraina ma ribadisce di non essere parte del conflitto, alla minaccia della Russia di ritorsioni sull’erogazione del gas, invoca indignata la violazione del diritto contrattuale. L’uso delle parole, quindi, assume un ruolo fondamentale anche nel conflitto russo-ucraino e ci impegna ad una attenzione particolare, non solo in questa situazione ma anche nella vita quotidiana, ad accertare sempre che al-le parole corrisponda anche una realtà sostanziale sottostante. Un’ultima riflessione che vogliamo condividere è relativa all’
adozione delle sanzioni
: nel ventunesimo secolo, dove tutto il pianeta vive sotto i canoni dell’economia globale, il sistema delle sanzioni per contrastare le crisi in-ternazionali è ancora uno strumento efficace? Le conseguenze economiche che entrambi gli schieramenti (il c.d. “Occidente” da una parte e la Russia dall’altra) stanno subendo e subiranno nei prossimi mesi in termini di crisi finanziaria, inflazione, innalzamento del costo delle risorse, perdite di posti di lavoro e conseguenti disagi sociali, portano a ritenere che sicuramente entrambe le parti si faranno del male. Alla fine vincerà non chi starà meglio, ma chi starà meno peggio e saprà resistere di più al dolore che inevitabil-mente colpirà entrambe le parti. Più correttamente: che colpirà le
popolazioni di entrambe le parti
perché, co-me abbiamo visto in questi giorni con i sequestri dei superyacht da centinaia di milioni di euro, le gerarchie po-tranno sì perdere una fetta del proprio patrimonio, ma continueranno ad essere ricche; per i comuni cittadini e le
“Lo scontro russo-ucraino mette in risalto l’utilizzo mirato delle parole in cui la forma cerca di revalere sulla sostanza”
in Iraq, si utilizzò l’accattivante locuzione di “azioni di polizia internazionale”, mantenendo così
e
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