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Quindicinale Editrice ASD Ponte Tegorzo

Anno XLV

12.10.2023
Numero

788

60° anniversario del Vajont - pag. 1-2-3-4-5


Nuova struttura ricettiva a Schievenin - pag. 6
Gita al lago di Garda dell’AUSER - pag. 11
Gli incarichi nelle nostre parrocchie - pag. 14
Università adulti/anziani: calendario 2023/2024 - pag. 19
Chiuso in redazione il 30-09-2023 - Chiusura entro il 21-10-2023
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1 CENNI STORICI

60° anniversario: 9 ottobre 1963 - 9 ottobre 2023

L’olocausto del Vajont raccontato da Tina Merlin


a cura di Silvio Forcellini
«Non so come, fra altri trent’anni, si racconterà la storia dell’olocausto del Vajont,
ma so che se qualcuno lo farà, sarà anche grazie a Tina Merlin.
Le storie non esistono se non c’è qualcuno che le racconta».
Marco Paolini
(frase tratta dalla presentazione del libro di Tina Merlin “Sulla pelle viva”, ed.1997)
Tina Merlin (19 agosto 1926 - 22 dicembre 1991) è la giornalista dell’Unità, nativa di Trichia-
na, che denunciò per prima la minaccia costituita dalla costruzione della diga della SADE (i
primi articoli risalgono addirittura al 1959) e che per questo fu incriminata, processata e poi
assolta dall’accusa di “diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubbli-
co” («Fossi veramente riuscita a turbarlo, l’ordine della SADE, oggi non saremmo qui a pian-
gere i nostri morti e a maledire i responsabili», scrisse amaramente sul suo giornale il 13 ottobre 1963, pochi
giorni dopo la catastrofe che costò la vita a 1.910 persone). Nel 60° anniversario dell’olocausto del Vajont (come
fu chiamato dalla stessa Merlin) ripubblichiamo di seguito un suo articolo del 28 dicembre 1963 in cui rievoca la
storia di una lunga battaglia (sua e dei “montanari” che abitavano i luoghi interessati dalla costruzione della diga)
e quella delle criminose omertà che condussero alla tragedia.

Nelle due foto: Longarone prima e dopo la tragedia del 9 ottobre 1963

Quando arrivò la SADE


di Tina Merlin
Ad Erto, la SADE arrivò nel 1956. Praticamente poteva agire come in ogni altro
luogo, poiché aveva in tasca la concessione di sfruttamento delle acque del Va-
jont. Aveva, quindi, la «pubblica utilità» che la proteggeva, che le copriva ogni
malversazione. Era un formidabile biglietto da visita, che le serviva da lascia-
passare. Ma con i contadini di Erto le cose non erano tanto facili. E’ un popolo
per certi versi primitivo, con punte di arguzia e di sospetto; dal grande, generoso
cuore verso gli amici, ma soprattutto libero da ogni costrizione. La saggezza gli
deriva, forse, da una lunga tradizione di isolamento come comunità, che conser-
va gelosamente usi e costumi antichi, di una civiltà primitiva, appunto, ma basata sulla giustizia senza cavilli e
sulla verità senza veli.
Guidava, allora, l’amministrazione comunale di Erto, la signora Caterina Filippin, che i suoi compaesani chiama-
vano familiarmente Cate. In quel periodo essa si batté coraggiosamente alla testa del suo popolo, contro gli
espropri, che la SADE voleva risarcire a dieci lire il metro quadro. Parlamentò con i tecnici arrivati sul posto per le
stime; inoltrò ricorsi e controricorsi. Riuscì, anche, a rialzare le quotazioni che, tuttavia, rimanevano ancora trop-
po basse. Non era solo il valore reale del terreno che i contadini pretendevano. Su quella terra avevano giocato,
erano cresciuti, avevano fatto l’amore, erano nati i loro figli. Senza quella terra avrebbero dovuto andarsene dal
paese anche i vecchi e le donne, come i più giovani già facevano per tradizione secolare, per miseria secolare. E
dove si trapiantavano con l’elemosina elargita dalla SADE? Questo era il punto. Cedere sì, ma non prostituirsi.
Inoltre, la SADE pretendeva d’espropriare nuovi terreni, avendo deciso di rialzare ancora di più il livello d’invaso.
La concessione parlava, è vero, di una quota massima di 677 metri, ma la società elettrica, dopo aver fatto i suoi
conti, intravide la possibilità di altri grandi guadagni, se avesse ottenuto l’autorizzazione a sopraelevare il livello
delle acque di altri 45 metri e mezzo, portandole a quota 722,50. Inoltrò la domanda in tale senso al Ministero dei
2 CENNI STORICI

Lavori Pubblici ed ottenne la nuova autorizzazione, malgrado l’opposizione del Comune e dei privati cittadini.
Con i proprietari il monopolio non intendeva troppo parlamentare. Aveva le carte scritte in mano e, a tempo debi-
to, le avrebbe fatte valere. Era tanto sicuro di ciò che tirava le cose per le lunghe, apposta, per logorare la resi-
stenza dei singoli. Aveva tempo davanti a sé. Stava costruendo la diga, per intanto. I contadini avrebbero ceduto
quando si fossero trovati davanti al lavoro compiuto; alla grande e maestosa diga che doveva essere l’orgoglio di
tutti e alla «pubblica utilità» che ne derivava di invasare la valle. Per intanto non bisognava urtarli più del neces-
sario.
Per mantenere l’ordine nel paese c’erano i carabinieri. Il primo gruppo della Benemerita fu installato ad Erto
qualche anno prima che arrivasse sul posto la SADE. Si disse che ce n’era bisogno, a causa di risse e di adultèri,
cui troppo spesso gli ertani si lasciavano andare. Facevano una netta distinzione tra quello che era di Dio e quel-
lo che era di Cesare pur essendo, sostanzialmente, religiosi. Anzi, la vita di Gesù aveva tanta attrattiva su di loro,
che il venerdì santo quelli di Erto mettevano in scena all’aperto, tra le vie e sulle colline del paese, una rappre-
sentazione della passione di Cristo, forse tra le più belle che esistano ancora in Italia. Era, per la verità, di gusto
pagano, ma ad essa si preparavano coscienziosamente tutto l’anno, parti e costumi, con l’orgoglio di far ben figu-
rare il paese di fronte agli spettatori che convenivano ad Erto dalla provincia di Belluno e di Udine e da altre città
del Veneto. Era una cosa loro, non volevano preti. I parroci succedutisi ad Erto avevano cercato molte volte di far
smettere la tradizione, per oltraggio alla religione. Non vi erano riusciti.
Un brutto giorno la sindachessa cambiò parere. Si mi-
se a spargere la voce che, contro la SADE, nessuno la
avrebbe spuntata. Tanto valeva cedere, prima che
succedesse il peggio. Qualcuno s’impaurì. Se lo dice-
va il sindaco che era sempre stato dalla parte dei con-
tadini, voleva dire che ne sapeva qualcosa. Altri non
rimasero convinti del nuovo atteggiamento assunto
dalla prima cittadina del paese. La SADE, comunque,
aveva raggiunto il suo scopo. I cittadini di Erto si tro-
vavano divisi ed era il momento opportuno per appro-
fondire il solco della discordia, per tirarne il proprio tor-
naconto. Il monopolio elettrico si mosse sul terreno di-
plomatico, come fosse entro un ministero. Avvicinò i
dubbiosi e giocò, con loro, al rialzo dei prezzi. Dalla
sua aveva già la sindachessa, che aveva dato
l’esempio cedendo le terre al monopolio. In capo a qualche mese la SADE aveva portato a termine il disegno che
si era prefissa. Si era acquistata, pagando bene, la complicità e l’omertà di alcuni proprietari che, ora, facevano
la propaganda per la società.
La SADE raccolse un magro frutto da questa manovra. I contadini più deboli e ormai senza una guida, si presen-
tarono spontaneamente al monopolio, che pagò la loro terra a 18 lire il metro quadro. Ma la maggioranza si unì
attorno a un capo, il signor Pietro Carrara, che guidava un comitato di protesta. La voce di questi montanari ves-
sati dalla SADE arrivò fin dentro il Senato. Il senatore Giacomo Pellegrini, nel riferire il suo interessamento al co-
mitato di Erto, espresse il convincimento che a Roma la cosa non interessava. Tutto andava come voleva la SA-
DE, che aveva ancora l’ultima carta nel mazzo da giocare. E la buttò sulla tavola vincendo il piatto. Fece sapere
a quanti ancora resistevano che dovevano decidersi. O accettare con le buone, oppure sarebbero stati espropria-
ti con la forza e i denari del risarcimento versati in banca a nome del titolare catastale del fondo. Era una opera-
zione che le veniva consentita in virtù della concessione che teneva in mano per «pubblica utilità». I lavori, nella
valle, li doveva fare e lo Stato le dava questa facoltà. Era la fine per i montanari di Erto. Resistere ancora voleva
dire non vedere forse mai quei pochi denari. I terreni, in moltissimi casi, erano ancora intestati al primitivo proprie-
tario, morto da tanto tempo. Gli eredi erano molti e sparsi un po’ ovunque, ad Erto e in altre città italiane e stra-
niere. Per entrarne in possesso, essi avrebbero dovuto fare lunghe pratiche burocratiche e procure notarili.
Spendere molti denari. Alcuni cedettero al ricatto. Altri resistettero, ma si trovano ancora oggi con i soldi vincolati
in una banca. La SADE aveva ormai mano libera per costruire l’impianto. Ai contadini espropriati fu offerto un po-
sto di lavoro sulla grande diga e molti di loro morirono nel corso della sua costruzione.
E’ bene spiegare in che modo la SADE ottenne la concessione per lo sfruttamento delle acque del Vajont. Alla
luce della terribile tragedia, il pensiero di come essa riuscì ad averla in mano fa semplicemente rabbrividire. Il de-
creto porta la data dell’ottobre 1943. L’Italia era precipitata nel caos. Non esisteva, praticamente, un governo. A
Roma, in quei giorni gli ebrei venivano rastrellati dai tedeschi. Nulla più era efficiente. Le donne italiane rivestiva-
no di abiti borghesi i soldati fuggiaschi per sottrarli alla cattura. L’unica cosa valida di quei momenti erano i gruppi
antifascisti che si andavano organizzando per la lotta partigiana. Eppure, dentro il Ministero dei Lavori Pubblici di
Roma, la SADE trovò o pagò un funzionario disposto a mettere un timbro e una firma di un ministro fasullo sotto
la concessione. Un documento che nessun governo del dopo guerra contestò mai al monopolio elettrico. Mentre
il popolo italiano pensava ad organizzarsi e a lottare per la liberazione del paese, moriva per i propri ideali di de-
mocrazia e di giustizia sociale, la SADE maneggiava nei ministeri, imbrogliando le carte, per non perdere quella
che credeva l’ultima partita. Il Vajont aveva avuto un assurdo inizio prima di avere una tragica fine.
3 CENNI STORICI

La costruzione del lago artificiale e la sopraelevazione delle acque a quota 722,50 creava un altro grosso pro-
blema per i valligiani di Erto. Il centro veniva diviso da alcune sue frazioni, situate sul versante sinistro della valle.
In quella zona sorgevano tre centri abitati: Pinéda, Prada e Lirón. Inoltre molti abitanti di Erto possedevano anco-
ra terreni sul lato opposto del paese e case, dove si trasferivano con il bestiame dalla primavera all’autunno. I
contadini raggiungevano i due versanti in un batter d’occhio, attraverso sentieri che percorrevano veloci quanto
gli scoiattoli. Erano abituati da sempre a quelle primitive vie di comunicazione. Perciò avevano costruito i villaggi
dall’altra parte del paese, dove c’era l’unica buona terra da coltivare. Le donne s’erano allenate fin da piccole a
portare la gerla in spalla carica di fieno, letame e patate. I bambini percorrevano gli stessi sentieri per recarsi alla
scuola del paese, anche con la neve. La SADE era tenuta, secondo quanto era scritto nel disciplinare di conces-
sione, a mettere in opera tutte le misure necessarie per garantire il normale bisogno delle popolazioni. Ed esse
volevano una passerella che attraversasse la valle. La SADE, in un primo tempo, accettò di costruirla. In seguito,
probabilmente dopo l’autorizzazione a sopraelevare il livello dell’acqua, si rifiutò. Disse che avrebbe, invece, co-
struito una strada di circonvallazione, bella e panoramica. Per i contadini la strada significava sette chilometri di
percorso per andare e tornare dal paese. A piedi, poiché, a quel tempo, nessuno possedeva neppure una moto-
cicletta. Significava fatica e perdita di tempo per le donne che dovevano recarsi al paese per le spese, per i bam-
bini che dovevano andare a scuola. Ed era un grosso inconveniente in caso di urgenti necessità, quali il medico o
qualche ammalato grave da trasportare. Per di più, la strada veniva costruita su un percorso che ad ogni prima-
vera con il disgelo e ad ogni autunno con le piogge, franava.
La gente si oppose. Iniziò la seconda ondata di proteste anti-SADE. La società elettrica corse ai ripari. Capì che
con i contadini di Erto bisognava mettere nero su bianco per convincerli. E il nero che stava scritto sulle sue carte
ufficiali parlava chiaro in favore dei contadini. Bisognava, allora, modificare le carte. La sua mano era abbastanza
lunga per arrivare dappertutto. Un giorno si presentò ad Erto con un nuovo disciplinare di concessione, con il
quale il ministro competente la esonerava dal costruire
il ponte perché «la natura del terreno non reggeva
all’opera». Il terreno di Erto era tutto della stessa natu-
ra. Secondo le carte dei ministeri e della SADE il pon-
te non si poteva costruire perché era pericoloso, ma la
diga e il bacino, invece, si potevano fare. I contadini
ricorsero contro il nuovo disciplinare. Nessuno li ascol-
tò. La SADE, intanto, segnò il tracciato della strada e
cominciò a costruirla. Man mano che i lavori avanza-
vano espropriava i contadini, senza nemmeno chiede-
re il loro permesso. Passava sui loro terreni, rovinan-
doli; davanti alle loro case; sui loro cortili. «Pubblica
utilità», diceva. Gli ertani, umiliati e inferociti, protesta-
rono giustamente, verso autorità locali, provinciali e
nazionali, il loro diritto ad essere trattati almeno uma-
namente. Le loro proteste suonarono sempre a vuoto.
Ci fu una persona, per la verità, che ritenne giuste le proteste dei contadini. Fu l’ingegner Desidera, allora inge-
gnere capo del Genio Civile di Belluno. Questi, di sua iniziativa, fece fermare i lavori della strada. Il giorno dopo
questa sua presa di posizione venne trasferito da Belluno. Una mattina, un contadino, esasperato, affrontò i tec-
nici della SADE brandendo un’accetta. «Se fate ancora un passo sul mio, vi ammazzo tutti», gridò. I carabinieri lo
andarono a prelevare e lo denunciarono per minaccia a mano armata.
Cosa dovevano fare gli ertani di fronte alla prepotenza legalizzata, di fronte a una società privata che dettava
legge, di fronte a uno Stato che proteggeva i forti contro i deboli? Pensarono di costituire un consorzio di capi
famiglia, che avesse veste giuridica per affrontare i potenti. Indissero una pubblica assemblea, che si tenne una
domenica mattina, con il vento che spazzava via l’ultima neve. Invitarono, per l’occasione, i parlamentari della
circoscrizione, di ogni partito. Tranne l’on. Giorgio Bettiol di Belluno, nessuno si fece vivo. La riunione ebbe luogo
il 3 maggio 1959 nella rustica sala da ballo dell’ENAL, alla presenza del notaio dott. Adolfo Soccal di Belluno, che
redasse l’atto costitutivo e legalizzò le firme dei 136 capi famiglia, che sottoscrissero il documento. La riunione fu
molto più numerosa. Intere famiglie si recarono sul luogo dell’assemblea, anche molte donne con i bambini, che
nel corso della prima messa domenicale avevano sentito le parole di esortazione del parroco don Doro, affinché
tutti aderissero all’iniziativa «sacrosanta». Quella mattina successe un fatto che turbò un poco i presenti. Un im-
ponente vecchio, Giovanni Martinelli, era giunto da oltre la valle con due cartelli. «Abbasso la SADE» e «Abbas-
so il governo», c’era scritto. Aveva ragione da vendere, visti i precedenti. I carabinieri si indispettirono e gli ordi-
narono di depositarli in un angolo. Lui si rifiutò fieramente. I carabinieri glieli strapparono con la forza, malgrado
che egli tentasse di trattenerli. «Se non li molla la denuncio per resistenza a pubblico ufficiale», scandì l’uomo in
divisa. Giovanni Martinelli aveva fatto la guerra del ‘15-’18; aveva aiutato i partigiani nell’ultima guerra; aveva
avuto la casa bruciata dai tedeschi e, dal governo, non aveva ricevuto una lira per i danni subiti. Era uno dei più
energici nelle proteste; uno dei più sicuri che la montagna dovesse franare e provocare una tragedia. Quella ter-
ribile notte del Vajont, l’acqua gli avrebbe portato via un figlio di 23 anni. L’assemblea si svolse con ordine, ma in
un clima di ribellione che ognuno covava dentro il petto da tempo. Una vecchia disse: «Se i ladri vengono a ruba-
re in casa mio, io ho ben il diritto di prendere il fucile e difendermi». A presidente del consorzio fu eletta la signora
4 CENNI STORICI

Lina Carrara, moglie di quel Pietro Carrara, che fu uno dei primi animatori delle proteste anti-SADE. Egli, dopo
l’esproprio dei terreni, era stato costretto ad accettare lavoro dalla società elettrica. Morì in un infortunio occorso-
gli durante la costruzione della diga. Sua moglie, insegnante elementare a Pordenone, accettò subito l’incarico
degli ertani, in nome di una solidarietà umana che non si sentiva di tradire, verso i compaesani di suo marito, che
avevano offerto il proprio sangue numerosi all’epoca dell’infortunio, nel generoso tentativo di salvarlo. Molti ertani
parlarono quel giorno. Degli espropri, della strada e del costruendo bacino. Qualche mese prima, nel vicino lago
artificiale di Forno di Zoldo, era franato un pezzo di montagna. Anche ad Erto il terreno era di natura franosa, in
pendenza dal 40 al 70%. Il paese era addirittura costruito su terra di riporto alluvionale. I contadini portavano
l’esempio di Forno di Zoldo e di Vallesella di Cadore. In ambedue i casi l’acqua dei laghi artificiali, col suo conti-
nuo movimento ondoso, aveva «mangiato» il terreno di natura franosa e provocato disastri. A Vallesella tutte le
case si erano spaccate. Gli ertani manifestarono la loro apprensione e si proposero di condurre avanti una lotta
organizzata «per la difesa e la rinascita della valle ertana». Questa fu, appunto, la denominazione data al con-
sorzio.
Una giornalista dell’Unità, presente all’assemblea, riferì sul suo giornale la cronaca dell’avvenimento, registrando
le impressioni della popolazione di Erto in merito all’invaso. Fu denunciata all’autorità giudiziaria, dal brigadiere
dei carabinieri Battistini, per «notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico». La denuncia aveva il
chiaro scopo di intimorire gli ertani; di stroncare la loro resistenza. Ottenne il risultato opposto, poiché molti con-
tadini si offersero di andare a testimoniare al processo. Tra la denuncia e la celebrazione del processo passò un
anno. Nel frattempo, precisamente il 6 novembre 1960, dal monte Toc franarono alcune centinaia di metri cubi di
materiale. Un appezzamento di bosco, della lunghezza di duecento metri, sprofondò nel lago. L’ondata che si
sollevò fu abbastanza grande, ma non fece vittime, essendo il livello dell’acqua alquanto basso. Il franamento
spazzò via numerose case che erano state espropriate per l’invaso e provocò larghe fenditure in tutta la zona del
Toc. Chi non aveva ancora creduto al pericolo si rese conto che il paese era destinato alla rovina.
Il 30 novembre 1960 si celebrò il processo a carico dell’Unità. I giudici di
Milano ascoltarono con interesse la deposizione della giornalista e quella
dei montanari di Erto. Esaminarono attentamente le fotografie che ripro-
ducevano la zona. Si informarono minuziosamente della situazione di Erto
e Casso, facendo un po’ di confusione nel pronunciare i due strambi nomi.
Gli ertani si appellarono ai giudici con foga contadina, affinché la loro sen-
tenza fosse un allarme che destasse l’attenzione delle autorità sulla sorte
della zona. I giudici, alfine, si ritirarono. Rimasero pochissimo in camera di
consiglio. Quando ritornarono in aula lessero una sentenza di piena asso-
luzione, ritenendo che, nell’articolo incriminato, «nulla vi era di falso, di
esagerato o di tendenzioso». Ma neppure l’autorevole sentenza di un tribunale indusse la pubblica autorità ad in-
tervenire in difesa delle popolazioni minacciate. Il consorzio di Erto intensificò la lotta, interessando della sicurez-
za delle popolazioni prefetti, uffici del Genio Civile, la SADE, la Provincia, il Parlamento. Il consiglio provinciale
votò all’unanimità un ordine del giorno in data 13 febbraio 1961 sulla situazione di pericolo del Vajont, che fu per-
sonalmente recato a Roma da una delegazione dello stesso consiglio, guidata dal presidente dott. Alessandro da
Borso. Di ritorno da Roma, nel riferire al consiglio sull’esito della missione, egli espresse il suo sconforto dichia-
rando: «la SADE è uno Stato nello Stato».
La solita giornalista dell’Unità scrisse un altro articolo, in data 21 febbraio 1961, denunciando un pericolo
che avrebbe potuto divenire tragedia. In esso, tra l’altro, diceva: «Una enorme massa di 50 milioni di me-
tri cubi di materiale, tutta una montagna sul versante sinistro del lago artificiale, sta franando. Non si può
sapere se il cedimento sarà lento o se avverrà con terribile schianto. In questo ultimo caso non si posso-
no prevedere le conseguenze. Può darsi che la famosa diga tecnicamente tanto decantata, e a ragione,
resista. Se si verificasse il contrario e quando il lago fosse pieno, sarebbe un immane disastro per lo
stesso paese di Longarone adagiato in fondovalle». Qualcuno si domanderà: ma la SADE sapeva, era al cor-
rente della situazione di pericolo nel Vajont? La risposta è: sì, la SADE sapeva perfettamente, ma aveva tutto
l’interesse a non renderlo pubblico, in vista della nazionalizzazione. L’impianto doveva passare allo Stato in piena
efficienza, affinché venisse ripagato per intero, dopo che era già stato sovvenzionato nel corso della sua costru-
zione con altissime percentuali sulla spesa totale, dal 60 all’80%.
Tuttavia, in segreto, la SADE fece i suoi esperimenti. Incaricò l’Istituto di idraulica dell’Università di Padova, di cui
era ed è titolare il prof. Ghetti, di effettuare una prova su modello per misurare, su scala ridotta, gli effetti della
caduta del Toc e della tracimazione delle acque del lago oltre la diga. L’esperimento venne fatto a Nove di Fadal-
to. Diede risultati sconcertanti, che furono tenuti segreti. In base alla prova effettuata, l’acqua sarebbe tracimata
in misura di 2-3 milioni di metri cubi e il Toc avrebbe franato di 50 milioni di metri cubi di materiale. La notte del 9
ottobre franò per 200 milioni di metri cubi di materiale e tracimò 60 milioni di metri cubi d’acqua. L’esperimento,
condotto con dovizia di mezzi e da tecnici altamente qualificati, si dimostrò errato. Ma anche se l’acqua del Va-
jont fosse precipitata nella misura calcolata sull’abitato posto sotto la diga, dove si trovava anche la cartiera di
Verona, sarebbero morte due o trecento persone, nella migliore delle ipotesi.
Per la SADE il problema era quello di poter continuare ad utilizzare il bacino, di non interrompere la produzione,
quando la montagna sarebbe caduta. L’invaso del Vajont era il più importante invaso dei collegati Boite-Maè-
5 CENNI STORICI

Piave-Vajont. Era un grosso bacino di riserva le cui acque venivano avviate ad alimentare la grossa centrale di
Soverzene in tempo di «magra» del Piave. Era, perciò, il più importante. Interrompere l’attività del bacino, sia pu-
re a causa di una grossa, minacciosa frana in movimento, voleva dire perdere miliardi di guadagno. Ormai il ba-
cino era fatto e bisognava utilizzarlo al massimo. Si doveva andare avanti fin che si poteva. E prevedere il modo
di utilizzare le acque anche dopo. Per la SADE il rischio valeva la candela. Il monopolio elettrico chiamò
dall’estero varie commissioni di esperti per studiare il problema. Essi consigliarono di costruire un tunnel di scari-
co sotterraneo, con sbocchi a monte e a valle della diga, nel caso che la montagna, cadendo, formasse due la-
ghi. Erano già in grado di prevedere con esattezza come la caduta del Toc sarebbe avvenuta. La SADE li ascoltò
e costruì l’opera.
Nella primavera del 1963, poco prima del decreto di nazionalizzazione, il lago
venne riempito per la prima volta fino a quota 702 metri. Per «precauzione» ci
si tenne al di sotto di 20 metri dal massimo livello consentito. Bisogna dire che
la commissione di collaudo nominata dal Consiglio superiore dei Lavori Pub-
blici non collaudò mai l’impianto del Vajont. Tra gli stessi componenti esiste-
vano opinioni opposte sulla validità dell’opera fin dall’autunno 1960, all’epoca
della caduta della prima frana. Proprio per l’esistenza di queste opinioni diver-
se, la commissione divenne un organismo permanente, con facoltà di collaudo
in corso d’opera. Ciò voleva dire provare, tentare e vedere. Fino alla primavera
del 1963 si erano fatti soltanto tentativi e prove. Il bacino veniva «invasato» di
pochi metri alla volta e poi svuotato per misurare la stabilità del terreno. Nell’estate del 1963 esso appariva colmo
d’acqua. Ma anche in questa occasione il collaudo non ebbe luogo. Il geologo prof. Penta dissentì dagli altri col-
leghi della commissione, manifestando seri dubbi sulla stabilità futura della zona. Il ministro dei Lavori Pubblici al
quale furono presentate le due ipotesi contrarie formulate dai membri della commissione, accolse la più ottimista.
E diede parere favorevole al pieno invaso del bacino senza che questo fosse stato mai collaudato dai tecnici.
Dopo qualche mese, la spalla sinistra della diga presentò qualche difficoltà. Forse la pressione dell’acqua era
troppo forte. Si corse ai ripari, immettendo continuamente «iniezioni» di cemento nei punti ritenuti più vulnerabili.
L’operazione non risultò di grande sollievo. Bisognava ridurre il livello del lago, per salvare la diga. Riducendo
l’acqua era probabile che cadesse il Toc. La SADE si trovò di fronte a un grosso problema tecnico. Venne presa
la decisione di abbassare le acque a ritmo lentissimo, tenendo contemporaneamente d’occhio la montagna. I
tecnici incominciarono a svuotare il lago mentre la frana avanzava, ormai, di 40 centimetri il giorno. Pensavano di
poter terminare lo svaso entro la fine di novembre.
Un mese prima della catastrofe, il vice-sindaco di Erto, Martinelli, scrisse una allarmante lettera all’ENEL-SADE,
alla Prefettura e al Genio Civile di Udine, esprimendo seri dubbi sulla stabilità delle sponde del lago e chiedendo
«di provvedere a togliere dal Comune di Erto e Casso le cause dello stato di pericolo pubblico prima che succe-
dano, come in altri paesi, danni riparabili e non riparabili; quindi mettere la popolazione di Erto in uno stato di
tranquillità e di sicurezza e, solo dopo, rimettere in attività il bacino di Erto». L’ENEL-SADE rispondeva dichiaran-
do «piuttosto azzardate» le previsioni del Comune, e asserendo che l’abitato non correva assolutamente alcun
pericolo.
Una settimana prima della tragedia i tecnici in servizio sulla diga manifestano apertamente, ai dirigenti, la loro
preoccupazione. Sordi boati e scosse del terreno sono all’ordine del giorno. I tecnici parlano del pericolo anche
con gli amici, tramite il filo del telefono: «Qui da un momento all’altro si va tutti in barca»; «Sto mangiando e la
scodella balla».
Tre giorni prima del disastro l’ing. Caruso, dell’ENEL, viene delegato a seguire in permanenza l’andamento della
frana. Il geometra Ritmajer che era stato trasferito a Venezia viene bloccato sulla diga. Gli operai addetti ai servi-
zi non vogliono più andare a lavorare. Il vice-sindaco di Longarone, Terenzio Arduini, telefona al Genio Civile di
Belluno per essere rassicurato sulle voci di grave pericolo che circola nella zona. Viene rassicurato.
Nel pomeriggio del 9, fino alle ultime ore prima della tremenda valanga d’acqua, partono per Venezia, sede
dell’ENEL-SADE, drammatiche telefonate dai geometri sulla diga, annunciando l’imminente pericolo. «Mi lasci
vedova» grida la moglie del geometra Giannelli, inutilmente tentando di convincere il marito a non tornare al suo
posto di lavoro. Alle ore 21 si risponde al geometra Ritmajer, che tempesta di telefonate la direzione di Venezia,
di «dormire con un occhio aperto» ma di stare calmo, che a Venezia non si prevede tanto pericolo. Sempre alle
21 si mandano due carabinieri a Longarone nei villaggi sotto la diga per avvertire la popolazione di non allarmarsi
«se dalla diga uscirà un po’ d’acqua». Alla stessa ora l’ing. Caruso chiede ai carabinieri di far bloccare il traffico
sulla statale d’Alemagna, senza preoccuparsi che la strada passa proprio in mezzo al centro abitato di Longaro-
ne. Nessuno pensa di far evacuare i paesi. Probabilmente ci si fidava fin troppo della prova sul modello effettuata
dai grandi professori, equivalente al gioco dei bambini che buttano sassi in un catino d’acqua. Alle 10,45 il Toc
frana nel lago, sollevando una paurosa ondata d’acqua. Questa si alza terribile un centinaio di metri sopra la di-
ga, tracima dalla stessa e piomba di schianto sull’abitato di Longarone, spazzandolo via dalla faccia della terra. A
monte della diga, un’altra ondata impazzisce violenta da un lato all’altro della valle, risucchiando dentro il lago in-
teri villaggi. Oltre 2.500 vittime in tre minuti d’apocalisse. L’assassinio è compiuto.
Le foto sono state tratte dal sito internet del Comitato Sopravvissuti Vajont (www.sopravvissutivajont.org)
6 CRONACA

Inaugurata a Schievenin
Al Borgo, nuova struttura ricettiva
di Fulvio Mondin
Il Comune di Quero Vas continua a puntare sulla promozione turistica della
bellissima valle di Schievenin. L’inaugurazione della nuova struttura ricettiva
“al Borgo” avvenuta giovedì 14 settembre è, infatti, l’ultimo evento in ordine
temporale che testimonia tale volontà. Prima del taglio del nastro il sindaco
di Quero Vas Bruno Zanolla ha voluto sottolineare l’importanza dell’evento
che ha restituito alla comunità lo stabile dell’ex scuola elementare ampliato
proprio per ospitare la struttura ricettiva. “L’intervento, finanziato in buona
parte dai Fondi di Confine – ha sottolineato il primo cittadino – e stato com-
pletato grazie a un bando comunale che ha permesso di individuare i gesto-
ri che lavorano già da anni nel settore turistico che, ne sono certo, contribui-
ranno ad un’ulteriore crescita della nostra comunità. Questa – ha proseguito
Zanolla - è una valle frequentata da tantissimi arrampicatori ed escursioni-
sti, vicina alle zone vitivinicole del valdobbiadenese e a poche decine di mi-
nuti di auto dalle Dolomiti bellunesi ed è un vanto unico per i nostri territori
un po’ di periferia”. All’inaugurazione ha presenziato anche l’onorevole Da-
rio Bond che si è complimentato con Zanolla “che – ha affermato – è un
sindaco che batte i pugni quando serve e che cerca di portare a casa sem-
pre qualcosa per il suo territorio e per la collettività con fondi dei Comuni di
Confine, con quelli del PNRR, col turismo e con tante altre materie. Sindaci
di questa valenza bisogna tenerseli stretti perché sono una grande risorsa
per il territorio della Provincia di Belluno ma sono anche quella sicurezza
che i cittadini cercano nel realizzare le proprie cose”. Bond però ha voluto
andare oltre all’evento e, dopo aver elencato tutto quanto c’è di positivo nel-
la realizzazione di strutture come quella inaugurata e nello sviluppo turistico
del territorio, ha affermato di essere quasi totalmente positivo tranne che
per una questione. "Sono preoccupato per la strada Feltrina perché one-
stamente un grande turismo e un grande sviluppo del territorio ha bisogno
anche di una strada sicura”. “Non può esserci questa carreggiabile qui dove
i camion sfiorano altri camion incrociandosi e dove il traffico è costantemen-
te in aumento” ha tuonato l’onorevole. “Se serve dovremo arrivare anche al-
la protesta forte – ha proseguito Bond – perché dobbiamo far capire a chi di
dovere che questa non è una strada secondaria, ma una strada molto im-
portante, pericolosa, che ha visto tante vite umane perse e che ha bisogno
che ci venga messa mano con un grosso finanziamento”. All’inaugurazione,
in rappresentanza della provincia e dell’Unione Montana c’era anche il sin-
daco alanese Amalia Serenella Bogana che si è complimentata per l’occhio
di riguardo che l’amministrazione di Quero Vas ha sempre avuto per la valle
di Schievenin. È poi intervenuto l’assessore comunale Cristina Dalla Rosa
che ha perseguito quale obiettivo, fin dalla sua elezione, lo sviluppo turistico
della valle di Schievenin. “Ci tengo veramente tanto a questa inaugurazione
– ha esordito Dalla Rosa – perché è stata la prima cosa a cui ho lavorato e
alla quale ho creduto ben prima che le cose prendessero una piega così fa-
vorevole per la nostra valle. Sono certa che questa struttura funzionerà alla
grandissima perché ci sono un sacco di richieste che dimostrano che la
gente sta solo aspettando l’apertura di questa struttura. Sono contentissima
che Anita e Stefano si siano aggiudicati la gestione perché sono dei grandi
lavoratori e imprenditori”. I nuovi gestori hanno ringraziato i presenti e han-
no sottolineato la loro convinzione di credere nella potenzialità turistica della
valle. La struttura è stata benedetta da don Francesco Settimo. Al taglio del
nastro e alla visita ai locali è seguito un ricco rinfresco. La struttura dispone
di 6 camere completamente accessoriate con terrazzo rivolto verso la bella valle di Schievenin.

Foto
di
Fulvio
Mondin
7 CRONACA

In ricordo di:
Fernanda De Faveri
di Silvio Forcellini
«È stata la maratona più dura della tua vita, e anche questa volta sei riuscita a portar-
la a termine con tanta forza e dignità… Ciao mamma, fai un buon viaggio». Con que-
ste belle e commoventi parole il figlio Marino De Colle ha voluto salutare la mamma,
Fernanda De Faveri, che il 6 settembre, a 71 anni, ci ha lasciato. È vero, Fernanda,
alanese di nascita e di residenza, era una “guerriera” che ha lottato fino all’ultimo con-
tro la malattia che sembrava vinta ma che poi è subdolamente riapparsa. Una deter-
minazione che metteva in tutte le cose che faceva. Era una grande camminatrice,
passione che l’ha portata a percorrere tutte le nostre montagne e ad affrontare impe-
gnativi trekking anche in Paesi lontani come il Nepal e il Tibet. Ma sono da sottolineare in particolare - come ri-
cordava Marino - le oltre cinquanta maratone che aveva corso in Italia e all’estero (New York, Berlino, Valencia,
Tallin…), molte delle quali in età non verdissima (cosa improponibile per la maggior parte delle persone). Fer-
nanda, donna intelligente e profonda, mancherà ai tanti che hanno avuto il piacere e la fortuna di conoscerla. Al
marito Romano De Colle, al figlio Marino, al fratello Piero e sorella Sandra le sentite condoglianze del Tornado.

Giorgio Pisan “Calzét”


di Sandro Curto
C’era tanta gente, sabato 16 settembre, a dare l’ultimo saluto nella chiesa parrocchiale di
Alano al nostro affezionato abbonato Giorgio Pisan “Calzét”, classe 1947, persona sim-
patica e generosa, deceduto dopo breve malattia. Per diversi anni aveva lavorato in Sviz-
zera rientrando in Italia da pensionato e impegnandosi nel volontariato alanese, collabo-
rando a varie iniziative dell’Associazione ex Emigranti e dell’Auser ma soprattutto attivo
aiuto nella realizzazione e posa del presepio subacqueo nella fontana di piazza Martiri du-
rante il periodo natalizio. Alla moglie Delfina e al fratello Fiorenzo le nostre condoglianze.

Giovanni Carelle
di Sandro Curto
Dopo breve malattia è deceduto nelle scorse settimane Giovanni Carelle, 88 anni, di
Campo. La sua è stata una vita dedicata all’ippica con una grande passione per i ca-
valli da galoppo iniziata come garzone di scuderia a Milano, continuata come fantino
e poi come proprietario. Anche dopo il pensionamento e il suo rientro a Campo ha
proseguito l’attività gestendo alcuni cavalli, con alterne fortune, fra gli ippodromi di
Sant’Artemio a Treviso e Maia a Merano.
ALTRI DECESSI Ci hanno lasciato in questo periodo anche: ad Alano, Maria Michie-
lin, 89 anni, vedova di Giovanni Codemo “Menoli”, e Milvia Botteselle, 82 anni, vedo-
va di Antonio Rizzotto “Toni Tremili”; a Quero, Irene Mazzocco, 78 anni, di Cilladon,
Luigi Dal Canton di 75 anni e Giuseppe Mazzocco, meglio conosciuto come “Bepi To-
cio”, di 86 anni, Candido Mondin, 78 anni, di Schievenin.

52 anni di sacerdozio per Padre Luigi Bassetto


(M.M.) Nel 2021 Padre Luigi Bassetto ha celebrato il 50° anniversario di sa-
cerdozio (si veda il nr. 751 del nostro periodico) e ne ricordiamo il 52° anni-
versario quest’anno. Padre Luigi, di Roncade, nato nel 1944, ha prestato
servizio negli anni di Sacerdozio come Superiore in varie Case e Istituti dei
Padri Somaschi: Quero, Bellinzona, Como, Treviso, Somasca, Milano e, infi-
ne, prima della malattia, aveva ricevuto l’incarico di Supervisore della forma-
zione degli Operatori negli Istituti Somaschi. Ora è ospite al Castello di Que-
ro Vas, ancora punto di riferimento per i numerosi frequentatori della struttu-
ra. In foto: la celebrazione nel 50°, il 28 marzo 2021, della Santa Messa as-
sieme a Don Alessio, a destra per chi guarda, e all’attuale parroco di Santa
Maria Maggiore a Treviso dove si trovano le catene di San Girolamo.
8 LETTERE AL TORNADO

COMUNE DI ALANO DI PIAVE


COMUNE di QUERO VAS
Ai cittadini dei Comuni di Alano di Piave e di Quero Vas
OGGETTO: Voto referendum del 29 e 30 ottobre 2023
per la fusione dei comuni di Alano di Piave e Quero Vas.

APPELLO AL VOTO
Cari Concittadini,
nei giorni 29 e 30 ottobre 2023 siete chiamati a decidere in merito al futuro dei nostri Comuni di Alano di Piave e
Quero Vas, esprimendovi sul referendum regionale che prevede il seguente quesito:
“É LEI FAVOREVOLE AL PROGETTO DI LEGGE N. 208 RELATIVO ALLA ISTITUZIONE DEL NUOVO
COMUNE DENOMINATO «SETTEVILLE» MEDIANTE FUSIONE DEI COMUNI DI ALANO DI PIAVE E QUERO
VAS DELLA PROVINCIA DI BELLUNO?”
I Consigli Comunali di Alano di Piave e Quero Vas, maggioranza e minoranza, hanno voluto avviare l’iter
di fusione, in quanto convinti che questa sia l’unica scelta possibile per salvaguardare i servizi essenziali finora
assicurati alla Comunità.
Per completare l’iter avviato è ora fondamentale che andiate a votare esprimendo la vostra scelta.
Il referendum si svolgerà nei giorni di domenica 29 ottobre 2023 dalle ore 7.00 alle ore 23.00 e
lunedì 30 ottobre 2023, dalle ore 7.00 alle ore 15.00.

Per le AMMINISTRAZIONI
IL SINDACO IL SINDACO
del COMUNE di ALANO di PIAVE del COMUNE di QUERO VAS
dott.ssa Amalia Serenella BOGANA ing. Bruno ZANOLLA
GLI ASSESSORI GLI ASSESSORI
del COMUNE di ALANO di PIAVE del COMUNE di QUERO VAS
ZANCANER Angelo BAVARESCO Ketty
CODEMO Novella CORRÀ Cristian
COPPE Alberto
DALLA ROSA Cristina
I CONSIGLIERI I CONSIGLIERI
DI MAGGIORANZA E MINORANZA DI MAGGIORANZA E MINORANZA
del COMUNE di ALANO di PIAVE del COMUNE di QUERO VAS
SIMIONI Michela BAVARESCO Ketty
GALLINA Alex VERGERIO Giusto
SPADA Luigi MIOTTO Antonio
DAL ZOTTO Claudio DALLA PIAZZA Matteo
SOLDÀ Carlo MONDIN Sabina
BEINAT Lido BIASIOTTO Andrea
DALLA FAVERA Celestina CURTO Tiziano
CODEMO Dario CADORIN Pietro
CANDIAGO Susy SCHIEVENIN Luana
BRUCCULERI Adele MONDIN Antonio
MONDIN Andrea
CORRÀ Mattia
9 LETTERE AL TORNADO

APPROFONDIMENTO
Riassumiamo i temi che sono stati trattati nei vari Consigli Comunali ed incontri sul tema della fusione:
 la difficoltà economica in cui si trova oggi l’Italia produce conseguenze anche sui Comuni a causa della
diminuzione delle risorse trasferite, e quindi indirettamente anche su noi cittadini;
 la fusione permetterà di beneficiare di trasferimenti statali aggiuntivi, per 10 anni, stanziati dallo Stato a
favore dei Comuni che vi provvedono per un totale di € 8.578.833 e, a seguito della conversione in legge
del d.l. nr. 44/2023, è prevista l’assegnazione per ulteriori 5 anni di contributi straordinari a favore delle
fusioni;
 la fusione permetterà di beneficiare di trasferimenti regionali per 3 anni, stanziati dalla Regione a favore dei
Comuni che vi provvedono per un totale di € 500.450,00;
 riduzione dei costi di Amministrazione;
 incremento trasferimenti dalla Regione per maggiore progettualità e priorità nei bandi.
Oltre a questi benefici economici sommariamente elencati si ricordano i benefici non economici derivanti dalla
fusione:
 la possibilità di mantenere e migliorare gli attuali servizi ai cittadini può essere garantita solo in questo
modo, diversamente sarà inevitabile diminuire servizi e ridurre agevolazioni;
 mantenere le tariffe ed i tributi locali differenziate per 5 anni;
 sviluppare nuove progettualità con ricaduta positiva sul territorio;
 far sì che il nuovo ente svolga un ruolo di catalizzatore e generatore di opportunità sul territorio.
Dopo dieci anni di positiva esperienza della fusione dei due Comuni di Quero e di Vas nel Comune di
Quero Vas e dell’Unione Sette – Ville, guardiamo con ottimismo a tutti i piccoli grandi passi già intrapresi finora e
siamo fiduciosi di poter concludere in modo positivo l’intero iter in questo 2023.
La fusione è un evento epocale per le nostre due Comunità e la creazione di questo nuovo Ente è
diventato obiettivo prioritario per le nostre Amministrazioni, ma sarà possibile solo con la collaborazione e
partecipazione di tutti voi cittadini.

È per questo che chiediamo a tutti


di andare a votare esprimendo la vostra scelta
in merito alla fusione dei due Comuni.
Fac simile della scheda elettorale
10 LETTERE AL TORNADO

COMUNE DI ALANO DI PIAVE


COMUNE di QUERO VAS
A TUTTA LA CITTADINANZA
DEI COMUNI DI
ALANO DI PIAVE e QUERO VAS
OGGETTO: Referendum regionale di domenica 29 e lunedì 30 ottobre 2023 per l’istituzione
del nuovo Comune denominato “Setteville”.
Il Sindaco del Comune di Alano di Piave ed il Sindaco del Comune di Quero Vas
AVVISANO CHE
In vista delle elezioni referendarie che si svolgeranno domenica 29 e lunedì 30 ottobre 2023 per l’istituzione del
nuovo Comune denominato “Setteville” mediante la fusione dei Comuni di Alano di Piave e Quero Vas, le Ammi-
nistrazioni dei Comuni di Alano di Piave e di Quero Vas

INVITANO TUTTA LA CITTADINANZA


a partecipare agli incontri che si terranno secondo il seguente calendario:

LUOGO DATA ORARIO SEDE


MARZIAI 16 ottobre 18.30 Centro servizi-Pojat
VAS 16 ottobre 20.30 Alpini di Vas
SCHIEVENIN 17 ottobre 18.30 Bar H
QUERO 17 ottobre 20.30 Sala Associazioni
FENER 23 ottobre 18.30 Centro parrocchiale
ALANO 23 ottobre 20.30 Casa Associazioni
CARPEN 24 ottobre 18.30 Associazione Amici del Carpen
CAMPO 24 ottobre 20.30 Bar ACLI
QUERO 25 ottobre 18.30 Birrificio di Quero
COMUNE di ALANO di PIAVE COMUNE di QUERO VAS
IL SINDACO IL SINDACO
dott.ssa Amalia Serenella BOGANA ing. Bruno ZANOLLA
11 AUSER

Con il Circolo Auser “Al Caminetto”


Gita autunnale al Lago di Garda
a cura di Elda Franzoia*

La Gita al Lago di Garda di giovedì 21 settembre è stata proprio piacevole, complice un bel sole che ha rincuo-

rato gli Auserini e i simpatizzanti preoccupati per il brutto tempo del giorno precedente.
A Spiazzi in provincia di Verona abbiamo visitato il Santuario della Madonna della Co-
rona incastonato nella roccia sovrastante la Valle dell’Adige. Qui si sono visti gli atleti e
le atlete più agili che hanno percorso a piedi il tortuoso sentiero e le ripide scalette che
portano al Santuario al fine di ottenere la grazia. Altri invece hanno preferito servirsi
della navetta comoda e sicura. L’appuntamento a mezzogiorno per il pranzo al Risto-
rante Stella Alpina ha riunito i gitanti che hanno ripreso il viaggio alle 14.00 per rag-
giungere Malcesine. Il lungolago è un susseguirsi di maestose ville e villette, hotels
con vista panoramica sul lago, adagiati sulle falde della montagna e circondati da giar-
dini con bouganville e oleandri ancora carichi di fiori variopinti e appariscenti. Arrivati in
ritardo al pontile e avendo perso il battello approfittammo dell’occasione per visitare le
intricate viuzze cittadine frequentate ancora da molti turisti italiani e stranieri. Il capo-
gruppo ci ha poi riuniti puntuali al molo pronti a salpare per Limone sul Garda in pro-
vincia di Brescia. Abbiamo visitato questa ridente cittadina ricca di rigogliose piante di
limoni interrate sui terrazzamenti collinari e durante la passeggiata abbiamo gustato il
limoncello, famoso liquore della zona ricavato dalla buccia dei limoni biologici. Nel tar-
do pomeriggio ci siamo fermati in un bar in riva al lago per l’aperitivo che ha generato
buonumore. L’allegra comitiva ha attraversato nuovamente il lago per raggiungere Ri-
va del Garda, chiamata la perla del trentino. La ridente cittadina ricca di grandi alberghi, sontuose ville e fastosi
negozi è famosa per il suo clima mediterraneo. Le ombre della sera stavano calando e tutti eravamo seduti in
pullman in lieta compagnia pronti a rientrare a Quero quando una pioggia battente sui vetri ci ha sorpresi, ma non
ci è dispiaciuta affatto perché la giornata trascorsa era stata bella ed emozionante sotto un sole splendente.
*Presidente Circolo Auser Al Caminetto
12 CRONACA

22 settembre: con una serata-evento al Centro Culturale Bice Lazzari


Le Comunità di Quero e Schievenin salutano Don Alessio
di Denis Andreazza
Gioia, commozione e un pizzico di malinconia. Sono state queste le emozioni predominanti per
chi era presente alla serata di saluto per Don Alessio, tenutasi lo scorso 22 settembre. Un mo-
mento per ringraziarlo - ma anche per ricordare i suoi nove anni nel nostro territorio - che grazie
alla partecipazione di diversi parrocchiani di Quero e Schievenin si è trasformato in un piccolo
spettacolo condito da scene scherzose e da alcune più serie. Filo conduttore della serata è stata
una raccolta di foto a cura di Settimo Rizzotto, che ritraeva il nostro Don Alessio in molte occa-
sioni rilevanti del suo mandato; in questa cornice i gruppi parrocchiali hanno dato il loro contribu-
to per coinvolgere il festeggiato in prima persona.
All’iniziale saluto dei maestri della Scuola dell’Infanzia Maria Vergerio
Casamata, è seguito un gioco musicale denominato “Sacrabanda”, rea-
lizzato dal maestro Gianantonio Alberton, ispirato ad un noto quiz tele-
visivo anni ’90. Don Alessio ha dovuto indovinare quattro canzoni “di
chiesa” sulla base delle prime note di ciascuna...e qui non sono manca-
te le risate, perché mentre certe melodie sono state riconosciute subito,
per altre il nostro protagonista ha dovuto richiedere qualche nota in più!
Altro bell’intervento è stato quello del gruppo dell’Iniziazione Cristiana:
qui bambini, ragazzi e catechisti hanno omaggiato Don Alessio con una
busta piena di messaggi a lui diretti e con un video di ringraziamento. A
seguire, il nostro parroco si è cimentato in un “Crucis-verba” realizzato
da Agnese Spezia e Elena Galliano, le cui parole, la maggior parte rife-
rite alla sua vita querese, formavano come chiave principale la parola
“arrivederci”. Atto finale della serata è stato quanto realizzato dai ra-
gazzi del Gruppo Giovanissimi: in un’atmosfera resa intima da colonne
sonore suonate dal vivo da clarinetto e sassofono, Stefano Bavaresco e
Matteo Grubissa hanno dato voce ai messaggi che i giovani hanno
scritto per Don Alessio, ricordando attimi gioiosi vissuti assieme e molte
delle iniziative da lui realizzate, quali i vari Grest, i campi scuola, le set-
timane di condivisione e lo stesso Gruppo Giovanissimi. A questi sono
seguite anche le frasi degli animatori Fabio Malacrida e Denis Andreaz-
za, che conducevano la serata, Matteo Bollotto e Simone Curto. Infine,
Matteo Grubissa ha ripreso la parola interpretando un toccante mono-
logo in cui ha raccontato la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbo-
na, a cui ha preso parte quest’estate con Don Alessio: è stata, questa, un’occasione in cui proprio il comporta-
mento del parroco, sempre rivolto ad aiutare il prossimo, è risultato per Matteo un’opportunità per riscoprire la
Fede e per rinsaldare l’amicizia che già c’era tra di loro. Dopo la consegna dei regali da parte dei parrocchiani di
Quero e della Pro Loco, è stata la volta del saluto del Sindaco Bruno Zanolla, che ha sottolineato quanto la pre-
senza di Don Alessio e tutte le attività da lui organizzate in questi anni abbiano contribuito ad aumentare il senso
di comunità nel nostro paese, grazie anche alla sua partecipazione diretta alle iniziative indette dalle associazioni
quali la Pro Loco stessa. Infine, prima di un rinfresco organizzato dalla Pro Loco e da qualche volontario, un Don
Alessio visibilmente commosso è salito sul palco del Centro Culturale Bice Lazzari per un saluto. Nel ringraziare
tutti, ha affermato che, nonostante lui abbia la tendenza a vedere più le cose che non sono state fatte che quelle
che sono state poste in essere, per mezzo dei ricordi dei gruppi che hanno preso parte alla serata si è potuto
constatare che sono stati nove anni densi di attività e ricchi di amicizia, nei quali i legami che si sono creati sono
stati solidi e importanti. Nell’organizzare questo saluto a Don Alessio, visto il grande numero degli attori coinvolti
e il clima di amicizia in cui si è svolto, è emerso quante persone gli vogliano bene ed è stata la prova lampante,
oltre che del gran lavoro da lui svolto in questo lungo periodo, anche che il senso di collaborazione e fraternità è
presente nelle nostre parrocchie. Sarà fondamentale, in questo momento più che mai, fondarci proprio su questi
valori per non disperdere la preziosa eredità che Don Alessio ci ha lasciato e per continuare quanto da lui inizia-
to. Grazie a tutti coloro che hanno lavorato a questo evento, specialmente a tutti i membri del gruppo “Amici di
Don Alessio” che da oltre un mese si sono impegnati per la sua realizzazione. Un grazie speciale a Mauro Utto-
ne, che da dietro le quinte del Centro Culturale dà sempre un prezioso aiuto dal punto di vista tecnico, e ad Enis
Pocchetto, che, anche se non presente quella sera, ha messo mente e cuore nell’organizzazione di tutto. Grazie
a chi ha donato delle offerte per il regalo a Don Alessio. Infine grazie a coloro che, per brevità o dimenticanza,
non sono stati citati in questo articolo, alcuni dei quali magari non sono intervenuti direttamente, ma il cui lavoro è
risultato essenziale per la buona riuscita della serata. In foto (di Agostino Collavo): momenti della serata.
Rivolgiamo un augurio al nostro Don Alessio per le nuove esperienze a cui va incontro, sicuri che porterà nel
cuore gli anni vissuti nel nostro paese e un augurio anche alle nostre Comunità di Quero e Schievenin, affinché
l’energia positiva emersa in questa occasione sia lo slancio per creare delle parrocchie in cui sempre più persone
vengano coinvolte nella vita di Fede delle Comunità.
13 LETTERE AL TORNADO

Riprendiamo, dal bollettino parrocchiale di Quero, il saluto rivolto da don Alessio alla comunità.

Il mio saluto alle comunità: Scusa e Grazie


Riprendiamo, dal bollettino parrocchiale di Quero, il saluto rivolto da don Alessio alla comunità.

Il mio saluto alle comunità: Scusa e Grazie


Quando un'esperienza finisce è sempre buona cosa fare un bilancio, una verifica di com'è andata. La cosa diven-
ta un po' più complicata quando l'esperienza in questione è legata alle persone, alle relazioni che in 9 anni si
possonoun'esperienza
Quando e si sono create e questo
finisce è sempre perché
buona nessuno
cosa fare può unentrare
bilancio,pienamente
una verificanel cuore andata.
di com'è dell'altro.LaTuttavia,
cosa diven- una
certezza emerge in me in questi giorni, una certezza che traduco con due parole: grazie
ta un po' più complicata quando l'esperienza in questione è legata alle persone, alle relazioni che in 9 anni sie scusa.
possono e si sono
Grazie anzitutto percreate
avermi e accolto
questo nella
perché nessuno può
nostra/vostra entrare nell'ottobre
comunità pienamentedel nel2014;
cuoregrazie
dell'altro. Tuttavia,
per tutte una
le attività
certezza
condiviseemerge
che noninsono
me instate,
questialmeno
giorni, per
uname,certezza che traduco
un semplice conuna
fare ma parole: graziediefede
duetestimonianza scusa.ed un tessere rela-
zioni che
Grazie vuoi dire
anzitutto percostruire comunità;
avermi accolto grazie
nella per avermi
nostra/vostra aperto nell'ottobre
comunità le porte delladelvostre
2014; case
grazie e cosi aver lepotuto
per tutte di
attività
ventare parte integrante della storia di questi nostri territori; grazie per l'amicizia e la vicinanza
condivise che non sono state, almeno per me, un semplice fare ma una testimonianza di fede ed un tessere rela- che mi è stata più
volte che
zioni dimostrata,
vuoi direnon da ultimo
costruire all'iniziograzie
comunità; di quest'estate
per avermi quando
apertoho le avuto
porte l'ictus; graziecase
della vostre per essere stati, potuto
e cosi aver ciascunodi
a suo modo,
ventare parte come dei pittori
integrante che hanno
della storia lasciato
di questi nostrinella tela grazie
territori; della mia
pervita una pennellata,
l'amicizia un segno,
e la vicinanza che miun impronta
è stata più
che non
volte può essere
dimostrata, noncancellata
da ultimo e che hadicontribuito
all'inizio quest'estatea farquando
diventare ancoral'ictus;
ho avuto più bello quelper
grazie quadro
essere chestati,
è la ciascuno
mia vita.
aScusa.
suo modo, come dei pittori che hanno lasciato nella tela della mia vita una pennellata, un
Se guardo a questi 9 anni molti sono i motivi per cui chiedere scusa: scusa per alcuni lati del mio caratte-segno, un impronta
che nonpossono
re che può essereaver cancellata e che ha contribuito
ferito la sensibilità di qualchea persona;
far diventare
scusaancora più bello
le parole malquel quadro
dette; scusa cheperè la mia vita.
il bene che
avrei potuto
Scusa. e/o dovuto
Se guardo fare9eanni
a questi vedere
moltima noni ho
sono fatto;
motivi scusa
per per la mancanza
cui chiedere di carità
scusa: scusa e pazienza.
per alcuni lati del mio caratte-
re che possono aver ferito la sensibilità di qualche persona; scusa le parole mal dette;
"Partire è un po’ morire" dice qualcuno e penso che sia vero perché lasciare una realtà dopo 9 anni scusa pernon
il bene chee
è facile
avrei potuto e/o dovuto fare e vedere ma non ho fatto; scusa per la mancanza di carità e pazienza.
la tristezza è grande, ma noi cristiani siamo gli uomini e le donne della speranza per cui sappiamo, secondo le
parole del
"Partire Signore,
è un che dice
po’ morire" questa tristezza
qualcuno si trasformerà
e penso in gioia
che sia vero (vedilasciare
perché Gv 16,20):
una la gioiadopo
realtà dei ricordi
9 annienon
della memo-
è facile e
la
riatristezza
di quantoè vissuto
grande,insieme.
ma noi cristiani siamo
Una gioia, che gli uomini potrà
nessuno e le donne della
toglierci speranza
e che per cui
per sempre sappiamo, secondo
accompagnerà reciproca-le
parole
mente del Signore,
la nostra vita.che questa tristezza si trasformerà in gioia (vedi Gv 16,20): la gioia dei ricordi e della memo-
ria di quanto vissuto insieme. Una gioia, che nessuno potrà toglierci e che per sempre accompagnerà reciproca-
Con affetto, don Alessio
mente la nostra vita.
LIBRI
Con affetto, don Alessio

Nulla va dimenticato della storia, perché


solo un presente che risponde ad un “pri-
Nulla
ma” èvaresponsabile
dimenticatodidella storia, –perché
un “dopo” scrive
solo un presente che risponde
nella prefazione del volume – Enrico ad un “pri-
Gaz
ma” è responsabile
– Presidente di un Feltrina.
di Famiglia “dopo” –Ilscrive
volu-
nella prefazione
me ideato del volume
da Orazio Dal Mas è unaGaz
– Enrico im-
–mersione
Presidente di Famiglia Feltrina.
nel ricco tessuto della storia Il volu-
fel-
me
trinaideato da Orazio
un viaggio Dal Mas
tra fede, arte èe una im-
musica.
mersione nel ricco tessuto della
Corredato di splendide immagini che cat- storia fel-
trina
turano uncon
viaggio
eleganzatra fede, arte e imusica.
e attenzione dettagli
Corredato
delle operedid’arte
splendide immagini
e la loro storia, che cat-
correda-
turano con eleganza e attenzione
to di osservazioni culturali che invitano al-i dettagli
delle opere d’arte
la riflessione. Nel eprogetto
la loro storia, correda-
sono stati coin-
to
volti numerosi collaboratori che, sottoal-
di osservazioni culturali che invitano la
la riflessione.
guida Nel progetto
competente sono statidicoin-
e appassionata Ora-
volti
zio Dalnumerosi
Mas, hannocollaboratori
contribuitoche,allasotto la
realiz-
guida competente e appassionata di Ora-
zazione di questo ambizioso progetto.
zio Dal Mas, hanno contribuito alla realiz-
https://edizionidbs.it/
zazione di questo ambizioso progetto.
https://edizionidbs.it/
14 COME ERAVAMO

Accadde vent’anni fa
a cura di Sandro Curto
Nell’autunno 2003 Silverio Frassetto viene rieletto presidente della Pro Loco di Fener che, al tempo, era anche
casa editrice del nostro giornale. Frassetto, al suo secondo mandato, era succeduto nel 2000 all’indimenticato
Mario Durighello al vertice del sodalizio fenerese per ben 29 anni. Ad affiancarlo nel nuovo direttivo ci sono Piero
Drusian (vicepresidente), Giovanni Lubian (segretario), Silvio Forcellini (cassiere) Antonio Bozzato, Mario Bozza-
to, Nello Bozzato, Marilena Cassandro, Diana Pellizzari, Fiorenza Piccolotto, Giustino Todoverto più i consiglieri
di nomina comunale Antonello Collavo, Sandro Curto e Andrea Tolaini.

ATTUALITÀ
Dal sito della Diocesi di Padova
Gli incarichi nelle nostre parrocchie
Le parrocchie appartenenti al vicariato di Quero Valdob-
biadene (Alano di Piave, Bigolino, Campo di Alano, Cao-
rera, Fener, Guia San Giacomo, Guia Santo Stefano,
Quero, Schievenin, Segusino, San Giovanni di Valdob-
biadene, San Pietro di Barbozza, San Vito di Valdobbia-
dene, Valdobbiadene e Vas) vengono affidate in solido a
don Romeo Penon (parroco moderatore), don Gabriele
Benvegnù, don Giuseppe Bertin, don Paolo Pizzolot-
to. Con loro vi saranno come collaboratori stabili don
Bruno Bottignolo e don Remo Zambon; come collabo-
ratori festivi don Bruno Faggion e don Marcello Bet-
tin. Mercoledì 27 settembre 2023
https://www.diocesipadova.it/nomine-2023/
Qui di seguito le note dettagliate tratte dai bollettini parrocchiali
Collaborazione pastorale
Con tutte le quindici Parrocchie del Vicariato di Quero-Valdobbiadene
Don Paolo Pizzolotto e Don Romeo Penon
Parroci, referenti pastorali per le Parrocchie di: Valdobbiadene, Bigolino, San Giovanni, Guia San Giaco-
mo, Santo Stefano, San Pietro di Barbozza, San Vito.
Don Remo Zambon: Collaboratore Pastorale residente
Don Bruno Faggion: Collaboratore Pastorale residente festivo
Don Angelo Furlan: Collaboratore Pastorale festivo.

Don Giuseppe Bertin: Parroco, referente pastorale per le Parrocchie di: Alano di Piave, Campo di Alano
di Piave, Quero, Vas.
Don Gabriele Benvegnù: Parroco, referente pastorale per le Parrocchie di Segusino, Fener, Schievenin,
Caorera.
Don Bruno Bottignolo: Collaboratore Pastorale residente
Don Marcello Bettin: Collaboratore Pastorale festivo.

Don Romeo Penon: Parroco Moderatore e Legale rappresentante delle Parrocchie.


Sacerdoti e fedeli Laici sono chiamati a collaborare insieme con lo scopo di edificare le comunità attraverso il
contributo di tutti e la valorizzazione della vocazione di ciascuno per innestare l’annuncio del Vangelo a partire
dalle situazioni della vita. È importante attivare la corresponsabilità, il servizio e la missione di molti.

Avviso agli abbonati:


Solo 4 invii dopo la scadenza
Fate attenzione all’etichetta indirizzo,
che riporta anche la scadenza dell’abbonamento.
Dopo 4 numeri dalla scadenza cesserà la spedizione.
15 CRONACA

Arrivare in fondo è una Vittoria!


di Michele Remor
Già completare il TOR (Tor Des
Géants) è un’impresa da pochi,
ma tagliare il traguardo a chiusu-
ra della gara, mentre tutta Cour-
mayeur ti sta aspettando e da ore
incitano il tuo nome a suon di
musica, è un’esperienza unica!
330 chilometri, 24.000 metri di di-
slivello positivo lungo le alte vie
numero 1 e 2 della Valle D’Aosta,
una gara impareggiabile alla qua-
le accorrono atleti da ogni angolo
del mondo. Una delle più dure ed
affascinanti corse di ultra trail che
si svolge ai piedi dei più impor-
tanti 4000 delle Alpi ed attraverso
il Parco Nazionale del Gran Pa-
radiso e quello Regionale del
Mont Avic.
Partenza da Courmayeur il 10
settembre, sette giorni e sei notti
a zonzo quasi senza chiudere
occhio, correndo, camminando,
arrancando tra giornate caldissime alternate a violenti temporali sulle creste a 3000 metri, momenti di difficoltà in
cui solo la forza di volontà ti consente di andare avanti senza fermarti.
Ed il tanto atteso arrivo a quel traguardo è diventato un momento indimenticabile,
l’ultimo atleta in gara accolto con più onori del vincitore, accompagnato da figuranti
in maschera ed ali di folla che a ritmo urlavano “Placido Mondin, Placido Mon-
din, Placido Mondin,….”. E vi assicuro che una lacrimuccia scenderà anche a voi
vedendolo attraversare quello striscione con la scritta finish.
Si perché i primi che sono arrivati il mercoledì sono dei campioni, bravi, veloci, ma-
gari lo fanno per lavoro, ma gli atleti da ammirare sono gli ultimi, partiti la domenica
per giungere al traguardo il sabato successivo rimanendo sul percorso più del doppio
del tempo e questo arrivo così in pompa magna il nostro compaesano se lo ri-
corderà a lungo. Placido ora anche tu sei un “gigante”!
Codice QR - il lettore inquadrandolo con il telefono viene mandato nel canale YouTube della corsa dove troverà
appunto il video dell’arrivo!! https://www.youtube.com/watch?v=R0d5OdUAG0s

Pizzeria-Ristorante “La Rotonda” chiusa per ferie


(A.B.) I fratelli Scuglia, gestori del pubblico esercizio di Via Feltre a Quero, avvisano la gentile clientela che il lo-
cale rimarrà chiuso fino al 17 ottobre. I battenti si riapriranno il 18 ottobre. Un periodo di ferie di quindici giorni,
dal 2 ottobre, per recuperare le energie dopo un anno in cui non si sono mai fermati. Un riposo meritato.

Oltre 1 Kg di pomodoro
(M.M.) Quinto Schievenin e Maria De
Martini coltivano con passione il loro
orto e vengono ripagati con prodotti
eccezionali, come questo pomodoro
che supera il peso di un chilogrammo.
Merito di un lavoro di squadra, affiata-
to, specchio dell’intesa che i coniugi
queresi esprimono anche nel prender-
si cura del loro piccolo pezzo di terra.
16 ATTUALITÀ
17 ATTUALITÀ
18 ASTERISCO

Se 45 vi sembran pochi…
“Nel settembre del 1979, uscì il primo numero composto da sole
cinque pagine, copertina compresa, e perdipiù ciclostilato…”
(M.M.) Questo l’inizio della storia del nostro periodico che, per ragioni di conteggio burocratico, segna in coperti-
na il 45° anno di edizione. Non potevamo lasciare passare sotto silenzio questo traguardo adesso che l’anno sta
per finire e la sottolineatura della longevità della pubblicazione la affidiamo alla copertina, rubando l’idea di com-
porre la lettera iniziale della testata ad altre campagne pubblicitarie. Quarantacinque anni di storia sono conden-
sati in questa copertina e sono molte le difficoltà superate nel corso dell’esistenza del periodico, ma molte anche
le soddisfazioni avute, prima fra tutte il crescente gradimento da parte dei lettori che ci ha portato fino alla soglia
di 1.250 abbonati. Il mondo dell’informazione nel frattempo è cambiato e mutati sono anche i canali che veicola-
no le notizie, causando una crisi della carta stampata che non ha lasciato indenni nemmeno noi, visto che ormai
siamo attestati a difesa di quota mille. Ma resta comunque l’orgoglio di portare avanti una iniziativa che ha il pro-
fumo del puro volontariato. Una redazione a costo zero, unita dal piacere di diffondere notizie, esperienze, infor-
mazioni che sono specchio di vita dei nostri territori per offrire il miglior servizio possibile. Non riusciamo certo ad
accontentare tutti, ma non manca il nostro impegno per aprire finestre sul mondo locale, non tralasciando di vol-
gere lo sguardo anche oltre, non mettendo limiti al possibile orizzonte.
E scusate il ritardo. E’ capitato, capita, capiterà ancora. La distribuzione del nostro periodico soffre, talvol-
ta, di ritardi nella distribuzione postale. Esce, non esce, esce a macchia di leopardo… Sappiate che il problema,
come abbiamo scritto più volte, è comune a tutte le pubblicazioni. Inoltriamo reclami, segnalazioni, ma la situa-
zione ci complica la vita e mette in pericolo la nostra esistenza se perdiamo la pazienza di Voi abbonati. Speria-
mo in un assestamento del servizio postale e che il quindicinale torni puntuale nelle case degli abbonati.

CRONACA

In ricordo di Renzo Mondin


Il 24 agosto 2023 dopo un lungo periodo di malattia è mancato all’affetto dei suoi
cari Mondin Renzo. La vita di Renzo è stata un vero esempio di coraggio, deter-
minazione e amore, nato il 5 dicembre del 1942 nella località di Col Di Dante nel
piccolo abitato di Schievenin, ha imparato fin da giovane il valore del lavoro duro
e della perseveranza. Dopo aver finito la scuola, ha intrapreso la sua carriera pro-
fessionale Successivamente ha incontrato Margherita, con la quale ha costruito la
sua famiglia e dal loro longevo matrimonio sono nate Sabina, Cinzia e Elena.
Renzo è stato per la sua famiglia un vero mentore, che ha insegnato alle sue fi-
glie l'importanza dell'impegno, dell'educazione, della dedizione al lavoro e la ca-
pacità di affrontare le sfide della vita con umiltà e coraggio. La malattia di Renzo è
stata una sfida difficile che lui ha saputo affrontare con coraggio e forza d'animo
straordinari, è stato un periodo di preoccupazione, dolore e incertezza per tutta la
famiglia, ma anche di unione e solidarietà. Anche se la sua scomparsa ha lascia-
to un vuoto incolmabile nei cuori dei suoi cari, vogliamo ricordarlo come un uomo che ha lasciato un'impronta in-
delebile sulle vite di chi lo circondava, il suo ricordo continuerà a ispirare e a guidare tutti lungo il cammino della
vita, la sua presenza è stata un dono prezioso. La famiglia vorrebbe ricordarlo per sempre con queste parole:
"Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta".
19 ATTUALITÀ
20 ATTUALITÀ

Quero Vas: 1km al giorno nel tuo Comune


Il Comune di Quero Vas, con la Regione del Veneto, ha preparato un percorso pedonale senza ostacoli e facil-
mente raggiungibile, che consente di camminare in sicurezza per 1 km (o più se si ripete più volte!). Il percorso
individuato parte dalla scuola Media, sale per Via Nazionale, gira per Via Roma e ritorna al punto di partenza.
Cominciare oggi a camminare lungo questo percorso è un primo “passo” per mantenerti attivo e in salute. Cam-
minare è un’attività facile da svolgere, puoi farla sempre e ovunque senza attrezzature specifiche.
Quest’iniziativa si affianca all'iniziativa “1 Km al giorno educational”, creato per i ragazzi delle scuole secondarie,
che si impegnano a camminare per 1 Km almeno una volta al giorno per più giorni possibili, per un determinato
periodo. Per le classi che si distinguono per partecipazione e frequenza viene organizzata una premiazione il 31
maggio di ogni anno. In tale occasione, il Comune stesso ha fatto in modo che il messaggio dell’iniziativa uscisse
dalla scuola e arrivasse fino a te, promuovendo uno stile di vita sano e attivo. http://muoversidipiu.it/
Il 31 maggio coincide, inoltre, con la Giornata Mondiale Senza Tabacco. Per questo motivo ti chiediamo di non
fumare mentre percorri questo tratto, in modo da rendere il percorso doppiamente salutare per te e per le perso-
ne che ti circondano.
Se stai pensando di smettere di fumare o ci stai provando ma sei in difficoltà oppure conosci qualcuno che vor-
rebbe smettere, visita il sito regionale Smettintempo. https://www.smettintempo.it/1_0/home.ashx
Piccole modifiche nelle nostre abitudini possono avere un enorme impatto sul nostro benessere fisico e mentale,
invogliandoci ad essere ogni giorno più attivi e più responsabili verso la nostra salute.
21 COME ERAVAMO

Ex emigranti di Schievenin nel 1965

(S.C.) La foto qui sopra, che ci viene segnalata dal nostro abbonato di Quero Giovanni Specia, è stata scattata a
Schievenin, davanti al bar “Speranza”, nel lontano 1965 in occasione di un raduno di ex emigranti.

CRONACA

27 settembre, al Castello di Quero Vas


Ricordata la liberazione di San Girolamo
(M.M.) Con la celebrazione della Santa Messa è
stata ricordata la liberazione (27.09.1511) di San
Girolamo Emiliani per intercessione della Ma-
donna, dopo essere caduto prigioniero a Castel
Nuovo di Quero Vas nel corso degli scontri tra
Venezia e la Lega di Cambrai. La funzione reli-
giosa è stata officiata da Padre Luigi Bassetto,
che ha focalizzato l’attenzione dei fedeli interve-
nuti sulla figura materna di Maria, prodiga nel
prendersi cura di quanti versano nel bisogno e si
rivolgono a Lei in cerca di conforto. Un ampio ex-
cursus storico, nel corso dell’omelia, ha ripercor-
so le tappe principali della vita di San Girolamo
Emiliani, che ha saputo reindirizzare la propria
vita dedicandola ai bisognosi, soprattutto ai bam-
bini, agli orfani, a coloro che avevano perduto
l’appoggio di una famiglia. L’Ordine dei Padri
Somaschi, fondato da San Girolamo, ancora oggi
è attivo nel soccorso ai più deboli ed in particolar
modo rivolge attenzione ai giovani, sostenendoli
nella ricerca di un percorso di vita improntato a
valori saldi, gli stessi propugnati da Girolamo che
raccoglieva gli orfani per dare loro istruzione, cul-
tura, prospettive di futuro migliore.
22 CRONACA

Alano, nella collezione di Francesco Franzoia


esemplari unici (o quasi) di moto d’epoca
di Silvio Forcellini
Non si è ancora spenta l’eco della prova del campionato italia-
no di regolarità disputato domenica 3 settembre ad Alano, du-
rante il quale oltre 300 moto d’epoca, alcune delle quali davve-
ro rare, hanno fatto bella mostra di sé per la gioia dei molti ap-
passionati. Ma in fatto di rarità Alano può vantare anche la col-
lezione privata di Francesco Franzoia, composta da una
quindicina di esemplari di notevole interesse. Tra questi,
l’unico esemplare oggi in Italia di MAS “Stella Alpina” 125 cc
4T prima serie, costruita nel 1947 e contrassegnata dal nume-
ro 38. Francesco, grande appassionato di motori, l’ha acqui-
stata circa sei anni fa in provincia di Alessandria tramite un
giornalino di inserzioni (tipo “Occhio”, tanto per capirsi). E que-
sto gli ha permesso di essere inserito nel corposo volume “La
moto MAS: Alberico Seiling, storia di un italiano che costruiva
motociclette”. In effetti, l’ingegner Alberico Seiling fu uno dei
più celebri costruttori di motociclette nell’Italia degli anni ’20 e
’30. Non a caso, MAS è acronimo di Motocicli Alberico Seiling,
ma pochi sanno che originariamente significava Motori Ausiliari Seiling, perché il tecnico bavarese, italiano di
adozione, iniziò la sua intensa attività di costruttore nel 1920 montando un motore di 125 cc, di importazione te-
desca, su un telaio di bicicletta. A cavallo degli anni ’30 le moto MAS brillarono in gare di regolarità ottenendo
straordinari successi in numerose competizioni, tra queste le 16 medaglia d’oro conquistate alla Sei Giorni Inter-
nazionale. Seiling, più che competere nei campionati di velocità, era propenso a met-
tere a confronto le sue moto nelle gare di regolarità, che più evidenziavano le doti di
prestazioni e resistenza dei modelli di serie. E coerentemente a questa convinzione
favorì l’iscrizione delle MAS alla Sei Giorni, massimo evento regolaristico mondiale.
Ne derivò un primato: nell’edizione del 1929, svoltasi a Monaco di Baviera, Nunzio
Silvestri conquistò, alla guida di una MAS, la prima medaglia d’oro vinta da un con-
corrente italiano. Spinto da questa clamorosa affermazione, Alberico Seiling allestì
una squadra interna che nei cinque anni successivi fece incetta di medaglie d’oro alle
Sei Giorni: tre nel 1930 e 1931, cinque nel 1932, una nel 1933, due nel 1934 e una
nel 1935. Tornando a Francesco Franzoia, il possesso di un tale “gioiello” gli ha per-
messo, oltre ad essere citato nel libro di cui sopra, anche di partecipare, nel 2020 a
San Pellegrino Terme, al concorso d’eleganza per moto d’epoca, dove era necessa-
rio anche abbigliarsi conformemente all’età della propria moto e nel quale ha ottenuto
un lusinghiero quarto posto (su 164 iscritti). Particolarità della MAS “Stella Alpina” di
Francesco il cilindro piatto, la sospensione posteriore “a ruota guidata” e il freno ante-
riore dotato di mozzo con freno a tamburo centrale. Così è descritta nel libro: “Si tratta di un monocilindro da 125
cc con valvole in testa, interamente ricoperto, con superficie liscia. Presenta una parete interna e una parete
esterna collegate da una profonda alettatura. L’aria viene aspirata attraverso un ventilatore e soffiata tra le due
pareti. Ciò crea, per così dire, una doppia superficie di raffreddamento (il principio di raffreddamento ad aria for-
zata)”. Tra i pezzi pregiati della collezione di Francesco, oltre alla MAS, anche un raro esemplare della francese
TERROT 98 cc mod. VML (lusso), costruito nel 1936 con faro a carburo e di cui ne esiste solo un’altra in Italia.

Nella foto sopra: Francesco Franzoia in sella alla sua MAS; nella foto in mezzo: una copertina del 1930 di “Mo-
toCiclismo” in cui si sottolinea la partecipazione (e le affermazioni) della MAS alla Sei Giorni Internazionale; nelle
foto sotto, da sinistra: la MAS, la TERROT e le altre moto della collezione di Francesco.
23 LETTERE AL TORNADO

Una bandiera per una nazione


di Angelo Ceccotto
Il contenuto di quest’articolo riguarda l’aver mantenuto
fede alla promessa fatta il 6 agosto del 2011 sul Monte
Grappa all’allora Ministro della Difesa ungherese On.
Dott. Csaba Hende, ora, con l’avvenuta posa del pen-
none per la bandiera ungherese. Questo ha avuto luogo
giovedì 7 settembre 2023 con l’inaugurazione di tale
progetto alla presenza del Presidente dell’Assemblea
nazionale ungherese Làszlò Kovér, del Ministro della
Difesa ungherese Kristof Szalay-Bobrovniczky, del suo
Vice Tamàs Varga e del Ministro della Difesa italiano
Guido Crosetto, oltre alla rappresentanza delle forze
armate dei due Paesi, unitamente ad autorità, labari e
bandiere delle Associazioni d’Arma e a molti partecipan-
ti del territorio. E’ stato un lungo percorso a tappe, pro-
grammato inizialmente non appena avvenuta la posa
del pennone, ma le lungaggini burocratiche hanno dap-
prima spostato la data all’agosto del 2018, centenario della fine della “Grande Guerra”. Poi l’impedimento del Co-
vid, ne seguiva il 23 febbraio 2022 l’incontro con la delegazione del Ministero della Difesa ungherese sul Monte
Grappa programmando la cerimonia per i primi di settembre dello stesso anno, rinviata anche questa volta a
causa delle votazioni ungheresi con il cambio di guardia ai vertici ministeriali. Ora il traguardo, confermato anche
da alcuni articoli leggibili su Facebook che riporto:
Prof.ssa Katinka Cav. Borsanyi: “E’ dal 1999 che nutro il desiderio di vedere la bandiera ungherese a fianco di
quella austriaca nel Sacrario austro-ungarico di Cima Grappa. Oggi il mio sogno è diventata realtà. Grazie alle
Istituzioni, ma ancora di più a quegli amici che con santa caparbietà hanno portato avanti questa causa incon-
trando più ostacoli che gratitudine. Devo nominare il Comm. Angelo Ceccotto, Paolo Casotto, Diego D’Agostino e
Loris Giuriati Presidente dell’“Alto Onore del Grappa”. Grazie a nome dei miei connazionali e grazie di cuore da
parte mia personale”.
Presidente “Alto Onore del Grappa” Prof. Loris Giuriati: “Dopo tanti
anni, sul pennone accanto alla bandiera austriaca da sempre presente, è
stato issato il vessillo ungherese. Il signore che vedete nella foto (a fianco)
si chiama Angelo Ceccotto, è stato lui assieme a Katinka Borsanyi a pero-
rare per anni il diritto ungherese al giusto onore, oggi divenuto realtà; nes-
suno si è ricordato di loro, oggi, anzi, qualcuno ha provato pure a metterli
in un angolo ma questo non è stato male, mi è stato utile per capire il valo-
re immenso delle persone umili, grazie presidente”.
Per la circostanza così ho espresso il mio sentimento: “Non può esse-
re una semplice bandiera issata sul pennone, ma l’emblema e la testimo-
nianza di una nazione nella quale s’identifica la storia, la cultura, la libertà
e la sovranità di un popolo. Dopo dodici anni la realtà dà gloria ai Caduti
ungheresi affinché nell’eterno riposo risvegli il loro Patrio Amore. Ora non
più silenzi, non indifferenza, ma l’umano credo verso questo Monte della
Sofferenza che partorì martiri di ogni nazione, di ogni bandiera e di ogni
fede, accomunati da un tragico destino e ora affratellati nell’umida terra.
Per costoro il tempo della Memoria non è scaduto, ma l’obbligo di perseve-
rare sul cammino della Storia di questo Sacrario, luogo dove determinò il fardello di tanti Caduti qui avvolti nel lu-
gubre silenzio. Non spegniamo il valore patriottico dove gli Eroi scrissero con il sangue le sorti della nostra storia
e dell’Europa, fattori che determinarono, per le famiglie europee, la libertà e le attuali fortune. Ora questa bandie-
ra ungherese e altre bandiere che oggi ondeggiano nel cielo celeste ci uniscono come segno di riconoscenza e
di preghiera per tutti i Caduti e ai Soldati Ignoti che per avverso destino non ebbero una devota sepoltura. Sì det-
to, non permettiamoci di perderci nell’indifferenza ma coltivare il destino della convivenza affinché sia eterna la
pace e l’amicizia tra i popoli”.
In essere sono stati citati dei nomi ma altri si sono prestati in modi diversi o a sostegno dei famigliari in questa
iniziativa che rimarrà indelebile nella memoria di ognuno. Da quanto sopra mi si conceda esprimere una mia de-
bolezza, il mio sentimento umano verso quella bandiera che ho abbracciato e baciato come fosse,
nell’immaginario, avvolta a un giovane Caduto, un giovane soldato che per sfortunato destino non fu mai abbrac-
ciato dagli affetti famigliari. Mi è altresì d’obbligo sottolineare che il Direttivo dell’“Alto Onore del Grappa”, in parte
rappresentato nella foto (sopra), da sempre e unitamente opera in molteplici iniziative dando lustro storico cultu-
rale e riverenza a tutti i Caduti del Massiccio del Grappa che per l’infausto destino lassù riposano.
24 LETTERE AL TORNADO

Scuole Medie “Don Orione” di Quero Vas e “Italo Calvino” di Alano di Piave
Notizie dall’Indirizzo Musicale
a cura di Paolo Pegoraro
Dà sempre tanta gioia il poter
condividere esperienze di Bellez-
za come quelle vissute nella se-
conda parte dell’anno scolastico
2022-2023 dai nostri alunni
dell’Indirizzo Musicale della
scuola media “Don Orione” e
“Italo Calvino”, rispettivamente
dei Comuni di Quero Vas e di
Alano di Piave. Già a partire dal
mese di gennaio i nostri alunni,
reduci dalla entusiasmante espe-
rienza del progetto “Christmas
Carol”, organizzato dalla rete
SMIM e tenutosi al Teatro comu-
nale di Belluno, e del Concerto orchestrale di Natale, presso il Centro Culturale “Bice Lazzari” di Quero, hanno
avuto modo, sin, è il caso di dirlo, dalle prime battute del mese di gennaio, di corroborare la loro preparazione
strumentale esibendosi in quattro occasioni: nelle due lezioni concerto, per le classi quinte della scuola primaria,
col fine di far conoscere agli alunni la preziosa possibilità che la nostra scuola offre loro di poter frequentare gra-
tuitamente il Percorso ad Indirizzo Musicale che diventa materia curricolare nel triennio della scuola media; poi,
sempre con il medesimo obiettivo, ma questa volta rivolto ai genitori delle future classi prime della scuola media,
ci sono state altre due performances per la “Scuola Aperta” di Quero e di Alano. Docenti di strumento e alunni,
dopo queste fatiche, legate al programma scolastico del primo quadrimestre, si sono buttati a capofitto per lo
studio di nuovi brani, orchestrali, cameristici e solistici per le nuove sfide che si sarebbero affrontate di lì a poco
in primavera e a fine anno scolastico: il Concorso Nazionale “Scuole in Musica” di Verona (aprile), il concerto
presso la Casa di Riposo “Sant’Antonio Abate” di Alano, i concerti cameristici presso le rispettive sedi di Quero e
Alano del nostro istituto comprensivo (maggio) e i progetti sulle emozioni; il Concerto di fine anno scolastico
presso il Centro Culturale “Bice Lazzari” e il grande concerto con l’Orchestra SMIM di Belluno presso la Palestra
“A. Boito” di Ponte nelle Alpi (giugno). Riguardo al Concorso Nazionale “Scuole in Musica” di Verona anche
quest’anno i nostri alunni hanno ricevuto significativi riconoscimenti e premi che verranno consegnati nel prossi-
mo Concerto di Natale che si terrà presso il nostro Centro Culturale.
Ecco qui di seguito gli alunni premiati:

Risultati concorso nazionale “Scuole in Musica” Verona 2023


Solisti classe 1 Solisti classe 2
Dal Canton Terence, Pianoforte, 95/100 1° premio Benato Sveva Luna, Clarinetto, 96/100 1° premio
Rizzotto Campana Iago, Clarinetto, 95/100 1° premio Buttol Giada, Clarinetto, 95/100 1° premio
Collavo Giulia, Pianoforte, 95/100 1° premio Lin Yuxin, Pianoforte, 93/100 2° premio
Porta Emanuele, Clarinetto, 91/100 2° premio Spader Mia, Clarinetto, 93/100 2° premio
Nespolo Alessandro, Pianoforte, 91/100 2° premio Curto Ginevra, Clarinetto, 90/100 2° premio
Miotto Maria Margherita, Pianoforte, 89/100 3° premio Vedova Giorgia, Chitarra, 89/100 3° premio
Caberlotto Elia, Clarinetto, 89/100 3° premio Bordin Nicol, Clarinetto, 88/100 3° premio
Zucchetto Aurora, Clarinetto, 88/100 3° premio
Rizzotto Campana Vera, Clarinetto, 87/100 3° premio
Solisti classe 3
Forner Giorgia, Clarinetto, 90/100 2° premio
Ye Si Ying, Clarinetto, 93/100 2° premio
Franco Margherita, Pianoforte, 88/100 3° premio
Ensemble Maddalozzo Elia, Chitarra, 87/100 3° premio
Quintetto Trinca, Zucchetto, Xue, Franzoia, Rosa Quin-
tetto IC Quero Vas, Sec. Don Orione, Quero Vas (Bl) Orchestre
95/100 1° Premio
Orchestra “Alano” Orchestra IC Quero Vas, Alano
Duo Nespolo, Di Biaggio Duo pianistico IC Quero Vas,
di Piave (Bl) 94/100 2° premio
Sec. Alano di Piave, Quero Vas (Bl) 91/100
Orchestra “Quero” Orchestra IC Quero Vas, Quero
2° Premio
Vas (Bl) 91/100 2° premio

Un’esperienza che ha toccato il cuore di tutti è stato il concerto presso la Casa di Riposo “Sant’Antonio Abate”
di Alano, sabato 27 maggio: per i ragazzi e noi docenti è stata un’occasione per entrare in comunione e sensi-
25 LETTERE AL TORNADO

bilizzarci un po’ di più con la realtà della terza età; il suonare per i
nostri nonni ci ha fatto capire che anche se il corpo cambia con il
passare degli anni, non cambia invece il bisogno che abbiamo tutti di
sentirci amati e di amare a nostra volta. In questa occasione, per la
quale sono stati eseguiti alcune trascrizioni, realizzate da noi docen-
ti, di canti di alpini e brani anni ’60 come “Se telefonando” oppure il
famoso “Can Can” di Offenbach; è stato molto di più quello che ab-
biamo ricevuto che quello che abbiamo donato.
Dopo i Concerti Cameristici e i progetti sull’affettività nei quali si è
potuto dare spazio a piccoli organici strumentali, dal solista al duetto,
trio, quartetto, è stata la volta del Concerto di fine anno scolastico
delle orchestre di Quero e Alano, giovedì 8 giugno, presso il Centro
Culturale “Bice Lazzari”, nel corso del quale le due orchestre si sono
alternate tessendo la serata di brani orchestrali preparati nel corso dell’anno scolastico: “Pavane pour une infante
défunte”, “La Vita è Bella”, “Se telefonando” eseguiti dall’orchestra di Quero e “Great Movie Adventure”, “Quel
mazzolin di fiori”, “O Bella ciao” e “Can Can”. Ultima grande esperienza è stata di certo il concerto
dell’Orchestra SMIM di Belluno, tenutosi presso la Palestra “A. Boito” di Ponte nelle Alpi, il venerdì 9 giugno: gli
alunni hanno avuto modo di suonare in una vera e propria orchestra sinfonica di 120 elementi dall’organico ricco
e vario: dai timpani alle campane tubolari, dagli archi alla nutrita schiera di strumenti a fiato di varia specie, per
passare alla batteria, basso elettrico e chitarre. Questa attività ha messo a dura prova sia gli alunni sia i docenti,
se si considera che le prove orchestrali hanno avuto inizio da febbraio con una media di due esercitazioni al me-
se, presso il Liceo Musicale “Renier” di Belluno e di sabato pomeriggio; ma la sete di Bellezza, la voglia di stare
insieme per raffinare la propria esecuzione ed armonizzarla con quella dell’intera orchestra hanno prevalso sulla
fatica e sugli inevitabili capricci, perché era la Gioia, che nasceva da questo continuo dare, il motore di tutto; co-
me una dinamo che trasforma un lavoro meccanico in energia elettrica sotto forma di corrente continua, così
quando si Ascolta e si dà fiducia alla Bellezza, questa, nonostante i rovi e le spine, ci rinnova trasfigurandoci e
donandoci una visione più vera, reale e più Bella della vita. Foto: sotto il titolo, in palestra a Ponte nelle Alpi e,
qui sopra, al centro culturale di Quero Vas.

CRONACA

A Santa Maria di Quero Vas


Intervento dell’elisoccorso Falco 2
di Alessandro Bagatella
Lunedì diciotto settembre l’elicottero del Suem, Falco 2, è intervenuto a Santa Maria per soccorrere una ottanta-
trenne, A.B., colpita da ictus. Nelle fasi concitate di soccorso si è ferito anche il figlio, infortunatosi ad un piede.
Tutti e due sono stati caricati sull’elisoccorso e trasportati all’Ospedale di Belluno, dove la mamma è stata ricove-
rata nel reparto neurologico, fortunatamente non in pericolo di vita. Il figlio, M.C., di 51 anni, è stato curato e di-
messo in attesa di una operazione chirurgica per sanare le ferite.

Ricordo di Irene Mazzocco


di Alessandro Bagatella
Il ventuno settembre ha serenamente concluso il suo pellegrinaggio terreno Ire-
ne Mazzocco, di Cilladon, di anni 78. Nella sua vita piena di vicissitudini è stata
sempre saldo timone nella famiglia dove è nata e poi in quella che aveva forma-
to, portando la Croce che le era stata data nel Battesimo. Dopo qualche giorno
di ospedale ha lasciato la vita terrena per il cielo, lasciando nel dolore il marito
Piero Parisotto, i figli Federico e Michele ed il nipote Manuel, che l’ha amata
come un figlio. Al suo funerale, celebrato da don Alessio nella chiesa di Quero
con l’accompagnamento del coro di Pederobba, oltre ai paesani di Cilladon è in-
tervenuta tanta gente, giunta da diversi luoghi per salutare Irene, che dava con-
forto a tutti, e per manifestare ai parenti solidarietà nel dolore.
Ai famigliari tutti, alla sorella Norina ed ai nipoti le più sentite condoglianze.
26 ATTUALITÀ

Avviso prossime esumazioni a Quero

SI INVITANO I PARENTI A CONTATTARE


L’UFFICIO TECNICO COMUNALE NEI GIORNI
DI APERTURA O TELEFONICAMENTE
AL NUMERO 0439 781830.

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Notizie tratte dagli Albi Pretori comunali


27 ASTERISCO
28 ATTUALITÀ

Raccolta differenziata di carta e cartone: tutti gli errori da non commettere


Le abitudini da osservare per un riciclo virtuoso
tratto da: https://www.comieco.org/
La raccolta differenziata di carta e cartone è un processo fondamentale
che richiede la massima attenzione: consente infatti di recuperare
preziosa materia prima che potrà essere reimpiegata per realizzare nuovi
Regole per una
prodotti di natura cellulosica. raccolta vincente
Eppure, per quanto questa pratica sia diventata parte della nostra
quotidianità da ormai molto tempo, non manca mai di incorrere in dubbi e di qualità
sulla corretta destinazione di alcuni rifiuti o in errori che incidono
negativamente sulla qualità del riciclo. Cosa fare per evitarli? Se ogni italiano avviasse
Correggere il tiro è possibile e anche molto facile, bastano piccoli
accorgimenti per fare la differenza. Vediamo allora di seguito gli 8
a raccolta differenziata
errori più frequenti che vengono commessi nel riciclare carta e anche soltanto due
cartone e impariamo così a non ripeterli. scatole di cartoncino, un
Raccolta differenziata di carta e cartone, giornale, uno scatolone di
gli 8 errori da evitare cartone, un portauova e
tre sacchetti di carta in
Per fare in modo che la carta e il cartone che gettiamo possano essere
correttamente riciclati, è sufficiente osservare poche, semplici abitudini, a più rispetto a quanto già
portata di tutti. Scopriamo quali. fa, la raccolta pro-capite
1. Cartoni all’esterno dei contenitori aumenterebbe di 1 kg.
Sembrerà superfluo specificarlo, ma la prima regola da seguire per una
corretta raccolta differenziata di carta e cartone è quella di gettarli nel
Moltiplicando questo
loro apposito contenitore. Lasciare i cartoni all’esterno significa rischiare piccolo gesto per i quasi
che si bagnino a causa degli agenti atmosferici, e quindi che si degradino 61 milioni di cittadini
prima di poter essere immessi nella filiera del riciclo. Scatole e scatoloni
vanno inoltre schiacciati in modo da ridurne il volume.
italiani il risultato sarebbe
2. Fazzoletti di carta
impressionante ed
I fazzoletti di carta, anche quando sono puliti, non vanno nella raccolta estremamente positivo.
differenziata della carta perché sono antispappolo e dunque difficili da Viene voglia di provare,
riciclare. Se sporchi di cibo, andranno nell’umido, in base alle
disposizioni del Comune; se sporchi di altro nella raccolta indifferenziata.
no?
3. Scontrini
Gli scontrini non devono essere gettati nel contenitore della carta perché sono composti da carte termiche che
rendono problematico il riciclo. Vanno gettati invece nell’indifferenziata, a meno che non sia riportato che sono
in carta riciclabile.
4. Carta oleata e carta da forno
La carta oleata, come quella utilizzata per avvolgere salumi e formaggi, non è riciclabile nel contenitore di carta e
cartone: la sua corretta collocazione è nel sacco dell’indifferenziata. Anche la carta da forno non può essere
conferita nella raccolta della carta: laddove esplicitamente segnalato, può essere gettata nell’umido (sempre più
aziende stanno infatti optando per soluzioni compostabili), in alternativa andrà nell’indifferenziata.
5. Imballaggi con residui di cibo
Gli imballaggi di carta e cartone unti o su cui siano rimasti residui di cibo (pensiamo, tra tutti, ai contenitori della
pizza) non vanno buttati nella raccolta differenziata di carta e cartone, ma nel contenitore dell’organico, sempre
verificando le disposizioni del Comune.
6. Carta e imballaggi sporchi di sostanze chimiche
Al pari della carta e del cartone sporchi di resti alimentari, anche quelli sporchi di sostanze chimiche o velenose
(come vernici o solventi) non devono essere riciclati nel contenitore della carta, ma in quello della raccolta
indifferenziata.
7. Nastro adesivo e graffette
Tutti i materiali di base non cellulosica come possono essere il nastro adesivo, le graffette e/o altre parti
metalliche (come quelle presenti nelle confezioni di elettrodomestici) devono essere separati dalla carta o dal
cartone prima che questi vengano gettati.
8. Involucri di plastica
Se si usa un sacchetto di plastica o di bioplastica per portare la carta all’apposito contenitore, questo non va
buttato insieme al suo contenuto: se si decide di smaltirlo, andrà nel primo caso nel contenitore della plastica, nel
secondo caso in quello dell’organico; se integro potrà invece essere riutilizzato.
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