Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
STRUMENTI PER
L’Isfol, ente nazionale di ricerca, è dotato di indipendenza di giudizio e di autonomia scientifica
e metodologica ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
L’Istituto opera nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro al fine di contribuire
alla crescita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale e allo
sviluppo locale.
L’Isfol svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione e
informazione fornendo un supporto tecnico-scientifico al Ministero del Lavoro, ad altri Ministeri,
al Parlamento, alle Regioni e agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali, pubbliche e private, sulle
politiche e sui sistemi della formazione ed apprendimento lungo tutto l’arco della vita, del mercato
del lavoro e dell’inclusione sociale.
Fa parte del Sistema Statistico Nazionale, e collabora con le Istituzioni comunitarie.
Svolge inoltre il ruolo di assistenza metodologica e scientifica per le azioni di sistema del Fondo
sociale europeo, è Agenzia nazionale Lifelong Learning Programme - Programma settoriale
Leonardo da Vinci.
Riferimenti:
Corso d’Italia, 33
00198 Roma
Tel. + 39 06854471
Web: www.isfol.it
La Collana
La collana Strumenti Per raccoglie contributi a carattere tecnico/informativo con specifiche
finalità operative a supporto degli operatori.
La collana Strumenti Per è curata da Isabella Pitoni (Responsabile del Servizio per la comunicazione
e la divulgazione scientifica Isfol). Coordinamento editoriale: Valeria Cioccolo.
ISSN: 2038-6370
ISFOL
Il 5x1000 come
strumento
di partecipazione
nel nuovo modello
di welfare
un’indagine sui contribuenti
e sulle Associazioni
di Promozione Sociale
Il presente rapporto è il prodotto di una progetto svolto da Isfol per conto del Ministero del Lavoro e delle Politi-
che sociali – Direzione Generale per il Terzo settore e le Formazioni Sociali – Div. II Associazionismo, approvato
dall’Osservatorio Nazionale dell’Associazionismo.
L’indagine è stata condotta dall’ISFOL (ex Area Risorse strutturali e umane dei sistemi formativi) nel 2010/2011.
Gruppo di lavoro:
Giovanni Bartoli (ISFOL), Claudia Buttarazzi (ISFOL), Giulia Carfagnini (ISFOL), Silvia Chiovelli (Ministero del La-
voro e delle Politiche sociali), Loredana Colli (Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali), Valentina Criscuolo
(ISFOL), Gian Paolo Gualaccini (Osservatorio Nazionale Associazionismo-CNEL), Marco Marucci (ISFOL), Claudia
Montedoro (ISFOL), Elisabetta Patrizi (Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali).
La rilevazione demoscopica con metodo CATI è stata effettuata da Pragma Research Srl nei mesi dicembre 2010
e gennaio 2011.
ISSN: 2038-6370
Indice
PREFAZIONE 9
(autore: Danilo Giovanni Festa)
PREMESSA 11
(autore: Gian Paolo Gualaccini)
INTRODUZIONE 13
Sussidiarietà fiscale e sovranità fiscale del contribuente
(autore: Luca Antonini)
capitolo I
La ratio normativa e il funzionamento del dispositivo fiscale 17
(autori: Giovanni Bartoli, Ilaria Cerra e Andrea Fiorentini)
1. Introduzione 17
5. La differenza del cinque per mille con gli istituti del “piu’ dai meno
versi” e dell’otto per mille 35
Tabella. Elenco delle finalità e dei soggetti interessati dal cinque per mille
così come individuati e modificati dalle principali disposizioni normative
intervenute dal 2005 ad oggi 39
5
capitolo II
La sussidiarietà e il principio di sovranità fiscale del contribuente:
da “assistito” a cittadino attivo 45
(autore: Lorenzo Fioramonti)
2. Welfare e sussidiaretà 47
capitolo III
La sussidiarietà fiscale in Europa: quali strumenti? 55
(autore: Lorenzo Fioramonti)
5. Conclusioni 74
capitolo IV
La democrazia fiscale e la società civile organizzata: un’indagine
sui contribuenti che devolvono il 5x1000 al Terzo settore 77
(autori: Gianfranco Zucca e Marco Marucci)
6
1. Il 5x1000: un passo verso la democrazia fiscale 77
capitolo V
La voce dei beneficiari: la rilevazione rivolta alle Associazioni di
Promozione Sociale del registro nazionale dell’associazionismo 121
(autori: Gianfranco Zucca e Lorenzo Fioramonti)
1. Introduzione 121
2. Il 5x1000 per le APS: volumi di finanziamento e strategie operative 122
3. Conclusioni 136
capitolo VI
Rendicontazione: dalla trasparenza al ritorno degli investimenti
Un’analisi di pratiche internazionali 139
(autore: Lorenzo Fioramonti)
1. Introduzione 139
7
2.2 Il Bilancio Sociale 140
2.3 Le linee guida dell’Agenzia delle Onlus 142
Conclusioni 155
(autore: Marco Marucci)
Bibliografia 159
Allegati
8
Prefazione
Il tema del cinque per mille è uno di quei temi che diventa oggetto di discussione soli-
tamente nel periodo estivo, quando i giornali a corto di notizie, occupano i propri spazi
ospitando opinioni, critiche, suggerimenti da parte di “esperti” del settore.
La ricerca che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale per il
Terzo settore e le Formazioni Sociali ha commissionato all’Isfol ha invece il merito di:
analizzare, da un lato l’impatto dell’erogazione del contributo ai soggetti che ne hanno
diritto, dall’altro di tracciare un profilo socio demografico dei soggetti che devolvono il
cinque per mille del proprio carico fiscale, utilizzando moderne tecniche di indagine
informativa, rivolte a un campione ampio e rappresentativo;
di approfondire con uno studio giuridico mirato gli aspetti normativi della materia, tra-
mite una “cronografia” mirata e accurata della produzione legislativa dal 2005 ad oggi,
con un appendice interessante relativa ai tentativi di modifica e alle proposte più con-
crete di cambiamento, portate avanti dal Parlamento e dagli stakeholders del sistema;
di studiare la sussidiarietà sotto l’aspetto fiscale;
di comparare gli strumenti di sussidiarietà utilizzati dagli altri Paesi dell’Unione con il nostro
attuale sistema alla luce delle importanti indicazioni e riflessioni contenute nel libro bianco;
di confrontare gli aspetti e le problematiche sorte nell’applicazione di questo importan-
te istituto di sussidiarietà fiscale, suggerendo ipotesi di miglioramento.
A proposito di quest’ultimo punto non si può non ammettere che l’erogazione materiale
del contributo ha incontrato e incontra diverse difficoltà, difficoltà il cui impatto sui sog-
getti beneficiari è in parte attutito dall’impegno e dal lavoro del personale addetto. Per
il futuro si renderà necessario intraprendere misure volte all’aggiornamento dell’anagra-
fe tributaria e ad una ulteriore informatizzazione della procedura di presentazione della
domanda di assegnazione della quota del cinque per mille, che possa consentire alle am-
ministrazioni interessate (MEF e MLPS), di gestire un archivio informatico per la raccolta
dei dati forniti dai soggetti che presentano la domanda e allo stesso tempo di fornire ai
soggetti beneficiari la possibilità di un interfaccia grafica per l’inserimento dei propri dati.
In conclusione, il lavoro ha il pregio di utilizzare un linguaggio non di “nicchia”, non
eccessivamente specialistico, rivolto a tutti non soltanto agli “iniziati”, proprio perché
l’obiettivo del libro è quello di diffondere al maggior numero possibile di cittadini, la
conoscenza di questo formidabile strumento di sussidiarietà fiscale.
Prefazione 9
10
Premessa
La presente ricerca sul cinque per mille che si è svolta nel corso dell’Anno Europeo del
Volontariato (2011) è un lavoro necessario e strategico per il periodo critico che stia-
mo vivendo. Il cinque per mille è sempre stato, infatti, il caposaldo per eccellenza del
welfare sussidiario, quella strada maestra che conduce lo Stato a riconoscere le innu-
merevoli attività del Terzo Settore volte al bene comune. I dati, infatti, riportano che le
organizzazioni non profit ammesse al beneficio nel 2010 del cinque per mille sono state
41.000. Gli italiani che scelgono di finanziare attraverso il cinque per mille la propria
associazione del cuore sono sempre di più: 15.400.000 nel 2009 (aumentati del 5,6 %
rispetto al 2008).
Anche la ricerca Istat-Cnel su “La valorizzazione economica del lavoro volontario nel
settore non profit”, presentata il 5 luglio scorso, ha dimostrato che il volontariato è
anche misurabile economicamente, oltre al fatto che ha un inestimabile valore per chi
ne beneficia e per chi ne è il generoso protagonista. L’Istat sostiene che attraverso l’in-
dicatore VIVA (Volunteer Investment and Value Audit) in Italia ad ogni euro speso per i
volontari corrisponde un ritorno di 12 €. Questa “leva” è capace, dunque, di moltiplicare
la ricchezza sociale. Addirittura alcuni studiosi hanno calcolato che il controvalore eco-
nomico delle attività socio-assistenziali svolte dai soggetti non profit per la popolazione
matura ed anziana – da 55 a 75 anni – ammonterebbe a 10 miliardi di euro, soldi che,
in alternativa, avrebbe dovuto tirar fuori lo Stato.
Il 2011 ha avuto il merito di rilanciare ancora di più l’importanza del volontariato euro-
peo perché spesso non se ne conosce l’immenso e indispensabile valore. Tante sono state
le iniziative promosse dai vari Stati Europei, tra cui il Meeting dell’ “European Youth
Forum” a Bruxelles in cui si sono riunite 100 associazioni di volontariato – ed è stato
calcolato che il volontariato pesa tra l’1 e il 3 % del PIL mondiale - per chiedere una
Carta dei diritti dei volontari e la detassazione di chi investe nel non profit. Similmente
la “Caritas” si è appellata al Consiglio d’Europa per fare in modo che venga riconosciuto
e reso visibile il ruolo e il contributo dei volontari nella società, anche attraverso l’elabo-
razione di un quadro giuridico che li riconosca e li protegga facilitando il loro impegno;
il valore aggiunto sociale ed economico dell’impegno di milioni di persone volontarie in
Europa porta un contributo incommensurabile. Il volontariato e il non profit in generale
sono delle risorse cruciali per la soluzione di problemi che né i governi né il mercato pos-
sono risolvere da soli. Nessun’altra forma di attività è in grado di condividere e rispon-
Premessa 11
dere tempestivamente ai bisogni delle persone dovunque e comunque si manifestino.
È auspicabile, quindi, che ai tagli e agli sprechi dello Stato centrale corrisponda una va-
lorizzazione dei corpi intermedi, non solo perché il non profit sopperisce alle mancanze
dello Stato, ma anche per permettere alla società civile di organizzarsi in un’ottica di
sussidiarietà, l’unico welfare che mette al centro la persona. In questo quadro la pre-
sente ricerca è particolarmente importante perché è la prima volta che si fa un’indagine
reale sui contribuenti che devolvono il 5 per 1000 al Terzo Settore e sulle principali as-
sociazioni beneficiarie di questo strumento. Capire chi sono quei milioni di italiani, che
caratteristiche abbiano e perché lo fanno è un contributo assolutamente importante.
Se non si vuole quindi che l’Italia diventi un “Paese per vecchi” – come recita uno slogan
ormai diffuso - è necessario ripartire dal rilancio dell’educazione dei giovani a questi
valori e dalla voglia di rimettersi in gioco nel post-crisi; è proprio in questa congiuntura
storica che si dovrebbe investire e valorizzare l’offerta che viene dal basso, dal mondo
del non profit che rappresenta il più genuino apporto delle persone alla società che ci
circonda.
12 Premessa
Introduzione
“Pioggia di milioni sul volontariato”. Con queste parole l’Agenzia delle Entrate
comunicava, nell’ottobre del 2007, il sorprendente successo della prima applicazione
del 5 per mille in Italia.
Inaspettatamente, oltre 15 milioni di contribuenti avevano destinato la somma com-
plessiva di 345,2 milioni di euro a quasi 30 mila beneficiari; designando per lo più
soggetti operanti nel settore del volontariato (destinatari di 192,9 milioni) e, in quote
minori, enti dediti alla ricerca scientifica (51,1 milioni), alla ricerca sanitaria (46,7 mi-
lioni) e Comuni (37,9 milioni).
Gli ultimi dati disponibili si riferiscono all’edizione 2009 e confermano l’affezione dei
contribuenti italiani per il nuovo meccanismo: la somma, complessivamente devoluta
con le dichiarazioni dei redditi di quell’anno, ammonta, infatti, a 420 milioni di euro.
Continuano a crescere, dunque, le somme da erogare, e anche il numero dei contribuenti
che hanno esercitato la facoltà di indicare un ente al quale devolvere parte dell’imposta
dovuta è rimasto saldamente ancorato oltre la vetta dei 15 milioni. Dai dati emerge,
inoltre, che la categoria che trae maggior beneficio dal 5 per mille continua ad essere
quella delle Onlus e del volontariato, che riceverà per il 2009 il consistente ammontare
di 267,7 milioni di euro, seguita dagli enti della ricerca scientifica e dell’università (63,6
milioni) e dagli enti della ricerca sanitaria (61,3 milioni). Con un notevole distacco se-
guono poi i Comuni, ai quali vengono assegnati 13,2 milioni, e le associazioni sportive
dilettantistiche, cui andranno circa 6,1 milioni.
Le cifre dimostrano in modo evidente la valenza strategica del meccanismo del 5 per
mille e, più in generale, le potenzialità del principio di sussidiarietà fiscale: cornice
teorica entro cui inquadrare la misura e, al contempo, linfa vitale che consente oggi di
rinvigorire taluni dei principi che stanno alla radice della nostra comunità nazionale.
In primo luogo, infatti, lo strumento del 5 per mille offre ai contribuenti l’opportunità
di adempiere al loro dovere tributario attraverso forme diverse da quelle tradizionali del
modello burocratico impositivo, andando a rinnovare profondamente la valenza demo-
cratica dell’antico principio “no taxation without representation” e consentendo così al
cittadino di ritornare ad essere padrone dell’imposta.
Secondariamente, la misura individua la via percorribile per un reale ripensamento del
Introduzione 13
nostro stato sociale, che nell’attuale contesto globalizzato necessita in modo sempre più
pressante di evolvere attraverso la valorizzazione della welfare society, per non rischiare
di ridursi ad un sistema di garanzie inadeguato il cui peso, paradossalmente, ricade
proprio su chi del suo intervento dovrebbe beneficiare.
In più occasioni si è sottolineata l’urgenza di “rianimare” la democrazia e si è prospet-
tata l’esigenza di compiere una rivoluzione che sostituisca al presupposto hobbesiano,
su cui si fondano gli stati moderni, una nuova antropologia positiva che favorisca il
passaggio dalle logiche assistenzialistiche a quelle di sviluppo delle “capacitazioni” (A.
Sen). Si tratta di una trasformazione necessaria e improrogabile, che consente di inten-
dere il cittadino come una risorsa della collettività, prima che un controllato della P.A.,
e l’interesse generale (cioè il bene comune) come un’auspicata prospettiva dell’agire
privato e non più come il monopolio esclusivo del potere pubblico.
Una concreta risposta a queste esigenze viene oggi dall’implementazione del 5 per mil-
le: strumento particolarmente efficace per recuperare il valore originario del rapporto
tra sovranità popolare e tassazione, riallocando parti della sovranità fiscale, e in grado
altresì di dar vita ad un Welfare State non solo finanziariamente sostenibile, ma so-
prattutto, corrispondente alle esigenze di giustizia sociale che avvertono i cittadini. Il
meccanismo introduce, infatti, nel nostro ordinamento una forma di concorso alle spese
pubbliche basata sulla libera scelta del cittadino e sul riconoscimento del ruolo pubblico
di certe attività svolte da soggetti alternativi alle strutture burocratiche dello Stato, in
particolare, da quelli del privato sociale.
In estrema sintesi, si tratta più precisamente di un sistema di allocazione delle risorse
pubbliche che mira a restituire ai cittadini la potestà di determinare in modo diretto la
destinazione di una quota delle proprie imposte, consentendo loro di indicare nella di-
chiarazione dei redditi il beneficiario del 5 per mille dell’imposta netta, scegliendolo tra
i soggetti che perseguono le specifiche finalità indicate dalla legge e che lo Stato abbia
ammesso al riparto delle quote devolute.
La manifestazione di volontà del contribuente imprime, quindi, un vincolo di destina-
zione sulle somme versate che trova la propria legittimazione, da un lato, nel riconosci-
mento della rilevanza sociale dell’attività svolta dal soggetto beneficiario, e dall’altro,
nella “valenza democratica” di tale misura. Peraltro, come la Corte costituzionale ha
avuto modo di affermare, la riduzione del tributo erariale che consegue alla determi-
nazione del singolo “è coerente con l’intento del legislatore di perseguire una politica
fiscale diretta a valorizzare, in correlazione con un restringimento del ruolo dello Stato,
la partecipazione volontaria dei cittadini alla copertura dei costi della solidarietà sociale
e della ricerca” (sentenza n. 202 del 2007).
Da questo punto di vista non è irrilevante sottolineare ancora una volta come le scelte
dei contribuenti siano distribuite tra i potenziali beneficiari. Ne emerge infatti, in modo
evidente, il favore per i soggetti del Terzo settore, il che offre la misura della fiducia
riposta nelle capacità dei cittadini di farsi diretti promotori del benessere della comu-
nità. Appare quindi particolarmente opportuno aver previsto obblighi di rendicontazio-
ne che rafforzino ulteriormente questo sentimento, realizzando al contempo non solo
una funzione di controllo sulla concreta destinazione delle risorse pubbliche, ma anche
un’opportunità di rendere più trasparente e conoscibile l’azione dei soggetti beneficiari
in un quadro complessivo di crescente responsabilità sociale.
14 Introduzione
Oltre alle due funzioni specifiche già menzionate (sintetizzabili nelle formule: taxation
self-determination e outsourcing dei servizi pubblici) il 5 per mille si presta dunque ad
essere inteso anche come forma indiretta di finanziamento del Terzo settore e, più in
generale, come strumento di promozione e rafforzamento della civil society.
Come dimostra l’esperienza comparata, del resto, è proprio a questi fini che misure ana-
loghe sono state introdotte, sin dalla fine degli anni Novanta, in altri paesi europei ed,
in particolare, nelle cosiddette democrazie in transizione.
In quest’ottica il 5 per mille si caratterizza, inoltre, per essere una forma di finanziamen-
to particolarmente efficace nel rompere i tradizionali legami con la politica, favorendo
invece la posizione di quegli enti più piccoli e vicini ai cittadini che normalmente re-
stano esclusi dai grandi circuiti economici e che beneficiano, invece, della prossimità e
familiarità su cui si basa la determinazione del contribuente nel momento in cui opera
la sua destinazione.
Anche in questo senso, quindi, l’introduzione di questo meccanismo consente al sistema
complessivo di diventare leggermente più equo e molto più democratico: la selezione
compiuta dai contribuenti, infatti, può essere interpretata come una sorta di “voto” poi-
ché la scelta allocativa riflette l’opinione dei cittadini in merito ai diversi tipi di funzioni
ed attività poste in essere dai beneficiari a cui si aggiunge, in una certa misura, uno
stimolo filantropico più generale accentuato dalla percezione di adempiere ad un dovere
di solidarietà verso il prossimo.
Così inteso, il 5 per mille svolge quindi una funzione di promozione della civil society
ulteriore, ossia quella di stimolare una crescente professionalizzazione del soggetti del
Terzo settore nel porre in campo vere e proprie strategie di found raising per raccogliere
il maggior numero di devoluzioni, e soprattutto, per migliorare le competenze dei propri
operatori.
Conclusivamente emerge dunque che non è possibile attribuire al meccanismo del 5
per mille (e, più in generale, ai sistemi di percentage legislation) una natura univoca e
per questa ragione esso può essere giudicato solo in relazione ai diversi obiettivi che si
intendono perseguire per suo tramite.
Rispetto all’obiettivo definito “taxation self-determination” la misura ha certamente
ottime capacità di favorire la partecipazione dei cittadini nella definizione degli obiettivi
pubblici e nel controllo sulla spesa statale.
Per quanto concerne l’efficacia del meccanismo dal punto di vista del concreto supporto
finanziario pervenuto al Terzo settore, invece, non può essere negato che la misura me-
dia degli introiti che si sono determinati non rappresenta di certo una risorsa ingente nel
bilancio generale del settore, salvo che per pochi enti particolarmente noti e di grandi
dimensioni. Tuttavia, una valutazione fortemente positiva deriva dalla considerazione
che attraverso questo sistema i finanziamenti pubblici hanno potuto raggiungere una
fascia di organizzazioni molto ampia, selezionate sulla base di criteri alternativi rispetto
a quelli usualmente adoperati dal settore pubblico.
Certamente poi, si può considerare un obiettivo efficacemente perseguibile con lo stru-
mento del 5 per mille quello di rafforzare la consapevolezza dei cittadini circa la ri-
levanza e l’ampiezza delle attività realizzate dal Terzo settore, il che costituisce una
condizione essenziale per conseguire un effettivo rafforzamento della civil society. Allo
stesso tempo, il meccanismo può essere molto utile nell’incentivare le abilità comuni-
Introduzione 15
cative delle organizzazioni destinatarie, e dunque, a migliorare le capacità organizzative
dell’intero settore.
Forse l’obiettivo più difficile da raggiungere resta quello di determinare un reale trasfe-
rimento di funzioni pubbliche al Terzo settore (outsourcing), perché il volume di risorse
coinvolto è alquanto modesto e non sufficiente a determinare una vera trasformazione
nel passaggio ad una reale economia sociale.
Tra le necessità più incalzanti preme sottolineare, in primo luogo, l’esigenza di superare
il regime di sperimentazione che ha caratterizzato il sistema sino ad oggi e da cui deri-
vano difficoltà applicative ed incertezze che ne ostacolano la piena operatività. Appare
quindi necessario definirne in modo stabile i caratteri fondamentali, individuando preci-
samente i soggetti ammessi al riparto delle quote di imposta devolute ed eliminando la
necessità di procedere periodicamente all’iscrizione dei beneficiari in appositi elenchi. Si
tratta infatti di adempimenti costosi, in termini di tempo, sia per i soggetti che intenda-
no essere ammessi al beneficio, sia per gli enti pubblici deputati al controllo.
Altri profili di criticità risultano poi dalla mancata previsione di soglie minime e massime
di ripartizione del beneficio che correggano le distorsioni concretamente realizzatesi e
pregiudicanti, di fatto, i soggetti medio - piccoli.
In questa ottica di sviluppo dell’istituto risultano quindi importanti ricerche come quella
che qui si introduce.
16 Introduzione
Capitolo I
1. Introduzione
Il cinque per mille nasce con lo scopo di applicare un meccanismo già conosciuto, l’otto
per mille, per finalità similari in ambito sociale e nell’ambito del settore del non profit.
L’elemento di novità sta nel fatto che i contribuenti possono fornire un apporto concre-
Capitolo I 17
to a ricerca e volontariato, destinando il cinque per mille dell’Irpef, scegliendo l’ente o
l’organizzazione destinataria.
Il sistema adottato è quello del metodo “permillare”, sistema già consolidato in quanto
ordinariamente utilizzato per la destinazione dell’otto per mille a favore delle confessio-
ni religiose e dello Stato. In sostanza detto meccanismo si aggiunge a quello precedente,
il che significa che il contribuente può destinare - oltre l’otto per mille - anche una
ulteriore quota agli enti presenti in uno degli elenchi pubblicati sul sito dell’Agenzia
delle Entrate.
Sulla individuazione dei soggetti beneficiari di tale contributo e sulle procedure da
adottare, l’intero istituto del cinque per mille ha risentito e risente di una evidente
complessità e variabilità normativa che si è succeduta nel corso degli anni e che certo
ha influito sul senso crescente di disarticolazione e di incertezza. Non si può, infatti,
non considerare come l’intervento del Legislatore – dal 2005 ad oggi - sia stato ca-
ratterizzato dall’emanazione di disposizioni dal contenuto eterogeneo e temporaneo,
modificate ed implementate anno per anno, senza mai addivenire ad una riforma com-
piuta, e organica. Le variazione intervenute sul cinque per mille nel corso di questi primi
anni di vita sono state determinate dall’esigenza, spesso variabile, di dover – di volta in
volta – contemplare nuovi enti beneficiari e/o di escluderne altri, salvo poi “correggere
il tiro” e reinserire nuovamente l’anno successivo gli stessi enti precedentemente esclu-
si. Ciò, può essere invero giustificato dalla innegabile ed assoluta novità dell’istituto
in questione, ma di certo ha provocato, nel variegato universo dell’associazionismo,
una notevole dose di indeterminatezza tale da comportare, in numerosi casi, persino
banali errori nella compilazione delle domande e forti dubbi sulla possibilità o meno
di accedere a tale beneficio da parte di alcune associazioni. Proprio su questo aspetto,
non si può non evidenziare come, in più occasioni, lo stesso Legislatore sia intervenuto
per riaprire i termini per la presentazione delle domande e “sanare” talune posizioni di
inammissibilità pregressa.
Nel 2005, con la Legge 23 dicembre 2005, n. 266, (art. 1, commi 337 – 342) si assiste
alla prima apparizione del meccanismo - previsto come sperimentale – con il quale,
fermo quanto già dovuto dai contribuenti a titolo di imposta sul reddito delle persone
fisiche, si stabilisce che una quota pari al cinque per mille dell’imposta stessa è destina-
ta in base alla scelta del contribuente per le finalità di:
1. sostegno del volontariato e delle Onlus di cui all’art. 10 del Decreto legislativo 4 di-
cembre 1997, n. 4601; in favore delle Associazioni di promozione sociale iscritte nei
1 L’art. 10 del Decreto Legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 stabilisce che sono organizzazioni non lucrative
di utilità sociale (ONLUS) le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di
carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell’atto
pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente:
a) lo svolgimento di attività in uno o più dei seguenti settori: assistenza sociale e socio-sanitaria; assistenza
sanitaria; beneficenza; istruzione; formazione; sport dilettantistico; tutela, promozione e valorizzazione
delle cose d’interesse artistico e storico di cui alla Legge 1 giugno 1939, n. 1089 ivi comprese le biblioteche
e i beni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409; tutela e valorizzazione
della natura e dell’ambiente, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio
dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all’articolo 7 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
promozione della cultura e dell’arte; tutela dei diritti civili; ricerca scientifica di particolare interesse sociale
svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni
che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento
governativo emanato ai sensi dell’articolo 17 della Legge 23 agosto 1988, n. 400;
b) l’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale;
c) il divieto di svolgere attività diverse da quelle menzionate alla lettera a) ad eccezione di quelle ad esse
direttamente connesse; d) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché
fondi, riserve o capitale durante la vita dell’organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione
non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento
fanno parte della medesima ed unitaria struttura;
e) l’obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di
quelle ad esse direttamente connesse;
f) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa,
ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di
controllo di cui all’articolo 3, comma 190, della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, salvo diversa destinazione
imposta dalla legge;
g) l’obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale;
h) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del
rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa
e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le
modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;
i) l’uso, nella denominazione ed in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della
locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o dell’acronimo “ONLUS”.
Capitolo
Capitolo2I 19
E’ stata altresì stabilita (art. 1, comma 1235, Legge 296/06 così come modificato dall’art.
3, comma 10 Legge 244/07) la destinazione di una quota pari allo 0,5 per cento del totale
determinato dalle scelte dei contribuenti, all’Agenzia per le Organizzazioni non lucrative di
utilità sociale ed alle organizzazioni nazionali rappresentative degli enti di cui alla lettera
a) del comma 1234, Legge 296/06 (ossia Onlus, Aps, Associazioni riconosciute operanti
nei settori delle Onlus, Fondazioni nazionali di carattere culturale) riconosciute come parti
sociali, nonché alla copertura degli oneri necessari alla liquidazione agli aventi diritto delle
quote del cinque per mille relative agli anni finanziari 2006 e 2007.
Come ulteriore novità, la Legge 244/07 (art. 3, comma 6) ha introdotto un obbligo di
rendicontazione per i soggetti ammessi al riparto delle somme, richiedendo agli stessi di
redigere, entro un anno dalla ricezione delle somme, un apposito e separato rendiconto
dal quale risulti, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparen-
te la destinazione delle somme ad essi attribuite. Inoltre, la medesima finanziaria 2008
- per quanto riguarda le associazioni riconosciute che operano senza scopo di lucro - ha
previsto che tale attività debba espletarsi soltanto “in via esclusiva o prevalente” nei
settori di cui all’art. 10, comma 1, lettera a), del Decreto legislativo n. 460/97.
Occorre altresì sottolineare che l’art. 20, comma 2, del Decreto legge 1 ottobre 2007, n.
159, come modificato dalla Legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222, ha previsto,
per gli anni finanziari 2006 e 2007, l’ammissione al riparto della quota del cinque per mille
dell’Irpef delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini
sportivi rilasciato dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) a norma di legge.
Successivamente, il citato art. 45 del D.l. 31/12/2007, n. 248, ha quindi aggiunto la let-
tera c bis) all’art. 3, comma 5, della Legge n. 244/07, introducendo tale nuova tipologia
di attività ammessa al contributo, ossia quelle a sostegno delle associazioni sportive
dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi dal CONI a norma di legge. In ogni caso, la
norma non indica se tali associazioni debbano o meno essere in possesso della perso-
nalità giuridica.
Per l’anno 2009 va esaminato l’art. 63 bis del D.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con
Legge 6 agosto 2008, n. 133, che in parte richiama il contenuto della Legge 23 dicembre
2005, n. 266.
Ed infatti, fra le attività ed i soggetti ammessi al contributo, lo stesso articolo:
• reinserisce la finalità di sostegno del volontariato;
• reinserisce la categoria delle fondazioni riconosciute che operano nei settori Onlus;
• reinserisce la finalità di sostegno alle attività sociali svolte dal comune di residenza
del contribuente;
• conferma il sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini
sportivi dal CONI, previa adozione di un decreto del Ministro dell’Economia e delle
Finanze per la disciplina delle relative modalità di attuazione, di accesso al contribu-
to, di controllo e di rendicontazione, limitando l’incentivo alle sole associazioni che
svolgono attività di rilevante interesse sociale;
• elimina la categoria delle fondazioni nazionali di carattere culturale;
• elimina l’inciso “in via esclusiva o prevalente” riferito ai settori di cui all’art. 10,
comma 1, lettera a), del Decreto legislativo n. 460/97, in cui l’associazione ricono-
sciuta deve operare senza scopo di lucro;
• non prevede alcun tipo di finanziamento in favore dell’Agenzia per le Onlus.
Ai fini dell’attuazione della suddetta normativa sul cinque per mille, nel corso degli anni
sono intervenuti i regolamenti emanati con i d.p.c.m. del 20 gennaio 2006 per l’anno
2006, del 16 marzo 2007 per l’anno 2007, del 19 marzo per l’anno 2008, del 3 aprile
2009 per l’anno 2009 in cui sono state definite le modalità di destinazione della quota
pari al cinque per mille.
In particolare, tali decreti hanno:
• disciplinato i termini e le modalità di partecipazione dei soggetti interessati al con-
tributo, prevedendo l’onere di iscrizione degli stessi presso un apposito elenco tenu-
to dall’Agenzia delle Entrate e regolamentando il contenuto della relativa domanda;
• individuato e specificato i requisiti che devono essere in possesso dei soggetti desti-
natari del contributo;
• individuato i modelli di dichiarazione per la destinazione del cinque per mille, non-
ché disciplinato le modalità di scelta da parte del contribuente;
• indicato le modalità di riparto ed i termini per la corresponsione del cinque per mille;
• disciplinato l’attività di rendicontazione prevista nei confronti dei soggetti destina-
tari delle somme del cinque per mille;
• previsto e specificato le modalità ed i termini per il recupero delle somme indebita-
mente erogate agli enti beneficiari del contributo.
Per quanto riguarda le associazioni sportive dilettantesche, occorre precisare che, così
come statuito dal Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 2 aprile 2009
emanato ai sensi dell’art. 63 bis, comma 6 del Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112,
possono partecipare al riparto del cinque per mille esclusivamente le associazioni spor-
tive dilettantesche che svolgono una rilevante attività sociale.
Più in particolare, va considerato che l’accesso a tale beneficio è possibile per le solo as-
sociazioni nelle quali è presente il settore giovanile e che risultano in possesso del rico-
noscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI. Inoltre, tali associazioni devono espletare
prevalentemente una delle seguenti attività:
• avviamento e formazione allo sport dei giovani di età inferiore a 18 anni;
• avviamento alla pratica sportiva in favore di persone di età non inferiore a 60 anni;
• avviamento alla prativa sportiva nei confronti di soggetti svantaggiati in ragione
delle condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali e familiari.
Va inoltre sottolineato che al fine di assicurare la pronta definizione delle procedure di
riparto delle somme relative al cinque per mille inerenti agli anni 2006, 2007 e 2008,
con l’art. 1, comma 23-quaterdecies del D.l. del 30 dicembre 2009, n. 194, ( cosiddetto
“decreto mille proroghe”), convertito con Legge del 26 febbraio 2010, n. 25, sono stati
prorogati al 30 aprile 2010 i termini per:
- l’integrazione delle domande presentate dai soggetti interessati, ai sensi dell’art. 1
d.p.c.m. 20 gennaio 2006, 16 marzo 2007, 19 marzo 2008;
- la presentazione delle dichiarazioni sostitutive per le associazioni sportive dilettan-
tistiche riconosciute dal CONI.
Capitolo I 21
3.3 Anno finanziario 2010
Anche per l’anno 2010 sono state emanate le disposizioni attuative sul cinque per mille;
queste ultime sono contenute nel d.p.c.m. del 23 aprile 2010 (pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 131 dell’8 giugno 2010), il quale ha individuato le categorie dei soggetti
destinatari, nonché le modalità di ammissione al beneficio da parte degli stessi.
3.4.a Come si partecipa al riparto delle quote del cinque per mille
Va ovviamente ribadito che solo i soggetti individuati dal citato art. 2, comma 4-novies
del decreto Legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito e modificato con legge 22 maggio
2010, n. 73, così come elencati nuovamente all’art. 1 del d.p.c.m. 23 aprile 2010, pos-
sono partecipare a tale procedura. Quest’ultima differisce lievemente a seconda della
natura e delle finalità dei soggetti interessati.
Capitolo I 23
3.4.b La procedura prevista per gli enti a sostegno del volontariato e per le
altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di cui all’art. 10 del Decreto
legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, per le associazioni di promozione sociale,
iscritte nei registri nazionale, regionali e delle province autonome di Trento
e Bolzano, previsti dall’art. 7, della Legge 7 dicembre 2000, n. 383, e per le
associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10,
comma 1, lettera a), del citato decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460
Va innanzitutto precisato che per tali enti devono intendersi quelli senza scopo di lu-
cro, quali università e istituti universitari, statali e non statali legalmente riconosciuti,
consorzi interuniversitari, istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica,
statali e non statali legalmente riconosciute, ovvero enti ed istituzioni di ricerca, in-
dipendentemente dallo status giuridico e dalla fonte di finanziamento, la cui finalità
principale consiste nello svolgere attività di ricerca scientifica.
La procedura da seguire è sostanzialmente simile a quella già illustrata per i soggetti
individuati nel paragrafo precedente, con la differenza che, in questo caso, l’iscrizione
telematica dovrà effettuarsi nell’apposito elenco tenuto dal Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca (MIUR), utilizzando esclusivamente il prodotto informa-
tico reso disponibile sul sito web http://cinquepermille.miur.it/ (visitato il 20.2.2011).
Anche per tutto il resto della procedura, il titolare ed il destinatario delle varie azioni
operative effettuate dai soggetti interessati al cinque per mille sarà sempre il citato
MIUR, il quale – a procedimento ultimato ed entro e non oltre il 31 dicembre 2010
– provvederà a trasmettere alla Agenzia delle Entrate due distinti elenchi contenenti
rispettivamente i soggetti ammessi al riparto e quelli esclusi.
Capitolo I 25
3.4.e La procedura prevista per le associazioni sportive dilettantistiche
riconosciute ai fini sportivi dal CONI che svolgono una rilevante attività
di interesse sociale:
Per l’individuazione di tali associazioni occorre far riferimento al Decreto del Ministro
dell’Economia e delle Finanze 2 aprile 2009 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 apri-
le 2009, n. 88), così come modificato dal decreto del medesimo Ministero 16 aprile
2009 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 maggio 2009, n. 100); si tratta, in sostanza,
delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi
rilasciato dal CONI e nella cui organizzazione e’ presente il settore giovanile. Esse pos-
sono essere affiliate ad una Federazione sportiva nazionale o ad una disciplina sportiva
associata o ad un ente di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e devono svolgere
prevalentemente attività di avviamento e formazione allo sport dei giovani di età infe-
riore a 18 anni, ovvero di avviamento alla pratica sportiva in favore di persone di età non
inferiore a 60 anni, o nei confronti di soggetti svantaggiati in ragione delle condizioni
fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari.
Per partecipare al riparto della quota del cinque per mille, tali soggetti devono iscriversi
nell’elenco tenuto dall’Agenzia delle Entrate ed attestare - mediante apposita autodi-
chiarazione – la sussistenza dei requisiti sopra evidenziati, nonché la costituzione ai
sensi dell’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, oltre che indicare la denomina-
zione, la sede legale e il codice fiscale dell’ente.
Successivamente alla pubblicazione dell’elenco aggiornato da parte dell’Agenzia delle
Entrate, i legali rappresentanti degli enti iscritti in tale elenco, hanno l’onere di inviare,
tramite raccomandata A/R, all’Ufficio del CONI nel cui ambito territoriale si trova la sede
legale dell’associazione interessata, una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà
ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000, nella quale deve essere contenuta una speci-
fica attestazione circa la persistenza dei requisiti previsti dai citati Decreti del Ministero
dell’Economia e delle Finanze del 2 aprile 2009 e del 16 aprile 2009 ed allegata una
copia fotostatica di un documento di identità del firmatario.
Il procedimento prosegue quindi osservando quanto già illustrato - in materia di con-
trolli e di esclusione - al paragrafo dedicato agli enti a sostegno del volontariato e
alle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale, con la differenza che l’ente
incaricato di verificare la persistenza del possesso dei requisiti delle associazioni spor-
tive, nonché di redigere l’elenco definitivo dei soggetti ammessi al beneficio e di quelli
esclusi, risulta essere il CONI.
Quest’ultimo, entro il 15 marzo 2011, dovrà infine trasmettere all’Agenzia delle Entrate
tale elenco definitivo che verrà pubblicato dalla medesima Agenzia entro il 31 marzo
2011.
In definitiva, la normativa attuale prevede la predisposizione di quattro distinti elenchi
per i soggetti aventi diritto al beneficio del cinque per mille.
In particolare per gli enti di cui alle lettere a) ed e) dell’art. 1 del d.p.c.m. 23 aprile 2010
(Onlus e enti di volontariato nonché associazioni sportive dilettantistiche) è l’Agenzia
delle Entrate a predisporre l’elenco.
Per gli enti di cui alle lettera b e c) del medesimo art. 1 (enti della ricerca scientifica
e dell’università, enti della ricerca sanitaria) sono rispettivamente, il Ministero dell’U-
Sul punto va precisato che la normativa vigente non prevede alcuna incompatibilità e/o
causa di esclusione nel caso in cui uno stesso ente figuri in più elenchi. Ovviamente,
affinché ciò sia ammissibile, il medesimo ente dovrà possedere tutti i requisiti che ne
legittimano la presenza in ciascuno di essi.
Ai fini del riparto della quota del cinque per mille, il nominativo presente in più liste
parteciperà a tale riparto in ragione delle scelte dirette operate nei rispettivi elenchi
Corollario di tale disciplina è che qualora uno di questi enti sia escluso da uno dei diversi
elenchi in cui è inserito, lo stesso perde solamente il diritto a fruire delle preferenze
ricevute nell’elenco da cui è stato cancellato.
Si è visto come il cinque per mille sia diventato una modalità di finanziamento del
mondo non profit, consistente nella possibilità, da parte del contribuente, di scegliere
direttamente il beneficiario dagli elenchi pubblicati sul sito delle Agenzie delle Entrate,
e permettendo così di premiare direttamente l’organizzazione o l’iniziativa ritenuta più
meritevole.
Con detto meccanismo si è quindi realizzata una forma di democrazia fiscale, che ha
consentito ai contribuenti di destinare per scelta libera e volontaria il cinque per mille
2 Cfr. Fisco, 5 per mille 2010: oltre 55 mila i possibili destinatari, in “Diritto Italiano”, 12 maggio 2010.
Capitolo I 27
della propria imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) a sostegno di determinate
categorie di soggetti che nel tempo sono stati identificati dalla legge.
I soggetti che intendono effettuare la scelta di destinazione del cinque per mille devono
utilizzare il modello CUD, il modello 730/1, il modello Unico Persone Fisiche ovvero la
scheda per la scelta dell’8 e del cinque per mille, inserita nel fascicolo delle istruzioni
alla compilazione del modello Unico Persone Fisiche e riservata ai soli soggetti esonerati
dalla presentazione della dichiarazione.
Il contribuente deve quindi apporre la propria firma in uno degli appositi riquadri che
figurano nei modelli corrispondenti alle finalità di sostegno previste dalla legge. E’ pos-
sibile esprimere una sola scelta di destinazione, tanto è vero che l’apposizione della
firma in più riquadri rende nulle le scelte operate.
Oltre ad indicare la finalità di destinazione, il medesimo soggetto può scegliere diretta-
mente l’ente, indicando il codice fiscale dello stesso e ricavato dagli elenchi di cui sopra.
Va evidenziato che nell’ipotesi di indicazione della finalità della destinazione del cinque
per mille e l’inserimento di un codice fiscale corrispondente ad un beneficiario compreso
in uno o più elenchi afferenti a diversa finalità, assume rilievo, ai fini della destinazione
delle somme, l’indicazione del codice fiscale.
L’individuazione degli enti beneficiari tramite l’indicazione del codice fiscale assume
particolare rilevanza anche ai fini della ripartizione delle somme, dal momento che agli
stessi spetteranno direttamente le somme a loro destinate dal contribuente.
Al contrario, nelle ipotesi (peraltro frequenti) di mancato inserimento del codice fiscale
o errata indicazione dello stesso, occorre richiamare quanto disposto dall’art. 10, comma
2 del d.p.c.m. 23 aprile 2010 secondo cui “ove il contribuente non abbia indicato alcun
codice fiscale ai fini della destinazione diretta del cinque per mille ovvero abbia indicato
un codice fiscale che risulti errato o riferibile ad un soggetto non inserito nei citati elen-
chi, le somme corrispondenti al complesso delle quote del cinque per mille destinate dai
contribuenti, con la loro firma, ad una delle finalità di cui alle lettere a), b), c), ed e), del
comma 1, dell’art. 1 sono ripartite, nell’ambito delle medesime finalità, in proporzione al
numero complessivo delle destinazioni dirette, espresse mediante apposizione del codice
fiscale, conseguite da ciascuno dei soggetti presenti negli elenchi”. In definitiva, non si
può non rilevare come tale proceduta di riparto “residuale”, di fatto, comporti il rischio
di una dispersione degli importi in favore di una vastissima platea di beneficiari, ri-
schiando di attribuire somme a volte insignificanti agli enti stessi.
Così ad esempio per l’anno 2008, 28.171 enti hanno beneficiato di una quota dell’Irpef
(relativa appunto all’esercizio 2008), pari a 397, 5 milioni di euro.
L’importo medio devoluto da ciascun contribuente è stato pari a 28,81 euro3, dunque
la cifra che si va a distribuire in caso di omesso o errata indicazione del codice fiscale
rischia di essere quasi nulla.
Infatti, ad esempio, nel gruppo di cui alla lettera A, si evidenzia la presenza di enti con
un numero di scelte inferiore a 10, e dunque cui corrispondono importi, secondo quanto
disposto dall’art 10, comma 2 del d.p.c.m. 23 aprile 2010, inferiori anche a 50 Euro, a
3 Cfr. Pullella Lucano P., Destinatari del 5 per mille 2008, sul web vincitori e classifiche, in “Fisco Oggi”, 18
marzo 2010, disponibile online http://www.fiscooggi.it/attualita/articolo/destinatari-5-mille-2008-sul-web-
vincitori-e-classifiche (consultato il 13 settembre 2011).
Va evidenziato come, ai fini della corresponsione delle somme spettanti a ciascun sog-
getto beneficiario, la normativa in esame preveda (art. 11 del d.p.c.m. 23 aprile 2010)
l’intervento ed il coinvolgimento di diverse Amministrazioni statali a secondo della na-
tura e delle finalità dei medesimi enti interessati.
4 Cfr. Agenzia delle Entrate, Elenco degli ammessi e degli esclusi con l’indicazione delle scelte e degli importi
pubblicati il 18 marzo 2010, disponibile online http://www.agenziaentrate.gov.it/ (consultato il 13 settembre
2011).
5 Cfr. Pullella Lucano Paola, Destinatari del 5 per mille, cit.
6 Cfr. Agenzia per le Onlus, Documento di proposta su una disciplina legislativa per razionalizzare e rendere
stabile l’istituto del cinque per mille, disponibile online http://www.agenziaperleonlus.it/ (consultato il 13
settembre 2011).
Capitolo I 29
dell’università, la titolarità sarà del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca;
- per l’erogazione delle somme destinate al finanziamento della ricerca sanitaria la
titolarità sarà del Ministero della Salute;
- per l’erogazione delle somme destinate al sostegno delle attività sociali svolte dal
comune di residenza del contribuente, la titolarità sarà del Ministero dell’Interno;
- per l’erogazione delle somme destinate al sostegno alle associazioni sportive dilet-
tantistiche riconosciute ai fini sportivi dal CONI a norma di legge che svolgono una
rilevante attività di interesse sociale, la titolarità sarà della Presidenza del Consiglio
dei Ministri.
Seguendo un percorso iniziato con la Legge Finanziaria per il 2008 (art. 3, comma 6,
della legge n. 244/2007), anche il d.p.c.m. 23 aprile 2010, all’art. 12 ha previsto un
obbligo di rendicontazione per gli enti beneficiari del contributo del cinque per mille.
Secondo tale articolo, i suddetti enti, entro un anno dalla ricezione degli importi, sono
tenuti a redigere un apposito e separato rendiconto dal quale risulti, anche a mezzo di
una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ad
essi attribuite, utilizzando il modulo reso disponibile sui siti istituzionali dei Ministeri
competenti.
Particolari modalità di rendicontazione e di controllo sono stabilite per le associazioni spor-
tive dilettantistiche, per le quali il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del
2 aprile 2009, così come modificato dal decreto del medesimo Ministero del 16 aprile 2009
richiede un apposito e separato rendiconto nel quale e’ rappresentato in modo chiaro e tra-
sparente l’effettivo impiego delle somme percepite ed una relazione che illustri in maniera
dettagliata la destinazione delle somme attribuite, nonché le attività di interesse sociale
effettivamente svolte.
Ai sensi del comma 3, dell’art. 12 del citato d.p.c.m. 23 aprile 2010, gli enti sono te-
nuti ad inviare i rendiconti e le relative relazioni all’amministrazione competente alla
erogazione delle somme entro 30 giorni dalla data ultima prevista per la compilazione
(Allegato 5 – Guida e modello di Rendicontazione); ciò, ai fini del controllo da parte della
stessa amministrazione, la quale potrà altresì richiedere ulteriore documentazione in-
tegrativa. Va precisato che sono esonerati da tale obbligo di invio i soggetti beneficiari
che hanno percepito contributi di importo inferiore a 20.000,00 euro, fermo restando, in
ogni caso, l’obbligo per gli stessi di redigere il rendiconto e di conservarlo per un termine
di 10 anni.
Occorre sottolineare che il d.p.c.m. in esame, prevede inoltre la possibilità per l’ammi-
nistrazione di operare controlli amministrativo-contabili delle rendicontazioni anche
presso le sedi degli enti beneficiari.
L’art. 13 del citato decreto disciplina i casi, le modalità ed i termini per il recupero, da
parte dell’amministrazione, dei contributi erogati. In sostanza, il procedimento per il
recupero deve avviarsi, previa contestazione delle irregolarità ed eventuale trasmissione
degli atti all’Autorità Giudiziaria, quando:
Capitolo I 31
dell’effettiva erogazione. Con la conseguenza che assumono particolare rilevanza le
problematiche relative alla predisposizione del bilancio consuntivo (dal momento che
sussiste un’oggettiva difficoltà a conoscere gli effettivi crediti da riportare nello stato
patrimoniale), nonché di quello preventivo e di programmazione (attesa l’impossibilità
di conoscere quando e quanto verrà incassato dal singolo ente).
La legge di stabilità del 13 dicembre 2010 n. 220 ha confermato il 5 per mille anche per
l’anno finanziario 2011, riducendo però le risorse disponibili a soli 100.000.000.
Tuttavia il decreto legge cosiddetto “mille proroghe” n. 225 del 29 dicembre 2010,
nelle disposizioni contenute nell’articolo 2, comma 1, ha rialzato il tetto delle risorse
destinate al 5 per mille a 400.000.000, di cui 100 milioni già stanziati con la legge di
stabilità di cui sopra, e una quota di 100 milioni da destinare ad interventi in tema di
sclerosi amiotrofica.
In detto decreto si precisa inoltre che relativamente all’esercizio finanziario 2011, si
applicano le disposizioni esplicitate nei paragrafi del D.P.C.M. 23 aprile 2010, al quale
gli enti interessati devono rifarsi, in particolare:
− modalità di accesso degli enti al beneficio;
− criteri di determinazione delle liste dei soggetti ammessi;
− attribuzione, rendicontazione e recupero del contributo del 5 per mille;
− le finalità alle quali è possibile destinare la quota del cinque per mille;
Invariati, dunque, rimangono anche i soggetti beneficiari e i termini di scadenza i quali,
come previsto dal citato decreto “sono aggiornati per gli anni : da 2009 a 2010, da 2010
a 2011 e da 2011 a 2012”.
In altre parole,come conferma l’Agenzia delle Entrate con circolare 9/E del 3 marzo
2011, relativamente all’esercizio finanziario 2011, per i diversi adempimenti cui sono
tenuti i soggetti beneficiari al fine di essere ammessi al riparto del 5 per mille, rimango-
no invariati il giorno e il mese dei termini fissati dal D.P.C.M. del 23 aprile 2010, mentre
viene aggiornato l’anno di riferimento.
Così, come rimangono invariate anche le finalità alle quali è possibile destinare la quota
del 5 per mille, ovvero le seguenti:
− sostegno del volontariato e delle altre Onlus di cui all’art. 10, D.Lgs. n. 460/1997, non-
ché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e
provinciali previsti dall’art. 7, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni
e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10, comma 1, lettera
a), del citato decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;
− sostegno della ricerca scientifica e dell’Università;
− finanziamento della ricerca sanitaria;
− sostegno delle attività sociali svolte dal Comune di residenza del contribuente;
− sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, riconosciute ai fini sportivi dal
Comitato Olimpico Nazionale e che svolgono una rilevante attività di interesse so-
ciale;
Ad oggi risultano provvisoriamente ammessi ad accedere al beneficio del cinque per
Il cinque per mille viene confermato anche per l’esercizio finanziario del 2012 con la
cosiddetta “manovra correttiva di luglio 2011”, D.L n. 98 del 2011 e poi con la legge di
stabilità 2012, n.183.
In particolare il decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 all’art 23, comma 46, convertito con
legge 15 luglio 2011, n. 111, ha previsto anche una nuova possibilità cui destinare il
cinque per mille, ovvero, il finanziamento delle attività di tutela, promozione e valoriz-
zazione dei beni culturali e paesaggistici.
Successivamente la legge di Stabilità del 2012, n. 183 del 12 novembre 2011, all’art 33,
comma 11 ha fissato in 400.000,00€. le risorse complessive destinate alla liquidazione
della quota del cinque per mille.
In detta legge inoltre si stabilisce espressamente che anche nel 2012 rimangono ferme
le disposizioni attuative previste dal D.P.C.M. del 23 aprile 2010, prorogando di due anni
i termini ivi stabiliti, che così rimangono aggiornati per gli anni dal 2011 fino al 2013.
Sull’istituto del cinque per mille è intervenuta la Corte Costituzionale, con la pronuncia
18 giugno 2007, n. 202, la quale ha stabilito alcuni rilevanti principi e chiarito la natura
giuridica di tale beneficio.
Nel giudizio in esame sono stati riuniti e decisi i ricorsi -proposti dalle Regioni Cam-
pania, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia - aventi ad oggetto l’incostituzionalità
dell’art. 1 commi 337, 339 e 340, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria
2006 concernente la prima applicazione del cinque per mille). Era stato infatti asserito,
7 cfr: “Destinatari 5 per mille 2011. Sul web gli elenchi provvisori” di Patrizia De Juliis su Fisco Oggi rivista
telematica del 13 maggio 2011;
Capitolo I 33
dalle medesime Regioni, che le norme censurate avrebbero determinato e disciplinato
un fondo statale alimentato dal cinque per mille dell’Irpef, la cui finalità sarebbe stata
quella di finanziare materie di competenza legislativa esclusiva, - politiche sociali - e
concorrente - ricerca scientifica - delle Regioni stesse.
Tali norme, quindi, avrebbero violato gli artt. 114, 117, commi 4 e 6 e 118 della Costi-
tuzione nonché gli articoli 4, 5, 8 e 48 dello Statuto speciale del Friuli Venezia Giulia.
Inoltre, il comma 340 sarebbe stato in contrasto anche con l’art. 117, comma 6 della
Cost., secondo cui la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle sole materie di com-
petenza esclusiva, per violazione del principio di leale collaborazione, in quanto avrebbe
demandato a fonte ministeriale il compito di definire la disciplina procedimentale del
cinque per mille, senza menzionare alcuno strumento di collaborazione con le Regioni.
La Corte ha rigettato i ricorsi con una motivazione piuttosto rilevante ai fini del presente
studio.
Le doglianze di incostituzionalità lamentate dalle Regioni, sarebbero, invero, fondate su
un erroneo presupposto della lettura sistematica del complesso delle norme censurate
e di quelle contenute del d.p.c.m. 20 gennaio 2006 che ad esse aveva dato attuazione.
In particolare, secondo la Corte Costituzionale il titolo d’acquisto della quota del cinque
per mille incassata dall’erario subirebbe una trasformazione per effetto della dichia-
razione di volontà del contribuente ai sensi del comma 337. Infatti per effetto di tale
dichiarazione “la pretesa tributaria dello Stato si riduce della quota del cinque per mille
degli “incassi in conto competenza” relativi all’Irpef (comma 339) del singolo contribuen-
te e il relativo importo viene trattenuto dallo Stato non più a titolo di tributo erariale, ma
come somma che lo Stato medesimo è obbligato, come mandatario ex lege, a corrispon-
dere ai soggetti indicati dal contribuente stesso, svolgenti attività meritevoli di tutela
dall’ordinamento (comma 337) ed inclusi in apposite liste (comma 340)”.
In sostanza, a seguito della manifestazione di volontà esercitata dal contribuente, la
quota del cinque per mille perde la natura di “entrata tributaria erariale” e diviene
“provvista versata obbligatoriamente all’erario” per tale finanziamento. Da ciò discende
che l’obbligo dello stesso contribuente di corrispondere la suddetta quota non viene
meno, ma è da lui adempiuto a favore del beneficiario per il tramite necessario dell’era-
rio. Pertanto, il fondo di cui al comma 340, della Legge 23 dicembre 2005, n. 266 non ri-
sulta vincolato a finanziare una determinata spesa pubblica (come invece erroneamente
ritenuto dai ricorrenti), ma costituisce una mera “evidenza contabile” strumentale alla
ripartizione delle somme fra i destinatari del cinque per mille individuati ex lege per
finalità etico - sociali.
In definitiva, “la devoluzione della quota del cinque per mille dell’irpef ai beneficiari si
realizza in base alla volontà del contribuente sia pure con la mediazione dello Stato,
il quale non effettua una spesa, ma si limita, in esecuzione del vincolo di destinazione
impresso dal medesimo contribuente, a corrispondere l’indicata quota d’imposta ad un
soggetto svolgente un’attività considerata dall’ordinamento socialmente o eticamente
meritevole”. Pertanto, solo in mancanza di detta espressa manifestazione di volontà,
la quota del cinque per mille resterebbe entrata tributaria e perciò destinata alla spesa
pubblica statale.
Richiamando talune normative analoghe a quella in esame (si veda ad esempio, l’abro-
gata Legge 2 gennaio 1997, n. 2 - Norme per la regolamentazione della contribuzione
Il cinque per mille, integrandosi con altri meccanismi solidaristici come la “più dai
meno versi” (di cui all’art. 14, del Decreto legge n. 35 del 14 marzo 2005 convertito nella
Legge 14 maggio 2005, n. 80 e successivamente integrato dall’art. 1 bis, del Decreto
Legge 17 giugno 2005, n. 106, così come modificato dalla legge di conversione, Legge
31 luglio 2005, n. 156), o l’otto per mille, ha consentito di aumentare e sostenere note-
volmente il non profit in Italia, nazione in storico ritardo, su queste tematiche, rispetto
ad altre nazioni europee.
Le modalità operative di tali istituti sono comunque differenti.
Il sistema “più dai meno versi” è infatti senz’altro più diretto rispetto al cinque per mille,
dal momento che con il suddetto decreto legge n. 35/2005 non è stato previsto un vero
e proprio passaggio di capitali da parte del contribuente allo Stato. Ed invero, l’even-
tuale atto di liberalità effettuato direttamente nei confronti di una delle associazioni
previste dal citato art. 14, comporta soltanto la deducibilità dello stesso (nel limite del
10% e comunque per un massimo di € 70.000,00) dal reddito complessivo del soggetto
erogatore. Con il cinque per mille, invece, i contribuenti – al momento della correspon-
sione delle imposte alla Stato- indicano contestualmente che una parte delle stesse sia
destinata per le finalità di sostegno previste dalla legge.
Anche il cinque per mille e l’otto per mille sono due differenti modalità di esercizio di
democrazia fiscale. In sostanza, in entrambi i casi viene data la possibilità al contribuen-
te di scegliere a chi devolvere una parte delle proprie imposte sul reddito, tuttavia sono
due modalità di destinazione fiscale diverse, ma complementari, e l’una non esclude
l’altra.
Il meccanismo dell’otto per mille nasce con l’art. 47, comma 2 della Legge 20 maggio
1985, n. 222, per regolare i rapporti finanziari tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica,
Capitolo I 35
a seguito della riforma del Concordato del 18 febbraio 1984, firmato dall’Onorevole
Bettino Craxi e dal Segretario di Stato Vaticano Card. Agostino Casaroli.
Già i Patti Lateranensi del 1929 prevedevano una rendita perpetua da parte dello Stato
alla Chiesa Cattolica, la c.d. “Congrua”, per indennizzarla parzialmente dopo le confische
dei tempi dell’Unità d’Italia. Con l’otto per mille si è cercato di fornire una forma di so-
stentamento alla Chiesa, affidando ai cittadini la scelta in merito.
Successivamente, lo Stato Italiano ha firmato intese analoghe anche con altre confes-
sioni: le Assemblee di Dio, le Chiese metodiste, luterane e valdesi, poi con gli Avventisti
e con le Comunità ebraiche.
Mediante detto meccanismo lo Stato Italiano devolve, proporzionalmente alla scelta dei
contribuenti, l’otto per mille dell’intero gettito fiscale della tassazione Irpef o allo Stato
stesso, o alla Chiesa cattolica o alle altre confessioni, per scopi definiti dalla legge.
Pertanto, la prima fondamentale differenza tra il cinque per mille e l’otto per mille ri-
guarda la tipologia e la numerosità degli enti:
- del cinque per mille possono beneficiare numerosi enti di natura pubblica e privata
che promuovono attività solidaristica, individuati di anno in anno dalla legge.
- l’otto per mille, invece, è esclusivamente destinato alle sole confessioni religiose che
hanno concluso le relative intese con lo Stato Italiano.
Tali confessioni religiose destinano parte delle somme per interventi assistenziali, uma-
nitari, caritativi, socio culturali, esigenze di culto e sostentamento del Clero (solo la
Chiesa Cattolica e quella Luterana), tutela degli interessi religiosi degli Ebrei in Italia e
delle minoranze contro il razzismo e l’antisemitismo (soltanto l’UCEI, Unione Comunità
Ebraiche Italiane).
Inoltre, tutti gli enti che ricevono l’otto per mille rendono pubblica la direzione della
gestione dei fondi incassati, creando una sezione apposita.
Lo Stato invece, secondo l’art. 2, comma 1 del D.P.R. 10/03/1998 n. 76, destina l’otto per
mille al finanziamento di attività particolari, quali:
- interventi straordinari e per la fame nel mondo;
- interventi in occasione di calamità naturali;
- assistenza ai rifugiati;
- conservazione di beni culturali.
Va osservato che la seconda differenza tra i due istituti consiste nella destinazione di
quella parte di fondi che non sono stati assegnati ad alcun soggetto.
Occorre innanzitutto precisare che per l’otto per mille, a differenza del cinque per mille,
non è previsto alcun tetto massimo di spesa.
Inoltre, si è visto come il cinque per mille vincoli parte del gettito dell’imposta sui redditi
(IRPEF) alle finalità individuate dal contribuente. Qualora il contribuente non intenda
destinare alcun contributo a tali finalità, la parte non optata del cinque per mille, riac-
quista la natura di tributo erariale e viene trattenuta dallo Stato per la spesa corrente.
Con l’otto per mille, al contrario, anche al contribuente che non opera alcuna scelta,
viene trattenuta una quota della propria imposta Irpef destinata, appunto, ad essere
ripartita secondo i criteri previsti dalla normativa in materia.
Sin dal suo primo anno di attuazione, l’istituto del cinque per mille ha riscosso un no-
tevole successo ed una forte adesione tra i contribuenti italiani; nonostante le criticità
già illustrate in ordine alla complessità della procedura, alla variabilità dei soggetti
interessati ed ai ritardi nella erogazione delle somme, tale meccanismo ha suscitato un
rilevante apprezzamento generale, dando rilievo alla libertà di scelta per il cittadino di
destinare parte della propria imposta Irpef a finalità solidaristiche e di interesse sociale
e determinando, quindi, un’autentica forma di sussidiarietà orizzontale, così come pe-
raltro prevista e favorita dall’art. 118, comma 4 della Costituzione (modificato dall’art.
4 della legge Costituzionale n. 3/2001) secondo cui “Stato, Regioni, Città metropolitane,
Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per
lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
Per questo motivo e ritenuta ormai conclusa con successo la fase di sperimentazione, si
è avvertita l’esigenza - sia nell’ambito del Terzo Settore che da più parti politiche - di
stabilizzare lo strumento del cinque per mille, ancorando la sua disciplina ad una nor-
mativa definitiva e permanente.
Invero, tale stabilizzazione consentirebbe innanzitutto di affrancare il cinque per mille
dalla costante incertezza derivante dalla necessità di doverlo inserire, anno per anno,
nelle leggi di bilancio. Inoltre, la certa e definitiva individuazione dei predetti ambiti
d’azione da sostenere potrebbe determinare alcune rilevanti conseguenze, quali:
- rendere più agevole la scelta del contribuente,
- favorire una rapida elaborazione dell’elenco dei soggetti interessati consentendo loro
di programmare, in anticipo, una campagna di sensibilizzazione nei confronti dei con-
tribuenti in modo da promuovere efficacemente il canale del fund raising,
- snellire la procedura,
- ridurre il complesso meccanismo di validazione degli enti ammessi al beneficio, con la
conseguenza di rendere maggiormente celere l’erogazione delle somme da ripartire in
capo agli stessi enti.
Nell’ambito delle iniziative volte a stabilizzare il meccanismo del cinque per mille, vanno
richiamati - oltre al “Documento di proposta su una disciplina legislativa per razionaliz-
zare e rendere stabile l’istituto del cinque per mille” elaborato dall’Agenzia per le Onlus8
- i due Disegni di legge presentati al Senato nel corso della XVI Legislatura: il D.d.l. n.
486 (ad iniziativa dei Senatori Barbolini e Pegorer, comunicato alla Presidenza in data
12/5/2008) e il D.d.l. n. 1366 (ad iniziativa del Senatore Chiti ed altri 95 Senatori, comu-
nicato alla Presidenza in data 5/2/2009).
Prima ancora di analizzare i testi normativi di tali Disegni di legge, occorre evidenziare
come le relazioni introduttive ed illustrative degli stessi muovano da premesse identiche
(ossia i buoni risultati ottenuti dal cinque per mille) per addivenire alle medesime fina-
lità (ossia rendere stabile l’istituto sottraendolo all’alea delle leggi di bilancio annuali).
Più in particolare, nella relazione al D.d.l. n. 486 si sottolinea l’auspicio e l’intendimento
di “guardare al welfare non come ad un capitolo di spesa quanto piuttosto ad una leva
Capitolo I 37
dello sviluppo, ad uno strumento atto a generare capitale sociale sul territorio, coinvol-
gendo la libertà attiva dei cittadini”, mentre la relazione al D.d.l. n. 1366 nel premettere
che “soprattutto in un periodo di crisi economica…il cosiddetto terzo settore rappresenta
un settore decisivo per la tenuta del nostro modello sociale”, riconosce la rilevanza delle
organizzazioni senza scopi di lucro, le quali:
- non distribuiscono utili e quindi “è di fondamentale importanza la capacità di reinve-
stire per una costruzione, anziché cercare un facile guadagno”;
- danno lavoro a un gran numero di persone anche svantaggiate e quindi “è un atto di
responsabilità premiare chi offre possibilità di lavoro”;
- sono presenti territorialmente in modo capillare e quindi “è di fondamentale impor-
tanza valorizzare le realtà presenti attivamente sul territorio”.
Per quanto riguarda il contenuto delle disposizioni normative, entrambi i D.d.l., in so-
stanza, risultano essere particolarmente stringati e laconici, dal momento che – oltre a
non prevedere alcun accantonamento minimo annuo - si limitano soltanto ad individua-
re l’elenco delle finalità da sostenere ed a demandare ad un successivo decreto di natura
non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, la concreta operatività del
meccanismo, inclusa l’individuazione dei soggetti ammessi e la disciplina del riparto
delle somme.
Inoltre, va evidenziato che, con riferimento all’elenco delle finalità ammesse al bene-
ficio, i due D.d.l. si differenziano sensibilmente; ed infatti, oltre alla previsione comu-
ne ad entrambi del “sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui
all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni,
nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali
e provinciali previsti dall’articolo 7, della legge 7 dicembre 2000, n. 383” , del “finanzia-
mento degli enti di ricerca scientifica e delle università” e “del finanziamento agli enti
della ricerca sanitari”, il Disegno di legge n. 1366 contempla altresì le “associazioni rico-
nosciute e fondazioni che operano nei settori di cui al citato art. 10, comma 1, lettera a)
del decreto legislativo n. 460 del 1997”, nonché “le associazioni sportive dilettantesche
riconosciute dal CONI ai fini sportivi ai sensi dell’art. 20, comma 2, del decreto legge 1 ot-
tobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222”.
Tali associazioni sportive, invece, non risultano contenute nella previsione del D.d.l. n.
486, che però richiede che le “associazioni e fondazioni che operano nei settori di cui al
citato art. 10, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 460 del 1997” siano entram-
be “riconosciute”, ed aggiunge l’ulteriore previsione (già presente nell’art. 1, comma
1235 della legge n. 296/06), secondo cui “una quota pari allo 0,5 per cento del totale
determinato dalle scelte dei contribuenti è destinata all’Agenzia per le organizzazioni
non lucrative di utilità sociale ed alle organizzazioni nazionali rappresentative degli enti
che operano nei settori di cui all’art. 10, comma 1, lettera a) del citato decreto legislativo
n. 460 del 1997, riconosciute come parti sociali”.
ANNO 2006
Comma 337.
a)
- sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lu-
crative di utilità sociale di cui all’art. 10 del decreto legislativo
4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni,
- nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei
registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall’articolo 7,
legge 23/12/2005, n. 266
commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383
(art 1, commi 337 – 342)
- e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei
settori di cui all’art. 10 comma 1, lettera a), del decreto legi-
slativo 4 dicembre 1997, n. 460;
b) finanziamento della ricerca scientifica e dell’università;
c) finanziamento della ricerca sanitaria;
d) attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuen-
te.
ANNO 2007
Comma 1234.
a)
- sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di
cui all’art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e
successive modificazioni,
- nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei re-
gistri nazionale, regionali e provinciali, previsti dall’articolo 7,
commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383
- e delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui
all’art. 10 comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicem-
legge 27/12/2006, n. 296
bre 1997, n. 460,
(art. 1, commi 1233 – 1237)
- nonché delle fondazioni nazionali di carattere culturale;
TESTO PREVIGENTE
b) finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell’univer-
sità;
c) finanziamento agli enti della ricerca sanitaria.
Comma 1235
Una quota pari allo 0,5 per cento del totale determinato dalle
scelte dei contribuenti è destinata all’Agenzia per le organizza-
zioni non lucrative di utilità sociale ed alle organizzazioni nazio-
nali rappresentative degli enti di cui alla lettera a) riconosciute
come parti sociali.”.
Capitolo I 39
D.l. 31/12/2007, n. 248
(art. 45)
Comma 1-bis:
come modificato dall’allegato
Alla lettera a) del comma 1234 dell’articolo 1 della legge 27 di-
alla legge di conversione
cembre 2006, n. 296, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “,
L. 28/02/2008, n. 31
nonché delle fondazioni nazionali di carattere culturale”
con decorrenza dal
01/03/2008
D.l. 25/03/2010, n. 40
Comma 4-quinquiesdecies.
(art. 2)
Alla lettera a) del comma 1234 dell’articolo 1 della legge 27 di-
così come modificato dall’alle-
cembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, sono aggiunte,
gato alla legge di conversione
in fine, le seguenti parole: “e delle fondazioni riconosciute che
L. 22/05/2010, n. 73
operano nei settori di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), del
con decorrenza dal
decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460”.
26/05/2010.
Comma 10
L. 24.12.2007, n. 244 Al comma 1235 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.
(art. 3) 296, dopo le parole: “parti sociali” sono aggiunte le seguenti: “e
con decorrenza dal alla copertura degli oneri necessari alla liquidazione agli aventi
1/1/2008. diritto delle quote del cinque per mille relative agli anni finan-
ziari 2006 e 2007”.
Comma 1234.
a)
- sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di
cui all’ART. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e
successive modificazioni,
- nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei
registri nazionale, regionali e provinciali, previsti dall’articolo 7,
commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383
- e delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui
all’art. 10 comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre
1997, n. 460,
- nonché delle fondazioni nazionali di carattere culturale e delle
legge 27/12/2006, n.
fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’articolo
296, (art. 1, commi 1233
10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997,
– 1237)
n. 460;
TESTO VIGENTE
b) finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell’univer-
sità;
c) finanziamento agli enti della ricerca sanitaria.
Comma 1235.
Una quota pari allo 0,5 per cento del totale determinato dalle
scelte dei contribuenti ai sensi del comma 1234 del presente ar-
ticolo è destinata all’Agenzia per le organizzazioni non lucrative
di utilità sociale ed alle organizzazioni nazionali rappresentative
degli enti di cui alla lettera a) del comma 1234 riconosciute
come parti sociali e alla copertura degli oneri necessari alla
liquidazione agli aventi diritto delle quote del cinque per mille
relative agli anni finanziari 2006 e 2007.
ANNO 2008
Capitolo I 41
Comma 5.
a)
- sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di
cui all’art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e
successive modificazioni,
- nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei
registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall’articolo 7,
commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383
- e delle associazioni riconosciute che senza scopo di lucro
legge 24/12/2007, n. operano in via esclusiva o prevalente nei settori di cui all’art. 10
244, (art. 3, comma 4 – 11) comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.
TESTO VIGENTE 460,
- nonché delle fondazioni nazionali di carattere culturale e delle
altre fondazioni riconosciute che senza scopo di lucro operano in
via esclusiva o prevalente nei settori di cui all’articolo 10, comma
1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;
b) finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell’univer-
sità;
c) finanziamento agli enti della ricerca sanitaria.
Cbis) sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche ricono-
sciute ai fini sportivi dal CONI a norma di legge
ANNO 2009
Comma 1.
a)
- sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lu-
crative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del decreto legisla-
tivo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni,
- nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei
registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall’articolo 7,
D.l. 25/6/2008, n. 112, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383,
convertito con legge 6 ago- - e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei
sto 2008, n. 133. settori di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), del citato de-
(Art. 63 bis) creto legislativo n. 460 del 1997;
b) finanziamento della ricerca scientifica e dell’università;
c) finanziamento della ricerca sanitaria;
d) sostegno delle attività sociali svolte dal comune di residenza
del contribuente;
e) sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche riconosciu-
te ai fini sportivi dal CONI a norma di legge.
Comma 46
A decorrere dall’anno finanziario 2012, tra le finalità alle quali
può essere destinata, a scelta del contribuente, una quota pari al
Anno 2011
cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è
inserita altresì, quella del finanziamento delle attività di tutela,
D.L. 07/07/2011, n. 98
promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.
(convertito con legge del 15
Con decreto di natura non regolamentare del Presidente del
luglio 2011, n.111)
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i beni e le at-
(art.23, comma 46)
tività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, sono stabilite le modalità di richiesta, le liste dei sogget-
ti ammessi al riparto e le modalità di riparto delle somme.
Capitolo I 43
44 La ratio normativa ed il funzionamento dello strumento
CAPITOLO II
Principi come la sussidiarietà fiscale e la libera scelta del contribuente, come dimo-
streremo nel presente capitolo, contribuiscono a ripensare e rinforzare il paradigma del
welfare state in Italia (così come in Europa). Il sistema di welfare tradizionale, basato
sull’erogazione di servizi rivolti a cittadini da parte di enti pubblici finanziati attraverso
la fiscalità generale, si scontra ormai con due tendenze irreversibili: l’invecchiamento
medio della popolazione e la crescita di manodopera migrante, che è ormai essenziale
per mantenere in piedi l’intero processo.
Di fronte ad un mondo che cambia, è probabile che anche alcuni elementi del sistema
di welfare debbano cambiare, per garantire la sua tenuta e sostenibilità nel tempo.
Altrimenti si corre il rischio che il welfare tradizionale, se non correttamente adeguato,
divenga un fenomeno protezionistico, magari volto ad escludere “gli altri” (i non italiani
o i non europei) invece che a coinvolgerli e proteggerli, diventando quindi un volano di
ingiustizie invece di uno strumento per la coesione sociale9.
Il Libro Bianco 2009 sul futuro del modello sociale, dal titolo “La vita buona nella società
attiva”, coglie l’importanza d’una riforma del sistema di welfare che tenga in considera-
zione il portato espresso dal principio di sussidiarietà orizzontale. Il Libro Bianco parte
dal presupposto che il primo dei valori da salvaguardare è la “centralità della persona”,
tutelata dalla Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia
come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale10. Nel
9 Pizzuti F. R., Rapporto sullo Stato Sociale: tra pubblico e privato, universalismo e selettività, in Rossi G. (a
cura di), Quali politiche dell’integrazione nell’Italia del XXI secolo?, Milano, LED, 2008, pp. 111-128, pp. 111-
128.
10 Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Libro Bianco sul futuro del modello
sociale. La vita buona nella società attiva, maggio 2009, disponibile online http://www.lavoro.gov.it/NR/
rdonlyres/376B2AF8-45BF-40C7-BBF0-F9032F1459D0/0/librobianco.pdf (consultato il 1 giugno 2010).
Capitolo II 45
nuovo modello proposto si ravvede, quale punto di partenza per ripensare il sistema,
quel principio di Familienexistenzminimum cui si faceva riferimento all’inizio di questo
capitolo. Si afferma infatti che “non è l’uomo in funzione dello Stato, ma quest’ultimo
in funzione dell’uomo: la tutela dell’inviolabilità di ogni vita umana costituisce il primo
limite all’autorità pubblica e allo stesso tempo il suo fine ultimo. Tutto l’ordinamento
deve conformarsi all’insieme delle esigenze (materiali, culturali, relazionali) della perso-
na, posta al cuore dell’intero edificio costituzionale”11.
Il Libro Bianco propone un’analisi che collega il sistema sociale al modello di cittadi-
nanza, sostenendo che in passato “si è favorito l’assistenzialismo anziché la realizza-
zione di un welfare delle opportunità diretto a sviluppare le potenzialità della persona, a
promuovere le capacità umane”12. In questo senso il modello di cittadinanza implicito
nella versione tradizionale del welfare state italiano è stato quello di un cittadino che
potremmo definire “ricettore” nei confronti di uno Stato elargitore. In questa relazione
verticale, dove il sistema assistenziale ha contribuito a creare una vera e propria gerar-
chia tra cittadini ed istituzioni, il Libro Bianco sottolinea come si sia “privilegiato il con-
trollo ex ante – realizzato attraverso fiumi di piccole regole complicate e minuziose che
ostacolano, comprimono e snervano le potenzialità della cittadinanza attiva – rispetto
al controllo ex post, basato invece su un ampio riconoscimento di libertà e fiducia e sul
rigore nella repressione delle eventuali violazioni sostanziali”13.
Nell’analisi del Libro Bianco emerge chiaramente la tensione tra un modello che ante-
pone la struttura istituzionale, sacrificando il ruolo del cittadino a quello di fruitore di
servizi elaborati dall’alto, ad un modello di cittadinanza più orizzontale, dove il cittadino
è parte attiva non solo nella definizione degli obiettivi e delle modalità di realizzazione
delle politiche, ma anche nel processo di reperimento delle risorse e di ridistribuzione.
Quest’analisi s’inserisce pienamente nella riflessione comunitaria sull’organizzazione
sociale, da cui trae spunto anche per disegnare una società costituita da reti, da legami
e da interazioni che esulano dall’ambito istituzionale.
“Un individuo isolato e inerme di fronte alla realtà è l’esito ultimo di un certo nichilismo
moderno. Le società intermedie costituiscono un antidoto a questa deriva. Un principio
sociale in grado di originare un Welfare comunitario. Una rete fatta di persone, famiglie,
piccole comunità, associazioni, imprese profittevoli e non, volontariato, cooperative che
alimenta il senso di responsabilità civile, la fiducia e la solidarietà reciproca”14.
Da quest’analisi emerge una chiara propensione per forme di welfare a rete, una sorta
di “Welfare 2.0”, in cui sono i cittadini ad auto organizzarsi dal basso, proprio come le
comunità online ed i social networks consentono nuove forme organizzative a livello
comunicativo, sociale e persino politico. È proprio in questo ambito che si sottolinea il
valore cardinale dell’auto-nomia del cittadino, intesa etimologicamente come capacità
di autogovernarsi e di non essere soggetto a forme di prevaricazione da parte delle
istituzioni pubbliche. Sotto questa luce, il principio di sussidiarietà orizzontale presenta
il grimaldello per riorganizzare il modello sociale, poiché fornisce il sostegno costituzio-
nale e giuridico/etico su cui fondare l’azione autonoma dei cittadini, anche nell’ambito
11 Ivi, p. 22.
512 Ivi, p. 23.
13 Ibidem.
14 Ivi, p. 24.
2. Welfare e sussidiaretà
15 Ivi, p. 25.
16 Ivi, p. 67.
17 “Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della
sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere
sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti
dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario“.
Capitolo II 47
“sostegno” (dal latino subsidium) all’azione autonoma dei cittadini. In questo senso, il
principio si suddivide in sussidiarietà verticale, che stabilisce che i bisogni dei cittadini
debbano essere soddisfatti dagli organi amministrativi pubblici più prossimi al territorio
(o, altrimenti, dal livello caratterizzato dal maggior grado di efficienza per rispondere
a tale bisogno), e sussidiarietà orizzontale, che sottolinea come alcuni bisogni possano
essere soddisfatti dai cittadini stessi (in forma individuale, associata e/o volontaristica),
i quali hanno diritto di svolgere un ruolo nell’elaborazione ed attuazione delle politiche
sociali. Nel 2001, il principio di sussidiarietà è stato rafforzato dall’ordinamento italiano
con la modifica dell’art. 118 della Costituzione18.
In molti casi, la semplice sussidiarietà verticale (di per sé fondamentale per mantenere
la coesione sociale e garantire un’erogazione di servizi equivalente a tutti i cittadini),
non è stata in grado di rispondere da sola alle esigenze di legittimazione e democraticità
dei sistemi istituzionali, colpiti dalla crisi di sovranità degli ultimi decenni19. Infatti, la
valenza democratica dell’antico principio «no taxation without representation»20, che ha
sempre legato la questione fiscale a quella della democrazia, è stata seriamente influen-
zata dalla globalizzazione.
Nel mondo contemporaneo, si è in buona parte persa la linearità tra elettore, beneficia-
rio della spesa pubblica e contribuente. Molto spesso questi ruoli sono svolti da consti-
tuencies diverse, con vari gradi di sovrapponibilità. Il paradigma classico di democrazia
fiscale è quindi entrato in crisi, soprattutto nella sua versione più semplificata, cioè
quella che si basa su una completa sovrapposizione tra i vari ruoli che attengono alla
comunità di cittadini nell’individuazione delle risorse e nell’erogazione dei servizi.
È proprio all’interno di questo quadro generale in continua evoluzione che il principio di
sussidiarietà fiscale consente di recuperare, attraverso nuove formule, il paradigma della
tassazione e della rappresentanza, eroso dal potere crescente di locus decisionali inter-
nazionali. Infatti, il principio di sussidiarietà sembra in grado di far fronte alla crisi delle
sedi tradizionali della sovranità statale attraverso il concetto di “sovranità personale”
del cittadino, soprattutto con riferimento alla spesa pubblica. L’ultimo scorcio di secolo
ha, infatti, segnato una graduale riforma del welfare state, almeno nella sua versione
universalistica, fondata su un progetto di giustizia sociale imperniato sulla centralità del
18 Il nuovo articolo 118 recita: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per
assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base
dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane
sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo
le rispettive competenze. […] Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma
iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio di sussidiarietà”. Prima della riforma del 2001, il testo recitava: “Spettano alla Regione le funzioni
amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse esclusivamente locale,
che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali. Lo
Stato può con legge delegare alla Regione l’esercizio di altre funzioni amministrative. La Regione esercita
normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali, o
valendosi dei loro uffici”.
19 Antonini L., Oltre il welfare state: verso nuovi diritti sociali fondati sulla sussidiarietà, Relazione presentata
al convegno “Autonomia, cooperazione e raccordi interistituzionali nell’evoluzione del sistema italiano”,
Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale, Roma, 22 Febbraio 2006, disponibile online http://
dspace-sspal.cilea.it/bitstream/10120/408/1/Antonini.pdf (consultato il giugno 2010).
20 Il principio classico liberale, ispiratore della rivoluzione americana, secondo cui il contributo individuale
alle risorse collettive (tecnicamente rappresentato dalla tassazione pubblica) va inestricabilmente collegato
alla rappresentanza democratica delle istanze dei cittadini.
Capitolo II 49
3. Gli strumenti della sussidiarietà fiscale
Come ampliamente spiegato nei Capitoli precedenti è lo strumento con cui il contri-
buente può vincolare la destinazione di una quota pari al cinque per mille della propria
imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), a sostegno di una serie di attività
sociali, - inizialmente identificate dal comma 337 della Legge Finanziaria del 200623
e successivamente modificate - come: volontariato; Onlus; Associazioni di promozione
sociale; Fondazioni nazionali di carattere culturale e fondazioni riconosciute che ope-
rano per finalità sociali; Ricerca scientifica; Comuni di residenza; Associazioni sportive
dilettantistiche che svolgono rilevante attività sociale.
Particolarmente rilevante ai fini di una valutazione generale dello strumento “sussidia-
rio” cinque per mille è la sentenza della Corte Costituzionale n.202/2007 – che verrà
approfondita nelle sezioni successive – dove si esplicita che “la riduzione del tributo
erariale è coerente con l’intento del legislatore di perseguire una politica fiscale diretta
a valorizzare, in correlazione con un restringimento del ruolo dello Stato, la parteci-
pazione volontaria dei cittadini alla copertura dei costi della solidarietà sociale e della
ricerca”.
Cosa prevede: a partire dal 2005 è reso possibile (per persone fisiche, imprese, enti
commerciali e non commerciali) dedurre dal proprio reddito imponibile fino al 10% dello
stesso – e fino ad un valore massimo di 70.000,00 euro – nel caso in cui questo sia stato
oggetto di donazione, in denaro o in natura, nei confronti di soggetti non profit.
Fonti normative: legge n.80 del 14 maggio 2005 che ha convertito in legge il decreto-
legge n.35 del 14 marzo 2005. Circolare n. 39/E dell’Agenzia delle entrate (19 agosto
2005).
Le organizzazioni non profit nei confronti delle quali opera l’agevolazione sono:
• le Onlus di cui al d.lgs. 460/1997
Sebbene il pronunciamento della Corte Costituzionale sia stato attivato dal ricorso di
alcune Regioni in riferimento ad un potenziale conflitto di costituzionalità nella legge
istitutiva del cinque per mille24, la sentenza 202 costituisce un importante punto di rife-
rimento per comprendere il legame intrinseco tra processi contributivi e sovranità fisca-
le. Al tempo stesso, ovviamente, presenta anche vari stimoli per ripensare l’imposizione
fiscale in forme e modalità che siano sempre più rispettose, da un lato, del principio co-
stituzionale di equa distribuzione delle risorse e, dall’altro, del principio di sussidiarietà.
La sentenza è di indubbio rilievo per una serie di capisaldi argomentativi: in primo luogo,
si osserva che il finanziamento delle attività svolte dai soggetti destinatari del cinque
per mille è “direttamente ascrivibile alla volontà del contribuente”. L’imputazione di-
retta comporta, dunque, la “dis-intermediazione” dello Stato, creando delle condizioni
– almeno generali – di democrazia fiscale diretta.
In quest’ottica, quindi, il meccanismo del cinque per mille esula dal contesto della sussi-
diarietà verticale e si inserisce a pieno titolo nell’ambito della sussidiarietà orizzontale:
“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma inizia-
tiva dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale
(…)” (comma 4 art. 118, Costituzione). Secondo alcuni, è proprio questa “immanenza
alla sussidiarietà” che consente al modello fiscale del cinque per mille “di valorizzare
quelle risorse antiche della cittadinanza attiva che, a fronte della crisi del welfare state,
rivestono oggi un ruolo fondamentale per la garanzia della coesione sociale”25. Si attua
24 Il caso sottoposto all’attenzione della Consulta dalle Regioni Campania, Emilia Romagna e Friuli Venezia
Giulia riguardava l’asserita incostituzionalità dei commi 337, 339 e 340 dell’art. 1 della Legge 23 dicembre
2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) che disciplinavano il cinque per mille. Secondo l’interpretazione
proposta dalle Regioni ricorrenti tali disposizioni avrebbero vincolato i fondi a favore del volontariato e di
attività nel settore sociale e della ricerca, attribuendo al solo Stato la gestione e la ripartizione del fondo
settoriale così costituito. Il ricorso era quindi motivato dalla presunta violazione delle competenze regionali e
del principio – elaborato dalla giurisprudenza costituzionale – di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
25 Antonini L., Sussidiarietà fiscale. La frontiera della democrazia, Milano, Guerini e Associati, 2005, p. 123.
Vedi anche Cipollina S., La Corte Costituzionale ed il cinque per mille per il volontariato e la ricerca, “Rivista di
diritto finanziario e scienza delle finanze”, 2007, 3.
Capitolo 3
II 51
così una forma di coinvolgimento dei contribuenti nelle scelte di destinazione e gestione
delle risorse pubbliche. Secondo S. Cipollina dell’Università di Pavia, “prestazione impo-
sta” non cessa di essere tale, ma è consentito “sviarne” una quota dalla destinazione
alla spesa pubblica diretta:
Il pilastro sul quale edificare una nuova normativa fiscale (declinata nel significato di
sussidiarietà fiscale), che segnerebbe il superamento dell’approccio tradizionale del
codice civile del 1942 (cosiddetto approccio “agnostico”) è l’espresso riconoscimento
costituzionale negli artt. 2, 3, 118 Cost. del principio di sussidiarietà orizzontale27. Pas-
sando a definire la cornice delle norme e dei principi costituzionali che attengono alla
sussidiarietà fiscale, rileviamo che le disposizioni maggiormente interessate sono gli
articoli 2 e 118 della Carta Costituzionale. Dal combinato disposto emerge che il peri-
metro concettuale è dato dai valori costituzionali della solidarietà e della sussidiarietà
da cui emerge una precisa concezione della persona, della società e dello Stato, in cui
la comune matrice è l’auto-nomia, ancora una volta declinata come capacità di auto-
governarsi e sentirsi liberi da prevaricazioni esterne.
In sintesi si riconosce ai cittadini il ruolo di soggetti autonomamente attivi nel persegui-
mento dell’interesse generale e si favoriscono le iniziative dei medesimi di adempimento
ai doveri inderogabili di solidarietà. In tal senso, al paradigma gerarchico tradizionale
che pone lo Stato al vertice della piramide sociale, si sostituisce un nuovo paradigma
pluralista ed orizzontale: il cittadino autonomo ed attivo si pone sullo stesso piano
dell’ente pubblico, in una relazione paritetica anche se asimmetrica. In tale prospettiva
sussidiarietà orizzontale e sussidiarietà verticale s’intersecano: quando occorre allocare
28 Ibidem.
29 L. Antonini, Oltre il welfare state, cit.
Capitolo II 53
54 La sussidiarietà e il principio di sovranità fiscale del contribuente
Capitolo III
30 Bullain, N., Percentage Philanthropy and Law, in Török M. e Moss D. (a cura di), Percentage Philanthropy,
Buapest, NIOK - ECNL, 2004.
Capitolo III 55
che o specifici progetti dello Stato e del privato sociale;
I risultati del percentage philantropy dipendono da una serie di fattori quali:
a) la percentuale che può essere devoluta;
b) i criteri per l’accreditamento dei soggetti interessati;
c) le procedure amministrative che regolano le modalità di assegnazione.
Oltre ai paesi dell’Est, il concetto di sussidiarietà fiscale attraverso forme identiche o
equivalenti alla percentage philantropy esistono anche in altri paesi dell’Europa occi-
dentale, segnatamente l’Italia, la Spagna ed il Portogallo.
Il percentage mechanism, indica il processo per cui un cittadino può individuare una
percentuale predefinita delle proprie tasse per scopi diversi dalla semplice contribu-
zione all’erario dello Stato. Questo meccanismo, quindi, esula dai canali tradizionali di
filantropia poiché prevede una forma di obbligatorietà per la donazione, cosa che in
genere non viene associata alla definizione tradizionale di filantropia. In questo senso,
si può facilmente notare come la realizzazione di percentage mechanisms abbia tratto la
propria giustificazione da motivazioni sia di carattere macro-economico (sostenere un
settore in difficoltà), sia di carattere sociologico (creare le condizioni per una maggiore
coesione sociale tra i cittadini). Non è un caso che le organizzazioni non governative (da
ora in avanti ONG) e i governi che ne hanno sostenuto l’introduzione, hanno individuato
nel percentage mechanism (e nelle discussioni che ne hanno preceduto la concretizza-
zione formale e la sua implementazione) due importanti obiettivi da perseguire:
• incrementare le risorse verso il settore non-profit (motivazione macro-economica);
• sviluppare una cultura filantropica tra i contribuenti (motivazione sociologica).
L’elemento legato alla designazione (designation) di una parte dei contributi del cittadi-
no viene generalmente distinto dalla visione tradizionale di filantropia, che è in genere
caratterizzata dalla volontarietà della donazione, anche se è evidente che questa forma
di solidarietà ha molti elementi in comune con le attività filantropiche. Secondo alcuni
analisti, si tratterebbe di una forma di “transitional philanthropy” o “philanthropy in
transitional countries”, proprio perché si realizza in quei contesti ove le risorse economi-
che sono relativamente scarse e non esiste una cultura filantropica tra la popolazione31.
Se si prendono per assunte tali teorie si può concludere che, insieme ai concetti di “vo-
lunteering and giving”, è emersa in alcuni paesi dell’UE una nuova forma di filantropia.
Per una definizione complessiva a livello europeo, è utile tenere in considerazione una
31 È nata allo scopo di monitorare la nuova “percentage philosophy” soprattutto nell’Est Europa, ma anche
in alcuni paesi dell’Europa centrale.
32 A tal proposito vedi anche la sentenza della Corte Costituzionale italiana n. 202 del 18 giugno
2007 sul concetto di “dis-intermediazione” dello Stato.
Capitolo III 57
ed il potenziale return on investment dovuto alla consapevolezza del beneficio che
si può trarre dall’azione di un’organizzazione conosciuta. Ciononostante, anche in
questo caso di potenziale “auto-interesse”, si può tornare alla definizione di filantro-
pia dove il contribuente dona anche per i benefici intagibili che ricava dalla buona
azione.
3) la percentage designation è una forma di tax allocation
Pertanto, se il meccanismo della “tax designation” non è una donazione né tan-
tomeno un beneficio fiscale o un incentivo fiscale, cosa può quindi considerarsi?
Essenzialmente, si tratta di una particolare forma di tax allocation. In altre parole,
lo Stato conferisce il diritto limitato ad ogni singolo contribuente di decidere come
utilizzare (o meglio dove allocare) una certa percentuale del bilancio pubblico. In
questo caso, i contribuenti hanno la possibilità di scegliere dove allocare una parte
dell’imposta dovuta sul reddito, seppur limitatamente ad un certo numero di opzioni
possibili ed in modo non obbligatorio, visto che le somme non allocate ritornano
nella disponibilità del bilancio finanziario annuale dello Stato.
Si può così concludere che, quale forma speciale di redistribuzione di fondi pubblici,
la percentage designation è sicuramente una modalità importante per manifestare
la propria responsabilità democratica e civile: questa funzione, specialmente nelle
società dove non è molto forte la consapevolezza civica da parte dei contribuenti,
rinforza la nozione di controllo sui fondi pubblici.
Sicuramente il primo fondamento da cui partire, per una corretta applicazione che trovi
il suo concretamento attraverso legge ordinaria, è quello che viene definito “taxation
self-determination”, ossia la possibilità per il cittadino contribuente di fare una scelta
autonoma sull’uso di una parte, seppur piccola, della propria imposta sul reddito che
si traduce così nell’esercizio di “democrazia diretta”. Non a caso essa rappresenta, nella
geografia europea della sua diffusione, uno strumento per rafforzare i valori demo-
cratici, la partecipazione civica attiva e il controllo sulle tasse dovute nelle cosiddette
“transition society”.
Altro fondamento da tenere a mente è il “civil society development” con il quale si vuole
intendere la possibilità di incrementare le risorse disponibili per il nonprofit, accrescere
il consenso pubblico nei confronti di questo settore e sostenere le organizzazioni sociali
nella comunicazione e nel miglioramento della comunità. Quindi, la percentage law
serve anche a sviluppare un senso di apprezzamento nell’opinione pubblica per il ruolo
delle organizzazioni sociali quale espressione dell’autonoma iniziativa privata di asso-
ciarsi per il bene comune ed allo stesso tempo motiva tali organizzazioni a comunicare
maggiormente con i propri stakeholder di riferimento.
Un terzo fondamento attiene al “development of a philanthropic culture”, ossia l’im-
portanza per i cittadini di supportare gli sforzi delle organizzazioni. Quest’ultimo viene
Sulla base della discussione affrontata nelle sezioni precedenti, si può procedere ora ad
una descrizione generale di alcuni sistemi di percentage law introdotti in Europa, so-
prattutto nel contesto delle cosiddette transition societies dell’Europa centro-orientale.
Questo elenco non si propone di essere esaustivo ma intende semplicemente offrire
alcuni parametri di comparazione internazionale.
33 Ilgius V., How Lituania’s 2% Law Works, in Török M. e Moss D. (a cura di), Percentage Philathropy, cit.,
p. x, disponibile on-line http://www.onepercent.hu/Dokumentumok/Chapter_4_Ilgius%20Lt.pdf (consultato il
20 febbraio 2011); Lõrincz A. e Peter H., Slovakia’s System of 1% Tax Allocation, in Török M. e Moss D. (a cura
di), Percentage Philathropy, cit., disponibile on-line http://www.onepercent.hu/Dokumentumok/Chapter_4_
Lorincz_Sk.pdf (consultato il 20 febbraio 2011).
Capitolo III 59
Ungheria
Dal 1996 i contribuenti, persone fisiche, possono richiedere di trasferire l’1% dell’impo-
sta sul reddito ad una organizzazione non governativa (NGO) ed un altro 1% alla Chiesa.
Oltre alle NGO esiste la possibilità di devolvere scegliendo tra una lista di istituzioni
pubbliche. I contribuenti fanno la loro devoluzione attraverso un form allegato alla
dichiarazione dei redditi e l’autorità preposta devolve le somme designate ai beneficiari
dopo aver effettuato i controlli per verificare la presenza dei requisiti richiesti. I contri-
buenti che devolvono la quota dell’1% restano anonimi.
• Chi può effetture la tax designation?
Persone fisiche residenti che pagano l’imposta sui redditi individuali.
• Chi sono i beneficiari?
Tutti gli enti non profit e non governmental organization (fondazioni e associazioni)
e le istituzioni pubbliche che rientrano nella lista dei soggetti pubblici beneficiari
(dall’Hungarian Opera House alle piccole librerie locali). Inoltre se il contribuente
non vuole utilizzare il suo 1% per la Chiesa (come previsto accanto alla percenta-
ge philantropy) può devolverlo ad un fondo speciale individuato annualmente (c.d.
“Budget Act”). Tra gli obiettivi del fondo degli anni passati: soccorso per alluvione,
lotta per l’allergia al polline o celebrazione per un qualche evento storico particolare.
• Quali criteri bisogna rispettare per diventare beneficiari?
La NGO deve svolgere attività d’interesse pubblico (public benefit activities) e non essere
coinvolta in attività politiche. Non è necessario avere lo status di “public benefit
organization” (PBO).
La NGO deve condurre la propria attività da almeno due anni (inizialmente erano tre),
nel caso di “outstanding public benefit organization” è sufficiente un solo anno di
attività prima della registrazione34. Dal 2002 ai beneficiari è consentito avere debiti
pubblici purchè si acconsenta a detrarre l’importo di tale debito dalla somma spet-
tante a seguito dell’1% designation .
Inoltre essi devono operare nell’interesse della popolazione locale o comunque nei con-
fini nazionale (è infatti fatto divieto di ricevere le somme assegnate per quelle NGO
che operano per lo sviluppo di altri Paesi.
• Quali documenti vengono richiesti ai beneficiari?
Sono previste due differenti modalità nel caso siano NGO o abbiano lo status di PBO. Nel
primo caso l’organizzazione deve pubblicare un report (il 31 di ottobre) con l’utilizzo
delle risorse dei fondi ricevuti, redatto in forma di “press announcement”, di cui una
copia originale deve essere sempre tenuta come prova per eventuali controlli. Nel
caso di PBO non è necessario inoltrare alcun report all’agenzia governativa avendo
già di per sé una particolare disciplina in materia di rendicontazione.
• Fonti normative
La Law on Personal Income Tax, nella quale, nel 1997 fu introdotto l’emendamento all’i-
stituto dell’1% designation. Le modalità di funzionamento sono regolate da una
legge separata, la “ACT CXXVI” del 1996. L’Ungheria è il solo paese che ha provve-
34 In Ungheria esistono due livelli di public benefit status. Nel caso si ottenga lo status di “outstandingly
public benefit”, aumentano i benefici ma molto più elevati i livelli di accountability e criteri richiesti alle NGO.
Lituania
La legge sulla sussidiarietà fiscale risale al 2002: i contribuenti persone fisiche possono
devolvere il 2% del valore della loro dichiarazione dei redditi ad una o più Public Benefit
Organization (PBO). Vengono definite PBO tutte le associazioni e istituzioni pubbliche
regolate dalla legge sulle “Charity and Sponsorship” (ossia tutti gli enti nonprofit che già
godevano di esenzione fiscale per le donazioni filantropiche). Nella loro dichiarazione
dei redditi i contribuenti inoltrano la richiesta alla Tax Authority che a sua volta, dopo
aver verificato i requisiti eroga l’importo assegnato, i “donatori contribuenti” restano
anonimi.
• Chi può effettuare la tax deignation?
Tutte le persone fisiche residenti che presentano dichiarazione dei redditi. Viene richie-
sto un importo minimo per la designazione della somma (non unicamente basato sul
calcolo dell’imposta sul reddito). Qualora il contribuente non la raggiungesse viene
escluso dalla possibilità di poter devolvere la sua philantropy percentage.
• Chi sono i beneficiari?
Tutti gli enti nonprofit e non-governmental (compresi le Charity e Sponsorship Funds),
le istituzioni pubbliche regolate dalla legge sulle “Charity e Sponsorship” ( che com-
prendono nella pratica quasi tutte le istituzioni pubbliche), la Chiesa e i sindacati.
• Quali criteri bisogna rispettare per diventare beneficiari?
Solo le organizzazioni con lo status di PBO, ossia che svolgono un’attività tra quelle
segnalate in un’apposita lista di public benefit activities (lo status di PBO è stato
regolato attraverso un emendamento del 2002 alla legge sulle “Charity and Spon-
sorship”). Tale status garantisce infatti di per sé tutta una serie di requisiti inerenti
la trasparenza dell’operato e l’accountability.
In ultimo non avere debiti con il settore pubblico (ad esempio tasse arretrate non pa-
gate).
• Quali documenti vengono richiesti ai beneficiari?
Alle organizzazioni non viene rischiesto il report specifico per il percentage philantropy
unicamente perché come PBO devono presentare un report dettagliato con l’utilizzo
di tutti i fondi ricevuti. Nello specifico devono presentare due report: il primo con
l’illustrazione dei grants e delle donazioni ricevute e l’altro che indichi l’utilizzo di
questi.
• Riferimenti normativi
I riferimenti principali sulla percentage legislation sono contenuti nella legge che re-
gola le PBO (Charity and Sponsorship Law), mentre il riferimento all’istituto del 2%
è contenuto in un emendamento del 2002 della “Law on Residents’ Income Tax”. I
dettagli del funzionamento sono regolati dalla disposizione n. 305 del Ministro delle
Finanze del 2002.
Capitolo III 61
Polonia
Le persone fisiche possono decidere di devolvere l’1% delle tasse pagate ad una o più
PBO attraverso un meccanismo differente rispetto agli altri paesi: in questo caso si trat-
ta di una sorta di tax credit visto che è il contribuente stesso che riduce dell’ammontare
totale delle tasse da pagare una quota dell’1% devolvendo poi direttamente al benefi-
ciario prescelto (non c’è intermediazione della tax authority).
• Chi può effettuare la tax designation?
Persone fisiche residenti che presentano dichiarazione dei redditi, fatta eccezione sia
per i lavoratori nel settore dell’agricoltura che pagano le tasse regolate dall’Agri-
cultural Tax Act che per i lavoratori che presentano dichiarazione attraverso i loro
datori di lavoro (circa il 22%).
• Chi sono i beneficiari?
Le NGO. E’ esclusa la Chiesa ma non le associazioni da questa istituite per attività di
pubblico interesse (ad es. le scuole).
• Quali criteri bisogna rispettare per diventare beneficiari?
Unicamente le PBO regolate dal Public Benefit Activity and Volunteerism e non avere
debiti nei confronti del settore pubblico.
• Quali documenti vengono richiesti ai beneficiari?
Viene richiesto, in quanto PBO, di rendicontare la provenienza e l’utilizzo di tutti i fondi
ricevuti ( non c’è una specifica per la percentage philantropy) in un report che viene
inoltrato al Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali.
• Riferimenti Normativi
La parte importante inerente la percentage legislation si trova nella legge che regola lo
status di PBO (Act of Law del 24 Aprile 2003 su Public Benefit Activity and Volunte-
erism), mentre nella Law on Physical Persons’ Income Tax on Public dell’aprile 2003
vengono specificati modi e condizione per il funzionamento dell’1% designation.
Slovacchia
Sia le persone fisiche che le imprese possono devolvere il 2% della dichiarazione dei
redditi ad NGO. Nel caso di imprese private possono scegliere più NGO cui devolvere
(la percentage philantropy è stata incrementata dall’1% al 2% a seguito di un emen-
damento dello Slovak Income Taxes Act del 2003). Le NGO devono registrarsi tramite
notaio in una lista per diventare beneficiari, la Tax Authority provvede poi a trasferire gli
importi devoluti alle NGO incluse nel registro notarile e i contribuenti restano anonimi.
• Chi può effettuare la tax designation?
Sia le persone fisiche ( alle quali viene richiesto un importo minimo per designare la
quota al bneficiario) che le imprese private.
• Chi sono i beneficiari?
Le NGO che svolgono public benefit activities.
• Quali criteri bisogna rispettare per diventare beneficiari?
Le NGO devono essere state costituite un anno prima della registrazione (e quindi due
anni prima dell’erogazione effettiva della somma assegnata). Non devono avere de-
Romania
A seguito della riforma fiscale avvenuta nel 2003 attraverso government emergency or-
dinance la percentuale dell’imposta sul reddito che può essere devoluta ad NGO è stata
incrementata dall’1% al 2% (seppur entrata in vigore nel 2006).
• Chi può effettuare la tax designation?
Il contribuente persona fisica può devolvere la sua quota o attraverso la sezione ap-
posita della dichiarazione dei redditi (Declaration of Global Income) o, qualora non
utilizzi tale forma di dichiarazione (perché ad esempio è il datore a provvedere al
pagamento), inoltrando un apposito documento, il Form 230 – Request regarding
the destination of up to 2% of the annual tax, all’ufficio amministrativo fiscale di
competenza.
• Chi sono i beneficiari?
Gli enti non profit che rientrano nella legge O.G. n.26/2000 (che regola l’istituto della
fondazione e dell’associazione) nonchè altri enti non profit previsti da altre leggi
(compresi enti ecclesiastici, sindacati e altre organizzazioni religiose).
• Quali criteri bisogna rispettare per diventare beneficiari?
Essere in regola con le leggi che regolano i vari istituti degli enti non profit (comprendo-
no un ampio spettro di organizzazioni come precedentemente affermato).
• Quali documenti vengono richiesti?
Esistono legislazioni di riferimento in base ai distretti territoriali.
• Riferimenti normativi
Government emergency ordinance (O.U.G. No. 138/2004 ) approvato con la legge 163
del 2005.
35 Osservatorio sull’economia sociale – Agenzia per le Onlus, Nuove misure fiscali adottate dagli Stati
europei a favore delle organizzazioni non profit e della società civile, aprile 2010.
Capitolo III 63
lorizzazione della cosiddetta percentage law, che rappresenta un’opportunità concreta
di attivismo da parte della società civile, ma poco diffusa nei contesti europei occi-
dentali e, laddove applicata, spesso circondata da un forte alone di discrezionalità da
parte delle autorità pubbliche. E’ comunque opportuna un’analisi che consenta di capire
come le ONP, espressione della società civile, possano sviluppare risorse alternative o
complementari al finanziamento pubblico, anche attraverso politiche fiscali di incenti-
vazione per ampliare il ventaglio di possibilità di finanziamento. La maggior parte degli
ordinamenti giuridici riconosce il contributo che le ONP forniscono alla generalità e
solitamente le ricompensa di tale contributo attraverso varie forme di benefici fiscali.
A differenza di quello che avviene nei Paesi dell’Est dove la materia è ormai da tempo
oggetto di studio e discussione, nei restanti paesi dell’Europa occidentale il dibattito
è poco sviluppato e rimane legato a forme di finanziamento tradizionale, come quello
della Chiesa in Germania, o a nuovi meccanismi di implementazione della percentage
philanthropy all’interno “libertà di culto”, come in Spagna e Portogallo. In questa se-
zione si prendono quindi in considerazione una serie di paesi europei occidentali, molti
dei quali, pur non applicando direttamente una vera e propria percentage law a favore
delle ONP (in alcuni di essi, come si vedrà, sono presi in considerazione le sole confes-
sioni religiose) prevedono comunque forme di benefici fiscali che si declinano nelle due
seguenti azioni:
• esenzioni o riduzioni d’imposta sulla tassazione del profitto realizzato dalle orga-
nizzazioni stesse;
• benefici fiscali a favore di chi supporta economicamente le organizzazioni (come ad
esempio nel caso delle donazioni);
Le schede di seguito presentate prendono in considerazione i benefici fiscali partendo da
una verifica di quattro punti fondamentali: le fonti di finanziamento generali delle ONP;
le forme di esenzioni o riduzione d’imposta per le ONP; i benefici fiscali per i donatori;
forme di percentage law applicate alle confessioni religiose.
Austria
Belgio
Capitolo III 65
ecceda il 5% del reddito imponibile fino a un massimo di 500.000 euro
Danimarca
Finlandia
Francia
L’articolazione delle fonti di finanziamento varia molto in relazione agli ambiti di attivi-
tà: sanità, educazione e servizi sociali sono quelli con una forte predominanza di finan-
ziamenti pubblici così come previsto dal sistema di welfare state francese. Le attività
commerciali prevalgono per i settori della cultura e della ricreazione, dello sviluppo e dei
servizi a domicilio, delle organizzaioni ambientali e professionali.
Capitolo III 67
prevista una riduzione d’imposta. L’associazione può inoltre ottenere entrate tramite il
ricavato proveniente da: concerti, spettacoli, visite guidate, aperture di cinema e risto-
ranti; può inoltre raccogliere fondi tramite sottoscrizioni derivanti da lotterie, tombole,
balli, manifestazioni e gala.
Germania
Grecia
Paesi Bassi
37 Allen J., In Europe ‘Church Taxes’ Not Unusual, in “National Catholic Reporter”, 29 gennaio 1999.
Capitolo III 69
• le donazioni costituiscono il 3% delle entrate. Queste ultime sono la minore entrata
ma rappresentano una fonte di finanziamento molto rilevante per alcuni campi,
come ad esempio le associazioni a carattere religioso che ricevono per l’82% contri-
buti dai propri membri sotto forma di donazioni.
Portogallo
Regno Unito
Capitolo III 71
delle attività di una charity, ma anche questi tipi di entrata non sono esenti da
problemi quali rischi insiti in tali attività, la percezione negativa che si accompagna
ad eventuali operazioni infruttuose o quella derivante dallo stabilirsi di rapporti con
enti economici non compatibili con le finalità dell’associazione investitrice;
• lotteria nazionale.
Spagna
Svezia
Capitolo III 73
• per il 60% i fondi provengono da attività proprie delle ONP;
• l’11% sono donazioni private.
Conclusioni
Come fa osservare Nilda Bullein dell’European Center for Not-for-Profit Law, da una
analisi e comparazione di quello che avviene nei Paesi europei è difficile parlare di un
meccanismo univoco di percentage law che sia funzionale e soddisfi tutte le esigenze
delle parti in causa senza creare tensioni (Autorità fiscale, contribuenti ed NGO). In
Ungheria, ad esempio, il sistema è molto semplice da utilizzare per i contribuenti e
molto più “liberale” per le NGO, allo stesso tempo però ci sono molte più possibilità di
commettere errori o abusi così come il sistema di controlli da parte della Tax Authority
è molto più costoso e burocratico. In Slovacchia il sistema è estremamente molto più
controllato per le NGO, fatto che però disincentiva e determina una bassa percentuale
di iscrizione per rientrare tra i beneficiari, mentre, nel caso della Lituania, i contribuenti
si aspettano dalle autorità pubbliche informazioni più dettagliate sugli enti che stanno
andando a finanziare. Nel resto d’Europa, l’approccio tradizionale è stato quella della
“church tax”, non solo in Germania, Spagna e Portogallo, ma anche in Italia dove il
sistema dell’8 x 1000 alla Chiesa Cattolica è stato spesso utilizzato come modello di
riferimento. Con il tempo, il sistema di church tax si è allargato andando ad includere
un numero sempre più ampio (anche se ancora poco soddisfacente) di confessioni ed è
servito come base di partenza per l’istituto 5 x 1000, che sebbene sia ancora all’inizio, si
pone indubbiamente come una modalità all’avanguardia in Europa.
Riuscire a fare una sintesi delle forme di incentivazione fiscale a livello europeo è sicu-
38 Young, D. R. e Steinberg R., Economics for Nonprofit Managers, New York, The Foundation Center, 1995.
Capitolo III 75
76 Sussidiarietà fiscale ed Europa: quali strumenti?
Capitolo IV
39 Cfr. Agenzia delle Entrate, 5 per mille 2008, completata la ripartizione delle somme. Più di 397milioni di
euro agli enti beneficiari [comunicato stampa del 18 marzo 2010].
Capitolo IV 77
Inoltre, assieme all’auspicata semplificazione della normativa40, il 5X1000 rappresenta una
delle leve fondamentali per rafforzare l’interazione tra Stato e Società in vista del mo-
dello sociale delineato nel Libro bianco del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
L’idea che orienta la transizione verso questo nuovo assetto è che: “enormi, ed in parte
non ancora esplorate, sono [dunque] le potenzialità del Terzo Settore nella rifondazione
del nostro sistema sociale visto che già oggi associazioni, gruppi di volontariato, imprese
sociali, fondazioni e corpi intermedi si caricano dei bisogni dei singoli e trovano soluzioni
innovative ad essi”41. Le organizzazioni della società civile rappresentano quindi un patri-
monio che occorre valorizzare, dotandole di strumenti adeguati a potenziare la funzione
che già assolvono. Sotto questo profilo, il 5X1000 va considerato come un primo passo
verso un rinnovamento normativo ormai necessario. La scelta di avviare il riordino del
Terzo Settore, cominciando dalla dimensione fiscale è di per sé significativa. Difatti, se il
Terzo Settore rappresenta un soggetto in grado di “tessere i fili smarriti della comunità”42
occorre sostenerlo e far sì che l’azione sociale delle diverse organizzazioni che lo compon-
gono sia il più autonoma possibile. È evidente che l’autonomia vada di pari passo con la
possibilità di differenziare le fonti di finanziamento. Il superamento del contracting-out
come fonte principale di sostegno economico al non profit passa appunto per una decisa
implementazione delle forme di democrazia fiscale. In generale le tre fonti caratteristiche
di finanziamento delle organizzazioni sociali (fondi pubblici, attività economiche in senso
stretto e donazioni) assieme all’introduzione di meccanismi di Percentage Philanthropy
dovrebbero arrivare a costituire quello che Hadzi-Miceva definisce “a supportive financing
framework”43, un quadro di supporto finanziario nel quale, a seconda del tipo di organiz-
zazione, una fonte è sì preponderante, ma non esclusiva44.
D’altro canto non bisogna dimenticare che, con l’introduzione del 5X1000, si accresce
anche l’autonomia dei contribuenti, intesa sia come capacità di autogovernarsi sia come
indipendenza delle decisioni. Per i cittadini, come abbiamo evidenziato nei precedenti
capitoli, il 5X1000 rappresenta una prima – e certamente parziale – applicazione del con-
cetto di taxation self-determination. In senso giuridico, difatti, il 5X1000 non è assimila-
bile ad una donazione, ma è una forma di allocazione delle tasse. In altre parole lo Stato
conferisce un diritto a ciascun contribuente di decidere dove allocare, e quindi come usare,
una certa percentuale del bilancio pubblico45. Il presupposto di questo meccanismo è che
40 Cfr. Montedoro C., Caramelli E. e Marucci M. (a cura di), L’inquadramento giuridico dell’associazionismo
di promozione sociale all’interno del terzo settore, Coll. “Strumenti per” n. 2, Roma, ISFOL, Giugno 2010,
p. x. Questo recente studio giuridico dell’Area Risorse strutturali e umane dei sistemi formativi concentra
l’attenzione sulle associazioni di promozione sociale, una componente importante degli enti beneficiari del
5X1000.
41 Cfr. Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Libro Bianco sul futuro del modello sociale,
cit., p. 21.
42 Ibidem.
43 Cfr. Hadzi-Miceva K., A Supportive Financing Framework For Social Economy Organizations, Budapest,
ECNL, 2005.
44 Si ricorda che secondo i risultati del Comparative Nonprofit Sector Project della Johns Hopkins University
di Baltimora la prevalenza delle fonti di finanziamento dipende dal settore nel quale opera l’organizzazione.
Ad esempio, le organizzazioni “a dominanza di servizio” basano la propria operatività soprattutto su contributi
pubblici; cfr. Salamon L. M., Sokolowski S. W. e List, R., Global Civil Society: An Overview, in Salamon L. M.
e Sokolowski S. W. (a cura di), Global Civil Society: Dimensions of the Nonprofit Sector, Vol. 2, Bloomfield,
Kumarian Press, 2004, pp. 28-29.
45 Cfr. Bullain N., Explaining Percentage Philanthropy: Legal Nature, Rationales, Impacts, “The International
Journalof Not-for-Profit Law”, 2004, 4, pp.
Capitolo IV 79
loro destinate, di seguito si avrà un primo riscontro sulle aspettative e le opinioni dei
cittadini. Attraverso quesiti volti a sondare tanto il profilo sociale dei donatori, quanto
comportamenti e motivazioni, si cercherà di offrire uno spaccato dettagliato del parti-
colare sottogruppo di contribuenti che usano il 5X1000 per sostenere gli enti del Terzo
Settore. Dal confronto tra la prospettiva esterna (cittadini-contribuenti) ed interna (enti
beneficiari) dovrebbe essere possibile ricostruire lo stato dell’arte rispetto all’introdu-
zione del 5X1000 e di lì avviare una riflessione sulle strade da percorrere per rafforzare
questo promettente meccanismo.
L’indagine sugli individui che hanno destinato il 5X1000 al Terzo Settore è stata pro-
gettata in ottica eminentemente esplorativa. Innanzitutto va notato che nonostante il
5X1000 abbia coinvolto negli anni milioni di cittadini, poche sono le indagini ad esso
dedicato. L’unica disponibile è stata realizzata nel 2007 dall’Istituto di Ricerche Educative
e Formative su un campione di mille contribuenti50. L’indagine evidenziava che la scelta
del beneficiario dipendeva da un legame fiduciario e di prossimità con l’organizzazione: il
72,8% degli intervistati aveva indicato un’organizzazione specifica e tra le motivazioni che
orientavano la scelta prevalevano la fiducia nell’operato dell’ente/associazione (56,6%) e
il coinvolgimento personale in qualità di volontario (15,9%). In altre parole, il marketing
sociale non sembrava incidere più di tanto sulle opzioni dei contribuenti. L’indagine, pur
non distinguendo coloro che destinavano il 5X1000 al sociale, evidenziava la rilevanza
della dimensione motivazionale e dell’esperienza diretta all’interno dei contesti associati-
vi. Sulla scorta di queste indicazioni è possibile formulare alcune domande fondamentali
nello sviluppo del disegno di ricerca. Innanzitutto, quali sono le valutazioni che portano
i cittadini a scegliere di firmare per il 5X1000? In seconda battuta, per quale motivo si
predilige un’organizzazione piuttosto che un’altra? Rispondere a queste domande aiuta a
comprendere quanto favore riscuote il concetto di taxation self-determination e, in secon-
da istanza, quali siano le condizioni per implementarne ulteriormente l’uso.
Un secondo elemento di approfondimento è dato dal profilo sociale dei contribuenti che
destinano il 5X1000 al sociale. A riguardo, nell’indagine ISFOL oltre alle consuete infor-
mazioni demografiche, si è ritenuto di sondare anche la dimensione della partecipazione
sociale. L’ipotesi teorica è ben nota: sussiste una relazione tra civismo ed uso sociale
del denaro. Sebbene questo nesso sia stato elaborato soprattutto in studi sul consumo51,
50 Cfr. IREF, Quando a scegliere è il contribuente. Indagine conoscitiva sul cinque per mille, anticipazioni
della ricerca, Roma, 2007.
51 Cfr. Sassatelli R., Consumi e democrazia. Consumi critici, mercati alternativi, giustizia globale, in
Rebughini P. e Sassatelli R. (a cura di), Le nuove frontiere dei consumi, Verona, Ombre Corte, 2008; Lori M. e
Volpi F., Partecipare consumando. La cultura politica dei consumatori responsabili, in Rebughini P. e Sassatelli
R., Le nuove frontiere dei consumi, cit., pp. 100-114; Lori M. e Volpi F., Scegliere il bene. Indagine sul consumo
responsabile, Milano, FrancoAngeli, 2007; Ceccarini L., Consumare con impegno, Roma-Bari, Laterza, 2008.
Questo filone di studi ha posto l’attenzione soprattutto sul “consumo critico” e sulla connotazione politica
delle scelte di consumo. In questo ambito le donazioni rappresentano una sorta di grado zero nell’uso sociale
Nella definizione della metodologia di indagine è stato necessario prestare molta atten-
zione alla corretta identificazione dei soggetti eleggibili per l’intervista. Attraverso una
serie di domande filtro si è giunti all’identificazione dello specifico target d’indagine.
Nella tabella 1 si riportano i risultati complessivi dell’attività di field. Come detto, i
del denaro. Sulla politicità di questi comportamenti le opinioni sono discordanti: si oscilla tra gli inviti a
“votare con il portafoglio (cfr. Becchetti L., Di Sisto M. e Zoratti A., Il voto nel portafoglio. Cambiare consumo e
risparmio per cambiare l’economia, Trento, Il Margine, 2008) e l’idea che le forme più consapevoli di consumo
critico possono essere considerate come “azioni collettive individualizzate”(cfr. Micheletti M., Political Virtue
and Shopping, New York, Palgrave MacMillan, 2003, p. xi).
52 Caramelli E. e Marucci M. (a cura di), Legami di cittadinanza. Indagine sulle pratiche di partecipazione
nelle associazioni di promozione sociale, Rapporto di ricerca, Roma, 2008, p. 28, tab. 3.1.
53 Tra gli intervistati con una posizione sociale elevata, il 70% ha fatto una qualche elargizione in denaro;
la percentuale diminuisce al calare dello status, passando al 56,4% per il livello medio e, infine, si ferma al
40,9% per i soggetti con una posizione socio-economica bassa, ivi, p. 30, tab. 3.3.
54 Nel rapporto si fa comunque notare che sebbene l’analisi a seconda dello status fornisca un contributo
esplicativo notevole, non bisogna dimenticare che alla base degli usi sociali del denaro spesso si ritrovano
sostrati valoriali, come ad esempio la religiosità, che portano gli individui a superare i limiti oggettivi della
propria condizione economica, ibidem.
Capitolo IV 81
contribuenti che hanno devoluto il 5X1000 ad enti di Terzo Settore sono un insieme
ristretto di individui. Per raggiungere questo gruppo di cittadini sono stati necessari un
gran numero di contatti telefonici poiché, oltre a ricercare soggetti che avessero deci-
so di destinare quota parte dell’Irpef, si è dovuto selezionare solo coloro che avessero
fatto tale donazione nei confronti di un’organizzazione del sociale. Tale operazione si
è rivelata alquanto laboriosa (l’elevata quota di rifiuti all’intervista, 4326, ne conferma
la difficoltà). Nel complesso, per ottenere un’intervista valida, sono stati necessari dieci
contatti. Al di là dei soggetti ineleggibili per completa o imperfetta conoscenza dello
strumento del 5X1000, sono stati contattati circa 250 individui che, pur avendo desti-
nato la quota Irpef, hanno optato per altri soggetti non appartenenti al Terzo Settore
(Università, Comuni, Ricerca scientifica e sanitaria etc.).
Nella dichiarazione dei redditi 2009, ha scelto di destinare il 5X1000 dell’Irpef? v.a.
A Sì (di cui:) 854
Associazione (Onlus, promozione sociale, volontariato, cooperativa etc.) 601
Ente di ricerca/università 168
Associazione sportiva dilettantistica 35
Attività sociali svolte dal mio Comune 50
B No (di cui:) 380
Non ero a conoscenza dello strumento 82
Non sapevo a chi devolvere / non ci ho pensato 81
Penso ci sia poca trasparenza nella gestione dei finanziamenti 15
Sono contrario a questo tipo di richieste a prescindere 34
Altro 168
C Devolvo alla chiesa* 55
D Esente dalla dichiarazione dei redditi per reddito basso 274
E Intervista interrotta 75
F Non so, se ne occupa il commercialista 215
G Rifiuto 4.326
Totale contatti utili (A+B+C+D+F+G) 6.104
Totale contatti 6.179
Al termine dell’attività di field sono stati contattati 601 individui che hanno dichiarato di
aver destinato il 5X1000 ad un ente del sociale: Onlus, Associazione di Promozione Sociale,
Nel complesso dei 601 individui contattati, il 62,6% è donna (tab. 2). Per quel che ri-
guarda l’età, in media le persone coinvolte nel sondaggio hanno 54 anni. Quasi il 30%
degli intervistati ha tra i 45 e 54 anni, nella fascia di età successiva (55-64 anni) si trova
il 25,1% dei contatti, un altro 24% di soggetti ha più di 65 anni. Decisamente minori
sono le quote di intervistati più giovani: 15,3% i 35-44enni, solo il 7% ha meno di 35
anni. Il dato anagrafico è chiaramente collegato al particolare target di popolazione
interessato dall’indagine: i giovani tendono ad essere sottorappresentati poiché per ri-
spondere all’indagine occorreva aver presentato la dichiarazione dei redditi e quindi
lavorare.
Sesso v.a. %
Maschio 225 37,4
Femmina 376 62,6
Totale 601 100,0
Età
Da 18 a 24 anni 6 1,0
Da 25 a 34 anni 36 6,0
Da 35 a 44 anni 92 15,3
Da 45 a 54 anni 172 28,6
Da 55 a 64 anni 151 25,1
Oltre a 65 anni 144 24,0
Totale 601 100,0
Media 54,6
Mediana 54
Minimo 18
Massimo 90
Capitolo IV 83
La connotazione prettamente femminile del campione rimanda invece in parte alla tec-
nica di rilevazione (nelle survey telefoniche è più probabile contattare delle donne), in
parte alla scelta di non quantificare in modo puntuale le caratteristiche demografiche
dei donatori, così da privilegiare l’identificazione del sottogruppo di contribuenti che
hanno destinato il 5X1000 ad organizzazioni del sociale55.
Passando alle informazioni relative allo status dei contribuenti intervistati (tab. 3),
spicca la distribuzione della variabile “titolo di studio”. Nel 43,8% dei casi sono state
contattate persone in possesso di un diploma di scuola media superiore, in quasi un’in-
tervista su quattro (24,3%) si è avuto a che fare con un laureato, infine, poco meno del
24% degli intervistati aveva la licenza media.
Titolo di studio
Nessun titolo di studio 3 0,5
Licenza elementare 46 7,7
Licenza media inferiore 143 23,8
Diploma media superiore 263 43,8
Laurea-diploma di laurea 146 24,3
Totale 601 100,0
Professione
Imprenditore, libero professionista 40 6,7
Artigiano, esercente, commerciante, agricoltore 16 2,7
Dirigente, funzionario, quadro 20 3,3
Impiegato-insegnante 194 32,3
Operaio 37 6,2
Casalinga 77 12,8
Studente 6 1,0
Pensionato 193 32,1
Non occupato 18 3,0
Totale 601 100,0
Reddito annuo
Alto (Maggiore di 60.000 Euro) 1 0,2
Medio alto (Da 30.001 a 60.000 Euro) 105 17,5
Medio basso (Da 15.000 a 30.000 Euro) 314 52,2
Basso (Fino a 15.000 Euro) 101 16,8
Rifiuto 80 13,3
Totale 601 100,0
55 Trattandosi di una popolazione sulla quale non vi erano grandezze conosciute rispetto alle quali costruire
il campione, le peculiarità demografiche summenzionate possono essere considerate un risultato dell’indagine,
al netto dei condizionamenti dovuti allo strumento di rilevazione usato. Ciò non rappresenta un problema
poiché, come detto in precedenza, la presente ricerca ha un carattere prettamente esplorativo.
Capitolo IV 85
I nuclei familiari composti da due persone sono quasi il 30%, le famiglie di tre o quat-
tro persone sono rispettivamente il 24,5% e il 27,3%. Andando invece a considerare le
tipologie familiari risulta una netta preponderanza (56.4%) di coppie con figli, mentre
poco meno del 30% del campione è composto da coppie senza figli. Combinando le due
informazioni disponibili si nota che il tipo familiare maggiormente diffuso tra le seicen-
to famiglie contattate è quello della coppia con due figli (27,5% del totale dei nuclei
intervistati – dato fuori tabella).
Passando alle classiche variabili territoriali (tab. 5), si nota che più del 30% delle per-
sone contattate vive in piccoli centri con meno di 10mila abitanti, in città di media
grandezza (tra 10mila e 100mila abitanti) risiede il 45,8% dei contribuenti contattati,
decisamente sottorappresentati sono gli individui che abitano nelle città più grandi:
(solo l’11% vive in centri con più di 500mila abitanti).
Guardando i dati per macroarea geografica, si evidenzia che un terzo degli intervistati
vive nel Meridione d’Italia, il 27% nel Nord-Ovest e i due quinti si dividono equamente
tra Nord Est (19,5%) e Centro Italia (20,3%). Sotto il profilo territoriale prevalgono
quindi le persone che vivono nell’“Italia municipale”, lontane dai grandi centri.
Per completare il profilo sociale degli intervistati, il sondaggio prevedeva due quesiti
atti a sondare dimensioni solitamente collegate con la propensione ad un uso sociale
e consapevole del denaro e delle tasse, ossia le convinzioni religiose ed il livello d’in-
formazione su temi di attualità. Per quel che riguarda il primo elemento, il legame tra
l’essere credenti e la scelta del 5X1000 è probabilmente mediato dalla conoscenza di
un altro strumento di sussidiarietà fiscale: l’8X1000. È plausibile che la disponibilità a
destinare una quota Irpef al sociale vada di pari passo con la consuetudine di donare
Tabella 6 Religiosità
Capitolo IV 87
Tabella 7 Frequenza d’uso dei mezzi di informazione
A riguardo (tab. 7) si può notare che i valori fatti registrare dal campione rispetto ai
diversi tipi di mezzi di informazione sono tutti abbastanza elevati: un intervistato su tre
acquista tutti i giorni un quotidiano; nel 31,8% dei casi segue con assiduità trasmissioni
televisive di approfondimento e in un caso su cinque consulta sempre o spesso forum,
newsgroup o blog su questioni sociali, la quasi totalità degli intervistati dichiara di
guardare sempre o spesso i TG.
Il fatto che il 5X1000 rappresenti un comportamento agito da individui dotati di uno
spiccato interesse per le questioni sociali offre lo spazio per supporre che, in termini di
motivazioni, donare una quota delle proprie tasse rappresenti uno strumento per se-
gnare il proprio impegno nella società. L’ipotesi del 5X1000 come gesto di cittadinanza
attiva, necessita di essere approfondita e, a tale scopo, può essere utile integrare le
considerazioni fatte sinora con i dati relativi all’uso sociale del denaro (donazioni) e al
civismo, considerato attraverso un indicatore classico come il volontariato.
Sempre allo scopo di ricostruire l’identikit sociale del contribuente che dona il 5X1000 al
Terzo Settore, il questionario prevedeva una serie di domande relative all’uso sociale del
denaro e al civismo. Rispetto al primo indicatore occorre preliminarmente ricordare che
donazioni e 5X1000 sono dal punto di vista concettuale due istituti differenti.
Le liberalità in denaro e la destinazione di una quota delle tasse giuridicamente hanno
significati profondamente differenti. Anche da un punto di vista concreto sussistono
differenze: le donazioni solitamente vengono fatte nell’ambito di campagne di sotto-
scrizione e i proventi vengono usati per un obiettivo specifico. Al contrario il 5X1000
Tabella 8 Donazioni in denaro negli ultimi dodici mesi ed occasione nella quale è stata fatta la
donazione
È significativo che la solidarietà a distanza venga sostenuta non solo nei casi in cui il
trasporto emotivo è più forte: le donazioni in occasione delle campagne di raccolta fon-
di per le tragedie umanitarie sono certamente un atto meritorio, tuttavia, la decisione di
sostenere le iniziative sociali a prescindere dalla presenza di una specifica emergenza è
una scelta che implica una maggiore consapevolezza. C’è infine da notare che un com-
portamento non esclude l’altro, difatti, la modalità di donazione più diffusa, è quella che
interessa tutti e due i versanti di impegno.
Scomponendo i dati riferiti alle donazioni per alcune delle principali variabili socio-
demografiche non si notano particolari correlazioni, né per quel che riguarda la compo-
nente anagrafica (sesso ed età, fatta eccezione per un leggero sottodimensionamento
delle classi giovani: solo il 55,6% dei 25-34enni ha fatto una donazione) né rispetto alle
Capitolo IV 89
variabili di status (titolo di studio e professione).
Passando al volontariato (tab. 9), più di un intervistato su cinque afferma di essere attual-
mente coinvolto in un’attività non retribuita all’interno di un’organizzazione di volontariato.
Tabella 9 Volontariato
56 ISTAT, Indagine Multiscopo sulle famiglie: aspetti della vita quotidiana, coll. “Informazioni”, n.5, Roma, 2010.
Grafico 1 Donazioni in denaro negli ultimi dodici mesi per attività di volontariato (%)
Una conferma della relazione tra solidarietà agita e donazioni è data dal risultato che
si ottiene costruendo un “indice di partecipazione sociale”57 e confrontandolo con la
tendenza a fare donazioni (graf. 2). La tendenza rappresentata negli istogrammi è ab-
bastanza chiara: al crescere della partecipazione sociale, cresce anche la percentuale di
persone che fa donazioni in denaro, si passa difatti dal 69% al 74,2%, per arrivare al
79% degli individui con un livello medio-alto di partecipazione sociale.
57 L’indice di partecipazione sociale è di tipo additivo, ovvero sono stati sommati i valori positivi della
batteria di domande sull’affiliazione ad organizzazioni sociali (sindacati, associazioni, partiti e cooperative)
e si è così ottenuta una misura dell’intensità della partecipazione (in termini di numero di organizzazioni
alle quali si aderisce). Laddove si ha un valore nullo significa che l’intervistato non aderisce a nessuna delle
organizzazioni previste come modalità di risposta; un valore basso indica una sola affiliazione, mentre un
valore medio-alto sta ad indicare che il soggetto aderisce a due o più organizzazioni sociali.
Capitolo IV 91
Grafico 2 individui che hanno fatto donazioni per livello di partecipazione sociale (% per indice
di partecipazione sociale)
Un’altra peculiarità è data dal fatto che tra gli intervistati che si sono dichiarati creden-
ti-praticanti la percentuale di donatori è più alta (78,1% - dato fuori tabella): è facile
supporre che la vicinanza con i circuiti della solidarietà caritatevole spinga queste per-
sone a dare più spesso denaro per sostenere cause ed iniziative che stanno loro a cuore.
Dall’analisi delle relazioni tra la propensione alla liberalità ed alcuni comportamenti pro-sociali
si evince che i soggetti maggiormente impegnati nel mondo del volontariato e dell’associa-
zionismo dimostrano un’inclinazione superiore alle donazioni in denaro. Dietro questi com-
portamenti si delinea la consapevolezza che la solidarietà, per quanto saldamente poggiata su
una base di volontariato, ha bisogno di risorse economiche per far fronte in modo incisivo alle
emergenze sociali e ai bisogni delle componenti più vulnerabili della società. A ben vedere que-
sta idea è pienamente in linea con i presupposti del 5x1000: occorre sostenere le organizzazioni
sociali cosicché possano mantenere e rafforzare il proprio ruolo.
58 Per l’analisi delle caratteristiche socio-demografiche degli intervistati è stato usato il metodo Two-Step,
così come implementato nel package statistico Spss. Questo metodo consente il trattamento simultaneo
di variabili di natura categoriale e cardinale, oltre che la selezione automatica della migliore soluzione di
raggruppamento così da ottimizzare il numero di cluster.
Capitolo IV 93
Il secondo profilo è stato definito in termini di “occupati di classe media residenti in
provincia”. Si tratta per lo più di lavoratori dipendenti con un’età media di poco supe-
riore ai 48 anni che vivono in famiglie nella maggior parte dei casi con almeno un figlio.
Hanno un buon livello di istruzione ed un reddito di una certa consistenza (di qui la
connotazione di classe media). Vivono nella provincia italiana, soprattutto in cittadine
sotto i 100mila abitanti.
A ben vedere, entrambi i gruppi hanno un profilo sociale “ordinario”: famiglie di classe
media, un po’ più istruite, ma non per questo di status elevato; pensionati che vivono in
città, un contesto dove è più complesso far fronte ai propri bisogni sociali. Sebbene si
tratti di uno strumento attivo solo da pochi anni, il 5X1000 è entrato a far parte delle
abitudini della fascia mediana della popolazione italiana, in altre parole è un comporta-
mento che non riguarda le élites ma l’Italia popolare.
Dopo aver esplorato il profilo sociale dei contribuenti, occorre prendere in esame le mo-
tivazioni sottese alla scelta dell’ente beneficiario. A riguardo è opportuno innanzitutto
verificare quali siano state le modalità attraverso le quali gli intervistati sono venuti a
conoscenza di questa opportunità (tab. 12).
Nel 31,3% dei casi la scelta è avvenuta a seguito di una sollecitazione del professionista
che si occupa della dichiarazione dei redditi. In seconda battuta (26,5%) è la conoscenza
diretta dell’ente beneficiario ad indirizzare la scelta; seguono, con il 13,6%, le perso-
Capitolo IV 95
considera che, allo stato attuale, il 5X1000 non è un istituto stabile, poiché ogni anno
bisogna attendere la legge finanziaria per vedere confermata questa possibilità nella
dichiarazione dei redditi.
Tornando all’analisi dei dati raccolti nella survey, un’altra informazione utile a meglio
precisare le modalità con le quali i contribuenti decidono di destinare il 5X1000 è la
scelta di una specifica organizzazione (tab. 14). A riguardo le risposte degli intervistati
sono state univoche: il 94,3% afferma difatti di aver indicato uno specifico ente. L’idea
di far confluire il proprio contributo nel fondo comune ripartito in modo proporzionale
tra tutti gli enti beneficiari, non sembra interessare i contribuenti. La nettissima prefe-
renza per una specifica organizzazione, suggerisce che il 5X1000 rappresenti un scelta
esplicita e consapevole, attraverso la quale si vuole esprimere il proprio apprezzamento
per le organizzazioni sociali che si ritiene lavorino meglio o con le quali si condividono
determinati valori.
Il 5X1000 è dunque molto distante dalla beneficenza fatta per il semplice desiderio di
aiutare qualcuno, è un atto intenzionale e mirato. In altre parole, i contribuenti quando
possono scegliere lo fanno.
Le informazioni sulla stabilità e fedeltà dei contribuenti nella destinazione del 5X1000
mettono in luce il consolidamento di un blocco stabile di cittadini che ogni anno coglie
l’occasione per sostenere le organizzazioni sociali attraverso una quota di Irpef. I dati
suggeriscono inoltre un ricambio abbastanza basso: i nuovi donatori sono una quota
limitata, stimabili attorno al 6% (al netto di coloro che non ricordano). Si può quindi dire
che la fase sperimentale del 5X1000 è terminata: dalla sua introduzione ha visto sempre
crescere i contribuenti che lo usano e per la stragrande maggioranza dei cittadini rap-
presenta un appuntamento fisso. Sembra dunque che l’introduzione, seppur limitata, del
principio di autodeterminazione nella destinazione delle tasse riscuota un certo succes-
so tra i contribuenti: i risultati possono fungere da sostegno per coloro, organizzazioni
Tra le caratteristiche che orientano la scelta del beneficiario (A), nel 40,4% dei casi
c’è la vocazione territoriale dell’ente, ovvero il radicamento sociale ed operativo in un
dato contesto locale; Secondo un intervistato su quattro (24,5%) tale caratteristica
Capitolo IV 97
non è da preferire rispetto alla promozione di progetti di cooperazione internazionale;
per il 35,1% l’organizzazione preferita è quella che opera su scala locale come a livello
internazionale.
Il secondo elemento rispetto al quale esprimere le proprie preferenze, è stato la storia
dell’ente (B). In questo caso, i risultati sono più netti: il 53,9% è orientato verso associa-
zioni con una tradizione consolidata, solo il 10,8% ha invece indicato di preferire enti
di recente costituzione, per il 35,3% degli individui contattati la storia dell’ente non
influisce sulla scelta.
Il terzo tratto distintivo dell’ente, sono le dimensioni (C): per il 53,9% sono da predilige-
re le organizzazioni di grandi dimensioni. Poco più di un intervistato su cinque ammette
invece di preferire enti piccoli, presenti in un solo comune. Anche in questo caso, la
quota di persone per le quali non fa differenza è abbastanza elevata: 37,1%.
Infine si è chiesto agli intervistati di scegliere tra organizzazioni che aiutano le categorie
svantaggiate e quelle che invece si occupano di questioni più generali come ambiente e
cultura (D). Su questo elemento si registrano le differenze più marcate, poiché il soste-
gno a persone a rischio di marginalità sociale raccoglie quasi il 60% delle preferenze, a
fronte del 10,6% delle organizzazioni con scopi più generali. Rimane del 30% la quota
di individui per i quali la vocazione operativa dell’ente non fa differenza.
Le propensioni degli intervistati sono dunque abbastanza chiare. Innanzitutto, per
circa un intervistato su tre, vocazione territoriale, storia, dimensioni e settore d’in-
tervento non orientano la scelta. Tra coloro che invece quando firmano per il 5X1000
fanno valutazioni relative a questo genere di elementi, si nota una preferenza, in
alcuni casi abbastanza netta, per le organizzazioni che operano su scala locale, con
una storia consolidata e dotate di risorse organizzative (dimensioni) sostenute; infine,
un elemento che mette d’accordo una fetta consistente di intervistati, è la realizza-
zione di iniziative in favore delle categorie svantaggiate. Questo ultimo dato spinge
a collegare le opinioni sul 5X1000 con il tema, più generale, dell’assetto del welfare
state. La società civile difatti assolve importanti funzioni all’interno del sistema assi-
stenziale: oltre a gestire interi comparti di servizio, spesso interviene in quegli ambiti
dove la mano pubblica non sempre arriva (come per l’appunto le povertà estreme,
l’assistenza ai migranti, le tossicodipendenze), arrivando a tamponare i bisogni sociali
dei cittadini. Coerentemente con questa funzione gli intervistati intendono il 5X1000
come un sostegno a quelle realtà che si fanno carico di assistere i soggetti svantag-
giati poiché sono consapevoli che senza il loro contributo questi bisogni rimarrebbero
probabilmente scoperti. In sintesi, le organizzazioni sociali sono considerate un attore
essenziale del welfare. I cittadini intervistati sembrano aver preso atto della transi-
zione che ha condotto al welfare mix: un sistema assistenziale di prossimità nel quale
il mondo del sociale si fa carico di rispondere ai bisogni di cura e assistenza di quote
sempre maggiori di persone.
Il fatto che la destinazione del 5X1000 sia una scelta estremamente focalizzata,
emerge con chiarezza anche dall’analisi delle informazioni disponibili sul settore nel
quale opera l’organizzazione indicata dagli intervistati nell’ultima dichiarazione dei
redditi (tab. 16).
% sulle
Settore v.a. % sui casi
risposte
Sanità 218 33,3 38,4
Assistenza sociale 167 25,5 29,5
Istruzione e ricerca 108 16,5 19,0
Cooperazione e solidarietà internazionale 41 6,3 7,2
Religione 33 5,0 5,8
Filantropia e promozione del volontariato 27 4,1 4,8
Cultura, sport e ricreazione 17 2,6 3,0
Ambiente 15 2,3 2,6
Sviluppo economico e coesione sociale 11 1,7 1,9
Tutela dei diritti e attività politica 4 0,6 0,7
Relazioni sindacali e rappresentanza di interessi 2 0,3 0,4
Non saprei 6 0,9 1,1
Altri settori 5 0,8 0,9
Totale risposte 654 100,0 115,3*
Casi validi 567 - -
Casi mancanti 34 - -
Capitolo IV 99
po di politiche sociali inclusive e vicine ai cittadini. Si ripropone in altre parole l’ambi-
valenza che nel Libro Verde sul Terzo Settore viene definita in termini di opposizione tra
un “Terzo Settore prestazionale” ed un “Terzo Settore promozionale”59.
Nella tabella 17 sono invece riportati i motivi che hanno spinto gli intervistati a sce-
gliere una specifica organizzazione. Nella maggior parte dei casi (32,6%) il movente
principale è stato la condivisione dell’ideologia/pensiero dell’ente in questione, in un
caso su quattro (24,5%) è invece l’interesse per le iniziative dell’organizzazione ad
orientare la scelta del contribuente, più o meno sullo stesso ordine di grandezza si si-
tua la conoscenza diretta dell’organizzazione e delle persone che vi lavorano. Staccate
di circa quindici punti percentuali, ci sono le modalità “vi opero/avo come volontario”
(10,1%) “è molto conosciuta/pubblicizzata” (9,7%) e “mi è stata presentata da perso-
ne affidabili” (9,3%).
Tabella 17 Motivo per cui si è scelto di destinare il 5X1000 ad una organizzazione specifica
(Risposte multiple)
% sulle
Motivo della scelta v.a. % sui casi
risposte
Ne condivido l’ideologia/il pensiero 185 24,2 32,6
Sono interessato al tipo di iniziative che promuove 139 18,2 24,5
Conosco personalmente l’associazione/chi vi lavora 138 18 24,3
Vi opero/operavo come volontario 57 7,5 10,1
E’ molto conosciuta/pubblicizzata 55 7,2 9,7
Mi è stata presentata da persone affidabili 53 6,9 9,3
Il modo in cui utilizza i fondi è trasparente e chiaro 35 4,6 6,2
Il suo materiale informativo è completo e chiaro 24 3,1 4,2
Ho usufruito dei servizi resi dall’associazione 22 2,9 3,9
Mi è stato consigliato da chi ha compilato la denun-
21 2,7 3,7
cia dei redditi
Sono stato contattato da loro 11 1,4 1,9
È indipendente/autonoma nelle sue attività 9 1,2 1,6
È stata indicata da istituzioni pubbliche 8 1 1,4
Altro 7 0,9 1,2
Non saprei 1 0,1 0,2
Totale risposte 765 100,0 134,9
Casi validi 567 - -
Casi mancanti 34 - -
59 Cfr. Forum del Terzo Settore, Le sfide dell’Italia che investe sul Futuro. Libro Verde del Terzo Settore,
Convegno, Roma, 13 maggio 2010.
Tabella 18 Informazione rispetto alle attività svolte dall’organizzazione alla quale si è deciso di
destinare il 5X1000
60 Cfr. IREF, Quando a scegliere è il contribuente. Indagine conoscitiva sul cinque per mille, anticipazioni
della ricerca, Roma, 2007.
Capitolo IV 101
A giudicare dal dato sulla fedeltà all’associazione (tab. 19), la fiducia dei cittadini che
donano il 5X1000, sembra essere ben riposta, dal momento che il 74,5% degli intervi-
stati ha confermato la scelta fatta l’anno precedente indicando lo stesso beneficiario.
La gran parte del campione non ha dunque dovuto ricredersi sull’operato dell’ente che
aveva scelto. Certamente dietro a queste affermazioni, si profila la questione dell’ac-
countability e della pubblicizzazione delle modalità di impiego dei fondi da parte degli
enti che ne beneficiano. Va pur detto che al contrario, quasi un intervistato su cinque,
ha deciso di cambiare organizzazione.
I motivi che hanno portato al cambiamento dell’ente sono sintetizzati nella tabella 20.
Prevale (32,3%) la posizione di coloro che preferiscono cambiare beneficiario ogni anno,
seguono gli intervistati che dichiarano di aver trovato un’organizzazione sociale che li
ha convinti di più. I dati non suggeriscono la presenza di processi di valutazione parti-
colarmente approfonditi sulle iniziative poste in essere da parte dell’ente in quanto sono
una quota decisamente residuale i soggetti che non hanno reputato adeguato l’uso dei
contributi (3%). Non che questo sia necessariamente un elemento negativo: con tutta
probabilità, l’operato dei singoli enti è sia efficace sia efficiente. Tuttavia, leggendo in
controluce questi dati, spicca il riferimento alle motivazioni ideali: il dubbio è che l’en-
fasi sulla coincidenza ideologica vada a discapito di un atteggiamento di vigilanza nei
confronti delle organizzazioni beneficiarie. Anche in questo caso, tuttavia, le responsa-
bilità non sono completamente a carico dei contribuenti poiché la valutazione dei risul-
tati, per essere tale, necessita di una politica di trasparenza sull’impiego delle risorse.
La tabella 21 offre ulteriori spunti per sviluppare i ragionamenti proposti sinora. Alla do-
manda su quali siano i motivi che possono incentivare la scelta di un ente piuttosto che
di un altro, gli intervistati hanno risposto, nel 48,3% dei casi, la conoscenza di qualcuno
che lavora o fa volontariato nell’ente. Le campagne di informazione ottengono invece
una percentuale di venti punti più bassa (28,3%). Stando a questi dati, si può notare che,
dal punto di vista del donatore, la migliore assicurazione della qualità dell’operato del
beneficiario, è il contatto con un testimone diretto, un operatore/volontario, che funge
da garante dell’operato, in nome dell’organizzazione di cui fa parte. In un contesto nel
quale le pratiche di rendicontazione sociale spesso non vanno al di là della congruenza
amministrativo-contabile, è naturale che i contribuenti si affidino all’esperienza per-
sonale: la fiducia è una delle risorse che attualmente guida la sussidiarietà fiscale. I
cittadini donano il loro denaro alle realtà che conoscono bene e delle quali si fidano.
Capitolo IV 103
Questa tendenza invita a riflettere sulla necessità di incentivare pratiche di accountabi-
lity più incisive: non che occorra disincentivare le relazioni fiduciarie tra organizzazioni
di Terzo Settore e cittadini, tuttavia sarebbe necessario che, accanto a meccanismi di
controllo informali, si affianchino strumenti maggiormente strutturati, pubblici e ac-
cessibili a tutti i cittadini. Una delle dimensioni fondamentali dell’accountability do-
vrebbe quindi essere il superamento di un certo lessico aziendalista che esprime un
interesse quasi esclusivo per i “risultati” dell’azione sociale. C’è probabilmente lo spazio
per offrire al cittadino-contribuente una “narrazione” articolata di quanto si è fatto con
i finanziamenti del 5X1000, usando magari casi concreti e storie di successo per arric-
chire di particolari e dettagli il momento della rendicontazione sociale.
Per concludere, è interessante proporre le intenzioni, per la prossima dichiarazione,
espresse dagli intervistati (tab. 22).
Pur con le criticità summenzionate, il successo del 5X1000 è notevole: l’83,5 dei con-
tribuenti contattati nel corso dell’indagine afferma che nella prossima dichiarazione
dei redditi donerà nuovamente il 5X1000. Se si aggiungono coloro che probabilmente
firmeranno (13,6%), si ottiene un plebiscito in favore di questa innovazione fiscale.
La semplicità del meccanismo e l’efficacia delle strategie di comunicazione sociale adot-
tate dalle organizzazioni, hanno probabilmente contribuito a questa rapida fidelizzazio-
ne dei contribuenti italiani. A riguardo è comunque possibile anche una seconda lettura.
La società civile italiana ha negli ultimi decenni avuto un deciso consolidamento, i
cittadini hanno imparato a conoscere il mondo del sociale e ad apprezzarlo, è possibile
quindi che non cercassero altro che un canale nel quale convogliare la riconoscenza. Di
qui si comprende il rapido successo del 5X1000.
Dopo aver passato in rassegna i significati espliciti che i cittadini assegnano al 5X1000,
si è perso di vista il valore civico di questo strumento di sussidiarietà fiscale: in altre
parole, avendo indugiato sui margini di libertà del contribuente (ossia l’opportunità
di premiare le organizzazioni sociali idealmente e concretamente più vicine al proprio
vissuto), occorre offrire una panoramica del grado di accordo rispetto ad un’idea del
5X1000 come contributo al bene comune della società. Il 5X1000, difatti, può essere vi-
sto anche come un dovere, una sorta di obbligo morale nei confronti delle organizzazio-
ni che si occupano di garantire diritti e benessere per le persone dotate di meno risorse,
al di là del fatto che si conoscano le persone che ci lavorano o che se ne condividano
valori e punti di vista. Il contributo Irpef, può essere visto come una forma disinteressata
di sostegno al sociale.
Sotto questo profilo i dati della tabella 23 rappresentano un termine di paragone pro-
bante. In generale, a prescindere quindi da elementi d’esperienza, che significato at-
tribuiscono i cittadini al 5X1000? Secondo il 37,1% degli intervistati si tratta di uno
strumento utile per il cittadino e le organizzazioni sociali, con il 35,9% ci sono invece
i cittadini che vedono in questo strumento il modo migliore per sostenere progetti di
promozione sociale. Infine, per un intervistato su cinque il 5X1000 rappresenta una for-
ma di partecipazione attiva e concreta all’aumento dell’offerta di servizi sociali.
C’è dunque una parte consistente di donatori che intende lo strumento fiscale in termini
di utilità immediata: con il 5X1000 cittadini e associazioni sociali hanno una risorsa in
più per contribuire al benessere della società. Vicini a questa posizione, con un accento
più pragmatico, sono i rispondenti che affermano di intendere il 5X1000 in termini
di aumento del’offerta di servizi. Per buona parte delle persone che hanno accettato
l’intervista, il 5X1000 è quindi uno strumento utile a tamponare le falle di un sistema
dell’assistenza in debito di ossigeno; la connotazione che sembra emergere tra le righe
Capitolo IV 105
di queste affermazioni è che il 5X1000 non possa essere considerato una soluzione
valida sempre e comunque: è necessario accompagnarlo ad altri strumenti di sostegno.
Coloro che invece considerano il 5X1000 il modo “migliore” per mettere in moto proces-
si di promozione sociale e della persona, sembrano farsi interpreti di un salto concettua-
le ulteriore. A loro parere, tra i diversi metodi per incentivare il bene comune l’approccio
sussidiario è quello che assegna alla società civile la guida del progresso sociale. La leva
fiscale è dunque uno strumento di libertà e autonomia dallo Stato che non misconosce
il ruolo delle istituzioni, ma ne rivitalizza il senso.
Un termine di paragone più esplicito per valutare questi atteggiamenti, è dato dalle
opinioni riportate nella tabella 24.
Il fisco è la questione attorno alla quale ruotano i destini del federalismo e, più in gene-
rale, dell’assetto socio-politico italiano. Inoltre il tema dell’impiego delle risorse di finanza
pubblica è da tempo oggetto di accese dispute. In questo dibattito, il 5X1000 è un ele-
mento trascurabile, almeno in termini quantitativi. Tuttavia, stando al principio ispiratore,
il 5X1000 rappresenta l’unico esempio di democrazia fiscale presente nell’ordinamento
italiano: attraverso questo piccolo prelievo fiscale, i cittadini possono decidere in prima
persona e quasi senza intermediazioni, verso chi destinare una parte delle tasse.
È dunque estremamente interessante calare il tema del 5X1000 all’interno del più ampio
campo della fiscalità. A riguardo, i dati a disposizione mettono in evidenza che, secondo
un tutt’altro che trascurabile 40,1% di intervistati, i cittadini dovrebbero avere ancor
più occasioni di scegliere in modo diretto la destinazione di una parte delle proprie
tasse. Il resto degli intervistati, ritiene invece che il 5x1000 sia un ottimo strumento
attraverso il quale il contribuente può diventare cittadino attivo e partecipare allo svi-
luppo locale. A ben vedere, si tratta di due affermazioni complementari che, con diversi
accenti, tracciano il perimetro per una rinnovata concezione del fisco e del contribuente.
Soprattutto la posizione che rimanda ad una concezione del fisco come strumento di
cittadinanza prefigura un’idea di società nella quale, a partire dalla possibilità di sce-
gliere come destinare le tasse si attiva un recupero di centralità sociale: il contributo
% sulle % sui
Perché ha scelto di devolvere il 5x1000? v.a.
risposte casi
Per aiutare chi è meno fortunato 291 33,4 48,4
Per senso del dovere 97 11,1 16,1
Perché lo fanno gli altri 4 0,5 0,7
Donare mi fa stare bene 123 14,1 20,5
Condivido il pensiero, le ideologie dell’organizzazione a
215 24,7 35,8
cui ho donato
Sono un membro dell’organizzazione alla quale ho devo-
30 3,4 5,0
luto il 5xmille
Me lo ha consigliato chi redige la mia dichiarazione dei
26 3,0 4,3
redditi (commercialista/CAF)
Beneficio/ho beneficiato dei servizi dell’organizzazione a
46 5,3 7,7
cui ho devoluto il 5x1000
Me lo ha consigliato un amico, un parente 26 3,0 4,3
Altro 12 1,4 2,0
Total risposte 870 100,0 144,8
Casi validi 601 - -
Sondando le motivazioni per le quali i soggetti contattati hanno dichiarato di aver devo-
luto il 5X1000 al sociale, emerge che nel 48,4% dei casi la donazione è stata fatta per
aiutare chi è meno fortunato. Con il 35,8% ritorna la posizione di coloro che nella dona-
zione ritengono preponderante il condividere il pensiero, l’ideologia dell’organizzazione;
segue l’opinione degli intervistati per i quali donare è fonte di benessere (20,5%); con
Capitolo IV 107
il 16,1% chi ha scelto l’item “per senso del dovere”; le altre modalità di risposta hanno
ottenuto percentuali di scelta più modeste e nel complesso residuali. In prima battuta,
colpisce la diffusione di motivazioni sostanzialmente individualiste: comunanza ideolo-
gica e senso del dovere sono esigenze dell’individuo, per non parlare del benessere insito
in una donazione. È pur vero che, in un panorama segnato da alcune esigenze personali,
l’altruismo è comunque la dimensione quantitativamente preponderante. Nonostante
si potesse supporre che al concetto di sussidiarietà si abbinasse uno spiccato senso di
solidarietà sociale, emerge una connotazione individualista, sebbene mitigata.
Variabili
Variabili attive
illustrative
N. N.
Etichetta Domanda Etichetta Domanda
modalità modalità
D.2 Modalità di scelta del 5x1000 4 D.22 Sesso 2
D’impatto, per lei, il cinque per
D.9 5 D.23 Fascia d’età 6
mille è ...?
A quale tipologia di organiz-
zazione ha devoluto/le piace-
D.13A 3 D.24 Titolo di studio 4
rebbe devolvere il 5x1000?
Categoria A
A quale tipologia di organiz-
zazione ha devoluto/le piace- Situazione occupa-
D.13B 3 D.25 4
rebbe devolvere il 5x1000? zionale
Categoria B
A quale tipologia di organiz-
zazione ha devoluto/le piace- Reddito medio
D.13C 3 D.26 4
rebbe devolvere il 5x1000? annuo
Categoria C
A quale tipologia di organiz- Numero compo-
zazione ha devoluto/le piace- nenti famiglia
D.13D 3 D.27 5
rebbe devolvere il 5x1000? (compreso la per-
Categoria D sona intervistata)
Svolge attualmente attività di Tipologia nucleo
D.19 3 D.28 4
volontariato familiare
Negli ultimi 12 mesi le è capi-
D.18 2 D.30 Area geografica 4
tato di effettuare donazione
Per quanto riguar-
La sua donazione è stata ef-
D.18a 4 D.31 da la religione, lei 4
fettuata
come si definisce
Capitolo IV 109
6.1 L’analisi fattoriale
Il risultato dell’analisi mostra come i primi tre fattori siano in grado di riprodurre il
28,76% di inerzia globale61 (rispettivamente 11,2% il primo e 21% i primi due sommati).
Il grafico 3 rappresenta i due fattori fondamentali emersi dall’ACM62. Sull’asse orizzon-
tale si trova il fattore denominato “civicità del denaro”; lungo l’asse verticale invece c’è
il fattore “preferenze sul Terzo Settore”.
Sebbene il 5X1000 sia giuridicamente distante dalle donazioni, una delle ipotesi di la-
voro dell’indagine consisteva nell’idea che, per i contribuenti questo strumento fosse
ancora contiguo alle altre forme di liberalità in denaro. L’analisi fattoriale offre elementi
a sostegno di questa ipotesi. Il 5X1000, e con esso anche il concetto di tax self deter-
mination, fa parte di una visione più ampia: le donazioni in denaro, le tasse (e anche
le eventuali quote associative versate dalle associazioni) rientrano in una concezione
civica del denaro per la quale offrire dei soldi alle organizzazioni sociali non è benefi-
cenza, ma una forma di partecipazione poiché le somme destinate servono a mettere in
comune delle risorse e a sostenere delle iniziative sociali. Occorre poi ricordare che in
un’ottica partecipativa, il 5X1000 può anche assolvere una funzione di compensazione
della mancanza di partecipazione.
Il secondo fattore invece identifica le propensioni degli intervistati nei confronti delle
organizzazioni di Terzo Settore. Lungo l’asse verticale si dispongono le variabili relative
alle caratteristiche degli enti: le dimensioni, la storia, la scala d’intervento ed il target
dei beneficiari connotano un atteggiamento di attenzione e vigilanza rispetto agli enti
che si decide di sostenere. In altre parole, non si offre il contributo Irpef a chiunque, ma
solo a seguito di attente valutazioni sul tipo di organizzazione. La scelta del beneficiario,
come già accennato, è un atto consapevole nel quale entrano i gioco valori e convinzioni
personali.
Nel complesso lo spazio concettuale che emerge dall’analisi delle corrispondenze mul-
tiple evidenzia che il 5X1000 è un comportamento radicato, innanzitutto, su un’idea
sussidiaria di fisco all’interno della quale il sostegno in denaro viene visto come una for-
ma di partecipazione all’azione sociale delle organizzazioni che si è deciso di sostenere.
Sulla scorta di questo primo step di analisi, si è poi passati ad individuare dei profili di
risposta utili a definire alcuni gruppi di rispondenti.
61 Si tratta di percentuale di inerzia pura, ovvero non rivalutata secondo la nota formula di Benzecrì. Per cui
il risultato può dirsi soddisfacente.
62 Come di consueto per facilitare la lettura ed il commento vengono rappresentati solo i primi due fattori.
Nel commento dell’ACM non si prenderanno in esame i pesi fattoriali, rimandando alla discussione dei cluster
i raffronti statistici.
Sulla base dei punteggi fattoriali è stata realizzata un’analisi di cluster mediante pro-
cedura gerarchica (RECIP), così come implementata sul software Spad. Attraverso l’a-
nalisi del dendrogramma si è quindi optato per scegliere la soluzione a quattro cluster.
Nel complesso i risultati dell’analisi per gruppi evidenziano due gruppi, numericamente
abbastanza folti (cfr. graf. 3, C e D), per i quali il 5X1000 rappresenta uno strumento
di democrazia fiscale apprezzato e utile: entrambi difatti si collocano nel semipiano
positivo lungo l’asse della civicità del denaro. La principale differenza tra questi due
gruppi è data dalle preferenze sul Terzo Settore. Gli altri due gruppi (A e B) sono invece,
numericamente più esigui. Il gruppo A è caratterizzato da una scarsa consapevolezza del
ruolo del 5X1000, nonostante gli intervistati inseriti nel cluster lo usino e lo ritengano
uno strumento utile. Il gruppo B. invece rappresenta una componente residuale del
campione (si tratta di 33 individui pari al 5,5% del campione) composta da persone che
non sembrano aver ben compreso che cosa sia il 5X100063.
63 Per completezza d’informazione si riportano i dati relativi al gruppo denominato imposizione fiscale:
Variabile Modalità % nel gruppo % nel campione % nella modalità Valeur-Test
Un’imposizione
Opinione immediata sul 5X1000 90,91 4,99 100,00 99,99
fiscale
Donazioni negli ultimi 12 mesi No 48,48 27,95 9,52 2,41
Capitolo IV 111
Passando all’analisi per singolo cluster occorre avvertire che ci si limiterà al commento
dei tre gruppi principali evitando di entrare nel merito del gruppo residuale.
Il primo gruppo di intervistati ammonta al 25,3% del campione (tab. 26).
Si tratta di individui che negli ultimi dodici mesi non hanno fatto nessuna donazione
(all’interno del gruppo i non donatori sono la totalità; mentre nel campione erano il
27,9%); allo stesso modo questi intervistati non fanno attività di volontariato (85,5%
nel gruppo contro 78,2% nel campione). Dal punto di vista demografico invece si rileva
una preminenza di giovani (25-34 anni). Il profilo di questo gruppo è dunque caratteriz-
zato da una distanza rispetto ai circuiti della società civile, ciò nonostante per gli indi-
vidui appartenenti a questo gruppo il 5X1000 rappresenta uno strumento utile (45,4%
nel gruppo contro 37,1% nel campione).
Volendo trovare una formula che sintetizzi il punto di vista di questi intervistati, si
potrebbe dire che costoro esprimono un sostegno spontaneo ed immediato verso il
5X1000. Pur avendo poca consuetudine con il mondo dell’associazionismo e del vo-
lontariato sembrano essere ben disposti verso le organizzazioni sociali. Questo atteg-
giamento ben si coniuga con la connotazione anagrafica degli intervistati. In sintesi, il
5X1000 rappresenta un’opzione affascinante per questi nuovi contribuenti.
Allargando ulteriormente il discorso gli appartenenti a questo gruppo sono una sorta di
“sostenitori esterni”: non sono in contatto con il sociale ma ritengono necessario soste-
nerlo. È questo un elemento abbastanza nuovo poiché come è noto il mondo della so-
cietà civile è supportato soprattutto dagli insider, – ovvero da persone che, in un modo o
nell’altro, hanno un contatto più o meno diretto con il Terzo Settore. Il fatto che ci siano
degli individui per i quali offrire un contributo al Terzo Settore è importante a prescin-
dere dalla conoscenza di qualche organizzazione specifica, rappresenta un’importante
riserva di consenso, soprattutto tenuto conto che si tratta di soggetti per lo più giovani.
Il secondo gruppo di intervistati corrisponde al 24,5% del campione (tab. 27). Le va-
riabili che connotano maggiormente il cluster sono quelle relative alle preferenze sul
Terzo Settore. Per gli appartenenti al gruppo le organizzazioni sociali vanno bene un po’
Questo gruppo di soggetti si fa interprete di quella che può essere definita una forma di
sussidiarietà fiscale incondizionata: lo scarso interesse per la tipologia di organizzazio-
ne per la quale devolvono o intendono devolvere il 5x1000 sta ad indicare un’adesione
“senza se e senza ma” al Terzo Settore. Mettere le organizzazioni sociali nella condizione
di rafforzare la propria azione è per questi intervistati l’unica priorità.
Il terzo gruppo di intervistati è quello più numeroso (44,8% del campione – tab. 28).
Come nel gruppo precedente, l’uso sociale del denaro è ampiamente diffuso: tutti gli
intervistati inseriti nel cluster hanno fatto donazioni; sia in occasione di eventi ecce-
zionali (44,2%), sia per progetti specifici (38,6%) o in entrambe le situazioni (31,6%).
Le differenze con i sostenitori della sussidiarietà incondizionata emergono rispetto alle
caratteristiche delle organizzazioni da sostenere.
Capitolo IV 113
Tab. 28 La sussidiarietà radicale – Gruppo D (N. 269 – 44,8%)
Analizzando le preferenze dei contribuenti rispetto alla destinazione del 5X1000, occor-
re andare al di là delle determinanti sottese alla scelta di questo o quell’ente ed entrare
nel merito di un aspetto basilare all’interno di un meccanismo di sussidiarietà fiscale: la
rendicontazione sociale. In altre parole, quando gli individui decidono di assegnare una
parte della propria Irpef ad un’organizzazione, hanno delle attese rispetto all’impiego
dei fondi. La firma apposta sul modulo della dichiarazione dei redditi, non rappresenta
una delega in bianco, i donatori hanno difatti delle opinioni anche sulle modalità con
le quali occorrerebbe usare i fondi ricevuti. A riguardo, il questionario offre interessanti
spunti di riflessione.
Innanzitutto (tab. 29), secondo tre intervistati su quattro (74,5%), gli enti beneficiari
dovrebbero usare tutte le somme ricevute tramite il meccanismo del 5X1000 in favore
dei beneficiari della loro attività, realizzando progetti di sviluppo.
Solo il 13,5% delle persone contattate ritiene che i fondi possano essere usati per raf-
forzare l’operatività sul territorio tramite l’apertura di nuove sedi. La retribuzione degli
operatori e la pubblicizzazione degli interventi ottengono percentuali ancor più basse
(rispettivamente 5,7% e 4%). In poche parole il 5X1000 deve servire a sviluppare nuove
iniziative e non a sostenere le organizzazioni nell’ordinaria amministrazione.
È pur vero (tab. 30) che, secondo sette intervistati su dieci, le organizzazioni che bene-
ficiano del 5X1000 non hanno risorse economiche sufficienti.
Capitolo IV 115
Tabella 30 Opinioni sulla dotazione di risorse delle organizzazioni di Terzo Settore
Per cui, lo sviluppo di nuove iniziative, probabilmente deve essere reso compatibile con il
mantenimento di quelle già attive. Gli enti beneficiari sono dunque chiamati ad una qua-
dratura del cerchio che prevede sia il mantenimento degli interventi standard sia lo svilup-
po di azioni innovative, direttamente finanziate con il 5X1000. Chiaramente, la soluzione
a questo genere di problemi può essere trovata sviluppando sinergie interne e mettendo a
sistema attività e iniziative affini dal punto di vista tematico ed organizzativo.
Per quanto le dichiarazioni degli intervistati possano apparire contraddittorie (le or-
ganizzazioni sociali, pur avendo poche risorse, debbono sviluppare nuove iniziative),
le indicazioni appaiono coerenti con uno scenario di espansione dell’intervento del
Terzo Settore. Coerentemente con la tendenza a premiare le organizzazioni più mature
e solide, i contribuenti auspicano un maggiore impegno del sociale e sono disposti a
sostenerlo con le quote Irpef.
Gli intervistati sono poi stati sollecitati a pronunciarsi su un tema complesso come
quello dei requisiti per accedere ai finanziamenti collegati al 5X1000 (tab. 31). In merito,
le risposte non ammettono repliche: secondo il 91% delle persone contattate, sono ne-
cessari dei controlli sui requisiti minimi delle organizzazioni ammesse al finanziamento.
Tabella 31 Opinioni sulla necessità di controllare i requisiti degli enti ammessi al beneficio
Alla domanda su quale soggetto dovrebbe essere incaricato di effettuare i controlli (tab.
32), le opinioni dei contribuenti convergono (54,8%) sul ruolo di garanzia che potrebbe
essere ricoperto dallo Stato (l’Agenzia delle Entrate). Una quota non trascurabile di sog-
getti (30,3%) ritiene invece che debba essere un’agenzia indipendente a gestire il sistema
Tabella 32 Soggetto che dovrebbe essere deputato a controllare i requisiti degli enti ammessi al
beneficio
Tabella 33 Opinioni sulla trasformazione del 5X1000 in uno strumento stabile tramite una legge
ad hoc
Capitolo IV 117
ganizzazioni del Terzo Settore sono una risorsa fondamentale per la coesione sociale del
Paese. Pur essendo consapevoli che i soggetti della società civile organizzata dispongo-
no di risorse insufficienti, i cittadini chiedono loro un rinnovato impegno: il 5X1000 rap-
presenta un incentivo economico fondamentale per rilanciare l’azione del Terzo Settore.
Allo stesso tempo, gli intervistati non mancano di evidenziare la necessità di controlli e,
più in generale, di un’attenta valutazione dei requisiti delle organizzazioni beneficiarie,
attività che potrebbe essere realizzata dallo Stato quanto da un’agenzia indipendente.
In estrema sintesi, l’indagine restituisce uno scenario nel quale emerge un forte accordo
sulla necessità di superare la fase di sperimentazione del 5X1000.
La survey sui contribuenti che decidono di destinare il 5X1000 agli enti di Terzo Settore,
restituisce uno scenario nel quale l’introduzione del principio di sussidiarietà fiscale
sembra aver avuto risultati positivi. Sebbene si tratti di uno strumento relativamente
recente, i cittadini ne hanno compreso il funzionamento e usano questa nuova opportu-
nità per esprimere il proprio sostegno alle organizzazioni delle quali condividono valori
e strategie d’intervento. Nel breve volgere di qualche anno, si è già creata una platea di
contribuenti fedeli all’organizzazione prescelta e propensi a mantenere il proprio impe-
gno. In generale, il 5X1000 non va inteso come una forma di beneficenza, ma in termini
di riconoscimento del contributo offerto da determinate organizzazioni sociali: i contri-
buenti scelgono seguendo le loro preferenze e giustificando le proprie azioni alla luce di
quadri valoriali precisi.
Tali orientamenti sono in parte riconducibili al profilo sociale degli intervistati. Sia in
termini anagrafici sia rispetto allo status, i contribuenti che usano il 5X1000 per soste-
nere gli enti di Terzo Settore sono abbastanza connotati: soggetti maturi, impiegati alle
dipendenze, con un titolo di studio medio-alto. Per quello che emerge dall’indagine, la
platea di contribuenti che destina il 5X1000 al sociale è riconducibile a due tipi fon-
damentali: i pensionati urbani e le famiglie di occupati residenti in provincia. A questa
caratterizzazione si aggiungono livelli di partecipazione sociale superiori alla media, un
interesse elevato per i temi dell’attualità politica e sociale, nonché una presenza tutt’al-
tro che irrilevante di persone che si definiscono di fede cattolica.
Al di là delle particolarità socio-demografiche spiccano alcune tendenze.
La prima: La scelta dell’ente al quale concedere il beneficio economico avviene in modo
pienamente consapevole, assecondando inclinazioni e convinzioni personali ben precise.
Tra le diverse posizioni espresse all’interno del campione, spicca la tendenza a destinare
il contributo in favore delle organizzazioni attive nel campo dell’inclusione sociale e
del sostegno alle fasce di popolazione più svantaggiate. Meno consensi riscuotono le
organizzazioni attive nel campo della promozione culturale.
Sempre rispetto alla scelta dell’ente beneficiario, si evidenzia il ruolo della conoscenza
diretta delle attività dell’ente e, più in generale, dei rapporti interpersonali e della fi-
ducia. Le preferenze dei contribuenti si concretizzano a partire dall’esperienza e sono
64 Cfr. Skocpol T., Diminished Democracy: From Membership to Management in American Civic Life, Norman,
University of Oklahoma Press, 2003.
Capitolo IV 119
dello scenario attuale. Qualora si volesse salvaguardare il ruolo delle compagini sociali
di base occorrerebbe prevedere dei meccanismi premiali differenziali, in grado di coglie-
re le esperienze più significative.
1. Introduzione
Come parte della ricerca empirica sul 5x1000 devoluto a favore delle associazioni di
promozione sociale (APS), un questionario mirato è stato somministrato via e-mail a
tutte le organizzazioni presenti nel registro nazionale tra dicembre 2010 e gennaio
2011. Delle 154 APS ufficialmente iscritte al registro, 79 hanno risposto al nostro son-
daggio, con un turn out relativamente apprezzabile del 51%.
Il questionario si divideva in nove parti. La prima era dedicata all’anagrafica delle orga-
nizzazioni e mirava ad individuare informazioni generali sulle APS, dall’anno di fonda-
zione al territorio di riferimento. La seconda riguardava l’utilizzo fatto dei finanziamenti
ricevuti tramite il 5x1000, mentre la terza si addentrava nelle caratteristiche dei progetti
sostenuti e delle tipologie di beneficiari. La parte successiva s’interessava di come le APS
percepiscono le motivazioni dei donatori e la quinta studiava le campagne di promozio-
ne messe in campo delle organizzazioni per attirare l’interesse di eventuali contribuenti.
Le parti centrali sondavano il livello di formazione degli operatori delle APS (cercando
di capire se i fondi del 5x1000 fossero stati anche utilizzati per professionalizzare ulte-
riormente i dipendenti) e, in modo particolarmente importante, si concentravano anche
sui meccanismi di rendicontazione sociale, elemento cruciale di accountability nei con-
fronti dei cittadini-contribuenti. Le parti conclusive, infine, analizzavano le potenzialità
e criticità dello strumento 5x1000 e la struttura di governance delle APS intervistate.
Siccome gran parte delle APS non hanno ancora ricevuto i finanziamenti erogati tramite
il 5x1000, non è stato possibile raccogliere informazioni esaustive relative ai progetti
sostenuti, che quindi non possono essere analizzati e discussi in questo rapporto.
In questo capitolo si offre una disamina complessiva dei risultati del nostro sondaggio,
preceduta da una breve panoramica relativa ai finanziamenti generali erogati alle APS
attraverso il 5x1000 (dati dell’Agenzia delle entrate).
Capitolo V 121
2. Il 5x1000 per le APS: volumi di finanziamento e
strategie operative
Mentre nel 2006, anno di inaugurazione del 5x1000, sono state finanziate solamente 4
associazioni di promozione sociale (per ragioni di scala non inserite nella nostra analisi).
Dal 2007 al 2008, il numero di finanziamenti è salito da 106 a 110, per un valore com-
plessivo di quasi 25 milioni di euro (Grafico 1).
Gran parte di questi progetti ha ricevuto un finanziamento complessivo inferiore ai 15
mila euro. In questa categoria cadono, rispettivamente, 49 progetti del 2007 e 60 pro-
getti del 2008 (Grafico 2).
I progetti il cui finanziamento è stato compreso tra i 15 mila ed i 100 mila euro sono
stati 35 nel 2007 e, in leggera flessione, 28 nel 2008. Mentre i progetti compresi entro il
milione di euro sono rimasti pressoché uniformi nel corso del biennio: 18 nel 2007 e 19
nel 2008. Lo stesso vale per i progetti che hanno ricevuto un finanziamento superiore al
milione di euro: se nel 2007 erano stati quattro, nel 2008 erano scesi a tre.
Grafico 1 Numero di progetti APS Grafico 2 Volumi di finanziamento per progetti (2007-
finanziati dal 5x1000 (2007-2008) 2008)
In base alle risposte pervenute al nostro sondaggio (Tabella 1 e 2) risulta che circa sei
associazioni su 10 (59,5%) sono state costituite dopo il 1980 ed una parte molto signi-
ficativa risiede nelle due principali città del Paese (Roma 59,5% e Milano 12,7%). Molte
di queste organizzazioni si sono iscritte al registro delle associazioni di promozione so-
ciale nel 2002 (35,6%) con alcuni picchi relativi tra il 2005 ed il 2007, per poi scendere
gradualmente fino al 2010 (Tabella 3).
Tabella 2 Provincia
%
Bergamo 1,3
Bologna 3,8
Bolzano 1,3
Brescia 1,3
Cagliari 1,3
Fermo 1,3
Ferrara 1,3
Firenze 2,5
Genova 1,3
Macerata 1,3
Milano 12,7
Novara 1,3
Palermo 1,3
Piacenza 1,3
Ravenna 1,3
Reggio Emilia 1,3
Rieti 1,3
Roma 59,5
Teramo 1,3
Torino 1,3
Verona 1,3
Fonte: ISFOL 2010
Capitolo V 123
Gran parte delle organizzazioni intervistate (circa l’86%) realizza attività e progetti che
interessano l’intero territorio nazionale, mentre le restanti insistono esclusivamente in
alcune regioni (Tabella 4).
Il raggio d’azione di queste associazioni è prevalentemente nazionale (75,3%), seguito da
quello europeo (15,6%) e, per una piccola minoranza, extra-europeo (9.1%) (Tabella 5).
Per quanto riguarda le quote di finanziamento, emergono dati molto interessanti che di-
mostrano l’importanza del 5x1000 per la sostenibilità di un numero considerevole di APS.
Secondo il nostro sondaggio, la maggioranza delle associazioni intervistate si finanzia
principalmente attraverso quote di associati (71%) e contributi da parte di istituzioni ed
enti pubblici (68%), mentre risultano minoritarie le attività di autofinanziamento (43%),
i contributi di fondazioni (18%) ed altri tipi di fundraising (13%) (Tabella 6).
Il 5x1000, strumento introdotto da pochi anni e ristretto ad una certa tipologia di or-
ganizzazioni della società civile, viene indicato come un’importante fonte di finanzia-
mento da un percentuale considerevole di intervistati: oltre il 48%. Ciò dimostra, da
un lato, la relativa accessibilità dello strumento e, dall’altro, il peso proporzionale che
il contributo comincia ad avere per un numero considerevole di APS. Anche se, come si
vedrà in seguito, il contributo medio risulta ancora insufficiente per far fronte ai costi
crescenti di gestione delle attività correnti delle APS (Tabella 9).
%
Su tutto il territorio nazionale 86,1
Solo in alcune regioni 13,9
%
Nazionale 75,3
Europeo 15,6
Extra europeo 9,1
Per quanto concerne l’anno di accesso al 5x1000 da parte delle APS, è prevedibile che
gran parte delle organizzazioni intervistate si siano registrate nel 2006, anno in cui
la nuova legislazione è entrata in vigore (Tabella 8). Quasi sei organizzazioni su dieci
(58,7%) hanno, infatti, richiesto di entrare a far parte del beneficio in quell’anno, in-
grossando le fila di tante associazioni che da anni attendevano l’introduzione di uno
strumento di contribuzione diffuso come in vigore in altri paesi europei (si vedano i
capitoli precedenti per una disamina delle altre legislazioni europee). Nel periodo suc-
cessivo, il numero di registrazioni si è ovviamente andato regolarizzando, con livelli
gradualmente più bassi. È interessante notare come, nel campione intervistato, il 12%
delle APS non abbia ancora effettuato la registrazione all’albo del 5x1000.
L’opinione generale delle APS per quanto riguarda le procedure di accesso al 5x1000 è
largamente positiva: oltre il 90% delle organizzazioni sondate ritiene che le procedure
per attivare il 5x1000 non siano state particolarmente complesse (Tabella 9). Se, da un
lato, questo dato dimostra la relativa accessibilità del finanziamento, dall’altro lato, la
Tabella 10 conferma, come già anticipato sopra, come il volume di finanziamento medio
sia insufficiente per far fronte al fabbisogno finanziario delle organizzazioni. Un’ampia
Capitolo V 125
maggioranza, infatti, dichiara di destinare gli introiti da 5x1000 soltanto al 5% delle
proprie spese correnti (61,8%), mentre meno del 24% degli intervistati conferma di
riuscire a coprire almeno un quarto delle spese correnti con il contributo.
Nel corso del triennio 2006-2008, le APS hanno utilizzato i contributi del 5x1000 per far
fronte a varie spese (Tabella 11). Al primo posto (51,8%) troviamo le associazioni che han-
no dedicato il contributo ad attività volte a ‘perseguire gli scopi statutari’, cioè la realiz-
zazione della propria mission. A seguire, troviamo le organizzazioni che dichiarano di aver
dedicato tali risorse alle ‘spese organizzative dei progetti in corso’ (42,9%), quelle che le
hanno utilizzate per percorsi di formazione interna (19,6%), per realizzare nuovi progetti
(19,6%) o per rafforzare la campagna di comunicazione (5,4%). È interessante notare che
solo una piccola minoranza ha utilizzato i contributi per spese relative alla forza lavoro: il
16,1% per gli stipendi del personale ed il 5,4% per assumere nuovo organico.
I settori di attività finanziati dalle APS sono stati prevalentemente l’assistenza sociale
(45,7%), i progetti riguardanti i diritti dei cittadini ed i diritti umani, soprattutto per
le organizzazioni che si occupano di cooperazione (40%) ed i settori ricreativi come la
cultura e lo sport (37,5%). Solo un quinto del campione ha dichiarato di aver destinato
le proprie risorse del 5x1000 per attività relative all’istruzione ed alla ricerca ed un limi-
tato 14,3% si è occupato di iniziative per l’ambiente (Tabella 12). I giovani ed i disabili
sono stati i principali beneficiari di questi progetti (53,/% e 43,9% rispettivamente). Le
altre categorie più coinvolte sono state le famiglie generalmente intese, gli anziani ed
i minori, mentre le nuove povertà ed i migranti hanno ricevuto un’attenzione relativa-
mente inferiore (Tabella 13).
Capitolo V 127
Tabella 13 Principali beneficiari dei progetti
In base a quanto dichiarato dalle APS intervistate, la maggioranza dei progetti finanziati
con il 5x1000 si sono già conclusi (54,8%), mentre circa un terzo (35,5%) sono ancora
in corso e “dureranno per un po’ ”. Meno del 10% dei progetti invece è sul punto di
concludersi (Tabella 14). Ciò sembra confermare come, nonostante i ritardi che anno
segnato i primi anni di funzionamento dello strumento, l’attività di progettazione delle
APS ne abbia risentito solo in modo marginale.
Un dato particolarmente interessante è quello che si riferisce alle motivazioni le quali, se-
condo le APS, spingerebbero i contribuenti a donare per il 5x1000 (Tabella 15). Al primo
posto troviamo le organizzazioni che ritengono che il contribuente sia mosso principalmente
dal desiderio di contribuire ad iniziative verso le quali nutre un interesse diretto o in cui è
personalmente coinvolto (59,7%). Su un piano simile, troviamo le APS che ritengono sia la
conoscenza diretta dell’associazione a muovere il contribuente (56,7%) o la vicinanza di
vedute con il pensiero e l’ideologia dell’organizzazione (52,2%), oppure il fatto che vi abbia
operato come volontario (44,8%). Ad un livello nettamente inferiore troviamo le risposte più
legate alla comunicazione, affidabilità ed indipendenza delle APS, il che sottolinea come –
nell’opinione delle organizzazioni intervistate – sia principalmente il rapporto diretto e di
fiducia instaurato con il contribuente ad attivare l’iniziativa di donare il 5x1000.
Motivazioni %
Vi opera o vi ha operato come volontario 44,8
È stata presentata da persone affidabili 9,0
È stata indicata da istituzioni pubbliche –
È interessato/a al tipo di iniziative che promuove 59,7
Ritiene che il modo in cui utilizzate i fondi sia trasparente e chiaro 20,9
Ritiene che siate indipendenti/autonomi nelle vostre attività 14,9
Condivide l’ideologia/il pensiero della vostra associazione 52,2
Conosce personalmente l’associazione o chi ci lavora 56,7
Il vostro materiale informativo è completo e chiaro 6,0
La vostra associazione è molto conosciuta/pubblicizzata 7,5
È stato contattato da voi durante la campagna per il 5x1000 7,5
Altro 1,5
Tabella 16 Strumenti di comunicazione usati nel corso della campagna per il 5x1000
Capitolo V 129
Social networks 27,7
Manifesti/cartellonistica 26,2
Posta tradizionale 29,2
Altro 29,2
Tabella 17 Nella vostra organizzazione chi si occupa della campagna pubblicitaria dedicata al
5x1000?
% valide
Un’agenzia esterna specializzata 1,5
Noi, c’è un settore specializzato nella comunicazione 29,2
Noi, periodicamente c’è qualcuno che se ne occupa 64,6
Nessuno 4,6
L’utilizzo del 5x1000 non ha certo brillato per quanto concerne la formazione interna
della forza lavoro delle APS (Tabella 18). Oltre la metà degli intervistati (53,7%) ha, in-
fatti, ammesso che nessuna risorsa è stata dedicata a percorsi formativi per il personale
o per i volontari. In circa un caso su tre (35,2%) si sono realizzati dei corsi per i volontari,
seguiti da corsi per l’inserimento dei nuovi operatori (18,5%) e per la formazione degli
operatori retribuiti (7,4%). Allo stesso tempo, circa otto APS su dieci si dicono favorevoli
all’attivazione di un dispositivo per la certificazione delle competenze acquisite (Tabella
19) ma solo il 47,5% rilascia una certificazione delle competenze e/o dei crediti forma-
tivi (Tabella 20).
% valide
Sì 82,4
No 17,6
Tabella 20 La sua APS rilascia una certificazione delle competenze e/o dei crediti formativi?
% valide
Sì 47,5
No 52,5
Per quanto concerne la pubblicizzazione delle attività realizzate con il contributo dei
cittadini, solamente un terzo del campione di APS ha dato vita ad iniziative pubbliche
(Tabella 21), dimostrando ancora una volta la limitata capacità di promozione e coinvol-
gimento legata all’utilizzo del 5x1000. Le iniziative di comunicazione e pubblicizzazione
realizzate si sono pressoché limitate a strumenti tradizionali di accountability come la
pubblicazione di un rapporto finanziario di fine progetto (36,4%), la pubblicazione delle
spese su giornali e siti web (22,7%) e l’autocertificazione (22,7%), che non prevedono
alcuna partecipazione da parte dei beneficiari e degli stakeholders in generale (Tabella
22). È interessante notare, comunque, che il 27,3% delle APS sondate hanno scelto mo-
dalità più partecipative e dinamiche, come la realizzazione di incontri con i beneficiari
e la produzione di materiale multi-mediale.
Tabella 21 Realizzazione iniziative pubbliche al fine di dar conto dei progetti finanziati con i
5x1000
Capitolo V 131
Tabella 22 Iniziative pubbliche realizzate per dar conto delle dei progetti finanziati con il 5x1000
% sui casi
Rapporto finanziario a fine progetto 36,4
Pubblicazione delle spese su giornali, riviste e siti web 22,7
Presentazione pubblica con i beneficiari 27,3
Autocertificazione 22,7
Produzione di video 13,6
Altro 45,5
Nonostante la pratica non sia molto diffusa, il sondaggio conferma come le APS con-
cordino sulla necessità di forme più dinamiche e trasparenti di rendicontazione (Tabella
23). Per quanto riguarda le valutazioni d’impatto, elemento importante di una qualun-
que forma di accountability ad ampio raggio, emerge però la poca attenzione e siste-
maticità con cui le APS raccolgono informazioni sul loro operato e le conseguenze nella
società. Il 65% delle organizzazioni intervistate, infatti, ammette di non svolgere alcuna
valutazione d’impatto (Tabella 24).
Nel 28% dei casi, sono le associazioni stesse a raccogliere le informazioni e nell’1,7% si
tratta di studi realizzati da esperti. Le metodologie partecipate, considerate tra le forme
più moderne di analisi d’impatto, vengono utilizzate solamente dal 5% del campione.
A fronte dell’uso limitato di valutazioni d’impatto, non sorprende che oltre un terzo
(37,1%) delle APS non abbia masi sentito parlare di ritorno sociale degli investimenti,
una delle metodologie più avanzate per valutare il contributo economico delle attività
sociali (Tabella 25), mentre il resto delle organizzazioni vanta una semplice conoscenza
indiretta (attraverso riviste e workshop specializzati) della metodologia.
Tabella 23 Secondo lei è importante che le organizzazioni che beneficiano del 5x1000 si avvalgano
di forme di rendicontazione
% valide
Sì 88,6
No 11,4
Lei ha sentito mai parlare di “ritorno sociale degli investimenti” % sui casi
Si, all’interno di conferenze e workshop di settore 38,6
Sì, su riviste specializzate 22,9
Sì attraverso le fondazioni che ci finanziano 4,3
Sì, da parte di consulenti esterni 15,7
No 37,1
L’influenza limitata che il 5x1000 ha avuto sulla progettazione delle APS è altresì con-
fermata dal fatto che i due terzi delle associazioni non abbia adeguato e tanto meno
rivisto la propria strategia di comunicazione da quando è entrata in vigore la nuova
legislazione, che – seppur in principio – si proponeva di stimolare un legame più diretto
tra contribuente e mondo dell’associazionismo (Tabella 26). Tra le organizzazioni che
hanno modificato le proprie strategie emergono coloro che fanno uso dei nuovi media
(13,6%), quelle che hanno intensificato le campagne sui media tradizionali (10,2%) e
quelle che puntano sul “porta-a-porta” e sul radicamento (10,2%).
Tabella 26 L’uso del 5x1000 ha in qualche modo influenzato le modalità di pubblicizzazione dei
vostri progetti?
Capitolo V 133
In modo forse inaspettato, il sondaggio eseguito da ISFOL rivela che le APS sono favo-
revoli ad un maggior ruolo di controllo operato da parte delle istituzioni pubbliche. Alla
domanda relativa a chi dovrebbe controllare i requisiti delle associazioni ammesse a be-
neficiare del 5x1000, un’ampia maggioranza (63,4%) si dichiara favorevole ad un ruolo
di punta esercitato dallo Stato, seguito da una non meglio specificata “agenzia indipen-
dente”, mentre solo l’8,5% risponde che non servono particolari controlli (Tabella 27).
Tabella 27 – Chi dovrebbe controllare i requisiti degli enti ammessi a beneficiare del 5x1000?
Dal punto di vista istituzionale e giuridico (Tabella 30), le APS intervistate presentano le
caratteristiche complessive dell’associazionismo di base strutturato attraverso assem-
blee di soci (93,5%), guidate da un presidente (92,2%) e gestite da un consiglio di am-
ministrazione o direttivo (89,6%), che nella maggior parte dei casi è anche l’istituzione
che prende le decisioni per l’APS (57,4%) seguito da poco più di un quarto del campione
che invece lascia all’assemblea il potere decisionale (Tabella 31).
Tabella 31 Organo che prende le decisioni sulle iniziative e sulle linee operative
Organo decisionale %
Assemblea dei soci 26,5
Consiglio d’amministrazione/consiglio direttivo 57,4
Direzione/presidenza 10,3
Altro 5,9
Capitolo V 135
3. Conclusioni
Il sondaggio delle APS realizzato da ISFOL rivela che lo strumento 5x1000 ha raggiunto
un livello di maturità e diffusione significativo, nonostante gli inceppi ed i rallentamenti
seguiti all’entrata in vigore delle strumento nel 2006. Una componente significativa
della APS intervistate ha fatto uso dei contributi e li ritiene importanti per lo svolgimen-
to delle proprie attività e dei propri progetti, anche se una larga maggioranza ottiene
risorse appena sufficienti a coprire una parte molto limitata (meno di un quarto) delle
proprie spese correnti. I dati generali relativi al finanziamento 5x1000 negli anni 2007
e 2008, confermano come gran parte delle associazioni di promozione sociale abbiano
ricevuto meno di 15 mila euro in finanziamenti, con un numero molto esiguo di progetti
(appena 7) che hanno visto un finanziamento superiore al milione di euro.
Dal punto di vista della pubblicizzazione e comunicazione, non vi è traccia di particolari
innovazioni introdotte dalle APS per raggiungere il contribuente in modo più efficace
rispetto ad altre tipologie di fundraising: i dati dimostrano che, per quanto riguarda il
5x1000, le organizzazioni utilizzano gli stessi strumenti d’informazione adottati per la
raccolta di fondi ordinari, avvalendosi soprattutto del proprio sito web e, in misura mol-
to minore, di social networks e banchetti informativi. Lo stesso vale anche per quanto
riguarda il piano più complesso della rendicontazione, in settore in cui gran parte delle
APS concorda sulla necessità di un impegno più attivo e concreto. La maggior parte
delle associazioni intervistate si limita a pubblicare un rapporto finanziario delle spese
sostenute (senza chiarire il grado di diffusione di tale pubblicazione), mentre sono vir-
tualmente assenti delle strategie di valutazione di impatto dei progetti realizzati con
i contributi de cittadini e tanto meno sembrano essere diffuse pratiche innovative di
accountability volte a coinvolgere gli stessi beneficiari nella valutazione delle attività
svolte (processi partecipativi). Questo dimostra che, se da un lato l’introduzione del
5x1000 ha sopperito ad una generale scarsità di finanziamenti per il terzo settore, non
ha allo stesso tempo colmato la distanza tra cittadini ed organizzazioni e neppure ha
motivato la maggioranza delle APS a fare di più in quanto a coinvolgimento dei propri
beneficiari nella progettazione e realizzazione degli interventi.
Anche sul piano della formazione, non risulta che il 5x1000 abbia contribuito a miglio-
rare la preparazione e la certificazione delle competenze degli operatori delle APS e dei
volontari. Se da un lato, oltre 8 APS su dieci si dicono favorevoli all’introduzione di un
sistema di certificazione delle competenze acquisite, poco meno della metà degli inter-
vistati ha adottato modalità per tradurre tale obiettivo in pratica.
Infine va notato che oltre il 50% delle APS che hanno partecipato al sondaggio ritiene
che il 5x1000 sia uno strumento utile ed efficace ed andrebbe normalizzato attraverso
una legge adeguata, mentre solo un’esigua minoranza dichiara di preferire il finanzia-
mento pubblico diretto (punto di riferimento tradizionale del terzo settore in Italia). Allo
stesso tempo, però, circa un quarto degli intervistati concorda sul fatto che gli attuali
volumi di finanziamento sono largamente insufficienti ed andrebbero rivisti al rialzo,
anche magari introducendo una percentuale di contributo più alta.
Capitolo V 137
138 Rendicontazione: dalla trasparenza al ritorno degli investimenti
Capitolo VI
1. Introduzione
Secondo alcuni teorici, le organizzazioni non profit sono state create per rispondere
a bisogni che né il mercato, perché mosso dal profitto, né lo Stato (perché altamente
istituzionalizzato e poco flessibile) riescono a soddisfare. Come numerosi progetti com-
parati hanno dimostrato, le organizzazioni non profit sono arrivate a gestire ingenti
risorse e impiegano una buona fetta della popolazione attiva, il che li rende un attore
importante nell’economia di molti Paesi. Al tempo stesso, però, negli ultimi due decenni
sono state espresse delle preoccupazioni che, a fronte di questa crescita di rilevanza
nella società, il settore non profit non pubblica abbastanza informazioni su stesso, sul
modo in cui utilizza le proprie risorse e ne risponde davanti ai cittadini (molti dei quali
sono donatori attivi di beneficienza). Inoltre, un tema centrale è diventato quello della
standardizzazione dei processi di rendicontazione rispetto alla miriade di modalità di-
versificate e poco comprensibili pubblicate nei rapporti finanziari delle organizzazioni
del Terzo Settore. Tale diversità è un risultato della mancanza di strumenti condivisi per
la rendicontazione, ma anche una conseguenza di un vuoto legislativo (a differenza, per
esempio, di quanto accade per le imprese).
In questo capitolo si analizzano alcuni casi di legislazione nazionale e si passano in
rassegna alcune pratiche “volontarie” proposte negli ultimi anni. Nelle sezioni finali si
riflette anche sul nesso che lega la rendicontazione alla capacità da parte dei donatori di
indirizzare le proprie risorse in modo ragionato, che in alcuni casi ha dato vita a processi
che puntano alla “monetizzazione” dell’azione del non profit ed a iniziative che tendono
ad assorbire modalità ispirate dal sistema di rating dei mercati.
A termini quali accountability e transparency si affiancano sempre più spesso concetti
quali rating ed auditing sociale. Il rating sociale ha come oggetto la gestione social-
mente responsabile dell’organizzazione e prescinde dall’adozione o meno di un processo
di relazione con gli stakeholder e dalla pubblicazione o meno di un resoconto sociale.
Prende in esame i comportamenti dell’organizzazione inclusi i documenti e il processo di
relazione. L’audit sociale, invece, ha come oggetto proprio il processo di relazione ed il
Capitolo VI 139
documento di sintesi e si colloca all’interno del ciclo della Copenhagen Charter, di cui si
parlerà di seguito tra le pratiche innovative di accounting. Prende in esame i documenti
e il processo di relazione con gli stakeholder.
Capitolo VI 141
In Italia non ci sono disposizioni normative che rendono obbligatoria la redazione del
bilancio sociale, fatta eccezione per:
- le Fondazioni bancarie, che devono redigere un documento piu circoscritto del bilan-
cio sociale, ovvero il “bilancio di missione” ed inserirlo in una specifica sezione della
relazione al bilancio (D. lgs. 153/99);
- le Imprese sociali e relative strutture di gruppo, a cui è stato imposto l’obbligo di
redazione del bilancio sociale, anche su base consolidata, in base alle previsioni
dell’art. 10, comma 2, del D. Lgs n. 155, 24 marzo 2006 e del relativo Decreto mini-
steriale di attuazione, che prevede uno schema sintetico del documento;
- le cooperative sociali, per le quali in alcune regioni sono stati previsti principi,
elementi informativi e i criteri minimi di redazione del bilancio sociale, nonchè la
tempistica per l’adeguamento all’obbligo di redazione annuale dello stesso e la re-
dazione del bilancio sociale quale condizione per l’accesso agli incentivi regionali,
all’accreditamento per la stipulazione di contratti con il sistema pubblico o il man-
tenimento dell’iscrizione all’Albo.
Nel 2010 l’Agenzia per le Onlus ha presentato un modello di “Linee guida per la reda-
zione del Bilancio Sociale delle Organizzazioni non profit” all’interno del quale propone
una serie di azioni tra cui:
• l’organizzazione non profit deve considerare la pluralita dei propri stakeholder, indi-
care il tipo di relazione esistente con i medesimi e valutare la coerenza tra i risultati
raggiunti e i loro bisogni e aspettative;
• la redazione del bilancio sociale prevede il coinvolgimento degli organi di governo,
della struttura amministrativa, degli operatori interni all’organizzazione e delle di-
verse categorie di stakeholder;
• la rilevazione delle informazioni qualitative e quantitative relative alle attivita svolte
deve essere puntuale e continuativo (annuale); presupposto essenziale è la creazione
di un sistema informativo che entri a far parte degli ordinari strumenti di lavoro
dell’organizzazione e sia idoneo a sistematizzare ed aggiornare nel tempo gli indica-
tori utilizzati per la rendicontazione.
• L’indice del bilancio sociale proposto proposto dall’Agenzia è stato articolato in
modo da evidenziare:
• le motivazioni, gli obiettivi e l’approccio seguito dall’organizzazione non profit nel
processo di rendicontazione sociale;
• le caratteristiche dell’organizzazione non profit, ovvero quali obiettivi si propone di
perseguire e quale forma giuridica e modello organizzativo ha scelto per operare;
• le attività che ha sviluppato per raggiungere i propri obiettivi ed i risultati generati
dalla propria gestione nel periodo di rendicontazione;
• il feedback dei lettori e gli obiettivi futuri che l’Organizzazione si propone di perse-
guire al termine del periodo di rendicontazione.
In Italia siamo ancora ai primi passi verso l’adozione di un modello sistematico di rendi-
contazione annuale per le organizzazioni non profit. I riferimenti normativi sono molto
vaghi e rimandano sostanzialmente ai principi contabili valevoli per le società nel codice
civile. L’ampia legislazione speciale delle realtà non profit (Organizzazioni di Volonta-
riato, Associazioni di Promozione Sociale, Fondazioni, etc.) non affronta nel dettaglio la
questione della rendicontazione fatta eccezione per le fondazioni di origine bancaria, un
riferimento per le cooperative sociali e recentemente la normativa su impresa sociale.
Nel caso delle fondazioni di origine bancaria l’esigenza di un’ informazione trasparente
e dettagliata è stata avvertita in maniera più forte in quanto, diversamente dalle impre-
se, esse gestiscono patrimoni la cui titolarità viene attribuita alle rispettive comunità di
riferimento, coinvolgendo così un numero di stakeholders decisamente rilevante.
Esigenza avvertita nel D.Lgs 153/99, prima fonte normativa di riferimento per le fonda-
zioni di origine bancaria, dove all’art.9 “bilancio e scritture contabili”, al primo comma,
dopo aver rinviato alla normativa inerente le società per azioni in termini di obblighi di
rendicontazione, prevede che la relazione sulla gestione illustri “in un’apposita sezione,
gli obiettivi sociali perseguiti dalla Fondazione e gli interventi realizzati, evidenziando i
risultati ottenuti nei confronti delle diverse categorie di destinatari”. Il bilancio di mis-
sione viene inserito nell’ambito dei doveri informativi specificatamente previsti dalla
normativa sul contenuto della relazione sulla gestione, evidenziando che i risultati eco-
nomico-finanziari sono, per questo tipo di istituzione, solo il primo aspetto dell’attività,
mentre il secondo aspetto, altrettanto importante, è costituito dagli effetti prodotti
dall’attività erogativa.
Nell’atto di indirizzo del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione eco-
nomica del 20/04/2001 vengono elencati i contenuti minimi che il Bilancio di Missione
deve ricomprendere tra cui: rendiconto erogazioni, obiettivi sociali perseguiti, attività
raccolta fondi, enti strumentali, criteri generali di individuazione e di selezione dei pro-
getti e delle iniziative, programmi di sviluppo dell’attività sociale della fondazione.
Altro caso dove la norma è andata ad intervenire sui criteri di redazione del bilancio
riguarda la legislazione per l’impresa sociale che con il Decreto del Ministero dello Svi-
luppo Economico del 24 gennaio 2008 - “Definizione degli atti che devono essere de-
positati da parte delle organizzazioni che esercitano l’impresa sociale presso il registro
delle imprese, e delle relative procedure, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del decreto
legislativo 24 marzo 2006, n. 155” - ha previsto che tra i documenti che l’ente impresa
sociale deve depositare presso il Registro delle Imprese vi siano: un documento che
rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale ed economica dell’impresa; per i
gruppi di imprese sociali, i documenti in forma consolidata della situazione patrimoniale
ed economica, oltre all’accordo di partecipazione e ogni sua modificazione.
Il medesimo decreto ha previsto che debba essere inviato al Ministero dello Sviluppo
Economico il Bilancio costituito dallo stato patrimoniale, dal rendiconto gestionale e
dalla nota integrativa e che lo stesso debba essere redatto “secondo gli schemi che l’A-
genzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale predispone”: le imprese sociali
sono quindi tenute ad adottare le linee guida predisposte dall’Agenzia per le Onlus sotto
Capitolo VI 143
illustrate. La presentazione della documentazione di bilancio viene richiesta sia agli enti
di cui al libro I del Codice Civile che agli enti in forma societaria (libro V).
Nel 2009, l’Agenzia per le Onlus (d’ora in poi Agenzia), a seguito di un primo lavoro pre-
sentato nel maggio 2008 e successivamente sottoposto alla sperimentazione del mondo
non profit, ha approvato un documento dal titolo “Linee guida e schemi per la redazione
dei bilanci di esercizio degli enti non profit”65. L’Agenzia ha posto fra i suoi obiettivi pri-
oritari quello di favorire la diffusione di pratiche uniformi nella redazione dei bilanci di
esercizio degli enti non profit, in quanto “si ritiene fondamentale la trasparenza e l’ac-
countability degli enti, che si realizza innanzitutto con la rappresentazione sistematica
e ordinata dei loro dati contabili sintetizzata nel bilancio d’esercizio.”
I documenti di bilancio proposti dall’Agenzia riguardano:
1) Stato Patrimoniale: lo schema individuato per gli enti non profit va redatto secondo
quanto previsto per le società dall’art. 2424 del codice civile, con alcune modifi-
che ed aggiustamenti che tengano conto delle peculiarità che contraddistinguono
la struttura del patrimonio degli enti non profit (eliminati i riferimenti alle società
controllanti che non possono esistere; sono stati messi in evidenza poste ideali del
patrimonio netto quali il fondo di dotazione iniziale, il patrimonio libero e il patri-
monio vincolato)
2) Rendiconto gestionale; l’attività di rendicontazione negli enti non profit ha
come scopo principale quello di informare i terzi sull’attività posta in esse-
re dall’ente nell’adempimento della missione istituzionale ed ha, come ogget-
to, le modalità attraverso le quali l’ente ha acquisito ed impiegato le risor-
se nello svolgimento di tali attività. Il Rendiconto Gestionale a proventi/ricavi e
costi/oneri informa sulle modalità con le quali le risorse sono state acquisite ed
impiegate nel periodo, con riferimento alle cosiddette “aree gestionali”.
Per i soggetti con ricavi e proventi inferiori a 250.000 euro viene proposto di redige-
re, in luogo dello Stato Patrimoniale e del Rendiconto Gestionale, un solo prospetto:
il Rendiconto degli incassi, dei pagamenti e Situazione Patrimoniale
3) Nota integrativa; deve mettere in evidenza una serie di punti specifici tra cui infor-
mazioni generali sull’ente, i principi adottati per la redazione del bilancio d’esercizio
e i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio di esercizio
4) Relazione di missione; è il documento che accompagna il bilancio in cui gli ammi-
nistratori espongono e commentano le attività svolte nell’esercizio, oltre alle pro-
spettive sociali. Essa ha la funzione di esprimere il giudizio degli amministratori sui
risultati conseguiti, di determinare la destinazione del risultato stesso, se positivo,
e la copertura – e/o i provvedimenti relativi – se il risultato è negativo, di integrare
gli altri documenti di bilancio esprimendosi sulle prospettive di continuità operativa.
I quattro documenti sopra elencati costituiscono, nel loro complesso, il bilancio di
esercizio.
65 Agenzia per le Onlus, Linee guida per la redazione del Bilancio sociale delle organizzazioni non profit,
Studio realizzato in collaborazione con Altis, 2010.
Regno unito
Il Regno unito ha una storia secolare relativa al processo di rendicontazione delle orga-
nizzazioni non profit. È stato però soltanto con l’introduzione delle Charities Regulations
nel 1960 che al Terzo Settore si è cominciato a richiedere di mantenere registri contabili,
preparare rapporti di rendicontazione e custodire gli estratti conto fino a sette anni67.
Al giorno d’oggi, la rendicontazione finanziaria delle organizzazioni non profit inglesi
è regolata dal Statement of Recommended Practice (SORP), istituito nel 1988. Ci sono
voluti vari anni e molti aggiustamenti perché si arrivasse all’attuale carattere del SORP
(modificato nel 1997), che prevede un modello di rendicontazione simile a quello ri-
chiesto per le piccole imprese e modellato sugli International Accounting Standards68. Il
SORP punta a fornire una rappresentazione quanto più trasparente delle attività e delle
finanze delle organizzazioni non profit il cui reddito annuale superi le 100 mila sterline.
66 Travaglini C., Un primo quadro interpretativo per l’analisi dei bilanci delle aziende non profit, Parigi, First
European Istr- Emes, 2005.
67 Cfr. Chitty D. e Morgan N., Charities and Industry Accounting and Auditing Guide, London, Institute of
Chartered Accountants in England and Wales, 2001.
68 Gli International Accounting Standards (IAS) sono principi contabili internazionali. Gli IAS, emanati
da un gruppo di professionisti contabili (International Accounting Standards Committee, IASC) fin dal
1973, sono stati il primo tentativo di standardizzazione mondiale delle regole contabili. Fino al 2001, lo
IASC ha agito come comitato interno all’organizzazione mondiale dei professionisti contabili (International
Federation of Accountants,IFAC) trasformandosi poi in una fondazione privata di diritto statunitense (IASC
foundation). All’interno di questa fondazione, l’organo incaricato di emanare i principi contabili è denominato
IASB (acronimo di International Accounting Standards Board) e i principi redatti da questo comitato sono
denominati IFRS (acronimo di International Financial Reporting Standards). Poiché tali principi coesistono,
almeno per ora, con i precedenti IAS ci si riferisce spesso ai principi internazionali con il termine IAS/IFRS.
Capitolo VI 145
Questo processo di disclosure serve non solo ai cittadini per comparare risultati ed atti-
vità del Terzo Settore, ma anche alle fondazioni ed altri donatori interessati ad investire
in organizzazioni affidabili e trasparenti.
Il modello base di rapporto annuale inviato al SORP include una serie di informazioni
qualitative, come la descrizione dell’evoluzione dell’organizzazione nell’anno di rife-
rimento, oltre ad una serie di dati quantitativi. Inoltre, il rapporto include le seguenti
informazioni: la leadership dell’organizzazione ed i suoi revisori contabili; la struttura
di management e governance; gli obiettivi dell’organizzazione ed i suoi programmi,
nonché una sezione comparativa sulla performance in cui vanno anche indicate le valu-
tazioni d’impatto, la capacità di raggiungimento dei propri scopi e l’attività di raccolta
fondi; una revisione finanziaria della contabilità dell’anno in corso, oltre alle prospet-
tive per gli anni a venire; il bilancio ed una disamina delle entrate/uscite, nonché uno
specchietto informativo sulla metodologia di contabilità utilizzata. Il documento finale
è poi redatto sotto la supervisione di revisori, che possono essere indipendenti o interni,
in base ai livelli di bilancio dell’organizzazione. Una volta approvato, il rapporto viene
reso pubblico.
Spagna
In Spagna il sistema di rendicontazione contabile per il Terzo Settore è stato istituito nel
1998 (Decreto Reale 776), sulla falsa riga di quello richiesto per le attività commerciali.
Il sistema spagnolo propone due standard, in base al volume finanziario dell’organizza-
zione ed in base al numero delle persone impiegate. I requisiti da inserire nel rapporto di
rendicontazione annuale (non obbligatorio) sono: un bilancio aggiornato, un documento
relativo alle entrate ed alle uscite; una sintesi qualitativa del profilo dell’organizzazione
e dell’evoluzione nell’anno di riferimento, a partire da eventuali cambi di leadership o
di organi gestionali. A differenza del sistema inglese, che pone l’accento anche su ele-
menti specifici delle attività del non profit, come la missione, il raggiungimento degli
obiettivi e gli impatti, il sistema spagnolo risulta molto meno approfondito e risente
molto dell’influenza esercitata dalla contabile nazionale, fondata principalmente sulle
imprese.
Stati Uniti
Negli USA, il dibattito sulla regolamentazione delle organizzazioni non profit e dei loro
modelli di rendicontazione (obbligatori o volontari) è maturato nel corso di decenni,
generando una plularità di strumenti, legislazioni e modalità non vincolanti di auto-
regolazione. Durante i primi anni nell’evoluzione del settore non profit, l’allora Isti-
tuto Contabile Americano (ora denominato American Institute of Certified Public Ac-
countants, AICPA) incoraggiava i professionisti del Terzo Settore a sviluppare manuali di
rendicontazione come strumento di gestione, al fine di meglio pianificare la risoluzione
dei problemi e rispondere ai bisogni delle organizzazioni. Verso la fine degli anni ’60, le
professioni contabili hanno cominciato a sviluppare i primi standard di rendicontazione
formali da applicare alle organizzazioni non profit: nel 1972, per esempio, l’AICPA pub-
blicava la prima guida alla rendicontazione per gli ospedali, mentre nel 1973 un simile
modello di rendicontazione veniva estesa alle università e, nel 1974, alle organizzazioni
del volontariato. Tutte queste guide erano fondate prevalentemente sui manuali utiliz-
Capitolo VI 147
aumenti o diminuzioni dei finanziamenti; le ricevute in contanti o le relative spese van-
no classificate in modo da sapere se si tratta di investimenti, finanziamenti o attività
operative dell’organizzazione.
Negli ultimi anni, oltre alle forme di rendicontazione governative, si sono diffuse mol-
te iniziative “dal basso” per la standardizzazione della rendicontazione, che vedono in
quest’ultima un modo per favorire la trasparenza ed informare i cittadini (ed i potenziali
finanziatori) sulle attività delle organizzazioni non profit. Questo processo è stato sicu-
ramente inaugurato dall’organizzazione “GuideStar”, che è operativa nel campo della
rendicontazione non profit dal 1996, quando ha pubblicato il primo rapporto su oltre 35
mila organizzazioni no-profit attive negli Stati uniti. Ad oggi, il database di GuideStar è
il più grande al mondo, riporta vere e proprie recensioni per oltre 1,8 milioni di organiz-
zazioni della società civile e riceve sul proprio sito web quasi 9 milioni di visite l’anno.
GuideStar è un’organizzazione senza fini di lucro la cui missione è di “rivoluzionare le
pratiche del non profit fornendo informazioni che portano ad una maggiore trasparenza,
aiutano i cittadini a scegliere meglio ed incoraggiano le donazioni diffuse”. GuideStar
offre anche il servizio di charity check che permette agli utenti di verificare lo status
delle organizzazioni non profit recensite, nonché la loro esigibilità per benefici fiscali, la
loro gestione dei finanziamenti ed altre informazioni fondamentali come il trattamento
dei dipendenti, gli investimenti effettuati e l’affidabilità dei sistemi di democrazia inter-
na. Fondazioni ed investitori privati possono anche attingere informazioni relative alla
leadership, alla presenza effettiva sul territorio ed alle differenze salariali all’interno
dello staff delle organizzazioni non profit (questione molto spinosa negli Usa, che nel
2005 ha portato ad un vero e proprio scandalo pubblico quando si è venuto a sapere che
molte charities offrivano stipendi milionari ai propri dirigenti). Le informazioni raccolte
da GuideStar vengono fornite direttamente dalle organizzazioni non profit, che possono
aggiornare il proprio profilo regolarmente e, in cambio, ricevono una sorta di ‘marchio
qualità’ garantito da GuideStar. Il database accoglie anche recensioni fatte dai cittadini
utenti, molto spesso basate su storie personali ed aneddoti. Oltre agli Usa, oggi Guide-
Star è presente nel Regno unito ed ha aperto un ufficio europeo a Bruxelles. Inoltre, nel
2007, è stata creata Guide Star International.
Sull’esempio di GuideStar, nel 2007 è nata la campagna “Great Nonprofits”, stimolata
dalle devastazioni causate dall’uragano Katrina e dall’emergenza umanitaria da esso
provocata. A quel tempo, nell’assenza di un registro generale e di un sistema di coor-
dinamento chiaro ed accessibile, l’unico modo per sapere quali organizzazioni di vo-
lontariato fossero operative sul campo e fornissero aiuti efficaci alla popolazione era
attraverso dei colloqui diretti con i cittadini colpiti dalla calamità. Queste “recensioni”
hanno quindi offerto lo spunto per la sistematizzazione di una vera e propria guida alle
La Copenhagen Charter è stata presentata per la prima volta al convegno dal titolo
“Building Stakeholder Relations - the third international conference on social and ethi-
cal accounting, auditing and reporting” tenutosi a Copenhagen, dal 14 al 16 novembre
1999, organizzato da varie istituzioni (the Institute of Social and Ethical Accountability,
Novo Nordisk A/S, The Copenhagen Centre, Copenhagen Business School e the House
of Mandag Morgen) con la collaborazione di primarie società di consulenza interna-
zionali, quali Ernst & Young, KPMG e PricewaterhouseCoopers. Il suo scopo è delineare
gli aspetti ed i principi più importanti per gestire il processo di rendicontazione del
valore economico e sociale creato all’interno e all’esterno dell’azienda, rispetto ai suoi
portatori di interessi (“A management guide to stakeholder reporting”). Il processo di
rendicontazione viene illustrato in un processo ciclico articolato in fasi che permette sia
di assicurare che la rendicontazione sociale sia ben integrata nell’organizzazione sia di
verificare che i valori e le aspettative degli stakeholder chiave siano rispecchiati nella
percezione che l’impresa ha di sé stessa, della sua missione e dei suoi valori. La prima
fase riguarda la decisione della Direzione di creare una relazione con gli stakeholder,
determinando sia obiettivi, fine e allocazione delle risorse necessarie per il processo che
individuando il gruppo di lavoro cui affidare il progetto. Nella seconda fase, l’organiz-
Capitolo VI 149
zazione o azienda, deve identificare tra tutti gli stakeholder quelli “chiave” che hanno
un peso e permettono con il loro consenso di operare – distinguendo tra stakeholder da
includere nel ciclo di dialogo e rendicontazione e quali informare semplicemente – e do-
vrà poi identificare i fattori critici di successo per ogni gruppo di stakeholder e ogni area
di interesse. La terza fase prevede la costruzione di un canale di dialogo continuo con
gli stakeholder – dotandosi di una struttura organizzativa c.d. “stakeholder oriented”
– attraverso l’assimilazione della cultura della rendicontazione. La quarta fase prevede
l’individuazione degli indicatori da adottare per la comunicazione con gli stakeholder
e che riguardano informazioni sintetiche sui “fatti” coniugati sotto le varie angolazioni
della responsabilità sociale, che si riferiscono alle performance realizzate, non solo in
termini economici, ma anche e soprattutto in termini di ricaduta sociale. E’ questa la
fase dove si definiscono i sistemi di contabilizzazione. La quinta fase attiene al moni-
toraggio costante delle performance e della coerenza con i valori che l’organizzazione
si è data, mentre nella sesta fase, attraverso lo strumento di monitoraggio predisposto
– stakeholder reporting – viene fornito al management una serie di indicatori strategici
che permettono una risposta veloce ad opportunità e conflitti (effetto paracadute) e la
tempestiva individuazione di azioni di miglioramento. La settima fase prevede la predi-
sposizione, verifica e pubblicazione del “rapporto sociale” che si chiude con l’ottava fase
di consultazione degli stakeholder (feedback) - fase che può essere assimilata ad una
approvazione del bilancio sociale da parte dell’assemblea degli stakeholder.
Per quanto riguarda l’Italia si è ancora in una fase iniziale di implementazione pratiche
di sistemi di rendicontazione adeguati. Tra queste da citare un recente progetto presen-
tato nel maggio 2010 dall’Istituto Italiano della Donazione e CSVnet (Coordinamento
Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato) con la realizzazione di un archi-
vio web per offrire ai cittadini che cerchino informazioni o desiderino sostenere cause
sociali promosse da Organizzazioni di Volontariato (OdV), la possibilità di conoscere
l’esistenza di realtà non profit attive nel proprio territorio. Non si tratta unicamente di
una vetrina in quanto le OdV che faranno richiesta per entrare a far parte del database
dovranno rispettare una serie di requisiti.
All’interno dell’archivio il cittadino può trovare, per ognuna di queste OdV: alcune in-
formazioni generali, l’attività svolta e le iniziative di cui è promotrice, le principali in-
formazioni economico finanziarie ed infine le modalità per effettuare una donazione.
Le Organizzazioni inserite nell’archivio web vengono sottoposte a controlli tra i quali
è opportuno in questa sede evidenziare che: rispondono a quanto previsto dalla legge
266/91 (Legge quadro sul volontariato), hanno entrate totali non superiori ai 300.000
euro, hanno superato positivamente un’analisi documentale svolta dallo stesso Centro
Servizi territoriale di riferimento e dall’Istituto Italiano della Donazione. In quest’ulti-
mo caso la verifica si concentra sostanzialmente su questioni quali la corrispondenza
dell’attività con la missione descritta nello statuto, la pubblicazione regolare dei bilanci
economico-finanziari, la previsione di un separato rendiconto per le raccolte fondi, se
abbiano o meno uno strumento di rendicontazione sociale (bilancio sociale, relazione di
Capitolo VI 151
tropia, dalle fondazioni alle imprese. Inizialmente creata allo scopo di aiutare il mondo
della filantropia ad individuare facilmente le organizzazioni più efficaci, il NPC ha re-
centemente allargato il proprio spettro d’azione includendo anche i finanziatori (es. le
principali fondazioni) nei loro rapporti di valutazione. La guida dell’NPC, conosciuta an-
che come il Little Blue Book, analizza le organizzazioni lungo una vera e propria griglia
(con indicatori quantitativi e scale omogenee) in sei aree principali: l’efficacia, i risultati,
la leadership, le persone e le risorse, le finanze e l’ambizione. Ovviamente, queste inizia-
tive sollevano alcuni dubbi (cosa s’intende per “affidabilità”, “efficacia” o “risultati” del
non profit) ed importano un linguaggio finanziario nel mondo del non profit, utilizzando
concetti come “investimento sociale”.
Nel 2009 la Fondazione Bertelsmann, in partnership con enti governativi, aziende pri-
vate e rappresentanze della società civile ha dato vita al “Phineo Gag”. Si tratta della
continuazione dell’originario progetto Orientierung für Soziale Investoren (Orientation
for Social Investors) promosso dalla Fondazione Bertelsmann, il quale si pone come
obiettivo aiutare i filantropi privati, i donatori e i managers della Corporate sociale re-
sponsability ad identificare progetti innovativi che vale la pena finanziare nonché part-
ners adeguati per l’alto livello professionale. Grazie alla promozione di un manuale per
donatori, all’interno del quale vengono indicati i profili di organizzazioni “esemplari”,
informazioni su questioni d’interesse per il non profit nonché una lista di consulenti per
investitori sociali, Phineo ha permesso di “accendere un faro” sulle attuali sfide che si
pongono per il mondo del non profit. Tale strumento, come si legge dalla stessa relazione
della Fondazione Bertelsmann, consente nel lungo termine di offrie un valido servizio
di supporto non unicamente per pochi esperti in materia, bensì un manuale d’uso e di
pratica per tutta la società civile.
Strumenti come Phineo ed NPC hanno lo scopo di presentare ai potenziali donatori le
varie realtà cui potrebbero rivolgersi. Nel settore non profit infatti una serie di scandali
riguardo le pratiche di alcune organizzazioni hanno aperto la strada a ricerche che
promuovono l’analisi dei ritorni sociali per le donazioni effettuate: mentre solitamente
per le aziende profit è generalmente accettato il principio secondo cui “takes money
to make money” (prendere soldi per fare soldi), lo stesso principio non rispecchia la
volontà dei donatori per i fondi donati ad enti non profit. La sfida che si pone quindi
per i donatori consiste nell’acquisire quell’abilità di giudizio che vada oltre la semplice
stima dell’efficienza percepita (sicuramente ad oggi uno dei metodi più utilizzati). Tra
i vari strumenti di giudizio i più utilizzati riguardano gli indici di efficienza (da poco
sperimentati anche in Italia dall’Istituto Italiano Donazione) basati su semplici calcoli
matematici che tengono in considerazione il rapporto tra le spese sostenute per il fun-
draising (solitamente utilizzato come proxy di valutazione) e le donazioni ricevute, altri
strumenti di valutazione qualitativa (indici qualitativi di giudizio) nonché i giudizi delle
c.d. “watchdog agencies” che provvedono sia a fornire dati per il potenziale pubblico
di donatori che aiutare le organizzazioni non profit ad essere maggiormente “leggibi-
li” dall’esterno. L’efficienza (o l’inefficienza) dell’organizzazione in questione gioca un
ruolo fondamentale nel processo di decision-making dei donatori: come confermato
da molte ricerche i donatori sono estremamente interessati all’efficienza del processo
gestionale, più l’informazione è dettagliata e trasparente sulle proprie attività più alta
sarà la propensione del donatore ad elargire fondi.
Capitolo VI 153
e aiuta a ripensare dinamiche partecipative interne laddove si rilevino criticità o la sua
attività non sia più incisiva nel territorio di riferimento.
L’accountability si può sviluppare correttamente soltanto in un quadro di riferimento di
responsabilità sociale, costituito da strategie comuni, negoziate insieme agli stakehol-
ders attraverso una procedura di coinvolgimento di questi ultimi e di compartecipazione
al processo decisionale. Essa implica necessariamente un processo di riorganizzazione
del modello di governo stesso dell’organizzazione non profit, che deve rendere i benefi-
ciari partecipi e corresponsabili delle scelte inerenti le linee di orientamento, i criteri di
azione e le politiche da seguire, altrimenti l’accountability rischia di essere puramente
autoreferenziale. Questo dovrebbe essere il fine di una dettagliata e veritiera rendi-
contazione, in caso contrario il bilancio sociale rischia di diventare mero strumento
pubblicitario (come purtroppo molto spesso accade soprattutto in pratiche di Corporate
sociale responsability).
L’indagine presentata nel presente volume è stata avviata sulla base di alcuni presuppo-
sti avvalorati dai numerosi studi sul Terzo settore che l’Area risorse strutturali e umane
dei sistemi formativi dell’ISFOL ha condotto per conto della Div. Associazionismo (Dir. E.
Patrizi) della DG Volontariato, Associazionismo e Formazioni sociali - Ministero del La-
voro e delle Politiche Sociali (Osservatorio Nazionale Associazionismo). Tali presupposti
si basano sulla consapevolezza di una massiccia e crescente presenza di organismi affe-
renti al mondo del non profit nel nostro Paese69; sulla conclamata propensione al dono
degli italiani70; sull’importanza che l’istituto del 5x1000 ricopre all’interno della messa
a regime di meccanismi, anche fiscali, di sussidiarietà orizzontale; sulla promozione
dell’attivismo civico e del senso di responsabilizzazione del cittadino rispetto al disegno
della Welfare Society71, da tempo sostenuta dal Ministro Sacconi.
Nondimeno poteva mancare un serie di quesiti a cui volevamo dare risposta e che sono
stati sottoposti ai diretti interessati, attraverso due indagini campionarie di tipo esplo-
rativo. Una rivolta a un campione di 601 contribuenti che nella dichiarazione dei redditi
2010 hanno devoluto il 5x1000 ad un’organizzazione del Terzo settore, a cui abbiamo
chiesto di rispondere con un’indagine C.A.T.I. principalmente alle seguenti domande:
quali sono le valutazioni che portano i cittadini a scegliere di firmare per il 5X1000? per
quale motivo si predilige un’organizzazione piuttosto che un’altra? Esiste un nesso tra
condizione socio-economica, partecipazione-civismo e uso sociale del denaro? In che
misura i beneficiari di tali devoluzioni devono rendicontare del loro operato?
L’altra rivolta alle Associazioni di Promozione Sociale (APS), attraverso l’invio telematico
di questionari alle 163 Associazioni di promozione sociale iscritte al registro nazionale
tenuto presso la Divisione Associazionismo della D.G. Volontariato, Associazionismo e
formazioni sociali del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Di esse 79 hanno
risposto al nostro sondaggio, con un turn out relativamente apprezzabile del 49%. Il
questionario inviatogli via email (vedi Allegato 1) si divideva in nove parti e indaga-
va su: anagrafica delle organizzazioni; utilizzo dei finanziamenti ricevuti; caratteristi-
che dei progetti sostenuti e delle tipologie di beneficiari; come le APS percepiscono
le motivazioni dei donatori; le campagne di promozione messe in campo; il livello di
69 Secondo dati ufficiali: 21.021 Organizzazioni di volontariato (ISTAT, 2003); 24.778 Associazioni di
promozione sociale (ISFOL, 2010); 7.363 Cooperative sociali (ISTAT, 2005); 4.720 Fondazioni (ISTAT, 20025).
Per un totale di circa 800.000 occupati secondo stime dell’Unioncamere sull’intero comparto (dati del 2007).
70 SI citano alcune delle numerose rilevazioni condotte in questo ambito: IID, Indagini e ricerche
dell’Osservatorio IID di sostegno al non profit, Milano, Istituto Italiano Donazione, 2009; Marelli S., Il barometro
della solidarietà internazionale degli italiani, Roma, FOCSIV, 2010; IPR marketing, Sondaggio sulle donazioni
in Italia durante le festività, Il Sole 24 Ore – IPR marketing, 2010, in cui si dimostra il trend positivo delle
donazioni degli italiani anche in periodi di crisi economica e di difficoltà di accumulazione dei risparmi.
71 Vittadini G. (a cura di), Liberi di scegliere. Dal welfare state alla welfare society, Milano, EtasLibri, 2002.
Riferimento contenuto in Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Libro Bianco sul futuro del
modello sociale, cit.
Conclusioni 155
formazione degli operatori delle APS (cercando di capire se i fondi del 5x1000 fossero
stati anche utilizzati per professionalizzare ulteriormente i dipendenti); meccanismi di
rendicontazione sociale, elemento cruciale di accountability nei confronti dei cittadini-
contribuenti; le potenzialità e criticità dello strumento 5x1000; la struttura di gover-
nance delle APS intervistate.
Gran parte delle APS tuttavia non ha ancora ricevuto i finanziamenti erogati tramite
il 5x1000 e non è stato quindi possibile raccogliere informazioni esaustive relative ai
progetti sostenuti, che quindi non sono stati analizzati e discussi in questo rapporto.
Sul piano teorico abbiamo affrontato il discorso dell’inquadramento normativo (Capitolo I),
primo passo ritenuto necessario per avventurarci nella selva delle disposizioni messe in atto
per confermare di anno in anno il dispositivo fiscale dalla prima apparizione, nel modello 730
del 2006, per effetto della Legge Finanziaria del 2006 (la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art
1, commi 337 – 342) alla sua ultima riconferma, non senza difficoltà, nella Finanziaria 2011
(attraverso il “Decreto Milleproroghe”, convertito in Legge 26 febbraio 2011, n.10).
Di grande illuminazione, per capire il contesto socio-normativo in cui si inserisce la di-
sciplina del 5x1000, è lo studio effettuato sugli istituti del federalismo fiscale, della sus-
sidiarietà fiscale e del concetto di “sovranità del contribuente”72 (Capitolo II). Evoluzione
dal principio ispiratore del liberismo americano “no taxation without representation”
che ha sempre legato la questione fiscale a quella della democrazia73, la possibilità data
dall’applicazione del dispositivo del 5x1000 di partecipare, attraverso la destinazione
di quote del gettito derivante dall’IRPEF, a progetti o iniziative liberamente scelte dal
contribuente (c.d. “taxation self-determination”), segna un passo verso i principi esposti
nel più ampio alveo delle teorie legate alla democrazia partecipativa o deliberativa74.
Già in un precedente opuscolo pubblicato nel 200675, mirato a pubblicizzare la l. 80 del
2005 c.d. “Più dai meno versi” sulla deducibilità delle donazioni ad enti del Terzo settore,
ci eravamo resi conto delle potenzialità di dispositivi messi in atto in applicazione della
sussidiarietà fiscale, la quale riconosce e promuove la libertà dei cittadini di sostenere
i soggetti che ritengono più meritevoli e che perseguono finalità di interesse pubblico.
In Europa questi meccanismi sono regolati da norme che prendono il nome di Percentage
Law, già attive da tempo in alcuni Paesi, soprattutto dell’Est76. Di questi dispositivi si è dato
un quadro sinottico al fine di un confronto tra diversi approcci con medesime finalità e per
dimostrare, semmai ce ne sia davvero il bisogno, che il caso italiano non è un caso isolato ma
che, anzi, è possibile raffinarlo attraverso un confronto costruttivo con l’estero (Capitolo III).
La survey sui contribuenti (Capitolo IV) che decidono di destinare il 5X1000 agli enti del
Terzo settore, restituisce uno scenario nel quale l’introduzione del principio di sussidia-
rietà fiscale sembra aver avuto risultati positivi.
72 Si vedano i numerosi articoli di Luca Antonini sul tema, compresa l’introduzione del presente rapporto
e Corigliano F., Recensione del volume di Luca Antonini “Sussidiarietà fiscale. La frontiera della democrazia”,
“L’Ircocervo. Rivista elettronica italiana di metodologia giuridica, teoria generale del diritto, e dottrina dello
Stato”, 2006, 1, p. x disponibile online http://www.lircocervo.it/index/?p=355 (consultato nel maggio 2011).
73 Il dovere di concorrere alle spese pubbliche è sancito dall’art. 53 della Costituzione Italiana: “Tutti sono
tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
74 Cfr. Pellizoni L. (a cura di), La deliberazione pubblica, Roma, Meltemi, 2005; Bobbio L., Dilemmi della
democrazia partecipativa, “Democrazia e diritto”, 2006, 4.
75 ISFOL, Aiutaci ad aiutare. Devolvi al non profit e deduci dal tuo reddito, Roma, ISFOL, 2006.
76 Si veda il rapporto di ricerca Osservatorio sull’economia sociale – Agenzia per le Onlus, Nuove misure
fiscali adottate dagli Stati europei, cit.
156 Conclusioni
L’identikit del donatore, secondo i dati raccolti dalle interviste, sembra essere il seguen-
te: i contribuenti che decidono di destinare il 5X1000 dell’Irpef ad organizzazioni sociali
sono per lo più individui in età matura con famiglia e in molti casi con figli, dotati di un
titolo di studio medio-alto (68,1%), lavorano alle dipendenze (32,3%) o sono in quie-
scenza (32,1%), con un reddito non superiore ai 30mila euro annui (69%), risiedono per
lo più in piccoli centri (77,2%). Sotto il profilo valoriale, hanno un legame forte con la
tradizione cattolica o comunque sono credenti (85,7%). Nulla invece si può dire sulla
provenienza geografica: per una volta l’Italia sembra unita nello spirito filantropico,
anche in periodi di congiuntura economica sfavorevole.
Volendo inquadrare il livello di impegno e di civismo, sono state rivolte alcune domande per
capire se ci trovavamo davanti a donatori “una tantum” o a donatori abituali: il 72% degli
individui contattati ha dichiarato di aver fatto una donazione in denaro a scopo benefico nei
dodici mesi precedenti l’intervista; più di un intervistato su cinque afferma di essere attual-
mente coinvolto in un’attività non retribuita all’interno di un’organizzazione di volontariato,
quasi il 70% è iscritto a un’organizzazione non profit, l’88,2% aveva donato il 5x1000 anche
l’anno precedente. Il donatore-tipo quindi è ben inserito nel circuito che finanzia ed è da
considerare una persona (spesso donna) con un’alta propensione al civismo e al dono.
Al di là delle particolarità socio-demografiche spiccano alcune tendenze.
• La scelta dell’ente al quale concedere il beneficio economico avviene in modo piena-
mente consapevole, assecondando inclinazioni e convinzioni personali ben precise.
Tra le diverse posizioni espresse all’interno del campione, spicca la tendenza a de-
stinare il contributo in favore delle organizzazioni attive nel campo dell’inclusione
sociale e del sostegno alle fasce di popolazione più svantaggiate. Meno consensi
riscuotono le organizzazioni attive nel campo della promozione culturale.
• Sempre rispetto alla scelta dell’ente beneficiario, si evidenzia il ruolo della conoscenza
diretta delle attività dell’ente e, più in generale, dei rapporti interpersonali e della fiducia.
Le preferenze dei contribuenti si concretizzano a partire dall’esperienza e sono mediate
da una relazione con soggetti ritenuti autorevoli e in grado di farsi garanti dell’operato
dell’ente. Questa dinamica tende comunque a interagire con la dimensione valoriale.
• Infine, si delinea un’esigenza di trasparenza dei meccanismi di attribuzione e ge-
stione dei fondi. Per quanto l’apprezzamento per questo strumento di sussidiarietà
fiscale sia elevato, gli intervistati non sembrano disposti a offrire il proprio contri-
buto senza avere la garanzia del corretto ed efficiente uso delle risorse distribuite.
Si presenta una domanda di trasparenza che probabilmente potrà essere soddisfatta
solo adottando adeguati strumenti di rendicontazione sociale.
Il sondaggio rivolto alle APS rivela inoltre che lo strumento del 5x1000 ha raggiunto un
livello di maturità e diffusione significativo, nonostante gli inceppi ed i rallentamenti seguiti
dall’entrata in vigore nel 2006. Il 5x1000, strumento introdotto da pochi anni e ristretto ad
una certa tipologia di organizzazioni della società civile, viene indicato come un’importante
fonte di finanziamento da un percentuale considerevole di intervistati: oltre il 48%. Terza
fonte di finanziamento dopo “quote degli associati” e “contributi pubblici”. Tuttavia riman-
gono perplessità sull’efficacia del macchinoso dispositivo di assegnazione delle quote donate
dai contribuenti: il 92,3% dei beneficiari ritiene che le procedure siano complesse.
In effetti riassumendo brevemente, per le ONLUS ottenere i contributi attraverso il 5x1000
equivale ad iscriversi negli appositi elenchi per via telematica nei periodi indicati, succes-
Conclusioni 157
sivamente mandare dichiarazione atto di notorietà per raccomandata e poi aspettare di
essere confermati nell’elenco ufficiale dopo i controlli d’ufficio effettuati dall’Agenzia del-
le entrate (di solito eliminati i doppioni e gli enti che non hanno inviato la raccomandata
AR). Anche l’erogazione delle somme spesso comporta tempi lunghi di attesa a cui si è
aggiunto l’onere, dal 2008, di rendicontare l’utilizzo degli introiti ricevuti.
Le risorse provenienti dal 5x1000 non sono utilizzate solo per i progetti (in corso o da
avviare), sebbene la somma di essi rappresenti la quota maggiore (62,5%). A seguire le
associazioni di promozione sociale investono in formazione per le risorse umane interne
e per il pagamento dei dipendenti.
Riguardo la questione della rendicontazione, inquadrata nel più ampio concetto dell’ac-
countability, le associazioni si sono espresse in favore, all’88,6%, dell’uso di forme di ren-
dicontazione per chi beneficia del 5x1000, anche se poi ammettono nel 65% di non fare
analisi d’impatto e valutazione dei risultati sui progetti realizzati attraverso tali risorse. Dato
sempre viziato, lo si ricorda, dal fatto che molti progetti ancora devono essere finiti e che non
tutte le risorse provenienti da questo canale di finanziamento sono utilizzate per la realiz-
zazione di progetti. Anche le Associazioni, come i contribuenti, affiderebbero la titolarità dei
controlli ad un agenzia pubblica (63,4%) piuttosto che ad un’agenzia indipendente (23,9%).
La nostra attenzione si è poi rivolta alle iniziative di formazione che vengono finanziate
attraverso il 5x1000, anche per capire il livello di professionalizzazione degli operatori e
l’approccio del mondo associativo verso il tema della certificazione delle competenze. Oltre
la metà degli intervistati (53,7%) ha ammesso che nessuna risorsa è stata dedicata a percorsi
formativi per il personale o per i volontari. In circa un caso su tre (35,2%) si sono realizzati
dei corsi per i volontari, seguiti da corsi per l’inserimento dei nuovi operatori (18,5%) e per la
formazione degli operatori retribuiti (7,4%). Allo stesso tempo, circa otto associazioni su die-
ci si dicono favorevoli all’attivazione di un dispositivo per la certificazione delle competenze
acquisite ed il 47,5% rilascia una certificazione delle competenze e/o dei crediti formativi.
Lo strumento si conferma, alla luce dei risultati della nostra indagine, una forma preziosa
di sostentamento per il mondo non profit mentre più che mai come in tempi recenti si è
provata la sua fragilità nel caso ricorrano esigenze di strette di bilancio nel complesso in-
sieme della Legge Finanziaria di riferimento, attraverso cui viene regolato. Essendo anche
in onor di logica una libera scelta del cittadino contribuente la destinazione di una quota
del proprio reddito ad attività di promozione sociale (in media, secondo l’ultima rilevazione
dell’Agenzia delle entrate, tale quota si aggira sui 27 € pro capite), non dovrebbe sussi-
stere un tetto massimo alla riserva accantonata per tale istituto in sede di bilancio (at-
tualmente di 400 mln di euro), superato il quale questa liberalità non viene più rispettata.
Dunque dispositivi come il 5x1000, nella misura in cui il beneficiario della donazione per-
segua finalità di utilità pubblica, spesso in risposta ad una mancanza o all’insufficienza
dell’offerta delle amministrazioni locali, dovrebbero non trovare ostacoli nelle intenzioni del
legislatore. Il tema della partecipazione e della responsabilizzazione del cittadino, come ri-
chiamato anche nel Libro Bianco 2009 sul futuro del modello sociale, passa anche attraverso
forme di questo tipo che si inseriscono nel più ampio discorso di “democrazia partecipativa”
e di “sussidiarietà fiscale”. In molti casi, la semplice sussidiarietà verticale (di per sé fonda-
mentale per mantenere la coesione sociale e garantire un’erogazione di servizi equivalente
a tutti i cittadini), non è stata in grado di rispondere da sola alle esigenze di legittimazione
e democraticità dei sistemi istituzionali, colpiti dalla crisi di sovranità degli ultimi decenni.
158 Conclusioni
Bibliografia
Agenzia delle Entrate, 5 per mille 2008, completata la ripartizione delle somme. Più di
397milioni di euro agli enti beneficiari, comunicato stampa del 18 marzo 2010
Agenzia delle Entrate, Elenco degli ammessi e degli esclusi con l’indicazione delle scelte
e degli importi pubblicati il 18 marzo 2010
Agenzia per le Onlus, Documento di proposta su una disciplina legislativa per razionaliz-
zare e rendere stabile l’istituto del cinque per mille
Agenzia per le Onlus, Linee guida e schemi per la redazione dei bilanci di esercizio degli
enti non profit, Convegno tenuto a Milano il 22 Maggio 2008
Agenzia per le Onlus, Linee guida per la redazione del Bilancio sociale delle organizzazio-
ni non profit, Studio realizzato in collaborazione con Altis
Allen J., In Europe ‘Church Taxes’ Not Unusual, “National Catholic Reporter”, 29 gennaio
1999
Antonini L., Sovranità fiscale al contribuente: verso nuove prospettive, in G. Rossi (a cura
di), Quali politiche dell’integrazione nell’Italia del XXI secolo?, Milano, LED, 2008
Antonini L., Oltre il welfare state: verso nuovi diritti sociali fondati sulla sussidiarietà, Re-
lazione presentata al convegno “Autonomia, cooperazione e raccordi interistituzionali
nell’evoluzione del sistema italiano”, Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione
Locale, Roma, 22 Febbraio 2006
Antonini L., Sussidiarietà fiscale. La frontiera della democrazia, Milano, Guerini e Asso-
ciati, 2005
Conclusioni 159
Antonini L.,Ripensare per non dimenticare i diritti sociali: una sfida sul paradigma hobbe-
siano, Relazione presentata al Seminario di studio su “Le Forme dello spazio dello Spazio
pubblico”, Università Cattolica Sacro Cuore, Milano, 12 giugno 2009
Fisco, 5 per mille 2010: oltre 55 mila i possibili destinatari, in “Diritto Italiano”, 12 mag-
gio 2010
Beiser. K.J., Fundraising in the nonprofit sector: an analytical look at donor perceptions
of how their donations are used to elicit more donations, Ph.D. Dissertation, Cappella
University, 2005
Bullain N., Explaining Percentage Philanthropy: Legal Nature, Rationales, Impacts, “The
International Journalof Not-for-Profit Law”, 2004, 4
Bullain, N., Percentage Philanthropy and Law, in Török M. e Moss D. (a cura di), Percen-
tage Philanthropy, Buapest, NIOK - ECNL, 2004
Chitty D. e Morgan N., Charities and Industry Accounting and Auditing Guide, London,
Institute of Chartered Accountants in England and Wales, 2001
Cipollina S., La Corte Costituzionale ed il cinque per mille per il volontariato e la ricerca,
“Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze”, 2007, 3
Osservatorio sull’economia sociale – Agenzia per le Onlus, Nuove misure fiscali adottate
dagli Stati europei a favore delle organizzazioni non profit e della società civile, aprile
2010
Colozzi I., La sussidiarietà fiscale: una risposta alla crisi del welfare state?, in Rossi G. (a
cura di), Quali politiche dell’integrazione nell’Italia del XXI secolo?, Milano, LED, 2008
Agenzia per le Onlus – CNDCEC – OIC, Quadro sistematico per la preparazione e la pre-
sentazione del Bilancio degli enti non profit, 2010
Corigliano F., Recensione del volume di Luca Antonini “Sussidiarietà fiscale. La frontiera
della democrazia”, “L’Ircocervo. Rivista elettronica italiana di metodologia giuridica, te-
oria generale del diritto, e dottrina dello Stato”, 2006, 1
160 Conclusioni
European Foundation Center, Foundations’ legal and fiscal country profiles
Forum del Terzo Settore, Le sfide dell’Italia che investe sul Futuro. Libro Verde del Terzo
Settore, Convegno, Roma, 13 maggio 2010
Goliñski I., Poland’s 1% System, in Török M. e Moss D. (a cura di), Percentage Phi-
lanthropy, Buapest, NIOK - ECNL, 2004
Ilgius V., How Lituania’s 2% Law Works, in Török M. e Moss D. (a cura di), Percentage
Philanthropy, Buapest, NIOK - ECNL, 2004
ICNL, Survey of tax laws – Affecting non-governmental organizations in Central and Ea-
stern Europe, Budapest, ECNL, 2003
IREF, Quando a scegliere è il contribuente. Indagine conoscitiva sul cinque per mille, an-
ticipazioni della ricerca, Roma, 2007
Irish L. e Simon K., Comparative civil society law, Center for civil society studies, Balti-
more, 2006
ISTAT, Indagine Multiscopo sulle famiglie: aspetti della vita quotidiana, coll. “Informa-
zioni” n.5, Roma, 2010
Jesi C., Europe: Fiscal subsidiarity takes off in Eastern Europe, in “VITAeurope”, 28 aprile
2008
Lori M. e Volpi F., Partecipare consumando. La cultura politica dei consumatori respon-
sabili, in Rebughini Paola e Sassatelli Roberta, Le nuove frontiere dei consumi, Verona,
Ombre Corte, 2008
Lori M. e Volpi F., Scegliere il bene. Indagine sul consumo responsabile, Milano, Franco-
Angeli, 2007
Micheletti M., Political Virtue and Shopping, New York, Palgrave MacMillan, 2003
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Libro Bianco sul futuro del
Müller K., Swiss GAAP FER 21. Accounting Standard for Charitable, Social, Non-Profit
Organizations: The Days after Coming into Force, “International Journal of Civil Society
Law”, 2003, 4
Pezzetti R.,Ethics and CSR in the Global Market: Transparency and Accountability Tools,
Pavia, 2005
Pizzuti F. R., Rapporto sullo Stato Sociale: tra pubblico e privato, universalismo e selet-
tività, in Rossi G. (a cura di), Quali politiche dell’integrazione nell’Italia del XXI secolo?,
Milano, LED, 2008
Pósch G., How Hungary’s 1% Law is applied, in Török M. e Moss D. (a cura di), Percentage
Philanthropy, Buapest, NIOK - ECNL, 2004
Pullella Lucano P., Destinatari del 5 per mille 2008, sul web vincitori e classifiche, in
“Fisco Oggi”, 18 marzo 2010
Salamon L. M., Sokolowski S. W. e List, R., Global Civil Society: An Overview, in Salamon
L. M. e Sokolowski S. W. (a cura di), Global Civil Society: Dimensions of the Nonprofit
Sector, Vol. 2, Bloomfield, Kumarian Press, 2004
Sassatelli R., Consumi e democrazia. Consumi critici, mercati alternativi, giustizia glo-
bale, in Rebughini P. e Sassatelli R. (a cura di), Le nuove frontiere dei consumi, Verona,
Ombre Corte, 2008
Schluter A. et alii, Foundations in Europe: Society, Management, and Law, London, Ber-
telsmann Foundation, 2001
Terpe H., The Dynamics of the 2% system in Romania, in Török M. e Moss D. (a cura di),
Percentage Philanthropy, Buapest, NIOK - ECNL, 2004
Török M. e Moss D. (a cura di), Percentage Philanthropy, Buapest, NIOK - ECNL, 2004
Travaglini C., Un primo quadro interpretativo per l’analisi dei bilanci delle aziende non
profit, Parigi, First European Istr- Emes, 2005
Venturi P. e Rago S., Qualità e Valore nel Terzo Settore, Forlì, Aiccon, 2009
Vittadini G. (a cura di), Liberi di scegliere. Dal welfare state alla welfare society, Milano,
EtasLibri, 2002
Wygnanski K., The percentage system in Central and Eastern Europe. Implication for ci-
vil society and public philanthropy, in Török M. e Moss D. (a cura di), Percentage Phi-
lanthropy, Buapest, NIOK - ECNL, 2004
ISFOL, Aiutaci ad aiutare. Devolvi al non profit e deduci dal tuo reddito, Roma, ISFOL,
2006
Marelli S., Il barometro della solidarietà internazionale degli italiani, Roma, FOCSIV, 2010
IID, Indagini e ricerche dell’Osservatorio IID di sostegno al non profit, Milano, Istituto
Italiano Donazione, 2009
IPR marketing, Sondaggio sulle donazioni in Italia durante le festività, Il Sole 24 Ore –
IPR marketing, 2010
Young, D. R. e Steinberg R., Economics for Nonprofit Managers, New York, The Founda-
tion Center, 1995
Zoratti A., Il voto nel portafoglio. Cambiare consumo e risparmio per cambiare l’econo-
mia, Trento, Il Margine, 2008
Siti web
www.aiga.fr
www.ncvo-vol.org.uk
www.stiftungsverbund-westfalen-lippe.de
www.inlandrevenue.gov.uk
www.natcath.com/NCR_Online/archives/012999/012999f.htm
www.sektor3.se
www.freiwilligenweb.at
www.statistik.at
www.ds.dk
www.kbs-frb.be
Leggi
Legge 20 maggio 1985, n. 222
Legge 7 dicembre 2000, n. 383
Legge 23 dicembre 2005, n. 266* [finanziaria]
Legge 27 dicembre 2006, n. 296* [finanziaria]
Legge 24 dicembre 2007, n. 244* [finanziaria]
Legge 23 dicembre 2009, n. 191 [finanziaria]
Legge 22 maggio 2010, n. 73*
Decreti Legge
Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35 [Legge 14 maggio 2005, n. 80 ]
Decreto Legge 17 giugno 2005, n. 106 [Legge 31 luglio 2005, n. 156]
Decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159 [Legge 29 novembre 2007, n. 222]
Decreto Legge 31 dicembre 2007, n. 248* [Legge 28 febbraio 2008, n. 31*]
Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112* [Legge 6 agosto 2008, n. 133*]
Decreto Legge 30 dicembre 2009, n. 194 [Legge 26 febbraio 2010, n. 25]
Decreto Legge 25 marzo 2010, n. 40*
Decreti legislativi
Decreto legislativo 490/1997
Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
Decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460
Giurisprudenza
Sentenza della Corte Costituzionale, 18 giugno 2007
ANAGRAFICA
Allegati 165
DOM.5 - Qual è il raggio di azione territoriale delle attività del vostro ente?
(solo la modalità più ampia)
1: Nazionale
2. Europeo
3: Extra-europeo (indicare in quali Paesi:
..................................................... : ...................................................... ....................................................
DOM.8 – In quale anno la sua associazione si è iscritta per beneficiare del 5x1000?
(più risposte possibili)
1. 2006
2. 2007
3. 2008
4. 2009
5. 2010
6. Non ci siamo mai iscritti ………… Andare direttamente alla domanda 20
166 Allegati
L’utilizzo del 5x1000
DOM.11 - Nel periodo 2006-2008, come avete utilizzato le risorse ricevute tramite
il 5 x 1000?
(fino a tre risposte)
1: Pagando il nostro personale
2: Assumendo nuovo organico
3: Formazione e aggiornamento alle risorse umane interne all’associazione
4: Sostenendo le spese organizzative dei progetti in corso
5: Realizzando nuovi progetti
6: Rafforzando le vostre campagne pubblicitarie
7: Perseguendo gli scopi statutari
8: Altro, specificare: ..............................................................................................................................
Allegati 167
Progetti sostenuti
DOM.12 - Nel periodo 2006-2008, che settori avete finanziato con il 5x1000?
(piu risposte possibili)
IN ITALIA ALL’ESTERO
A: Istruzione e ricerca
B: Ambientalismo
C: Cultura e sport
D: Assistenza sociale
F: Religione
G: Sanità
M: Altri settori
DOM.13 – quali tra questi sono i principali beneficiari dei vostri progetti?
(più risposte possibili)
1. giovani
2. anziani
3. immigrati
4. senza fissa dimora
5. disabili
6. minori
7: famiglie
8: nuove povertà
9: altro (specificare) ...............................................................................................................................
168 Allegati
DOM.14 – i progetti che avete avviato grazie ai fondi derivati dal 5x1000 sono
stati portati a termine?
1. si, sono già conclusi
2. non ancora conclusi e dureranno ancora per un po’
3. siamo sul punto di concluderli/stiamo concludendo
4. sono stati “abbandonati”
DOM.15 – descrivere in modo generale i risultati raggiunti (se ci sono) con questi
progetti
(indicando un dato, anche approssimativo, per ognuna delle seguenti voci)
A. Beneficiari raggiunti :
N°= …..…. ¨ in Italia
N°= …..…. ¨ all’estero
Allegati 169
I. Servizi socio-sportivi erogati:
Tipologia............................................................ N°= …..…. ¨ in Italia ¨ all’estero
Tipologia............................................................ N°= …..…. ¨ in Italia ¨ all’estero
J. Servizi nel campo ambientale erogati:
Tipologia............................................................ N°= …..…. ¨ in Italia ¨ all’estero
Tipologia............................................................ N°= …..…. ¨ in Italia ¨ all’estero
K. Sportelli informativi/legali:
N°= …..…. ¨ in Italia
DOM.16 - Secondo lei, quali sono le principali ragioni per cui il contribuente sceglie
la vostra organizzazione?
(fino a tre risposte)
1. Vi opera / vi ha operato come volontario
2. È stata presentata da persone affidabili
3. È stata indicata da istituzioni pubbliche
4. È interessato / a per il tipo di iniziative che promuove
5. Ritiene che il modo in cui utilizzate i fondi sia trasparente e chiaro
6. Ritiene che siate indipendenti / autonomi nelle vostre attività
7. Condivide l’ideologia/il pensiero della vostra associazione
8. Conosce personalmente l’associazione / chi vi lavora
9. Il vostro materiale informativo è completo e chiaro
10. La vostra associazione è molto conosciuta / pubblicizzata
11. È stato contattato da voi durante la campagna del 5x1000
12. Altro: specificare...............................................................................................................................
170 Allegati
2. sensibilizzazione telefonica
3. pubblicità attraverso televisione
4. pubblicità attraverso radio
5. pubblicità su giornali a tiratura nazionale
6. pubblicità su giornali di settore o ‘free press’
7. pubblicità sul proprio sito Web
8. E-mailing
9. Social network / Blog (facebook, twitter, myspace etc)
10. Manifesti, cartellonistica
11. Posta tradizionale
12. Altro: indicare ..................................................................................................................................
DOM.18 – Chi si occupa della campagna pubblicitaria relativa al 5x1000 nella sua
organizzazione?
1. un’agenzia esterna specializzata
2. direttamente noi, c’e’ un settore apposito che si occupa di comunicazione
3. direttamente noi, periodicamente c’è qualcuno che si occupa di queste cose
4. nessuno
Formazione operatori
DOM.21 – La sua aps rilascia /ha rilasciato certificazione di competenze e/o crediti
formativi?
1. Sì , specificare tipologia ................................................................................................................
2. No
Se NO, perché? .................................................................................................................................
Allegati 171
Rendicontazione sociale
172 Allegati
DOM.27 - L’utilizzo del 5x1000 ha in qualche modo influenzato le modalitá di
pubblicizzazione dei vostri progetti?
(una sola risposta)
1: Sì, perché abbiamo deciso di intensificare le campagne informative sui media
tradizionali (es: stampa, radio e televisione)
2: Sì, perché ora facciamo molto più uso di nuovi mezzi di comunicazione (es: internet,
social networks, etc.)
3: Sì, perché puntiamo molto di più sul ‘porta a porta’ e sul radicamento nel
territorio
4: No, la nostra strategia di pubblicizzazione non ha risentito di alcun effetto
DOM.28 - Chi dovrebbe controllare i requisiti degli enti ammessi a beneficiare del
5x1000?
(una sola risposta)
1: Lo Stato
2: Un’agenzia indipendente
3: Non servono controlli
4: Altri soggetti: specificare ..............................................................................................................
Potenzialità e criticità
DOM.30 Lei ritiene che la stabilizzazione del 5x1000 attraverso una legge che lo
definisca
(una sola risposta)
1: Sia un atto improrogabile, assolutamente necessario
2. Sia un bisogno della maggior parte delle organizzazioni del Terzo Settore
3: Sia un argomento su cui discutere
4: Non lo ritengo opportuno
Allegati 173
Governance interna
DOM.32 - Qual è l’organo che prende le decisioni sulle iniziative e sulle linee
operative della vostra struttura?
(una sola risposta)
1: Assemblea dei soci
2: Consiglio di amministrazione / Consiglio direttivo
3: Direzione / presidenza
4: Staff / Operatori
5: Altro: specificare ................................................................................................................................
174 Allegati
ALLEGATO 2
N° Denominazione
1 Lega Navale Italiana
2 LIBERA - Associazione, nomi e numeri contro le mafie
3 C.A.P.I.T. - Confederazione di Azienda Popolare Italiana
4 A.S.I. - Alleanza sportiva italiana
5 A.I.S.M. - Associazione Italiana Sclerosi Multipla
6 A.N.M.I.L. - Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro
7 C.S.I. - Centro Sportivo Italiano
8 A.N.T. - Associazione Nazionale Tumori Onlus
9 CTS - Centro Turistico Studentesco e Giovanile
10 E.N.D.A.S. - Ente Nazionale Democratico di Azione Sociale
11 M.A.C. - Movimento Apostolico Ciechi
12 U.N.C.A.L.M. - Unione Nazionale Circoli e Associazioni Liriche Musicali
13 A.I.G. - Associazione Italiana alberghi per la Gioventù
14 A.I.P.D. - Associazione italiana persone down
15 A.I.A.S. - Associazione italiana per l’assistenza agli spastici
16 U.I.C. - Unione Italiana Ciechi
CO.N.A.C.R.E.I.S. - Coordinamento Nazionale Associazioni e Comunità di Ricerca Etica
17
Interiore Spirituale
CO.D.A.CONS. - Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei
18
Diritti degli Utenti e dei Consumatori.
19 FE.NA.L.C. - Federazione Nazionale Liberi Circoli
20 A.N.L.A. - Associazione Nazionale Lavoratori d’Azienda
21 C.S.D.C. - Centro Servizi per i Diritti del Cittadino
22 A.I.STOM. - Associazione Italiana Stomizzati
23 CO.DI.CI. - Centri per i diritti del cittadino
24 FEDER ITALIA - Federazione italiana per l’assistenza sport e tempo libero
25 M.C.L. - Movimento Cristiano Lavoratori
Allegati 175
26 F.I.S.H. - Federazione Italiana Superamento Handicap
27 A.R.C.I.
28 F.C.S.-C.d.O. - Federazione Centri di solidarietà della Compagnia delle Opere
29 F.I.Tu.S. - Federazione Italiana di Turismo Sociale
30 E.T.S.I. - Ente Turistico Sociale Italiano
31 F.I.Te.L. - Federazione Italiana Tempo Libero
32 A.N.Ce.S.C.A.O. - Associazione Nazionale Centri Sociali e Anziani Orti
33 A.N.P.V.I. - Associazione Nazionale Privi della Vista ed Ipovedenti
34 Accademia Europera Integrazione CRS-IDEA Centro ricerche e studi
35 A.I.C.S. - Associazione Italiana Cultura e Sport
36 A.P.I.C.I. - Associazioni Provinciali Invalidi Civili e Cittadini Anziani Onlus
37 A.U.S.E.R. - Associazione per l’autogestione dei servizi e la solidarietà
38 E.N.S. - Ente Nazionale per l’assistenza e la protezione dei Sordomuti
39 A.N.G.L.A.T. - Associazione Nazionale Guida Legislazioni handicap Trasporti
40 ITALIA NOSTRA
41 Federazione SCS/CNOS
42 A.C.S.I. - Associazione centri sportivi italiani
43 A.C.L.I. - Associazioni cristiane lavoratori italiani
44 C.d.O. - Opere Sociali
45 Azzurri nel Mondo
46 U.I.S.P. - Unione Italiana Sport per Tutti
47 US.ACLI Roma - Unione Sportiva ACLI
48 F.I.C. - Federazione Italiana per la Cremazione
49 C.T.G. - Centro Turistico Giovanile
50 A.I.C. - Associazione Italiana Celiachia
51 Legambiente Onlus
52 U.N.P.L.I. - Unione Nazionale Proloco d’Italia
53 Federazione Nazionale PRONATURA
54 A.N.S.P.I. - Associazione Nazionale S.Paolo Italia
55 M.S.P. Italia - Movimento Sport Popolare Italia
56 THE AGEING SOCIETY
57 Forum delle Associazioni Familiari
58 P.G.S. - Polisportive Giovanili Salesiane
59 UNIEDA - Unione Italiana di educazione degli adulti
60 Comunità di S.Egidio
61 ARCIRAGAZZI NAZIONALE
62 A.I.S.E. - Associazione Italiana Sport Educazione
176 Allegati
63 ARCIPESCA F.I.S.A. - Federazione Italiana Sport ed Ambiente
64 A.I.F.V.S. - Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada
65 FIADDA
U.N.I.T.A.L.S.I. - Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari
66
Internazionali
67 A.G.E.S.C.I. - Associazione guide e scout cattolici italiani
68 C.N.S. Libertas - Centro Nazionale Sportivo Libertas
69 Volontari nel mondo FOCSIV
70 Famiglie per l’accoglienza
71 Associazione Carta Giovani
72 C.S.E.N. - Centro Sportivo Educativo Nazionale
73 MO.D.A.V.I. - Movimento Delle Associazioni di Volontariato Italiano Onlus
74 Eurodesk Italy
75 Associazione Nazionale di Amicizia Italia/Cuba
76 A.A.Alcolisti Anonimi
77 U.I.L.T. - Unione Italiana Libero Teatro
78 A.N.M.I.C. - Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili
79 M.O.I.G.E. - Movimento Italiano Genitori Onlus
80 MO.I.CA. - Movimento Italiano Casalinghe
81 Touring Club Italiano
82 NOI Associazione
83 C.N.C.A. - Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza
84 FE.N.I.A.R.CO. - Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali
85 Trekking Italia – Associazione amici del trekking e della natura
86 Vishwa Nirmala Dharma
87 C.I.F. - Centro Italiano Femminile
88 A.N.F.F.A.S. - Associazione Nazionale Famiglie di disabili intellettivi e relazionali Onlus
89 A.E.S. ITALIA
90 IPAS
91 U.N.M.S. - Unione Nazionale Mutilati ed Invalidi per Servizio
92 U.C.C.A. - Unione Circoli Cinematografici ARCI
93 A.N.RR.A. - Associazione Nazionale Reduci D’Africa
94 UNIAMO F.I.M.R. - Federazione Italiana Malattie Rare Onlus
95 F.A.I.S. - Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati Onlus
96 U.N.I.DOWN - Unione Nazionale Down Onlus
97 As.So. Di. Pro. - Associazione Solidarietà Diritto e Progresso
98 M.P.V. - Movimento per la Vita Italiano
99 Pax Christi Italia
Allegati 177
100 A.I.A.B. - Associazione Italiana per.l’Agricoltura Biologica
101 Associazione S.Caterina da Siena
102 Parent Project
103 C.T.A. - Centro Turistico Acli
104 Federconsumatori
105 Lega Nazionale per la Difesa del cane
106 M.D.C. - Movimento Difesa del Cittadino Onlus
107 ARCIGAY
108 Overeaters Anonymous
109 ASI CIAO
110 Associazione “Fondazione Italiana HHT per laTeleangiectasia Emorragica Ereditaria”
111 Movimento Consumatori
Associazione Nazionale delle Università della Terza Età - UNITRE -Università delle
112
Tre Età
113 C.N.G.E.I. - Corpo Nazionale dei Giovani Esploratori ed Esploratrici italiani
114 A.Ge.S.C. - Associazione Genitori Scuole Cattoliche
115 FEDERPARCHI Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve naturali
116 Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica
117 Associazione “Bambini Chernobyl”
Associazione “Confederazione Italiana Associazioni e Fondazioni per la Musica Lirica
118
e Sinfonica”
119 T.G.S. - Turismo Giovanile Sociale
120 A.D.O.C. - Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori
121 Associazione Nazionale Famiglie Numerose
122 ATTAC ITALIA
123 Arci Servizio Civile
124 G.I.R.O.S. - Gruppo Italiano per la Ricerca sulle Orchidee Spontanee
125 AssociAnimazione - Associazione Nazionale per l’Animazione Sociale e Culturale
126 Associazione Nazionale ed Internazionale Un Punto Macrobiotico (UPM)
C.O.C.I.S. - Coordinamento delle Organizzazioni non governaive per la Cooperazione
127
Internazionale allo Sviluppo Onlus
128 ADICONSUM - Associazione Difesa Consumatori e Ambiente
129 Cittadinanzattiva Onlus
130 C.I.C.A. - Coordinamento Italiano delle Case Alloggio per persone con HIV/AIDS
131 Archeoclub d’Italia Onlus
132 U.A.A.R. - Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
133 Gruppi Familiari Al - Non
134 Associazione Fabio Sormanni
135 Associazione Italiana Dislessia A.I.D.
178 Allegati
136 Unione Nazionale Consumatori
137 ANTEAS Servizi
138 Centro di Fraternità ex allievi di don Bosco-Alberto Marvelli
139 Associazione Nazionale Giuristi Democratici
140 F.I.T.A. - Federazione Italiana Teatro Amatori
141 C.N.A. Impresasensibile
142 Comunità di Capodarco
143 C.U.S.I. - Centro Universitario Sportivo
144 C.I.T.S. - Centro Italiano Turismo Sociale
145 Associzione Trecentosessanta
146 Asini Si Nasce…e io lo Nakkui
147 Associazione Santa Lucia
148 Eurosport
149 FEDERAZIONE COLOMBOFILA ITALIANA
150 Associazione Micologica Bresadola
151 CINECIRCOLI GIOVANILI SOCIOCULTURALI CGS-CNOS
152 Associazione Lectorium Rosicrucianum
153 UNIONE NAZIONALE VETERANI DELLO SPORT
154 CONFEDA
Allegati 179
ALLEGATO 3
Sommario
1. Introduzione 1
2. I soggetti beneficiari 2
3. Forme di pubblicità dell’elenco dei soggetti ammessi al beneficio 3
4. Validazione dei soggetti ammessi al beneficio 3
5. La destinazione del 5 per mille 4
6. Razionalizzazione del riparto del 5 per mille, in particolare in modo da
non penalizzare i soggetti medio piccoli 4
7. Rendicontazione delle somme 6
8. Ruolo della Agenzia delle Onlus sulla sensibilizzazione rispetto al 5 per mille 7
9. Il 5 per mille di nome e di fatto. Il limite del tetto di spesa 7
10. La corresponsione del 5 per mille 8
1. Introduzione
Il 5 per mille è un istituto che è stato previsto in via sperimentale con la legge finan-
ziaria per il 2006 e poi confermato negli anni successivi. Si tratta di un meccanismo
che realizza una forma di democrazia fiscale, che permette la libertà di scelta dei con-
tribuenti sulla destinazione di una quota delle proprie imposte. Ha infatti permesso ai
contribuenti di decidere la destinazione diretta del 5 per mille dell’imposta sul reddito;
180 Allegati
ha favorito lo sviluppo della accountabilty, cioè della “resa del conto”, perché l’ente che
ne beneficia, se vuole essere nuovamente scelto l’anno successivo, ha interesse a dimo-
strare come ha speso le risorse ricevute.
Fin dal primo anno della sua applicazione il meccanismo del 5 per mille ha ottenuto,
da parte dei contribuenti italiani, un’adesione maggiore di ogni previsione: 15.854.201
contribuenti hanno effettuato la relativa destinazione su un totale di 26.391.963 di-
chiarazioni. Sono state nettamente superate le previsioni fatte in sede di finanziaria per
il 2006 che ipotizzavano un’adesione intorno al 40%; questa ha invece superato il 60%.
Il 5 per mille, integrandosi con altre recenti innovazioni, applicative della cd. sussidia-
rietà fiscale orizzontale, come la “più dai meno versi” (art. 14 del D.L. n. 35 del 14 marzo
2005), consente un miglioramento del regime fiscale relativo alle erogazioni al Non
Profit, che vedeva l’Italia in storico ritardo rispetto ad altri Paesi. In Germania, Spagna,
Usa, Gran Bretagna, ecc. le donazioni al Non profit sono, infatti, deducibili per importi
compresi, in media, tra il 10% e il 50% del reddito.
Anche la Corte costituzionale si è recentemente espressa a favore del meccanismo del 5
per mille. Nella sent. 202/2007 ha affermato: “Tali norme sono dirette ad evitare che la
scelta del singolo cittadino di effettuare un esborso con finalità riconosciute come ‘eti-
che’ o ‘sociali’ possa incontrare ostacoli o disincentivi. Questo obiettivo viene persegui-
to, appunto, mediante una ‘detassazione’ corrispondente all’entità dell’esborso ‘etico’
o ‘sociale’, così da rendere economicamente indifferente per il cittadino e, quindi, non
onerosa, la scelta se effettuare o no detto esborso. … Tale riduzione del tributo erariale
è coerente con l’intento del legislatore di perseguire una politica fiscale diretta a valo-
rizzare, in correlazione con un restringimento del ruolo dello Stato, la partecipazione
volontaria dei cittadini alla copertura dei costi della solidarietà sociale e della ricerca”.
Peraltro, nel primo anno di applicazione di questa “partecipazione volontaria” ai costi
della solidarietà, il Terzo settore dal punto di vista quantitativo e qualitativo, ha netta-
mente superato gli altri soggetti previsti come potenziali beneficiari (ricerca scientifi-
ca, Università, Comuni). Il Terzo settore ha infatti ottenuto il 9.418.595 preferenze, di
cui meno del 10% rivolte genericamente senza indicare il beneficiario. Il Terzo settore,
quindi, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, ha nettamente superato gli altri
soggetti previsti come potenziali beneficiari (ricerca scientifica, Università, Comuni),
rispetto ai quali il numero delle destinazioni generiche è stato peraltro assai elevato
(dal 40 al 70%).
Tali dati dimostrano in modo molto netto la fiducia che gli italiani ripongono nel Terzo
settore, che si qualifica come protagonista di un Welfare moderno in grado di rispondere
in modo efficace alle esigenze della popolazione.
Da un altro punto di vista, tali dati dimostrano anche quanto sia opportuno che, consi-
derata conclusa in modo più che soddisfacente la fase di sperimentazione, il meccani-
smo del 5 per mille venga stabilizzato mediante una apposita legge, evitando così che
la sua attivazione resti soggetta alle decisioni della legge finanziaria annuale, con tutte
le conseguenze negative per i soggetti beneficiari che ciò comporta. Tale stabilizzazione
dovrebbe realizzarsi, negli auspici di chi scrive, mediante alcune necessari e previsioni
che, alla luce della fase sin qui realizzata, possano consentire a detto meccanismo di
essere perfezionato nella sua operatività, senza però alterarne il funzionamento di fondo
e in particolare la valenza democratica
Allegati 181
Anzi, proprio questa valenza deve essere potenziata in modo da garantire il più alto
grado di applicazione dei principi di sussidiarietà e trasparenza evitando che le asim-
metrie organizzative e informative - che possono ancora caratterizzare il Terzo settore
- incidano oltre modo sul funzionamento del meccanismo del 5 per mille, così come su
quello di altri analoghi strumenti di detassazione per il Non Profit, andando a svantag-
gio dell’universo del Terzo settore considerato nel suo complesso. Il presente atto di in-
dirizzo intende quindi sintetizzare le principali problematiche emerse nell’applicazione
dell’istituto del 5 per mille e proporre alcune ipotesi a supporto della realizzazione di un
articolato che punti a regolare stabilmente l’istituto, superando le criticità presenti nelle
disposizioni vigenti. Principale obiettivo è, pertanto, il superamento della fase speri-
mentale del 5 per mille, legata ogni anno al tortuoso iter di approvazione della manovra
finanziaria, definendo una procedura: stabile e standardizzata; semplificata, rispetto
all’attuale eccessivamente burocraticizzata.
In tale direzione si muove anche una recente proposta formulata dall’ Intergruppo Par-
lamentare per la
Sussidiarietà .
2. I soggetti beneficiari
In ciascun anno di applicazione della norma sono stati cambiati i soggetti destinatari del
5 per mille, generando inevitabili confusioni e difficoltà tra gli stessi enti.
Nell’ottica del superamento della sperimentazione dell’istituto occorrerà individuare
stabilmente i soggetti che potranno essere ammessi al beneficio.
Un’elencazione non esaustiva potrebbe essere rappresentata dalla seguente:
a) organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del decreto legi-
slativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni;
b) associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provin-
ciali previsti dall’articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre
2000, n. 383;
c) associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’articolo 10,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;
d) fondazioni nazionali di carattere culturale (Circolare Agenzia Entrate n.27/E del 26
marzo 2008).
182 Allegati
3. Forme di pubblicità dell’elenco dei soggetti ammessi al
beneficio
Una delle maggiori criticità nell’applicazione dell’istituto del 5 per mille si è riscontrata
nelle procedure di validazione dei soggetti che avevano presentato domanda di inse
rimento nell’elenco.
Tra le cause di esclusione degli enti dal riparto del 5 per mille le più numerose sono state
rappresentate da:
- invio della documentazione richiesta oltre il termine previsto;
- mancata allegazione del documento di identità del legale rappresentante dell’ente;
- autocertificazione non conforme a quella richiesta.
“Si tratta di aspetti che possono essere frutto di errori meramente “formali”, in quanto
tali sanabili attraverso la richiesta da parte dell’amministrazione pubblica competente
di integrazione della documentazione richiesta.
In realtà ciò ha comportato l’esclusione di svariati enti dall’ammissione al beneficio del
riparto del 5 per mille, generando, altresì, un cospicuo contenzioso, con la conseguenza,
tra l’altro, di rallentare a dismisura, la procedura di erogazione delle somme destinate
dai contribuenti agli enti che ne avevano pieno diritto1.
Nell’ottica di semplificazione e di razionalizzazione dell’istituto del 5 per mille sarebbe
1 Relativamente al 5 per mille 2006 gli enti esclusi per mancata o tardiva presentazione della
documentazione sono stati circa 5.600, vale a dire il 20% di coloro che avevano presentato domanda. (Fonte:
Agenzia delle Entrate – Conferenza stampa del 12 ottobre 2007).
Allegati 183
opportuno che gli enti già iscritti in appositi registri tenuti dall’Amministrazione Pub-
blica – riferimento ai soggetti di cui alla precedente elencazione al punto 2 lettera a)
ONLUS; lettera b) Associazioni di promozione sociale; lettera d) Associazioni sportive
dilettantistiche – non debbano inviare alcuna documentazione ulteriore rispetto alla
domanda di iscrizione2.
Nell’ottica di semplificazione e di razionalizzazione dell’istituto del 5 per mille sarebbe
opportuno che gli enti già iscritti nell’apposito elenco di cui al Punto 2) non debbano
inviare alcuna documentazione ulteriore rispetto alla domanda di iscrizione”.
Le Amministrazioni Pubbliche, infatti, devono verificare d’ufficio le qualifiche soggetti-
ve, ove queste siano reperibili presso le Amministrazioni stesse. E’ un principio sancito
dalla legge 7 agosto 1990 n.241 “Nuove norme in materia di procedimento amministra-
tivo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” e ribadito nella legge 27 luglio
2000 n.212 “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”3.
L’invio dell’autocertificazione e della documentazione correlata resterebbe in capo,
quindi, solo ai soggetti di cui al precedente punto 2 lettera c) associazioni e fondazioni
riconosciute che operano nei settori, che operano nei settori delle Onlus e lettera d) fon-
dazioni nazionali di carattere culturale, con una notevole semplificazione e riduzione di
costi, soprattutto per le amministrazioni pubbliche coinvolte nel processo di validazione
(i.e. Direzione Regionali delle Entrate).
La norma prevede che il contribuente possa destinare la quota del 5 per mille della
propria IRPEF netta ai soggetti ammessi al beneficio. A partire dall’anno 2001 sono stati
introdotti regimi agevolati per titolari di partita IVA, allo scopo di incentiva re le nuove
iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo4.
Da ultimo la legge finanziaria 2008 per semplificare e snellire gli adempimenti e ridurre
le imposte ha introdotto, un nuovo regime dedicato ai contribuenti cosiddetti minimi5.
I regimi in commento prevedono l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, per-
2 Questa procedura è applicata già oggi, con riferimento al 5 per mille per l’anno 2008. E’ il caso delle
Associazioni sportive dilettantistiche per le quali non è previsto alcun adempimento. La loro iscrizione
è avvenuta “d’ufficio”, con un mero “trasferimento” di tutti i nominativi presenti nel Registro del Coni a
quello dei beneficiari del 5 per mille. Le ASD non devono inviare alcuna autocertificazione. Il limite di questa
procedura – è opportuno precisarlo – è che ha trasferito in blocco un numero enorme di soggetti ulteriori
potenziali beneficiari rendendo molto più complicata la gestione dell’istituto
3 Le procedure di validazione per l’anno 2008, introdotte dal D.P.C.M. 19 marzo 2008 e recentemente
pubblicato in G.U., generano talune situazioni paradossali: ad esempio le Onlus c.d. di opzione devono inviare
alla Direzione Regionale delle Entrate competente per territorio l’autocertificazione contenente anche il
proprio numero di iscrizione all’Anagrafe delle Onlus. Numero di iscrizione che le stesse DRE hanno attribuito
e di cui spesso sono anche gli unici soggetti ad esserne a conoscenza.
4 Legge 23 dicembre 2000 n.388, articolo 13 “Regime fiscale agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali
e di lavoro autonomo”, c.d. “forfettini”.
5 Legge 24 dicembre 2007 n.244, articoli da 96 a 117 “Regime fiscale semplificato ed agevolato (c.d. regime
dei contribuenti minimi).
184 Allegati
tanto per i contribuenti che vi hanno aderito e’ preclusa la possibilità di destinare il 5
per mille dell’IRPEF, dal momento che versano un’altra imposta.
In considerazione dell’elevato numero di contribuenti che vi hanno optato e delle inten-
zioni espresse dal Ministero dell’Economia e delle Finanze di estendere ulteriormente la
platea dei soggetti che possono accedere a tali regimi, sarebbe opportuno prevedere la
possibilità di destinare anche il 5 per mille delle imposte sostitutive e non solo dell’IRPEF.
Il grande consenso ottenuto dall’istituto del 5 per mille, già dal primo anno di introdu-
zione, ha comportato una polverizzazione delle scelte espresse dai contribuenti in favore
di una vastissima platea di beneficiari, rallentando anche il procedimento di erogazione
delle somme attribuite6. Al fine di rendere pienamente efficace l’istituto sarebbe oppor-
tuno stabilire una soglia minima (ad esempio 100 euro), al di sotto della quale, la quota
del 5 per mille destinata agli enti non sia loro attribuita, ma vada ad aggiungersi al com-
plesso delle quote del 5 per mille dei contribuenti che non hanno indicato alcun codice
fiscale, ovvero abbiano indicato un codice fiscale errato o riferibile ad un soggetto non
inserito nell’elenco, per il successivo riparto.
In questo modo si evita il costo burocratico di gestione di importi di fatto insignificanti
per i beneficiari. Sostanzialmente si dovrebbe stabilire che i soggetti cui è stata desti-
nata una somma inferiore alla soglia stabilita perdano il diritto alla percezione di detti
importi, a favore di una pragmatica efficienza dell’istituto nel suo complesso.
Un problema inverso di verifica per i soggetti che hanno ottenuto moltissime destinazioni.
I dati disponibili in merito al primo anno di applicazione dell’istituto del 5 per mille per
l’anno 2006 evidenziano come oltre l’80% dell’importo destinato dai contribuenti a favore
degli enti del terzo settore sia andato appannaggio di meno di cinquanta soggetti.
Per favorire ed incrementare la funzione dell’istituto del 5 per mille come reale stru-
mento di sostegno a tutto il mondo del Terzo Settore - in particolare quello radicato sul
territorio e costituito da strutture medio piccole che pure svolgono una rilevante azio-
ne di welfare - sarebbe opportuno apportare una correzione alla procedura di riparto,
attenuando questa “distorsione”, che favorisce grandi enti in grado di investire ingenti
risorse in campagne mediatiche, pur non intaccando la sovrana volontà del contribuente
nella propria scelta di destinazione; salvaguardando, cioè, il meccanismo di democrazia
fiscale diretta.
Il correttivo si potrebbe realizzare stabilendo nella legge una soglia, al di sopra della
quale, i soggetti cui
6 Nel primo anno di applicazione quasi 2500 enti sono stati destinatari di meno di 100 euro. (Fonte:
Agenzia delle Entrat e – Conferenza stampa del 12 ottobre 2007).
Allegati 185
è stata destinata – direttamente dalle scelte dirette dei contribuenti – una somma
superiore alla soglia stabilita perdano il diritto alla ripartizione delle quote “inoptate”
del 5 per mille (cioè quelle per le quali il contribuente ha indicato genericamente la
destinazione al terzo settore, ma non ha specificato il codice fiscale di un ente preciso).
Più precisamente, in base a questo correttivo, la somma corrispondente alle quote del 5
per mille ove il contribuente non abbia indicato alcun codice fiscale ai fini della desti-
nazione diretta, ovvero abbia indicato un codice fiscale errato o riferibile ad un soggetto
non inserito negli elenchi dei beneficiari, oltre alle somme destinate direttamente dai
contribuenti a soggetti che non abbiano raggiunto complessivamente la soglia eroga-
bile, saranno ripartite in proporzione al numero complessivo delle destinazioni dirette,
espresse mediante apposizione del codice fi scale, conseguite dai soli soggetti presenti
nell’elenco che non abbiano superato la soglia stabilita per il diritto alla ripartizione,
fino a concorrenza della soglia stessa.
Esempio
• Ente A non ha diritto alla percezione di 40 euro, che confluiscono nel complesso
delle somme inoptate da ripartire.
• Ente B ha diritto alla percezione di 3.000 euro e ad accedere al complesso delle
somme inoptate da ripartire in proporzione numero complessivo delle destinazioni
dirette.
• Ente C ha diritto alla percezione di 9.000 euro e ad accedere al complesso delle
somme inoptate da ripartire, in proporzione numero complessivo delle destinazioni
dirette.
• Ente D ha diritto alla percezione di 10.100 euro, ma non ha diritto ad accedere al
complesso delle somme inoptate da ripartire.
• Ente B e C dopo l’attribuzione pro-quota del complesso delle somme inoptate non
potranno, comunque, essere beneficiari di una somma superiore a 10.000 euro, per
evitare che un soggetto che non ha potuto accedere al riparto per avere superato
la soglia (Ente D) riceva una somma inferiore rispetto a coloro che hanno usufruito
del riparto.
186 Allegati
7. Rendicontazione delle somme
l D.P.C.M. di attuazione del 5 per mille per l’anno 2008 ha introdotto un obbligo di ren-
dicontazione delle somme7.
I soggetti destinatari delle somme, entro un anno dalla ricezione degli importi, sono
tenuti a redigere un apposito rendiconto e anche una relazione che illustri gli interventi
posti in essere, indicando per ciascuno di essi il costo, suddiviso nelle principali voci di
spesa.
Gli enti che hanno percepito contributi di importo superiore a 15 mila euro dovranno
trasmettere i rendiconti e le relative relazioni, al Ministero competente alla erogazione
delle somme, per consentirne il controllo.
Nell’adempimento imposto agli enti di rendicontazione delle somme si evidenzia una
eccessiva ingerenza dell’Amministrazione Pubblica in merito all’utilizzo delle quote del
5 per mille da parte dei beneficiari. La sentenza n. 202/07 della Corte Costituzionale8
ha evidenziato come il 5 per mille dell’IRPEF destinato dai contribuenti “perde la sua
natura di entrata tributaria erariale”9. Vale a dire che lo Stato funge solo da “tesoriere”,
cioè incassa obbligatoriamente il 5 per mille, in nome e per conto degli enti beneficiari,
cui dovrà riversarlo obbligatoriame nte (mandatario necessario ex lege). La sentenza ha
precisato quindi come rispetto alle quote del 5 per mille lo Stato non abbia alcun profilo
di discrezionalità, svolgendo unicamente una funzione di garanzia del rispetto delle
regole, anche allo scopo di impedire comportamenti fraudolenti.
Pertanto al fine di rendere più consapevoli i contribuenti nella loro scelta di destinazione
del 5 per mille dovrebbe considerarsi sufficiente che gli enti beneficiari pubblicizzassero
e diffondessero i risultati, non solo economici, delle loro attività sociali.
Ciò, si ribadisce, per finalità di trasparenza nei confronti dei cittadini, liberi di scegliere
e titolari del diritto sovrano di destinazione di una quota delle loro imposte e non per
finalità di controllo di merito da parte dello Stato.
Tale “comunicazione sociale” da parte degli enti non dovrebbe riguardare solamente le
modalità di utilizzo del 5 per mille, ma si dovrebbe riferire all’intera gestione dei soggetti
beneficiari, si da poter fornire ai contribuenti una informazione sugli enti che hanno
deciso di sostenere e finanziare con la loro scelta.
Certamente la maggior parte degli enti beneficiari di somme ingenti del 5 per mille
Allegati 187
già pubblicano sul proprio sito internet il proprio bilancio e relazionano sulla propria
attività.
Sarebbe opportuno prevedere che i soggetti beneficiari di una somma superiore ad una
soglia stabilita, sufficientemente elevata, pubblichino i propri bilanci su un sito istitu-
zionale – quale potrebbe essere ad esempio quello dell’Agenzia per le Onlus – utilizzan-
do uno schema standard, così da permettere anche raffronti tra i vari enti e rendere il
contribuente maggiormente consapevole in merito alla propria scelta di destinazione10.
L’Agenzia per le Onlus, in considerazione del suo compito istituzionale e della sua au-
torevolezza e neutralità, dovrebbe potere svolgere un ruolo importante riguardo alla
sensibilizzazione dell’istituto del
5 per mille, in modo da rimediare anche alle tipiche asimmetrie informative che possono
caratterizzare la conoscenza del mondo del Terzo settore. In altre parole, l’Agenzia per le
Onlus dovrebbe essere messa in grado di promuovere adeguate campagne informative a
favore del Terzo settore, valorizzandone il ruolo rispetto alla creazione di un sistema di
welfare efficace, basato sul principio di sussidiarietà orizzontale.
Il DPCM del 20 gennaio 2006 ha stabilito le modalità per la destinazione della quota
del 5 per mille dell’Irpef in base alle scelte dei contribuenti, come previsto dalla legge
finanziaria 2006. Le disposizioni contenute nel decreto si riferivano alle dichiarazioni dei
redditi da presentarsi nell’anno 2006, relative quindi ai redditi dell’anno 2005. La rela-
zione tecnica che ha accompagnato i commi 337 e 340 dell’articolo 1 della legge finan-
ziaria 2006, ha indicato in 270 milioni per l’anno 2007 l’onere correlato all’erogazione,
da parte dello Stato, della quota del 5 per mille dell’Irpef. In ogni caso, le disposizioni in
questione non hanno previsto alcun tetto di spesa. Le somme occorrenti per l’erogazione
del 5 per mille sono state stanziate sul capitolo 3094 del bilancio del Mef: lo stanzia-
10 10 Si segnala l’importante convegno, organizzato dall’Agenzia per le Onlus, che si è svolto lo scorso 22
maggio 2008 a Milano, nel corso del quale sono state presentate le “Linee guida e schemi per la redazione
dei Bilanci di Esercizio degli Enti Non Profit” al fine di predisporre i documenti di bilancio secondo modalità
specifiche rispettose della natura non profit, omogeneità e trasparenza.
188 Allegati
mento iniziale in base alla legge di bilancio 2007 era di 270 milioni, come indicato nella
relazione tecnica; con il disegno di legge di assestamento del bilancio 2007 il predetto
importo è stato elevato a 317 milioni di euro, in base a quanto comunicato alla Ragione-
ria dall’Agenzia delle entrate circa le scelte espresse dai contribuenti. Successivamente,
con l’articolo 20 del decreto legge n. 159/2007, convertito dalla legge n. 222/2007,
detto stanziamento è stato integrato di ulteriori 150 milioni di euro, pervenendo ad un
importo di 467 milioni di euro. L’ammontare complessivo definitivo comunicato dall’A-
genzia delle entrate per l’anno 2006 (sul finire del 2007) è stato pari a 345 milioni di
euro circa, quindi inferiore allo stanziamento iscritto in bilancio Mef.
La legge finanziaria 2007 ha previsto, a differenza del 5 per mille sulle dichiarazioni
presentate nel 2006, un tetto massimo di spesa di 250 milioni di euro per l’anno 2008. A
seguito di ciò, il Dpcm 16 marzo 2007, concernente la determinazione delle modalità di
destinazione della quota del 5 per mille dell’Irpef, al comma 2 dell’articolo 7 ha previsto
un abbattimento proporzionale delle somme da assegnare ai destinatari delle erogazio-
ni, volto ad impedire il superamento del citato limite di spesa per l’anno 2008 nel caso
in cui le somme destinate dai contribuenti superino i predetto importo. L’art. 3, comma
4, della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008) ha innalzato lo stanziamento del 5
per mille dell’esercizio 2007 da 250 milioni di euro a 400 mil ioni di euro. Tale somma è
iscritta sul capitolo 3094 del bilancio del Mef per l’esercizio finanziario in corso.
Come per l’annualità precedente, i dati concernenti le scelte dei contribuenti saranno
presumibilmente forniti dall’Agenzia delle entrate nella seconda metà del corrente anno,
per poter trasferire entro l’esercizio 2008, le risorse necessarie ai ministeri competenti
per l’erogazione dei contributi.
L’articolo 3, comma 5, della legge finanziaria 2008 ha previsto anche per l’esercizio
finanziario 2008 (anno d’imposta 2007) la possibilità di destinare il 5 per mille dell’Irpef
a determinate finalità. Lo stesso comma ha autorizzato la spesa di 380 milioni di euro
per l’esercizio 2009 per le erogazioni ai destinatari delle scelte operate dai contribuenti
che saranno operate sulle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2008.
Riguardo a queste evoluzioni, è importante precisare la necessità che per rendere effet-
tivo l’importo destinato dai contribuenti occorre eliminare, soprattutto nell’ottica della
norma a regime che supera il periodo della sperimentazione, che sia previsto un tetto
massimo, onde evitare che il 5 per mille si traduca in 3 per mille, 2 per mille… rendendo
così irrazionale la previsione normativa oltre che ingenerare equivoci e contraddizioni
L’iter seguito dalla Pubblica Amministrazione per la corresponsione del 5 per mille è par-
ticolarmente complesso e nella pratica si è rivelato fonte di notevolissimi e ingiustificati
ritardi nell’assegnazione delle somme ai beneficiari.
Il procedimento si svolge nei seguenti termini: il dipartimento della Ragioneria del Mini-
stero dell’Economia e delle Finanze, una volta ricevute dall’Agenzia delle Entrate le quo-
Allegati 189
te dei contributi per ciascun beneficiario, raccoglie le spettanze per ciascun soggetto
in un Fondo indistinto presso il Ministero dell’Economia (sul capitolo 3094 del proprio
Bilancio) entro un limite massimo stabilito per legge.
Successivamente, l’ammontare viene ripartito in singoli fondi negli stati di previsione
dei Ministeri competenti al netto di una quota destinata alla Agenzia per le Onlus, tra-
mite Decreto ministeriale.
Il Decreto ministeriale, una volta firmato dal Ministro, deve passare tutti i controlli am-
ministrativi previsti (Corte dei conti) e, infine, gli Uffici di bilancio dei singoli ministeri
provvedono all’effettivo pagamento delle somme ai beneficiari. Normalmente, il DM è in
firma al Ministro nel mese di dicembre.
Le criticità rilevate in questa fase riguardano principalmente la tempistica con cui è
possibile assegnare le risorse ai singoli Ministeri: gli uffici hanno infatti margini molto
ristretti per impegnare in tempo le risorse e per eseguire i pagamenti in conto residui.
Tra l’altro possono verificarsi problemi di cassa, ossia di liquidità criticità rilevate in
questa fase riguardano principalmente i tempi con cui è possibile assegnare le risorse ai
singoli Ministeri, per cui gli uffici hanno tempi molto ristretti per impegnare in tempo le
risorse e debbono poi eseguire i pagamenti in conto residui; fra l’altro possono verificarsi
problemi di cassa, ossia di liquidità.
Inoltre, un problema non secondario è rappresentato dall’effettiva capacità di pagamen-
to degli uffici dei Ministeri diversi dal MEF. Infatti, mentre quest’ultimo (nella fattispecie
l’Agenzia delle entrate) ha a disposizione diverse modalità di pagamento fra cui il man-
dato collettivo, gli altri Ministeri possono procedere solamente tramite singoli mandati
in tesoreria, procedura che risulta complessa per elevati numeri di pagamenti. A ciò si
aggiunga l’inserimento di categorie di competenza di Ministeri senza portafoglio (come
per le associazioni sportive dilettantistiche).
E’ necessario quindi, in vista della stabilizzazione dell’istituto del 5 per mille, prevedere
una disciplina più semplice che garantisca tempi certi e brevi per l’erogazione del 5 per
mille, semplificando le procedure amministrative a valle del calcolo dei contributi spet-
tanti a ciascun beneficiario: le risorse individuate dalla Agenzia delle Entrate potrebbero
rimanere nel bilancio del MEF in modo da fare gestire tutte le erogazioni ai beneficiari
direttamente dall’Agenzia con gli strumenti che ritenuti più opportuni, mentre i controlli
sui potenziali beneficiari dovrebbero rimanere in capo alle amministrazioni competenti.
In questo modo non sarebbe più necessario un DM di riparto dei fondi nei bilanci di pre-
visione dei singoli Ministeri e la gestione dei pagamenti rimarrebbe in capo ad un unico
soggetto in grado di operare con maggiore efficienza.
190 Allegati
ALLEGATO 4
Allegati 191
192 Allegati
Allegati 193
194 Allegati
ALLEGATO 4 bis
Allegati 195
196 Allegati
Allegati 197
ALLEGATO 5
L’obbligo di predisporre il rendiconto è stato introdotto per la prima volta dalla legge
del 24 dicembre 2007 n. 244 (finanziaria 2008), che lo prevede espressamente all’art.
3, comma 6, ed è stato ribadito all’art. 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei
198 Allegati
ministri del 19 marzo 2008 che regola le modalità di ammissione al beneficio per l’anno
2008.
Le leggi e gli atti normativi che hanno confermato la devoluzione del “5‰ dell’Irpef” e
la disciplina circa le modalità di presentazione delle domande e di assegnazione delle
quote negli anni successivi al 2008 hanno reiterato, ciascuna per l’annualità di riferi-
mento, l’obbligo per i soggetti percettori di rendere conto della destinazione del bene-
ficio ricevuto.
Pertanto, l’obbligo di redigere il rendiconto decorre a partire dall’anno finanziario
2008. N.B.: fanno eccezione le associazioni sportive dilettantistiche che, così come
stabilito dal decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 2 aprile 2009, all’ar-
ticolo 3, sono tenute ad assolvere all’obbligo a partire dall’anno finanziario 2006.
Tutti i soggetti che abbiano percepito quote del “5‰ dell’Irpef” ai sensi delle leggi e
dei successivi atti normativi sono tenuti ad assolvere all’obbligo ed a predisporre distinti
rendiconti per ciascuna delle annualità di riferimento (rendiconto della quota del “5‰
dell’Irpef” per l’anno 2008, per l’anno 2009,…).
Nel novero di tali soggetti sono da comprendere anche quelli che abbiano percepito il
beneficio di cui trattasi a seguito della proroga dei termini per la presentazione della
domanda di ammissione al beneficio (per esempio, gli enti risultanti beneficiari del “5‰
dell’Irpef” per l’anno 2008 a seguito della riapertura dei termini disposta dalla legge del
26 febbraio 2010 n. 25 di conversione del decreto-legge del 30 dicembre 2009 n. 194).
Nel caso di federazioni o di soggetti con articolazioni territoriali di cui la sola struttura
centrale abbia ricevuto la quota del “5‰ dell’Irpef” provvedendo, in seguito, a disporne
a favore degli enti federati/affiliati/articolati, il rendiconto deve essere unico ed elabo-
rato dall’organismo che ha presentato la domanda di ammissione e ricevuto la somma
erogata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il presente documento è predisposto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per
i soggetti percettori di quote del “5‰ dell’Irpef” che, secondo le annuali disposizioni
di legge, rientrino nel proprio settore di competenza. Tale settore è indicato, ormai per
consuetudine, con l’espressione generica di “enti del volontariato”.
Associazioni sportive dilettantistiche – Le associazioni sportive dilettantistiche, com-
Allegati 199
prese per ragioni di carattere organizzativo nel settore “enti del volontariato” per le
annualità 2006 e 2007, dovranno adempiere l’obbligo di redigere il rendiconto secondo
le presenti Linee guida per le annualità 2006 e 2007.
Fac-simile di rendiconto
Il modello di rendiconto è scaricabile sia dal sito del Ministero del Lavoro e delle Poli-
tiche Sociali (http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/md/AreaSociale/CinquePerMille/), dal sito
dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it>no profit>5 per mille), dal sito
dell’Agenzia per le Onlus (www.agenziaperleonlus.it) e dal sito del Forum del Terzo Set-
tore (www.forumterzosettore.it), che hanno condiviso il documento.
Allegati al rendiconto
Il rendiconto, debitamente firmato dal legale rappresentante, deve essere corredato dal-
la copia semplice di un valido documento di identità del rappresentante legale e dalla
eventuale relazione di cui al punto successivo
Relazione descrittiva
Qualora l’ente rediga il rendiconto secondo il modello predisposto dal Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali ed inserisca importi
200 Allegati
• al punto 4 (Erogazioni ai sensi della propria finalità istituzionale) e/o
• al punto 5 (Altre voci di spesa riconducibili al raggiungimento dello scopo sociale)
dovrà predisporre una relazione descrittiva per illustrare nel dettaglio gli interventi rea-
lizzati ed indicare, per ciascuno di essi, il costo, suddiviso nelle principali voci di spesa
(per esempio, esposizione dei progetti realizzati; elenco degli enti a cui sia stata trasfe-
rita parte della quota e relativo ammontare).
Resta ferma la facoltà per tutti i soggetti di corredare il documento contabile con una
relazione descrittiva al fine di fornire informazioni chiare e dettagliate circa l’impiego
dell’importo ricevuto.
ANAGRAFICA
Denominazione sociale
ASSOCIAZIONE XXXYYY
(eventuale acronimo e nome esteso)
C.F. del soggetto beneficiario XXXXXXXXXXX
N. Fax 06-xxxxxxx
Indirizzo xxx@gmail.com
Nome del rappresentante legale Mario Rossi
Allegati 201
RENDICONTO DEI COSTI SOSTENUTI
Ricorrendo alla apposita funzione del programma Word o di altro programma utilizzato
dall’ente, è possibile inserire sotto ogni voce di spesa ulteriori righe al fine di fornire in-
formazioni di dettaglio, così come illustrato dalle due righe evidenziate in giallo che sono
state aggiunte sotto la voce “Risorse umane” e sotto la voce “Costi di funzionamento”.
I costi che devono comparire nel rendiconto sono unicamente quelli sostenuti con la
quota del “5‰ dell’Irpef” e possono derivare anche da obbligazioni che il soggetto
beneficiario abbia assunto prima di aver riscosso il beneficio.
Nella tabella intitolata “Rendiconto dei costi sostenuti” sono state inserite alcune voci
202 Allegati
di spesa con una breve esemplificazione del tipo di costi da ricondurvi:
• risorse umane: a questa voce corrispondono i costi sostenuti per il personale che,
a titolo oneroso o gratuitamente, svolge attività in modo continuativo presso l’ente
(per esempio, retribuzione per personale dipendente a tempo determinato o a tempo
indeterminato; i rimborsi per le spese di viaggio sostenute dai volontari o da altro
personale; i costi per l’assicurazione dei volontari);
• costi di funzionamento: a questa voce si riconducono sia le spese per la gestione
della/e struttura/e dell’ente (per esempio, canone di locazione; canoni per la forni-
tura di acqua, gas e luce; spese per le pulizie) sia i costi per lo svolgimento delle at-
tività (per esempio, le spese di cartoleria; le spese per la circolazione di autoveicoli);
• acquisto beni e servizi: a questa voce si riconducono le spese per l’acquisto di beni
(per esempio, beni immobili; macchinari; apparecchiature informatiche) e servizi
(per esempio, affitto locali per eventi; noleggio attrezzature; compensi per occasio-
nali prestazioni di lavoro);
• erogazioni ai sensi della propria finalità istituzionale: questa voce di costo per-
mette di rendicontare le erogazioni che vengono effettuate da quegli enti che svol-
gono tale attività di sostegno a favore di altri soggetti secondo il proprio scopo
istituzionale, anche non esclusivo (per esempio, può essere inserito il trasferimento
di parte o di tutta la quota del 5‰ dell’Irpef ad una articolazione locale o ad un
soggetto affiliato);
• altre voci di spesa riconducibili al raggiungimento dello scopo sociale: questa
voce ha carattere residuale e vi devono essere inseriti tutti quei costi che non pos-
sono essere ricompresi nelle voci precedenti (per esempio, in questa casella potrà
essere indicata la spesa sostenuta dall’ente per realizzare progetti o programmi).
Così come disposto all’articolo 12 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
del 23 aprile 2010, contenente la disciplina per la presentazione delle domande di am-
missione all’assegnazione delle quote del “5‰ dell’Irpef” per l’anno finanziario 2010, a
partire da questa annualità non sarà possibile utilizzare la somma percepita per coprire,
in tutto o in parte, le spese di pubblicità sostenute per fare campagna di sensibilizzazio-
ne sulla destinazione della quota.
Solo nel caso in cui il soggetto beneficiario abbia redatto il bilancio di esercizio secondo
le “Linee guida e schemi per la redazione dei bilanci di esercizio degli enti non profit”
fornite dall’Agenzia per le Onlus (www.agenziaperleonlus.it>atti di indirizzo), l’obbligo
Allegati 203
di predisporre il rendiconto è assolto con la compilazione dello stesso bilancio di eser-
cizio, che deve essere corredato dalla delibera di approvazione dell’organo di ammini-
strazione.
Nel bilancio di esercizio, comunque, dovrà risultare in modo chiaro ed inequivocabile la
destinazione della quota del “5‰ dell’Irpef” percepita, eventualmente anche per mezzo
di una relazione che descriva nel dettaglio le attività svolte ed i costi sostenuti.
Il bilancio di esercizio potrà essere corredato dal bilancio sociale qualora anche questo
documento sia stato redatto secondo le “Linee Guida per la Redazione del Bilancio So-
ciale delle Organizzazioni Non Profit” fornite dall’Agenzia per le Onlus.
N.B.: in considerazione del fatto che la riscossione della devoluzione del “5‰ dell’Irpef”
può cadere in prossimità della chiusura della gestione sociale e che, pertanto, il bilancio
di esercizio può non rendere conto dell’utilizzo dell’intero ammontare della quota per-
cepita, l’obbligo è assolto integrando il documento contabile in questione con il bilancio
di esercizio dell’anno successivo.
Fermo restando l’obbligo per tutti i soggetti beneficiari di redigere il rendiconto, quelli
che abbiano percepito:
• per l’anno 2008 un importo pari o superiore ad € 15.000,00
• per gli anni successivi un importo pari o superiore ad € 20.000,00
sono tenuti a trasmettere il resoconto e la documentazione da allegare al Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali.
1 1Quanto qui esposto si applica alle associazioni sportive dilettantistiche per le quote del “5‰ dell’Irpef”
percepite per gli anni 2006 e 2007.
204 Allegati
(per esempio, il bilancio di esercizio redatto secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia
per le Onlus);
L’eventuale documentazione cartacea deve essere trasmessa per posta raccomandata,
apponendo sulla busta la dicitura “Rendiconto 5‰ dell’Irpef”, al seguente indirizzo:
NB: la documentazione contabile non dovrà essere inviata neppure in copia, ma dovrà
essere conservata presso la sede legale dell’organizzazione ed esibita qualora il Ministe-
ro ne faccia richiesta.
Il rendiconto della destinazione delle quote del 5‰ dell’Irpef deve essere redatto entro
un anno dall’effettiva percezione dell’importo spettante e, ai fini del calcolo del termi-
ne, si fa riferimento al mese di accreditamento dell’importo registrato dalla competente
Tesoreria. (Per esempio, se la somma è stata accreditata sul conto corrente dell’ente nel
mese di ottobre del 2010 il rendiconto dovrà essere redatto entro il 31 ottobre 2011).
La trasmissione del rendiconto e degli eventuali allegati da parte dei soggetti che vi
sono tenuti deve avvenire al più tardi nei trenta giorni successivi al compimento dell’an-
no di riscossione dell’importo. (Continuando l’esempio di cui sopra, la ricezione della
documentazione da parte dell’Amministrazione competente dovrà avvenire entro il 30
novembre 2011).
Ulteriori adempimenti
Allegati 205
Controlli
Sanzioni
Ai sensi dell’articolo 9 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 19 marzo
2008 i contributi erogati sono oggetto di recupero, tra gli altri casi, quando:
• le somme erogate non siano state oggetto di rendiconto nei termini prescritti;
• i soggetti tenuti ad inviare il rendiconto al Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali non abbiano provveduto nei termini prescritti;
• a seguito di controlli l’ente beneficiario non sia risultato in possesso dei requisiti che
danno titolo all’ammissione al beneficio;
• gli enti che hanno percepito contributi di importo inferiore ad € 15.000 per l’anno
finanziario 2008 ed inferiore ad € 20.000,00 per le annualità successive non ottem-
perino alla richiesta di trasmettere, ai fini del controllo, il rendiconto, l’eventuale
relazione illustrativa o l’ulteriore documentazione richiesta;
• in caso di dichiarazioni mendaci.
206 Allegati
ALLEGATO 5 bis
ANAGRAFICA
Denominazione sociale
(eventuale acronimo e nome esteso)
C.F. del soggetto beneficiario
Indirizzo
Città
N. Telefono
N. Fax
Indirizzo e-mail
Nome del rappresentante legale
C.F. del rappresentante legale
Allegati 207
RENDICONTO DEI COSTI SOSTENUTI
Anno finanziario
IMPORTO PERCEPITO €
1. Risorse umane
(dettagliare i costi a seconda della causale, per esempio: compensi per
personale; rimborsi spesa a favore di volontari e/o del personale)
€
2. Costi di funzionamento
(dettagliare i costi a seconda della causale, per esempio: spese di acqua,
gas, elettricità, pulizia; materiale di cancelleria; spese per affitto delle
sedi; ecc…)
€
3. Acquisto beni e servizi
(dettagliare i costi a seconda della causale, per esempio: acquisto e/o no-
leggio apparecchiature informatiche; acquisto beni immobili; prestazioni
eseguite da soggetti esterni all’ente; affitto locali per eventi; ecc…)
€
4. Erogazioni ai sensi della propria finalità istituzionale
€
5. Altre voci di spesa riconducibili al raggiungimento dello scopo so-
ciale
€
TOTALE SPESE €
208 Allegati