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Anno XLIII
15.12.2021
Numero
761
Ricariche telefoniche
Buon Natale!
2 ATTUALITÀ
3 ATTUALITÀ
4 CRONACA
5 CRONACA
Campo: riaperto
il bar del Circolo ACLI
(S.C.) Dopo quasi due mesi di chiusura ha riaperto i battenti nella frazione di
Campo il bar del Circolo ACLI di Alano di Piave e Quero Vas. La gestione è stata
affidata a Elisa Pandolfo e Luiz Ferreira. Gli orari, ancora provvisori, prevedono
l’apertura dalle 7,00 alle 17,00 dal martedì al giovedì, dalle 7,30 alle 22,30 il ve-
nerdì, dalle 7,30 alle 17,00 il sabato e la domenica, giorno di chiusura il lunedì.
LETTERE AL TORNADO
• Il sottoscritto, in qualità di presidente del Circolo ACLI ha sempre agito in conformità alla normativa di
legge vigente e quindi non ha nulla da temere.
• Il cosiddetto “Bar Acli” NON è un pubblico esercizio commerciale; è solo la sede del Circolo ACLI di Alano
Quero-Vas.
• Le ACLI sono una associazione nazionale “no profit”, riconosciuta come tale dallo Stato italiano. Lo Stato
a queste associazioni, senza scopi di lucro, permette di somministrare ai propri associati alimenti e bevande.
• Ogni anno dalle ACLI nazionali mi arriva il nullaosta (la licenza) per la somministrazione di alimenti e be-
vande. Questo documento assieme al certificato di affiliazione alle ACLI nazionali viene consegnato al Sindaco
di Alano di Piave.
• La somministrazione di alimenti e bevande è solo una delle tante iniziative organizzate dal Circolo.
• Ogni anno il presidente relaziona sull’andamento economico-finanziario del Circolo e tale documento vie-
ne approvato dall’Assemblea dei Soci. Quindi il sottoscritto non ha nulla da nascondere.
• Il Circolo ha voluto porre la sede a Campo proprio perché questo paese è privo di qualsiasi struttura pub-
blica socio-ricreativa. Per questo motivo l’anonimo, di cui sopra, dovrebbe vergognarsi e chiedere pubblicamente
scusa agli abitanti di Campo.
Ai tanti lettori del Tornado, invece, vorrei comunicare che al Circolo ACLI si accede liberamente con una tessera
e la sede di Campo è un luogo piacevole e democratico, dove passare qualche momento di sano relax.
Vi aspettiamo !!!
Il Presidente del Circolo ACLI di Alano Quero-Vas
Nicola Doro
7 CRONACA
La morte
di Paolo Bordignon
(S.C.) E’ deceduto nelle scorse settimane, dopo lunga malattia, l’alanese Paolo Bordi-
gnon, classe 1950, per molti anni stimato farmacista a Col San Martino. Originario di Ner-
vesa della Battaglia, dove si sono tenuti i funerali, si era trasferito a Colmirano dopo il ma-
trimonio con Rosanna Simioni. Alla famiglia le condoglianze della Redazione.
I 93 anni di
Corinna Zanella…
(S.C.) Lo scorso 15 novembre la nostra ab-
bonata Corinna Zanella ha festeggiato
l’importante traguardo dei 93 anni. Originaria
di Vas, dopo il matrimonio col popolare Nello
Zadro si è trasferita ad Alano dove ha gestito
per qualche decennio un negozio di alimenta-
ri in via Pontini. Nelle foto compare con una
delle due figlie, Irma, l’altra è Adele, e col ni-
pote Simone Nicola. Auguri Corinna e avanti
verso il secolo!
…e i 93
di Terzilo
Collavo
Tantissimi auguri a Ter-
zilo Collavo, di Alano
di Piave, che il 23 no-
vembre ha compiuto 93
anni, festeggiato dai fi-
gli Miriam, Ugo e Ser-
gio, dai nipoti Michele,
Simone, Sabrina, Ilaria,
Elisa e Davide, dai pro-
nipoti Manuel e Alex,
dalle nuore Betty, Ka-
tiuscia, e Alessandra,
dai generi Lucio e Mattia. Tantissimi auguri arrivano anche da Londra dal figlio Egidio e dalla nuora Melinda.
LETTERE AL TORNADO
COME ERAVAMO
Due vecchie immagini in fotocopia per ricordare alcuni giovani coscritti queresi del 1927. Nelle foto, con la
fisarmonica, il padre di Umberto: Francesco Guerra. Dal fazzolettino attorno al collo si capisce che era un
incontro tra coscritti. Le foto son scattate in Piazza Marconi, a Quero, e si riconosce anche Duilio Specia.
Qualcuno riuscirà a dare un nome anche agli altri presenti, oltre che alle sorelle Collavo, gestrici, all’epoca, del
Bar Centrale. Confidiamo nella memoria e capacità di riconoscimento dei nostri abbonati!
9 CRONACA
Notizie Alpine
a cura di Claudio Dal Pos
Nel mese di novembre il gruppo Alpini di Quero “Monte Cornella” ha effettuato varie iniziative.
Innanzitutto la ricorrenza del 4 novembre, festa dell'Unità d'Italia e delle Forze Armate. Malgrado l'imperversare
del maltempo, in concomitanza con tutti i gruppi alpini d'Italia,
davanti al monumento e poi alle lapidi dei caduti del municipio
si è tenuto un attimo di silenzio per ricordare i caduti e per
ricordare i cento anni della traslazione della salma del Milite
Ignoto presso l'altare della Patria a Roma.
Il 7 novembre, con le amministrazioni di Alano e QueroVas, si
è svolta la commemorazione ufficiale del 4 novembre a
Campo di Alano.
Sono state fatte, prima all'asilo, la castagnata per i piccoli e
anche per la vicina Casa di Riposo per i nostri anziani, poi
presso la scuola elementare. Entrambe molto sentite e
partecipate dai ragazzi e dagli insegnanti.
Da ultimo, presso il centro culturale, c'è stata la importante
riunione del consiglio della sezione A.N.A. Feltre, nel corso
della quale sono state tracciate le linee guida per le prossime
iniziative della sezione. Iniziative che vedranno coinvolti non
solo i gruppi alpini ma anche le nostre comunità.
Nelle foto vari scatti degli avvenimenti.
16 LETTERE AL TORNADO
Ricordi preziosi
a cura di Suora Caterina Toldo
Aspettando Natale
Verrà la neve quest’anno per Natale.
Forse non qui in pianura, fiocchi bianchi accarezzeranno appena la collina di Rocca.
Ma so che lì, sotto le mie Prealpi, all’ombra della chiesa arcipretale, la neve imbiancherà tutte le cose.
Porterà allegria e memorie felici di una spensierata giovinezza,
trascorsa a slittare sui colli dei Secchi, tra i filari di uva spogli.
I piedi freddi e doloranti a causa del ghiaccio entrato negli stivali di gomma.
C’era tutto il candore e la dolcezza dei rumori attutiti
di piedini che correvano veloci sul sagrato, battaglie di palle di neve pagina
con cugini, amichetti e qualche adulto ancora bambino. di
Il vento con le sue folate gelide raffreddava il naso,
la grossa sciarpa di lana rossa, fatta a mano dalla nonna,
Loretta
sventolava al collo del pupazzo, armato di scopa di saggina, Secco
una carota per naso, due grossi bottoni neri per occhi, un pezzo di stoffa rossa per bocca.
Il suono della campana del vespro, anch’esso attutito dalla neve che cadeva,
ci diceva che si era fatta l’ora di tornare a casa.
Vicino alla stufa a legna ci aspettavano le calze asciutte,
come d’abitudine, avremmo potuto infilare un po’ i piedi nel forno caldo,
dove abbrustoliva il pane vecchio e cuocevano le mele.
La cena solita: minestra di porri e patate, formaggio e salame con radicchio.
La boule d’acqua calda e poi tutte sotto i caldi piumini,
la mamma e noi tre sorelle a scaldarci col calore dei nostri corpi.
Leggevamo una storia di Natale, quella dell’orfanella, che mi ha fatto piangere per anni,
e poi tutte a declinare i nostri desideri per Gesù bambino.
Per anni nei miei sogni c’era l’attesa di un Natale diverso,
una bicicletta rosa “simil graziella” vista nel negozio in piazza.
Quest'anno ho chiesto a Babbo Natale qualcosa che magari non sia proprio amore,
ma qualcosa di simile per tutti.
La me vigilia de Nadal
“Ei dito de no” così quela cadorina de me mare la me ha rispost quando che ghe ho domandà un novo Gesù
bambin par al me presepio. Ho piantà al muso, ma savee che l’era inutil insister co me mare, la era pì dura dele
so crode cadorine. Alora son andata do in fondo ai col dei sechi, in te la riva pì pusterna par catar muschio. L’era
ben giasà e sule ponte dei me ditin i ha scominsià a farse sentir i diaolin. Che mal che i fea, no servia tant sofiar-
ghe sora un pochet de fià cald, meio tornar a casa al caldet de la stua a legna. Ma avee ancora al muso, ghe
avee dita a tuta la fameia che volee un bambinel novo par al me presepiet. Intant che ho scominsià a meter do al
muschio, lè rivà me pare co la capana che l’avea fat lu, bela, de legn, co una gran cripia par meter al fen par al
bò e par el musset. Le è rivade anca le me sorele col scatolon dele statuine miste, un poche de legn, un poche
de ges. Al Gesù bambin l’era proprio brut e mi che ho dit che l’avrie mes dopo medanot. Intant che se fea al pre-
sepio, su una poltrona che n’era sentà me zio Berto, fradel de me nono, che el ne vardea. Mi, me pare e le me
sorele se provea intant la mesa granda, eron tuti in tel coro e quela note se avria cantà la mesa de medanot, la
prima par mi. Me mare, l’unica stonada dela fameia dala cusina dove che la broea su i piati la ne urlea: “tasè su
tosete che se drio dar fastidio a me barba Berto”. “No, no, lasele cantar” al rispondea lu, “le canta ben, no quant
me fradel Naneti, lu l’era al pì bravo de tuti”. Intant l’era rivada l’ora de sena. Al presepiet l’era pronto. Senza al
bambinel, nol ghe stea vero ben…uffa… L’era na sera freda, co poca neve giasada, el vent al te pelea le recie.
Al cielo però l’era na vera meraveia, un stramer de stele le lo rendea luminoso ,magico. Din Don Dan le campane
…..dai che andon presto, ghe voria provar meio el Gloria. La me prima mesa cantada de medanot. Avee ciapà
fred al dopomedodì in tei coi dei sechi e la me gola la era in fiame, me mare la me ha fat far un gargarismo co
l’acqua e aseo. La voce la me era tornada. Che emothion, che bel cantar col coro, cantee co tuta la voce che me
vegnia fora dale cane de la gola. A mesa finida, auguri co tuti amici e parenti, vicini e conoscenti. E infin tornon a
casa. Me mare e me nona le me ridea drio vardando al presepio sensa el fantolin. Al me muso ormai al tochea
par tera, nol me piasea…. e basta. Intant al lè rivà me pare ch’el se avea fermà a ber un’ombra de vin cald da
Resegati coi so amighi. Al me ha dat un baso su una marsela e al là tirà fora dala scarsela al pì bel bambinel che
mi avee mai vist. Ades sì che l’era festa par mi! L’era Nadal. Ho puià al Gesù bambin al so posto, in medo ala
Madona e a San Giuseppe. L’era de ceramica, una faccetta rosea …bella.
Ere la toseta pì felice e pì siora del mondo.
18 CRONACA
le mie sorelle e in seguito io, non vedemmo mio padre che una volta o due all’anno, per un periodo attorno a Na-
tale o per ferragosto, fino al suo pensionamento. Mia madre con la sua sete di giustizia lottò contro l’indifferenza
della suocera e le cattiverie delle persone gelose di lei. Lavorava al pari degli uomini ed essi la rispettavano. Con
un marito sempre via, lei riusciva a lavorare in una fabbrica di occhiali a Segusino, mandare avanti la piccola
campagna di mio padre, allevare tre mucche nella stalla, un gran pollaio di galline, galli, oche e altre colorate va-
rietà di animali da cortile. Accudiva nel frattempo anche le mie sorelle e la casa. Poi nacqui io e lei dovette lascia-
re il lavoro in fabbrica. Sostituì quel lavoro di tutta la giornata con uno che svolgeva solo il mattino, faceva le puli-
zie in casa del medico condotto del paese e poi in seguito in quella di un industriale che aveva messo in piedi la
prima fabbrica di lampadari del Basso Feltrino. Mi ricordo che cercava di non farci mancare niente ed era molto
orgogliosa quando a Pasqua e Natale riusciva a vestirci di nuovo tutte e tre noi figlie. Ci portava da Beppa, la sar-
ta del paese. Mia sorella Gianna, la più bella di noi tre, aveva ereditato i colori della mamma: possedeva vestiti e
soprabiti che la facevano sembrare una principessa in quel paese di poveri quali eravamo noi tutti, o quasi. Le
mie scarpette pasquali erano di vernice nera, sempre di un numero più grande, con la punta imbottita di cotone
perché non scappassero dai piedi. Ricordo che le consumavo sempre prima che calzassero perfettamente. Al
mattino mamma ci faceva le trecce, due bionde per me e Ivana e una grossa, nera corvina per i bellissimi capelli
di Gianna. Negli anni mamma si era fatta molte amiche a cui offriva il suo aiuto ogni volta che si accorgeva del lo-
ro bisogno. Mi resi conto che anche il fatto che non fosse mai sola o che a casa mia si guardasse la televisione
assieme ad altre famiglie, non era un caso, le persone la amavano. A mia madre piaceva l’estate. Quando non
c’erano lavori nei campi ci portava al Piave a divertirci nelle sue gelide acque; quando raramente mio padre era a
casa, andavano a ballare in piazza alle feste. La sua semplicità e la sua gioia di vivere avevano acuito l’invidia
del paese nei suoi confronti. Forse le donne vedevano in lei la persona che avrebbero voluto essere. Invidiavano
sia la sua fermezza nel mandar avanti la famiglia in assenza del marito, ma anche e soprattutto la tenerezza che
sapeva dare a noi figlie e a tante persone che frequentavano la nostra casa. Mi ricordo che nelle sere d’estate
quando si affittavano le stanze ai “Venessiani” e il cortile era pieno di bambini e di giovani , anche lei, quando po-
teva, partecipava ai giochi che facevamo: moscacieca, nascondino, saltare la corda. Nelle fredde sere d’inverno,
se non c’era papà a casa, ci mettevamo tutte e quattro nel lettone, sotto i piumini, lei ci leggeva i più bei racconti
per ragazzi, avviandoci alla passione per la lettura che lei non perse mai fino alla fine dei suoi giorni. Noi sorelle
avevamo molte amiche; per non farmi ammalare, visto che ero soggetta a frequenti episodi di tonsillite, lei ap-
pendeva per tutta la stagione fredda, un’altalena in cantina. Che gioia volare sopra le botti del vino, sfiorando le
soppresse appese ad asciugare. Credo, inoltre, che molte persone invidiassero la sua generosità; lei divideva
tutto con i poveri che incontrava nella sua vita. Nessuna persona senza mezzi andava via dalla nostra casa pri-
ma di aver mangiato con noi, dividendo la nostra tavola e il nostro cibo. Ero adolescente quando cominciavano a
passare per la nostra corte i primi “Vuccumprà”: a quei tempi vendevano solo tappeti. Mamma ci insegnò a non
avere paura di loro, ad accoglierli e a offrire loro un po’ di quello che avevamo. Ho un ricordo che tengo caro nel
cuore, un uomo chiamato “Cencione”. Il povero “Cencione”. Era un uomo grande e grosso come un gigante, dalla
forza enorme nel lavoro, ma dal cuore e l’intelletto di un bambino. Credo lo chiamassero così a causa del suo
abbigliamento povero e malandato. Lavorava nella campagna di mio zio che aveva terreni e un allevamento di
mucche. Faceva i lavori più pesanti grazie alla sua forza fisica. Tutto il parentado cercava di allontanarmi da lui,
di mettermi paura, ma mia madre mi lasciò seguirlo nei campi ed io mi divertivo con i suoi racconti sul suo amore
americano perduto, e con i suoi “ Oh yes, okay, tico, tico”. Mi ha sempre fatto sentire al sicuro. Mia madre mi ha
insegnato che bisogna andar oltre l’apparenza delle cose, che non si deve temere il diverso solo perché non è
come noi. Potrei parlare per giorni della cadorina che mi ha messo al mondo in quell’ottobre di vendemmia di tan-
ti anni fa. Lei e l’Alpino che aveva sposato mi hanno insegnato davvero che nascere in montagna, attraversare
mille difficoltà, patire freddo, fame, malattie e guerre, non rende certo deboli e indifesi ma forti e vigorosi di spiri-
to, sono stati capaci di insegnarci col loro esempio valori come la carità, la solidarietà, l’amore verso la famiglia e
quello universale, indiscriminato, verso chiunque bussi alla tua porta, senza importanza da quale parte del mon-
do provenga. Il Signore ama le montagne: lì fa nascere la gente migliore, ed io, che da montanari discendo,
quando sono in cima alle mie vette dolomitiche penso di essere più vicina a lui e ai miei cari che ho perduto ma
che porterò nel cuore fino alla fine della mia vita. Sono certa che vicino a Dio ci siano anche loro, la bella Giò e il
suo Alpino dell’Africa.
ASTERISCO
La foto di copertina
(M.M.) Più che una foto è un gioco di lettere, pretesto per porgere a Voi tutti, Lettori, ed alle vostre famiglie gli
auguri della redazione per l’incipiente Natale e per l’arrivo del nuovo anno, dopo quelli, complicati, appena tra-
scorsi. Abbiamo un po’ “copiato” dalle combinazioni che Treccani propone sui suoi siti in rete, con griglie di lette-
re messe un po’ a caso, fra le quali compare una parola ben definita. Noi ci siamo spinti un pochino oltre, imbe-
vendo la nostra griglia dello spirito di pluralismo di cui tanto si parla in questo ultimo periodo, soprattutto in
politica economica. Noi lo vorremmo applicato alle relazioni sociali, ai rapporti fra persone e così, nella griglia,
potete scovare auguri in lingue diverse e parole attinenti al magico periodo di Natale e fine anno. Oltre all’Italiano
vi sono, più o meno celate, formule augurali in inglese, svedese, spagnolo, alsaziano, francese. A tutti: auguri!!!
22 CRONACA
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ATTUALITÀ
(S.C.) Il 4 dicembre si festeggia Santa Barbara, patrona degli artiglieri, dei minatori e dei vigili del fuoco. Per la
frazione di Campo è sempre stata una ricorrenza particolare con festeggiamenti religiosi, messa e processione, e
altri più profani come i tradizionali “bigoi in salsa”. Nella foto che ci propone Luigino Rizzotto troviamo un momen-
to della processione del 1959 con la presenza di don Sebastiano Follador come sacerdote. Sono inoltre stati ri-
conosciuti Giacomo Mondin, Abramo Sisto Tessaro, Marcello Rizzotto e, dietro, Barberino Mondin.
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Tel.: 0423 64373 - Fax: 0423 681757 Sabato e Domenica
dalle 14.00 alle 21.30
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