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e quindi sono soggettive. Per esempio, una massima (quindi soggettiva) il principio vendicati di ogni
offesa che ricevi, perch non vale se non per colui che se la propone e non si impone affatto a ogni essere
ragionevole (oppure, per fare un altro esempio, che ci tocca molto da vicino, e detto col linguaggio di oggi,
fa il furbo ecc.). Gl i imperativi sono invece principi pratici oggettivi, cio validi per tutti. Gli imperativi
sono comandi o doveri, regole che esprimono la necessit oggettiva dellazione, e ci significa che se la
ragione determinasse completamente la volont, lazione avverrebbe immancabilmente secondo tale
regola (mentre, di fatto, lintervento di fattori emozionali ed empirici pu deviare e spesso devia la
volont da quella regola). Gli imperativi, a loro volta, possono essere di due tipi. 1 Sono imperativi
ipotetici, se determinano la volont solo a condizione che essa voglia raggiungere determinati obiettivi.
Per esempio se vuoi essere promosso, devi studiare, se vuoi essere un campione sportivo, devi
allenarti, se vuoi avere una vecchiaia sicura, devi risparmiare eccetera. Questi imperativi valgono solo
a condizione che si voglia lo scopo a cui sono finalizzati e per questo sono ipotetici (valgono nellipotesi
che si voglia quel fine), per valgono oggettivamente per tutti coloro che si propongono quel fine . Lavere
o no il desiderio di raggiungere quel fine va rimesso allagente; pertanto, la loro imperativit, la loro
necessit, condizionata. Questi imperativi ipotetici si configurano: a come regole dellabilit quando
siano finalizzati a precisi obiettivi, come negli esempi sopra addotti; b oppure possono essere consigli della
prudenza, quando siano finalizzati a scopi pi generali, come per esempio la ricerca della felicit (dato che
questa viene variamente intesa e il conseguimento degli obiettivi a essa connessi dipende da
numerosissime circostanze che spesso non possiamo dominare, gli imperativi finalizzati alla ricerca della
felicit non possono che essere consigli della prudenza, quali per esempio: sii cortese con gli altri,
cerca di farti ben volere ecc.). 2 Invece, qualora limperativo determini la volont non in vista di ottenere
un determinato effetto desiderato, ma semplicemente come volont, prescindendo dagli effetti che essa
possa ottenere, allora si ha limperativo categorico. Limperativo categorico non dice dunque se vuoi...
devi, ma dice devi perch devi, devi e basta. Gli imperativi categorici (e solo essi) sono leggi pratiche
che valgono incondizionatamente per lessere razionale.
Scrive Kant:
Gli imperativi categorici sono leggi pratiche
Per una legislazione della ragione [...] si richiede che questa non abbia da presupporre che se medesima, perch
la regola oggettiva e universalmente valida solo quando vale indipendentemente da tutte le condizioni subiettive
accidentali, che si possono trovare in un essere razionale, e non nellaltro. Supponete ora di dire a qualcuno che
non deve mai promettere il falso: ecco una regola che concerne esclusivamente la sua volont. Non importa se gli
scopi che quel tale possa avere vengano in tal modo raggiunti o no: il mero volere quello che vien determinato,
da quella regola, interamente a priori. Se, ora, risulta che tale regola praticamente [= moralmente] giusta, essa
una legge, perch un imperativo categorico.
In conclusione: leggi morali sono solo gli imperativi categorici. Esse sono universali e necessarie, ma non
come lo sono le leggi naturali. Infatti, mentre le leggi naturali non-possono-non-attuarsi, le leggi morali
possono anche non attuarsi, perch la volont umana soggetta non solo alla ragione, ma anche alle
inclinazioni sensibili e quindi pu deviare, e proprio per questo le leggi morali sono dette imperativi o
doveri. In tedesco lesser necessario in senso naturalistico si dice mssen, mentre la necessit o il dovere
morale si dice sollen: per esempio, il dovere espresso nella proposizione tutti gli uomini devono morire,
in quanto si implica una necessit naturale, in tedesco si esprime col mssen, mentre il dovere espresso
nella proposizione tutti gli uomini devono testimoniare il vero, che non implica una necessit naturale,
si esprime col sollen. La necessit della legge fisica consiste dunque nel suo inevitabile realizzarsi, la
necessit della legge morale consiste invece nel valere per tutti gli esseri razionali senza eccezione. Stabilito
che la legge morale un imperativo categorico, incondizionato, valevole per se stesso, si tratta di stabilire
i seguenti punti chiave:
1 quali siano i connotati essenziali di questo imperativo;
2 quale sia la formula che meglio lo esprime;
3 quale ne sia il fondamento (la condizione che lo rende possibile). Su questi punti dobbiamo ora
soffermarci, iniziando dal primo.
Lessenza dellimperativo categorico
Limperativo categorico, ossia la legge morale, non pu consistere nel comandare determinate cose, per
quanto nobili ed elevate queste siano. Ci significa che la legge morale non dipende dal contenuto. Kant
chiama legge materiale quella che fatta dipendere dal contenuto. E se si subordina la legge morale al
contenuto, secondo Kant, si cade nellempirismo e nellutilitarismo, perch in tal caso la volont
determinata dai contenuti, a seconda che piacciano o no. Da che cosa dipende, allora, la legge morale? In
una legge, se si prescinde dal contenuto, non resta altro se non la sua forma. Dunque, lessenza
dellimperativo consiste proprio nel suo valere in virt della sua forma di legge, per la sua razionalit.
La legge morale tale, perch mi comanda di rispettarla proprio in quanto legge (devi perch devi), ed
essa tale perch vale in universale, senza eccezioni. Ecco come Kant esprime questa sua concezione
fondamentale del formalismo morale:
Kant, dicendo questo, non fa altro che trasferire nel proprio linguaggio filosofico il principio evangelico
secondo cui non morale ci che si fa, ma lintenzione con cui lo si fa. Quello che nella moralit evangelica
la buona volont come essenza della morale, in Kant ladeguazione della volont alla forma della
legge.
La coscienza di questa legge fondamentale si pu chiamare un fatto della ragione, non perch la si possa
desumere da precedenti dati razionali, per esempio dalla coscienza della libert (perch una tale
coscienza non ci data anzitutto), ma perch ci si impone di per se stessa come una proposizione
sintetica a priori, non fondata su alcuna intuizione, n pura n empirica. Tale proposizione sarebbe
bens analitica se si presupponesse la libert del volere, ma per far questo, se si intende la libert in un
senso positivo, sarebbe necessaria unintuizione intellettuale, che non assolutamente lecito ammettere.
Tuttavia, per poter considerare senza equivoci tale legge come data, occorre osservare che non si tratta
di un fatto empirico, bens dellunico fatto della ragion pura, la quale, per mezzo di esso si annunzia
come originariamente legislatrice (sic volo, sic jubeo).
Il motivo per cui Kant, dopo essersi spinto ad ammettere addirittura un caso di giudizio sintetico a priori
non fenomenico, non abbia tratto le debite conseguenze a livello metafisico, dipende unicamente dal
radicato pregiudizio scientistico, che lo portava ad ammettere come conoscenza pieno iure solo
quella di tipo matematico-geometrico e galileiano-newtoniano. Solo se si tiene presente questo, si capisce
bene perch Kant dica che noi non conosciamo (nel senso sopra precisato) la libert e che per
conoscerla dovremmo avere unintuizione intellettiva (dato che essa non un fenomeno, ma un
noumeno), malgrado il fatto che egli ne dia una precisa definizione formale. La libert lindipendenza
(della volont) dalla legge naturale dei fenomeni, ossia dal meccanicismo causale. Il che equivale a quanto
sopra detto circa il formalismo; la libert il carattere proprio di quella volont che pu essere
determinata dalla pura forma della legge, senza bisogno del contenuto (che legato alla legge naturale del
fenomeno). Questa libert, che non spiega nulla nel mondo dei fenomeni e che nella dialettica della ragion
pura d luogo a una antinomia insuperabile, spiega invece tutto nella sfera morale: ed appunto per
questo che noi prendiamo coscienza di essa per via morale. Sicch Kant conclude:
Solo dalla ragion pratica si perviene alla conoscenza della libert Dunque, nessuno avrebbe mai avuto
la temerariet di introdurre la libert nella scienza, se la legge morale, e con essa la ragion pratica, non
lavesse condotto a ci, mettendogli sotto gli occhi quel concetto.
In conclusione: noi conosciamo, prima, la legge morale (il dovere) come fatto della ragione, e, poi, da
questa inferiamo come suo fondamento e come sua condizione la libert. Se, per fare un esempio
particolarmente eloquente, un tiranno, minacciandoti, ti imponesse di testimoniare il falso contro un
innocente, pu ben darsi che, per paura, tu ceda e dica il falso; ma, dopo, ne avresti rimorso. Questo
significa che tu capisci benissimo che dovevi dire il vero, anche se non lo hai fatto. E se dovevi dire il
vero, allora anche potevi (anche se hai fatto il contrario). Il rimorso dice appunto che dovevi e dunque
potevi. Il pensiero kantiano al riguardo pu quindi riassumersi cos: devi, dunque puoi (e non
viceversa).