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Teoria della conoscenza e teoria politica

Serie di filosofi anglosassoni


Versante gnoseologico: empirismo (teoria della conoscenza contrapposta al razionalismo di Cartesio)
Versante politico: teorici del contrattualismo che giustifica la sovranità popolare
Mondo anglosassone tradizionalmente molto più pragmatico e legato all’esperienza. Giustificano la
nascita dell’idea della sovranità popolare tramite un modello filosofico. Idee che portano
all’esplosioni delle grandi rivoluzioni.

HOBBES
Nasce nel 1588, è un contemporaneo di Cartesio. Frase che riassume la sua biografia “Io sono nato
gemello della paura”. 1588 anno in cui Filippo II cerca di invadere Inghilterra. Nel 1640 quando
scoppia la Rivoluzione inglese è nel pieno della sua attività politica. Ebbe una formazione
umanistica, scriveva in latino e traduceva il greco. È uno degli ultimi umanisti. Traduce la storia
della guerra nel Peloponneso di Tucidide. Svolge anche attività da segretari di una serie di nobili: ….
Fa da consulente finanziario e da ambasciatore: questo gli consente di intraprendere una serie di
viaggi. 1610-1615 è in Italia: va a Venezia e conosce importanti intellettuali e storici. Fa un secondo
viaggio 1634-1636: viaggio in cui da più importanza alla componente scientifica. Si ferma in Francia
dove viene ospitato nel salotto di padre nersen frequentato da Cartesio e tanti scienziati del periodo
(salotto più importante di Francia). Quando Cartesio pubblica le meditazioni metafisiche, insieme
alle obiezioni: la terza obiezione è proprio di Hobbes. Dibattito tra loro due, relativo a dio, alla
sostanza e alla conoscenza. 1636 in Italia ha occasione di visitare Galileo quando è ad Arcetri in
esilio: momento in cui Hobbes matura le sue idee dal punto di vista scientifico. In questo periodo
inizia a scrivere in latino un’opera che verrà poi pubblicata in seguito. Ha scritto opere in latino
(come se fosse la sua lingua). Nel 1640 è in Inghilterra quando scoppia la rivoluzione inglese.
Scappa in Francia e rimane fino al 1652 dove cerca di lasciar smaltire la rivoluzione. Ma in Francia
era il periodo delle guerre di religione. Pubblica la sua prima opera in inglese che è “elementi di
legge naturale e politica”.

Periodi di esilio in Francia


Nel 1642 scrive “De cive”  opera in latino dedicata alla politica e al cittadino. Altre due opere in
latino che fanno parte di questa trilogia: De corpore (opera fisica) e De homine (opera di filosofia
morale, antropologia e etica). Tre opere fanno parte degli Elenchi di filosofia.
1651  Leviatano: opera politica, è il suo capolavoro. Il leviatano è un mostro mitologico di cui
parla l’antico testamento, che per lui rappresenta lo stato (non è rassicurante). È considerata la prima
opera di filosofia politica inglese. Comprende accuse, ateismo, eresia. Suscita una serie di sospetti da
parte del mondo intellettuale inglese: quando arriva Cromwell, Hobbes ha paura di nuovo e vive i
suoi ultimi anni con disagio. Vive gli ultimi anni quando ritornano gli Stuart, ma era comunque
scappato e non aveva combattuto quindi vive con disagio. Muore nel 1679. Viene seppellito con
l’epitaffio “questo era un vero filosofo”.

La sua filosofia
Come Spinoza è un monista: la sostanza è una, contro il dualismo cartesiano. Spinoza però è un
razionalista, quando parla della sostanza dice che ha una componente che è la mente, il pensiero.
Invece Hobbes è un materialista. Influenzato da cartesio è uno scettico come lui: nella sua riflessione
parte dal dubbio. I sensi ci ingannano, riprende la prima ondata del dubbio cartesiano. Quando
cartesio arriva all’unica certezza che non è dubitabile (autocoscienza), Hobbes dice che non è vero 
per lui l’ipotesi del sogno e dell’unica certezza non è il modo per uscire dal dubbio, per lui
l’autocoscienza è che anche se io sbaglio a dire qualcosa, comunque ci deve essere qualcosa fuori,
perché io ho delle reazioni. Fuori ci sono sicuramente delle cose: cose che si muovono perché
percepisco sensazioni, ci sono quindi dei corpi. Per lui l’unica cosa che consente di superare il
dubbio è che all’esterno ci sono dei corpi, della materia che si muove.

….

Spazio e tempo
Mentre cartesio diceva che corpo e spazio coincidono, non c’è niente di vuoto nella realtà e dove c’è
corpo c’è spazio  due concetti che coincidono, non ha senso dire luogo senza considerare la
materia che vi si trova e viceversa.

Per Hobbes lo spazio non è un’entità reale, ma un fantasma di un concetto mentale, è solo
immaginario.  immagine di un corpo che viene considerato nella sua esteriorità rispetto a noi. C’è
solo materia. È una mia immagine di un copro considerato nella sua esteriorità, nel rapporto rispetto
a me.

Il tempo è un fantasma di moto secondo il prima e il poi rispetto a me. Abbiamo un’esperienza di
oggetti un movimento in una successione di ….

Il tempo non è un assoluto.


24 – 03
p. 281
Hobbes importante filosofo della politica

Concezione etica
Hobbes è relativista  come lui è sensista e materialista nell’ambito della conoscenza, lo è anche
nell’etica. Quello che noi chiamiamo bene è semplicemente piacere  tutto viene relativizzato ad
una sorta di piacere o dispiacere
 come noi percepiamo i colori a seconda delle noi inclinazioni, così anche il piacere e il dispiacere
sono non sono cose oggettive. Piacevole e spiacevoli comprendono soggettività
 ognuno ha propri piaceri e dispiaceri in base ai quali compie delle scelte

La sua filosofia è destabilizzante anche dal punto di vista morale  ha sempre vissuto protetto da
uomini importanti, sempre stato segretario op ambasciatore di lord inglesi da eventuali ritorsioni.
Alcuni studenti venivano espulsi dalle università a causa della sua filosofia.

Etica relativista che riduce il bene e il male al piacevole e spiacevole.

Dal punto di vista politico


Hobbes dedica più di un saggio alle questioni politiche.
Gli elementi di filosofia  saggio composto da tre parti: decive, decorpore, de homine.

Scrive il Leviatano  prende nome da mostro biblico di antico testamento: essere mostruoso, che
per Hobbes è simbolo dello stato. Lui arriva a considerare lo stato come un mostro
Diceva di sé stesso che era nato gemello della paura (nato poco prima dello scoppio della rivoluzione
inglese, quando spagnoli cercarono di invadere Inghilterra con la flotta). È un intellettuale nel
momento in cui scoppia conflitto civile. Va in Francia, ma in quel periodo la Francia uscita dalle
guerre di religione (guerra dei tre enrichi, re di Francia con capo partito ugonotto e capo dei cattolici
uno contro altro). Poi era andato al potere Enrico IV Borbone, rinuncia a calvinismo per prendere
potere. Fu un grande sovrano, ma nel 1610 un fanato cattolico lo ha assassinato  questo era il clima
francese, molto pesante e teso.

 Hobbes idea della politica come un regno delle passioni: regno del caos, dominata da irrazionalità
e passioni, tutto provvisorio, tutto instabili
 Hobbes “homo homini lupus”: gli uomini sono cattivi, è antiaristotelico (uomo è animale
razionale) Hobbes dice che uomo è un lupo per gli altri uomini, è irrazionale. “uomo potrebbe fare
grasso per le sue scarpe di un altro uomo questo fosse necessario”????

 non ha simpatia per i simili, mentre egli animali hanno tendenza a fare gruppo naturale
 uomo è individualista, dominato da passioni asociali: non è la sensualità il peggio, non è il
tradimento  ma uomo è egoista, ambizioso, tendenzialmente avido (cerca tutto quello che può per
sé)  se uomo è antropologicamente così, non è portato a creare società
 sono nate le città perché a differenza di altri animali uomo ha ragione  è una ragione calcolante.
Conviene vivere in condizione di paura e insicurezza continua, con latri uomini nemici o convien
creare stato leggi governo che garantiscano pace?
 dall’insicurezza dello stato di natura umano, attraverso un contratto si passa allo stato
 è un accordo calcolato, vengono create regole: dato che è difficile accordarsi  si individua
qualcuno che rappresenti il potere in modo assoluto, non perché abbia diritto maggiore, ma perché il
potere gli viene affidato, non viene da dio. Serve tranquillità, se il governo è democratico non si
trova accordo  serve un sovrano, che gestisca leggi ed esercito: Hobbes vuole la PACE, così può
dedicarsi a filosofia e studi. Ha bisogno di condizione di sicurezza  no anarchia

 Hobbes è come Macchiavelli un pessimista


È l’ultimo assolutista, mentre Europa parlava di repubblica e costituzioni.

 ha componente di ipocrisia
LOCKE
Vita e opere
Locke visse la sua giovinezza in un periodo turbolento della storia inglese, segnato dalla prima
rivoluzione. Nasce a Wrington e studia lingue classiche e filosofia ad Oxford, al Christ Church
college. Rimane abbastanza deluso dagli studi in questo college, dove la filosofia è ancora quella
tradizionale di Aristotele. Si interessa anche agli studi di fisica e scienze naturali e soprattutto
medicina, anche se non si laurea. Locke si occupò anche di questioni economiche e politiche, e
intraprese un ruolo attivo nella vita pubblica quando diventò segretario di Lord Ashley. Questo lord
ebbe delle difficoltà con il nuovo regime: venne imprigionato nella torre di Londra e anche Locke
cadde in disgrazia insieme al suo mecenate. Quindi si recò in esilio volontario in Olanda (1683),
considerato un ambiente più libero. E in questo periodo scrisse alcune delle sue opere più importanti:
nel 1690 scrisse il Saggio sull’intelletto umano (dove si occupa di conoscenza umana e definisce la
teoria dell’empirismo). Successivamente si spostò in Francia, perché cercava un clima più adatto al
suo problema di respirazione e di asma. Nel 1690 pubblica anche i Due trattati sul governo, che
aveva maturato negli anni precedenti in esilio. Nel 1689 tornò in Inghilterra, e prese parte attiva alla
spedizione di Guglielmo d’Orange per la sua ascesa. Come Hobbes visse negli gli anni 40’ (i primi
anni della guerra civile), Locke attraversò la seconda fase negli anni 70’. Infatti, il Bill of Rigths
(costituzione) rispecchia molti aspetti delle opere politiche di Locke. Egli acquisì una grandissima
autorità in Inghilterra, poiché venne visto come il rappresentante e il difensore filosofico del nuovo
regime liberale. Nel 1691 accettò l’ospitalità di sir Masham, e trascorse l’ultima parte della sua vita
insieme a Lady Masham.
Nel 1693 scrive Pensieri sull’educazione (opera pedagogica) e nel 1695 fu pubblicato
Ragionevolezza del cristianesimo, che affrontava un’idea già spiegata nell’epistola sulla tolleranza
(opera in latino del 1689). Locke, sia dal punto di vista della teoria della conoscenza e soprattutto
politico è molto ottimista. La parola chiave della sua dottrina è libertà, che viene declinata in tutti i
suoi aspetti (diritti civili, tolleranza e ragionevolezza). Nonostante abbia vissuto una fase della guerra
civile inglese molto complicata, il suo pensiero è molto moderno, e sarà molto presente nel pensiero
politico successivo.
SAGGIO SULL’INTELLETTO UMANO
Rifiuto innatismo; empirismo; qualità primarie e secondarie
Il Saggio sull’intelletto umano (conoscenza), si apre con una confutazione dell’innatismo.
Locke sostiene che non si possa nascere con idee innate, e nemmeno con caratteristiche che
consentono di sviluppare determinate capacità in modo innato. Quindi non esistono idee che siano
puramente accertate. Anche i tre principi della logica aristotelica (principio di identità, di non
contraddizione e del terzo escluso), che dovrebbero essere condivisi da tutti gli uomini, non
appartengono ad esempio ai bambini e agli ignoranti. Per cui mentre Hobbes sostiene che ogni
individuo sia dotato di ragione, Locke afferma che per avere una ragione funzionante sia necessario
esercitarla, o compiere comunque un processo educativo. Per questo anche i principi più semplici
vengono meno se la ragione non è formata. In sostanza Locke è un grande sostenitore
dell’empirismo, secondo il quale tutte le conoscenze umane derivano dalle esperienze (ripresa
dell’aristotelismo e abbandono del cartesianesimo). Anche Locke distingue le qualità:
• Qualità primarie: solidità (il fatto che un corpo occupi uno spazio), estensione, movimento o
quiete, numero e figura. Sono qualità che si trovano effettivamente nei corpi che fuori si
muovono, sono qualità oggettive.
• Qualità secondarie: prodotte dalla reazione soggettiva alla stimolazione che abbiamo da vari
oggetti. Ad esempio rosso, caldo, amaro, dolce sono reazioni alla realtà esterna, se immergiamo
la mano nell’acqua, ci può sembrare fredda o calda a seconda di come è la nostra mano.
Idee semplici
Dal momento che l’uomo considera la realtà suddivisa in realtà esterna (le cose naturali) e realtà
interna (lo spirito), le idee si distingueranno in:
• Idee di sensazione (dell’esperienza esterna): derivano dal fatto che veniamo colpiti da corpuscoli,
onde e movimenti che attraverso gli organi di senso formano sensazioni.
• Idee di riflessione (dell’esperienza interna): consistono nella percezione, ovvero presa di
coscienza della sensazione. Mentre la prima impressione è una sensazione vaga e indistinta, con la
percezione si ha la consapevolezza (ad esempio vedo un’ombra e riconosco che c’è un
determinato oggetto). La memoria e il volere sono idee di riflessone, così come tutte quelle
operazioni che compie la nostra mente.
In conclusione, per Locke le idee semplici sono quelle idee, non scomponibili in idee più elementari,
che fungono da materiale di base di tutta la conoscenza. E la passività dell’uomo risiede proprio nel
ricevere queste idee.
Idee complesse
L’attività della mente umana si manifesta nel momento in cui lo spirito e l’intelletto associano e
organizzano in vario modo le idee semplici, formando le idee complesse e le idee generali. Le idee
complesse sono suddivise in tre categorie:
• Idee di modi: possono essere idee di modi semplici e di modi misti.
o I modi semplici consistono nella variazione o combinazione di una stessa idea semplice iterata
più volte (spazio, tempo, numero, infinito). Ad esempio, lo spazio non è reale e non può esistere,
se non come idea. Ma piuttosto è la ripetizione di un’unità presa arbitrariamente, poiché non è
possibile individuare una parte di spazio che non sia divisibile ulteriormente.
o I modi misti, come l’etica, la politica e la religione, sono la combinazione di idee semplici di
vario tipo. Quando aveva iniziato il Saggio sull’intelletto umano, Locke aveva scritto un’epistola
al lettore, in cui diceva di occuparsi di conoscenza perché si era reso conto della mancanza di
accordo sulle parole e sui concetti. Locke capì che la guerra nasceva a causa delle concezioni
diverse riguardo alla religione, all’organizzazione della società e alla giustizia. Mentre per
Aristotele i modi sono caratteristiche non necessarie e accidentali, Locke colloca etica, religione
e politica all’interno dei modi, per sottolineare che sono aspetti relativi. E quindi tutta la società
si basa sul mettersi d’accordo e chiarire le proprie idee: quindi è necessario trovare definizioni
omogenee per non arrivare alla guerra.
• Idee di sostanza: Locke critica l’idea di sostanza di Aristotele, che sosteneva che si potesse
intendere come essenza necessaria, tutto ciò che definisce un ente, senza il quale esso non sarebbe
tale. Sosteneva che si potesse definire anche come sostrato, ovvero la struttura necessaria di un
ente. Fino a Locke si era sempre pensato che il mondo consistesse in sostanze esistenti, che
venivano definite in base alla logica, e che tutti i corpuscoli che costituivano gli uomini fossero
diversi da quelli che invece componevano un raggio di luce. Locke, contrapponendosi alla
concezione di sostanza di Aristotele, non sostiene che non esistano le sostanze, ma, con una
visione più pessimistica, afferma che a noi uomini non è dato conoscere la ragione ultima per cui
una cosa può essere definita sostanza e un’altra no, perché la nostra mente non è in grado di
concepire la struttura degli enti. L’uomo possiede quindi una visione macroscopica della realtà,
dove tutto quello che possiamo conoscere dell’idea di sostanza, è che il mondo è organizzato in
sostanze, e che filosoficamente siamo consapevoli solo della coesistenza costante di determinate
caratteristiche. Infatti, quando cogliamo un ente, percepiamo e vediamo una convivenza costante
delle determinate caratteristiche che fanno si che quell’ente sia tale, però non siamo sicuri di
capirne l’essenza necessaria. Quindi l’uomo suppone, anche se non ha completa conoscenza, che
quelle qualità scoperte esistenti compongano la realtà; ragiona quindi in termini di sostanze, non
essendo sicuro però che la realtà sia veramente composta da esse.
• Idee di relazione: sono le idee di causa ed effetto. Ad esempio, la cera si scioglie perché c’è una
fonte di calore. Si tratta di una relazione oggettiva, di cui però non sappiamo se abbiamo
compreso fino in fondo la causa ultima. Idea di identità: il soggetto è la coscienza di essere
sempre identico a sé stesso nelle sue varie percezioni, è un soggetto percipiente, che non coglie
solo l’oggetto ma ha una vera e propria coscienza di sé e di quello che percepisce. Esiste quindi
una relazione costante con ciò che sta fuori di noi
DUE TRATTATI SUL GOVERNO
Stato di natura; diritti naturali; diritto di proprietà
Locke è un grande sostenitore del carattere razionale e dimostrativo dell’etica. Per cui afferma che
prima di proporre una qualsiasi regola morale sia necessario fornire una ragione che sia utile per la
conservazione della società e per la felicità pubblica. Infatti, in ambito politico Locke si afferma
come contrattualista. È anche considerato il padre del liberalismo, dal quale derivano un
ampliamento ed un’estensione dei diritti umani. Infatti, all’interno dei Due trattati sul governo,
Locke individua alcuni diritti oggettivi (vita, parola, opinione), ma chiede che vengano garantiti
anche alcuni diritti considerati soggettivi. Il centro della teoria di Locke si sposta quindi dallo stato e
dalla società, rivolgendosi all’uomo inteso come individuo protagonista della propria storia. Di fatto
Locke sostiene che il diritto di un uomo arrivi fino a dove non si va a ledere la libertà di un altro. In
questo senso anche Locke crede in uno stato di natura. Ma mentre per Hobbes si tratta di
un’uguaglianza di forza tra gli uomini, per Locke lo stato di natura è un’uguaglianza di diritti, in cui
tutti hanno lo stesso identico diritto di disporre di sé stessi e dei propri beni. Nello stato di natura
ogni uomo è quindi perfettamente libero e non sottoposto ad alcun potere, come se godesse di un
diritto naturale pre-politico alla vita, alla libertà e alla proprietà. Nonostante questo, esiste una legge
di natura che regola la libertà umana, che Locke considera come legge della ragione, la quale rivela a
tutti gli uomini, in quanto ugualmente dotati di intelletto, alcuni limiti invalicabili. Per Locke infatti
non si può violare la propria vita, né la vita e i beni altrui. In questo modo può essere garantita tra gli
uomini una condizione di convivenza pacifica, dove il diritto naturale è limitato alla propria persona,
e dove ogni uomo è giudice ed esecutore della legge di natura, ed è quindi in grado di applicare la
giustizia naturale rivelata dalla ragione.
Il diritto di proprietà secondo Locke fa parte della persona: è anticomunista e avverso al
socialismo.
Locke intende giustificare questo diritto, sostenendo che togliere la casa a qualcuno non significa
semplicemente sottrargli un oggetto, ma vuole dire privarlo di una parte di vita, di una
manifestazione del suo modo di essere. La proprietà non può essere una proprietà “ad limitum”, ma
deve arrivare fin dove arriva la forza del proprio lavoro. Ad esempio, la proprietà ereditata senza
aver mai lavorato non giustificata secondo Locke. Locke crede in uno stato di natura diverso da
quello di Hobbes, in cui gli uomini sono ragionevoli e socievoli, e quindi non vivono in uno stato di
guerra. Locke riconosce che la proprietà è diventata molto ampia quando è cominciato ad essere
usato il denaro, che si può accumulare all’infinito. Proprio per questo è stato necessario passare allo
stato e creare delle leggi, in modo da evitare conflitti. Il passaggio all’economia più complessa,
basata sulla moneta comporta il passaggio dallo stato di natura a quello stato politico, perché
diversamente si sarebbero creare squilibri. Locke apprezza il capitalismo, dice che: l’operaio di una
città del 1600 vive meglio del capotribù di una tribù della foresta amazzonica. Avanzamento
dell’economia e della società consente a tutti più comodità.
Patto di unione e società civile; patto di soggezione e nascita dello stato; divisione dei poteri;
divisione dei poteri e possibilità di tirannicidio
Lo stato di natura può diventare uno stato di guerra quando un individuo ricorre alla forza per
esercitare controllo sulla libertà e sulla vita degli altri. Per evitare la possibilità del tirannicidio, gli
uomini si riuniscono e stipulano un patto sociale (pactum unionis). La costituzione di un potere civile
però non priva gli individui dei propri diritti naturali, piuttosto li affida ad uno Stato comune.
Formando uno Stato quindi, gli uomini rinunciano solo al diritto di farsi giustizia da sé, ma soltanto
per difendere e garantire al meglio tutti gli altri diritti. In questo senso, diversamente da Hobbes,
contratto sociale da cui nasce lo Stato non è fra i sudditi tra loro bensì tra i cittadini e il sovrano (il re
o un'assemblea quale il Parlamento), che perciò non è più al di sopra della legge e delle regole del
patto ma è tenuto anch'egli a rispettarle. Il sovrano rimane sottoposto al giudizio dei cittadini, i quali
hanno il diritto di ribellarsi se egli non rispetta i loro diritti naturali. Lo Stato di Locke, dunque, non è
più uno Stato assoluto: egli è infatti il teorico dello Stato costituzionale e del liberalismo politico. I
limiti del potere dello Stato sono stabiliti dalla costituzione e dal principio della divisione dei poteri
tra: potere legislativo (Parlamento), potere esecutivo (re e governo) e potere federativo o giudiziario
(affidato al re o ai magistrati quali suoi rappresentanti).
HUME
Vita e opere
Nasce nel 1711 a Edimburgo da una famiglia della piccola nobiltà terriera. Era stato indirizzato agli
studi giuridici, ma amava gli studi classici, quindi si dedicò agli studi umanistici e filosofici. Per un
certo periodo di tempo fece il mercante di zucchero e nel 1739 scrisse la sua opera giovanile più
famosa: Trattato sulla natura umana. Esercitò attività di carattere diplomatico: fu ambasciatore
inglese a Parigi, che in quel periodo era capitale culturale d’Europa e il cuore dell’illuminismo.
Hume frequentò dei circoli illuministici e l’ambiente dell’Enciclopedie. Conobbe Diderot,
d’Alambert e Rousseau (con il quale avrà un’amicizia con esito negativo). Rousseau fu ospite di
Hume in Inghilterra, ma ci fu uno scontro molto dure, che terminò in tribunale.
Nel 1767 Hume fu sottosegretario degli affari del nord. Trascorse gli ultimi anni della sua vita da
benestante e morì nel 1776. Altre opere:
o Saggi su intelletto umano (1748)
o Ricerca sui principi della morale (1751)
o Dialoghi sulla religione naturale (1779, pubblicati postumi per le idee).
o Storia d’Inghilterra (1752), che gli diede grande lustro, garantendogli stabilità economica
CONOSCENZA
Impressioni e idee; immaginazione e dolce forza
Hume è un empirista e sostiene che la conoscenza umana derivi sempre dalle percezioni (i contenuti
della mente) che possono essere:
o Impressioni: percezioni che penetrano con maggiore forza ed evidenza nella nostra mente
(riguarda sfera dei sensi, passioni, emozioni). Sono più vivaci e paradossalmente sono più
chiare
o Idee (riguarda sfera del pensiero, memoria, immaginazione). Sono le immagini indebolite delle
impressioni. Ogni idea ha un’impressione corrispondente.
Impressioni:
o Semplici: sono quelle che non abbiamo, non percepiamo il nero ma il pennarello colorato di
nero.
o Complesse: le uniche che possiamo percepire (non percepiamo il libro distinto in forma e
colore, ma percepiamo il libro nella sua complessità). Sono un insieme di impressioni semplici
Idee:
o Semplici: derivano dalle impressioni semplici corrispondenti (possiamo pensare al rosso)
o Complesse: possiamo pensare a oggetti colorati di rosso
Le impressioni si trasformano in idee nella mente, e non è possibile pensare un’idea senza avere
un’impressione corrispondente. Le impressioni si presentano sempre prima delle idee: è il 1°
principio della teoria della conoscenza di Hume, e comporta smantellare una serie di illusioni che
abbiamo sulle nostre idee.
Principio di associazione
Oltre alla memoria, nel nostro cervello, abbiamo l’immaginazione (parola chiave). Gli uomini
possiedono libertà di immaginazione: le idee derivano dalle impressioni ma possiamo mescolarle a
nostro piacimento. La memoria ci consente di avere dei concetti che applichiamo secondo
determinate regole, quindi la facoltà dell’immaginazione permette di avere un mondo parallelo
rispetto alla realtà (arriva a negare l’esistenza dei concetti generali).
L’immaginazione è una dolce forza (forza per cui associamo le idee per lo più in determinati modi).
Se associassimo le idee in modo completamente libero, non si riuscirebbe a comunicare.
Hume sostiene che esistano alcune regole in base alle quali normalmente associamo le idee:
o Rassomiglianza
o Contiguità nel tempo e nello spazio: organizziamo le cose in base a criteri temporali e spaziali
o Rapporti di causa effetto (Hume è famoso per la critica all’idea di causa effetto): è
fondamentale per la vita e per la scienza (qualsiasi legge chimica o fisica è basata su questo
rapporto).
Quindi questa dolce forza che è l’immaginazione ci permette di associare le idee liberamente e
sviluppare capacità come quelle dell’artista, dello scrittore e personalità originali e bizzarre. Ma gli
uomini hanno la tendenza a ripetere alcune associazioni. Hume sostiene che nell’uomo prevalga un
comportamento abitudinario, piuttosto che i ragionamenti razionali.
Critica al principio di causa effetto
Caratteristiche del rapporto causa effetto:
o La causa viene sempre prima rispetto all’effetto, sennò non si può definire causa. C’è sempre
questo ordine.
o La causa deve essere vicina al suo effetto (devono essere uno subito dopo l’altro).
Hume critica la necessità: gli uomini sono abituati ad inserire un nesso di necessità tra due cose che
avvengono una dopo l’altra con contiguità spazio-temporale. Ma lui afferma che corrodere questo
principio significa relativizzare gran parte della scienza. Se questo principio non è certo e non è del
tutto razionale, si vanno ad indebolire le fondamenta della fisica e della scienza stessa, che è sempre
stata considerata certa e inattaccabile. Quindi non accetta il legame di necessità che c’è tra causa
effetto, quindi dice che “l’esperienza non fonda necessità, al massimo probabilità” (matematica
fonda necessità). Hume afferma “che domani il sole sorga è probabile, non necessario”.
Causa effetto è l’idea su cui costruiamo tutta la scienza, ma sono tutte scienze probabili e non
necessarie. Esistono due tipi di scienze:
o relazioni di idee: matematica, algebra, geometria, sono necessarie ma non hanno a che fare con
l’esperienza, possiamo stabilire nessi di necessità tra le idee. Sono fondate sul principio di non-
contraddizione.
o su dati di fatto: la fisica, la biologia, sono tutte probabili non necessarie. Non c’è
contraddizione con la teoria della conoscenza che si basa sull’esperienza, si ha certezza
dell’esperienza che è già accaduta ma solo nel presente.
Critica: credenza nel mondo esterno, idea dell’io, idee astratte, esistenza del tempo e dello spazio
Hume prosegue con una critica ad un serie di idee, che sostiene derivino dalle impressioni, anche se
fino a quel momento erano state giustificate.
o Critica della credenza nel mondo esterno. Il 90% delle azioni dell’uomo non segue
ragionamenti razionali, ma è basato sulla credenza che le cose siano esattamente come sono state
fino a questo momento. In realtà non si può avere avere garanzia di questo, non c’è certezza del
perdurare delle cose esterne così come sono state fino ad un determinato momento (si tratta solo
di un’abitudine).
o Critica dell’idea dell’io. Con Hume l’io è un teatro in cui continuamente passano determinate
impressioni (conoscitiva, sensazioni, emozioni). Ma in realtà non è presente nemmeno un teatro,
bensì solo personaggi e situazioni temporanee che tra un certo periodo di tempo non avranno
lasciato nessuna traccia, e di quelle sensazioni rimarranno saranno i picchi di dolore e di gioia.
o Critica le idee astratte o generali: Hume nega l’esistenza delle idee generali e dei concetti, che
per lui invece sono idee particolari (ad esempio non è possibile pensare ad un triangolo generale,
ma si avrà sempre in mente un particolare tipo di triangolo)
o Critica l’esistenza del tempo e dello spazio: per Hume sono soltanto idee complesse, cioè
associazioni fra due o più idee. Quindi lo spazio e il tempo non esistono nella realtà, ma sono
semplicemente impressioni dell’uomo, modi di pensare e di vedere, frutto della propria
immaginazione.

ROUSSEAU
Vita e opere
Nasce a Ginevra nel 1712 e conduce una vita particolare. Orfano di madre dalla nascita, proviene da
una famiglia modesta. Il padre era un orologiaio, ma era un uomo colto che gli trasmise la passione
per letteratura e libri. Il padre ebbe un problema personale per il quale finì in carcere, e Rousseau
venne affidato allo zio che lo fece educare da un religioso (il pastore Lambercier). In questo periodo
era calvinista, Rousseau non ebbe una formazione regolare, non frequentò università, ma fu
autodidatta. A 16 anni scappò da Ginevra, iniziando una vita di peregrinazioni, dove spesso venne
ospitato da nobili mecenati ma soprattutto da signore. Ebbe più di una relazione con nobildonne.
Madame de Warens lo accolse in savoia e inizialmente svolse come un ruolo di madre. Ma nacque
una relazione e lei diventerà un personaggio molto importante. Madame de Warens gli consentì di
trascorrere alcuni in tranquillità, senza doversi preoccupare delle questioni economiche, offrendogli
la possibilità di leggere e di studiare. Come madame de Warens, Rousseau si convertì al
cattolicesimo, ma a causa del suo animo inquieto la abbandonò e riprese un periodo di
vagabondaggio tra diverse città.
Si recò a Lione, Venezia e Parigi, dove frequentò l’ambiente illuminista ma lo detestò, in particolare
non apprezzò i salotti filosofici e letterari, perché li trovò presuntuosi, non adatti alla sua indole. Qui
a Parigi incontrò anche Therese, una lavandaia con cui ebbe una relazione da cui avrà 5 figli, che per
scelta affidò ad un orfanotrofio.
Nel 1749 Rousseau stava andando a visitare Diderot in prigione e mentre si trovava sul treno, lesse
da un giornale di un concorso letterario che poneva il quesito “le arti e le scienze migliorano la vita
dell’uomo”. Rousseau si era dedicato ad opere teatrali fino a quel momento, ma in seguito a questo
concorso nacque una sua vocazione filosofica. Rousseau si trovava nel pieno dell’illuminismo, per
cui la società avrebbe risposto si a quel quesito, mentre lui aveva un’opinione contraria.
Per cui partecipa scrivendo il Discorso sulle scienze e le arti, con il quale vinse il concorso.
Quest’opera delineò alcuni caratteri della filosofia di Rousseau: ad esempio le sue idee
antiprogressiste, che andavano contro la scienza e tutto l’illuminismo.
Lui sosteneva che il progresso portasse ad un allontanamento di valori più veri e dalle caratteristiche
migliori dell’uomo. Di fatto Rousseau fu uno dei precursori delle idee rivoluzionare, e morì appena
prima della rivoluzione nel 1778. Rousseau fu illuminista solo in parte, litigò costantemente con
personaggi come Voltaire. Nel 1755 scrisse un secondo discorso in cui precisava meglio le sue idee:
Discorso sull’origine della disuguaglianza, dove si interroga sul perché l’uomo sia nato libero ma
viva costantemente sotto delle catene. Quest’opera suscitò interesse e polemiche. Successivamente si
verificò una rottura tra Rousseau e gli illuministi: fu scritto un articolo molto critico nei confronti
della città di Ginevra, che andava contro il regime teocratico calvinista. Per difendere la sua città,
Rousseau scrisse una lettera sugli spettacoli, dove affermava che la ragione fosse come un teatro, i
cui attori spesso sono deleteri.
Le sue opere più importanti. Intorno al 1762 si apre un periodo di notevole fecondità intellettuale e
nascono i suoi capolavori: l’Emilio (opera pedagogica), la Nuova Eloisa, Il Contratto sociale (opera
politica). I suoi scritti suscitarono aspre reazioni: vennero censurati e messi al bando dai ginevrini. Di
fronte a questo Rousseau provò un grande sdegno e rinunciò alla cittadinanza ginevrina. Venne
accolto da Hume, ma tra i due nacque un conflitto che sfociò in un processo, al termine del quale
Rousseau fu costretto ad abbandonare anche l’Inghilterra (1767). Nel 1770 Rousseau scrisse le
Confessioni, un romanzo autobiografico nel quale si mostra consapevole dei propri difetti e
rivendica la propria umanità che è caratterizzata da luce ed ombre.
Discorso sulle scienze e sulle arti: antilluminismo
Rousseau prende una posizione antilluministica: inizia la filosofia della decadenza, secondo cui ciò
che sembra progresso in realtà non lo è. Molte disuguaglianze e aspetti negativi derivano da queste
arti e scienze che sono state solo uno strumento per aumentare la corruzione.
Nasce l’idea della natura contro la cultura:
- Cultura: ha a che fare con vanità
- Natura: bella e positiva
Rousseau, spinto anche dalla sua educazione calvinista che lo porta a disprezzare il lusso, critica la
cultura raffinata dei salotti parigini, espressione di una società ipocrita, fondata sull’apparire e non
sull’essere.
Discorso sull’origine della disuguaglianza
Delinea più precisamente il campo della filosofia della decadenza. Si rifà alle opere di alcuni
naturalisti di quel periodo come Buffon: è un antropologo biologo che parla delle varie specie
dell’evoluzione. Rousseau racconta la storia dell’uomo e descrive lo stato di natura in maniera più
precisa e concreta rispetto ad Hobbes: fa dei riferimenti storici e alle caratteristiche dell’uomo
primitivo. L’uomo nello stato di natura è buono, ignorante e non razionale, come un bestione simile
ai primati. Nei rapporti è caratterizzato da due principali sentimenti: amore di sé (istinto di
autoconservazione) e compassione (istintiva ripugnanza nel veder soffrire gli altri uomini).
La differenza tra l’uomo e i primati è la perfettibilità. Mentre gli animali si fermano allo stadio
evolutivo a cui sono arrivati, l’uomo è molto perfettibile. L’uomo parte dall’esperienza e impara da
essa, sviluppando un linguaggio e la ragione. A questo punto si passa da stato di natura a società
naturale. Questa è la società degli inizi, che Rousseau descrive ispirandosi ai selvaggi dell’America
(apprezza molto la storia di Robinson Crusoe, che naufrago su un’isola fu in grado di costruirsi da
solo delle condizioni di sopravvivenza).
Rousseau descrive anche un secondo stadio: le donne cominciano a farsi dei vestiti, con cui ballano
la sera davanti alla capanna per farsi vedere. Nasce la vanità e quindi si passa dall’amore di sé
all’amor proprio, che è un sentimento diverso: è la volontà di farsi vedere e il desiderio di essere
migliori degli altri. Secondo Rousseau la società naturale è bellissima ed è la migliore, lo stato
naturale (la fase del “buon selvaggio”) è il paradiso dell’umanità.
La situazione cambia con l’avvento della metallurgia e dell’agricoltura. Quando l’uomo inizia a
recintare campi e ad accaparrare sempre più proprietà privata nasce lo stato iniquo, che è lo stato
che giustifica questa situazione (nessuno può ledere il diritto degli altri alla proprietà privata). Esso si
basa sul patto iniquo: «Il primo che, recintato un terreno, ebbe l’idea di dire: questo è mio, e trovò
persone così ingenue da credergli, fu il fondatore della società civile».

Il Contratto sociale
Per uscire dallo stato iniquo è necessario il contratto sociale. È necessario un cambiamento radicale
(metabolè, rivoluzione). Rousseau, non occupandosi principalmente di politica, non è molto preciso
nel definire questo nuovo stato, ma sostiene che lo stato migliore sia quello democratico. Parla di
democrazia diretta, che non è rappresentativa, quindi è l’individuo a votare in prima persona. È una
democrazia adatta a città o stati di dimensioni ridotte (probabilmente Rousseau faceva riferimento a
Ginevra), dove la popolazione era rivolta direttamente a gestire la società.
Ciò deve essere alla guido dello stato è la volontà generale: non è la somma delle singole volontà
individuali, ma piuttosto è una sottrazione di tutti i benefici e interessi personali, in favore di una
scelta per il bene comune. La volontà è sempre presente e potrebbe essere muta: è compito di un
buon politico avere la capacità di farla emergere.
Le considerazioni di Rousseau hanno dei tratti utopistici, poiché si tratta in realtà di concetti più
filosofici che politici. Venne accusato di sfociare in una forma di totalitarismo e di aver giustificato
le violenze compiute dai giacobini. Ma è la prima volta che qualcuno ha il coraggio di affermare che
il potere appartiene al popolo e che è proprio esso che deve esercitarlo, nel modo più diretto e
partecipato possibile.
La filosofia di Rousseau ha degli aspetti molto moderni, perché attraversa l’inizio della società
industriale ma non la apprezza: prova nostalgia di qualcosa che si sta per perdere definitivamente. In
questo senso fu un uomo estremamente spregiudicato
nelle confessioni

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