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Hobbes

UNA PROSPETTIVA TEORICA RADICALE


È vissuto in uno dei periodi più instabili e sanguinosi della storia inglese, è convinto che al re per diritto
divino, spetti il potere assoluto. Lo vede come l'unica soluzione contro l'inevitabile disordine a cui
andrebbe incontro la società senza un governo monarchico che assuma in sé tutte le responsabilità del
controllo.
UNA VITA NEL SEGNO DELLA PAURA
Hobbes dice di essere il fratello gemello della paura. Sua madre, infatti, lo partorisce prematuramente a
causa dello spavento provato dalla notizia dell'arrivo in Inghilterra de " l’invincibile armata" Spagnola, che
voleva contrastare la potenza marittima dell'Inghilterra. Più in generale possiamo dire che durante la sua
vita, Hobbes assiste a fatti molto drammatici: lo scontro tra parlamento e il sovrano, ad esempio, che
culmina in una vera e propria guerra civile. Nel 1640 Hobbes si rifugia in Francia per paura che le sue idee
filo-monarchiche scatenassero delle reazioni dure dai sostenitori del Parlamento. Dopo undici anni torna in
Inghilterra.
L'OBBIETTIVO FILOSOFICO E POLITICO
Una situazione personale così difficile contribuisce, nella sua vita, a indirizzare il suo pensiero verso una
concezione della pace che deve essere perseguita attraverso l'esercizio di un potere e di una legge molto
forte. Il suo progetto politico nasce da una visione pessimistica dell'uomo: egoista, avido e violento. Infatti
il suo pensiero coincide in tutto e per tutto con la frase Plautina "homo homini lupus" (ogni uomo è lupo
per l'altro uomo).
Questa concezione porta Hobbes a descrivere l'uomo come un essere che persegue solo il proprio
interesse personale. Ovviamente l'assenza di regole gli impedisce di riconoscere limiti naturali alle sue
azioni. L'unica barriera è la forza che riesce ad esercitare sull'altro. Secondo Hobbes in una potenziale
condizione di anarchia, nessuno sarebbe tanto forte da non avere paura di essere sopraffatto dal prossimo,
questa condizione è paragonabile alla condizione originaria delle civiltà che abitavano l'America.
La sua concezione ingloba una comunità civile pacifica, basata sul trasferimento di ogni potete individuale
al sovrano, per limitare i sentimenti negativi dell'animo umano come: il timore, l'egoismo e la debolezza.
L'UOMO COME ESSERE NATURALE E CORPOREO
Gli individui sono animati dall'egoismo e mossi ad agire perseguendo il proprio interesse personale. Questa
concezione si innesta in una prospettiva meccanicistica: l'uomo è un essere naturale e corporeo le cui
funzioni fisiologiche e mentali devono essere spiegate in termini solo materiali.
Nel Leviatano Hobbes afferma che le conoscenze sono derivanti dalle sensazioni, che a loro volta vengono
spiegate attraverso una condizione di movimento dei corpi. La sensazione nasce da un moto che viene
stimolato dagli oggetti esterni negli organi di senso che, attraverso i nervi giungono al cervello.
L'apparato percettivo dell'uomo reagisce producendo le immagine degli oggetti collegandosi con altre
immagini sensibili. Queste insieme danno origine a quello che chiamiamo immaginazione, che secondo il
filosofo non è nulla di immateriale perché non fa altro che collegare le sensazioni.
L'attività dell'intelletto come una macchina calcolatrice collega tra loro i nomi attribuiti convenzionalmente
alle immagini delle cose, in questo modo ottiene un'affermazione e raggruppando due affermazioni
produce un sillogismo ho una dimostrazione. Ad esempio, collegando il concetto di corpo con quello di
animato ed irrazionale otteniamo il concetto di uomo, sottraendo a questo il concetto di razionale
otteniamo quello di animale. In definitiva l'autore afferma che la ragione è la Suprema facoltà del
conoscere che non è altro che un'attività computazionale.
SCIENZE E LINGUAGGIO
La scienza secondo Hobbes è una costruzione artificiale di carattere logico linguistico. Hobbes Pensa che la
scienza sia un reticolo di concetti convenzionali. L'uomo infatti non può conoscere le cause dei fenomeni,
perché l'autore del mondo fisico è Dio, e la ragione può delineare solo concetti individuali delle cose senza
poter raggiungere una descrizione dell'universo dotata di validità oggettiva. L'uomo può conoscere, però,
scientificamente la politica, perché è una costruzione totalmente umana. La ragione può soltanto definire i
concetti, sommarli o sottrarli ma in sostanzialmente generalizzarli. Lo fa attraverso l'uso del linguaggio, è
grazie al nostro linguaggio che possiamo pensare ed esprimere il nostro pensiero. Ci permette di trasferire
il nostro discorso mentale in verbale. Il linguaggio innanzitutto serve a designare le cose in modo che
possiamo ricordarle, successivamente serve a far comprendere agli altri le cose che pensiamo.
LE PAROLE COME SEGNI
Le parole sono state chiamate dagli antichi "Signa", impronte, tracce. Cioè dei segni che hanno il compito di
indicare i concetti delle cose. Ci sono parole che significano cose individuali: Pietro, quest'uomo,
quest'albero; altre che si riferiscono a molte cose: uomo, cavallo e albero. Quindi l'universale è una
generalizzazione che si ottiene attraverso i nomi; un nome universale è attribuito molti elementi, per la
loro somiglianza in qualche caratteristica. Un nome proprio evoca nella mente una sola cosa mentre gli
universali più di una.
Secondo Hobbes le parole consentono alla ragione umana, che è una macchina calcolatrice, di operare
quella generalizzazione necessaria alla costruzione dell'edificio della scienza e nella conoscenza. Ad
esempio il nome corpo è una costruzione artificiale in virtù della quale noi raggruppiamo quello che esiste
e si muove, infatti non dimentichiamoci che per Hobbes tutto va ricondotto alla corporeità. Ad esempio
abbiamo la parola triangolo, se non ne disponessimo ogni volta che ci troviamo di fronte a una forma
triangolare dovremmo ragionare sulle sue proprietà, ad esempio la somma dei suoi angoli. Ma introdotta la
parola triangolo potremmo identificare ogni forma analoga a quella idea che abbiamo di triangolo.
I PRINCIPI DELLA REALTÀ: CORPO E MOVIMENTO
L'idea di Hobbes riguardo l'attività mentale si può ricondurre alla sensazione e al movimento: da questi due
concetti derivano le immagini delle cose a cui attribuiamo dei nomi che vengono utilizzati e attraverso cui
colleghiamo le immagini nei nostri ragionamenti. Hobbes polemizza contro Cartesio negando l'esistenza di
una Res cogitans è una Res extensa.
Per Hobbes il pensiero, la volontà e le emozioni sono riconducibili tutte alla materia corporea e all'azione
che ha sul nostro cervello. Anche l'anima è corpo: il corpo è l'unica realtà attraverso cui si possono spiegare
i fenomeni naturali. Hobbes afferma che non possiamo neppure dire che Dio sia incorporeo, perché tutto
ciò che non è corporeo non esiste. Secondo questo suo pensiero materialistico, i concetti di bene e male e i
sentimenti vengono ricondotti alla corporeità.
Il bene è quello che un uomo desidera, male quello che respinge: il bene favorisce la conservazione fisica
dell'uomo, il male la minaccia. Gli altri sentimenti sono manifestazioni dell'istinto di conservazione di sé.
Connesso al materialismo antropologico è il determinismo della volontà: la volontà dell'uomo è sempre
condizionata da cause o ragioni necessarie che non può dominare. La libertà è condizionata dall' istinto di
autoconservazione. La libertà vera e propria si restringe alla libertà di azione, che però è comunque
condizionata dal desiderio di ottenere qualcosa, o dal timore, questi sono degli stimoli a cui la natura
umana non si può sottrarre.
LO STATO DI NATURA
Secondo Hobbes l'uomo è un essere dotato di una ragione intesa come facoltà calcolatrice, è mosso da
desideri egoistici. Gli individui non posseggono un naturale istinto socievole verso gli altri, essendo invece
dominati da sentimenti come il bisogno è il timone. Questi due secondo Hobbes caratterizzano lo stato di
natura, la condizione antecedente la formazione della società civile. In questa condizione ogni persona
mira a procurarsi ciò che è utile alla propria sopravvivenza e autoconservazione. In questo contesto
l'individuo può possedere usare e godere di tutte le cose che vuole: ognuno è nemico dell'altro, non esiste
limitazione alla libertà dell'individuo. Nello stato di natura non ci si può dedicare al lavoro, alla scienza o
alle Arti. L'ingegno umano infatti sarebbe esposto alla minaccia costante dell'invidia e dell’avidità degli altri.
Ad esempio quando si vive nel terrore di una morte improvvisa, non si può coltivare la terra o costruire
edifici.
L'ESPERIENZA DELL'OSTILITÀ E DEL CONFLITTO
Secondo Hobbes questo contesto è confermato dall'esperienza di tutti i giorni: ad esempio quando gli
uomini si mettono in viaggio prendono con sé delle armi o si fanno accompagnare da qualcuno che li
protegga; quando la notte vanno a dormire chiudono a chiave tutte le porte in casa. Anche se gli uomini
non vivono costantemente in conflitto tra loro, è innegabile che il re e i governanti nei vari paesi si siano
comportati l'un l'altro con le armi puntate e gli occhi fissi, con fortezze e cannoni o con missioni di
spionaggio negli stati vicini. Per finire hobbes sostiene che la vita degli uomini è costellata da misure
difensive. L'ostilità, il conflitto e la sopraffazione reciproca sono prerogative dello stato di natura. Questa
condizione non costituisce una realtà pienamente realizzata nella storia, il che avrebbe portato
all'estinzione del genere umano, quanto un'ipotesi razionale su ciò che potrebbe realmente accadere nella
società se non ci fosse una forma di potere superiore. Lo stato di natura, però, si rivela un ipotesi verificata
anche se parzialmente. Nelle società primitive o durante le guerre civili, ad esempio, dove diventano
evidenti rischi a cui l'umanità è continuamente esposta.
L'USCITA DALLO STATO DI NATURA E L'ORIGINE DELLA SOCIETÀ CIVILE
Essendo lo stato di natura caratterizzato da una ostilità che rischia di distruggere la stessa natura umana,
colui che desidera continuare a vivere in una Tale condizione si contraddice, perché vuole al tempo stesso
la propria distruzione e la propria vita.
La lotta tra uomini uguali per natura infatti implica la reciproca soppressione; chi invece aspira al proprio
bene non può accettare la condizione di totale arbitrio. Se gli uomini vogliono sopravvivere devono evitare
la lotta "tutti contro tutti".
Quindi l'esigenza prioritaria è quella di porre dei freni al proprio diritto soggettivo, dettato dalla ragione
naturale.
La società civile è frutto di compromesso tra gli individui: ognuno deve rinunciare al diritto naturale e alla
libertà incondizionata. La ragione suggerisce una serie di massime, delle leggi naturali. La prima è la ricerca
della pace, da cui deriva la seconda: ogni uomo deve rinunciare al proprio diritto su tutte le cose
accontentandosi di avere tanta libertà rispetto agli altri quanto è concessa agli altri rispetto a lui. L'unica
condizione è che tutti rispettino questo patto.
Una volta che ognuno rinuncia al proprio incondizionato diritto naturale si verifica l'uscita dallo stato di
natura, attraverso un compromesso o patto che vincola i contraenti, cioè tutti gli individui. Se questo patto
non si rispettasse gli uomini resterebbero nello stato di guerra. Da queste massime derivano tutte le altre
leggi, quella della giustizia, che consiste nel rispettare le regole stabilite; legge dell'uguaglianza, cioè ogni
uomo deve riconoscere l'altro come suo uguale. Le parti che non si accordano devono sottomettersi alla
sentenza di un terzo: il giudice.
IL PATTO DI UNIONE E IL PATTO DI SOTTOMISSIONE
Stabilire un patto di unione è una cosa razionale, ma la convergenza di molte volontà verso un solo scopo
non basta per garantire una situazione sicura e stabile: è necessario, una volta raggiunto un accordo, che
poi siano costretti a non recedere da quest’ultimo. Gli uomini sono in continua competizione, tra di loro
sorge l'invidia, l'odio e la guerra.
Ad esempio tra le api e le formiche questo non accade: il bene comune non differisce da quello individuale.
Tra gli uomini il bene individuale contrasta il benessere della comunità. A differenza degli animali, gli umani
hanno l'uso della ragione e del linguaggio. Ciò significa che possono criticare e comunicare in pubblico le
proprie idee, che inevitabilmente divergono da quelle di altri. Mentre l'accordo tra le api è naturale, quello
degli uomini è frutto di volontà, stabilito da un patto. Per rendere il patto tra gli uomini duraturo è
necessario un comune potere, che diriga le azioni della comunità verso un comune vantaggio. Questo
costituisce il Patto di sottomissione: gli uomini conferiscono tutto il proprio diritto e forza a un singolo in
grado di ridurre diversi voleri ha una sola volontà. Secondo Hobbes, Questa è un unificazione di tutta la
comunità in una sola persona, come se ognuno dicesse all'altro: Io cedo il mio diritto di governare me
stesso a quest'uomo o a questa assemblea a condizione che lo faccia anche tu.
IL LEVIATANO
Il potere dell'autorità deve essere assoluto. Lo stato assoluto viene chiamato dal filosofo come Leviatano,
una creatura terribile e mostruosa. Questa denominazione viene giustificata perché il potere del sovrano è
immenso, unificando insieme quello di tutti gli altri, diventati sudditi.
Nel capolavoro di Hobbes "il Leviatano", il filosofo fece rappresentare il re assoluto come un individuo
sovrumano, dotato di molte teste, a mostrare la concentrazione di tutti i poteri nelle mani di una sola
persona. Il sovrano è l'autorità, individuo superiore a tutti. Sudditi sono letteralmente sottoposti. si può
raggiungere il ruolo di sovrano solo con l'impiego della forza, ad esempio quando un uomo impone ai suoi
figli di sottomettersi al suo dominio, avendo la facoltà di pulirli.
Si può raggiungere anche attraverso un patto un accordo tra le persone che si assoggettano
volontariamente al fine di garantire la propria sopravvivenza è autoconservazione. La prima soluzione
costituisce uno stato patriarcale o dispotico, ma Hobbes si sofferma sulla seconda soluzione concentrata
sullo stato di derivante dal patto. Il suo pensiero da questo punto di vista è riconducibile al giusnaturalismo
Moderno, che ha come punto di forza il passaggio dallo stato di natura allo stato civile mediante un patto.
LA MONARCHIA COME MIGLIORE FORMA DI GOVERNO
Secondo Hobbes la persona giuridica deve essere rappresentata da un solo uomo, monarca; da un gruppo
di uomini, l'aristocrazia o democrazia. Altre forme di governo come tirannia, oligarchia e anarchia sono la
forma degenerata delle condizioni di governo sopra menzionate.
La preferenza di Hobbes è per la monarchia: non c'è motivo di credere che il reagisca per il proprio
interesse privato a scapito di quello pubblico, nessun re trova giovamento dalla povertà o difficoltà dei
sudditi. Il re può prendere decisioni in totale segretezza, mentre nei gruppi più numerosi come oligarchia o
democrazia sono molto continue le fughe di notizie.
Il motivo decisivo che fa prevalere il pensiero di Hobbes verso la monarchia sta nel fatto che, in altri
regimi, il potere di imporre le leggi non è ascritto ad una sola autorità e dunque possono accadere delle
ribellioni che in ultima istanza possono sfociare nella guerra civile.
Il monarca è unico e non può dissentire da sé stesso. Ovviamente anche nella monarchia ci possono essere
degli inconvenienti: favoritismi, la sovranità può essere conferita ad un fanciullo incapace di discernere il
bene dal male. In questi casi si rimedia affidando il potere sovrano a un tutore che svolgerà
temporaneamente le funzioni del sovrano.
POTERI E LIMITI DEL SOVRANO
Il potere del sovrano non ha mai termine, se non con la sua morte. I sudditi una volta stipulato il patto non
possono recederlo, perché non è stato stabilito con il sovrano, ma tra di loro: hanno scelto di assoggettarsi
ad un sovrano. Il monarca può costringere tutti all'obbedienza delle norme, ma lui può non rispettarle
perché non ha preso parte a nessun contratto, il sovrano è un essere pre-sociale che deve rispondere della
propria ragione individuale. La sua ragione gli comanda di assicurare pace e protezione ai sudditi. Il
controllo del sovrano comprende anche il controllo delle azioni e delle opinioni dei sudditi.
Per finire, il sovrano è legge, lui la stabilisce e la revoca. A lui compete la valutazione del bene e del male:
questi Sono convenzioni con cui si attribuisce al sovrano la facoltà di emanare le leggi. Ciò che la legge
civile ordina è giusto, ciò che vieta è sbagliato.
Nello stato di natura non esistono bene o male perché non esiste alcun principio in base al quale valutare
le azioni umane, questo principio viene impersonato dal sovrano all'interno della società.
Hobbes attribuisce dei limiti al potere dello stato, in particolare quando gli ordini del sovrano mettono in
pericolo la vita dei sudditi. Il patto consiste nell'assicurare l'autoconservazione di tutti i cittadini.
Gli individui hanno il diritto di disobbedirgli nel caso in cui comandi loro di uccidersi, farsi del male o non
resistere a chi li assale. Il suddito non è tenuto a partecipare ad un'azione militare se teme per la propria
vita e se questa azione non è comandata dal sovrano come cosa necessaria alla conservazione della pace. Il
suddito deve ritenersi libero di agire in tutti i casi in cui non ci sia una regolamentazione stabilita dal
sovrano: se il re non ha stabilito delle regole di condotta.
Hobbes ritiene che un potere autoritario, nei suoi risvolti più concreti, rivela aspetti meno dispotici:
promuovendo, ad esempio, una forma di tutela del cittadino garantita da un sistema di leggi uguali per
tutti.
LA SUBORDINAZIONE DELLA RELIGIONE AL POTERE POLITICO
Il filosofo rimase anglicano per tutta la vita, ma in realtà la sua religiosità era formale, perché il suo
razionalismo lo portava a disconoscere alle religioni ogni prerogativa e autonomia. Egli la vedeva come una
minaccia per l'unità e la forza dello Stato, considerando le religioni una delle fonti principali della conflitto,
confusione e delle guerre civili.
I cattolici sostenevano la subordinazione del potere temporale a quello spirituale, quindi ponevano dei
freni all'assolutismo monarchico. Gli anglicani tendenzialmente confondevano i due poteri e volevano
istituire un regime teocratico. Hobbes entra in conflitto con la religione, soprattutto quella cristiana, perché
tende a subordinare al suo potere quello temporale.
Il filosofo critica anche la censura ecclesiastica e il tribunale dell'inquisizione, soprattutto per la condanna
di Galileo. I cristiani, cittadini come tutti gli altri, devono rispettare la legislazione dello Stato. Poiché l'unico
scopo dello Stato è quello di garantire le norme naturali che coincidono spesso con le stesse leggi divine.
Violandole, i cristiani trasgrediscono alle leggi civili e a quelle divine.
Per finire hobbes sostiene che non si può ammettere nessuna autorità indipendente a quella del sovrano. Il
capo dello Stato deve essere anche la suprema autorità religiosa, il "pastore supremo" da cui dipendono
tutti gli altri pastori, che vengono nominati da lui e da lui ricevono il potere di svolgere il loro incarico. Il re
esercita il suo ufficio direttamente per diritto divino, quindi per legge naturale e razionale.

Locke
INTRODUZIONE AI FILOSOFI DEL SECONDO SEICENTO
I filosofi nella prima parte del 600 avevano una visione razionalista l'impresa conoscitiva. A partire dalla
seconda metà del seicento si sviluppa una visione secondo cui la ragione è impotente senza il ricorso all'
esperienza, La ragione è limitata e condizionata. Questa concezione si chiama empirismo (empeirià): la
conoscenza si origina a partire dall'esperienza. Gli empiristi respingono inoltre il linguaggio difficile della
tradizione filosofica, adoperano un linguaggio comprensibile da tutte le persone di buon senso.

LA NUOVA IMMAGINE DELLA RAGIONE


Un personaggio fondamentale di questo periodo è Isaac Newton, che approfondisce l'indagine inaugurata
da Copernico e Galilei arrivando a delineare i principi della fisica classica. Egli fu considerato il promotore
del nuovo sapere e della rinnovata immagine della ragione, limitata dall'esperienza. Ebbero grande
influenza le sue regole metodologiche:
La prima afferma che delle cose naturali non devono essere ammesse più cause di quelle che sono
sufficienti a spiegarne i fenomeni; la seconda stabilisce che a effetti simili devono essere assegnate le
medesime cause naturali; La terza stabilisce un metodo che consiste nell'attribuire ai fenomeni dello stesso
genere le stesse cause, perché la natura si comporta in modo uniforme; la quarta sostiene che nella
filosofia sperimentale le proposizioni ricavate per induzione dai fenomeni devono essere considerate vere,
finché non intervengono altri fenomeni che ne dimostrano la falsità.
Newton non accetta le proposizioni che non sono deducibili logicamente dai fenomeni, e che quindi non
hanno riscontro nella realtà.

I PROTAGONISTI DELLA NUOVA SCENA FILOSOFICA


Gli esponenti dell'empirismo non sono filosofi di professione duepunti Locke aveva la laurea in medicina,
Berkeley era un vescovo, Hume aveva studiato giurisprudenza. Questi filosofi erano mossi alla ricerca
filosofica da una finalità pratica: accertare i poteri e limiti dell'intelletto umano.
RAGIONE ED ESPERIENZA
Lock è il padre dell'empirismo moderno. Secondo il suo pensiero la ragione non è ritenuta assoluta e
infallibile, come in Cartesio, ma viene condotta entro i confini dell'esperienza. Cartesio riteneva che la
ragione forse una facoltà conoscitiva illimitata. Lock la pone in diretta connessione con l'esperienza.
Secondo Locke è necessario esaminare l'origine, la certezza è l'estensione della conoscenza umana,
quest'analisi consente di maturare le prospettive realistiche rispetto alle competenze che l'uomo potrà
conseguire. Dall'altro lato consente di acquisire la consapevolezza che, anche se non si può raggiungere la
verità assoluta, l'uomo è in grado di ottenere un livello di conoscenza sufficiente a guidare nel modo
migliore le sue azioni.

LA CRITICA DELL' INNATISMO


La teoria secondo cui vi sono alcuni principi o idee impressi nella nostra mente, che l'anima riceve in dal
primo istante della sua esistenza, era stata riproposta da Cartesio. Veniva dimostrata in base alla presenza
di un certo numero di verità fondamentali in ogni uomo, ad esempio il principio di non contraddizione che
così si definisce: "è impossibile che una cosa sia e non sia allo stesso tempo". Locke critica questa tesi
sostenendo che è falsa: i bambini e le persone affette da deficit mentali non hanno la minima cognizione di
simili principi. Inoltre l'idea di Dio varia da individuo a individuo e alcuni popoli non la possiedono per nulla.
Tra tutti gli uomini non vi è consenso neppure sulle norme morali, ad esempio sull'idea di bene e di male,
di bello e brutto. Questa disparità di vedute confuta l'innatismo, dimostrando la falsità delle
argomentazioni che lo sostengono e che ostacolano il progredire della conoscenza.

L'ORIGINE DELLA CONOSCENZA


La nostra conoscenza secondo Locke deriva dall'esperienza. La mente di un neonato è come un foglio
bianco, una facoltà priva di contenuti. Tutte le idee provengono dall'esperienza anche quelle più astratte e
lontane dalla realtà quotidiana. Secondo Locke dall'esperienza derivano due tipologie differenti di idee:

Idee di sensazione

Idee di riflessione

Le idee di sensazione provengono dagli oggetti esterni tramite i cinque sensi. Sono ad esempio il bianco il
caldo, il morbido, il duro, il dolce. Attraverso i sensi possiamo arredare fin dall'infanzia quella stanza vuota
che è la nostra mente. Le idee di riflessione sono quelle derivanti dall'esperienza interna, comprende gli
stati d'animo e le passioni. Ad esempio il dubbio, il ragionamento, la gioia, la rabbia... Sensazione e
riflessione sono le uniche fonti della nostra conoscenza. Le nostre conoscenze sono tanto più strutturate
quanto più vive e varie sono le esperienze che facciamo. All'inizio il bambino conosce la nutrice e la culla,
poi giochi e compagni. Diventando grande, le sue acquisizioni si accrescono in modo proporzionato alle
esperienze che compie. Su questo tema locke dedica uno scritto chiamato "pensieri sull'educazione".

LA CLASSIFICAZIONE DELLE IDEE


Le idee semplici derivano dalle esperienze elementari della sensazione o della riflessione. Queste
comprendono a loro volta le idee di qualità primarie, oggettive e le idee di qualità secondarie, soggettive.
Quando mangiamo una torta ricaviamo una serie di sensazioni: quelle visive relativa alla forma e alla
dimensione, quelle tattili relativi alla consistenza, olfattive e di gusto. Queste producono nella nostra
mente le idee semplici corrispondenti. Idee semplici sono l'odio, l'amore, il dubbio che derivano dal senso
interno. Queste idee costituiscono i mattoni della nostra conoscenza. Una volta che la mente ha ricevuto le
idee semplici, puoi lavorarle formando le idee complesse. L'idea di torta è un'idea complessa che deriva
dalla combinazione degli elementi di base. L'intelletto non può creare nome dei semplici indipendenti
dall'esperienza ma non può distruggere quelle che provengono da essa.
IL VALORE DI VERITÀ DELLE IDEE
Da questo si evince che l'intelletto non conosce le cose in maniera diretta, ma sono tramite le idee. La
conoscenza è vera, dunque, se c'è conformità tra le idee e la realtà delle cose. Per distinguere la realtà dai
sogni e dalle visioni, secondo Locke, il problema non si crea per quanto riguarda le idee semplice: rispetto
ad esse La mente è del tutto passiva, le riceve dall'esperienza tramite i sensi. Per quanto riguarda le idee
complesse, che sono frutto del potere attivo che la mente esercita sulle idee semplici, la mente può
comporle in modo erroneo senza verificare se i collegamenti corrispondono a quelli realmente esistenti tra
le cose. Il filosofo propone diverse tipologie di idee: idee di modi, idee di sostanze e idee di relazioni.

LE IDEE DI MODI
Sono idee complesse che non possiedono un esistenza autonoma, ma devono essere riferite a una
sostanza come sue manifestazioni. Le idee di modi sono: la gratitudine (si riferisce a una manifestazione
dell'uomo che riconosce al suo benefattore); la bellezza ("una certa composizione di colori e figure, che fa
piacere a chi la guarda"); di furto (mutamento nel possesso di qualcosa da parte del proprietario).

LE IDEE DI SOSTANZE
Sono idee complesse che si riferiscono a entità particolari distinte e sussistenti per sé stesse (cavallo,
uomo, gregge ed esercito). Sono idee che possono trarre in inganno perché si basano sulla convinzione che
le diverse qualità degli oggetti, all'origine delle idee semplici, siano fondate su qualcosa che fa da sostrato.
L'esperienza ci offre single e idee semplici, dunque la sostanza che noi presupponiamo è qualcosa che si
pone al di là delle nostre possibilità conoscitive. Locke considera la sostanza inconoscibile: considera le
idee di alcune sostanze corporee molto comuni, il cavallo o la pietra. Queste sono il risultato della somma
delle idee semplici di sensazione che derivano dalle qualità di ciascuna delle due realtà percepite. Siccome
non riusciamo a comprendere come queste qualità possano sussistere autonomamente, si suppone che
esse siano supportate da un soggetto comune, questo sostegno viene denominato sostanza. La sostanza
però non è altro che una supposizione di un qualche sostegno sconosciuto di quelle qualità che sono capaci
di produrre in noi delle idee semplici. Il sostrato a cui attribuiamo le nostre attività interiori come il
pensare, il dubitare e il conoscere la chiamiamo sostanza spirituale.

LE IDEE DI RELAZIONI
Le idee di relazioni nascono dal confronto di un'idea con un'altra. Ad esempio l'idea di padre con quella di
figlio sono tali perché la considerazione del una racchiude in sé la considerazione dell'altra. Nello stesso
genere è la nazione di calore all'idea di scioglimento, rapporto causa ed effetto. Un'idea di relazione
importante è quella di identità, che esprime il rapporto esistente, ad esempio, tra il mio volto è il suo
riflesso nello specchio Grazie al quale io posso percepire l'immagine che vedo come la MIA immagine.

LE DUE CERTEZZE DELL'UOMO


Secondo Locke la nostra conoscenza è circoscritto ad un ambito. Delle cose di cui non possiamo avere una
percezione sensibile non possiamo essere certi. Le uniche certezze non sensibili di cui disponiamo sono
quella del nostro io e di Dio. La certezza del nostro io c'è data per via intuitiva: come percepiamo
immediatamente che ad esempio il bianco non è nero o il dolce non è amaro, Locke in questo contesto
riprende idea del Cogito. Conosciamo poi l'esistenza di Dio per via dimostrativa, attraverso una catena di
intuizioni che sono delle percezioni immediate. Ad esempio il fatto che dal nulla non può derivare nulla: se
non esistesse una causa di tutti gli esseri, non si saprebbe a chi attribuirne l'origine e si procederebbe in un
ragionamento all'infinito.
IL TEMA DELLA PROBABILITÀ
Riguardo la realtà esterna, Locke afferma che abbiamo una coscienza affidabile che ci permette di
orientarci nel mondo, ma non è assoluta. Le parti Minime della materia e l'immensa estensione dello
spazio sfuggono alla mente dell'uomo e rimarranno inconoscibili. La probabilità a rappresenta il campo su
cui l'uomo, in assenza della certezza - che è limitata alla sensazione, all'intuizione e alla dimostrazione (di
Dio) - può comunque fare affidamento. Essa richiede che ogni affermazione prima di ricevere il nostro
assenso venga esaminata con cura e attenzione attraverso l'esperienza o con la testimonianza di altri
soggetti.

In definitiva, la ragione, moderata dell'esperienza, resta l'unico strumento di cui disponiamo per orientarsi
nel mondo. Tuttavia la nostra ragione e spesso tormentata a causa dell'oscurità e della confusione delle
sue idee, e la confusione che si accresce quando lo prendiamo il linguaggio inadeguato e imperfetto.

IL CONVENZIONALISMO LINGUISTICO
L'importanza che Locke attribuisce al fatto che lo strumento di espressione del pensiero sia il più pulito
possibile è fondamentale. Le parole stanno al posto delle idee e, sono associate per convenzione alle idee
allo scopo mi rappresentarle agli altri. Spesso ci mancano i termini adatti o possiamo sbagliare nella scelta
lessicale, inducendo gli altri in errore. I fini del linguaggio e della comunicazione secondo il filosofo sono:
rendere noti agli altri i propri pensieri o idee; farlo nel modo più facile e rapido possibile; comunicare in
questo modo la conoscenza delle cose, che suppone che chi parla conosca gli oggetti di cui parla, altrimenti
il suo linguaggio sarebbe fatto di suoni senza significato.

Il linguaggio è mal utilizzato quando le persone non possiedono nella mente Alcuna idea di cui le parole
utilizzate possano essere il segno: nel caso adoperino una parola della quale non conoscono il significato
preciso; quando applicano i nomi di una lingua con un significato privato, che intendono solo loro o quando
li applicano in modo equivoco, riferendo li a un'idea o a un'altra. Secondo l'ocse riusciamo a fare chiarezza
nel nostro linguaggio saremo anche più precisi nei nostri ragionamenti.

IL TEORICO DEL PENSIERO LIBERALE


Locke è il principale teorico del pensiero liberale e democratico moderno. Le sue idee politiche hanno
influenzato i padri della dichiarazione d'indipendenza e della costituzione degli Stati Uniti d'America. A
questo si aggiungono i numerosi testi sulla tolleranza: Lettera sulla tolleranza, manifesto della libertà
religiosa e di pensiero. Il primo trattato polemizza contro la tesi dello scrittore Robert Filmer, che
giustificava il potere assoluto del re, affermando che questo deriverebbe per diritto ereditario da Adamo a
tutti i suoi discendenti. Locke afferma però, che le regole del potere politico trascendono e sono
completamente dissimili da quelle della gestione famigliare, e dei rapporti padre-figlio.

STATO DI NATURA E CONTRATTO SOCIALE


Lo stato di natura è quella condizione originaria in cui si trovano tutti gli uomini prima della formazione
della società civile. Locke, a differenza di Hobbes, ha una visione ottimista e positiva del genere umano.
Secondo Locke gli uomini sono esseri illuminati dalla ragione. Essi possiedono una legge morale di carattere
razionale derivante direttamente da dio e prescrive i diritti: alla vita, alla libertà e alla proprietà. Lo stato di
natura è, quindi, una dimensione in cui vige una norma razionale che assicura il criterio generale per una
vita pacifica e armoniosa. Secondo Locke viene stabilito automaticamente dove può estendersi la libertà di
ciascuno, così che non Leda la libertà d'altri.
Locke ammette anche però che nello stato originario manca la garanzia del diritto: chiunque ne sia in grado
può prevalere sul prossimo mosso da egoismo. A questo scopo gli individui devono stipulare un contratto
che comporta due clausole o patti: pactum unionis (secondo cui le persone si uniscono in una società
civile); pactum subiectionis (con cui si sottomettono a una autorità). Dal patto di sottomissione discendono
le posizioni politiche di Hobbes (dispotismo e assolutismo) e di Locke (liberalismo). Secondo Locke l'unico
obbiettivo che lo stato deve perseguire è quello di tutelare i diritti naturali di tutti gli uomini, la stessa
Autorità è vincolata alle leggi. Il potere affidato al governo deve garantire la vita, la libertà e la proprietà. Se
lo stato stesso tradisse i diritti naturali perderebbe la sua legittimità, e i sovrani veri (singoli individui)
dovrebbero destituirlo.

L'unica cosa a cui tutti gli individui devono rinunciare è farsi giustizia da soli, perché è compito dello stato
garantire la vita etc... Lo stato diviene legittimo quando salvaguarda e rispetta i diritti naturali e inviolabili.

LA PROPRIETÀ PRIVATA
L'uomo, fin dallo stato di natura, ha il diritto di godere dei suoi beni. Dio ha dato la terra come risorsa a
tutti gli uomini. La terra, non producendo autonomamente i suoi frutti, i beni che produce devono
appartenere agli individui che la manipolano con tale fine. Quindi si afferma che la legittimità della
proprietà privata è il frutto dell'azione umana. Gli uomini sono solidali in quanto figli di Dio, quindi non
devono appropriarsi di cose d'altri perché li priverebbero di beni necessari alla sopravvivenza. D'altra parte
possesso di maggiori quantità di beni è giustificato dalla moneta che, non essendo soggetta al
deterioramento, può essere accumulata senza fare un torto a nessuno: accumulo di argento, ori e metalli
preziosi. La proprietà privata è costituita, oltre che da beni materiali, dalla vita, dalla libertà e dagli avere.
La società civile tutela proprio questo diritto, il più minacciato.

I PRINCIPI FONDAMENTALI DEL LIBERALISMO


I principi della concezione del filosofo si ritrovano nelle costituzioni dei paesi democratici:

Il potere politico si fonda sul consenso dei cittadini, espresso dalle decisioni della maggioranza;

Lo stato governa secondo le norme promulgate riconosciute da tutti, (il patto tra i cittadini e il sovrano è
bilaterale). Tutti devono rispettare le leggi e i tre diritti fondamentali.

Il potere legislativo deve essere separato da quello esecutivo (a cui spetta il compito di fare eseguire le
leggi).

Il principio della separazione dei poteri nasce dalla considerazione che occorre prevedere una serie di limiti
al potere politico. Se non esistessero tali limiti il potere in mano allo stato diverrebbe assoluto. Inoltre il
potere legislativo ha un potere maggiore rispetto a quello esecutivo e se fossero le stesse persone a
emanare le leggi e a farle rispettare, avrebbero troppo potere e si libererebbero dal rispetto di queste, o le
formulerebbero in base a interessi personali.

LA TOLLERANZA RELIGIOSA E LA SEPARAZIONE TRA STATO E CHIESA


La tolleranza religiosa è un argomento attuale nel Seicento, a causa del conflitto tra cattolici e protestanti,
che sfociò nella Guerra di Trent'anni. Nella "Lettera sulla tolleranza" Locke sancisce la separazione tra stato
e chiesa, riguardo le finalità, le funzioni e i poteri. L'opera viene pubblicata in Olanda nel 1689 e venne
subito tradotta e diffusa in vari paesi. Il potere politico, fondato sul consenso della maggioranza, si regge
con lo scopo di fare le leggi e farle rispettare, anche con la forza. Le istituzioni religiose risponde a bisogni
spirituali degli uomini di fede.
LE DIVERSE SFERE DI COMPETENZA DI CHIESA E STATO
La chiesa è una società libera in cui gli uomini entrano senza costrizione alcuna. Il fine della chiesa è quello
di aiutare le persone ad ottenere la salvezza dell'anima. Solo se qualcuno trasgredisce, senza possibilità di
redenzione, le sue regole, può procedere all'espulsione: nessuna chiesa è obbligata a tenere nel proprio
seno chi viola le norme della comunità. La scomunica dalla società religiosa non può contenere insulti alla
persona e provare il cittadino dei beni civili, che sono un possesso privato inalienabile. Al potere politico,
d'altra parte, non compete la "cura delle anime". Il re deve garantire la libertà di culto e non può imporre ai
sudditi il proprio credo, perché il carattere naturale della fede non può essere imposta con la forza.
Ovviamente da parte della società religiosa non sono permesse violazioni di legge emanate dallo stato, e
viceversa, quello che è lecito nella società civile non può essere proibito dalla chiesa. Le cose dannose per
la comunità, proibite dalla legge, non possono essere lecite nella sfera religiosa.

Lo stato non può tollerare quei comportamenti contrari alla conservazione della società umana. Se la
chiesa li mette in atto, lo stato può intervenire e reprimere. La chiesa non può ottenere privilegi contrari
alle leggi civili, infatti Locke esclude dalla sua dottrina di tolleranza i cattolici: obbediscono a un'autorità
politico-religiosa (della chiesa) a sua volta intollerante. Gli atei non vengono tollerati, invece, perché non
ammettono Dio, quindi non possono stipulare il patto (considerato sacro) su cui si fonda la società civile.

RAGIONE E FEDE
La fede cristiana è circoscritta a poche verità assolutamente comprensibile per l'intelletto umano:
l'esistenza di Dio, la funzione di salvezza di Cristo, la validità di alcuni valori morali. Da questi punti di vista
la religione cristiana non appare in contraddizione con la ragione e inoltre è condivisibile in questo rafforza
la ragione dal punto di vista etico.

Ragione e fede, insieme, rendono la vita migliore e il cristianesimo è accettabile nei suoi dogmi di base ed
essenziali. Poi però ci sono aspetti meno condivisibili che fanno pensare al cristianesimo come una setta:
chi va oltre alle verità rivelate e condivise, enfatizza degli aspetti secondari dei riti ecclesiastici e causa
conflitti con il prossimo.

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