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LEZIONE 1

Il nesso concettuale tra libertà/responsabilità e tra filosofia/letteratura in Sartre è molto


stretto.
Egli studia alla Scuola Normale di Parigi e poi insegna filosofia. Nel 1933 ottiene una borsa
di studio in Germania.
Sartre è anche scrittore e drammaturgo, non solo filosofo. La notorietà gli arriverà con la
pubblicazione del suo primo romanzo La Nausea; Sartre diviene il responsabile di una
rubrica della rivista di Nouvelle Revue française.
Nel ’43 viene pubblicato il suo primo testo filosofico, L’essere e il nulla (frutto di un lungo
percorso iniziato nel ’33) e viene scritta e rappresentata la sua prima opera teatrale, Le
Mosche.
La componente letteraria è così importante che nel ’62 a Sartre viene conferito il Premio
Nobel per la Letteratura, che rifiuterà per ragioni politiche.
L’intreccio tra letteratura e filosofia non è soltanto biografico, ma anche a livello concettuale.
Sartre afferma che “l’opera letteraria è un appello morale al lettore”. L’azione pratica può
essere paragonata alla creazione artistica; la letteratura è azione ma l’azione, allo stesso
tempo, è anche creazione.
Se si pensa a Sartre si pensa all’intellettuale impegnato per eccellenza.
La conferenza di Sartre, L’esistenzialismo è un umanismo” è un manifesto di tipo letterario in
cui cercherà di esporre in maniera chiara il suo pensiero.
L’Essere e il Nulla (esposto nel ’40 a Simone De Beauvoir e scritto tra il ’41 e il ’42) è ispirato
dalla lettura di Essere e tempo, lettura dopo l’esperienza berlinese e dopo gli anni della
guerra in cui Sartre scrive degli appunti che saranno pubblicati nei Quaderni della strana
guerra. Essere e tempo presenta una descrizione dell’esistenza dell’uomo alla quale Sartre
si ispira pur criticandola in alcuni punti fondamentali che danno a Sartre la possibilità di
affrontare in maniera differente da Heidegger la questione della prassi e della morale.
Cos’è la filosofia morale/etica? Indica quella riflessione filosofica che ha per oggetto l’ambito
della prassi umana, sia individualmente che collettivamente. In quest’ultima accezione la
filosofia morale è molto vicina alla giurisprudenza e la politica. Non c’è una sostanziale
differenza semantica tra le due denominazioni: Aristotele ha per primo codificato la
disciplina.
nell’Etica Nicomachea, dedicata al figlio Nicomaco. La filosofia non ha solo un compito
descrittivo, ma anche prescrittivo.
Sartre non scrive un’opera di filosofia morale in senso stretto, anche se nelle battute de
L’essere e il Nulla afferma che tutte le questioni trattate (esistenza, intersoggettività,
temporalità, malafede etc.) devono trovare una risposta sul terreno morale, e promette nella
conclusione del testo di affrontare queste questioni in un’altra opera.
Probabilmente Sartre continuò a lavorare a una sua morale, come è confermato in
un’intervista del ’74.
Desiderio e necessità di essere un filosofo morale; tentativo mancato di costruire una
morale. Muovendosi all’interno di questa tensione è passato come l’intellettuale politico e
morale per eccellenza.
Sartre tentò di scrivere un’etica almeno tre volte:
Nei Quaderni per una morale ’47-‘48 e Verità ed Esistenza (’48). Sartre prova a definire la
morale dell’ autenticità (invito al raggiungimento dell’autenticità da parte dell’uomo, basata
sull’ontologia de L’Essere e il Nulla) che si era rivelata una salvezza. Il fallimento della
morale sartriana si spiega con l’inesperienza della lotta di classe e mancata conoscenza
della dialettica. Smise di lavorare al progetto di morale che restava una morale degli scrittori,
che non tiene conto del contesto concreto dell’agire e alle tematiche ad esso connesse.
Sartre conserverà un ruolo centrale alla soggettività dell’esistenza, ma dedicherà attenzione
anche alla storia e alla dialettica.
Sartre si avvicinerà al marxismo e alla psicanalisi a partire dagli anni ’50. Sartre abbandona
il proposito di scrivere una morale dell’autenticità e cerca di mettere a punto un’etica
dialettica che trova la sua formulazione soprattutto in delle conferenze all’istituto Gramsci di
Roma. Si basa sull’azione comune degli uomini comuni e sulla possibilità di inventare il
nuovo in una sorta di riattivazione di elementi del passato.
Sartre –focalizzandosi sul problema della libertà- considera l’azione pratica come una sorta
di creazione artistica. Nel saggio Che cos’è la letteratura? Sartre considera l’opera letteraria
come un appello morale al lettore: c’è una stretta co-appartenenza tra morale/arte e
prassi/letteratura nel pensiero e nella vita stessa di Sartre.
Al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale cioè diciamo che l’azione politica ma
azione distruttiva siamo di critica e piuttosto che ricerca insomma di una nuova dimensione
morale sarà proprio su questo punto o che Sartre e diciamo criticherà l’avanguardia in
particolare il surrealismo. È importante relativamente a gli anni 20 che si cominciano in
questo modo a delineare quelli che saranno gli attori della vita politica del 900 il fascismo e il
bolscevismo e il 1921 per esempio in Italia la grande borghesia inizia guardare con simpatia
il nascente fascismo in seguito all’occupazione operaia delle fabbriche nel biennio rosso
nasce il PCI partito comunista italiano dalla scissione dell’ala sinistra del partito socialista
Italiano Bolscevichi da parte e dei marinai di Crohn Stat e la rivolta nel sangue nel 1924 in
Francia vince il fronte popolare qui diciamo appunto è un periodo di grandi contrapposizioni
che saranno caratteristiche insomma di tutto il 900 e poi della guerra mondiale e poi della
vita dopo insomma poste nel post seconda guerra mondiale nascono o si definiscono questa
contrapposizione tra fascismo che appunto troverà ampio spazio anche nella produzione
Per quanto riguarda il problema del rapporto con il marxismo c’è un rapporto molto
complesso che diciamo getta le sue radici in questo periodo e in questo contesto si evolverà.
Il posto di vittoria a Tokyo così come avrebbe desiderato ma una nomina al liceo di Le Havre
e Simone qualche mese dopo invece accetta l’incarico in un liceo di Marsiglia
1934/38 cruciali sono gli anni che porteranno Stark al successo ma anche gli anni in Europa
si prepara la seconda guerra mondiale per l’appunto dopo facciamo lo studio dopo il
superamento azione sacra. Inizia appunto questo periodo di insegnamento e di attesa di un
successo che sembra essere improbabile mentre l’amico Aaron aveva iniziato con successo
la carriera accademica e nizan si afferma come pubblicista e come uomo politico Sartre
riesce potremmo dire semplicemente ad ottenere una borsa di studio per un soggiorno a
Berlino tra il 1933 e il 1934 sono anni cruciali:assiste all’incendio del parlamento, del
reichstag e alla scesa di hitler.
Comunque dal punto di vista diciamo degli studi in questi anni che avviene l’incontro con la
fenomenologia di Husserl , un filosofo tedesco e appunto l’incontro con la fenomenologia
sarà centrale nella sua elaborazione della sua posizione filosofica.
il confronto delle intuizioni: Il confronto delle intuizioni precoci con il metodo Husserliano
osserviamo che sarà chiave del chiarimento al termine della sua formazione, nel suo
soggiorno berlinese.
Sartre Lavora in questi anni anche al romanzo filosofico la nausea che per l’appunto è una
rappresentazione fenomenologica del disorientamento e della perdita di senso dell’uomo
borghese contemporaneo. Nella nausea che vuol dire qua rappresentazione
fenomenologica? Appunto una descrizione in questo senso la fenomenologia dell’angoscia,
una descrizione del fenomeno e di come la nausea si presenta e si manifesta e si mostra da
sé; é un’autodimostrazione del fenomeno nausea, del disorientamento e della perdita di
senso dell’uomo borghese contemporaneo in cui l’esperienza delle avanguardie si intreccia
con l’acquisizione del metodo fenomenologico. Sarà la pubblicazione di questo testo nel ‘38
a rendere Sartre famoso.
Che cosa sta accadendo però in Europa?
Se gli anni venti sino anni folli, dell’entusiasmo e di ebbrezza che deriva dalla fine della
prima guerra mondiale, e si cominciano a delineare gli attori della scena politica: fascismo e
bolscevismo.
Gli anni ‘30, invece, sono quelli appena precedenti allo scoppio della seconda guerra
mondiale; Sartre supera l’esame per l’aggregacion (abilitazione) nel 1929, un anno cruciale:
anno del crollo della borsa a wall street e inizia un conseguente periodo di depressione e
scoppio della seconda guerra mondiale.
Prima dell’inizio di questa tragedia le università europee avevano provato a riallacciare i
rapporti e gli scambi anche se un senso di decadenza pervade il clima culturale.
Risale al ‘29 l’incontro di Davos: i protagonisti furono Heiddeger e Cassirer; é in quest’anno
che Heidegger entra sulla scena filosofica europea: quest’incontro segnò una svolta epocale
in filosofia. Vide contrapporsi da un lato Cassirer, figlio dell’illuminismo e difensore della
razionalità moderna e dall’altro Heiddeger, fondatore di una nuova ontologia e di una nuova
idea dell’uomo incentrata su temporalità, storicità e finitudine.
Heiddeger romperà il rapporto tra finito ed infinito riconducendo l’uomo in un senso di
finitudine; mentre Cassirer prova a mantenere il rapporto tra finito e infinito su conseguenze
importanti sull’etica-> per Cassirer è ancora possibile creare dei criteri di orientamento per la
vita dell’uomo, per Heidegger questa possibilità viene meno.
Per Sartre che ha appena completato gli studi vive nella vita culturale di questo periodo e lui
stesso si colloca nel rapporto tra il particolare e l’universale, tra il finito e l’infinito.
Quando prova ad impostare una filosofia di carattere etico-pratico si trova a dover risolvere
questo problema, risolvendolo nella formula dell’universale concreto.
Alla fine degli anni venti e inizio degli anni trenta vedono il nuovo intreccio di legami tra
università europee che avvengono però sotto il segno della decadenza e della crisi.
L’incontro di Davos é visto come un incontro epocale in cui si contrappongono due teorie
che segnano la crisi della razionalità (POST MODERNO).
Nel ‘29 Husserl (fondatore della fenomenologia) tiene alla Sorbonne di Parigi la sua prima
meditazione cartesiana; la riapertura della maison francese a Berlino permise nel ‘32 ad
Aaron e nel ‘33-‘34 a Sartre di confrontarsi con l’universo filosofico tedesco.
Anche in Francia la rivista “Recerche philosophique” di Jean Valle diede un impulso molto
forte attraverso la traduzione di opere come quelle di Heiddeger e accogliendo, tra gli articoli
di rivista francese, “La trascendenza dell’ego di Sartre” del 1936.
Nel 1936 è già iniziata una fase di declino: in quest’anno Husserl (di origine ebraica) non
può più insegnare e gli intellettuali tedeschi che non sono schierati con il nazional socialismo
sono proscritti; l’Europa del fronte popolare e della guerra civile spagnola vive all’insegna
dello scontro tra nazismo e comunismo.
Anche per Sartre inizia una nuova stagione; quando rientra dal soggiorno in Germania (‘34)
vive la crisi dei trent’anni e lo sfiorire della giovinezza: in questo contesto Sartre diventa più
consapevole della contingenza e della infondatezza dell’esistenza.
Il tema della contingenza dell’esistenza è un tema che caratterizzerà La Nausea e L’essere
e il nulla e quindi tutta la fase del primo periodo Sartriano.
Anche nella vita privata di Sartre si avverte la crisi in questo periodo e si rompe l’equilibrio
con la compagna Simone che viene sconvolto dall’irruzione di un’altra figura femminile, la
profuga russa Olga Kasakievic, un ex allieva di Simone, intelligente e raffinata che si troverà
rappresentata anche nella Invité che è un romanzo di Simone De Beavoir.
In un primo momento Sartre resta pacifista ma come poi annoterà nei taccuini della strana
guerra, la conferenza di Monaco del settembre 1938, la conferenza in cui Regno Unito,
Francia e Italia concessero l’annessione alla Germania di vasti territori della Cecoslovacchia,
lo convinse a schierarsi politicamente.
Queste questioni porteranno Sartre ad un impegno politico che vedrà una critica aspra verso
il fascismo e simpatia seppur critica verso il marxismo.
I suoi amici Nizan e Aaron lo avevano preceduto; Nizan aveva abbracciato la fede
comunista; Aaron si arruola nel partito comunista e si arruola, morendo in guerra.
Questo clima di decadenza é rappresentato ne “La Nausea” che dopo alcune vicende
alterne viene pubblicato nel ‘38; questo romanzo lo rese famoso e l’editore gli diede la
possibilità di pubblicare anche “Il muro” nella Novelle Review francese.
Comincia il periodo della pubblicazione di articoli e interviste e della notorietà pubblica di
Sartre; questo periodo trova una battuta d’arresto quando nel ‘39 scoppia la seconda guerra
mondiale e Sartre viene chiamato alla mobilitazione generale di settembre.
Gli anni della guerra producono un cambiamento profondo nella mentalità e pensiero
Sartriano: “la guerra ha diviso in due la mia vita”, segna il passaggio dalla giovinezza alla
maturità, dal nichilismo e dall’assurdo all’impegno; emergono nuovi temi come la prigionia, lo
scontro con l’altro uomo, l’alienazione; temi che ritornanno anche in opere successive, come
“la critica della ragione dialettica”.
Durante la guerra Sartre, fatto prigioniero nello stalag in Germania, legge “Essere e Tempo”
di Heiddeger, quando nel ‘41 la sua vita e la sua concezione filosofica è completamente
cambiata.

LEZIONE 2
Filosofia morale: rapporto tra esistenza ed etica.
Nonostante Heiddeger sia più anziano di Sartre e nonostante la filosofia di Sartre nasca a
partire da un confronto dalla filosofia di Heiddeger, Sartre sarà colui che affronterà per primo
questa tematica (esistenza ed etica) negli anni della seconda guerra mondiale.
Gli anni cruciali della vita di Sartre sono quelli dello studio alla Scuola Normale dell’Ecole di
Parigi o del soggiorno a Berlino, a contatto con la filosofia di Husserl.
Quando Sartre rientra in Parigi insegna e aspetta il successo, incominciando a scrivere
trattati di filosofia e opere letterarie; solo con la Nausea del 1938 raggiungerà il successo.
In questo periodo è molto importante il rapporto con le avanguardie che vedono una
concezione dell’arte e della letteratura strettamente legata alla politica in un senso di rottura
critica.
Un momento importante nella vita di Sartre è l’esperienza della guerra; inducono in lui una
metamorfosi intellettuale.
Il 2 settembre del 1939 Sartre riceve un foglio di mobilitazione che gli impone di recarsi a
Nancy per raggiungere la 70esima divisione dell’esercito francese; lì rimane fino al 21
giugno del 1940, quando viene fatto prigioniero.
Sartre si muove, però, in seconda linea con l’incarico di meteorologo; questi sono gli anni
“della strana guerra”: nonostante l’esercito francese e tedesco fossero schierati al confine la
guerra non scoppió realmente su quel fronte.
Sartre nel 1941 riesce a liberarsi e entra a Parigi che nel frattempo era stata occupata
dall’esercito tedesco; in quest’anno inizia a scrivere l’Essere e in Nulla, in cui viene messa a
punto la sua ontologia dell’esistenza; il testo appare poi nel 1943.
Come Sartre dice 35 anni dopo in un’intervista:”la guerra ha diviso in due la mia vita” e
segna il passaggio dalla giovinezza alla maturità, dal nichilismo all’impegno.
Come Florinda Cambriano afferma nell’Introduzione dei Quaderni sulla Morale “Sartre
stesso, in più di un’occasione ha ricordato che con la guerra si verificò una conversione,
quella vera e propria svolta etica che inauguró la fase matura del suo percorso filosofico,
legando indissolubilmente, all’impegno civile e politico, sulla base dell’interrogazione
centrale circa la condizione di esistenza degli esseri umani. Il senso della loro libertà
individuale, le loro esigenza imposte dai vincoli della situazione storica in cui si trovava a
vivere”.
Sartre si interrogherà sul rapporto tra azione,libertà e responsabilità partendo dalla
convinzione che l’essere dell’uomo si trova in una situazione e condizione storica
particolare, e a partire da quella che potrà esercitare la sua libertà e la sua possibilità di
scelta e decisione che implica l’assumersi la responsabilità di ciò che si è scelto.
Durante il periodo della prigionia in Germania che Sartre inizia un confronto più diretto con
Essere e Tempo di Heidegger; Sartre a Berlino é entrato in contatto con la fenomenologia di
Husserl, Heidegger é un allievo di Husserl, volvendo la sua fenomenologia verso l’esistenza
concreta.
Mentre Husserl aveva interrogato maggiormente la coscienza e la sua intenzionalità verso
degli oggetti, Heidegger invece prova a comprendere la vita nella sua concretezza, nel suo
fluire; egli introduce il termine Kierkegaardian, la questione dell’esistenza: ​Essere e Tempo
(1927)​ é un’​analitica dell’esistenza​, ovvero una descrizione delle strutture fondamentali
dell’esistenza.
Sartre, insieme a Merlot Ponti, un altro esponente della fenomenologia francese, fonda il
gruppo “Socialismo e Libertà”; si batte contro il regime collaborazionista di Vichy, diventa
pubblicista e si confronta con i Gruppi di Azione, continuando la sua attività fino ai giorni
dell’insurrezione.
Sono gli anni della maturità filosofica; nel 1943 viene pubblicato ​L’essere e il nulla​ che si può
considerare come la summa di tutte le riflessioni filosofiche di Sartre a partire dal 1933,
dall’anno del suo soggiorno berlinese.
Il primo progetto dell’opera risale al 1940, anno in cui Sartre espone a Simone de Beauvoir il
suo progetto, la sua opera filosofica, la cui stesura inizierà nel 1941.
Contemporaneamente al teatro dell’Ile di Parigi viene rappresentato “​Le mosche”; “L’essere
e il nulla” ​conobbe un discreto successo solo dopo la fine della guerra; la seconda edizione
del testo apparve nel 1947.
Nel 1944, l’anno dopo la pubblicazione di “essere e nulla”, viene pubblicato “A porte chiuse”,
dramma Sartriano molto famoso: sia “Le mosche” che “A porte chiuse” sono utili per capire il
tema dell’etica e della morale: anticipano quella svolta in senso etico-pratico che ne mettono
in evidenza alcuni aspetti.
La pubblicazione de “La Nausea” gli aveva concesso un discreto successo e quindi
Jean-Paule decise di lasciare l’insegnamento per dedicarsi completamente al teatro, al
giornalismo e alla riflessione filosofica.
La fine della guerra è segnata da due eventi particolari: da un lato Sartre é invitato a far
parte di un gruppo di giornalisti francesi in visita negli Stati Uniti e dall’altro fonda la rivista “I
tempi moderni” che suggellerá la nascita dell’esistenzialismo come un movimento culturale e
la teorizzazione della letteratura impegnata.
Questa visita agli Stati Uniti gli darà problemi in senso politico, e sarà malvisto dai Marxisti;
per questo motivo ritirerá dalla vendita “A mani sporche” perché troppo filo americano.
Nell’introduzione alla rivista definisce, Sartre, la sua posizione, in questi termini:” Noi non
vogliamo avere vergogna di scrivere e non abbiamo voglia di parlare senza dire niente”;
critica quindi la concezione borghese dell’arte e quella che era stata la sua stessa posizione
prima del cambiamento di prospettiva e prima della conversione indotta dalla seconda
guerra mondiale.
In realtà continua, Sartre nell’introduzione “In realtà non esiste uno scritto senza senso, lo
scrittore è sempre implicato, segnato compromesso in ció che scrive. Lo scrittore deve
abbracciare la sua epoca, noi non abbiamo che questa vita da scrivere; lo scrittore deve
essere sempre in situazione.”
Sartre si pone il problema dell’esistenza in situazione è in letteratura afferma lo stesso: ogni
scrittore misura la propria responsabilità nella sua epoca.
Secondo Sartre e i fondatori della rivista “I tempi moderni”, lo scrittore deve occuparsi anche
del futuro della sua epoca e Sartre afferma che “Di voler scrivere per i suoi contemporanei,
di non voler guardare il mondo con occhi futuri, ma con occhi di carne, con i nostri veri occhi
verituri in quanto è dai vivi che i processi si vivono o si perdono”; quindi la scrittura è sempre
collocata nella sua situazione.
L’intenzione di Sartre é quella di “concorrere a produrre dei mutamenti nella società che lo
circonda, schierandosi al fianco di chi vuole mutare insieme la condizione sociale dell’uomo
e la concezione che egli ha di sè stesso: l’intenzione della rivista é quindi quella di prendere
posizione in relazione agli eventi politici e sociali che verranno (non politicamente) ma
sforzandosi di porre in luce la concezione dell’uomo a cui si ispirano le tesi in contrasto e
dando il proprio parere uniformemente alla concezione che verrà sostenendo”.
Questa concezione é importante nella filosofia di Sartre: egli afferma che la rivista prenderà
posizione rispetto agli avvenimenti politici e sociali sforzandosi di porre in luce la concezione
dell’uomo che è alla base di ogni affermazione e alla base di ogni testo che viene proposto.
Innanzitutto lo sforzo dell’impegno di Sartre è quella di mettere in luce qual è la concezione
dell’uomo e dell’esistenza, e quindi in un certo senso quello di fare ​un’analitica
dell’esistenza​.
Questo per Sartre significa ridare alla letteratura una funzione sociale; Sartre approfondisce
questa posizione nella parte finale de “Che cos’è la letteratura?”, affermando “La letteratura
é per essenza la soggettività di una società in rivoluzione permanente”, “la letteratura non è
mai assimilabile all’azione, ma può essere una condizione essenziale dell’azione” cioè il
momento della coscienza riflessiva.
Sartre specifica la sua posizione affermando che “la letteratura é un appello alla libertà del
lettore, il lettore fa proprio questo appello, fa proprio questo appello, lo assume su di sé in
una decisione incondizionata e per questo​ ‘il fine della letteratura é la realizzazione del
regno della libertà umana e l’espressione dell’universale concreto’.
Sartre in questo saggio afferma che “potete scegliere di lasciare sul tavolo un testo, ma nel
momento in cui lo leggete dovete assumervene la responsabilità” e quindi farlo proprio, per
acquisire elementi utili per trasformare attraverso l’azione l’epoca stessa (é consapevole che
è una concezione della letteratura utopica).
Nel secondo dopoguerra Sartre pubblica i primi romanzi “I cammini della libertà” “L’età della
ragione”, “Il rinvio” e fra il ‘46 e il ‘49 uscirono oltre quaranta dei suoi testi.
Seguono dibattiti e discussioni circa l’esistenzialismo, e Sartre cercherà di scansare
equivoci, nella conferenza in cui parlerà de “L’esistenzialismo é un umanismo” nella quale si
difende dalle critiche di cattolici e comunisti.
Il protagonista de la Nausea è Antonie Roquietan che si trasferisce a Bouville per scrivere
una tesi di storia e la scrittura è l’unico modo per mettere in ordine le cose infatti Sartre
afferma nella quarta di copertina “per molto tempo l’uomo Rollebon mi interessava più del
libro da scrivere ma adesso l’uomo comincia ad annoiarmi, è al libro che mi attacco, sento
un bisogno sempre più forte di scriverlo man mano che invecchio, “nella scrittura infatti, i fatti
si dispongono nell’ordine che io voglio dare loro, lenti, pigri, sgraziati”;
“Il signor Rollebon era un mio socio, per esistere aveva bisogno di me e io avevo bisogno di
lui per non sentire la mia esistenza. Io non ero che un mezzo per farlo vivere, lui era la mia
ragione d’essere e mi aveva liberato di me stesso”: in questa fase la letteratura é una
risposta il disorientamento in quanto mette ordine.
Come più tardi affermerà Sartre nell’intervista “Lo scrittore in persona”, “ma in questo tempo
contestavo tutto, tranne la mia professione, finché un giorno, scrivendo delle conversazioni
sulla morale, mi sono reso conto che stavo elaborando un’etica da scrittore e per scrittori,
con la pretesa di parlare in nome di quelli che non scrivono”.
Dopo la guerra la letteratura non è più rifugio, ma azione, intervento sulla realtà; Sartre
proverà a gettare quella morale che aveva promesso in “Essere e Nulla”; Sartre scrive alcuni
saggi in cui affermerà che l’esistenzialismo è la vera filosofia rivoluzionaria.
Si scontrerá anche con il marxismo e con Camus e Merlot Ponti, per diverse concezioni
dell’impegno politico; furono gli unici anni di dialogo tra Sartre e i comunisti francesi e
sovietici e Sartre bloccherà la pubblicazione di Mani sporche.
L’idillio tra Sartre e i comunisti sovietici si ruppe con i fatti di Ungheria del 1956, anche se
Sartre non abbandonerà mai l’idea di una reale realizzazione degli ideali marxisti.
Si sono pubblicati solo postumi i Quaderni sulla morale, elaborazione di filosofia pratica di
Sartre tra ‘46-‘48.
Il testo “La critica della ragione dialettica” monopolizzó le attenzioni di Sartre tra ‘57 e ‘59
affiancandovi solo l’impegno politico della guerra in Algeria; a partire dagli anni ‘60 inizia un
periodo di viaggi per Sartre tra cui il viaggio a Cuba con S., in Brasile e poi in Cina.
L’epoca dei viaggi si conclude con un viaggio in Giappone e infine con un viaggio in Oriente,
al Cairo e Tel-Aviv mentre si svolgeva un conflitto arabo-israeliano.
Gli anni ‘60-‘67 sono scanditi dall’epilogo della guerra algerina e il rifiuto del premio Nobel
che viene dato a Sartre per la sua autobiografia del ‘62 “Le parole”; in questi anni Sartre
partecipa anche alla costituzione del tribunale Russell e viene colpito dalla morte di Camus e
Ponti e di Fanon. La testimonianza dell’affetto verso questi intellettuali é data da orazioni
funebri che scrive per gli amici e compagni di strada.
In quegli stessi anni Sartre partecipa al manifesto dei 121 e scrive la prefazione al libro di
Fanon “I dannati della guerra”; é un atto di denuncia di tutti gli esseri umani.
Egli rifiuta il Nobel perché crede sia rappresentazione solo dell’Occidente e perché crede sia
troppo politicizzato; Sartre è anche un grande protagonista degli scontri della rivolta
studentesca del ‘68: cerca dialogo con i capi della protesta ma osserva i fatti senza viverli. Si
avvicina ai capi del movimento studentesco e al Mahoismo; scrive articoli e si farà promotore
di uno slogan “Socialismo e Libertá”, però presta si renderà conto della sua lontananza da
quegli ideali per avvicinarsi al Mahoismo: difesa della necessità di una rivoluzione Leninista
e Marxista.
Nel ‘71 accetta la direzione de “La casa del Popolo” dopo l’arresto di molti direttori, e
partecipa al progetto politico del quotidiano “Liberation” e per contribuire alle spese editoriali
accetta di partecipare alla pubblicazione del libro intervista “Ribellarsi é giusto”.
La sua ultima fatica filosofico-letteraria é la scrittura della biografia di Flaubert che resterà
incompiuta “Flaubert l’idiota della famiglia”; la interromperà per motivi di salute perche a
partire dal ‘73 diventa cieco e non potrà più scrivere o leggere.
Nel ‘75 sostiene la rivoluzione pacifica Portoghese e nel ‘79 procede al sostegno degli aiuti
francesi ai profughi vietnamiti.
Verrà assistito da Levie il suo segretario che diventerà il suo interlocutore e riuscirà a fare un
intervista col titolo “Una speranza oggi”; morirà nel 1980.
In sintesi possiamo dire che gli anni tra il ‘38-39 si muove tra ​Nichilismo ed
Esistenzialismo​ e fondamentali sono i testi “Il muro” e “La Nausea”;
nel 1934-1935/1940 in filosofia si muove tra ​fenomenologia ed esistenzialismo​: scrive
degli scritti fenomenologici ancora vicini alla filosofia Husserliana ma già proiettati verso
l’esistenzialismo.
Nel ‘43 pubblica l”Essere e in Nulla” e viene rappresentata “Le mosche”; Sartre negli anni
della formazione filosofia non avverte la necessità di partecipare alla vita civile ma aderisce
ad un ideale di intellettuale borghese e individualista che è sufficiente per assecondare le
sue esigenze di autonomia e realizzazione mediante gli studi e la scrittura.
La fase cruciale è quella del secondo dopoguerra tra il ‘45 e il ‘56, quelli
dell’​esistenzialismo e del marxismo, dell’esistenzialismo e dell’etica​ e ​dell’impegno;
“​A porte chiuse” (45) “I sentieri della libertà”, tiene la conferenza “L’esistenzialismo é un
umanismo”, si confronta con il marxismo , scrive il saggio “Che cos’è la letteratura” scrive un
saggio sulla morale ebraica e scrive i Quaderni per una Morale, “Verità ed esistenza”;
pubblica nel ‘48 “a mani sporche” nel 51 “Il diavolo e il buon Dio” e nel 52 “I comunisti e la
pace”.
La terza fase è caratterizzata dall’impegno; la filosofia esistenzialista é presentata come
dell’azione, dell’impegno.
DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO Nel saggio “Marxismo e rivoluzione” affermerà che
l’esistenzialismo é la vera filosofia rivoluzionaria.
DAL PUNTO DI VISTA ARTISTICO Per quanto riguarda la concezione dell’arte crede che la
letteratura abbia una funzione sociale e la letteratura é la soggettività di una rivoluzione
permanente.
DAL PUNTO DI VISTA TEORICO In questa fase prova a gettare le basi per una morale dal
punto di vista teorico “Quaderni per una morale”, sperimenta la filosofia morale attraverso
personaggi in situazione.
Sartre partecipa alla vita politica e cerca un dialogo con il comunismo “Questioni di metodo” ;
é un saggio in cui fa il punto sul metodo in relazione all’esistenzialismo.
Sartre dopo i fatti del ‘56 rompe con i comunisti e con “critica della ragione dialettica”, c’è un’
ibridazione tra esistenzialismo e politica marxista.
Nell’ultima fase (‘60-‘80) Sartre mette a lungo una teoria politica della rivoluzione “Critica
della ragione Dialettica” “Le parole” e ritorna sulle ragioni dell’etica e scrive la biografia su
Flaubert, e pubblica l’intervista “Ribellarsi é giusto”.

LEZIONE 3
Questioni fondamentali in “La Nausea”:
A monte dell”Essere e in Nulla” ci sono questioni trattate in maniera narrativa in “La Nausea”
come l’esistenza dell’uomo.
Dalla lettura emerge come quei problemi filosofici concettuali e astratti in “Essere e il Nulla”
siano rappresentati praticamente in “La Nausea”.
In un'intervista del 1971, Sartre afferma “In fondo io resto fedele ad una cosa: la Nausea, è
quanto ho fatto di meglio”: dà voce alla decomposizione della borghesia prima della seconda
guerra mondiale (fenomenologia del disorientamento dell’esistenza).
Il titolo originale del testo sarebbe dovuto essere “Melanconia” ma l’editore del testo, dopo
aver richiesto alcuni cambiamenti in passaggi più crudi, suggerì il titolo “La Nausea”.
Il protagonista é Antoine Roquentin, che si trasferisce a Bouville per scrivere una tesi di
dottorato in storia sul marchese Rollebon; passa spesso le sue giornate in biblioteca e
conosce l’Autodidatta che è un personaggio irrilevante che è un umanista che si istruisce
leggendo libri in ordine alfabetico. Va spesso in un bistrot e si incontra con una donna che
lavora al bar; da quattro anni Anny é scomparsa e si sforzava per creare momenti perfetti.
Roquentin sprofonda nel presente e non ha più avventure ma solo storie; si attacca al morto
per giustificare il vivente. La nausea lo prende e lo spinge a trasformarsi; anche se ha un
briciolo di speranza nei confronti di Anny lei ha scoperto l’esistenza come lui e ha rinunciato
ai momenti perfetti. Dopo un incontro con Anny torna alla solitudine e non riesce a
relazionarsi con gli uomini borghese che vivono senza capire l’esistenza. Decide di lasciare
Bouville per trasferirsi a Parigi, e mentre gira l’ultima volta la sua canzone preferita riesce ad
accettarsi.
Cos’è la nausea? L’esistenza che si svela.
Sartre ci fornisce una chiave di lettura del testo in un’intervista “La vita a 70 anni” e afferma
che “ero anarchico senza saperlo quando scrivevo la nausea,vedevo solo il rapporto con
l’idea metafisica di Nausea, non vedevo affatto il legame tra la mia esistenza e la società in
cui vivevo”.
Sartre continua “All’uscita della Normale ci avevo fatto tutta una teoria, ero l’uomo solo, vale
a dire l’individuo che si oppone alla società con l’indipendenza del proprio pensiero, ma che
non deve nulla alla società e su di lui la società non può nulla perché è libero” é l’evidenza
su cui Sartre ha fondato tutto quello che scriveva prima del ‘39.
Durante l’intero anteguerra Sartre afferma di non avere idee politiche e credeva che il suo
destino era solo quello di scrivere e la scrittura non era vista come attività sociale: La
Nausea è la conclusione letteraria della teoria dell’uomo solo; interessante in questo
contesto è l’affermazione di Paul Nizan, secondo la quale non sarebbe possibile affiancare
Sartre a Kafka (nel descrivere una descrizione) perché il pensiero del primo é
completamente estraneo ai problemi morali a differenza di Kafka che si interroga sul senso
della vita, Sartre che solo sul fatto dell’esistenza.
Nizan crede che l’accostamento di Sartre ad Heiddeger sia errato perché l’oggetto di
angoscia per il filosofo tedesco é il Nulla, in Sartre é l’esistenza; la legge dell’uomo
rigorosamente solo non è la paura del Nulla, ma la paura dell’esistenza.
Quali sono i temi fondamentali e come vengono affrontati da Sartre nella Nausea?
Il testo si apre un’avvertenza agli editori “I quaderni di appunti che costituiscono il romanzo
filosofico sarebbero stati trovati tra le carte di Antoine Roquentin, i primi fogli sono senza
data ma si suppone che siano stati scritti nel 1932”; a quell’epoca il protagonista si era
trasferito a Bouville per scrivere una tesi sul marchese Rollebon.”
Il primo punto: é avvenuto un cambiamento. Il protagonista vuole vederci chiaro e per farlo
scrive un Diario. “Bisogna dire come io veda questa tavola, le persone, il mio pacchetto di
tabacco, perché è questo che è cambiato. Occorre determinare esattamente l’estensione e
la natura di questo cambiamento”.
In un primo momento il protagonista prova ad essere esatto; si tratta di determinare come
vedeva prima le cose e come le vede ora. Poi riporta una storia e cerca di capire il perché,
se c’è un avvenimento che ha innescato questo cambiamento e ci riporta ciò che gli è
accaduto ma che non può portare il nome di un avvenimento perché il protagonista non ne è
ancora cosciente.
“Qualche giorno prima dei ragazzi stavano facendo rimbalzare dei ciottoli sul mare. Lui era
in procinto di imitarli ma ad un tratto si è arrestato, ha fatto cadere il ciottolo a terra ed è
andato via; “ si interrompe in questo modo un’azione intenzionale: il protagonista ha un’area
smarrita, ha provato un disgusto.
In un passo successivo afferma addirittura di aver avuto paura ma non sa di che cosa; é un
accenno interessante perché anche Heidegger spiegherà che si ha sempre paura di
qualcosa ma l’angoscia non è mai angoscia di qualcosa, ma quel sentimento di
disorientamento che si prova dinnanzi all’essere al mondo, e che quindi non ha un oggetto di
riferimento preciso.
Tuttavia il protagonista rileva questo cambiamento ma non è disposto a sentirsi pazzo:
quindi conclude dicendo che tutti i cambiamenti concernono ad un oggetto.
É un primo accenno emotivo e conoscitivo che si manifesta in questo sentimento di
disgusto; il desiderio di aggrapparsi all’ordine e di sfuggire a quello che ha provato. Il
protagonista più tardi annota nei quaderni che “gli strani stati d’animo della settimana scorsa
oggi mi sembrano molto ridicoli, non li avverto più”.
In un primo momento c’è un episodio che innesca questo cambiamento però in realtà il
protagonista riesce a ritornare in un mondo ordinato e riesce a sentirsi a suo agio
borghesemente e crede di essere guarito.
Però è una certezza che dura poco e già nel gennaio del ‘32: “Mi è accaduto qualcosa, non
posso più dubitarne. É sorta in me come una malattia”: qualcosa è accaduto e quella
sensazione ritorna in maniera subdola e qualcosa cambia; “Ma dove? É un cambiamento
astratto che posa sul nulla”; possiamo ricordare un filosofo che fa del dubbio un punto di
partenza della sua ricerca, Cartesio.
Se Cartesio individua nel pensiero l’indubitabilità, Sartre non riuscirà a dubitare solo del fatto
di esistere e non di pensare.
Nel dubbio, dice Roquentin, nel dubbio bisogna scegliere perché, in chiave esistenzialista,
bisogna prendersi la responsabilità dell’esistenza e chiudere il dubbio attraverso una scelta.
Emerge un altro elemento importante per la filosofia della crisi; in questa prima fase il
protagonista si muove nel tentativo di mettere in ordine ciò che lo disorienta: da un lato
annullamento dell’esistenza e d’altro lato riordinarla: “sono io, credo che sono cambiato.”
(Pag.15)
Interessante è il riferimento alle rovine e le macerie che devono essere riordinate; anche
Heiddeger parla di una filosofia che prova a rimettere insieme le rovine.
La nausea descrive la parabola di una trasformazione in atto del protagonista e di Sartre
stesso: il testo annuncia una metamorfosi che sta avvenendo nel protagonista.
A seguire il protagonista tematizza il rapporto agli altri (pag.17): in questa routine borghese
lui è solo, non riceve nulla e non dà nulla e afferma che l’autodidatta non conta.
Gli altri al caffè, invece, dialogano e raccontano cose precise e inverosimili.
Un uomo solo, invece, non sorride: alla fine sono le cose che circondano il protagonista gli
sorridono.
Roquentin continua a descrivere il rapporto con le cose e l’empatia che prova verso di loro
(pag.22) “gli oggetti sono cose che non dovrebbero commuovere...e a me commuovono.”
Una specie di nausea dolciastra che deriva dal fatto che le cose escono dal loro confine e il
protagonista non ha più un distacco con il circostante.
Heidegger invece in Essere e Tempo dedicherà molto tempo agli “utensili” é utile a
ricomporre il mondo nella loro complessità ma se le cose sfuggono di mano e perdono i
confini di utilità e non fanno più conoscere il mondo ma getta in uno sconforto.
Per Sartre nel momento in cui provo a comprendere l’esistenza come cosa e ne blocco la
sua fluidità e rendo gli oggetti fluidi, l’uomo crolla e va nell’abbandono più completo: alla fine
Sartre riuscirà a venir fuori, immaginando di scrivere un nuovo testo, la salvezza la troverà
attraverso la scrittura del testo filosofica “Essere e il Nulla”.
Le cose non sono più strumenti ma cominciano a commuovere e perdono i loro confini: in
questo contesto iniziano le prime riflessioni di Roquentin sulla scrittura che viene utilizzata
come ordine, utile per superare l’angoscia del vivere.
Il protagonista afferma (pag.26) che Rollebon é estraneo a lui, ma la scrittura diventa la
ragione del suo interesse.
(Pag.33) Anche nel caffè la nausea lo ha colto e lo ha spezzato, anche se è consapevole del
fatto che è la nausea che si posa sulle cose ed è egli che è in lui.
Roquentin racconta che vive una normale domenica “borghese” e si contrappone a quella
degli altri suoi concittadini (pag.78); descrive la domenica scandita da routine dei borghesi
(passeggiata versl una meta, messa della domenica) e il peregrinare di Roquentin senza
meta (pag.79)-> riferimento politico alla guerra e sovrapposizione della sua solitudine e
avvento del nazismo.
Il dubbio è l’elemento portante della prima fase: non esiste il presente, il passato non c’è più,
le parole non esistono più.
FENOMENOLOGIA DELLA NAUSEA: con quali sintomi si presenta questa malattia e prima
ipotesi da dove essa possa derivare; le cose cambiano, il soggetto cambiano, Roqentin é
circondato da uno scenario di cartone che può rompersi da un momento all’altro, cose che
varcano i loro confini, commuovono e si indeboliscono; a ciò si contrappone l’ordine e la
routine borghese.
NAUSEA: quel sentimento che deriva dalla conoscenza dell’Esistenza.
Roquentin racconta che la sua vera ragione d’essere era il marchese Rollebon e entrambi
possono essere soci perché anche Rollebon aveva bisogno di lui per esistere.
In questa parte avviene un confronto con Cartesio: (pag.137) il protagonista afferma che
salta il confine tra le cose, i soggetti e l’esistenza.(Esisto perché penso-> se esisto é perché
ho orrore di esistere, non è il fatto di pensare).
Esistere non è solo pensiero, é corpo.
Sartre mette in luce il tema della contingenza: esistenza è contingenza.
(prossimo tema: incontro con l’autodidatta e tema dell’umanismo).

LEZIONE 4
Sartre duplice produzione: filosofica e letteraria.
Analisi della Nausea: da un lato è necessario per capire da dove parte Sartre(prima della
guerra) e qual è il punto di arrivo, permettendoci di capire la sua posizione rispetto ad
Heiddeger; dall’altro il testo, che rappresenta un romanzo filosofico, rappresenta in una
chiave non filosofica (ma letteraria) quei problemi filosofici che saranno trattati prima
nell’Essere e il Nulla e poi nella Conferenza sull’Esistenzialismo é un Umanismo.
Nel romanzo filosofico c’è una critica implicita al carattere enciclopedico della cultura
dell’Autodidatta.
Il protagonista ci rivela che è avvenuto un cambiamento e si chiede cosa abbia innescato
questo cambiamento; Roquentin descrive che ha provato per la prima volta questa
sensazione quando non riuscì a prendere tra le mani il ciottolo al mare, poiché quell’oggetto
perse di significato e gli causa una sensazione di disgusto. In un primo momento deduce
che i cambiamenti avvengono in relazione agli oggetti, poi comprende che é anche egli
stesso a cambiare, seppur oscilla in una sorta di dubbio cartesiano (si sente a proprio agio in
un ordine borghese).
Poco dopo, il 29 gennaio 1932, comprende che gli è effettivamente accaduto qualcosa e il
mondo esterno ed egli stesso si trasforma.
Capisaldi dell’esistenzialismo: scelta e decisione, responsabilità rispetto ad una situazione di
dubbio “cartesiano”.
Roquentin comincia a comprendere che è lui cambiato: definisce questa trasformazione
come una vera e propria rivoluzione, una piccola metamorfosi.
Egli affronta anche il rapporto agli altri, afferma di esser solo e scredita anche la figura
dell’Autodidatta, una presenza per lui irrilevante.
Roquentin comincia a capire il perché della Nausea, e lo intuisce comprendendo che le cose
perdono il loro carattere di utilità e funzionalità, oggettività nella vita quotidiana: le cose
iniziano a commuoverlo e si perde la distanza tra il soggetto e le cose che gli stanno intorno
e queste cominciano a vivere di vita propria.
Il mondo non ha più confini e tutto sembra una immensa brodaglia in cui il soggetto si sente
disorientato è questo gli procura Nausea; Roquentin crede che la scrittura sia in grado di
ordinare il mondo.
In questa fase Roquentin ritiene che ​la letteratura sia in grado di mettere ordine nel
mondo​: “la letteratura crea ordine nel disordine”.
Riflessione sul volto che tende a deformarti: il protagonista non solo non riconosce gli oggetti
ma neanche sé stesso; soltanto su un piano di Inter soggettività riescono a vedersi
effettivamente come appaiono agli altri.
Se cade questa dimensione di socialità cadono i confini; nel momento in cui l’individuo è
divisibile, non ha più confini e limiti e saltano, perché anche la percezione di sé stesso
cambia.
Quando roquentin afferma che la Nausea è sopraggiunta (pag.32-44:): l’individuo è come
spezzato, il corpo é molle, inerziale.
Riferimento all’importanza della musica: nella parte conclusiva della Nausea il protagonista
riuscirà a vedere una soluzione; Roquentin ascolta al ritrovo dei ferrovieri sempre la stessa
melodia: Some of these days. (Che ha ascoltato dai soldati americani a La Rochelle)
Il modo di vedere la musica cambia: all’inizio la musica ha una funzione di consolazione;
prefigurandosi già l’arrivo del ritornello egli si calma, si tranquillizza.
Le note musicali sono come un insieme che creano una melodia; il protagonista vorrebbe
provare a fermarle, ma sa che perderebbero il loro senso, singolarmente.
Roquentin non riesce a fare lo stesso di ciò che ha fatto con gli oggetti; infatti il ritmo della
musica diventa il ritmo della vita e la Nausea si interrompe, e prova un esiguo tempo di
felicità: la musica non può essere distratta e questa esperienza lo consola perché lo ordina e
lo organizza.
La bellezza della musica è il fatto che non può essere interrotta: il suo mondo sembra
decomporsi, sfaldarsi, ma la musica si compie.
La necessità di questo compimento consola Roquentin rispetto alla contingenza
dell’esistenza; quest’esperienza é temporanea, perché è inquieto sapendo che possa
interrompersi: egli si sente dentro la musica e c’è una sorta di parallelismo tra la vita e
l’esperienza della musica e l’angoscia si ridimensiona.
Però quando sopraggiunge la Nausea Roquentin non sarà più libero e incapace di avere
potere decisionale sulle cose e sul mondo.
Intanto il corpo che qualche tempo prima era deformato e irriconoscibile, gli sembra una
macchina perfetta e ordinata: quando il disco si ferma ed esce dal ritrovo dei ferrovieri,
percorrendo una strada buia in cui sopraggiunge la Nausea, saltano i confini.
Segue una riflessione(o digressione) sul tempo e senso delle avventure (venerdì le 3,
pag.48-58):se teniamo presente che uno dei titoli iniziali era “Le avventure straordinarie di
Antoine Roquentin” con sottotitolo “Non ci sono più avventure”.
L’Autodidatta infatti, crede che Roquentin abbia avuto tante avventure e crede di poter
definire l’avventura come qualcosa che esce dall'ordinario senza essere necessariamente
straordinario (perché Roquentin ha molto viaggiato): Roquentin crede che di aver fatto
avventure ma che non sappia cosa voglia dire; egli crede che gli siano successe delle cose
e crede che l’avventura si compie nella sua morte e nella sua fine (come l’esperienza
musicale) perché non si prolunga e non si ferma.
Il problema é di non aver più avventure (pag.58-60); per Roquentin bisogna scegliere tra
vivere e raccontare le storie che diventano le avventure: tra il vivere e il raccontare c’è una
differenza; il protagonista afferma che avrebbe voluto che tutti gli avvenimenti della sua vita
si potesse organizzare come quelli che si raccontano a partire dalla loro conclusone.
Perché non ci sono più avventure? Perché la vita non ha senso
(Domenica: pag.61) Ordine e routine della vita borghese e disorientamento del protagonista:
Roquentin descrive le abitudini della borghesia come la messa, la passeggiata verso il mare,
al cinema, visita ai parenti; quando la domenica finisce ha lasciato un sapore di cenere per
ricominciare di lunedì la routine.
Prima di giungere al caffè c’è un breve riferimento alla vita politica: il protagonista non riesce
a vivere in comune con gli abitanti di Bouville, però vive in comune con le persone che si
muovono nella città (che rappresentano l’evento bellico in corso, riferimento all’ascesa del
regime nazista che ha vissuto tra il ‘33-34); anche se cammina solo egli procede come una
schiera di soldati che cammina sulla città: sovrapposizione tra esperienza di solitudine e
quella della guerra (ogni ricordo risponde ad un suo passo e a un battito del suo
cuore).(pag.79)
Pian piano il protagonista si rende conto dell’esperienza della nausea e dal fatto che salta
una comprensione strutturata della società; Roquentin ha provato a mettere ordine a questo
disordine riportandoci il senso della musica e dell’avventura.
Finché non riesce a comprendere il perché della Nausea egli la vede sopraggiungere in
maniera violenta; ad un certo punto il protagonista si rende conto che la nausea deriva
dall’esistenza stessa e del fatto che non ha una giustificazione, ed è propria una
giustificazione che il protagonista sta cercando di ottenere attraverso la scrittura della storia
di Rollebon.
Confronto tra Roquentin e l’Autodidatta sul senso dell’umanismo; Roquentin dice che non
c’è ragione di esistere e l’Autodidatta replica: lo scopo della vita sono gli uomini in quanto
uomini.
L’amore per l’Autodidatta per gli uomini é ingenuo, é un umanitarismo di provincia; ma
Roquentin afferma che ciò che dice é falso, dato che lui è sempre solo; eppur l’Autodidatta
afferma che c’è qualcuno per cui scrive Roquentin.
L’Autodidatta pensa di poter far capire il suo amore per gli uomini raccontandogli quello che
era è quello che è diventato: l’esperienza della guerra lo ha cambiato e in prigionia in
Germania ha compreso di amare gli uomini come fratelli e ne provava gioia.
L’Autodidatta affermerà di essersi iscritto al partito socialista perché gli uomini sono la
ragione della sua esistenza; sembra anticipare la stessa esperienza di Sartre della guerra e
della prigionia (avvenuta postuma nel ‘40).
Roquentin affermerà che non si può amare l’uomo in quanto tale ma solo il singolo uomo
ma non si può amarlo indipendentemente da che cosa é: l’Autodidatta sembra sostenere
l’umanitarismo cattolico, secondo cui l’uomo ha il diritto all’ammirazione in quanto creatura di
Dio (riportata in esistenzialismo é un umanismo ) mentre Sartre affermerá che
L’esistenzialismo é un umanismo ma non in quanto esalta l’uomo in quanto creatura divina
ma perché l’uomo è al centro in quanto libertà e costante possibilità di auto superarsi.
Alla fine della conversazione Roquentin prova rammarico e si sente fuori posto e l’idea di
amare l’uomo in quanto uomo gli provoca nausea: l’amore per l’uomo fa sopraggiungere la
nausea nuovamente.

LEZIONE 5
Ciò che irrita Roquentin è che l’Autodidatta afferma che ama l’uomo in quanto tale, mentre
Roquentin crede che non si possa amare l’uomo in quanto tale ma soltanto il singolo uomo:
questa affermazione anticipa il contenuto della Conferenza “L’esistenzialismo é un
Umanismo” in cui Sartre metterà in discussione l’esistenza di una natura umana in generale
per evidenziare che l’uomo è ciò che si fa, é assoluta e radicale libertà e quindi non può
essere schiacciato su una definizione codificata di natura; non è mai l’Uomo ma il singolo
concreto esistente.
La figura dell’Autodidatta corrisponde all’idea dell’uomo generico, il suo metodo di studio e al
suo sapere enciclopedico che si afferma nel ‘700 con la divulgazione delle enciclopedie che
producono un’idea precisa di uomo.
La critica alla concezione illuminista e dell’Uomo emerge dalla sensazione di Nausea del
protagonista sarà evidente anche all’interno della Conferenza.
Roquentin arriva alla consapevolezza ciò che gli procura nausea è il fatto che le cose non
hanno più nomi, non ci sono più confini e l’esistenza penetra da tutte le parti: questo è il
problema.
(Pag.171-183)
Sartre insiste anche su una questione importante: l’esistenza non è una categoria astratta.
Il protagonista, appunto, sottolinea come all’improvviso l’esistenza si era svelata e come
aveva perduto il suo senso inoffensivo di materia astratta:tutte le cose nella loro singolarità
gli sembrano di troppo e lui stesso si sente di troppo.
Questo riferimento all’astrattezza é importante perché il termine distanza deriva dalla
filosofia medievale: esistenza veniva contrapposto a essenza, e rappresentava il fatto
concreto. In questa contrapposizione meramente filosofica i due termini sono in realtà
astratti; Sartre porterà in seno i due termini esistenza e essenza perché non distinguerà più
le due entità dell’uomo, perché l’uomo sarà sempre e solo Esistente. (Concretamente)
Dopo essere giunto a questa conclusione, Roquentin definisce l’esistenza inquietante
perché Assurda: prova a fissare un’assurdità; Roquentin evidenzia tutte le sfaccettature che
lo portano a comprendere cos’è la Nausea.
“L’essenziale é la contingenza”:é l’esistere, lo stare lì semplicemente, il fatto che gli enti non
si lascino dedurre, non si lascino dimostrare ma che non ci sia soprattutto qualcosa che sia
causa e giustificazioni di questi enti stessi (cioè un essere superiore).
Gli sporcaccioni per indicare quelle persone che pensano di aver diritto alle cose e in questo
caso il diritto all’esistenza: vivono, però nella malafede, perché in realtà sono gratuiti.
Sartre introduce una questione importante che verrà poi affrontata in modo filosofico in
“Essere e il Nulla”: il tema della coscienza e del nulla.
Roquentin inizia a descrivere la coscienza delle cose nei termini di ​Nullificazione (Atto di
libertà) e Nullità:
l’esperienza della nausea porta Roquentin in sintesi a riconoscere l’assurdità delle cose e la
loro assoluta contingenza, lo porta a fluttuare.(180-182)
Nella conclusione della fenomenologia della Nausea: il protagonista arriva alla conclusione
che l’esistenza é completamente contingente perché il nulla coesiste con le esistenze
stesse.
Sartre ritornerà su questa questione in Essere e Nulla come nesso tra Essere in Sè e
Essere per Sè, tra l’esistenza e le cose.
Dopo questa forte esperienza (pag.183) decide di non aver più ragione di scrivere il libro e di
andare a Parigi; in realtà presa questa decisione ci potrebbe essere nella vita di R. uno
spiraglio di salvezza: qualche giorno prima aveva ricevuto una lettera da Anny nella quale
ella gli chiedeva di potersi incontrare e quando l’incontro avviene, i due parlano ma quella
speranza di salvezza che Roquentin aveva riposto in Anny perché anche Anny stessa non
vive più, sopravvive e la sua vita si è trasformata. In realtà Roquentin ricorda sempre Anny
come quella che aveva amato creare momenti perfetti; questo discorso procede in maniera
coerente al discorso delle avventure.
Roquentin chiede ad Anny “cosa sono i momenti perfetti?”: Anny parte dalla spiegazione
delle situazioni privilegiate intese come quelle situazioni che hanno un’essenza rara e
preziosa, una situazione privilegiata può diventare un momento perfetto.
Quindi per Roquentin il momento perfetto sembra un’opera d’arte ma Anny lo corregge
affermando che in realtà è una questione di morale: bisogna trasformare le situazioni
privilegiate in momenti perfetti.
(Pag197-99)I due entrano in conflitto perché Anny rinfaccia a Roquentin il fatto che egli
vuole che le cose si dispongano davanti a sé in modo ordinato (senza che la situazione di
vita venga presa nelle proprie mani) e la volontà di Anny di agire, parte attiva della propria
esistenza: adesso anche lei ha compreso che non è più possibile essere uomini d’azione.
Anche con l’incontro con Anny non è stato risolutivo ma che anche lei non riesce più a
scegliere e a cercare l’azione, perché ha compreso l’esistenza e la sua insensatezza.
Roquentin ha deciso di lasciare Bouville (pag.210-214) e si sente libero, seppur senza
speranza: questa libertà assomiglia alla morte.
Egli ha scoperto la sua assoluta contingenza e libertà da qualsiasi tipo di legame, ha
smesso di scrivere per Rollebon; il problema è come creare le condizioni per cui questa
libertà d’aggiunta possa essere la base per una nuova attribuzione di senso alla vita e
soprattutto di un passaggio all’azione, per rendere di nuovo positiva la libertà rispetto
all’esistente.
Anche Roquentin si sopravviverà e la nausea sarà la sua condizione normale. Nel suo
ultimo giorno a Bouville, Roquentin riferisce la misera fine dell’Autodidatta che viene
scoperto dal bibliotecario a fare delle avances a dei giovinetti in biblioteca: anche se
Roquentin assiste alla scena non si assume la responsabilità di agire per difendere l’amico
(libertà é morte-> impossibilità di agire e di responsabilità).
Si intravede la strada che Sartre intenderà percorrere: il problema non sarà comprendere
l’azione giusta o meno dell’Autodidatta, ma quella di Roquentin di prendere difesa o meno
dell’amico.
Si è conclusa, dunque, una parabola, quella della Nausea: Roquentin vuole partire
(pag.226-238) e si sente, però, tra due città che sono due luoghi dell’anima, perché è in
procinto di cambiare (Parigi e Bouville).
Egli si rende conto che “tutte le coscienze del mondo sono prive di me”: si arriva ad una
vuotezza,purezza senza vita, pari alla morte,eppure sa bene di esistere, anche
nell’annullamento l’esistenza bussa alla porta “sono qui,mi sento”.
L’IO, é l’esperienza della coscienza che si sente esistere ed è lì in quanto esistenza che si
sente di esistere: Roquentin é qualcosa di astratto.
(Pag.237/238) La coscienza che sa di essere di troppo, schiacciata sulle cose stesse ma al
contempo, anche se è di troppo é cosciente di esserlo (differenza tra soggetto e cose) ed è
questo il suo destino: esserne cosciente anche se sembra esserne sfuggente.
Il punto è che una coscienza pura esiste solo nell’immaginazione del filosofo, ma non esiste
una coscienza pura: é sempre l’Io quella coscienza=Antoine Roquentin.
Anche quando sta per partire é tentato dall’inazione perché crede che vivere sarebbe creare
altra esistenza che produce altra Nausea: però scrivere gli ritarda la Nausea.
È al ritrovo dei ferrovieri e riascolta il disco per l’ultima volta; si trova tra due città: Bouville
che lo ha portato a trovare coscienza della coscienza e vuole provare a prefigurare qualcosa
che gli dà un nuovo punto di partenza, di volta per non ridursi all’inazione.
Si comincia a deliberare il punto di volta: ritorna il problema dell’arte, della musica e della
letteratura; “non posso lasciare la penna”: letteratura come ancora di salvezza, perché
cercando di mettere ordine dá un senso è un ordine all’esistenza.
Mentre sta riflettendo su queste questioni, Maddalena gli fa ascoltare per l’ultima volta
(tempo che dà un limite): prima della musica tutti gli oggetti e l'esistenza sono immersi in una
brodaglia, in un brutto in cui si sente a suo agio, in una sofferenza generalizzata.
Egli si chiede se la musica può salvarlo: la musica all’inizio dà essa stessa sofferenza
“modello”; e sentendo la musica, la purezza delle note procurano una sorta di vergogna:
contrapposizione tra bellezza della musica e sofferenza.
Le note soffrono a tempo e anche se sono pure, ma la vita non può essere così: anche se
prova una vergogna, non è colpa sua se la vita é imperfetta, non può essere purezza.
Non è l’esperienza estetica della musica ad essere pietosa, ma attraverso l’ascolto della
musica Roquentin giunge alla consapevolezza della differenza tra la coscienza e le cose;
questa è la chiave di volta: non è la musica che salva Roquentin, ma attraverso
quest’esperienza, l’ascolto della musica e la constatazione della musica e lo strumento
attraverso cui si produce.
Egli, attraverso la consapevolezza, vede la luce in fondo al tunnel: egli da un lato vede le
cose come esistenti e dall’altro vuole cristallizzare la sua esistenza come cosa.
Riportando i confini tra le cose e accettando l’esistenza come qualcosa di assurdo, é
possibile traghettarsi fuori dall’esperienza della musica.
Il disco é in grado di sorprendere gli esseri che esistono, l’esperienza della cosalitá della
cosa, ha sorpreso tutti nella trasandatezza e nel loro lasciarsi andare all’esistenza.
Non è la musica, é l’oggetto, non è di troppo, é una cosa precisa, che appartiene ad una
categoria.
Roquentin ha visto le cose esistere e voleva ridurre Sé stesso ad un essere: egli vuole
cacciare l’esistenza fuori di sé, voler essere come un suono netto e preciso di una nota di
sassofono. L’errore è stato voler trasporre l’esistenza altrove.
Non è la musica che salva: l’esperienza musicale riporta all’esistenza di chi ha composto la
musica e offre così la possibilità di giustificare l’esistenza nella sua assurdità e nella sua
contingenza.
Da un lato riporta Roquentin alla distinzione tra le cose e l’esistenza, e riporta allo stesso
tempo non alla sua purezza, ma alla vita, all’esistenza di chi l’ha composta.
Chiede di riascoltare la musica: pensa a colui che ha composto la musica e l’interesse di
Roquentin per la negra e il sassofonista, delle loro vite, non è l’interesse per l’uomo, per
umanitarismo, ma per il fatto stesso che lui l’ha FATTA. L’uomo é da apprezzare per ciò che
si fa, per ESISTENZA.

LEZIONE 6
Il cambiamento che ha rilevato il protagonista é la sensazione di Nausea, che cerca di
spiegare e di trovare una soluzione per cessarla o per accettarla.
PRIMA PARTE:FENOMENOLOGIA DELLA NAUSEA; segni di manifestazione di questo
fenomeno, che si installa ovunque e si espande.
In un primo momento crede che siano le cose intorno a lui a cambiare e non lui stesso.
Si tratta di descrivere la metamorfosi e la sua ​rivoluzione.
L’avvicendarsi della Nausea viene poi descritto quasi per cerchi concentrici, come un
successivo approssimarsi.
1^ momento: analizzato il rapporto con le cose; cose che si decompongono davanti a
Roquentin. Egli ha un rapporto emotivo ed empatico con le cose; qui è cruciale l’evento del
parco, in cui vuole chinarsi a raccogliere un pezzo di carta ma non riesce a compiere questo
gesto perché si perde nel particolare e deduce da questo episodio che non è più libero.
Perdita dei confini delle cose e perdita della libertà; l’atto intenzionale é interrotto.
La sensazione che ha provato qualche giorno prima provando a lanciare un sasso é la
nausea.
2^momento o ​intermezzo:​una pausa di riflessione che riguarda la scrittura. Se salta la
distinzione tra il soggetto e le cose, secondo Roquentin é lo scrivere a mettere ordine.
“La letteratura crea ordine nel disordine”
3^momento: ​Dilagare della Nausea nel protagonista.
Anche il volto del protagonista é deformato, non riconosce più i suoi particolari: ciò accade
quando é isolato, mentre le persone che vivono in società hanno imparato a vedersi come
specchi attraverso gli altri.
Nel caffè non trova più la padrona con cui trascorreva le notti e la nausea lo coglie
totalmente.
L’insistere dell’essere spezzato e di non avere più confini: con la Nausea l’individuo non è
più individuabile ma è spezzato.
2 intermezzo: ​Roquentin cerca di arginare la Nausea attraverso la musica e chiede a
Maddalena di mettere la sua canzone preferita,​ ​Some of these days:​ le note non hanno
sosta e il ritmo della musica sembra dare tregua a Roquentin.
Egli afferma di avere una piccola felicità fuggevole; l’attesa del ritmo sempre uguale lo
organizza e la Nausea si interrompe.
La consolazione é nell’avvenimento preparato da tante note, dalla fuga delle note che vanno
quasi a sbattere contro una scogliera.
Le cose sembrano quasi rientrare nei loro confini.
É solo un momento di tregua che è seguito da un ​altro intermezzo:​Roquentin si sofferma
sul fatto che non ci sono e non ci possono essere più avventure.
Questa riflessione è importante perché Sartre stesso aveva proposto come titolo alternativo
Le avventure straordinarie di Roquentin: ​il senso dell’avventura é un senso stesso del testo.
Scegliere tra vivere e raccontare.
4^momento: descrizione di una domenica a Bouville: Roquentin contrappone la regolarità
della vita dei borghesi e il mancato ordine della sua vita.
Sottolinea la sua estraneità della vita in comune dei Bouvillesi e contrappone la sua
solitudine che si amplifica con gli eventi bellici del tempo (e che Sartre ha vissuto anche in
prima persona avendo vissuto a Berlino tra il ‘33 e il ‘34).
Roquentin si sente circondato da uno scenario di cartone che può scollarsi e crollare da un
momento all’altro: gli oggetti sono indeboliti e tutto può succedere, tutto può capitare.
3 intermezzo o riflessione: ​Anche la scrittura non può dargli pace, mettere in ordine.
Egli rinuncia a scrivere il testo su Rollebon; la vita di Roquentin perde ancora dipiù di senso.
(Interdipendenza di Rollebon e Roquentin: mezzo di far vivere Rollebon e ragion d’essere
per Roquentin).
FINE DELLA FENOMENOLOGIA DELLA NAUSEA.

SECONDA PARTE:CHE COS’É LA NAUSEA?QUAL È LA SUA CAUSA?


La nausea viene indicata come la scoperta dell’esistenza “Il mio pensiero sono io, ecco
perché sono io e non posso impedirmi di pensare” “L’esistenza è molle e sballottolo”:
dubbio cartesiano.
Attraverso questo dubbio incalzante emerge il fatto di esistere.
1 intermezzo: ​Incontro con l’Autodidatta e discorso sull’umanismo.
L’Autodidatta crede negli uomini, sono lo scopo della sua vita; ama l’Uomo in quanto tale.
Roquentin ritiene che non si possano amare gli Uomini ma solo il singolo uomo.
(Questo scambio di opinioni anticipa la posizione di Sartre in ​L’esistenzialismo é un
Umanismo:​ cercando di contrapporre a quell’ideale un uomo libero che è ciò che si fa).
La sola idea che si possa amare l’Uomo in generale, principio generale a cui doversi
conformare provoca in Roquentin una sensazione di Nausea.
ESSERE NEL MONDO: questa sensazione provoca Nausea.
La Nausea si manifesta anche di fronte al fatto che gli oggetti iniziano ad esistere: il saltare i
confini di carta tra lui e le cose.
Voler essere cosa con confini delineati: nella contrapposizione tra un ESSERE IN SÉ
(inintenzionalità)(COSA CHE É) e ESSER PER SÉ (libertà)(COSA CHE PUÓ ESSERE).
Sartre attraverso Roquentin ha compreso la Nausea: il problema per Sartre é sia ​ridurre
l’esistente all’essere​, sia ​che tutto sia esistente.-> struttura di cartone di confine tra le
cose che può saltare da un momento all’altro.
2^momento: consapevolezza di essere sé stesso, esistente.
Attraverso questo processo l’esistenza viene colta nella sua concretezza: Sartre mette in
luce che l’esistenza non è categoria astratta che indica la presenza di qualcosa ma qualcosa
di concreto.
3^ momento: consapevolezza del fatto che l’esistenza é ​Assurda ​e assolutamente
Contingente.
Esistenza é essere lì, semplicemente: l’esistenza non la si può dedurre.
Essere nel mondo ed esserne consapevole.
NAUSEA:​Sentimento che deriva dal voler assumere come prospettiva l’Umanismo generico
e consapevolezza del fatto che l’esistenza sia assurda e contingente.
TERZA PARTE:PUNTO DI SVOLTA.
Roquentin decide di non scrivere più il libro e di lasciare Bouville.
Ultimo tentativo di salvezza: incontro con Anny.
Anny aveva posto al centro della sua esistenza al ricerca di momenti perfetti e in qualche
modo potrebbe rappresentare nella vita ciò che Sartre si aspettava dalla letteratura: ​mettere
ordine.
Nell’incontro con Anny, Roquentin viene descritto come colui che si aspettava che la vita si
disponesse davanti a sé come un mazzo di fiori e Anny invece descrive sé stessa come
colei che voleva agire.
“Tu eri colui al quale capitavano le occasioni e io colei che le faceva capitare”.
Anche Anny si è convinta che non si può più essere uomini d’azione e anche lei si
sopravvive e che le avventure non sono più possibili.
Con la partenza di Anny, Roquentin raggiunge la libertà di ogni vincolo: “Tutte quelle ragioni
di vivere sono cessate”. “Questa libertà assomiglia un poco alla morte”: porta Roquentin
all’​inazione.
L’incapacità di decidersi e di agire viene a manifestarsi con l’inazione di Roquentin in
relazione all’episodio dell’Autodidatta in Biblioteca.
“Mi trovo tra due città: tra un passato che non c’è è un presente inesistente”-> due luoghi
dell’anima.
“L’una mi ignora, l’altra non mi riconosce più”.
Il punto di svolta è dato dalla partenza di Anny: lo ha svuotato; Roquentin é diventato una
coscienza vuota, anche se non può esistere perché si é ​coscienti di aver coscienza.
Questa vuotezza percepita non può essere davvero tale: ciò che resta é l’esistenza che
sente di esistere.
Anche nel suo grado zero la coscienza é sempre coscienza di questo oblio.
2^momento: Roquentin é un’esistenza concreta e concretamente sa di voler partire e va alla
locanda per salutare Maddalena per l’ultima volta alla locanda ed è tentato dell’inazione,
anche se non vuole vivere come un fungo; eppure vivere gli può provocare soltanto ulteriore
esistenza e ulteriore nausea.
Intermezzo: La salvezza é nella scrittura?
Scrivere ritarda la Nausea, quindi non riesce a lasciarsi all’inazione. (non è la vera salvezza)
Al caffè Maddalena rimette il disco: “dire che ci sono imbecilli che vedono nell’arte
consolazione”.
Intermezzo: Anche la musica porta consolazione?
Non lo sa. Ma sa che prima di ascoltare il disco sicuramente la sua vita era lontana dal
nuotare nella beatitudine e che gli oggetti erano fatti di laida sofferenza e si sente a suo agio
nella bruttezza.
La vita non si può vivere come in un racconto (ridurre la vita a letteratura) non è possibile
nemmeno ridurre la vita a tempo di musica perché la vita è ​contingenza, é imperfezione.
Non è l’esperienza estetica della musica ad avere questo effetto consolatorio; attraverso
l’ascolto della musica Roquentin giunge alla consapevolezza della differenza tra ​la
coscienza e le cose, l’esistenza e le cose; il suo problema era stato quello di
cosalizzare l’esistenza, di rendere l’esistenza come una cosa, di volerla bloccare e di
non volerne accettare la contingenza e l’assurdità.
Il disco che suona e la puntina (il piccolo dolore di diamante) “non è questo pietoso, ma ci
riporta al fatto che noi tutti ci eravamo abbandonati all’esistenza e ci sorprende nella nostra
trasandatezza. Il disco che suona é e non esiste: non ha nulla di troppo, é il resto che ha di
troppo in rapporto ad esso”.
Il disco ha una sua essenza, e non esiste, non ha nulla di troppo: é un oggetto che non può
diventare altro da sé, non è libero; non è eccedente e non si può trascendere.
Il problema era stato questo:utilizzare l’arte per consolarsi, voler ridurre l’esistenza ad una
melodia netta, precisa, ad una nota di sassofono, il problema é stato essere e non esistere,
cacciare l’essere fuori di sé; “é questa consapevolezza e non la letteratura in sé a far vedere
chiaro nell’apparente disordine della mia vita”.
Questa consapevolezza é in grado di riportare l’ordine tra l’esistenza e le cose.
Errore: voler trasporre la vita altrove. (musica, letteratura, arte)
La vita è eccedenza, possibilità di superarsi, é contingenza.
3^momento:Dopo aver compreso di essere in una bettola davanti a un bicchiere di birra, la
melodia ricomincia che può svolgere la sua funzione: ci riporta ad un uomo preciso, alla sua
storia e alla sua esistenza, all’uomo che l’ha composta.
La melodia riporta ad un esistente stesso.
Ritorna un elemento di ambiguità: Roquentin chiede di riascoltare il disco e non pensa più a
sé ma a quell’uomo attraverso la melodia giunge all’esistente.
Quando pensa a quell’uomo si commuove non per umanitarismo ma perché pensa a
quell’uomo, al singolo esistente, perché ha assunto su di sé l’esistenza.
Roquentin afferma che il cantante e il musicista si sono salvati attraverso la composizione di
quell’opera e sono quasi come degli eroi da romanzo: quest’idea gli procura gioia.
Dopo aver criticato il fatto che la letteratura possa offrire e creare salvezza, organizzare la
vita, se questo motivo ritorna alla fine del testo afferma di poter giustificare un po’ la sua
esistenza.
Roquentin vuole scrivere un’opera che non parla più del passato ma del presente
(guardando al futuro): rimane questa ambiguità perché lo scrittore mentre scrive non ha
ordine nella sua vita, ma dopo aver scritto l’opera permetterebbe di giustificare la vita di colui
che scrive soltanto dopo averla conclusa, solo con il passato sarebbe capace di accettare sé
stesso.
Conclusione: ​Dubbio sul fatto di esser partito o meno.
Dopo aver criticato l’utilizzo della letteratura come qualcosa che consola sembra dirci che
continuerà a fare letteratura non più rivolta al passato ma al presente per gettare luce sul
proprio passato.

LEZIONE 7
La Nausea: venir meno del mondo borghese e perdita di senso delle cose con le quali
Roquentin ha a che fare; decomposizione e fluidificazione del soggetto stesso.
L’individuo che rappresenta ciò che non può essere diviso in questa prospettiva di frantuma.
La possibilità della svolta viene descritta in maniera differenziata; i tentativi si intrecciano tra
loro e coinvolgono il modo in cui Sartre concepisce l’arte in generale è la letteratura in
questo periodo.
Nell’arco di questa fenomenologia Roquentin riflette a lungo sul ruolo e sul significato e della
musica, della letteratura e dell’arte in generale. Questo discorso è piuttosto differenziato
perché da un lato nei primi passi in cui tematizza la musica sembra percorrere la strada
della concezione della musica come qualcosa che organizza la vita stessa attraverso il loro
susseguirsi di note; questa salvezza é momentanea che non offre quel punto di volta che
non permette al protagonista di salvarsi.
Nella parte conclusiva il protagonista afferma di sentire un sentimento di freddo; solo dopo la
guerra il soggetto e Sartre stesso riuscirà a sentirsi orientato e integro.
Un altro tentativo di salvezza é quello di considerare anche la letteratura come qualcosa che
ordina e organizza la vita; in un primo momento Roquentin si occupa di dare ordine alla sua
vita, ma questa soluzione non sarà definitiva e verrà rifiutata.
Una terza possibilità sarà ricercata attraverso l’incontro con Anny, che si rivelerà falsa
perché anche lei ha scoperto l’esistenza e si sopravvive, e ha rinunciato ai momenti perfetti.
Il punto di volta si ha quando Sartre afferma che la letteratura può dare salvezza ma implica
un dubbio tra non vivere e vivere.
Nella parte conclusiva Roquentin capisce che nel suo mondo manca una differenza tra gli
esistenti e il mondo, le cose, gli oggetti.
Roquentin ha provato nel corso della fenomenologia a vivere come se fosse una cosa
(essere piuttosto che esistere).
Con l’esperienza dell’arte e della musica, quest’ultima non è più un’esperienza artistica che
salva perché struttura ma utilizzata come punto di volta perché pone il protagonista davanti
alla differenza tra le cose, gli enti e l’esistenza, vedendo e ascoltando la musica e il disco.
Prima dell’esperienza della guerra Sartre conserva una considerazione dell’arte come
consolazione; dopo questo percorso Roquentin afferma che l’esperienza musicale nella
locanda lo riporta all’esistenza del compositore e quindi ad un momento di vicinanza
all’esistenza del compositore, vicinanza che non avviene per Umanitarismo, ma perché il
compositore é un esistente e vive la sua vita con tutte le sue contraddizioni.
A questo punto il protagonista crede sia possibile una sorta di salvezza attraverso la
letteratura, che non deve essere più rivolta al passato ma al presente (direzione della
concezione successiva della letteratura di Sartre); in questo momento specifico,però, non
ancora in grado di intervenire sul presente.
Il protagonista affermerà che la scrittura continuerà a portarlo alla sofferenza dell’esistenza
però una volta compiuto il percorso della scrittura la giustificazione dell’esistenza potrà
comunque avvenire al passato.
Sartre non ha ancora gli strumenti per concepire la letteratura come radicata in un presente
che vuole modificare e quindi la letteratura ha come tema l’esistenza presente ma la sua
funzione non è ancora quella di intervenire su questo presente per modificarlo.
La letteratura ha una funzione catartica dell’arte solo in riferimento al passato.
Soltanto l’esperienza della guerra farà in modo che Sartre concepirà la letteratura come uno
strumento per modificare il presente.
È importante il fatto che Sartre riprende questa contraddizione tra esistenza e mondo
esterno in ​Essere e Tempo, a ​ ttraverso i termini ​Essere in sé e Esser per sé.
In ​Essere e Nulla​, testo concepito da Sartre a partire dal 1940 e che pubblica nel 1943, si
pone lo scopo di fornire una ​ontologia della coscienza ​intesa come ​esser nel mondo:​una
descrizione di quelle che sono le strutture costitutive della coscienza intesa come essere nel
mondo, cioè l’uomo non è inteso come qualcosa di isolato dal mondo; l’uomo é un intero che
si struttura e organizza come essere nel mondo.
La ​coscienza​, in questo testo, è rappresentata come ​coscienza di qualcosa:​ di cosa? Di
qualcosa che non è coscienza. ->Distinzione tra Uomo (Coscienza) e le cose (ció che non è
coscienza).
Sartre definisce ciò che non è coscienza, ​l’Essere in sé​, a differenza dell’​Esser per sé​ che
è la coscienza stessa.
​ vvero gli enti deformati nella Nausea, sono pura ​positività: ​l’essere in sé é
L’​esser in sé, o
ciò che semplicemente é (come il disco che è e non esiste);
l’essere che si pone dinanzi all’​in sé, è ​ la ​coscienza ​che Sartre definisce ​L’esser per sé,​
ovvero presenza a sé stessa (coscienza di qualcosa, di sé stessa) e implica una
separazione, dell’essere nella coscienza: perché la coscienza sia coscienza di qualcosa é
necessario che ci sia una separazione che si verifica attraverso il ​nulla.
Sartre chiamerà questo ​nulla e ​ il suo potere ​nullificante, ​libertà.
Perché questo? Perché la coscienza ha bisogno di una spedizione tra sé e ciò a cui fa
riferimento, il qualcosa.
La possibilità ​fluidificante​ che la coscienza ha é la ​nullificazione​; è possibilità di esistere, di
trascendersi, di poter andare oltre di sé, di eccedersi.
Le cose sono nella loro positività e non possono essere altro da ció che sono.
La coscienza ha la possibilità in questo vuoto di poter divenire attiva attraverso l’esercizio
della libertà e del suo potere nullificante, che distrugge la mera positività.
Sartre insiste sulla possibilità di trascendere l’essere anche nella Conferenza; anche
nell’intervista ​La speranza oggi ​insiste sul trascendere e modificare il mondo in cui l’uomo si
trova.
Dopo Sartre (in Essere e il Nulla) si concentra sulle sfaccettature dell’Esser per sé, sulla
trascendenza; poi sulla struttura dell’Esser per altri; poi chiude il testo sulle possibili
realizzazioni della sua coscienza esistenzialista.
L’insistenza di Sartre sul Nulla e sulla libertà gli dà una possibilità diversa di agire sul mondo
esterno potendolo anche modificare, a differenza di quello che teorizzerà Heiddeger.
É importante il fatto che Sartre critichi l’essenza di una natura dell’uomo e che però si
troverà nella contrapposizione tra natura dell’uomo e condizione umana che implica una
fluidificazione del problema della natura umana e che però non risolve la questione fino in
fondo perché il problema potrebbe rimanere delegato ad un contesto di tipo metafisico.

Questioni della conferenza ​L’esistenzialismo é un umanismo​:


Sartre l’ha tenuta a Parigi il 29 ottobre 1945 in un club costituito subito dopo la guerra; la
conferenza fu seguita da un pubblico molto vasto.
Sacre ha scritto nel ‘43 il dramma Le mosche e nel ‘45 Porta chiusa, dramma che lo ha reso
famoso insieme a ​La Nausea.
Le mosche r​ iprende Eschilo e riprendono il dramma morale di Oreste che è ritornato ad Argo
(trasposizione di un problema) per il desiderio di ritornare nella sua città natale; in seguito al
confronto con la sorella decide di assumersi la responsabilità della sua azione vendicando
l'uccisione del padre da parte dell’amante e della madre.
A porte chiuse: ​dialogo tra tre individui che si trovano in una stanza chiusa con una forte
incomunicabilità e che si trovano di fronte alla necessità di ricostruire il proprio passato e
decidere il proprio presente.
L’esistenzialismo era quasi divenuto una moda a Parigi e Sartre sente il desiderio di
chiarificare la sua posizione e di rispondere ai cattolici e ai marxisti.
Critiche: ​volte alla sua produzione letteraria perche aveva entusiasmato e scandalizzato
perché i suoi personaggi mettono in discussione il mondo borghese e i valori condivisi.
Sartre restava nella perfezione comune un anti umanista per eccellenza e demoralizzava i
francesi che aveva bisogno di certezze in un periodo di declino; la desacralizzazikne della
vita borghese risulta essere dopo la seconda guerra mondiale estremamente irritante e
disorientante.
Viene posto il problema di una riflessione su che cos’è l’uomo e cosa fare nel contesto della
guerra.
Interverrà non solo Heiddeger, Merlot Ponti ma molti altri intellettuali.
La conferenza rappresenta un’esposizione chiara del pensiero di Sartre: non solo la
posizione nelle sue opere ma contiene variazioni rispetto alle sue opere precedenti alla
guerra.
Sartre conclude l’essere e il nulla essendo a conoscenza del fatto che debba rivolgersi
all’aspetto morale delle questioni trattate nelle sue opere.
La filosofia del dopoguerra rappresenta un’apertura concreta e graduale del pensiero di
Sartre verso l’impegno.
Il mondo e gli altri non vengono più considerati come ostacolo alla libertà, ma come una
realtà intersoggettivita e la libertà umana come responsabilità condivisa.
Mira ad una teoria filosofica Sartriana e una prassi: egli vuole incidere sulla condizione
umana per poter intervenire sulla condizione sociale dell’uomo.
L’uomo decide di ció che è e di ciò che sono gli altri: questa teoria sarà criticata dai Marxisti.
Titolo: che cos’è esistenzialismo e che cos’è umanismo?
Esistenzialismo:ogni filosofia che si concepisca e si eserciti come analisi dell’esistenza: cioè
il modo di essere dell’uomo nel mondo.
Ha come oggetto principale l’esistenza; si pone come obiettivo l’analisi di questa.
L’esistente è inteso come l’esser nel mondo e implica la concezione del mondo come
qualcosa che non è già costituito ma che in qualche modo l’esistenza contribuisce a formare
interagendoci.
Ritorno di Kierkegaard: aveva per prima parlato dell’uomo in termini di esistenza, intesa
come nesso tra possibilità e angoscia.
L’esistenzialismo é la crisi dell’ottimismo romantico che era rappresentato da un principio
infinito che spiega tutto il reale.
L’esistenzialismo considera l’uomo come un ente finito e limitato nelle sue capacità e nei
suoi poteri che è gettato nel mondo nel determinismo di esso; connessione tra capacità e
poteri dell’uomo e il mondo.
Al centro è posto l’uomo ed è implicita la morte di Dio Nitchiana: messa in discussione dei
valori tradizionali e e accentuazione dell’aspetto propositivo dell’esistente stesso.
Nell’esistenzialismo é presente una posizione atea e una cattolica; in Germania ne è
esponente Martín Heidegger.
Heidegger non accetterà mai questa definizione di esistenzialismo e non si riconoscerà mai
in questo orizzonte; nella lettera sull’umanismo afferma che “La tesi capitale dell’esistenza,
ovvero l’esistenza precede l’essenza non ha nulla in comune con la frase de ‘L’essere e il
tempo” “Essenza dell’esserci sta nella sua esistenza.
Umanismo: nasce da un’orazione sulla dignità dell’uomo tenuta da Pico della Mirandola
verso la fine del 1400.
Nella parte introduttiva l’uomo viene caratterizzato come una via di mezzo tra divino e
umano e dotato di libero arbitrio.
É questo aspetto filosofico dell’umanismo che Sartre recupera quando Sartre definisce la
sua filosofia come un’umanismo, nonostante le differenze.
Il mondo del rinascimento é, però, un mondo ben ordinato e limitato; nel mondo Sartriano
questi confini saltano.

LEZIONE 8
“​L’esistenzialismo é un umanismo”
La caratteristica essenziale dell’esistenzialismo mette in discussione dello stare dell’uomo
nel mondo.
É fondamentale il tema della libertà e responsabilità: se é l’uomo che crea il mondo in senso
spirituale, in quanto l’esistenza dà senso al mondo.
In senso storico sembra che Sartre voglia collegarsi all'umanesimo storico rinascimentale.
Per umanesimo si intende un periodo storico le cui origini sono tracciate dopo la metà del 14
esimo secolo e culmina nel 15esimo secolo; tale periodo si caratterizza per un più ricco è più
consapevole fiorire degli studi sulle lingue e letterature classiche, considerate come uno
strumento di elevazione spirituale per l’uomo e perciò chiamati ​studia humanitatis.​
Questo periodo storico si colloca all’interno del Rinascimento, caratterizzato da una rinascita
dell’uomo e dell’umano, con un dominio schiacciante sulla teologia e sulla religione: c’è una
evidente centralità della riflessione dell’uomo e della sua spiritualità.
Nell’orazione di Pico Della Mirandola emergono temi rielaborati da Sartre nello scenario
novecentesco in cui visse; tutte le cose del creato hanno una natura ben precisa, ma l’uomo
non è costretto in una barriera, una natura, ma può scegliere se voler essere creatura
celeste o bestiale, viene dotato di libero arbitrio.
L’uomo é ​artefice di sé stesso​ (​homo faber suae): ​Sartre riprende questo concetto di
libertà e intenzionalità che rielaborerà nella sua filosofia.
Già Pico della Mirandola evidenzia che le cose hanno dei confini, una natura ben definita,
mentre l’uomo può decidere attraverso il libero arbitrio da che parte stare e in questa libertà
intravede la dignità dell’uomo.
Soltanto nella lingua italiana esiste una differenza tra umanesimo e umanismo: sia in
tedesco che in francese esiste soltanto il termine “umanismo”.
Il termine umanesimo indica il periodo storico mentre il termine umanismo indica la
riflessione concettuale e filosofica propria sull’uomo.
La conferenza l’​Esistenzialismo é un Umanismo ​fu tenuta il 29 ottobre 1945; Sartre parte
dalla discussione delle critiche che sono state mosse principalmente dai cattolici e marxisti.
1^ parte:critiche mosse all’esistenzialismo
I cattolici e i marxisti accusano gli esistenzialisti di ​mancare della solidarietà tra gli
uomini​, in quanto esso parte dalla considerazione dell’io isolato e non sono in grado di
pensare ad una dimensione intersoggettiva.
Sia i cattolici che i marxisti insistono sull’esito quietista dell’esistenzialismo con
accentuazioni diverse:
-i comunisti affermano che l’esistenzialismo accentua gli aspetti negativi dell’uomo,
spingendo alla disperazione e all’incapacità di trovare soluzioni
-i cattolici sottolineano l’incapacità di agire perché mancano valori di riferimento
Sartre risponde:
I comunisti accusano di quietismo (inazione) e disperazione; l’azione risulterebbe essere del
tutto impossibile e tale prospettiva filosofica sfocerebbe nella filosofia contemplativa->
significa che la filosofia esistenzialista é soprattutto una filosofia borghese
I cattolici accusano di mettere in evidenza la negatività dell’uomo e di non apprezzare la
bellezza dell’uomo e della vita.
L’uomo esistenzialista é destinato a comprendere la coscienza di sé nella solitudine: l’io
isolato si manifesta attraverso il dubbio cartesiano e il suo pensare in modo solitario.
CRITICHE:
Quietismo di disperazione
Evidenza degli aspetti torbidi e brutti dell’umanità
Mancanza di solidarietà tra gli uomini
Solitudine cartesiana
Incapacità di agire dovuta dal mancato riconoscimento di Dio e impossibilità di dirigere le
azioni dell’uomo verso un mondo orientato

Prima specificazione di umanismo: il termine umanismo non indica ciò che è stato inteso
dalla tradizione e criticato ne ​La Nausea.

2^parte ​Pessimismo ed esistenzialismo fino a L’uomo quale si fa: ​Sartre prova a


definire l’esistenzialismo;
Esistenzialismo come una dottrina che rende possibile la vita umana e che d’altra parte
dichiara che ogni verità e ogni azione implicano sia un ambiente che una soggettività
umana”

1^punto: al centro dell’esistenzialismo c’è l’uomo e la sua soggettività


2^punto: “l’esistenza precede l’essenza”: bisogna partire dalla soggettività. Questa
affermazione implica anche una diversa accentuazione dell’esistenza in senso soggettivo:
l’esistenza, infatti, non apparirà come una realizzazione e una concretizzazione di
un’essenza già data ma come un progetto, come una proiezione in avanti, come un
movimento, proteso verso la sua realizzazione; ne deriverà che salta il concetto di natura
umana o essenza.
3^punto: “non esiste una natura umana, l’uomo è ciò che si fa”: in ciò consiste la sua libertà.
Attribuendo maggiore dignità all’uomo riprende il concetto elaborato da Pico della mirandola
e identifica con la libertà, la natura non codificata dell’uomo. Pur muovendo da questa idea,
la libertà dell’uomo rinascimentale é limitata e prevede una concezione del cosmo data: alto
e basso, divino e animale. Quando Dio viene messo in discussione l’ordine salta e la libertà
viene sciolta da qualsiasi natura.

3^ parte:Conseguenze morali della definizione di esistenzialismo (così intesa) e sul


nesso tra responsabilità, scelta e angoscia.
1^punto:L’uomo come progetto, responsabile di ciò che fa
2^punto: Nesso tra responsabilità, scelta e angoscia e consapevolezza del fatto che la
nostra scelta abbia una ripercussione anche sugli altri

Da questo punto in poi Sartre prova a definire l’esistenzialismo difendendolo dalle accuse
che lo considerano una vera e propria moda e che pone l’accento su aspetti scandalosi;
Sartre afferma che attribuire una dimensione scandalosa dell’esistenzialismo deriva dal fatto
che in mancanza di scuole d’avanguardia come il surrealismo si sia provato
all’esistenzialismo lo stesso ruolo di rottura.
In realtà come Sartre specificherà “tutto si può dire tranne che L’esistenzialismo sia una
filosofia scandalosa”; metterà in evidenza che ciò che rende complicato dare una sola
definizione dell’esistenzialismo è il fatto che ci siano più correnti esistenzialiste (francese,
tedesco, cattolico,ateo).
Eppure il tratto il comune tra le diverse concezioni è che bisogna partire dalla soggettività
“l’esistenza precede l’essenza”.
Cosa vuol dire? Q ​ uando si considera un oggetto fabbricato, come un libro o un taglia carte,
si sa che quell’oggetto è opera di un artigiano che si è ispirato a un concetto.
L’artigiano si è riferito al concetto di tagliacarte e ad una preliminare tecnica di produzione
che fa parte del concetto stesso che è in fondo una ricetta: è un oggetto che si fabbrica in
una determinata maniera ed ha una utilità ben definita tanto che non si può immaginare un
uomo che faccia un tagliacarte senza sapere a cosa possa servire. Diremo che l’essenza
(modo di produzione, utilità) precede l’esistenza.
E così la presenza di un certo oggetto è determinata: visione tecnica del mondo, in cui la
produzione precede l’esistenza.
Contrappone un oggetto e quindi una cosa al soggetto, esistenza umana e oggetto
fabbricato a partire da un’idea ben precisa.
(In ​La Nausea​ si prova a cosalizzare l’esistenza ed è quello che non può accadere).
Visione tecnica del mondo: la produzione precede l’esistenza.
Questa convinzione tecnica vale anche se non pensiamo più che ci sia un Dio artefice del
mondo: gli oggetti hanno una loro idea definita e questa idea di prodotto viene trasposta
anche sulla concezione dell’uomo.
“Noi pensiamo un dio creatore, concepito alla stregua di un artigiano supremo”
Noi pensiamo a Dio come un sommo artefice: la volontà è posteriore all’intelletto-> il
concetto dell’uomo nella mente di Dio come un tagliacarte creato dall’uomo, in cui l’essenza
precede ancora l’esistenza; anche quando l’idea di Dio é morto, quella ontologia testa
ancora tale.
Resta ancora quella concezione che si sviluppa nel ‘700,quando si inizia a parlare di natura
umana e di Uomo universale ed è da lì che si fondano i diritti degli uomini: da lì deriva
l’umanismo dell’Autodidatta che Sartre intende criticare. (Uomo come prodotto di Dio)
Messa tra parentesi della natura dell’uomo stesso.

LEZIONE 9
Conferenza ​Esistenzialismo é un umanismo​ carattere.
La prima parte della conferenza affronta la discussione delle critiche mosse a Sartre.
Nella Nausea Roquentin riesce a trovare nella solitudine una via d’uscita mettendo ordine al
mondo e riuscendo a recuperare quel confine di cartone che può saltare da un momento
all’altro; dall’altro si aggrappa come unica capacità che ha come esistente che offre una
tiepida e ricostruisce il passato dell’autore.
Quindi la critica volta a Sartre sulla solitudine, sull’io penso cartesiano e dell’esclusione dalla
solidarietà umana, è comprensibile (da parte dei cattolici e marxisti).
I cattolici accusano gli esistenzialisti di negare la consistenza e l’esistenza dell’agire umano;
mettono in evidenza che sopprimendo i comandamenti di dio precludono la possibilità di
agire perché mancano criterio e ordine eterni.
Mancanza di solidarietà tra gli uomini
Accuse di quietismo:
Marxisti->evidenziano che l’esistenzialismo accentua gli aspetti negativi dell’uomo,
insistendo sull’incapacità di trovare soluzioni e sulla disperazione
Cattolici->impossibilità di agire che deriva dalla mancanza di valori e di un punto di
riferimento

Sarà proprio l’esperienza della guerra ad indurre Sartre ad assumere una prospettiva
lievemente differente rispetto a prima: “nichilista e anarchico” che non aveva avuto conto
dell’intersoggettività e dell’agire.
Sartre sembra in qualche modo appoggiare questa critica ;l’esistenzialismo de ​la Nausea
sembra quindi, in questo modo, cambiare.

Che cos’è l’esistenzialismo é che cos’è l’umanismo?


Sartre parte subito affermando che “L’esistenzialismo é quella dottrina che rende possibile la
vita umana e che dichiara che ogni verità e ogni azione implicano sia un ambiente sia una
soggettività umana”: al centro dell’esistenzialismo c’è l’uomo e la sua soggettività.
1 punto che viene discusso: ​legame tra esistenzialismo e pessimismo.
L’esistenzialismo​ ​é accusato di porre in risalto il lato deteriore della vita umana; per questo
motivo L’esistenzialismo viene associato al naturalismo di Zola e alla descrizione cruda della
vita umana. Sartre afferma che ciò che fa più paura della dottrina dell’esistenzialismo é il
fatto che essa lascia possibilità di scelta all’uomo.
Nel provare a definire cos’è l’esistenzialismo e sul fatto che esso sia diventato una moda.
Perché?
“In mancanza di altre avanguardie, la gente avida di scandali, si rivolge all’esistenzialismo;
tuttavia l’esistenzialismo é tutto oltre che una dottrina scandalosa.”
C’è una componente scandalosa dell’esistenzialismo: episodi scabrosi e durezza
terminologica tipici della letteratura Sartriana (omosessualità, impotenza): possiamo dire che
c’è una componente di rottura con il mondo borghese e le tradizioni e di scandalo soprattutto
nella sua produzione giovanile.
Sartre cerca di andare oltre quella rottura con la società e di anzi, trovare un accordo con la
società circostante.
Partendo dalla sua complessità, Sartre afferma che esistono due concezioni esistenzialiste:
cattolica è atea.
Nella prima parte, dunque, descrive i problemi rilevati nell’esistenzialismo; é anche un passo
in avanti nella comprensione della stessa dottrina.
2 punto:L’aspetto comune a tutte le scuole é che ​l’esistenza precede l’essenza: i​ l punto di
volta di Roquentin ne ​La Nausea ​riguarda la sua capacità che sono e basta e l’esistenza; nel
suo mondo le cose avevano perso i confini e avevano preso esistenza e la sua esistenza
che è contingente, che egli voleva cristallizzare e rinchiudere in una categoria dell’essere.
Esistenza invece, può trascendere e creare altro da sé.
La diadi concettuale che sarà espressa in ​Essere e Tempo, ​ “​Esser in sé e ​ d ​Esser per sé” ​si
applica in questo contesto come spiegazione di tale differenza.
Essenza: in senso Aristotelico é la sostanza, cioè l’insieme delle caratteristiche essenziali
che definiscono le cose-> (palla é rotonda)
Esistenza: concreta realizzazione dell’idea, dell’essenza.
In entrambi i casi si può dire per le cose l’essenza precede l’esistenza (prima il progetto
della sedia e poi la realizzo): in una visione tecnica del mondo, la produzione precede
l’esistenza.
In realtà il problema sorge quando trasponiamo questo modo di intendere le cose sul
mondo, sull’esistenza: critica alla filosofia Aristotelica perché ha trasposto questa visione
tecnica anche all’uomo, uomo come progetto.
Il nucleo del problema è che l’uomo non può essere considerato come cosa, non ha una
natura codificata, la sua esistenza singola non è una trasposizione di quella visione.
Sartre afferma che a questa concezione facciamo riferimento anche quando pensiamo a Dio
come fabbro, sommo creatore che ha creato l’uomo ispirandosi ad una tecnica predefinita:
l’uomo individuale è un progetto di Dio.
(Concezione tecnica del mondo).
Anche se dal 18esimo secolo l’idea di Dio come creatore è morto, non scompare che
l’essenza precede l’esistenza: é questa concezione che Sartre vuole scardinare. Non c’è
una idea di uomo già fatto, ma ogni uomo si fa.
Critica implicita all’umanismo​: mossa agli Uomini caratterizzati da una natura ben precisa.
3 punto: se non esiste una natura umana, l’uomo è ciò che si fa.
L’esistenzialismo ateo si contrappone alla dottrina della natura umana perché per
l’esistenzialismo l’uomo è ciò che si fa e da ciò deriva che l’uomo stesso é futuro, e quindi
responsabile di sé e con sé dell’umanità.
L’uomo esiste innanzitutto, si trova e sorge nel mondo e che si definisce dopo, secondo la
concezione esistenzialista l’uomo si potrà definire quando si sarà fatto.
Non c’è dunque una natura umana perché non c’è un Dio che la concepisce: l’uomo non è
altro ciò che si fa e in questo modo si deve intendere anche la sua soggettività. La dignità
maggiore dell’uomo consiste che egli è ciò che si fa, ha una sua libertà di farsi.
(Riprende Pico Della Mirandola)->UOMO HA NATURA INDEFINITA, É LIBERO.
Giovanni Lindo Ferretti
Pur muovendo da questa idea, la libertà dell’uomo rinascimentale è limitata in un cosmo
fatto di alto e basso; nel momento in cui l’esistenza di Dio é messa in discussione anche
l’ordine del mondo lo diventa.
Si conclude un primo fondamentale della conferenza che riguarda la ​definizione
dell’esistenza ​(esistenza precede essenza e uomo è ciò che si fa).

3^nucleo problematico: Conseguenze che derivano da questa definizione di


esistenzialismo relative al nesso tra responsabilità, scelta e angoscia.

Quali sono le conseguenze pratiche?


L’uomo è progetto ed è responsabile di ciò che fa.
L’uomo è innanzitutto un progetto che ha coscienza di progettarsi.
Sarte fa cadere sull’uomo la responsabilità di tutti gli uomini: il termine soggettivismo non
deve essere inteso come scelta individuale per sè stesso, ma come l’impossibilità dell’uomo
di oltrepassare la soggettività umana; si intende la concezione umana e la condizione in cui
si trova.
Quando sceglie l’uomo non sta scegliendo soltanto per sé ma nella sua scelta implica
l’umanità nella sua complessità.
“Scegliendomi, io scelgo l’uomo”. Il problema è la difficoltà di fare una scelta individuale e
proiettandola in una dimensione più ampia.
Strettamente connessa alla responsabilità è il concetto di angoscia: l’uomo che assume un
impegno è consapevole di essere non soltanto colui che sceglie di essere ma anche un
legislatore che sceglie per sé e per l’intera umanità.
L’uomo non può sfuggire al sentimento della propria, profonda e completa responsabilità: da
questo senso di responsabilità deriva il senso di angoscia.
Chi non lo prova sta assumendo una scelta solo per sé.
L’uomo è obbligato in ogni istante a farsi da modello: l’angoscia non conduce all’inazione,
ma al contrario è il sentimento connesso alla responsabilità di agire e alla decisione.
Nasce dalla valutazione di tutte le soluzioni possibili ed è una condizione necessaria alla
scelta.
Confusione tra Nausea e Angoscia: la Nausea ci impedisce di agire; é necessario
comprendere il passaggio della concezione Sartriana della stessa-> angoscia come
inquietudine che ci assale nel momento in cui proviamo ad assumerci una responsabilità che
non riguarda solo noi; non blocca l’agire umano ma ne è una sua condizione.
Provare angoscia è un sentimento che non proviene da idee precostituite da analizzare, ma
dalla pura creatività, che implica pensare ad una vasta gamma di soluzioni e fattori di tener
conto.
L’esistenzialismo si oppone ad una morale laica che vuole eliminare Dio senza effettive
conseguenze; con Dio svanisce la possibilità di avere un ordine costituito e l’uomo è libero.
L’esistenzialismo non ha un orizzonte di valori a cui fare riferimento e l’uomo é obbligato a
crearsi dei valori da sé.

LEZIONE 10
“L’esistenzialismo è un umanismo”
Riconoscimento dei limiti stessi della sua produzione e dall’esigenza di provare a riflettere
da questo binomio tra esistenzialismo e umanismo e possibilità di azione.
L’esistenzialismo consiste nel mettere al centro l’uomo con la sua attività. (Dottrina
dell’azione)
CRITICHE: Affermazione “Non è una filosofia dell’inattività” e “L’esistenzialismo é
una filosofia solipsista in cui manca il piano dell’intersoggettività e della solidarietà
umana”
Il primo punto viene discusso da Sartre partendo dall’esposizione del cuore della dottrina
esistenzialista: bisogna partire dalla soggettività “esistenza precede essenza”.
Heidegger afferma che invertendo il rapporto, l’intellettuale non ha risolto il problema e che
quindi Sartre sia rimasto in un orizzonte metafisico.
Sartre critica soprattutto la filosofia medievale secondo la quale vi é prima la definizione del
qualcosa di un oggetto e poi deriva da essa l’esistenza concreta del soggetto che non può
più valere per l’uomo.
Per Sartre bisogna portare alle estreme conseguenze la morte di Dio, invertendo il rapporto
tra essenza ed esistenza: al centro è posta la libertà dell’uomo.
Sartre ritiene che l’esistenza e quindi la libertà venga prima dell’essenza.

3^punto: conseguenze morali, pratiche di questa definizione di esistenzialismo:


nesso tra scelta, angoscia e responsabilità.
Angoscia come condizione propria della responsabilità di scelta.
La nausea r​ appresenta il punto zero della filosofia dell’agire perché Roquentin ha perso il
contatto con il mondo; il primo passo da compiere è comprendere che la distinzione
fondamentale tra l’​Esser per sé e l’Essere in sé.
Questa constatazione non basta per agire concretamente nel mondo: questa esistenza è
caratterizzata dalla libertà che implica una scelta.
Attraverso la letteratura riesce, Roquentin, a comprendere l’ordine delle cose: l’uomo
Sartriano ha fatto un passo in avanti, comprendendo la possibilità di agire nella sua libertà;
qui si radica la possibilità di proiettare le proprie azioni nel futuro perché le proprie scelte
riguardano l’umanità nel suo complesso.
Uomo come legislatore che sceglie per sé e nella sua umanità.
L’uomo è quasi obbligato ad agire creando un modello.
In ​Essere e tempo​ Heidegger mette in evidenza come Lahore derivi dal rompere la routine
quotidiana; azione non ha nulla a che vedere con la ripetizione di regole sempre uguali.
A questo punto Sartre si interroga sulle conseguenze morali di queste affermazioni in modo
ancora più approfondito.
CONSEGUENZE PRATICHE:“L’esistenzialismo si oppone ad un certo tipo di morale laica
che vorrebbe rinunciare a Dio senza trarne conseguenze”
Dal punto di visto pratico, Sartre fa riferimento al tentativo di alcuni intellettuali francesi laici
ragionando affermando che i valori che derivano da Dio, anche se non esiste, siano
necessari, salvati e considerati come esistenti a priori.
Si mette tra parentesi Dio ma i valori umani sono inseriti in un cielo intelligibile, cioè non
umano, spirituale: ma “non c’è scritto da nessuna parte che bisogna essere buoni, onesti e
che il bene esiste”.
“Se Dio non esiste, tutto è permesso” (Dostoevskij): L’esistenzialismo si muove in questa
direzione accentuando l’aspetto della libertà umana “se davvero l’esistenza precede
l'essenza non si potrà mai fornire un valore precostituito perché non esiste, l’uomo é
condannato ad essere libero”.
“L’uomo è l’avvenire dell’uomo inteso come un avvenire da costruirsi. In tal caso siamo
abbandonati a noi stessi, alla nostra scelta”.
Esempio: allievo venuto a chiedermi consiglio sul restare con la madre e allievarne
l’esistenza o partire e combattere per vendicare il fratello morto; morire nella sabbia non
sarebbe servito a niente, stare con la madre l’avrebbe aiutata a vivere.
La sua azione si sarebbe rivolta al singolo in modo certo o verso la collettività in modo
incerto: Sartre non gli dà consiglio tra i due tipi di morale, perché non esiste una morale.
Il giovane si affida al sentimento e all’istinto: egli sceglierà di restare con la madre.
Intende, con questo esempio, fortificare la sua posizione e discutere le morali e le posizioni
più affermate del suo tempo (morale Kantiana secondo lui ogni uomo deve essere trattato
come fine e non come mezzo ma gli altri sarebbero mezzi se uno è fine, pertanto ha un’idea
dell’uomo già data/nemmeno la concezione utilitaristica riesce a farlo perché non c’è una
giusta idea di giusto o sbagliato/ istinto e sentimento si costruisce dopo (dopo l’esistenza),
quindi nemmeno questa è una morale da poter seguire.
L’uomo dopo la morte di Dio è radicalmente libero e non ha un criterio verso cui orientare la
propria azione.

L’esistenzialismo é il contrario del quietismo; non c’è realtà che nell’azione e va più lontano
delle altre dottrine perché l’uomo è un insieme dei suoi atti e della sua vita, estendendo
questa visione all’uomo come singolo che crea l’umanità.
L’esistenzialismo fa orrore perché nessuno è in grado di prendersi le proprie responsabilità,
non riconoscono la propria libertà e vivono in un atteggiamento di malafede: rifiuta il
quietismo e giustifica la propria dottrina.
L’uomo non è nient’altro che l’insieme dei suoi atti e la sua vita: non c’è possibilità di amore
che si realizza oltre ciò che manifesta.
L’uomo è ciò che si può giudicare e che ha prodotto.
L’uomo è ciò che fa.
Ciò che mi si può criticare é il rigorismo ottimista: il destino dell’uomo è l’uomo stesso e lo
spinge verso l’impegno totale.
Non c’è dottrina più ottimista perché lo spinge ad agire: morale dell’azione e dell’impegno.

LEZIONE 11
Esempio dei gesuiti: giovane che si sentiva fallito in tutto, aveva perso ogni cosa; interpretò
questo segno indirizzandolo verso l’ordine dei gesuiti.
La scelta di farsi prete, che avrebbe potuto essere diversa; egli ha interpretato ciò pensando
che non fosse fatto per i trionfi secolari e quindi si dedicó alla religione.
Sartre entra nel merito delle obiezioni da parte dei marxisti: nell’evidenziare ció che è
possibile e ció che è probabile.
Il problema è che nella situazione concreta é l’individuo ad agire: fa riferimento alle accuse
dei marxisti e intende che non intende non far riferimento agli altri, ma non ad un altro
generico perché non sa come concretamente i singoli uomini perché sono liberi e decidono
per sé di volta in volta.
Questo per Sartre non significa abbandonarmi al ​quietismo​; ma anzi, non c’è bisogno di
ispirarsi ad un principio primo, altro, per agire: questo significa che sarà senza illusioni,
senza speranze per un generico altro.
Sartre, anzi crede che la sua dottrina spinge all’azione concreta degli uomini perché preme
sull’azione del singolo e non su quella ipotetica degli altri.
Gli atteggiamenti di malafede, anzi, sono quelli di coloro che non riconoscono la propria
libertà e di assumersene la responsabilità: “​l’uomo é ció che si fa”.
Circa sulla categorizzazione degli uomini: la gente vuole che esistano uomini nati vili o nati
buoni, eroi; l’esistenzialismo dice che il vile si fa vile e l’eroe si fa eroe, e può cessare di
esserlo.

L’esistenzialismo non è una dottrina del q ​ uietismo​ perché definisce l’uomo in base
all’azione e non è ​pessimista​ perché afferma che il destino dell’uomo è nell'uomo stesso e
né è un tentativo di distoglierlo dall’operare perché ciò che consente di vivere é l’azione:
l’esistenzialismo implica l’azione​ e l’impegno.

Sartre mette in evidenza che questa obiezione non è l’unica che gli è stata data: cattolici e
marxisti hanno accusato l’uomo di averlo murato nella sua solitudine.
È evidente che il punto di partenza dell’esistenzialismo é la soggettività: non perché “siamo
borghesi, ma perché vogliamo una dottrina fondata sulla verità e non un complesso di teorie
belle piene di speranze”.
Il suo pensiero va ad Heiddeger che in ​Essere e tempo ​aveva criticato la concezione
secondo la quale l’uomo va compreso a partire dalla soggettività e dalla coscienza: come
vedremo Heidegger parte dal termine esistenza per definire l’uomo però l’uomo sarà definito
un essere nel mondo in modo pratico e si rapporta in modo manipolante, ha a che fare con
le cose, gli oggetti “atteggiamento di commercio con le cose” e definisce qualsiasi riflessione
sulla realtà, della coscienza, come un momento ​derivato d ​ a questo approccio
pratico/pragmatico con le cose (non mette tra parentesi la coscienza ma la considera
derivata).
Heiddeger considererà la verità come un’apertura originaria in cui si danno le cose e si
fanno anche gli uomini; la verità non sarà considerata come la cosa, l’adeguazione degli
oggetti, ma in modo più radicale facendo perdere in qualche modo quel piano della verità
condivisibile: é questo il piano che Sartre non vuole perdere, quello della condivisione e
dell’intersoggettività.
Ciò però non vuole dire che Sartre voglia rifugiarsi in una soggettività ​solipsista​ che non
vuole interagire con gli altri :“l’io penso ci permette di scoprire noi stessi e gli altri”. “L’altro é
come una libertà di fronte a me che pensa: questo è il mondo dell'intersoggettività che è
indispensabile alla mia esistenza e al riconoscimento che io ho di me stesso e della
conoscenza che io ho di me” “l’uomo decide ciò che egli é e ció che saranno gli altri”.
Per Sartre non esiste una essenza universale (naturale) però esiste una universalità umana
di condizione: esiste una concreta situazione storica in cui tutti gli uomini si trovano, che è
radicata nella vita e nel tempo.
La condizione é un insieme di limiti a priori che delimitano una situazione (uomo come
schiavo o come signore feudale ma non cambia la sua necessità di essere nel mondo): ha
un che di ​oggettivo​ perché si trovano ovunque ma anche di ​soggettivo ​perché vissuti in
maniera diversa dai singoli nelle varie situazioni.
“In questo senso possiamo dire che c’è un’universalità dell’uomo ma essa non è data; essa,
però, non è data ma perpetuamente costruita: io costruisco l’universale scegliendomi, lo
costruisco comprendendo il progetto di ogni altro uomo in qualunque epoca egli sia. Questo
assoluto della scelta non sopprime la relatività di ciascuna epoca. In questo senso si può
dire che ciascuno di voi fa l’assoluto adoperando in qualsiasi maniera e non c’è alcuna
differenza tra essere un assoluto localizzato nel tempo ed essere comprensibile
universalmente e tra uomo progetto che si proietta nell’agire.
Sartre identifica l’universale col particolare: dormendo, mangiando, morendo siamo già
universali nella nostra condizione.
Ciò che accomuna tutti gli altri é il fatto della condizione di tutti: essere nel mondo, dover
decidere e avere un tempo limitato.
Obiezione: “Potete fare tutto ciò che volete se non c’è più alcun valore”-> Ci si accusa:
-di ​anarchia
-di non poter giudicare l’altro perché non vi è alcuna differenza
-tutto è gratuito e “date con una mano ciò che fingete di ricevere con l’altra”
Non è possibile non scegliere perché anche non scegliere é scegliere: di fronte alla
situazione io sono obbligato a scegliere; io porto la responsabilità di una scelta che ha
conseguenze su tutta l’umanità.
L’uomo si trova in una situazione organizzata in cui egli stesso é impegnato:
Sartre ci riporta alla situazione e ci dice che” in una situazione che fa di me un essere
sessuato che può avere rapporti con l’altro sesso che può fare dei figli, anche in questa
situazione io sono obbligato a scegliere un atteggiamento e porto la responsabilità di una
scelta che impegnandomi, impegna anche l’intera umanità anche se nessun valore a priori
influisce la mia scelta e non ha niente a che fare con un capriccio”
“L’uomo si trova in una situazione organizzata ed egli stesso é impegnato e impegna con la
sua scelta l’umanità intera e non può evitare di scegliere.”
Bisogna paragonare la scelta morale ad un’opera d’arte.
Non si tratta di una morale ​estetica:​ la Nausea si chiude con la decisione del protagonista di
scrivere un romanzo, un testo che volge al presente:morale dell’agire e manda soltanto
l’individuare il proprium dell’esistenza nella libertà.
Morale estetica: giustifica dell’esistenza perché l’autore avrà la possibilità di accettarsi una
volta conclusa.
Così come l’artista non applica un’idea nel reale ma crea un’opera d’arte, allo stesso modo
l’uomo crea la sua azione: l’artista non ha una morale o valori estetici a priori, nel risultato
creativo dell’uomo riusciremo a cogliere la morale che ne vorremo.
Analogia tra creazione artistica e scelta morale: discutere l’accusa di rimanere su un piano di
gratuità e di relegare la scelta ad un capriccio.

2 obiezione:​”​L’esistenzialismo n ​ on può giudicare gli altri”(pag.99)


Sartre afferma che questo in parte è vero e in parte è falso: é vero perché qualvolta l’uomo
sceglie in sincerità e lucidità un progetto non gli si può preferire un altro progetto; perché
ogni uomo è responsabile della propria scelta e non è possibile che qualcuno al di fuori, dato
che non esiste un principio a priori, possa giudicare quella scelta che è sempre in una
situazione concreta”; “allo stesso tempo però il problema morale non è cambiato da quando
si poteva scegliere. Tuttavia si può giudicare perché si sceglie al cospetto degli altri e ci si
sceglie al cospetto degli altri. Si può giudicare che alcune scelte sono fondate sull’errore e
altre sulla verità. Si può giudicare un uomo per malafede perché rinuncia alla libera scelta”.
L’unico criterio per giudicare una scelta è di comprendere se sia una scelta di libertà
o meno.
GIUDICA, quindi:
-scelte in errore (non di verità)
-scelte in malafede che dissimula dall’impegno e dalla coerenza ( affermare di non essere
liberi a causa delle passioni o di circostanze attenuanti)
Libertà come fondamento di tutti i valori

Secondo Sartre dall’affermazione della libertà dell’uomo deriva anche l’affermazione della
libertà dell’altro: ogni uomo deve volere nell’impegno anche la libertà dell’altro e in questa
dimensione si può raggiungere l’autenticità.
Chi nasconde la sua totale libertà é vile e chi afferma il determinismo e sporcaccioni: vanno
giudicati sul piano della stretta autenticità.
Sartre continua che non appoggia nemmeno la definizione di Kant che afferma “Anche se il
contenuto della morale é variabile resta universale la sua forma” secondo Sartre sono
principi troppo astratti che falliscono il poter giudicare un’azione: ciò che conta é stabilire che
le azioni sono create sul principio di libertà
3 obiezione: “Voi ricevete con una mano ciò che date con l’altra; ​ciò vuol dire che i
valori non sono cose serie perché voi li scegliete.”
Sartre afferma che “se c’è un Dio qualcuno deve pur inventare i valori e dire che noi
inventiamo i valori significa che la vita non ha un senso a priori. Il valore é il senso che
scegliamo e così é possibile creare una comunità umana.”
Egli accetta l’ultima critica perché gli si viene rimproverato che se i valori non sono cose
serie loro li scelgono; Sartre afferma che i valori non è che non siano cose serie ma che la
radice del valore é l’uomo stesso, non sono valori a priori-> la vita non ha senso

4 obiezione “In che senso l’esistenzialismo é un umanismo”


Sartre dice che l’umanismo ha un doppio significato: l’umanismo é la dottrina che considera
l’uomo come fine e valore superiore e che quindi afferma che l’uomo é stupefacente;
quest’umanismo é assurdo perché solo gli animali possono giudicare se l’uomo è
stupefacente e affermare la superiorità dell’uomo a partire da alcune sue imprese.
L’esistenzialismo quindi non può prendere l’uomo come fine perché l’uomo é sempre da
fare. Non esiste un’umanitá della quale è possibile celebrarne il culto; il culto dell’umanità
mette capo ad un umanismo chiuso e conduce al fascismo.”
Umanismo vuol dire che l’uomo é costantemente fuori sé stesso e solo proiettandosi fuori di
sé egli può esistere. L’uomo è al centro di questo superamento. Questo significa che non c’è
altro universo se non universo umano e della sua soggettività. Questa connessione tra la
trascendenza costitutiva dell’uomo e la soggettività é quello che noi chiamiamo ​umanismo
esistenzialista;​ nel senso che l’uomo non è chiuso in sé stesso ma è sempre presente in un
universo umano ed è la radice di sé stesso. Umanismo perché ricordiamo all’uomo che non
c’è altro legislatore che lui e che proprio nell’abbandono egli deciderà di sè stesso e perché
noi mostriamo che il rivolgersi a sé stesso cercando fuori di sé uno scopo, l’uomo si
realizzerà come umano. “
Umanismo non come esaltazione dell’uomo ma che non c’è altro orizzonte se non quello
umano e che è radice di sé stesso.
L’esistenzialismo non è altro che uno sforzo per dedurre tutte le posizioni di una posizione
atea e coerente. Tale posizione non cerca di sprofondare l’uomo nella disperazione. Se si
definisce disperazione ogni atteggiamento di incredulità esso muove dalla disperazione
originaria. L’esistenzialismo è ateo e afferma tuttavia che se Dio esistesse non cambierebbe
nulla. Bisogna che l’uomo ritrovi sé stesso e si persuada che nulla può salvarlo. In questo
senso l’esistenzialismo é un ottimismo, una dottrina dell’azione e solo per mala fede i
cristiani possono chiamarci disperati”.​

LEZIONE 12
PRIMA PARTE
Sartre accusato di ​inattivismo ​e di s
​ oggettivismo (solipsismo-> isolare il soggetto
umano senza riuscire a cogliere il piano dell’intersoggettività)​:
Inattivismo:
inattivismo cattolico: accusa di aver messo tra parentesi Dio e di aver mancato la possibilità
di trovare un punto di orientamento
inattivismo marxista: accusa verso la disperazione
RISPONDE: discute affermando che l’esistenza precede l’essenza e che bisogna partire
dalla soggettività e che l’uomo è ciò che si fa
Legame tra responsabilità, scelta e angoscia
Interrogazione sull’impatto pratico-morale:
Angoscia ​come condizione necessaria della scelta e della responsabilità.
Esistenzialismo come dottrina dell’attività.

SECONDA PARTE
Discute sulla critica sul ​soggettivismo​: Sartre afferma che scegliendo la coscienza e il
cogito, sceglie la verità.
In questo contesto sostituisce il concetto di natura umana con condizione umana,
un’universalità dell’uomo costruita.

TERZA PARTE
Sartre si sofferma su altri tre aspetti che riguardano la critica al soggettivismo:
-anarchia
-impossibilità di giudicare il progetto altrui
-dare con una mano ciò che si toglie con l’altra
Secondo Sartre queste obiezioni vanno prese sul serio:

La prima obiezione secondo cui si possa scegliere qualsiasi cosa, perché si sceglie anche
non scegliendo.
Concetto di situazione: anche se non esiste nessun valore a priori questo non ha nulla a che
vedere con un capriccio.
L’uomo si trova sempre in una situazione organizzata in cui egli stesso é impegnato: non
può evitare di scegliere.
Paragone: scelta morale e opera d’arte.
Libera creatività priva di valori a priori; i valori si colgono in seguito alla decisione e possono
essere ricostruiti a partire da una decisione già presa.

Seconda obiezione: anche se non esiste un criterio assoluto ma l’unico criterio che esiste é
quello dell’accettazione della propria libertà: può essere giudicata come buona quell’azione
compiuta in buona fede e compiuta a partire dall’accettazione della libertà.
È possibile giudicare un uomo evidenziando che è in malafede.

Terza obiezione: gli esistenzialisti provano ad attribuire un valore a delle decisioni avendo
invece l’esistenza di valori precostituiti: qui Sartre afferma che il problema non è tanto dire
che tutto è indifferente e che non ci sono valori, ma che è l’uomo stesso che attribuisce
significato alle cose e deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni, a prescindere
dall’esistenza di Dio.

Umanismo
Umanità: aporetica-> ci può essere un uomo che può avere un’altra idea di uomo
Dopo la guerra muterà la sua prospettiva e si soffermerà sulla critica della ragione dialettica
e ragionerà sul piano della situazione all'interno del quale il soggetto decide.
Per costruire una vera e propria morale e dell’agire politica bisogna comprendere bene il
contesto​ dell’azione e sul rapporto tra ​particolare ed universale.
(Anni ‘40/‘50: anni successivi alla conferenza).
Nella Nausea non è riuscito ad andare oltre: Roquentin giustifica la propria esistenza
ricorrendo all’arte ed è fermo all’inattività.
La sua filosofia si evolverà e nell’ultima intervista del 1980 continuerà che la speranza è il
principio della vita e della rivoluzione che porterà tutti gli uomini a diventare fratelli tra di loro.
La sua filosofia non porta all’inazione e che l’uomo è libero di poter agire e deve farlo.
CONCLUSIONE: L’esistenzialismo è un umanismo
Non Umanismo illuminato: rifiuta l’idea di Uomo che va esaltata ed apprezzata.
Umanismo come dottrina che indica l’uomo come fine assoluto; l’uomo non è fine ma è
continuamente progetto.
L’idea dell’uomo e la sua natura chiudono l’esistenza in modo statico.
L’uomo è ciò che si fa: costantemente fuori di sé ed è continua autorealizzazione e che non
c’è altro universo al di fuori di quello umano.
Umanismo esistenzialista: u ​ omo come legislatore di sé stesso e che deve decidere di sé;
solo creando fuori di sé no scopo si realizzerà come umano.

L’eco di questa conferenza giunse fino in Germania, a Martin Heiddeger che si era rifugiato
nella Foresta Nera perché interdetto dall’insegnamento universitario, dato che aveva aderito
(tra il ‘33 e il 34) al partito nazional socialista ed eletto come rettore dell’Università di
Friburgo.
Martin Heidegger viene raggiunto da un soldato che gli parla di Sartre e che addirittura
vorrebbe organizzare con Sartre; il soldato gli porta il testo Sartriano, anche se il filosofo
tramite fu Jaque Boufré: alla fine del ‘46 scrisse una lettera ad Heiddeger in cui chiedeva
come intendeva ridare senso alla parola ​umanismo.

Martin Heidegger era il più noto esponente dell’esistenzialismo tedesco; Sartre conosce il
pensiero di Heidegger perché in prigionia aveva letto il testo ​essere e tempo. I​ nfatti è questo
il testo che ha reso famoso Heidegger; a partire da questo testo Sartre scrive ​Essere e il
Nulla.
Heidegger risponde allo sviluppo de ​L’esistenzialismo é un umanismo​ attraverso L ​ ettera
sull’Umanismo.
Il minimo comune denominatore tra i due intellettuali é la comune appartenenza
all’esistenzialismo.
L’esistenzialismo si sofferma sull’analisi dell’esistenza: modo di essere dell’uomo nel mondo
e in cui si mette in discussione anche il mondo stesso.
Il mondo non è già costituito ma è l’uomo che plasma il mondo stesso.
Sartre si sofferma sulla distinzione tra ​Esser in sè (l​ 'essenza delle cose, pura positività, cose
identiche a sé stesse) ed ​Esser per sé ​(coscienza che interagisce con le cose dovuta alla
libertà dell’uomo e alla sua fluidificazione: la coscienza é coscienza di qualcosa).
Sartre parte dalla coscienza e la sua determinazione ontologica nel mondo (​Essere e il
Nulla);​ coscienza come esistenza nel mondo, che è cosciente sempre di qualcosa.
Prima definizione di coscienza: Esser per sé è coscienza di sé e di ciò che non è presenza
di fronte all’Esser in sé.
Separazione tra la coscienza di sé stessa e il qualcosa di cui essa è coscienza: il nulla, che
corrisponde alla libertà.
L’esser per sé interagisce con l’esser per sé producendo una nullificazione che equivale alla
libertà.
Il nucleo della differenza sostanziale è il modo intendere la libertà:
per Sartre è possibile creare il nuovo, per Heiddeger non è possibile.

Martin Heidegger
“Noi non pensiamo ancora in modo abbastanza decisivo all’essenza dell’agire. L’agire non è
un produrre qualcosa di nuovo ma un realizzare qualcosa che già esiste.”

Qual è la concezione dell’esistenza di Heidegger, alla base dell’elaborazione Sartriana da


cui però si distanzia.
Nel 1927 Heidegger scrive ​essere e tempo​, che rappresenta la conclusione di un percorso
iniziato dagli anni venti e aveva il fine di rifondare la filosofia superando il dominio del teorico
ed oggettivante alla realtà.
La filosofia ha mancato la vita: ha provato ad oggettivare la vita privandola della sua vitalità.
Egli cerca di creare una filosofia che sia in grado di riportare alla parola, alla vita nella sua
motilitá, temporalitá e contingenza.
Una delle complessità nel leggerlo è che lui proverà a trovare dei termini filosofici nuovi
perché proverà nelle pieghe del linguaggio destrutturando dei termini filosofici che non
appartengono alla sua idea di filosofia, che è perlopiù metafisica.
Anche quindi con la complessità del linguaggio cerca di simulare la complessità della vita.
Heiddeger cerca di affrontare e di costruire una ​fenomenologia della vita ​intersecadon
diverse prospettive filosofiche che fino a quel momento si erano affermati: fenomenologia,
esistenzialismo e filosofia della vita (comprensione della vita).
Egli cerca di arrivare alla comprensione della vita nella sua motilità e poi della ​esistenza.
Nel 1927 pubblica l’opera anche se è solo uno degli step di un percorso che egli sta ancora
compiendo: egli spiega che il suo testo non aveva come fine la comprensione dell’esistenza
(a differenza di Sartre), ma viene scritto per cercare di riproporre la questione ontologica,
cioè la questione dell’essere perché egli ritiene che l’essere non è stato compreso a fondo
dalla filosofia.
La filosofia non è riuscita a porsi il problema dell’essere perché è rimasto sul piano dell’ente,
dell’uomo; in realtà nonostante voglia fare in maniera diversa, anche lui in ​Essere e tempo
resta su questo punto.
Egli progetta in ​Essere e Tempo ​un’​analitica esistenziale:​ é la descrizione dell'auto
comprensione dell’esistenza, delle strutture dell’esistenza (anche se lui voleva comprendere
l’essere in quanto essere).
Heiddeger individua attraverso questa descrizione delle categorie che Sartre le chiamerà
esistenziali: ​categorie attraverso le quali l’esistenza si comprende.
Come definisce Sartre questo ente particolare che si auto interroga e si auto comprende?
Quali sono le sue strutture d’essere, cos’è l’essere?
L’esserci é l’ente che noi sempre siamo e noi stessi; che si relazione al proprio essere nel
mondo nel modo dell’aver da essere:
Heidegger definisce l’ente, ​l'esserci​ che si auto comprende,come l'ente che noi stessi
siamo in quanto non qualcosa di predefinito ma in qualcosa che ha da essere, che si deve
realizzare, che si ha da fare.
“L'esserci e la sua possibilità più propria”.
Da questa definizione generale tra due ordini di conseguenze:
-l’essenza dell’esserci consiste nella sua esistenza​ e questo significa che l'esserci si
rapporta alla propria essenza nel modo della possibilità a differenza di qualsiasi altro ente
semplicemente presente.
-l’esistenza è sempre mia e non può essermi indifferente ed è la mia possibilità più propria.
Heidegger (radice religiosa, Luteriana) inserisce questa distinzione nota tra esistenza
autentica e inautentica; l’essenza dell’esserci consiste nell’aver da essere “esserci è
quell’ente al quale nel suo essere ne va del suo essere” si deve realizzare ma non è
indifferente a sé stesso, ma è implicato in questa realizzazione. Più avanti sposta
l’attenzione da questo momento di realizzazione (aver da essere) all’aspetto dell’autenticità
(farsi proprio).
“L’esserci non solo ha da esserci ma nella sua essenza ha la possibilità di Esser proprio,
essere autentico e di farsi proprio o di perdersi”: orizzonte religioso della perdizione.
Per Heidegger c’è un criterio che e l’autenticità e la perdizione.
Da tale caratteristica, cioè esser proprio autentico deriva che questo Ente può essere
nell’esserci o scegliere di conquistarsi oppure perdersi: l'esserci é possibilità ma non
indifferente possibilità, in sé stesso è misura di ció che gli è proprio.
La successiva definizione che Heiddeger ha di questo ente è esser nel mondo: lo comincerà
ad interpretare nelle sue sfaccettature: si soffermerà sul mondo, sul In essere e sul Chi
esserci.
Da qui nasce la comprensione di quel fenomeno unitario che è l’esistenza, Esser nel mondo
nelle sue sfaccettature di questi esistenziali.
Egli definisce l’essenza di questa esistenza nella temporalità, nella cura e così via.
PRESUPPOSTO DELLA LETTERA SULL’UMANISMO.
Heidegger rifiuterà l’etichetta di esistenzialista perché non essendo riuscito a compiere il suo
pensiero in essere e tempo, compirá una svolta perché penserà (dopo la guerra) di dedicarsi
in maniera astratta ad una comprensione dell’Essere per poi poter arrivare ad una
comprensione dell’ente: questo passaggio viene registrato proprio nella Lettera.
Effetto della guerra:
Sartre: scopre elementi essenziali per evolvere la sua filosofia in senso pratico dal punto di
vista dell’impegno
Heidegger: volgere la sua analitica su un piano ancora più astratto di quello iniziale: questo
passaggio diviene evidente nel confronto con Sartre e nella Lettera sull’umanismo.
Lo farà dando un nuovo senso all’umanismo, definendolo, utilizzando la tecnica del “passo
indietro”.

LEZIONE 13
Bufré voleva organizzare un incontro tra Sartre ed Heiddeger, a cui avrebbe dovuto
partecipare anche Camus, ma non fu mai organizzato.
Heiddeger stava aspettando di essere riabilitato all’insegnamento, dopo la seconda guerra,
e lo ottenne solo verso gli anni ‘50; per lui è importante collegarsi intellettualmente alla
Francia per riguadagnare la sua fama.
Heidegger scritte nel 1945 (28 ottobre) a Sartre in cui riferisce che stava leggendo ​L’essere
e il nulla,​ interessandosi di alcune questioni che stavano all’inizio e poi alla fine del testo,
che riguardavano la morale.
Nella parte conclusiva dell’​Essere e il Nulla a​ fferma che tutte le questioni trattate
nell’​ontologia della coscienza ​come ​essere nel mondo: d ​ ovrebbero trovare la loro
collocazione fondamentale e originaria in una tematizzazione intorno alla morale; in questo
modo Sartre collegava la sua filosofia verso una pratica, morale e che apriva le porte a
quelle evoluzioni successive alla guerra.
Heidegger concludeva questa lettera dicendo “​Si tratta di cogliere e di esprimere con la
massima serietà la situazione attuale del mondo. Aldilà dei meri settarismi, delle mode, degli
indirizzi scolastici, così da ridestare finalmente l’esperienza decisiva di quanto abissalmente
si celi nel nulla essenziale la ricchezza dell’essere. La saluto come compagno di cammino e
battistrada”.
Da un lato Heiddger evidenzia la situazione comune e all’intento della quale entrambi i
pensatori si trovano e si presenta come compagno di cammino (accettando e sottolineando
l’esistenza di tratti comuni e di problematiche comuni) però poi mostra che in questo
cammino comune tuttavia ci sono enormi differenze: mette in evidenzia che egli si è già
avviato su una strada diversa lasciando la strada che aveva intrapreso con ​Essere e tempo,
ovvero sia compiendo una svolta nel suo pensiero.
Cosa succede ad heidegger?
Nella sua filosofia esistenzialista il proposito è quello di cercare di comprendere l’essere in
generale; in quello specifico contesto passa attraverso l’interpretazione di un ente particolare
che lui definisce ​Esserci​ che lui ,appunto, autointerrgandosi, autocomprendendosi arriva a
comprendere le categorie attraverso cui si dice la sua esistenza.
Il progetto originario di Heidegger in questa fase é quello di passare attraverso questa
autocomprensione dell’esserci e di usarla come una sorta di lente per poter arrivare alla
comprensione dell’essere in generale.
Questo passaggio in ​Essere in Tempo​ non viene realizzato; per questo motivo ciò che ci
resta di ​Essere e Tempo​ non è altro che un’analisi dell’Esistenza e delle categorie attraverso
le quali si comprende.
Il progetto fallisce e per risolvere il suo problema: reinterpretazione dell’Essere in quanto
tale, é necessario provare a comprendere l’essere in quanto essere e provare a
comprendere poi l’uomo.
Non c’è più comprensione dell’esistenza per poi comprendere l’essere, ma interpretazione
dell’essere in quanto tale per provare a interrogandosi sulle ricadute ontiche dell’essere, le
problematiche relative all’uomo a partire dalla comprensione dell’Essere.
Già dalla conclusione di questa lettera si può comprendere: egli afferma ed evidenzia che il
suo problema é già, in qualche modo, l’Essere.
Quando Heidegger scrive la ​Lettera sull’umanismo​ egli prende posizione su nesso
esistenzialismo ed umanismo e più in generale su che cosa significa ​azione ​e sul rapporto
tra ​ontologia ed etica​; i temi riportano al problema dell’esistenza ed etica.
Nella ​Lettera sull’umanismo,​ Heidegger critica la posizione di Sartre; egli prende le
distanze dell’esistenzialismo e poi anche dall’umanismo.
Nella lettera risponde alle domande esposte da un giovane intellettuale francese, Jean Bofré
che aveva incontrato per caso (e che faceva parte dell'entourage di Sartre) e che nel
novembre del 1946 gli fa pervenire una lettera a cui Heidegger risponde in ​Lettera
sull’umanismo.
Le questioni poste da Bofré sono le seguenti:
-Qual è il rapporto tra ontologia ed etica?
-Come ridonare senso alla parola ​umanismo​?
É evidente che la domanda di Bofré nasce dopo aver ascoltato la conferenza Sartriana e
cerca di porre un terreno comune tra i due pensatori.
Dall’inizio della lettera Heiddeger afferma “Noi non abbiamo ancora pensato in modo
abbastanza decisivo l’essenza dell’agire”: è evidente che sta dialogando con Sartre e sta
ponendo quella questione che stava a cuore a Sartre nella sua conferenza, ovvero l’agire
dell’azione.
Secondo Heidegger l’essenza dell’agire non è stata scrutata fino in fondo;già dal modo in cui
Heidegger affronta e pone la questione si disloca in un modo completamente diverso:
provare ad arrivare alla definizione di qualcosa a partire dalle sue cause originarie.
La conseguenza è che rimane su un piano altro, metafisico che difficilmente riesce a dare
domande concrete.
Heidegger afferma: “L’agire non è il produrre, ma il portare a compimento”;
Il primo problema è quello di definire l’essenza dell’agire: normalmente si pensa che l’agire
corrisponda ad un produrre effetti e, appunto, la realtà dell’agire è valutata secondo la sua
utilità.
“L’essenza dell’agire è il portare a compimento”: cosa significa? Dispiegare qualcosa nella
pienezza della sua essenza.
Condurre fuori questa pienezza, ​producere (​ termine latino) indica portare fuori; “ma allora
può essere portare a compimento in senso proprio solo ció che è già”: qualcosa che già è.
Che cosa è l’agire in senso proprio? “Il pensiero porta a compimento il riferimento
dell’essenza dell’uomo”.
“In realtà questa essenza originaria dell’agire é andata perduta proprio quando si inizia a
parlare di etica”: questo modo originario di intendere il pensiero é perduta quando si inizia a
parlare di etica.
Heidegger attribuisce tale responsabilità ad Aristotele “É Stato Aristotele il primo ad aver
diviso il pensiero in tante discipline”: egli organizza il sapere a lui noto in discipline
(fisica=natura; metafisica=comprende di principi primi delle cose che si fanno in natura
etica=comportamento dell’uomo e si interroga su ciò che è buono o giusto per l’uomo e la
sua felicità) e dunque quando il sapere si divide in discipline, attribuisce delle etichette al
pensiero, perde la sua essenzialità, il contatto con ciò che è essenziale.
Una di queste etichette, é, per Heidegger, l’umanismo.
Perché quando il pensiero viene spezzettato perde l’essenziale: anche l’umanismo è
un’etichetta e perde l’essenziale quindi è inutile ridare un senso all’umanismo, ma anzi, é
necessario far saltare questa etichetta e capire a cosa corrisponde l’essenza dell’agire.
“Lei mi chiede come ridonare un senso alla parola umanismo. La domanda nasce
dall’intenzione di mantenere la parola “umanismo”. Io mi chiedo se ciò sia necessario”.
B:Come è possibile ridonare un senso alla parola umanismo?
H: “​É necessario ridonare un senso a questa parola? ​
O il problema è più radicale? O non è abbastanza evidente il male che recano tutte le
nominazioni di questo genere? Certo già da molto tempo si diffida dagli ismi, ma il mercato
dell’opinione pubblica ne pretende sempre di nuovi, e si è sempre di nuovo pronti a
soddisfare questo bisogno. Anche nomi come logica, etica, fisica compaiono non appena il
pensiero originario volge alla fine. Nella loro età magna i Greci hanno pensato sempre senza
simili denominazioni. Il pensiero essi non lo chiamavano neppure filosofia:il pensiero volge
alla fine quando si ritira dal suo elemento, e cioè in base a cui il pensiero può essere un
elemento e ciò che più propriamente può il potere”:
“Il problema dell’uomo è quello di ritrovare questa vicinanza all’essere e quindi di imparare
ad esistere nell’assenza di nomi”: far saltare le etichette, e cioè anche l’umanismo per
avvicinare l’uomo ad un pensiero più originario.
Questa per Heidegger è la forma più appropriata di umanismo: nel tentativo di riportare
l’uomo all’essere c’è la preoccupazione più grande per l’uomo.
“Prima di parlare, l’uomo deve innanzitutto lasciarsi reclamare dall’essere col pericolo che
sottoposto a questo reclamo abbia poco o raramente qualcosa da dire. Solo così viene
ridonata la parola, la ricchezza preziosa della sua essenza e all’uomo la dimora per abitare
nella verità dell’essere. Ma in questo richiamo all’uomo nel tentativo di preparare l’uomo a
questo richiamo, non c’è dunque una preoccupazione per l’uomo? Dove altro si dirige la
cura se non la direzione volta a ricondurre l’uomo nella sua essenza? Ma che altro significa
questo se non che l’uomo (homo) diventa umano (humanus)? In tal modo l’humanitas
rimane all’esistenza di un simile pensiero, perché humanismus é questo emeditare e curarsi
che l’uomo sia umano e non inumano, cioè al di fuori della sua essenza. Ma in che cosa
consiste l’umanità dell’uomo? Essa riposa nella sua essenza.”
Heidegger crede che bisogna eliminare le etichette che ci portano lontano dall’essenza
dell’uomo e dell’agire, ma in realtà quel pensiero che cerca di comprendere in maniera
originaria l’uomo, il pensiero e l’agire é la forma più alta di umanismo.
Se l’uomo vuole ritrovare l’esssnza originaria deve imparare a vivere nellassenza di nomi
“In questo richiamo all’uomo e all’essenza dell’uomo c’è la preoccupazione per l’uomo, il
prendersi cura dell’uomo e la cura provare a ricondurre l’uomo nella sua essenza”:
l’umanismo in senso proprio é preoccuparsi, meditare che l’uomo sia umano e non inumano,
quindi al di fuori della sua essenza-> umanismo come pensiero che si pone il problema
dell’essenza dell’uomo.
Heidegger inizia a definire diverse forme di umanismo:
il primo riferimento è a Marx; Marx pretende che l’uomo umano venga conosciuto e
riconosciuto ed egli lo trova nella società. Per lui l’uomo sociale é l’uomo naturale. Nella
società vi sono le rappresentazioni dei bisogni umani sono assicurate in modo uniforme.
Per Marx l’umanismo si ritrova nella società: l’uomo è un essere sociale.
Il Cristiano vede l’umanità (humanitas) dell’uomo nella sua delimitazione rispetto alla deitas.
Dal punto di vista della storia della salvezza l’uomo è uomo in quanto figlio di Dio che ode in
cristo l’appello del padre; l’uomo non è di questo mondo, in quanto l’uomo pensato in modo
teorico e platonico è solo un passaggio transitorio verso l’aldilà.
(Storia dell’umanismo: dopo Marxismo e Cristianesimo ci offre una carrellata delle diverse
visioni dell’umanismo)
“È al tempo della Repubblica Romana che l’humanitas viene per la prima volta pensata e
ambita esplicitamente con questo nome: l’homo humanus si contrappone all’homo barbarus.
L’homo humanus é qui il romano che eleva e nobilita la virtus romana attraverso
l’incorporazione della paidea assunta dai greci(greci della tarda grecità) la cui cultura veniva
insegnata nelle scuole filosofiche e riguarda l’​eruditio e​ l’​institutio in bonas artes​: la paidea
così intesa viene tradotta come Humanitas.”
“Nella sua essenza l’umanismo resta un fenomeno specificamente romano che scaturisce
dall’incontro della romanità con la cultura della tarda grecità.”
(Come Sartre che risponde alle critiche dei marxisti: il periodo storico impone il problema del
che fare)
Un passaggio fondamentale é quello del rinascimento in cui rinasce questo umanismo
attraverso lo studio della cultura classica
“L’umanismo storicamente inteso appartiene perciò sempre ad uno studio humanitatis che
attinge in un determinato modo all’antichità, diventando così, di volta in volta, anche una
ripresa della grecità”: l’umanismo nasce con la Repubblica Romana come incrocio tra virtus
e grecità(paidea), e viene ripreso nel rinascimento come riscoperta dei classici.
Holderlin pensa che il destino dell’essenza dell’uomo in modo più iniziale di quanto non
possa fare questo umanismo.
“​Ma se per umanismo si intende in generale la preoccupazione che l’uomo diventi libero per
la sua umanità e trovi in ció la sua dignità,​ allora l’umanismo é diverso a seconda delle
concezioni della libertà e della natura dell’uomo. Ugualmente sono diverse anche le vie che
portano alla sua realizzazione. L’umanismo di Marx, per esempio, non ha bisogno di alcun
ritorno all’antico e così anche l’umanismo che Sartre concepisce come esistenzialismo.”
L’uomo diviene libero per la sua umanità.
“Anche il cristianesimo, nel senso ampio che abbiamo incontrato, é un umanismo in quanto
secondo la sua dottrina tutto è legato alla salvezza dell’anima dell’uomo e la struttura
dell’umanità appare nella cornice della salvezza. Per quanto queste forme di umanismo
possono essere differenti nel fine e nel fondamento nel modo e nei mezzi previsti nella
rispettiva realizzazione, nella forma della dottrina, nondimeno esse concordano tutte nel
fatto che l’humanitas dell’homo humanus é determinata in riferimento all’interpretazione già
stabilita della natura, della storia, del mondo, del fondamento dell’uomo, cioè dell’ente nel
suo insieme.”
Tutte le forme di umanismo si accomunano per il fatto di affermare che uomo diventa libero
per la sua umanità.
Tutte le definizioni non arrivano alla radice ma si fondano su una definizione già data del
mondo, dell’ente ecc.
“Ogni umanismo o si fonda su una metafisica o pone sé stesso a fondamento di una
metafisica”.
Metafisica: già presuppone una comprensione generale del mondo e dell’ente nel suo
insieme
Non arriva all’essere e all’essenza dell’uomo.

LEZIONE 14
Riepilogo:
Il proprium dell’uomo per Sartre consiste nella sua capacità di agire.
Il campo di azione di Heidegger è altro rispetto a quello di Sartre, come già evidenziato in
una lettera a Sartre perché il suo intento sarebbe stato definire il senso ontologico dell’uomo.
Heidegger risponde che l’essenza dell’agire non è produzione ma producere nel senso del
condurre fuori ciò che già é: il rapporto dell’uomo all’essere, cioè il pensare-> suprema forma
di azione.
Questa idea fondamentale é scomparsa nel momento in cui il pensiero è stato privato del
suo elemento cioè suddiviso in discipline ed etichette; anche quando si parla di umanismo si
parla per etichette: l’umanismo é un etichetta che si attribuisce e in quanto etichetta ci
allontana dall’essenza, non ci porta a definire l’essenza dell’uomo.
Umanismo in quanto etichetta va eliminato. Cos’è l’umanismo come etichetta?
1 punto: non è necessario mantenere questo termine perché è un etichetta che non ci fa
arrivare al senso proprio del pensiero.
2 punto : che cos’è l’umanismo? é quel tipo di pensiero che mette in evidenza l’umanità
dell’uomo.
Secondo Heidegger l’umanità dell’uomo riposa nella sua essenza.
(Riferimento al marxismo e al cristianesimo, al rinascimento e alla repubblica romana,
periodo in cui nasce l’umanismo).
Heiddeger chiarisce che l’umanismo non è altro la preoccupazione che l’uomo diventa libero
per la sua umanità e che trovi in ciò la sua dignità.
In realtà il problema dell’umanismo è quello di non riuscire ad andare veramente fino in
fondo nella comprensione e definizione dell’essenza dell’uomo.
Perché? Perché ogni umanismo o é metafisico o si fonda su una metafisica.
Ogni umanismo parte da una concezione del mondo già data. ​Reale problema
dell’umanismo
“É metafisica ogni determinazione dell’essenza dell’uomo che presuppone già sia
consapevolmente sia inconsapevolmente l’interpretazione dell’ente, senza porre la
questione della verità dell’ente.”
“L’umanismo non pone la questione della verità dell’Essere e anzi impedisce che si pone
una simile questione perché a causa della sua provenienza metafisica l’umanismo non la
conosce e non la comprende”.
Si conclude questa prima parte della disamina intorno all’umanismo.
Qual è la questione che la metafisica e l’umanismo non si pongono? La questione della
definizione dell’essenza dell’uomo.
Qual è la definizione dell’essenza dell’uomo secondo Heidegger? L’uomo in quanto
é-sistenza.
Che vuol dire definire l’uomo in quanto e-sistenza?
Vuoi dire comprendere l’uomo come un venir fuori da una dimensione originaria che
Heidegger di volta in volta chiama esistenza, radura, verità.
“Deliberatamente dunque nella frase citata di ​Essere e tempo ​la parola essenza compare
per la prima volta tra virgolette: ció allude al fatto che ora l’essenza si determina non più in
base all’Esser essenza o esistenzia ma in base all’elasticità e all’estaticità dell’esserci in
quanto colui che esiste….”
Il discorso di Heiddeger é questo:
Non ha senso ridonare senso all’umanismo perché é un etichetta che non coglie al fondo il
problema dell’essenza dell’uomo. Ogni umanismo secondo Heiddeger si caratterizza per il
fatto di definire in maniera diversa la libertà dell’uomo e la sua dignità. Nella libertà e nella
dignità dell’uomo viene vista la sua umanità. Il problema non è il diverso modo di intendere
libertà e dignità ma il fatto che qualsiasi definizione umanistica dell’uomo non va fino in
mondo ma resta sulla superficie perché la comprensione dell’uomo arriva a partire da una
comprensione e definizione già data dell’ente e del suo insieme.
Questa posizione va rifiutata: Heiddege dice che per questo motivo l’umanismo viene
definito metafisico.
Heiddeger intende scardinare ogni piano della metafisico perché non coglie alla radice il
problema dell’Essere.
Egli capovolge il problema: se l’umanismo nasce da una preoccupazione per l’uomo, in un
certo senso si potrebbe pure definire la sua filosofia umanista. Perché? Anche lui intende
occuparsi dell’uomo ma intende farlo in maniera radicale.
Il proprium dell’uomo si caratterizza che l’uomo è esistenza. Che vuol dire? Heiddeger pone
l’accento sul fatto che l’esistenza é progetto, é un proiettarsi in un orizzonte di apertura che
lui chiama l’essere o la verità dell’essere.
Il problema è che secondo lui Sartre rimane all’interno di una posizione metafisica. Perché ?
Non ha colto con radicalità il problema dell’uomo e dell’esistenza.
Heidegger crede che Sartre ha semplicemente invertito il rapporto tra essenza ed esistenza
ma in questo modo é rimasto all’interno della storia della metafisica, in un piano metafisico.
Il problema non è tanto invertire il rapporto tra essenza ed esistenza ma il problema è quello
di pensare quest’esistenza a partire da una dimensione più radicale che è quella dell’essere.
Il vero nodo del problema è che Sartre prova a comprendere l’uomo come radice a sè
stesso “anche se Dio esistesse l’uomo deve assumersi la sua responsabilità e deve crearsi
e progettarsi autonomamente a partire dalla propria libertà”;
Heiddeger invece insiste sempre sul radicamento dell’uomo in una dimensione più
originaria.
Soprattutto a partire da questo testo, insiste sulla originarietá della dimensione dell’essere
rispetto a quella dell’ente.
Arriverà a definire l’uomo come “il pastore dell’essere”, dev’essere in grado di saper cogliere
le indicazioni dell’essere stesso.
Da qui deriva anche la posizione di Heidegger rispetto alla questione dell’etica.
Secondo Heiddger non è tanto il problema del rapporto tra ontologia ed etica ma della
definizione dell’essenza dell’uomo: “se proprio vogliamo provare a parlare di etica, dobbiamo
parlare di un’etica originaria. (Cos’è? Heiddger si ricollega al termine etos che indica il
soggiornare e definisce quest’etica originaria come il soggiornare dell’uomo nell’aperto.)
Definisce quel pensiero in grado di pensare la verità dell’essere come l’elemento iniziale
dell’uomo come etica originaria.
La chiave di lettura di questo stravolgimento sta nella diversa modalità di intendere
l’esistenza e soprattutto nella diversa modalità di intendere la libertà.
Per Sartre libertà è possibilitá di nullificare e di trasformare il mondo; per Heidegger è una
sorta di necessità e capacità di assumere su sé stessi il proprio passato e non è in grado di
trasformare il presente.
Pag.31
Come definisce Heiddeger l’essenza dell’agire nella lettera sull’umanismo? Essenza
dell’agire secondo Heidegger: l’agire è portare a compimento e non produrre ma producere,
portare fuori, dispiegare qualcosa nella pienezza della sua essenza.
Ma poiché soltanto ciò che è può essere portato a compimento l’agire (pensiero) porta a
compimento il riferimento dell’essere all’essenza dell’uomo.
Pensiero:agire in senso proprio.

Pag.34
PRIMA questione
“Lei mi chiede come ridonare un senso alla parola umanismo. La domanda nasce
dall’intenzione di mantenere la parola “umanismo”; io mi chiedo se ciò sia necessario. In
realtà tutti gli “ismi”, tutte le etichette nascono nel momento in cui il pensiero originario volge
alla fine” Cioè nel momento in cui il pensiero si allontana dalla sua fonte, originaria era e in
quanto tale ogni etichetta va rifiutata.
Seconda QUESTIONE
Heidegger pone sullo stesso piano le etichette elaborate da Aristotele (logica, etica ecc) con
l’umanismo che è una sorta di etichetta.
“Il pensiero volge alla fine quando si ritira dal suo elemento. L’elemento é ciò in base a cui il
pensiero può essere un pensiero, l’elemento é ciò che propriamente può”: il pensiero si
inaridisce quando si comincia a parlare di etichette perché si allontana dal piano dell’Essere.
(Pag.34)
Terza questione
Da pag.39
“L’uomo per ritrovare una vicinanza all’essere deve prima imparare a vivere nell'assenza di
nomi.”
Quindi per ridare senso all’umanismo dobbiamo prima imparare ad esistere in assenza di
nomi.
Allora però, che cos’è l’umanismo?
“Egli deve riconoscere allo stesso modo sia la seduzione della pubblicità, sia l’impotenza
della situazione privata prima di parlare l’uomo deve innanzitutto lasciarsi reclamare
dall’essere, col pericolo che sottoposto a questo reclamo abbia poco o raramente qualcosa
da dire”: per poter giungere nella dimensione essenziale, l’uomo deve imparare ad esistere
in assenza dei nomi e deve lasciarsi reclamare dall’essere, dalla dimensione prigionia col
rischio che si blocchi.
“Solo così viene ridonata la parola alla ricchezza preziosa della sua essenza. L’uomo la
dimora per abitare nella verità dell’essere”.
Da pag. 39 l’argomento secondo il quale l’uomo può ritrovare l’essenza in assenza dei nomi.
Quarta questione: essenza dell’umanismo.
(Pag.40 a 43)
Che tipo di problema l’umanismo.
Secondo Heiddger l’umanismo indica una preoccupazione per l’uomo, ma la
preoccupazione dell’uomo é volta a ritrovare la sua umanità. In che cosa consiste la sua
umanità? L’umanismo consiste nel curarsi dell’uomo e del fatto che egli sia umano e non
inumano, ovvero al di fuori della sua essenza.
In cosa consiste l’umanità dell’uomo? Risiede nella sua essenza.
Se l’umanismo non è altro che la cura dell’uomo e nel definire la sua umanità, ogni tentativo
di comprendere l’umanità dell’uomo può dirsi umanista in senso generale e quindi umanista
è il pensiero di Marx, cristianesimo, danno una definizione dell’uomo anche se in modo
diverso.
“In questo senso l’umanismo nasce nella repubblica romana e dall’Unione della cultura
(virtus) romana e la paidea greca.” Lo studio della classicità non appartiene sempre
all’umanismo.
“Ciò che accomuna tutti i diversi tipi di umanismo è la preoccupazione che l’uomo diventi
libero per la sua umanità e trovi in cui la sua dignità.”
Diverse concezioni di libertà corrispondono a diverse concezioni di umanismo.
“Tutte le posizioni umanistiche si caratterizzano secondo Heidegger per essere metafisiche,
perché non colgono fino in fondo l’essenza dell’uomo ma definiscono l’uomo sempre a
partire da una definizione dell’ente nel suo insieme (mondo)”: non coglie quel rapporto
originario con la verità dell’essere.
Metafisica e umanismo in qualche modo coincidono.
Non solo determinare l’umanismo non coglie il rapporto dell’uomo all’essere ma impedisce
che questo possa essere colto.
Uomo come animale razionale (pag.46)
“La metafisica si chiude di fronte al semplice fatto essenziale che l’uomo è essenzialmente
nella sua essenza solo in quanto é chiamato dall’essere. Solo a partire da questo reclamo
l’uomo ha trovato ciò in cui abita la sua essenza. Solo a partire da questo abitare egli ha il
linguaggio come la dimora che conserva la sua essenza nel carattere estatico; chiamo lo
stare nella radura dell’essere l’esistenza dell’uomo. Solo nell’uomo e proprio in tal modo
d’essere; l’esistenza così intesa non è solo il fondamento della possibilità della ragione,
ratio​, ma ciò in cui l’essenza dell’uomo conserva la provenienza della sua determinazione.”
Qui Heidegger dà la definizione dell’essenza dell’uomo come esistenza; il problema, rispetto
alla definizione di Sartre, é il modo di intendere l’esistenza.
Heidegger afferma che “la metafisica è quel tipo di pensiero che non riesce a cogliere l’uomo
essenzialmente nella sua essenza”: in quanto é radicato nell’essere; solo a partire da questo
reclamo l’uomo ha trovato ciò in cui abita la sua essenza. E qual è la sua essenza? È lo
stare nella radura dell’essere, l’è-sistenza, il muovere a partire da questo radicamento, il
muoversi a partire da questa radura.
“L’esistenza così intesa è ciò in cui l’essenza dell’uomo conserva la provenienza della sua
determinazione.”
Ciò che interessa ad Heidegger è evidenziare il contrario di ciò che dice Sartre: cioè il fatto
che l’uomo non é radice di sé stesso, ma appunto si dà, esiste, muove, a partire da una
dimensione più originaria e quindi il problema per Heidegger é sottolineare che l’essenza
dell’uomo possa ritrovare la provenienza della sua determinazione. É il contrario di ciò che
dice Sartre:l’uomo non è al centro, non é radice di sé stesso, ma evidenziare come l’uomo
esiste, si dà a partire da una dimensione originaria.

Riepilogo:
non abbiamo colto a fondo l’essenza dell’agire. L’essenza dell’agire non si può cogliere d’un
quando ragioniamo con etichette, anche l’umanismo è un etichetta e appunto l’umanismo va
superato perché non coglie fino in fondo l’essenza dell’uomo. Perché? Permane in una
dimensione metafisica. Che significa? C’è una visione dell’insieme dell’ente già data.
Bisogna cogliere l’essenza dell’uomo in maniera più radicale, cioè che l’esistenza è un venir
fuori da una dimensione più originaria che è lo stare nella radura dell’esistenza dell’uomo.
L’uomo esiste e il reclamare permette all'uomo di conservare la provenienza dell’essenza
stessa.
(Pag.77)
“La metafisica persiste nell’oblio dell’Essere. Ma proprio il pensiero che conduce a capire
l’essenza dell’agire ci ha portato ad un tempo a pensare più intensamente all’essenza
dell’uomo. In vista di questa definizione, si ha la possibilità di dare all’umanismo e alla sua
definizione un senso storico e antico.
Questo ridare senso non è da intendere come se la parola umanismo fosse in generale priva
di senso: humanus richiama la parola humanitas, l'essenza dell’uomo. L’ismo allude al fatto
che l’essenza dell’uomo dovrebbe essere presa come essenza: questo il senso che la
parola umanismo ha in quanto parola. Restituirle un senso significa soltanto rideterminare il
senso della parola, ma per questo è necessario innanzitutto che l’essenza dell’uomo sia
espedita in modo più iniziale”
Heidegger afferma che l’umanismo non ha più senso perché rimane in una dimensione
metafisica, ma poter provare a ridonare senso all’umanismo soltanto prendendolo sul serio.
Si deve prendere sul serio il problema che esso pone, ovvero sia il problema dea radicale
comprensione dell’essenza dell’uomo.
Umanismo richiama al l’humanitas, essenza dell’uomo e ismo richiama al fatto che deve
essere presa come essenziale: l’umanismo è quella riflessione sull’essenza dell’uomo intesa
in senso radicale.
Non c’è bisogno di ridare senso alla parola ma prendere sul serio la questione dell’essenza
dell’uomo riconducendola all’essenza dell’essere.
La questione dell’uomo in Sartre viene spezzata invece da una dimensione più originaria e
pone l’uomo al centro e affermando che esso è radice di sé stesso e si auto produce.
Questa concezione per Heidegger è metafisica perché comprende l’uomo a partire
dall’autoproduzione senza che venga messo in luce il suo radicamento in una dimensione
originaria.

LEZIONE 15
Rapporto tra etica ed esistenza dei due pensatori: la comprensione dell’esistenza e la loro
concezione etico-morale, quindi la concezione dell’esistenza e la domanda “che fare”?
Entrambi i pensatori sono compresi come esponenti dell’esistenzialismo che è quella
corrente di pensiero che pone al centro l’uomo compreso come esistenza e come Esser nel
mondo.
L’esistenzialismo è quella corrente di pensiero che cerca di comprendere l’uomo come
esistenza, come esser nel mondo e che quindi affermando che il mondo non è qualcosa di
precostituito, ma qualcosa che l’esistente stesso costruisce.
La posizione di Sartre e di Heidegger sul modo di intendere l’esistenza é differente.
Nonostante Sartre sia più giovane di Heidegger è abbia concepito la sua filosofia dopo
Heidegger e in dialogo con quest’ultimo, la questione dell’etica e della morale il pensiero di
Sartre è centrale, dunque quello di Heidegger si può concepire essenzialmente come una
risposta alle questioni poste da Sartre.
Heiddeger nel 1927 scrive ​Essere e Tempo​ in questa opera cerca di comprendere
l’esistenza, l’esserci del mondo come esistenza, come l’esser sempre mio; inserisce in
questa comprensione dell’esistenza la possibilità dell’esistenza stessa di perdersi o di
trovarsi e dunque inserisce un criterio valutativo che intende possibile decidere e discernere
una dimensione autentica da una inautentica.
Heiddeger comprenderà poi questa esistenza come esser nel mondo, si soffermerà su
questo concetto definendolo come unitario, unico che andrà a interpretare in tutte le sue
sfaccettature e dimensioni. Le dimensioni principali dell’essere nel mondo sono:
-la mondità del mondo
-l’in essere
-il chi dell’esserci
Analizzando queste varie sfaccettature Heidegger andrà a comprendere l'esserci come cura,
sorte, preoccupazione per sè stesso, come temporalità, come finitudine è così via.
Il punto centrale della comprensione di Heidegger dell’esistenza è l’accentuazione della
dimensione decisionale: cioè l’esserci può vivere in modo autentico o in modo inautentico
ma sarà l’esserci stesso a decidere e ad assumere su di sé la propria libertà.
Per Heidegger la libertà significa soprattutto ripetizione: l’esserci posto davanti alla
possibilità della sua finitudine e della sua morte anticipa su di sé questa possibilità di vivere
in una dimensione di autenticità.
Il percorso che heidegger compie in ​Essere e tempo h ​ a come obiettivo principale quello di
metter a tema l’​ontologia.
L’obiettivo di Heidegger é dunque quello di utilizzare al comprensione dell’esistenza,
dell’Esserci in quanto esistenza per andare a comprendere l’essere in generale.
Questo progetto originario non si compirà mai è ciò che noi abbiamo è una analitica
esistenziale, una descrizione delle caratteristiche fondamentali dell’esistenza.
Per questo motivo nella lettera sull’umanismo Heidegger rifiuterà l’etichetta di
esistenzialismo e dirà che in realtà il suo pensiero non ha nulla a che vedere con
l’esistenzialismo perché il suo problema è la comprensione dell’essere.
Già originariamente la questione è posta in termini diversi tra i due pensatori.
Autocomprensione dell’esistenza per comprendere l’essere: diversa posizione di Heiddeger
rispetto a Sartre.
Quando Sartre si dirige a Berlino per studiare la fenomenologia, e quando soprattutto
durante la prigionia si dedica alla lettura di ​Essere e Tempo,​ ciò che egli ha dinanzi a sè e
ciò con cui si confronta e che acquisisce nella sua riflessione filosofica è una filosofia
dell’Esistenza, un’analitica esistenziale, una comprensione dell’uomo come esistenza in
quanto quell’ente che ha da farsi, che si deve realizzare, che non è già predefinito in sé
stesso.
Come traduce Sartre il discorso di Heiddeger?
Egli ha un legame molto forte con Cartesio, quindi con la questione della coscienza. Quindi
quando Sartre scriverà L’ ​Essere e il Nulla- ​in questa variazione sul tema è compresa la
chiave per poter capire la diversa di Sartre nella comprensione dell’esistenza- affermerà che
il suo obiettivo è quello di fare una ​ontologia della coscienza intesa come essere nel
mondo.
Invece di esistenza come esser nel mondo, Sartre conserva il termine di coscienza per non
perdere quel piano di intersoggettività, di verità che è fondamentale secondo lui e che invece
Heidegger aveva perso.
Sartre dice che egli vorrebbe fare una ontologia della coscienza come esser nel mondo e
introduce quella contrapposizione tra un Essere in sè ed Esser per sé che emerge per la
prima volta nella Nausea, che rappresenta la filigrana tematica e concettuale di ​Essere e
Nulla ​perché Roquentin alla fine del suo percorso di disorientamento dovuto alla Nausea va
a cozzare contro la mera positività degli oggetti e capisce che la vera causa della sua
Nausea era stata dovuta al tentativo inconsapevole di ridurre la propria esistenza a cosa e il
percepire le cose come esistenti.
(Non c’è distinzione tra cose che sono positivamente in loro stesse la l’esistenza umana che
è caratterizzata dalla libertà)
Questa scissione fondamentale é il punto di partenza di ​L’essere e il nulla,​ ma anche di tutta
la filosofia esistenzialista Sartriana; quindi il proprium dell’esistenzialismo è la scissione
dell’Essere in sé (positività) e l’Esser per sé (coscienza che ha da essere, progettualità): da
ciò deriva la possibilità di nullificare e quindi di negare la mera positività delle cose, agendo.
Questo è il secondo elemento che rappresenta un vero discrimine tra la filosofia
esistenzialista di Heiddeger è quella di Sartre: la concezione della libertà.
Per Sartre la libertà non è ripetizione, assunzione su di sé del proprio limite (temporale) così
come era stato affermato da Heidegger, ma é nullificazione; l’essere è la capacità dell’uomo
di nullificare, di vivere la propria libertà.
Sartre definirá il rapporto tra l’essere in sé e l’esser per sé nei termini di una nullificazione
attiva da parte della coscienza.
Questo significa che Sartre penserà sempre l’esistenza come una mancanza, cioè come un
qualcosa che é proiettata in avanti ma che non si vede e si comprende a partire dal limite, al
contrario di questo, Heiddger concepirá l’esistenza come un intero, come finitudine che ha
un limite, considerando poi la dimensione autentica dell’esistenza nell’anticipazione di
questo limite.
Da qui deriva anche una diversa concezione della morte: per Heidegger è quella esperienza
della finitezza dell’uomo che può essere fatta anche in vita e che anzi deve essere fatta
perché è solo definendo la sua limitatezza l’uomo e l’esistenza può apprendere a vivere in
maniera autentica.
Sartre non ha quest’idea della finitudine: l’esistenza è mancanza e quindi la morte è soltanto
un atto assurdo che fa terminare improvvisamente la nostra vita.
Esistenza ed etica: il grado zero dell’esistenza del soggetto che perde completamente
orientamento e ritorna a sé stesso> La Nausea di Sartre
Soltanto dopo che il soggetto ha compiuto tutto questo percorso e ha trovato un perno nel
quale fondare la propria comprensione dell’esistenza sarà possibile recuperare la
comprensione di libertà e riuscire a pensare attivamente anche un’etica.
Questo è il passaggio che Sartre fa nella conferenza ​L’esistenzialismo è un umanismo​: è
l’esperienza della guerra che mette Sartre nelle condizioni di interrogarsi su quali sono le
conseguenze pratiche della sua concezione dell’esistenza.
Prima della guerra il pensiero di Sartre la Nausea stessa risente dell’influsso delle
avanguardie e del surrealismo e che quindi in qualche modo risente di quella dimensione
distruttiva e critica rispetto al mondo borghese senza riuscire dar ragione di una parte
costruens, d ​ i un atteggiamento positivo.
Roquentin arriva fino alla comprensione dell’esistenza e delle cose stesse, della contingenza
ma ancora non riesce ad assumere su di me la giustificazione dell’esistenza: egli cerca la
giustificazione della sua esistenza in qualcosa di esterno, in qualcosa che ha ancora una
funzione catartica che potrà portare il
protagonista ad accettare la sua esistenza nel passato.
Solo dopo l’esperienza della guerra, Sartre inizia a sentire l’esigenza non solo di giustificare
la propria esistenza ma di partecipare attivamente alla costruzione e alla trasformazione del
reale.
In questo spirito si colloca la conferenza l’esistenzialismo è un umanismo.
Sartre riesce a torcere quei concetti già elaborati nella Nausea verso una vera e propria
filosofia attivista.
Egli affermerà che la sua filosofia é una filosofia dell’azione e umanismo perché pone l’uomo
al centro come legislatore di sé stesso.
Questo è il presupposto di un’etica, una morale; in realtà lavorerà per cercar di comprendere
quale possa il criterio guida dell’azione e quali caratteristiche deve avere quella che lui
aveva definito in ​L’essere e il nulla,​ ​Essere in situazione.
Sartre riuscirà a torcere la sua posizione della Nausea verso una filosofia dell’azione e della
responsabilità ma la vera riflessione sull’etica e sulla morale verrà rimandata ma mai
conclusa.
Questo rimarrà un punto in comune con la posizione di Heidegger; aldilà delle differenti
posizioni entrambi non riusciranno ad arrivare ad una conclusione.
Heidegger negherà la possibilità di scrivere un’etica come disciplina per il problema
dell’etichetta che non ci permette di arrivare ad una comprensione dell’essere in quanto tale;
Sartre riconoscerà il problema di un’etica e si sforzerà di scriverne una per tutta la vita
(L'essere e il nulla si conclude con la problema di scrivere una morale: “è evidente da una
ontologia non si può dedurre un’etica:l'ontologia per sé stessa non può fornire dei
prescrizioni morali; essa si occupa unicamente di ciò che è e non è possibile trarre degli
imperativi dai suoi indicativi”) ma anche lui non scriverà mai una morale. (Da qui anche
Bofré deduce la domanda posta a Heidegger)
“Ciò nonostante lascia intravedere quella che sarà un’etica che assumerà le proprie
responsabilità di fronte ad una realtà umana in situazione” (Sartre)
Essere e nulla: “Tutti questi problemi che ci rinviano alla riflessione pura e non complice non
possono trovare la loro risposta nel terreno morale: vi dedicheremo un’altra opera”.
Sartre da che dall’ontologia non si può dedurre un’etica ma in qualche modo si può vedere
questa direzione dell’etica realtà umana in situazione e di dedicare a questa un’altra opera.
Heidegger anche riconosce l’esigenza di regole che ci dicono come orientare il nostro agire
soprattutto in un disorientamento generale, ma se ci aggrappiamo ad un’etica come
disciplina manchiamo il problema.
Il fatto che Sartre prendesse sul serio il problema è dimostrato dal fatto che negli anni
successivi ha scritto una mole di appunti pubblicati inediti (Quaderni sulla morale) dall’altro e
poi la composizione dei suoi testi teatrali (Le mosche, a porte chiuse, le mani sporche):
ognuno di questi drammi in qualche modo si focalizzano su una problematica di carattere
etico e ci si può fare un’idea più concreta della posizione etica di morale di Sartre. (Etica e
politica)
I passaggi che abbiamo messo a fuoco nella posizione di Sartr riguardano
-la nausea e la ricerca di un grado zero della soggettività per riordinare il mondo e assumere
su di sé la propria esistenza: distinzione fondamentale tra cose ed esistenza. Giustificazione
finale: ricercata in qualcosa di estraneo, letteratura che non è in grado di traforante il
contesto esterno ma in grado di giustificare il passato
-esperienza della guerra: mette in evidenza che il cuore dell’esistenzialismo é l’azione
insistendo si una definizione che afferma che l’esistenza precede l’essenza e che l’uomo è
ciò che si fa. In senso generale cercherà di dedurre direzioni soffermandosi sul nesso tra
scelta, responsabilità e angoscia.
Alla fine della conferenza L’esistenzialismo è un umanismo perché l’uomo è l’unico
legislatore di sé stesso.
-Heidegger (friburgo professore e poi rettore) prende posizione rispetto alle questioni poste
da Sartre nella lettera sull’umanismo.
Tramite un intermediario egli riceve una lettera di Jean Bofré in cui chiede come ridare
senso all’umanismo e qual è il rapporto tra ontologia ed etica.
All’inizio della lettera Heidegger si soffermerà sul modo di intendere l’essenza dell’agire ed è
evidente la critica verso Sartre: ciò di cui parlano sono due cose diverse.
L’agire per Heidegger non è produrre ma portare a compimento che è qualcosa che già è, il
rapporto tra l’uomo e l’essere, il pensiero che è la forma più alta di agire.
Questo modo di intendere le cose viene perduto nel momento in cui il pensiero perde la sua
originarieta è diviso in discipline; il primo fu Aristotele che divise il pensiero in discipline. La
stessa cosa accade quando proviamo ad usare il termine umanismo che è un'etichetta che
ci fa perdere di vista il problema della centralità e dell’interrogazione su che cos’è l’uomo.
Heidegger ritiene che non è tanto necessario ridare senso all’umanismo quanto la sua
radice: riflessione sull’essere, esistenza come ex sistere, venir fuori da una apertura
originaria. Se invece per umanismo si intende quella riflessione che cerca di comprendere
l’uomo a partire da una definizione dell’ente nel suo insieme, allora il suo pensiero non può
essere inteso come un umanismo, perché in questo senso non è altro che una metafisica: o
si fonda in una metafisica o sfocia in una metafisica.
L’intenzione di heidegger è quella di comprendere in maniera radicale l’esistenza e non nel
senso di Sartre, e che quindi l’esistenza é radice a sè stessa, ma al contrario che l’esistenza
viene compresa a partire da un orizzonte originario a partire dal quale essa exsiste, si dà.
Quel pensiero che pensa questo potrebbe essere definito come un umanismo per
Heidegger.

Seconda domanda: Quale rapporto c’è tra ontologia e l’etica?


Questo è un problema che Sartre si pone alla fine del suo testo ​L’essere e il nulla​;
(Pag.88-93 lettera sull’umanismo) Quando scriverà un’etica?
Nella prima parte egli fa un sunto della sua filosofia: in quella filosofia dove l’essenza
dell’uomo è pensata in modo essenziale, radicale, cioè a partire dalla questione della verità
dell’essere, dove tuttavia l’uomo non è innalzato al centro dell’ente, non è compreso a
partire da una definizione dell’ente, è inevitabile che ci sia l’esigenza di regole ed è
inevitabile capire come l’uomo compreso come esistenza debba vivere in conformità al suo
destino (destino: viene tradotto invio;), cioè come invio dell’essere.
“ il desiderio si fa urgente quanto più il disorientamento del mondo aumenta a dismisura”:
l’etica è urgente in un mondo massificato.
Heidegger nella sua concezione filosofica in cui l’essere si dà in epoche diversa, l’epoca
nella quale viviamo è l’epoca della tecnica; ancora dipiù in questa situazione l’uomo ha
bisogno di un punto di orientamento che può essere raggiunto attraverso un raccoglimento e
ordinamento del progettare dell’esistenza che corrispondano alla tecnica.
Heidegger afferma che è a conoscenza del problema però c’è qualcosa di più radicale
rispetto alla questione spiccia del “che fare”; è più importante pensare dell’essere che è
rimasto nell’oblio: prima di risolvere il problema l’uomo deve pensare ad un pensiero più
originario: occorre pensare prima a cosa sono ontologia ed etica.
Queste discipline nascono nella scuola di Aristotele, nel momento in cui nasce la filosofia e
perisce il pensiero; i pensatori precedenti non avevano una definizione nè di logica né di
etica, eppure il loro pensiero non era né illogico né immorale; dunque bisogna far saltare
queste due denominazioni e ritornare a quella originarietá del pensiero greco che pensa
senza discipline e addirittura nelle tragedie di sofocle si nasconde l’etos,ovvero l’etica, più di
quanto non sia stato fatto nelle lezioni di Aristotele.
A questo punto Heiddger fa riferimento ad un detto di Eraclito e afferma che proprio
leggendolo è possibile arrivare all’essenza più originaria dell'Ethos che è ciò può farci capire
capire com’è possibile delineare non un’etica intesa come disciplina ma come un’etica
originaria.
Il detto di Eraclito suona: ethos antropo daimon; in genere si è soliti tradurre: ​il carattere
proprio è per l’uomo il suo demone;​ questa traduzione in senso moderno significa,
soggiorno, uomo dell'abitare.
La parola nomina la regione aperta in cui abita l’uomo, l’apertura del suo soggiorno lascia
apparire ciò che viene incontro all’essenza dell’uomo e così avvenendo soggiorna nella sua
vicinanza. Il soggiorno dell’uomo custodisce l’avvento di cui ciò a cui l'uomo appartiene nella
sua essenza: questo è il daimon, il dio: il detto significa l’uomo in quanto é uomo, abita nella
vicinanza di Dio; con questo detto di Eraclito concorda una storia riferita da Aristotele.”
Il problema è quello di cogliere l’essenza dell’Ethos che si coglie in un detto di Eraclito dove
ethos antropo daimon in cui ethos nomina la regione aperta dove abita l’uomo.
Quest’affermazione di Eraclito cioè che l’uomo in quanto uomo abita nella vicinanza di un
Dio, viene esplicitata da Heiddger attraverso il ricorso ad un aneddoto secondo il quale
alcuni visitatori stranieri andarono in visita da Eraclito e lo trovarono appunto vicino al fuoco
a riscaldarsi e in qualche modo rimasero delusi dal suo invito ad entrare che egli esternó
dicendo “Anche qui sono presenti gli dei”: Eraclito anche tutto infreddolito vicino al fuoco
invita degli stranieri ad entrare; gli stranieri sono delusi perché si aspettano che il pensatore
enunci qualcosa in maniera straordinaria. Invece trovano Eraclito in un luogo ordinario e non
appariscente: questa situazione quotidiana è priva di fascino e dunque dato che è una
situazione quotidiana sono delusi perché hanno compiuto un lungo viaggio per una
situazione così semplice da vivere e da guardare.
Eraclito affermando che anche Dio è lí: anche lì al forno in una situazione quotidiana gli dei
sono presenti.
(L’uomo in quanto uomo abita nella vicinanza di Dio) Heidegger si rifà ad Eraclito e
all’episodio narrato precedentemente; traduce quell’espressione affermando che il soggiorno
solito è per l’uomo l’ambito aperto per il presentarsi del Dio, ovvero sia dell’insolito.
Alla fine di questo percorso, Heidegger definirà quel pensiero che pensa il soggiornare
dell’uomo in modo originale, ovvero il suo pensiero, come l’etica originaria.
Se in conformità al significato originario di Ethos=si pensa il soggiorno dell’uomo, allora il
pensiero che pensa la verità dell’essere come elemento iniziale dell’uomo, in quanto
esistente, é già in sé l’etica originaria.
Ma questo pensiero non è nemmeno etica per il fatto che è prima ontologia; l’ontologia infatti
pensa sempre e solo l’ente nel suo essere.
Ma finché non è pensata la verità dell’essere ogni ontologia resta ferma al suo fondamento;
per questo la filosofia di essere e tempo è un’ontologia fondamentale e così via.
Heidegger conclude dicendo che il punto non è quello del rapporto tra ontologia ed etica
perché il suo pensiero in realtà non è neanche ontologia, perché l’ontologia pensa sempre e
solo l’ente nel suo essere senza pensare la verità dell’essere. L’ontologia non è
sufficientemente radicale, infatti per questo motivo egli ha chiamato il pensiero di essere e
tempo come ontologia fondamentale, più radicale.
Quindi il problema non è il rapporto tra ontologia ed etica, ma quello di pensare in maniera
radicale l’essenza dell’uomo, la sua appartenenza all’essere, al Dio, e questo tipo di
pensiero non è né logica né etica, ma l’ontologia fondamentale é un’etica originaria.
Pag.94
“Il pensiero che domanda della verità dell’essere e che così determina il soggiorno
essenziale dell’uomo a partire dall’essere in direzione dell’essere non è né etica né
ontologia.”
In tale ambito la questione di queste due discipline non ha più alcun fondamento. Tuttavia la
domanda che lei pone se pensata in modo più originario mantiene un senso e un peso
essenziali. Occorre infatti chiedersi se il pensiero, pensando la verità dell’essere, determina
l’essenza dell’humanitas come esistenza in base alla sua appartenenza all’essere resta
esso solo una rappresentazione teorica dell’essere o dell’uomo? O si possono invece trarre
contemporaneamente da tale conoscenza indicazioni per la vita attiva da dare a
quest’ultima? “
Heidegger ritorna l’ultima volta sulla questione:la risposta è che questo pensiero non è né
teoretico né pratico, esso viene prima di questa distinzione.
Potremmo dire che questo pensiero trasforma il reale nel momento in cui lo pensa e lo porta
a compimento; ciò non significa che esista una distinzione tra teoria e prassi e che il
pensiero possa dividersi in discipline e fissare in un’etichetta il da farsi.
Può la filosofia influenzare il singolo?
“Se posso rispondere brevemente, la filosofia non potrà produrre alcuna immediata
modificazione dello stato attuale del mondo. Questo non vale solo per la filosofia, ma per
tutto ciò che è mera impresa umana.
Ormai solo un Dio ci può salvare, ci resta come unica possibilità quella di preparare nel
pensare e nel portare una disponibilità all’apparizione del Dio nel tramonto, a patto che al
cospetto del Dio assente noi tramontiamo.”
C’è una connessione tra il tuo pensiero e l’avvento di questo Dio?
“Noi non possiamo avvicinarlo col pensiero,siamo in grado di risvegliare la disponibilità
dell’attesa.”
Ma c’è qualcosa che possiamo fare?
“La preparazione della disponibilità potrebbe essere il primo ausilio. Il mondo non può
essere ciò che è come è grazie all’uomo, ma neppure senza l’uomo; ciò dipende a mio
parere dal fatto che io con una parola di lunghissima tradizione e dai molti significati chiamo
l’essere, ha bisogno dell’uomo per la sua rivelazione,custodia e configurazione.”
“L’essenza della tecnica è in ciò che io chiamo l’impianto: il dominio dell’impianto significa
che l’uomo è collocato dalla potenza. Far capire dipiù di questo il pensiero non pretende; la
filosofia é alla fine.”

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