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Wittgenstein

Vita e scritti

Ludwig Wittgenstein nasce a Vienna nel 1889 da una facoltosa famiglia di magnati della
metallurgia pesante. Il padre lo indirizza verso il proprio settore sin da piccolo impartendogli
nozioni tecniche. Wittgenstein studierà al politecnico di Berlino e nel 1908 a Manchester per
specializzarsi in aeronautica. Tuttavia si accorge di essere più interessato alla matematica pura e ai
suoi fondamenti. Viene spinto da Frege a studiare di matematica a Cambridge, lì, tra il 1912-13
presso il Trinity College incontra Russell col quale avrà una feconda relazione intellettuale. Nel
1913 Russell si trasferisce in Norvegia dove avrà difficili rapporti sociali, impedito anche dal
proprio rapporto con la sua omosessualità. Allo scoppio della guerra Wittgenstein si arruola e viene
catturato dagli italiani e imprigionato a Cassino. Reperirà l’opera di Russell dove troverà citazioni a
se. Nella corrispondenza con Russell parla del Tractatus logico-philosophicus che pubblicherà nel
1921. Tra il 1920 e il 1926 Wittgenstein insegna come maestro elementare in Austria, lavora come
giardiniere e collabora alla costruzione di una casa. Nel 1926 presenta a Cambridge il Tractatus
come tesi di dottorato e nel 1939 diventerà lì docente. Nel 1938 con l’annessione dell’Austria
chiede la cittadinanza inglese, che ottiene. Persevera nello sviluppare le sue riflessioni che
consistono nel seguente metodo: annotazioni disorganiche su fogli, ritaglio dei vari brani,
disposizione dei foglietti secondo un proprio ordine logico. Fa da assistente in un ospedale a
Newcastle durante la seconda guerra mondiale.
Nel 1947 abbandona la cattedra e vive per due anni in Irlanda in solitudine. Scrive le Ricerche
filosofiche e torna nel 1949 in inghilterra dove malato di cancro alla prostata morirà nel 1951 con le
sue ultime parole “Dite loro che ho avuto una vita felice”
Tractatus e ricerche filosofiche sono le principali fonti di ispirazione del neopositivismo e della
filosofia analitica.

Fatti e linguaggio

La filosofia di Wittgenstein è una teoria del linguaggio composta da due termini: il mondo come
totalità di fatti e il linguaggio come totalità di proposizioni. Le proposizioni, ovvero parole,
segni, suoni, sono a loro volta fatti, ma differentemente dagli altri fatti, che sono muti, esse
significano qualcosa. Le proposizioni sono fatti che significano fatti. Il linguaggio è la
raffigurazione logica del mondo, non c’è una sfera del pensiero o della conoscenza che faccia da
mediazione tra il mondo e il linguaggio. Il pensiero si identifica col linguaggio e così come non è
esprimibile non è pensabile nulla che non sia un fatto del mondo. Il mondo è la totalità dei fatti
atomici (fatti indipendente che si aggregano in fatti complessi). Un fatto atomico si compone di
oggetti semplici, indecomponibili che costituiscono la sostanza del mondo. La forma degli oggetti,
ovvero l’insieme di modi determinati in cui si possono combinare nei fatti atomici è la struttura
del fatto atomico (come spazio, tempo e colore). Gli oggetti compongono i fatti atomici e, sotto
forma di nomi, le proposizioni atomiche o elementari. Esse sono gli elementi costitutivi del
linguaggio la proposizione è la raffigurazione formale o logica del fatto che rappresenta una
determinata configurazione possibile degli oggetti che costituiscono il fatto.
Ogni raffigurazione deve avere qualcosa in comune con la realtà raffigurata. La proposizione ha in
comune con il fatto atomico la forma degli oggetti, ovvero una determinata possibilità di
combinazione degli oggetti tra loro. La connessione che rende raffigurabili ed esprimibili i fatti nel
linguaggio, dall’altro rende valido e dotato di senso il linguaggio stesso, garantendogli l’accordo col
mondo. Una proposizione ha senso se esprime la realtà di un fatto, ovvero se i suoi costituenti
(segni e parole) sono combinati in una delle forme possibili di combinazione degli oggetti che
costituiscono il fatto. Il significato di una proposizione sarà il fatto che le corrisponde nella
realtà, se essa è vera.

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