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LEZIONE 2
Filosofia morale: rapporto tra esistenza ed etica.
Nonostante Heiddeger sia più anziano di Sartre e nonostante la filosofia di Sartre nasca a
partire da un confronto dalla filosofia di Heiddeger, Sartre sarà colui che affronterà per primo
questa tematica (esistenza ed etica) negli anni della seconda guerra mondiale.
Gli anni cruciali della vita di Sartre sono quelli dello studio alla Scuola Normale dell’Ecole di
Parigi o del soggiorno a Berlino, a contatto con la filosofia di Husserl.
Quando Sartre rientra in Parigi insegna e aspetta il successo, incominciando a scrivere
trattati di filosofia e opere letterarie; solo con la Nausea del 1938 raggiungerà il successo.
In questo periodo è molto importante il rapporto con le avanguardie che vedono una
concezione dell’arte e della letteratura strettamente legata alla politica in un senso di rottura
critica.
Un momento importante nella vita di Sartre è l’esperienza della guerra; inducono in lui una
metamorfosi intellettuale.
Il 2 settembre del 1939 Sartre riceve un foglio di mobilitazione che gli impone di recarsi a
Nancy per raggiungere la 70esima divisione dell’esercito francese; lì rimane fino al 21
giugno del 1940, quando viene fatto prigioniero.
Sartre si muove, però, in seconda linea con l’incarico di meteorologo; questi sono gli anni
“della strana guerra”: nonostante l’esercito francese e tedesco fossero schierati al confine la
guerra non scoppió realmente su quel fronte.
Sartre nel 1941 riesce a liberarsi e entra a Parigi che nel frattempo era stata occupata
dall’esercito tedesco; in quest’anno inizia a scrivere l’Essere e in Nulla, in cui viene messa a
punto la sua ontologia dell’esistenza; il testo appare poi nel 1943.
Come Sartre dice 35 anni dopo in un’intervista:”la guerra ha diviso in due la mia vita” e
segna il passaggio dalla giovinezza alla maturità, dal nichilismo all’impegno.
Come Florinda Cambriano afferma nell’Introduzione dei Quaderni sulla Morale “Sartre
stesso, in più di un’occasione ha ricordato che con la guerra si verificò una conversione,
quella vera e propria svolta etica che inauguró la fase matura del suo percorso filosofico,
legando indissolubilmente, all’impegno civile e politico, sulla base dell’interrogazione
centrale circa la condizione di esistenza degli esseri umani. Il senso della loro libertà
individuale, le loro esigenza imposte dai vincoli della situazione storica in cui si trovava a
vivere”.
Sartre si interrogherà sul rapporto tra azione,libertà e responsabilità partendo dalla
convinzione che l’essere dell’uomo si trova in una situazione e condizione storica
particolare, e a partire da quella che potrà esercitare la sua libertà e la sua possibilità di
scelta e decisione che implica l’assumersi la responsabilità di ciò che si è scelto.
Durante il periodo della prigionia in Germania che Sartre inizia un confronto più diretto con
Essere e Tempo di Heidegger; Sartre a Berlino é entrato in contatto con la fenomenologia di
Husserl, Heidegger é un allievo di Husserl, volvendo la sua fenomenologia verso l’esistenza
concreta.
Mentre Husserl aveva interrogato maggiormente la coscienza e la sua intenzionalità verso
degli oggetti, Heidegger invece prova a comprendere la vita nella sua concretezza, nel suo
fluire; egli introduce il termine Kierkegaardian, la questione dell’esistenza: Essere e Tempo
(1927) é un’analitica dell’esistenza, ovvero una descrizione delle strutture fondamentali
dell’esistenza.
Sartre, insieme a Merlot Ponti, un altro esponente della fenomenologia francese, fonda il
gruppo “Socialismo e Libertà”; si batte contro il regime collaborazionista di Vichy, diventa
pubblicista e si confronta con i Gruppi di Azione, continuando la sua attività fino ai giorni
dell’insurrezione.
Sono gli anni della maturità filosofica; nel 1943 viene pubblicato L’essere e il nulla che si può
considerare come la summa di tutte le riflessioni filosofiche di Sartre a partire dal 1933,
dall’anno del suo soggiorno berlinese.
Il primo progetto dell’opera risale al 1940, anno in cui Sartre espone a Simone de Beauvoir il
suo progetto, la sua opera filosofica, la cui stesura inizierà nel 1941.
Contemporaneamente al teatro dell’Ile di Parigi viene rappresentato “Le mosche”; “L’essere
e il nulla” conobbe un discreto successo solo dopo la fine della guerra; la seconda edizione
del testo apparve nel 1947.
Nel 1944, l’anno dopo la pubblicazione di “essere e nulla”, viene pubblicato “A porte chiuse”,
dramma Sartriano molto famoso: sia “Le mosche” che “A porte chiuse” sono utili per capire il
tema dell’etica e della morale: anticipano quella svolta in senso etico-pratico che ne mettono
in evidenza alcuni aspetti.
La pubblicazione de “La Nausea” gli aveva concesso un discreto successo e quindi
Jean-Paule decise di lasciare l’insegnamento per dedicarsi completamente al teatro, al
giornalismo e alla riflessione filosofica.
La fine della guerra è segnata da due eventi particolari: da un lato Sartre é invitato a far
parte di un gruppo di giornalisti francesi in visita negli Stati Uniti e dall’altro fonda la rivista “I
tempi moderni” che suggellerá la nascita dell’esistenzialismo come un movimento culturale e
la teorizzazione della letteratura impegnata.
Questa visita agli Stati Uniti gli darà problemi in senso politico, e sarà malvisto dai Marxisti;
per questo motivo ritirerá dalla vendita “A mani sporche” perché troppo filo americano.
Nell’introduzione alla rivista definisce, Sartre, la sua posizione, in questi termini:” Noi non
vogliamo avere vergogna di scrivere e non abbiamo voglia di parlare senza dire niente”;
critica quindi la concezione borghese dell’arte e quella che era stata la sua stessa posizione
prima del cambiamento di prospettiva e prima della conversione indotta dalla seconda
guerra mondiale.
In realtà continua, Sartre nell’introduzione “In realtà non esiste uno scritto senza senso, lo
scrittore è sempre implicato, segnato compromesso in ció che scrive. Lo scrittore deve
abbracciare la sua epoca, noi non abbiamo che questa vita da scrivere; lo scrittore deve
essere sempre in situazione.”
Sartre si pone il problema dell’esistenza in situazione è in letteratura afferma lo stesso: ogni
scrittore misura la propria responsabilità nella sua epoca.
Secondo Sartre e i fondatori della rivista “I tempi moderni”, lo scrittore deve occuparsi anche
del futuro della sua epoca e Sartre afferma che “Di voler scrivere per i suoi contemporanei,
di non voler guardare il mondo con occhi futuri, ma con occhi di carne, con i nostri veri occhi
verituri in quanto è dai vivi che i processi si vivono o si perdono”; quindi la scrittura è sempre
collocata nella sua situazione.
L’intenzione di Sartre é quella di “concorrere a produrre dei mutamenti nella società che lo
circonda, schierandosi al fianco di chi vuole mutare insieme la condizione sociale dell’uomo
e la concezione che egli ha di sè stesso: l’intenzione della rivista é quindi quella di prendere
posizione in relazione agli eventi politici e sociali che verranno (non politicamente) ma
sforzandosi di porre in luce la concezione dell’uomo a cui si ispirano le tesi in contrasto e
dando il proprio parere uniformemente alla concezione che verrà sostenendo”.
Questa concezione é importante nella filosofia di Sartre: egli afferma che la rivista prenderà
posizione rispetto agli avvenimenti politici e sociali sforzandosi di porre in luce la concezione
dell’uomo che è alla base di ogni affermazione e alla base di ogni testo che viene proposto.
Innanzitutto lo sforzo dell’impegno di Sartre è quella di mettere in luce qual è la concezione
dell’uomo e dell’esistenza, e quindi in un certo senso quello di fare un’analitica
dell’esistenza.
Questo per Sartre significa ridare alla letteratura una funzione sociale; Sartre approfondisce
questa posizione nella parte finale de “Che cos’è la letteratura?”, affermando “La letteratura
é per essenza la soggettività di una società in rivoluzione permanente”, “la letteratura non è
mai assimilabile all’azione, ma può essere una condizione essenziale dell’azione” cioè il
momento della coscienza riflessiva.
Sartre specifica la sua posizione affermando che “la letteratura é un appello alla libertà del
lettore, il lettore fa proprio questo appello, fa proprio questo appello, lo assume su di sé in
una decisione incondizionata e per questo ‘il fine della letteratura é la realizzazione del
regno della libertà umana e l’espressione dell’universale concreto’.
Sartre in questo saggio afferma che “potete scegliere di lasciare sul tavolo un testo, ma nel
momento in cui lo leggete dovete assumervene la responsabilità” e quindi farlo proprio, per
acquisire elementi utili per trasformare attraverso l’azione l’epoca stessa (é consapevole che
è una concezione della letteratura utopica).
Nel secondo dopoguerra Sartre pubblica i primi romanzi “I cammini della libertà” “L’età della
ragione”, “Il rinvio” e fra il ‘46 e il ‘49 uscirono oltre quaranta dei suoi testi.
Seguono dibattiti e discussioni circa l’esistenzialismo, e Sartre cercherà di scansare
equivoci, nella conferenza in cui parlerà de “L’esistenzialismo é un umanismo” nella quale si
difende dalle critiche di cattolici e comunisti.
Il protagonista de la Nausea è Antonie Roquietan che si trasferisce a Bouville per scrivere
una tesi di storia e la scrittura è l’unico modo per mettere in ordine le cose infatti Sartre
afferma nella quarta di copertina “per molto tempo l’uomo Rollebon mi interessava più del
libro da scrivere ma adesso l’uomo comincia ad annoiarmi, è al libro che mi attacco, sento
un bisogno sempre più forte di scriverlo man mano che invecchio, “nella scrittura infatti, i fatti
si dispongono nell’ordine che io voglio dare loro, lenti, pigri, sgraziati”;
“Il signor Rollebon era un mio socio, per esistere aveva bisogno di me e io avevo bisogno di
lui per non sentire la mia esistenza. Io non ero che un mezzo per farlo vivere, lui era la mia
ragione d’essere e mi aveva liberato di me stesso”: in questa fase la letteratura é una
risposta il disorientamento in quanto mette ordine.
Come più tardi affermerà Sartre nell’intervista “Lo scrittore in persona”, “ma in questo tempo
contestavo tutto, tranne la mia professione, finché un giorno, scrivendo delle conversazioni
sulla morale, mi sono reso conto che stavo elaborando un’etica da scrittore e per scrittori,
con la pretesa di parlare in nome di quelli che non scrivono”.
Dopo la guerra la letteratura non è più rifugio, ma azione, intervento sulla realtà; Sartre
proverà a gettare quella morale che aveva promesso in “Essere e Nulla”; Sartre scrive alcuni
saggi in cui affermerà che l’esistenzialismo è la vera filosofia rivoluzionaria.
Si scontrerá anche con il marxismo e con Camus e Merlot Ponti, per diverse concezioni
dell’impegno politico; furono gli unici anni di dialogo tra Sartre e i comunisti francesi e
sovietici e Sartre bloccherà la pubblicazione di Mani sporche.
L’idillio tra Sartre e i comunisti sovietici si ruppe con i fatti di Ungheria del 1956, anche se
Sartre non abbandonerà mai l’idea di una reale realizzazione degli ideali marxisti.
Si sono pubblicati solo postumi i Quaderni sulla morale, elaborazione di filosofia pratica di
Sartre tra ‘46-‘48.
Il testo “La critica della ragione dialettica” monopolizzó le attenzioni di Sartre tra ‘57 e ‘59
affiancandovi solo l’impegno politico della guerra in Algeria; a partire dagli anni ‘60 inizia un
periodo di viaggi per Sartre tra cui il viaggio a Cuba con S., in Brasile e poi in Cina.
L’epoca dei viaggi si conclude con un viaggio in Giappone e infine con un viaggio in Oriente,
al Cairo e Tel-Aviv mentre si svolgeva un conflitto arabo-israeliano.
Gli anni ‘60-‘67 sono scanditi dall’epilogo della guerra algerina e il rifiuto del premio Nobel
che viene dato a Sartre per la sua autobiografia del ‘62 “Le parole”; in questi anni Sartre
partecipa anche alla costituzione del tribunale Russell e viene colpito dalla morte di Camus e
Ponti e di Fanon. La testimonianza dell’affetto verso questi intellettuali é data da orazioni
funebri che scrive per gli amici e compagni di strada.
In quegli stessi anni Sartre partecipa al manifesto dei 121 e scrive la prefazione al libro di
Fanon “I dannati della guerra”; é un atto di denuncia di tutti gli esseri umani.
Egli rifiuta il Nobel perché crede sia rappresentazione solo dell’Occidente e perché crede sia
troppo politicizzato; Sartre è anche un grande protagonista degli scontri della rivolta
studentesca del ‘68: cerca dialogo con i capi della protesta ma osserva i fatti senza viverli. Si
avvicina ai capi del movimento studentesco e al Mahoismo; scrive articoli e si farà promotore
di uno slogan “Socialismo e Libertá”, però presta si renderà conto della sua lontananza da
quegli ideali per avvicinarsi al Mahoismo: difesa della necessità di una rivoluzione Leninista
e Marxista.
Nel ‘71 accetta la direzione de “La casa del Popolo” dopo l’arresto di molti direttori, e
partecipa al progetto politico del quotidiano “Liberation” e per contribuire alle spese editoriali
accetta di partecipare alla pubblicazione del libro intervista “Ribellarsi é giusto”.
La sua ultima fatica filosofico-letteraria é la scrittura della biografia di Flaubert che resterà
incompiuta “Flaubert l’idiota della famiglia”; la interromperà per motivi di salute perche a
partire dal ‘73 diventa cieco e non potrà più scrivere o leggere.
Nel ‘75 sostiene la rivoluzione pacifica Portoghese e nel ‘79 procede al sostegno degli aiuti
francesi ai profughi vietnamiti.
Verrà assistito da Levie il suo segretario che diventerà il suo interlocutore e riuscirà a fare un
intervista col titolo “Una speranza oggi”; morirà nel 1980.
In sintesi possiamo dire che gli anni tra il ‘38-39 si muove tra Nichilismo ed
Esistenzialismo e fondamentali sono i testi “Il muro” e “La Nausea”;
nel 1934-1935/1940 in filosofia si muove tra fenomenologia ed esistenzialismo: scrive
degli scritti fenomenologici ancora vicini alla filosofia Husserliana ma già proiettati verso
l’esistenzialismo.
Nel ‘43 pubblica l”Essere e in Nulla” e viene rappresentata “Le mosche”; Sartre negli anni
della formazione filosofia non avverte la necessità di partecipare alla vita civile ma aderisce
ad un ideale di intellettuale borghese e individualista che è sufficiente per assecondare le
sue esigenze di autonomia e realizzazione mediante gli studi e la scrittura.
La fase cruciale è quella del secondo dopoguerra tra il ‘45 e il ‘56, quelli
dell’esistenzialismo e del marxismo, dell’esistenzialismo e dell’etica e dell’impegno;
“A porte chiuse” (45) “I sentieri della libertà”, tiene la conferenza “L’esistenzialismo é un
umanismo”, si confronta con il marxismo , scrive il saggio “Che cos’è la letteratura” scrive un
saggio sulla morale ebraica e scrive i Quaderni per una Morale, “Verità ed esistenza”;
pubblica nel ‘48 “a mani sporche” nel 51 “Il diavolo e il buon Dio” e nel 52 “I comunisti e la
pace”.
La terza fase è caratterizzata dall’impegno; la filosofia esistenzialista é presentata come
dell’azione, dell’impegno.
DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO Nel saggio “Marxismo e rivoluzione” affermerà che
l’esistenzialismo é la vera filosofia rivoluzionaria.
DAL PUNTO DI VISTA ARTISTICO Per quanto riguarda la concezione dell’arte crede che la
letteratura abbia una funzione sociale e la letteratura é la soggettività di una rivoluzione
permanente.
DAL PUNTO DI VISTA TEORICO In questa fase prova a gettare le basi per una morale dal
punto di vista teorico “Quaderni per una morale”, sperimenta la filosofia morale attraverso
personaggi in situazione.
Sartre partecipa alla vita politica e cerca un dialogo con il comunismo “Questioni di metodo” ;
é un saggio in cui fa il punto sul metodo in relazione all’esistenzialismo.
Sartre dopo i fatti del ‘56 rompe con i comunisti e con “critica della ragione dialettica”, c’è un’
ibridazione tra esistenzialismo e politica marxista.
Nell’ultima fase (‘60-‘80) Sartre mette a lungo una teoria politica della rivoluzione “Critica
della ragione Dialettica” “Le parole” e ritorna sulle ragioni dell’etica e scrive la biografia su
Flaubert, e pubblica l’intervista “Ribellarsi é giusto”.
LEZIONE 3
Questioni fondamentali in “La Nausea”:
A monte dell”Essere e in Nulla” ci sono questioni trattate in maniera narrativa in “La Nausea”
come l’esistenza dell’uomo.
Dalla lettura emerge come quei problemi filosofici concettuali e astratti in “Essere e il Nulla”
siano rappresentati praticamente in “La Nausea”.
In un'intervista del 1971, Sartre afferma “In fondo io resto fedele ad una cosa: la Nausea, è
quanto ho fatto di meglio”: dà voce alla decomposizione della borghesia prima della seconda
guerra mondiale (fenomenologia del disorientamento dell’esistenza).
Il titolo originale del testo sarebbe dovuto essere “Melanconia” ma l’editore del testo, dopo
aver richiesto alcuni cambiamenti in passaggi più crudi, suggerì il titolo “La Nausea”.
Il protagonista é Antoine Roquentin, che si trasferisce a Bouville per scrivere una tesi di
dottorato in storia sul marchese Rollebon; passa spesso le sue giornate in biblioteca e
conosce l’Autodidatta che è un personaggio irrilevante che è un umanista che si istruisce
leggendo libri in ordine alfabetico. Va spesso in un bistrot e si incontra con una donna che
lavora al bar; da quattro anni Anny é scomparsa e si sforzava per creare momenti perfetti.
Roquentin sprofonda nel presente e non ha più avventure ma solo storie; si attacca al morto
per giustificare il vivente. La nausea lo prende e lo spinge a trasformarsi; anche se ha un
briciolo di speranza nei confronti di Anny lei ha scoperto l’esistenza come lui e ha rinunciato
ai momenti perfetti. Dopo un incontro con Anny torna alla solitudine e non riesce a
relazionarsi con gli uomini borghese che vivono senza capire l’esistenza. Decide di lasciare
Bouville per trasferirsi a Parigi, e mentre gira l’ultima volta la sua canzone preferita riesce ad
accettarsi.
Cos’è la nausea? L’esistenza che si svela.
Sartre ci fornisce una chiave di lettura del testo in un’intervista “La vita a 70 anni” e afferma
che “ero anarchico senza saperlo quando scrivevo la nausea,vedevo solo il rapporto con
l’idea metafisica di Nausea, non vedevo affatto il legame tra la mia esistenza e la società in
cui vivevo”.
Sartre continua “All’uscita della Normale ci avevo fatto tutta una teoria, ero l’uomo solo, vale
a dire l’individuo che si oppone alla società con l’indipendenza del proprio pensiero, ma che
non deve nulla alla società e su di lui la società non può nulla perché è libero” é l’evidenza
su cui Sartre ha fondato tutto quello che scriveva prima del ‘39.
Durante l’intero anteguerra Sartre afferma di non avere idee politiche e credeva che il suo
destino era solo quello di scrivere e la scrittura non era vista come attività sociale: La
Nausea è la conclusione letteraria della teoria dell’uomo solo; interessante in questo
contesto è l’affermazione di Paul Nizan, secondo la quale non sarebbe possibile affiancare
Sartre a Kafka (nel descrivere una descrizione) perché il pensiero del primo é
completamente estraneo ai problemi morali a differenza di Kafka che si interroga sul senso
della vita, Sartre che solo sul fatto dell’esistenza.
Nizan crede che l’accostamento di Sartre ad Heiddeger sia errato perché l’oggetto di
angoscia per il filosofo tedesco é il Nulla, in Sartre é l’esistenza; la legge dell’uomo
rigorosamente solo non è la paura del Nulla, ma la paura dell’esistenza.
Quali sono i temi fondamentali e come vengono affrontati da Sartre nella Nausea?
Il testo si apre un’avvertenza agli editori “I quaderni di appunti che costituiscono il romanzo
filosofico sarebbero stati trovati tra le carte di Antoine Roquentin, i primi fogli sono senza
data ma si suppone che siano stati scritti nel 1932”; a quell’epoca il protagonista si era
trasferito a Bouville per scrivere una tesi sul marchese Rollebon.”
Il primo punto: é avvenuto un cambiamento. Il protagonista vuole vederci chiaro e per farlo
scrive un Diario. “Bisogna dire come io veda questa tavola, le persone, il mio pacchetto di
tabacco, perché è questo che è cambiato. Occorre determinare esattamente l’estensione e
la natura di questo cambiamento”.
In un primo momento il protagonista prova ad essere esatto; si tratta di determinare come
vedeva prima le cose e come le vede ora. Poi riporta una storia e cerca di capire il perché,
se c’è un avvenimento che ha innescato questo cambiamento e ci riporta ciò che gli è
accaduto ma che non può portare il nome di un avvenimento perché il protagonista non ne è
ancora cosciente.
“Qualche giorno prima dei ragazzi stavano facendo rimbalzare dei ciottoli sul mare. Lui era
in procinto di imitarli ma ad un tratto si è arrestato, ha fatto cadere il ciottolo a terra ed è
andato via; “ si interrompe in questo modo un’azione intenzionale: il protagonista ha un’area
smarrita, ha provato un disgusto.
In un passo successivo afferma addirittura di aver avuto paura ma non sa di che cosa; é un
accenno interessante perché anche Heidegger spiegherà che si ha sempre paura di
qualcosa ma l’angoscia non è mai angoscia di qualcosa, ma quel sentimento di
disorientamento che si prova dinnanzi all’essere al mondo, e che quindi non ha un oggetto di
riferimento preciso.
Tuttavia il protagonista rileva questo cambiamento ma non è disposto a sentirsi pazzo:
quindi conclude dicendo che tutti i cambiamenti concernono ad un oggetto.
É un primo accenno emotivo e conoscitivo che si manifesta in questo sentimento di
disgusto; il desiderio di aggrapparsi all’ordine e di sfuggire a quello che ha provato. Il
protagonista più tardi annota nei quaderni che “gli strani stati d’animo della settimana scorsa
oggi mi sembrano molto ridicoli, non li avverto più”.
In un primo momento c’è un episodio che innesca questo cambiamento però in realtà il
protagonista riesce a ritornare in un mondo ordinato e riesce a sentirsi a suo agio
borghesemente e crede di essere guarito.
Però è una certezza che dura poco e già nel gennaio del ‘32: “Mi è accaduto qualcosa, non
posso più dubitarne. É sorta in me come una malattia”: qualcosa è accaduto e quella
sensazione ritorna in maniera subdola e qualcosa cambia; “Ma dove? É un cambiamento
astratto che posa sul nulla”; possiamo ricordare un filosofo che fa del dubbio un punto di
partenza della sua ricerca, Cartesio.
Se Cartesio individua nel pensiero l’indubitabilità, Sartre non riuscirà a dubitare solo del fatto
di esistere e non di pensare.
Nel dubbio, dice Roquentin, nel dubbio bisogna scegliere perché, in chiave esistenzialista,
bisogna prendersi la responsabilità dell’esistenza e chiudere il dubbio attraverso una scelta.
Emerge un altro elemento importante per la filosofia della crisi; in questa prima fase il
protagonista si muove nel tentativo di mettere in ordine ciò che lo disorienta: da un lato
annullamento dell’esistenza e d’altro lato riordinarla: “sono io, credo che sono cambiato.”
(Pag.15)
Interessante è il riferimento alle rovine e le macerie che devono essere riordinate; anche
Heiddeger parla di una filosofia che prova a rimettere insieme le rovine.
La nausea descrive la parabola di una trasformazione in atto del protagonista e di Sartre
stesso: il testo annuncia una metamorfosi che sta avvenendo nel protagonista.
A seguire il protagonista tematizza il rapporto agli altri (pag.17): in questa routine borghese
lui è solo, non riceve nulla e non dà nulla e afferma che l’autodidatta non conta.
Gli altri al caffè, invece, dialogano e raccontano cose precise e inverosimili.
Un uomo solo, invece, non sorride: alla fine sono le cose che circondano il protagonista gli
sorridono.
Roquentin continua a descrivere il rapporto con le cose e l’empatia che prova verso di loro
(pag.22) “gli oggetti sono cose che non dovrebbero commuovere...e a me commuovono.”
Una specie di nausea dolciastra che deriva dal fatto che le cose escono dal loro confine e il
protagonista non ha più un distacco con il circostante.
Heidegger invece in Essere e Tempo dedicherà molto tempo agli “utensili” é utile a
ricomporre il mondo nella loro complessità ma se le cose sfuggono di mano e perdono i
confini di utilità e non fanno più conoscere il mondo ma getta in uno sconforto.
Per Sartre nel momento in cui provo a comprendere l’esistenza come cosa e ne blocco la
sua fluidità e rendo gli oggetti fluidi, l’uomo crolla e va nell’abbandono più completo: alla fine
Sartre riuscirà a venir fuori, immaginando di scrivere un nuovo testo, la salvezza la troverà
attraverso la scrittura del testo filosofica “Essere e il Nulla”.
Le cose non sono più strumenti ma cominciano a commuovere e perdono i loro confini: in
questo contesto iniziano le prime riflessioni di Roquentin sulla scrittura che viene utilizzata
come ordine, utile per superare l’angoscia del vivere.
Il protagonista afferma (pag.26) che Rollebon é estraneo a lui, ma la scrittura diventa la
ragione del suo interesse.
(Pag.33) Anche nel caffè la nausea lo ha colto e lo ha spezzato, anche se è consapevole del
fatto che è la nausea che si posa sulle cose ed è egli che è in lui.
Roquentin racconta che vive una normale domenica “borghese” e si contrappone a quella
degli altri suoi concittadini (pag.78); descrive la domenica scandita da routine dei borghesi
(passeggiata versl una meta, messa della domenica) e il peregrinare di Roquentin senza
meta (pag.79)-> riferimento politico alla guerra e sovrapposizione della sua solitudine e
avvento del nazismo.
Il dubbio è l’elemento portante della prima fase: non esiste il presente, il passato non c’è più,
le parole non esistono più.
FENOMENOLOGIA DELLA NAUSEA: con quali sintomi si presenta questa malattia e prima
ipotesi da dove essa possa derivare; le cose cambiano, il soggetto cambiano, Roqentin é
circondato da uno scenario di cartone che può rompersi da un momento all’altro, cose che
varcano i loro confini, commuovono e si indeboliscono; a ciò si contrappone l’ordine e la
routine borghese.
NAUSEA: quel sentimento che deriva dalla conoscenza dell’Esistenza.
Roquentin racconta che la sua vera ragione d’essere era il marchese Rollebon e entrambi
possono essere soci perché anche Rollebon aveva bisogno di lui per esistere.
In questa parte avviene un confronto con Cartesio: (pag.137) il protagonista afferma che
salta il confine tra le cose, i soggetti e l’esistenza.(Esisto perché penso-> se esisto é perché
ho orrore di esistere, non è il fatto di pensare).
Esistere non è solo pensiero, é corpo.
Sartre mette in luce il tema della contingenza: esistenza è contingenza.
(prossimo tema: incontro con l’autodidatta e tema dell’umanismo).
LEZIONE 4
Sartre duplice produzione: filosofica e letteraria.
Analisi della Nausea: da un lato è necessario per capire da dove parte Sartre(prima della
guerra) e qual è il punto di arrivo, permettendoci di capire la sua posizione rispetto ad
Heiddeger; dall’altro il testo, che rappresenta un romanzo filosofico, rappresenta in una
chiave non filosofica (ma letteraria) quei problemi filosofici che saranno trattati prima
nell’Essere e il Nulla e poi nella Conferenza sull’Esistenzialismo é un Umanismo.
Nel romanzo filosofico c’è una critica implicita al carattere enciclopedico della cultura
dell’Autodidatta.
Il protagonista ci rivela che è avvenuto un cambiamento e si chiede cosa abbia innescato
questo cambiamento; Roquentin descrive che ha provato per la prima volta questa
sensazione quando non riuscì a prendere tra le mani il ciottolo al mare, poiché quell’oggetto
perse di significato e gli causa una sensazione di disgusto. In un primo momento deduce
che i cambiamenti avvengono in relazione agli oggetti, poi comprende che é anche egli
stesso a cambiare, seppur oscilla in una sorta di dubbio cartesiano (si sente a proprio agio in
un ordine borghese).
Poco dopo, il 29 gennaio 1932, comprende che gli è effettivamente accaduto qualcosa e il
mondo esterno ed egli stesso si trasforma.
Capisaldi dell’esistenzialismo: scelta e decisione, responsabilità rispetto ad una situazione di
dubbio “cartesiano”.
Roquentin comincia a comprendere che è lui cambiato: definisce questa trasformazione
come una vera e propria rivoluzione, una piccola metamorfosi.
Egli affronta anche il rapporto agli altri, afferma di esser solo e scredita anche la figura
dell’Autodidatta, una presenza per lui irrilevante.
Roquentin comincia a capire il perché della Nausea, e lo intuisce comprendendo che le cose
perdono il loro carattere di utilità e funzionalità, oggettività nella vita quotidiana: le cose
iniziano a commuoverlo e si perde la distanza tra il soggetto e le cose che gli stanno intorno
e queste cominciano a vivere di vita propria.
Il mondo non ha più confini e tutto sembra una immensa brodaglia in cui il soggetto si sente
disorientato è questo gli procura Nausea; Roquentin crede che la scrittura sia in grado di
ordinare il mondo.
In questa fase Roquentin ritiene che la letteratura sia in grado di mettere ordine nel
mondo: “la letteratura crea ordine nel disordine”.
Riflessione sul volto che tende a deformarti: il protagonista non solo non riconosce gli oggetti
ma neanche sé stesso; soltanto su un piano di Inter soggettività riescono a vedersi
effettivamente come appaiono agli altri.
Se cade questa dimensione di socialità cadono i confini; nel momento in cui l’individuo è
divisibile, non ha più confini e limiti e saltano, perché anche la percezione di sé stesso
cambia.
Quando roquentin afferma che la Nausea è sopraggiunta (pag.32-44:): l’individuo è come
spezzato, il corpo é molle, inerziale.
Riferimento all’importanza della musica: nella parte conclusiva della Nausea il protagonista
riuscirà a vedere una soluzione; Roquentin ascolta al ritrovo dei ferrovieri sempre la stessa
melodia: Some of these days. (Che ha ascoltato dai soldati americani a La Rochelle)
Il modo di vedere la musica cambia: all’inizio la musica ha una funzione di consolazione;
prefigurandosi già l’arrivo del ritornello egli si calma, si tranquillizza.
Le note musicali sono come un insieme che creano una melodia; il protagonista vorrebbe
provare a fermarle, ma sa che perderebbero il loro senso, singolarmente.
Roquentin non riesce a fare lo stesso di ciò che ha fatto con gli oggetti; infatti il ritmo della
musica diventa il ritmo della vita e la Nausea si interrompe, e prova un esiguo tempo di
felicità: la musica non può essere distratta e questa esperienza lo consola perché lo ordina e
lo organizza.
La bellezza della musica è il fatto che non può essere interrotta: il suo mondo sembra
decomporsi, sfaldarsi, ma la musica si compie.
La necessità di questo compimento consola Roquentin rispetto alla contingenza
dell’esistenza; quest’esperienza é temporanea, perché è inquieto sapendo che possa
interrompersi: egli si sente dentro la musica e c’è una sorta di parallelismo tra la vita e
l’esperienza della musica e l’angoscia si ridimensiona.
Però quando sopraggiunge la Nausea Roquentin non sarà più libero e incapace di avere
potere decisionale sulle cose e sul mondo.
Intanto il corpo che qualche tempo prima era deformato e irriconoscibile, gli sembra una
macchina perfetta e ordinata: quando il disco si ferma ed esce dal ritrovo dei ferrovieri,
percorrendo una strada buia in cui sopraggiunge la Nausea, saltano i confini.
Segue una riflessione(o digressione) sul tempo e senso delle avventure (venerdì le 3,
pag.48-58):se teniamo presente che uno dei titoli iniziali era “Le avventure straordinarie di
Antoine Roquentin” con sottotitolo “Non ci sono più avventure”.
L’Autodidatta infatti, crede che Roquentin abbia avuto tante avventure e crede di poter
definire l’avventura come qualcosa che esce dall'ordinario senza essere necessariamente
straordinario (perché Roquentin ha molto viaggiato): Roquentin crede che di aver fatto
avventure ma che non sappia cosa voglia dire; egli crede che gli siano successe delle cose
e crede che l’avventura si compie nella sua morte e nella sua fine (come l’esperienza
musicale) perché non si prolunga e non si ferma.
Il problema é di non aver più avventure (pag.58-60); per Roquentin bisogna scegliere tra
vivere e raccontare le storie che diventano le avventure: tra il vivere e il raccontare c’è una
differenza; il protagonista afferma che avrebbe voluto che tutti gli avvenimenti della sua vita
si potesse organizzare come quelli che si raccontano a partire dalla loro conclusone.
Perché non ci sono più avventure? Perché la vita non ha senso
(Domenica: pag.61) Ordine e routine della vita borghese e disorientamento del protagonista:
Roquentin descrive le abitudini della borghesia come la messa, la passeggiata verso il mare,
al cinema, visita ai parenti; quando la domenica finisce ha lasciato un sapore di cenere per
ricominciare di lunedì la routine.
Prima di giungere al caffè c’è un breve riferimento alla vita politica: il protagonista non riesce
a vivere in comune con gli abitanti di Bouville, però vive in comune con le persone che si
muovono nella città (che rappresentano l’evento bellico in corso, riferimento all’ascesa del
regime nazista che ha vissuto tra il ‘33-34); anche se cammina solo egli procede come una
schiera di soldati che cammina sulla città: sovrapposizione tra esperienza di solitudine e
quella della guerra (ogni ricordo risponde ad un suo passo e a un battito del suo
cuore).(pag.79)
Pian piano il protagonista si rende conto dell’esperienza della nausea e dal fatto che salta
una comprensione strutturata della società; Roquentin ha provato a mettere ordine a questo
disordine riportandoci il senso della musica e dell’avventura.
Finché non riesce a comprendere il perché della Nausea egli la vede sopraggiungere in
maniera violenta; ad un certo punto il protagonista si rende conto che la nausea deriva
dall’esistenza stessa e del fatto che non ha una giustificazione, ed è propria una
giustificazione che il protagonista sta cercando di ottenere attraverso la scrittura della storia
di Rollebon.
Confronto tra Roquentin e l’Autodidatta sul senso dell’umanismo; Roquentin dice che non
c’è ragione di esistere e l’Autodidatta replica: lo scopo della vita sono gli uomini in quanto
uomini.
L’amore per l’Autodidatta per gli uomini é ingenuo, é un umanitarismo di provincia; ma
Roquentin afferma che ciò che dice é falso, dato che lui è sempre solo; eppur l’Autodidatta
afferma che c’è qualcuno per cui scrive Roquentin.
L’Autodidatta pensa di poter far capire il suo amore per gli uomini raccontandogli quello che
era è quello che è diventato: l’esperienza della guerra lo ha cambiato e in prigionia in
Germania ha compreso di amare gli uomini come fratelli e ne provava gioia.
L’Autodidatta affermerà di essersi iscritto al partito socialista perché gli uomini sono la
ragione della sua esistenza; sembra anticipare la stessa esperienza di Sartre della guerra e
della prigionia (avvenuta postuma nel ‘40).
Roquentin affermerà che non si può amare l’uomo in quanto tale ma solo il singolo uomo
ma non si può amarlo indipendentemente da che cosa é: l’Autodidatta sembra sostenere
l’umanitarismo cattolico, secondo cui l’uomo ha il diritto all’ammirazione in quanto creatura di
Dio (riportata in esistenzialismo é un umanismo ) mentre Sartre affermerá che
L’esistenzialismo é un umanismo ma non in quanto esalta l’uomo in quanto creatura divina
ma perché l’uomo è al centro in quanto libertà e costante possibilità di auto superarsi.
Alla fine della conversazione Roquentin prova rammarico e si sente fuori posto e l’idea di
amare l’uomo in quanto uomo gli provoca nausea: l’amore per l’uomo fa sopraggiungere la
nausea nuovamente.
LEZIONE 5
Ciò che irrita Roquentin è che l’Autodidatta afferma che ama l’uomo in quanto tale, mentre
Roquentin crede che non si possa amare l’uomo in quanto tale ma soltanto il singolo uomo:
questa affermazione anticipa il contenuto della Conferenza “L’esistenzialismo é un
Umanismo” in cui Sartre metterà in discussione l’esistenza di una natura umana in generale
per evidenziare che l’uomo è ciò che si fa, é assoluta e radicale libertà e quindi non può
essere schiacciato su una definizione codificata di natura; non è mai l’Uomo ma il singolo
concreto esistente.
La figura dell’Autodidatta corrisponde all’idea dell’uomo generico, il suo metodo di studio e al
suo sapere enciclopedico che si afferma nel ‘700 con la divulgazione delle enciclopedie che
producono un’idea precisa di uomo.
La critica alla concezione illuminista e dell’Uomo emerge dalla sensazione di Nausea del
protagonista sarà evidente anche all’interno della Conferenza.
Roquentin arriva alla consapevolezza ciò che gli procura nausea è il fatto che le cose non
hanno più nomi, non ci sono più confini e l’esistenza penetra da tutte le parti: questo è il
problema.
(Pag.171-183)
Sartre insiste anche su una questione importante: l’esistenza non è una categoria astratta.
Il protagonista, appunto, sottolinea come all’improvviso l’esistenza si era svelata e come
aveva perduto il suo senso inoffensivo di materia astratta:tutte le cose nella loro singolarità
gli sembrano di troppo e lui stesso si sente di troppo.
Questo riferimento all’astrattezza é importante perché il termine distanza deriva dalla
filosofia medievale: esistenza veniva contrapposto a essenza, e rappresentava il fatto
concreto. In questa contrapposizione meramente filosofica i due termini sono in realtà
astratti; Sartre porterà in seno i due termini esistenza e essenza perché non distinguerà più
le due entità dell’uomo, perché l’uomo sarà sempre e solo Esistente. (Concretamente)
Dopo essere giunto a questa conclusione, Roquentin definisce l’esistenza inquietante
perché Assurda: prova a fissare un’assurdità; Roquentin evidenzia tutte le sfaccettature che
lo portano a comprendere cos’è la Nausea.
“L’essenziale é la contingenza”:é l’esistere, lo stare lì semplicemente, il fatto che gli enti non
si lascino dedurre, non si lascino dimostrare ma che non ci sia soprattutto qualcosa che sia
causa e giustificazioni di questi enti stessi (cioè un essere superiore).
Gli sporcaccioni per indicare quelle persone che pensano di aver diritto alle cose e in questo
caso il diritto all’esistenza: vivono, però nella malafede, perché in realtà sono gratuiti.
Sartre introduce una questione importante che verrà poi affrontata in modo filosofico in
“Essere e il Nulla”: il tema della coscienza e del nulla.
Roquentin inizia a descrivere la coscienza delle cose nei termini di Nullificazione (Atto di
libertà) e Nullità:
l’esperienza della nausea porta Roquentin in sintesi a riconoscere l’assurdità delle cose e la
loro assoluta contingenza, lo porta a fluttuare.(180-182)
Nella conclusione della fenomenologia della Nausea: il protagonista arriva alla conclusione
che l’esistenza é completamente contingente perché il nulla coesiste con le esistenze
stesse.
Sartre ritornerà su questa questione in Essere e Nulla come nesso tra Essere in Sè e
Essere per Sè, tra l’esistenza e le cose.
Dopo questa forte esperienza (pag.183) decide di non aver più ragione di scrivere il libro e di
andare a Parigi; in realtà presa questa decisione ci potrebbe essere nella vita di R. uno
spiraglio di salvezza: qualche giorno prima aveva ricevuto una lettera da Anny nella quale
ella gli chiedeva di potersi incontrare e quando l’incontro avviene, i due parlano ma quella
speranza di salvezza che Roquentin aveva riposto in Anny perché anche Anny stessa non
vive più, sopravvive e la sua vita si è trasformata. In realtà Roquentin ricorda sempre Anny
come quella che aveva amato creare momenti perfetti; questo discorso procede in maniera
coerente al discorso delle avventure.
Roquentin chiede ad Anny “cosa sono i momenti perfetti?”: Anny parte dalla spiegazione
delle situazioni privilegiate intese come quelle situazioni che hanno un’essenza rara e
preziosa, una situazione privilegiata può diventare un momento perfetto.
Quindi per Roquentin il momento perfetto sembra un’opera d’arte ma Anny lo corregge
affermando che in realtà è una questione di morale: bisogna trasformare le situazioni
privilegiate in momenti perfetti.
(Pag197-99)I due entrano in conflitto perché Anny rinfaccia a Roquentin il fatto che egli
vuole che le cose si dispongano davanti a sé in modo ordinato (senza che la situazione di
vita venga presa nelle proprie mani) e la volontà di Anny di agire, parte attiva della propria
esistenza: adesso anche lei ha compreso che non è più possibile essere uomini d’azione.
Anche con l’incontro con Anny non è stato risolutivo ma che anche lei non riesce più a
scegliere e a cercare l’azione, perché ha compreso l’esistenza e la sua insensatezza.
Roquentin ha deciso di lasciare Bouville (pag.210-214) e si sente libero, seppur senza
speranza: questa libertà assomiglia alla morte.
Egli ha scoperto la sua assoluta contingenza e libertà da qualsiasi tipo di legame, ha
smesso di scrivere per Rollebon; il problema è come creare le condizioni per cui questa
libertà d’aggiunta possa essere la base per una nuova attribuzione di senso alla vita e
soprattutto di un passaggio all’azione, per rendere di nuovo positiva la libertà rispetto
all’esistente.
Anche Roquentin si sopravviverà e la nausea sarà la sua condizione normale. Nel suo
ultimo giorno a Bouville, Roquentin riferisce la misera fine dell’Autodidatta che viene
scoperto dal bibliotecario a fare delle avances a dei giovinetti in biblioteca: anche se
Roquentin assiste alla scena non si assume la responsabilità di agire per difendere l’amico
(libertà é morte-> impossibilità di agire e di responsabilità).
Si intravede la strada che Sartre intenderà percorrere: il problema non sarà comprendere
l’azione giusta o meno dell’Autodidatta, ma quella di Roquentin di prendere difesa o meno
dell’amico.
Si è conclusa, dunque, una parabola, quella della Nausea: Roquentin vuole partire
(pag.226-238) e si sente, però, tra due città che sono due luoghi dell’anima, perché è in
procinto di cambiare (Parigi e Bouville).
Egli si rende conto che “tutte le coscienze del mondo sono prive di me”: si arriva ad una
vuotezza,purezza senza vita, pari alla morte,eppure sa bene di esistere, anche
nell’annullamento l’esistenza bussa alla porta “sono qui,mi sento”.
L’IO, é l’esperienza della coscienza che si sente esistere ed è lì in quanto esistenza che si
sente di esistere: Roquentin é qualcosa di astratto.
(Pag.237/238) La coscienza che sa di essere di troppo, schiacciata sulle cose stesse ma al
contempo, anche se è di troppo é cosciente di esserlo (differenza tra soggetto e cose) ed è
questo il suo destino: esserne cosciente anche se sembra esserne sfuggente.
Il punto è che una coscienza pura esiste solo nell’immaginazione del filosofo, ma non esiste
una coscienza pura: é sempre l’Io quella coscienza=Antoine Roquentin.
Anche quando sta per partire é tentato dall’inazione perché crede che vivere sarebbe creare
altra esistenza che produce altra Nausea: però scrivere gli ritarda la Nausea.
È al ritrovo dei ferrovieri e riascolta il disco per l’ultima volta; si trova tra due città: Bouville
che lo ha portato a trovare coscienza della coscienza e vuole provare a prefigurare qualcosa
che gli dà un nuovo punto di partenza, di volta per non ridursi all’inazione.
Si comincia a deliberare il punto di volta: ritorna il problema dell’arte, della musica e della
letteratura; “non posso lasciare la penna”: letteratura come ancora di salvezza, perché
cercando di mettere ordine dá un senso è un ordine all’esistenza.
Mentre sta riflettendo su queste questioni, Maddalena gli fa ascoltare per l’ultima volta
(tempo che dà un limite): prima della musica tutti gli oggetti e l'esistenza sono immersi in una
brodaglia, in un brutto in cui si sente a suo agio, in una sofferenza generalizzata.
Egli si chiede se la musica può salvarlo: la musica all’inizio dà essa stessa sofferenza
“modello”; e sentendo la musica, la purezza delle note procurano una sorta di vergogna:
contrapposizione tra bellezza della musica e sofferenza.
Le note soffrono a tempo e anche se sono pure, ma la vita non può essere così: anche se
prova una vergogna, non è colpa sua se la vita é imperfetta, non può essere purezza.
Non è l’esperienza estetica della musica ad essere pietosa, ma attraverso l’ascolto della
musica Roquentin giunge alla consapevolezza della differenza tra la coscienza e le cose;
questa è la chiave di volta: non è la musica che salva Roquentin, ma attraverso
quest’esperienza, l’ascolto della musica e la constatazione della musica e lo strumento
attraverso cui si produce.
Egli, attraverso la consapevolezza, vede la luce in fondo al tunnel: egli da un lato vede le
cose come esistenti e dall’altro vuole cristallizzare la sua esistenza come cosa.
Riportando i confini tra le cose e accettando l’esistenza come qualcosa di assurdo, é
possibile traghettarsi fuori dall’esperienza della musica.
Il disco é in grado di sorprendere gli esseri che esistono, l’esperienza della cosalitá della
cosa, ha sorpreso tutti nella trasandatezza e nel loro lasciarsi andare all’esistenza.
Non è la musica, é l’oggetto, non è di troppo, é una cosa precisa, che appartiene ad una
categoria.
Roquentin ha visto le cose esistere e voleva ridurre Sé stesso ad un essere: egli vuole
cacciare l’esistenza fuori di sé, voler essere come un suono netto e preciso di una nota di
sassofono. L’errore è stato voler trasporre l’esistenza altrove.
Non è la musica che salva: l’esperienza musicale riporta all’esistenza di chi ha composto la
musica e offre così la possibilità di giustificare l’esistenza nella sua assurdità e nella sua
contingenza.
Da un lato riporta Roquentin alla distinzione tra le cose e l’esistenza, e riporta allo stesso
tempo non alla sua purezza, ma alla vita, all’esistenza di chi l’ha composta.
Chiede di riascoltare la musica: pensa a colui che ha composto la musica e l’interesse di
Roquentin per la negra e il sassofonista, delle loro vite, non è l’interesse per l’uomo, per
umanitarismo, ma per il fatto stesso che lui l’ha FATTA. L’uomo é da apprezzare per ciò che
si fa, per ESISTENZA.
LEZIONE 6
Il cambiamento che ha rilevato il protagonista é la sensazione di Nausea, che cerca di
spiegare e di trovare una soluzione per cessarla o per accettarla.
PRIMA PARTE:FENOMENOLOGIA DELLA NAUSEA; segni di manifestazione di questo
fenomeno, che si installa ovunque e si espande.
In un primo momento crede che siano le cose intorno a lui a cambiare e non lui stesso.
Si tratta di descrivere la metamorfosi e la sua rivoluzione.
L’avvicendarsi della Nausea viene poi descritto quasi per cerchi concentrici, come un
successivo approssimarsi.
1^ momento: analizzato il rapporto con le cose; cose che si decompongono davanti a
Roquentin. Egli ha un rapporto emotivo ed empatico con le cose; qui è cruciale l’evento del
parco, in cui vuole chinarsi a raccogliere un pezzo di carta ma non riesce a compiere questo
gesto perché si perde nel particolare e deduce da questo episodio che non è più libero.
Perdita dei confini delle cose e perdita della libertà; l’atto intenzionale é interrotto.
La sensazione che ha provato qualche giorno prima provando a lanciare un sasso é la
nausea.
2^momento o intermezzo:una pausa di riflessione che riguarda la scrittura. Se salta la
distinzione tra il soggetto e le cose, secondo Roquentin é lo scrivere a mettere ordine.
“La letteratura crea ordine nel disordine”
3^momento: Dilagare della Nausea nel protagonista.
Anche il volto del protagonista é deformato, non riconosce più i suoi particolari: ciò accade
quando é isolato, mentre le persone che vivono in società hanno imparato a vedersi come
specchi attraverso gli altri.
Nel caffè non trova più la padrona con cui trascorreva le notti e la nausea lo coglie
totalmente.
L’insistere dell’essere spezzato e di non avere più confini: con la Nausea l’individuo non è
più individuabile ma è spezzato.
2 intermezzo: Roquentin cerca di arginare la Nausea attraverso la musica e chiede a
Maddalena di mettere la sua canzone preferita, Some of these days: le note non hanno
sosta e il ritmo della musica sembra dare tregua a Roquentin.
Egli afferma di avere una piccola felicità fuggevole; l’attesa del ritmo sempre uguale lo
organizza e la Nausea si interrompe.
La consolazione é nell’avvenimento preparato da tante note, dalla fuga delle note che vanno
quasi a sbattere contro una scogliera.
Le cose sembrano quasi rientrare nei loro confini.
É solo un momento di tregua che è seguito da un altro intermezzo:Roquentin si sofferma
sul fatto che non ci sono e non ci possono essere più avventure.
Questa riflessione è importante perché Sartre stesso aveva proposto come titolo alternativo
Le avventure straordinarie di Roquentin: il senso dell’avventura é un senso stesso del testo.
Scegliere tra vivere e raccontare.
4^momento: descrizione di una domenica a Bouville: Roquentin contrappone la regolarità
della vita dei borghesi e il mancato ordine della sua vita.
Sottolinea la sua estraneità della vita in comune dei Bouvillesi e contrappone la sua
solitudine che si amplifica con gli eventi bellici del tempo (e che Sartre ha vissuto anche in
prima persona avendo vissuto a Berlino tra il ‘33 e il ‘34).
Roquentin si sente circondato da uno scenario di cartone che può scollarsi e crollare da un
momento all’altro: gli oggetti sono indeboliti e tutto può succedere, tutto può capitare.
3 intermezzo o riflessione: Anche la scrittura non può dargli pace, mettere in ordine.
Egli rinuncia a scrivere il testo su Rollebon; la vita di Roquentin perde ancora dipiù di senso.
(Interdipendenza di Rollebon e Roquentin: mezzo di far vivere Rollebon e ragion d’essere
per Roquentin).
FINE DELLA FENOMENOLOGIA DELLA NAUSEA.
LEZIONE 7
La Nausea: venir meno del mondo borghese e perdita di senso delle cose con le quali
Roquentin ha a che fare; decomposizione e fluidificazione del soggetto stesso.
L’individuo che rappresenta ciò che non può essere diviso in questa prospettiva di frantuma.
La possibilità della svolta viene descritta in maniera differenziata; i tentativi si intrecciano tra
loro e coinvolgono il modo in cui Sartre concepisce l’arte in generale è la letteratura in
questo periodo.
Nell’arco di questa fenomenologia Roquentin riflette a lungo sul ruolo e sul significato e della
musica, della letteratura e dell’arte in generale. Questo discorso è piuttosto differenziato
perché da un lato nei primi passi in cui tematizza la musica sembra percorrere la strada
della concezione della musica come qualcosa che organizza la vita stessa attraverso il loro
susseguirsi di note; questa salvezza é momentanea che non offre quel punto di volta che
non permette al protagonista di salvarsi.
Nella parte conclusiva il protagonista afferma di sentire un sentimento di freddo; solo dopo la
guerra il soggetto e Sartre stesso riuscirà a sentirsi orientato e integro.
Un altro tentativo di salvezza é quello di considerare anche la letteratura come qualcosa che
ordina e organizza la vita; in un primo momento Roquentin si occupa di dare ordine alla sua
vita, ma questa soluzione non sarà definitiva e verrà rifiutata.
Una terza possibilità sarà ricercata attraverso l’incontro con Anny, che si rivelerà falsa
perché anche lei ha scoperto l’esistenza e si sopravvive, e ha rinunciato ai momenti perfetti.
Il punto di volta si ha quando Sartre afferma che la letteratura può dare salvezza ma implica
un dubbio tra non vivere e vivere.
Nella parte conclusiva Roquentin capisce che nel suo mondo manca una differenza tra gli
esistenti e il mondo, le cose, gli oggetti.
Roquentin ha provato nel corso della fenomenologia a vivere come se fosse una cosa
(essere piuttosto che esistere).
Con l’esperienza dell’arte e della musica, quest’ultima non è più un’esperienza artistica che
salva perché struttura ma utilizzata come punto di volta perché pone il protagonista davanti
alla differenza tra le cose, gli enti e l’esistenza, vedendo e ascoltando la musica e il disco.
Prima dell’esperienza della guerra Sartre conserva una considerazione dell’arte come
consolazione; dopo questo percorso Roquentin afferma che l’esperienza musicale nella
locanda lo riporta all’esistenza del compositore e quindi ad un momento di vicinanza
all’esistenza del compositore, vicinanza che non avviene per Umanitarismo, ma perché il
compositore é un esistente e vive la sua vita con tutte le sue contraddizioni.
A questo punto il protagonista crede sia possibile una sorta di salvezza attraverso la
letteratura, che non deve essere più rivolta al passato ma al presente (direzione della
concezione successiva della letteratura di Sartre); in questo momento specifico,però, non
ancora in grado di intervenire sul presente.
Il protagonista affermerà che la scrittura continuerà a portarlo alla sofferenza dell’esistenza
però una volta compiuto il percorso della scrittura la giustificazione dell’esistenza potrà
comunque avvenire al passato.
Sartre non ha ancora gli strumenti per concepire la letteratura come radicata in un presente
che vuole modificare e quindi la letteratura ha come tema l’esistenza presente ma la sua
funzione non è ancora quella di intervenire su questo presente per modificarlo.
La letteratura ha una funzione catartica dell’arte solo in riferimento al passato.
Soltanto l’esperienza della guerra farà in modo che Sartre concepirà la letteratura come uno
strumento per modificare il presente.
È importante il fatto che Sartre riprende questa contraddizione tra esistenza e mondo
esterno in Essere e Tempo, a ttraverso i termini Essere in sé e Esser per sé.
In Essere e Nulla, testo concepito da Sartre a partire dal 1940 e che pubblica nel 1943, si
pone lo scopo di fornire una ontologia della coscienza intesa come esser nel mondo:una
descrizione di quelle che sono le strutture costitutive della coscienza intesa come essere nel
mondo, cioè l’uomo non è inteso come qualcosa di isolato dal mondo; l’uomo é un intero che
si struttura e organizza come essere nel mondo.
La coscienza, in questo testo, è rappresentata come coscienza di qualcosa: di cosa? Di
qualcosa che non è coscienza. ->Distinzione tra Uomo (Coscienza) e le cose (ció che non è
coscienza).
Sartre definisce ciò che non è coscienza, l’Essere in sé, a differenza dell’Esser per sé che
è la coscienza stessa.
vvero gli enti deformati nella Nausea, sono pura positività: l’essere in sé é
L’esser in sé, o
ciò che semplicemente é (come il disco che è e non esiste);
l’essere che si pone dinanzi all’in sé, è la coscienza che Sartre definisce L’esser per sé,
ovvero presenza a sé stessa (coscienza di qualcosa, di sé stessa) e implica una
separazione, dell’essere nella coscienza: perché la coscienza sia coscienza di qualcosa é
necessario che ci sia una separazione che si verifica attraverso il nulla.
Sartre chiamerà questo nulla e il suo potere nullificante, libertà.
Perché questo? Perché la coscienza ha bisogno di una spedizione tra sé e ciò a cui fa
riferimento, il qualcosa.
La possibilità fluidificante che la coscienza ha é la nullificazione; è possibilità di esistere, di
trascendersi, di poter andare oltre di sé, di eccedersi.
Le cose sono nella loro positività e non possono essere altro da ció che sono.
La coscienza ha la possibilità in questo vuoto di poter divenire attiva attraverso l’esercizio
della libertà e del suo potere nullificante, che distrugge la mera positività.
Sartre insiste sulla possibilità di trascendere l’essere anche nella Conferenza; anche
nell’intervista La speranza oggi insiste sul trascendere e modificare il mondo in cui l’uomo si
trova.
Dopo Sartre (in Essere e il Nulla) si concentra sulle sfaccettature dell’Esser per sé, sulla
trascendenza; poi sulla struttura dell’Esser per altri; poi chiude il testo sulle possibili
realizzazioni della sua coscienza esistenzialista.
L’insistenza di Sartre sul Nulla e sulla libertà gli dà una possibilità diversa di agire sul mondo
esterno potendolo anche modificare, a differenza di quello che teorizzerà Heiddeger.
É importante il fatto che Sartre critichi l’essenza di una natura dell’uomo e che però si
troverà nella contrapposizione tra natura dell’uomo e condizione umana che implica una
fluidificazione del problema della natura umana e che però non risolve la questione fino in
fondo perché il problema potrebbe rimanere delegato ad un contesto di tipo metafisico.
LEZIONE 8
“L’esistenzialismo é un umanismo”
La caratteristica essenziale dell’esistenzialismo mette in discussione dello stare dell’uomo
nel mondo.
É fondamentale il tema della libertà e responsabilità: se é l’uomo che crea il mondo in senso
spirituale, in quanto l’esistenza dà senso al mondo.
In senso storico sembra che Sartre voglia collegarsi all'umanesimo storico rinascimentale.
Per umanesimo si intende un periodo storico le cui origini sono tracciate dopo la metà del 14
esimo secolo e culmina nel 15esimo secolo; tale periodo si caratterizza per un più ricco è più
consapevole fiorire degli studi sulle lingue e letterature classiche, considerate come uno
strumento di elevazione spirituale per l’uomo e perciò chiamati studia humanitatis.
Questo periodo storico si colloca all’interno del Rinascimento, caratterizzato da una rinascita
dell’uomo e dell’umano, con un dominio schiacciante sulla teologia e sulla religione: c’è una
evidente centralità della riflessione dell’uomo e della sua spiritualità.
Nell’orazione di Pico Della Mirandola emergono temi rielaborati da Sartre nello scenario
novecentesco in cui visse; tutte le cose del creato hanno una natura ben precisa, ma l’uomo
non è costretto in una barriera, una natura, ma può scegliere se voler essere creatura
celeste o bestiale, viene dotato di libero arbitrio.
L’uomo é artefice di sé stesso (homo faber suae): Sartre riprende questo concetto di
libertà e intenzionalità che rielaborerà nella sua filosofia.
Già Pico della Mirandola evidenzia che le cose hanno dei confini, una natura ben definita,
mentre l’uomo può decidere attraverso il libero arbitrio da che parte stare e in questa libertà
intravede la dignità dell’uomo.
Soltanto nella lingua italiana esiste una differenza tra umanesimo e umanismo: sia in
tedesco che in francese esiste soltanto il termine “umanismo”.
Il termine umanesimo indica il periodo storico mentre il termine umanismo indica la
riflessione concettuale e filosofica propria sull’uomo.
La conferenza l’Esistenzialismo é un Umanismo fu tenuta il 29 ottobre 1945; Sartre parte
dalla discussione delle critiche che sono state mosse principalmente dai cattolici e marxisti.
1^ parte:critiche mosse all’esistenzialismo
I cattolici e i marxisti accusano gli esistenzialisti di mancare della solidarietà tra gli
uomini, in quanto esso parte dalla considerazione dell’io isolato e non sono in grado di
pensare ad una dimensione intersoggettiva.
Sia i cattolici che i marxisti insistono sull’esito quietista dell’esistenzialismo con
accentuazioni diverse:
-i comunisti affermano che l’esistenzialismo accentua gli aspetti negativi dell’uomo,
spingendo alla disperazione e all’incapacità di trovare soluzioni
-i cattolici sottolineano l’incapacità di agire perché mancano valori di riferimento
Sartre risponde:
I comunisti accusano di quietismo (inazione) e disperazione; l’azione risulterebbe essere del
tutto impossibile e tale prospettiva filosofica sfocerebbe nella filosofia contemplativa->
significa che la filosofia esistenzialista é soprattutto una filosofia borghese
I cattolici accusano di mettere in evidenza la negatività dell’uomo e di non apprezzare la
bellezza dell’uomo e della vita.
L’uomo esistenzialista é destinato a comprendere la coscienza di sé nella solitudine: l’io
isolato si manifesta attraverso il dubbio cartesiano e il suo pensare in modo solitario.
CRITICHE:
Quietismo di disperazione
Evidenza degli aspetti torbidi e brutti dell’umanità
Mancanza di solidarietà tra gli uomini
Solitudine cartesiana
Incapacità di agire dovuta dal mancato riconoscimento di Dio e impossibilità di dirigere le
azioni dell’uomo verso un mondo orientato
Prima specificazione di umanismo: il termine umanismo non indica ciò che è stato inteso
dalla tradizione e criticato ne La Nausea.
Da questo punto in poi Sartre prova a definire l’esistenzialismo difendendolo dalle accuse
che lo considerano una vera e propria moda e che pone l’accento su aspetti scandalosi;
Sartre afferma che attribuire una dimensione scandalosa dell’esistenzialismo deriva dal fatto
che in mancanza di scuole d’avanguardia come il surrealismo si sia provato
all’esistenzialismo lo stesso ruolo di rottura.
In realtà come Sartre specificherà “tutto si può dire tranne che L’esistenzialismo sia una
filosofia scandalosa”; metterà in evidenza che ciò che rende complicato dare una sola
definizione dell’esistenzialismo è il fatto che ci siano più correnti esistenzialiste (francese,
tedesco, cattolico,ateo).
Eppure il tratto il comune tra le diverse concezioni è che bisogna partire dalla soggettività
“l’esistenza precede l’essenza”.
Cosa vuol dire? Q uando si considera un oggetto fabbricato, come un libro o un taglia carte,
si sa che quell’oggetto è opera di un artigiano che si è ispirato a un concetto.
L’artigiano si è riferito al concetto di tagliacarte e ad una preliminare tecnica di produzione
che fa parte del concetto stesso che è in fondo una ricetta: è un oggetto che si fabbrica in
una determinata maniera ed ha una utilità ben definita tanto che non si può immaginare un
uomo che faccia un tagliacarte senza sapere a cosa possa servire. Diremo che l’essenza
(modo di produzione, utilità) precede l’esistenza.
E così la presenza di un certo oggetto è determinata: visione tecnica del mondo, in cui la
produzione precede l’esistenza.
Contrappone un oggetto e quindi una cosa al soggetto, esistenza umana e oggetto
fabbricato a partire da un’idea ben precisa.
(In La Nausea si prova a cosalizzare l’esistenza ed è quello che non può accadere).
Visione tecnica del mondo: la produzione precede l’esistenza.
Questa convinzione tecnica vale anche se non pensiamo più che ci sia un Dio artefice del
mondo: gli oggetti hanno una loro idea definita e questa idea di prodotto viene trasposta
anche sulla concezione dell’uomo.
“Noi pensiamo un dio creatore, concepito alla stregua di un artigiano supremo”
Noi pensiamo a Dio come un sommo artefice: la volontà è posteriore all’intelletto-> il
concetto dell’uomo nella mente di Dio come un tagliacarte creato dall’uomo, in cui l’essenza
precede ancora l’esistenza; anche quando l’idea di Dio é morto, quella ontologia testa
ancora tale.
Resta ancora quella concezione che si sviluppa nel ‘700,quando si inizia a parlare di natura
umana e di Uomo universale ed è da lì che si fondano i diritti degli uomini: da lì deriva
l’umanismo dell’Autodidatta che Sartre intende criticare. (Uomo come prodotto di Dio)
Messa tra parentesi della natura dell’uomo stesso.
LEZIONE 9
Conferenza Esistenzialismo é un umanismo carattere.
La prima parte della conferenza affronta la discussione delle critiche mosse a Sartre.
Nella Nausea Roquentin riesce a trovare nella solitudine una via d’uscita mettendo ordine al
mondo e riuscendo a recuperare quel confine di cartone che può saltare da un momento
all’altro; dall’altro si aggrappa come unica capacità che ha come esistente che offre una
tiepida e ricostruisce il passato dell’autore.
Quindi la critica volta a Sartre sulla solitudine, sull’io penso cartesiano e dell’esclusione dalla
solidarietà umana, è comprensibile (da parte dei cattolici e marxisti).
I cattolici accusano gli esistenzialisti di negare la consistenza e l’esistenza dell’agire umano;
mettono in evidenza che sopprimendo i comandamenti di dio precludono la possibilità di
agire perché mancano criterio e ordine eterni.
Mancanza di solidarietà tra gli uomini
Accuse di quietismo:
Marxisti->evidenziano che l’esistenzialismo accentua gli aspetti negativi dell’uomo,
insistendo sull’incapacità di trovare soluzioni e sulla disperazione
Cattolici->impossibilità di agire che deriva dalla mancanza di valori e di un punto di
riferimento
Sarà proprio l’esperienza della guerra ad indurre Sartre ad assumere una prospettiva
lievemente differente rispetto a prima: “nichilista e anarchico” che non aveva avuto conto
dell’intersoggettività e dell’agire.
Sartre sembra in qualche modo appoggiare questa critica ;l’esistenzialismo de la Nausea
sembra quindi, in questo modo, cambiare.
LEZIONE 10
“L’esistenzialismo è un umanismo”
Riconoscimento dei limiti stessi della sua produzione e dall’esigenza di provare a riflettere
da questo binomio tra esistenzialismo e umanismo e possibilità di azione.
L’esistenzialismo consiste nel mettere al centro l’uomo con la sua attività. (Dottrina
dell’azione)
CRITICHE: Affermazione “Non è una filosofia dell’inattività” e “L’esistenzialismo é
una filosofia solipsista in cui manca il piano dell’intersoggettività e della solidarietà
umana”
Il primo punto viene discusso da Sartre partendo dall’esposizione del cuore della dottrina
esistenzialista: bisogna partire dalla soggettività “esistenza precede essenza”.
Heidegger afferma che invertendo il rapporto, l’intellettuale non ha risolto il problema e che
quindi Sartre sia rimasto in un orizzonte metafisico.
Sartre critica soprattutto la filosofia medievale secondo la quale vi é prima la definizione del
qualcosa di un oggetto e poi deriva da essa l’esistenza concreta del soggetto che non può
più valere per l’uomo.
Per Sartre bisogna portare alle estreme conseguenze la morte di Dio, invertendo il rapporto
tra essenza ed esistenza: al centro è posta la libertà dell’uomo.
Sartre ritiene che l’esistenza e quindi la libertà venga prima dell’essenza.
L’esistenzialismo é il contrario del quietismo; non c’è realtà che nell’azione e va più lontano
delle altre dottrine perché l’uomo è un insieme dei suoi atti e della sua vita, estendendo
questa visione all’uomo come singolo che crea l’umanità.
L’esistenzialismo fa orrore perché nessuno è in grado di prendersi le proprie responsabilità,
non riconoscono la propria libertà e vivono in un atteggiamento di malafede: rifiuta il
quietismo e giustifica la propria dottrina.
L’uomo non è nient’altro che l’insieme dei suoi atti e la sua vita: non c’è possibilità di amore
che si realizza oltre ciò che manifesta.
L’uomo è ciò che si può giudicare e che ha prodotto.
L’uomo è ciò che fa.
Ciò che mi si può criticare é il rigorismo ottimista: il destino dell’uomo è l’uomo stesso e lo
spinge verso l’impegno totale.
Non c’è dottrina più ottimista perché lo spinge ad agire: morale dell’azione e dell’impegno.
LEZIONE 11
Esempio dei gesuiti: giovane che si sentiva fallito in tutto, aveva perso ogni cosa; interpretò
questo segno indirizzandolo verso l’ordine dei gesuiti.
La scelta di farsi prete, che avrebbe potuto essere diversa; egli ha interpretato ciò pensando
che non fosse fatto per i trionfi secolari e quindi si dedicó alla religione.
Sartre entra nel merito delle obiezioni da parte dei marxisti: nell’evidenziare ció che è
possibile e ció che è probabile.
Il problema è che nella situazione concreta é l’individuo ad agire: fa riferimento alle accuse
dei marxisti e intende che non intende non far riferimento agli altri, ma non ad un altro
generico perché non sa come concretamente i singoli uomini perché sono liberi e decidono
per sé di volta in volta.
Questo per Sartre non significa abbandonarmi al quietismo; ma anzi, non c’è bisogno di
ispirarsi ad un principio primo, altro, per agire: questo significa che sarà senza illusioni,
senza speranze per un generico altro.
Sartre, anzi crede che la sua dottrina spinge all’azione concreta degli uomini perché preme
sull’azione del singolo e non su quella ipotetica degli altri.
Gli atteggiamenti di malafede, anzi, sono quelli di coloro che non riconoscono la propria
libertà e di assumersene la responsabilità: “l’uomo é ció che si fa”.
Circa sulla categorizzazione degli uomini: la gente vuole che esistano uomini nati vili o nati
buoni, eroi; l’esistenzialismo dice che il vile si fa vile e l’eroe si fa eroe, e può cessare di
esserlo.
L’esistenzialismo non è una dottrina del q uietismo perché definisce l’uomo in base
all’azione e non è pessimista perché afferma che il destino dell’uomo è nell'uomo stesso e
né è un tentativo di distoglierlo dall’operare perché ciò che consente di vivere é l’azione:
l’esistenzialismo implica l’azione e l’impegno.
Sartre mette in evidenza che questa obiezione non è l’unica che gli è stata data: cattolici e
marxisti hanno accusato l’uomo di averlo murato nella sua solitudine.
È evidente che il punto di partenza dell’esistenzialismo é la soggettività: non perché “siamo
borghesi, ma perché vogliamo una dottrina fondata sulla verità e non un complesso di teorie
belle piene di speranze”.
Il suo pensiero va ad Heiddeger che in Essere e tempo aveva criticato la concezione
secondo la quale l’uomo va compreso a partire dalla soggettività e dalla coscienza: come
vedremo Heidegger parte dal termine esistenza per definire l’uomo però l’uomo sarà definito
un essere nel mondo in modo pratico e si rapporta in modo manipolante, ha a che fare con
le cose, gli oggetti “atteggiamento di commercio con le cose” e definisce qualsiasi riflessione
sulla realtà, della coscienza, come un momento derivato d a questo approccio
pratico/pragmatico con le cose (non mette tra parentesi la coscienza ma la considera
derivata).
Heiddeger considererà la verità come un’apertura originaria in cui si danno le cose e si
fanno anche gli uomini; la verità non sarà considerata come la cosa, l’adeguazione degli
oggetti, ma in modo più radicale facendo perdere in qualche modo quel piano della verità
condivisibile: é questo il piano che Sartre non vuole perdere, quello della condivisione e
dell’intersoggettività.
Ciò però non vuole dire che Sartre voglia rifugiarsi in una soggettività solipsista che non
vuole interagire con gli altri :“l’io penso ci permette di scoprire noi stessi e gli altri”. “L’altro é
come una libertà di fronte a me che pensa: questo è il mondo dell'intersoggettività che è
indispensabile alla mia esistenza e al riconoscimento che io ho di me stesso e della
conoscenza che io ho di me” “l’uomo decide ciò che egli é e ció che saranno gli altri”.
Per Sartre non esiste una essenza universale (naturale) però esiste una universalità umana
di condizione: esiste una concreta situazione storica in cui tutti gli uomini si trovano, che è
radicata nella vita e nel tempo.
La condizione é un insieme di limiti a priori che delimitano una situazione (uomo come
schiavo o come signore feudale ma non cambia la sua necessità di essere nel mondo): ha
un che di oggettivo perché si trovano ovunque ma anche di soggettivo perché vissuti in
maniera diversa dai singoli nelle varie situazioni.
“In questo senso possiamo dire che c’è un’universalità dell’uomo ma essa non è data; essa,
però, non è data ma perpetuamente costruita: io costruisco l’universale scegliendomi, lo
costruisco comprendendo il progetto di ogni altro uomo in qualunque epoca egli sia. Questo
assoluto della scelta non sopprime la relatività di ciascuna epoca. In questo senso si può
dire che ciascuno di voi fa l’assoluto adoperando in qualsiasi maniera e non c’è alcuna
differenza tra essere un assoluto localizzato nel tempo ed essere comprensibile
universalmente e tra uomo progetto che si proietta nell’agire.
Sartre identifica l’universale col particolare: dormendo, mangiando, morendo siamo già
universali nella nostra condizione.
Ciò che accomuna tutti gli altri é il fatto della condizione di tutti: essere nel mondo, dover
decidere e avere un tempo limitato.
Obiezione: “Potete fare tutto ciò che volete se non c’è più alcun valore”-> Ci si accusa:
-di anarchia
-di non poter giudicare l’altro perché non vi è alcuna differenza
-tutto è gratuito e “date con una mano ciò che fingete di ricevere con l’altra”
Non è possibile non scegliere perché anche non scegliere é scegliere: di fronte alla
situazione io sono obbligato a scegliere; io porto la responsabilità di una scelta che ha
conseguenze su tutta l’umanità.
L’uomo si trova in una situazione organizzata in cui egli stesso é impegnato:
Sartre ci riporta alla situazione e ci dice che” in una situazione che fa di me un essere
sessuato che può avere rapporti con l’altro sesso che può fare dei figli, anche in questa
situazione io sono obbligato a scegliere un atteggiamento e porto la responsabilità di una
scelta che impegnandomi, impegna anche l’intera umanità anche se nessun valore a priori
influisce la mia scelta e non ha niente a che fare con un capriccio”
“L’uomo si trova in una situazione organizzata ed egli stesso é impegnato e impegna con la
sua scelta l’umanità intera e non può evitare di scegliere.”
Bisogna paragonare la scelta morale ad un’opera d’arte.
Non si tratta di una morale estetica: la Nausea si chiude con la decisione del protagonista di
scrivere un romanzo, un testo che volge al presente:morale dell’agire e manda soltanto
l’individuare il proprium dell’esistenza nella libertà.
Morale estetica: giustifica dell’esistenza perché l’autore avrà la possibilità di accettarsi una
volta conclusa.
Così come l’artista non applica un’idea nel reale ma crea un’opera d’arte, allo stesso modo
l’uomo crea la sua azione: l’artista non ha una morale o valori estetici a priori, nel risultato
creativo dell’uomo riusciremo a cogliere la morale che ne vorremo.
Analogia tra creazione artistica e scelta morale: discutere l’accusa di rimanere su un piano di
gratuità e di relegare la scelta ad un capriccio.
Secondo Sartre dall’affermazione della libertà dell’uomo deriva anche l’affermazione della
libertà dell’altro: ogni uomo deve volere nell’impegno anche la libertà dell’altro e in questa
dimensione si può raggiungere l’autenticità.
Chi nasconde la sua totale libertà é vile e chi afferma il determinismo e sporcaccioni: vanno
giudicati sul piano della stretta autenticità.
Sartre continua che non appoggia nemmeno la definizione di Kant che afferma “Anche se il
contenuto della morale é variabile resta universale la sua forma” secondo Sartre sono
principi troppo astratti che falliscono il poter giudicare un’azione: ciò che conta é stabilire che
le azioni sono create sul principio di libertà
3 obiezione: “Voi ricevete con una mano ciò che date con l’altra; ciò vuol dire che i
valori non sono cose serie perché voi li scegliete.”
Sartre afferma che “se c’è un Dio qualcuno deve pur inventare i valori e dire che noi
inventiamo i valori significa che la vita non ha un senso a priori. Il valore é il senso che
scegliamo e così é possibile creare una comunità umana.”
Egli accetta l’ultima critica perché gli si viene rimproverato che se i valori non sono cose
serie loro li scelgono; Sartre afferma che i valori non è che non siano cose serie ma che la
radice del valore é l’uomo stesso, non sono valori a priori-> la vita non ha senso
LEZIONE 12
PRIMA PARTE
Sartre accusato di inattivismo e di s
oggettivismo (solipsismo-> isolare il soggetto
umano senza riuscire a cogliere il piano dell’intersoggettività):
Inattivismo:
inattivismo cattolico: accusa di aver messo tra parentesi Dio e di aver mancato la possibilità
di trovare un punto di orientamento
inattivismo marxista: accusa verso la disperazione
RISPONDE: discute affermando che l’esistenza precede l’essenza e che bisogna partire
dalla soggettività e che l’uomo è ciò che si fa
Legame tra responsabilità, scelta e angoscia
Interrogazione sull’impatto pratico-morale:
Angoscia come condizione necessaria della scelta e della responsabilità.
Esistenzialismo come dottrina dell’attività.
SECONDA PARTE
Discute sulla critica sul soggettivismo: Sartre afferma che scegliendo la coscienza e il
cogito, sceglie la verità.
In questo contesto sostituisce il concetto di natura umana con condizione umana,
un’universalità dell’uomo costruita.
TERZA PARTE
Sartre si sofferma su altri tre aspetti che riguardano la critica al soggettivismo:
-anarchia
-impossibilità di giudicare il progetto altrui
-dare con una mano ciò che si toglie con l’altra
Secondo Sartre queste obiezioni vanno prese sul serio:
La prima obiezione secondo cui si possa scegliere qualsiasi cosa, perché si sceglie anche
non scegliendo.
Concetto di situazione: anche se non esiste nessun valore a priori questo non ha nulla a che
vedere con un capriccio.
L’uomo si trova sempre in una situazione organizzata in cui egli stesso é impegnato: non
può evitare di scegliere.
Paragone: scelta morale e opera d’arte.
Libera creatività priva di valori a priori; i valori si colgono in seguito alla decisione e possono
essere ricostruiti a partire da una decisione già presa.
Seconda obiezione: anche se non esiste un criterio assoluto ma l’unico criterio che esiste é
quello dell’accettazione della propria libertà: può essere giudicata come buona quell’azione
compiuta in buona fede e compiuta a partire dall’accettazione della libertà.
È possibile giudicare un uomo evidenziando che è in malafede.
Terza obiezione: gli esistenzialisti provano ad attribuire un valore a delle decisioni avendo
invece l’esistenza di valori precostituiti: qui Sartre afferma che il problema non è tanto dire
che tutto è indifferente e che non ci sono valori, ma che è l’uomo stesso che attribuisce
significato alle cose e deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni, a prescindere
dall’esistenza di Dio.
Umanismo
Umanità: aporetica-> ci può essere un uomo che può avere un’altra idea di uomo
Dopo la guerra muterà la sua prospettiva e si soffermerà sulla critica della ragione dialettica
e ragionerà sul piano della situazione all'interno del quale il soggetto decide.
Per costruire una vera e propria morale e dell’agire politica bisogna comprendere bene il
contesto dell’azione e sul rapporto tra particolare ed universale.
(Anni ‘40/‘50: anni successivi alla conferenza).
Nella Nausea non è riuscito ad andare oltre: Roquentin giustifica la propria esistenza
ricorrendo all’arte ed è fermo all’inattività.
La sua filosofia si evolverà e nell’ultima intervista del 1980 continuerà che la speranza è il
principio della vita e della rivoluzione che porterà tutti gli uomini a diventare fratelli tra di loro.
La sua filosofia non porta all’inazione e che l’uomo è libero di poter agire e deve farlo.
CONCLUSIONE: L’esistenzialismo è un umanismo
Non Umanismo illuminato: rifiuta l’idea di Uomo che va esaltata ed apprezzata.
Umanismo come dottrina che indica l’uomo come fine assoluto; l’uomo non è fine ma è
continuamente progetto.
L’idea dell’uomo e la sua natura chiudono l’esistenza in modo statico.
L’uomo è ciò che si fa: costantemente fuori di sé ed è continua autorealizzazione e che non
c’è altro universo al di fuori di quello umano.
Umanismo esistenzialista: u omo come legislatore di sé stesso e che deve decidere di sé;
solo creando fuori di sé no scopo si realizzerà come umano.
L’eco di questa conferenza giunse fino in Germania, a Martin Heiddeger che si era rifugiato
nella Foresta Nera perché interdetto dall’insegnamento universitario, dato che aveva aderito
(tra il ‘33 e il 34) al partito nazional socialista ed eletto come rettore dell’Università di
Friburgo.
Martin Heidegger viene raggiunto da un soldato che gli parla di Sartre e che addirittura
vorrebbe organizzare con Sartre; il soldato gli porta il testo Sartriano, anche se il filosofo
tramite fu Jaque Boufré: alla fine del ‘46 scrisse una lettera ad Heiddeger in cui chiedeva
come intendeva ridare senso alla parola umanismo.
Martin Heidegger era il più noto esponente dell’esistenzialismo tedesco; Sartre conosce il
pensiero di Heidegger perché in prigionia aveva letto il testo essere e tempo. I nfatti è questo
il testo che ha reso famoso Heidegger; a partire da questo testo Sartre scrive Essere e il
Nulla.
Heidegger risponde allo sviluppo de L’esistenzialismo é un umanismo attraverso L ettera
sull’Umanismo.
Il minimo comune denominatore tra i due intellettuali é la comune appartenenza
all’esistenzialismo.
L’esistenzialismo si sofferma sull’analisi dell’esistenza: modo di essere dell’uomo nel mondo
e in cui si mette in discussione anche il mondo stesso.
Il mondo non è già costituito ma è l’uomo che plasma il mondo stesso.
Sartre si sofferma sulla distinzione tra Esser in sè (l 'essenza delle cose, pura positività, cose
identiche a sé stesse) ed Esser per sé (coscienza che interagisce con le cose dovuta alla
libertà dell’uomo e alla sua fluidificazione: la coscienza é coscienza di qualcosa).
Sartre parte dalla coscienza e la sua determinazione ontologica nel mondo (Essere e il
Nulla); coscienza come esistenza nel mondo, che è cosciente sempre di qualcosa.
Prima definizione di coscienza: Esser per sé è coscienza di sé e di ciò che non è presenza
di fronte all’Esser in sé.
Separazione tra la coscienza di sé stessa e il qualcosa di cui essa è coscienza: il nulla, che
corrisponde alla libertà.
L’esser per sé interagisce con l’esser per sé producendo una nullificazione che equivale alla
libertà.
Il nucleo della differenza sostanziale è il modo intendere la libertà:
per Sartre è possibile creare il nuovo, per Heiddeger non è possibile.
Martin Heidegger
“Noi non pensiamo ancora in modo abbastanza decisivo all’essenza dell’agire. L’agire non è
un produrre qualcosa di nuovo ma un realizzare qualcosa che già esiste.”
LEZIONE 13
Bufré voleva organizzare un incontro tra Sartre ed Heiddeger, a cui avrebbe dovuto
partecipare anche Camus, ma non fu mai organizzato.
Heiddeger stava aspettando di essere riabilitato all’insegnamento, dopo la seconda guerra,
e lo ottenne solo verso gli anni ‘50; per lui è importante collegarsi intellettualmente alla
Francia per riguadagnare la sua fama.
Heidegger scritte nel 1945 (28 ottobre) a Sartre in cui riferisce che stava leggendo L’essere
e il nulla, interessandosi di alcune questioni che stavano all’inizio e poi alla fine del testo,
che riguardavano la morale.
Nella parte conclusiva dell’Essere e il Nulla a fferma che tutte le questioni trattate
nell’ontologia della coscienza come essere nel mondo: d ovrebbero trovare la loro
collocazione fondamentale e originaria in una tematizzazione intorno alla morale; in questo
modo Sartre collegava la sua filosofia verso una pratica, morale e che apriva le porte a
quelle evoluzioni successive alla guerra.
Heidegger concludeva questa lettera dicendo “Si tratta di cogliere e di esprimere con la
massima serietà la situazione attuale del mondo. Aldilà dei meri settarismi, delle mode, degli
indirizzi scolastici, così da ridestare finalmente l’esperienza decisiva di quanto abissalmente
si celi nel nulla essenziale la ricchezza dell’essere. La saluto come compagno di cammino e
battistrada”.
Da un lato Heiddger evidenzia la situazione comune e all’intento della quale entrambi i
pensatori si trovano e si presenta come compagno di cammino (accettando e sottolineando
l’esistenza di tratti comuni e di problematiche comuni) però poi mostra che in questo
cammino comune tuttavia ci sono enormi differenze: mette in evidenzia che egli si è già
avviato su una strada diversa lasciando la strada che aveva intrapreso con Essere e tempo,
ovvero sia compiendo una svolta nel suo pensiero.
Cosa succede ad heidegger?
Nella sua filosofia esistenzialista il proposito è quello di cercare di comprendere l’essere in
generale; in quello specifico contesto passa attraverso l’interpretazione di un ente particolare
che lui definisce Esserci che lui ,appunto, autointerrgandosi, autocomprendendosi arriva a
comprendere le categorie attraverso cui si dice la sua esistenza.
Il progetto originario di Heidegger in questa fase é quello di passare attraverso questa
autocomprensione dell’esserci e di usarla come una sorta di lente per poter arrivare alla
comprensione dell’essere in generale.
Questo passaggio in Essere in Tempo non viene realizzato; per questo motivo ciò che ci
resta di Essere e Tempo non è altro che un’analisi dell’Esistenza e delle categorie attraverso
le quali si comprende.
Il progetto fallisce e per risolvere il suo problema: reinterpretazione dell’Essere in quanto
tale, é necessario provare a comprendere l’essere in quanto essere e provare a
comprendere poi l’uomo.
Non c’è più comprensione dell’esistenza per poi comprendere l’essere, ma interpretazione
dell’essere in quanto tale per provare a interrogandosi sulle ricadute ontiche dell’essere, le
problematiche relative all’uomo a partire dalla comprensione dell’Essere.
Già dalla conclusione di questa lettera si può comprendere: egli afferma ed evidenzia che il
suo problema é già, in qualche modo, l’Essere.
Quando Heidegger scrive la Lettera sull’umanismo egli prende posizione su nesso
esistenzialismo ed umanismo e più in generale su che cosa significa azione e sul rapporto
tra ontologia ed etica; i temi riportano al problema dell’esistenza ed etica.
Nella Lettera sull’umanismo, Heidegger critica la posizione di Sartre; egli prende le
distanze dell’esistenzialismo e poi anche dall’umanismo.
Nella lettera risponde alle domande esposte da un giovane intellettuale francese, Jean Bofré
che aveva incontrato per caso (e che faceva parte dell'entourage di Sartre) e che nel
novembre del 1946 gli fa pervenire una lettera a cui Heidegger risponde in Lettera
sull’umanismo.
Le questioni poste da Bofré sono le seguenti:
-Qual è il rapporto tra ontologia ed etica?
-Come ridonare senso alla parola umanismo?
É evidente che la domanda di Bofré nasce dopo aver ascoltato la conferenza Sartriana e
cerca di porre un terreno comune tra i due pensatori.
Dall’inizio della lettera Heiddeger afferma “Noi non abbiamo ancora pensato in modo
abbastanza decisivo l’essenza dell’agire”: è evidente che sta dialogando con Sartre e sta
ponendo quella questione che stava a cuore a Sartre nella sua conferenza, ovvero l’agire
dell’azione.
Secondo Heidegger l’essenza dell’agire non è stata scrutata fino in fondo;già dal modo in cui
Heidegger affronta e pone la questione si disloca in un modo completamente diverso:
provare ad arrivare alla definizione di qualcosa a partire dalle sue cause originarie.
La conseguenza è che rimane su un piano altro, metafisico che difficilmente riesce a dare
domande concrete.
Heidegger afferma: “L’agire non è il produrre, ma il portare a compimento”;
Il primo problema è quello di definire l’essenza dell’agire: normalmente si pensa che l’agire
corrisponda ad un produrre effetti e, appunto, la realtà dell’agire è valutata secondo la sua
utilità.
“L’essenza dell’agire è il portare a compimento”: cosa significa? Dispiegare qualcosa nella
pienezza della sua essenza.
Condurre fuori questa pienezza, producere ( termine latino) indica portare fuori; “ma allora
può essere portare a compimento in senso proprio solo ció che è già”: qualcosa che già è.
Che cosa è l’agire in senso proprio? “Il pensiero porta a compimento il riferimento
dell’essenza dell’uomo”.
“In realtà questa essenza originaria dell’agire é andata perduta proprio quando si inizia a
parlare di etica”: questo modo originario di intendere il pensiero é perduta quando si inizia a
parlare di etica.
Heidegger attribuisce tale responsabilità ad Aristotele “É Stato Aristotele il primo ad aver
diviso il pensiero in tante discipline”: egli organizza il sapere a lui noto in discipline
(fisica=natura; metafisica=comprende di principi primi delle cose che si fanno in natura
etica=comportamento dell’uomo e si interroga su ciò che è buono o giusto per l’uomo e la
sua felicità) e dunque quando il sapere si divide in discipline, attribuisce delle etichette al
pensiero, perde la sua essenzialità, il contatto con ciò che è essenziale.
Una di queste etichette, é, per Heidegger, l’umanismo.
Perché quando il pensiero viene spezzettato perde l’essenziale: anche l’umanismo è
un’etichetta e perde l’essenziale quindi è inutile ridare un senso all’umanismo, ma anzi, é
necessario far saltare questa etichetta e capire a cosa corrisponde l’essenza dell’agire.
“Lei mi chiede come ridonare un senso alla parola umanismo. La domanda nasce
dall’intenzione di mantenere la parola “umanismo”. Io mi chiedo se ciò sia necessario”.
B:Come è possibile ridonare un senso alla parola umanismo?
H: “É necessario ridonare un senso a questa parola?
O il problema è più radicale? O non è abbastanza evidente il male che recano tutte le
nominazioni di questo genere? Certo già da molto tempo si diffida dagli ismi, ma il mercato
dell’opinione pubblica ne pretende sempre di nuovi, e si è sempre di nuovo pronti a
soddisfare questo bisogno. Anche nomi come logica, etica, fisica compaiono non appena il
pensiero originario volge alla fine. Nella loro età magna i Greci hanno pensato sempre senza
simili denominazioni. Il pensiero essi non lo chiamavano neppure filosofia:il pensiero volge
alla fine quando si ritira dal suo elemento, e cioè in base a cui il pensiero può essere un
elemento e ciò che più propriamente può il potere”:
“Il problema dell’uomo è quello di ritrovare questa vicinanza all’essere e quindi di imparare
ad esistere nell’assenza di nomi”: far saltare le etichette, e cioè anche l’umanismo per
avvicinare l’uomo ad un pensiero più originario.
Questa per Heidegger è la forma più appropriata di umanismo: nel tentativo di riportare
l’uomo all’essere c’è la preoccupazione più grande per l’uomo.
“Prima di parlare, l’uomo deve innanzitutto lasciarsi reclamare dall’essere col pericolo che
sottoposto a questo reclamo abbia poco o raramente qualcosa da dire. Solo così viene
ridonata la parola, la ricchezza preziosa della sua essenza e all’uomo la dimora per abitare
nella verità dell’essere. Ma in questo richiamo all’uomo nel tentativo di preparare l’uomo a
questo richiamo, non c’è dunque una preoccupazione per l’uomo? Dove altro si dirige la
cura se non la direzione volta a ricondurre l’uomo nella sua essenza? Ma che altro significa
questo se non che l’uomo (homo) diventa umano (humanus)? In tal modo l’humanitas
rimane all’esistenza di un simile pensiero, perché humanismus é questo emeditare e curarsi
che l’uomo sia umano e non inumano, cioè al di fuori della sua essenza. Ma in che cosa
consiste l’umanità dell’uomo? Essa riposa nella sua essenza.”
Heidegger crede che bisogna eliminare le etichette che ci portano lontano dall’essenza
dell’uomo e dell’agire, ma in realtà quel pensiero che cerca di comprendere in maniera
originaria l’uomo, il pensiero e l’agire é la forma più alta di umanismo.
Se l’uomo vuole ritrovare l’esssnza originaria deve imparare a vivere nellassenza di nomi
“In questo richiamo all’uomo e all’essenza dell’uomo c’è la preoccupazione per l’uomo, il
prendersi cura dell’uomo e la cura provare a ricondurre l’uomo nella sua essenza”:
l’umanismo in senso proprio é preoccuparsi, meditare che l’uomo sia umano e non inumano,
quindi al di fuori della sua essenza-> umanismo come pensiero che si pone il problema
dell’essenza dell’uomo.
Heidegger inizia a definire diverse forme di umanismo:
il primo riferimento è a Marx; Marx pretende che l’uomo umano venga conosciuto e
riconosciuto ed egli lo trova nella società. Per lui l’uomo sociale é l’uomo naturale. Nella
società vi sono le rappresentazioni dei bisogni umani sono assicurate in modo uniforme.
Per Marx l’umanismo si ritrova nella società: l’uomo è un essere sociale.
Il Cristiano vede l’umanità (humanitas) dell’uomo nella sua delimitazione rispetto alla deitas.
Dal punto di vista della storia della salvezza l’uomo è uomo in quanto figlio di Dio che ode in
cristo l’appello del padre; l’uomo non è di questo mondo, in quanto l’uomo pensato in modo
teorico e platonico è solo un passaggio transitorio verso l’aldilà.
(Storia dell’umanismo: dopo Marxismo e Cristianesimo ci offre una carrellata delle diverse
visioni dell’umanismo)
“È al tempo della Repubblica Romana che l’humanitas viene per la prima volta pensata e
ambita esplicitamente con questo nome: l’homo humanus si contrappone all’homo barbarus.
L’homo humanus é qui il romano che eleva e nobilita la virtus romana attraverso
l’incorporazione della paidea assunta dai greci(greci della tarda grecità) la cui cultura veniva
insegnata nelle scuole filosofiche e riguarda l’eruditio e l’institutio in bonas artes: la paidea
così intesa viene tradotta come Humanitas.”
“Nella sua essenza l’umanismo resta un fenomeno specificamente romano che scaturisce
dall’incontro della romanità con la cultura della tarda grecità.”
(Come Sartre che risponde alle critiche dei marxisti: il periodo storico impone il problema del
che fare)
Un passaggio fondamentale é quello del rinascimento in cui rinasce questo umanismo
attraverso lo studio della cultura classica
“L’umanismo storicamente inteso appartiene perciò sempre ad uno studio humanitatis che
attinge in un determinato modo all’antichità, diventando così, di volta in volta, anche una
ripresa della grecità”: l’umanismo nasce con la Repubblica Romana come incrocio tra virtus
e grecità(paidea), e viene ripreso nel rinascimento come riscoperta dei classici.
Holderlin pensa che il destino dell’essenza dell’uomo in modo più iniziale di quanto non
possa fare questo umanismo.
“Ma se per umanismo si intende in generale la preoccupazione che l’uomo diventi libero per
la sua umanità e trovi in ció la sua dignità, allora l’umanismo é diverso a seconda delle
concezioni della libertà e della natura dell’uomo. Ugualmente sono diverse anche le vie che
portano alla sua realizzazione. L’umanismo di Marx, per esempio, non ha bisogno di alcun
ritorno all’antico e così anche l’umanismo che Sartre concepisce come esistenzialismo.”
L’uomo diviene libero per la sua umanità.
“Anche il cristianesimo, nel senso ampio che abbiamo incontrato, é un umanismo in quanto
secondo la sua dottrina tutto è legato alla salvezza dell’anima dell’uomo e la struttura
dell’umanità appare nella cornice della salvezza. Per quanto queste forme di umanismo
possono essere differenti nel fine e nel fondamento nel modo e nei mezzi previsti nella
rispettiva realizzazione, nella forma della dottrina, nondimeno esse concordano tutte nel
fatto che l’humanitas dell’homo humanus é determinata in riferimento all’interpretazione già
stabilita della natura, della storia, del mondo, del fondamento dell’uomo, cioè dell’ente nel
suo insieme.”
Tutte le forme di umanismo si accomunano per il fatto di affermare che uomo diventa libero
per la sua umanità.
Tutte le definizioni non arrivano alla radice ma si fondano su una definizione già data del
mondo, dell’ente ecc.
“Ogni umanismo o si fonda su una metafisica o pone sé stesso a fondamento di una
metafisica”.
Metafisica: già presuppone una comprensione generale del mondo e dell’ente nel suo
insieme
Non arriva all’essere e all’essenza dell’uomo.
LEZIONE 14
Riepilogo:
Il proprium dell’uomo per Sartre consiste nella sua capacità di agire.
Il campo di azione di Heidegger è altro rispetto a quello di Sartre, come già evidenziato in
una lettera a Sartre perché il suo intento sarebbe stato definire il senso ontologico dell’uomo.
Heidegger risponde che l’essenza dell’agire non è produzione ma producere nel senso del
condurre fuori ciò che già é: il rapporto dell’uomo all’essere, cioè il pensare-> suprema forma
di azione.
Questa idea fondamentale é scomparsa nel momento in cui il pensiero è stato privato del
suo elemento cioè suddiviso in discipline ed etichette; anche quando si parla di umanismo si
parla per etichette: l’umanismo é un etichetta che si attribuisce e in quanto etichetta ci
allontana dall’essenza, non ci porta a definire l’essenza dell’uomo.
Umanismo in quanto etichetta va eliminato. Cos’è l’umanismo come etichetta?
1 punto: non è necessario mantenere questo termine perché è un etichetta che non ci fa
arrivare al senso proprio del pensiero.
2 punto : che cos’è l’umanismo? é quel tipo di pensiero che mette in evidenza l’umanità
dell’uomo.
Secondo Heidegger l’umanità dell’uomo riposa nella sua essenza.
(Riferimento al marxismo e al cristianesimo, al rinascimento e alla repubblica romana,
periodo in cui nasce l’umanismo).
Heiddeger chiarisce che l’umanismo non è altro la preoccupazione che l’uomo diventa libero
per la sua umanità e che trovi in ciò la sua dignità.
In realtà il problema dell’umanismo è quello di non riuscire ad andare veramente fino in
fondo nella comprensione e definizione dell’essenza dell’uomo.
Perché? Perché ogni umanismo o é metafisico o si fonda su una metafisica.
Ogni umanismo parte da una concezione del mondo già data. Reale problema
dell’umanismo
“É metafisica ogni determinazione dell’essenza dell’uomo che presuppone già sia
consapevolmente sia inconsapevolmente l’interpretazione dell’ente, senza porre la
questione della verità dell’ente.”
“L’umanismo non pone la questione della verità dell’Essere e anzi impedisce che si pone
una simile questione perché a causa della sua provenienza metafisica l’umanismo non la
conosce e non la comprende”.
Si conclude questa prima parte della disamina intorno all’umanismo.
Qual è la questione che la metafisica e l’umanismo non si pongono? La questione della
definizione dell’essenza dell’uomo.
Qual è la definizione dell’essenza dell’uomo secondo Heidegger? L’uomo in quanto
é-sistenza.
Che vuol dire definire l’uomo in quanto e-sistenza?
Vuoi dire comprendere l’uomo come un venir fuori da una dimensione originaria che
Heidegger di volta in volta chiama esistenza, radura, verità.
“Deliberatamente dunque nella frase citata di Essere e tempo la parola essenza compare
per la prima volta tra virgolette: ció allude al fatto che ora l’essenza si determina non più in
base all’Esser essenza o esistenzia ma in base all’elasticità e all’estaticità dell’esserci in
quanto colui che esiste….”
Il discorso di Heiddeger é questo:
Non ha senso ridonare senso all’umanismo perché é un etichetta che non coglie al fondo il
problema dell’essenza dell’uomo. Ogni umanismo secondo Heiddeger si caratterizza per il
fatto di definire in maniera diversa la libertà dell’uomo e la sua dignità. Nella libertà e nella
dignità dell’uomo viene vista la sua umanità. Il problema non è il diverso modo di intendere
libertà e dignità ma il fatto che qualsiasi definizione umanistica dell’uomo non va fino in
mondo ma resta sulla superficie perché la comprensione dell’uomo arriva a partire da una
comprensione e definizione già data dell’ente e del suo insieme.
Questa posizione va rifiutata: Heiddege dice che per questo motivo l’umanismo viene
definito metafisico.
Heiddeger intende scardinare ogni piano della metafisico perché non coglie alla radice il
problema dell’Essere.
Egli capovolge il problema: se l’umanismo nasce da una preoccupazione per l’uomo, in un
certo senso si potrebbe pure definire la sua filosofia umanista. Perché? Anche lui intende
occuparsi dell’uomo ma intende farlo in maniera radicale.
Il proprium dell’uomo si caratterizza che l’uomo è esistenza. Che vuol dire? Heiddeger pone
l’accento sul fatto che l’esistenza é progetto, é un proiettarsi in un orizzonte di apertura che
lui chiama l’essere o la verità dell’essere.
Il problema è che secondo lui Sartre rimane all’interno di una posizione metafisica. Perché ?
Non ha colto con radicalità il problema dell’uomo e dell’esistenza.
Heidegger crede che Sartre ha semplicemente invertito il rapporto tra essenza ed esistenza
ma in questo modo é rimasto all’interno della storia della metafisica, in un piano metafisico.
Il problema non è tanto invertire il rapporto tra essenza ed esistenza ma il problema è quello
di pensare quest’esistenza a partire da una dimensione più radicale che è quella dell’essere.
Il vero nodo del problema è che Sartre prova a comprendere l’uomo come radice a sè
stesso “anche se Dio esistesse l’uomo deve assumersi la sua responsabilità e deve crearsi
e progettarsi autonomamente a partire dalla propria libertà”;
Heiddeger invece insiste sempre sul radicamento dell’uomo in una dimensione più
originaria.
Soprattutto a partire da questo testo, insiste sulla originarietá della dimensione dell’essere
rispetto a quella dell’ente.
Arriverà a definire l’uomo come “il pastore dell’essere”, dev’essere in grado di saper cogliere
le indicazioni dell’essere stesso.
Da qui deriva anche la posizione di Heidegger rispetto alla questione dell’etica.
Secondo Heiddger non è tanto il problema del rapporto tra ontologia ed etica ma della
definizione dell’essenza dell’uomo: “se proprio vogliamo provare a parlare di etica, dobbiamo
parlare di un’etica originaria. (Cos’è? Heiddger si ricollega al termine etos che indica il
soggiornare e definisce quest’etica originaria come il soggiornare dell’uomo nell’aperto.)
Definisce quel pensiero in grado di pensare la verità dell’essere come l’elemento iniziale
dell’uomo come etica originaria.
La chiave di lettura di questo stravolgimento sta nella diversa modalità di intendere
l’esistenza e soprattutto nella diversa modalità di intendere la libertà.
Per Sartre libertà è possibilitá di nullificare e di trasformare il mondo; per Heidegger è una
sorta di necessità e capacità di assumere su sé stessi il proprio passato e non è in grado di
trasformare il presente.
Pag.31
Come definisce Heiddeger l’essenza dell’agire nella lettera sull’umanismo? Essenza
dell’agire secondo Heidegger: l’agire è portare a compimento e non produrre ma producere,
portare fuori, dispiegare qualcosa nella pienezza della sua essenza.
Ma poiché soltanto ciò che è può essere portato a compimento l’agire (pensiero) porta a
compimento il riferimento dell’essere all’essenza dell’uomo.
Pensiero:agire in senso proprio.
Pag.34
PRIMA questione
“Lei mi chiede come ridonare un senso alla parola umanismo. La domanda nasce
dall’intenzione di mantenere la parola “umanismo”; io mi chiedo se ciò sia necessario. In
realtà tutti gli “ismi”, tutte le etichette nascono nel momento in cui il pensiero originario volge
alla fine” Cioè nel momento in cui il pensiero si allontana dalla sua fonte, originaria era e in
quanto tale ogni etichetta va rifiutata.
Seconda QUESTIONE
Heidegger pone sullo stesso piano le etichette elaborate da Aristotele (logica, etica ecc) con
l’umanismo che è una sorta di etichetta.
“Il pensiero volge alla fine quando si ritira dal suo elemento. L’elemento é ciò in base a cui il
pensiero può essere un pensiero, l’elemento é ciò che propriamente può”: il pensiero si
inaridisce quando si comincia a parlare di etichette perché si allontana dal piano dell’Essere.
(Pag.34)
Terza questione
Da pag.39
“L’uomo per ritrovare una vicinanza all’essere deve prima imparare a vivere nell'assenza di
nomi.”
Quindi per ridare senso all’umanismo dobbiamo prima imparare ad esistere in assenza di
nomi.
Allora però, che cos’è l’umanismo?
“Egli deve riconoscere allo stesso modo sia la seduzione della pubblicità, sia l’impotenza
della situazione privata prima di parlare l’uomo deve innanzitutto lasciarsi reclamare
dall’essere, col pericolo che sottoposto a questo reclamo abbia poco o raramente qualcosa
da dire”: per poter giungere nella dimensione essenziale, l’uomo deve imparare ad esistere
in assenza dei nomi e deve lasciarsi reclamare dall’essere, dalla dimensione prigionia col
rischio che si blocchi.
“Solo così viene ridonata la parola alla ricchezza preziosa della sua essenza. L’uomo la
dimora per abitare nella verità dell’essere”.
Da pag. 39 l’argomento secondo il quale l’uomo può ritrovare l’essenza in assenza dei nomi.
Quarta questione: essenza dell’umanismo.
(Pag.40 a 43)
Che tipo di problema l’umanismo.
Secondo Heiddger l’umanismo indica una preoccupazione per l’uomo, ma la
preoccupazione dell’uomo é volta a ritrovare la sua umanità. In che cosa consiste la sua
umanità? L’umanismo consiste nel curarsi dell’uomo e del fatto che egli sia umano e non
inumano, ovvero al di fuori della sua essenza.
In cosa consiste l’umanità dell’uomo? Risiede nella sua essenza.
Se l’umanismo non è altro che la cura dell’uomo e nel definire la sua umanità, ogni tentativo
di comprendere l’umanità dell’uomo può dirsi umanista in senso generale e quindi umanista
è il pensiero di Marx, cristianesimo, danno una definizione dell’uomo anche se in modo
diverso.
“In questo senso l’umanismo nasce nella repubblica romana e dall’Unione della cultura
(virtus) romana e la paidea greca.” Lo studio della classicità non appartiene sempre
all’umanismo.
“Ciò che accomuna tutti i diversi tipi di umanismo è la preoccupazione che l’uomo diventi
libero per la sua umanità e trovi in cui la sua dignità.”
Diverse concezioni di libertà corrispondono a diverse concezioni di umanismo.
“Tutte le posizioni umanistiche si caratterizzano secondo Heidegger per essere metafisiche,
perché non colgono fino in fondo l’essenza dell’uomo ma definiscono l’uomo sempre a
partire da una definizione dell’ente nel suo insieme (mondo)”: non coglie quel rapporto
originario con la verità dell’essere.
Metafisica e umanismo in qualche modo coincidono.
Non solo determinare l’umanismo non coglie il rapporto dell’uomo all’essere ma impedisce
che questo possa essere colto.
Uomo come animale razionale (pag.46)
“La metafisica si chiude di fronte al semplice fatto essenziale che l’uomo è essenzialmente
nella sua essenza solo in quanto é chiamato dall’essere. Solo a partire da questo reclamo
l’uomo ha trovato ciò in cui abita la sua essenza. Solo a partire da questo abitare egli ha il
linguaggio come la dimora che conserva la sua essenza nel carattere estatico; chiamo lo
stare nella radura dell’essere l’esistenza dell’uomo. Solo nell’uomo e proprio in tal modo
d’essere; l’esistenza così intesa non è solo il fondamento della possibilità della ragione,
ratio, ma ciò in cui l’essenza dell’uomo conserva la provenienza della sua determinazione.”
Qui Heidegger dà la definizione dell’essenza dell’uomo come esistenza; il problema, rispetto
alla definizione di Sartre, é il modo di intendere l’esistenza.
Heidegger afferma che “la metafisica è quel tipo di pensiero che non riesce a cogliere l’uomo
essenzialmente nella sua essenza”: in quanto é radicato nell’essere; solo a partire da questo
reclamo l’uomo ha trovato ciò in cui abita la sua essenza. E qual è la sua essenza? È lo
stare nella radura dell’essere, l’è-sistenza, il muovere a partire da questo radicamento, il
muoversi a partire da questa radura.
“L’esistenza così intesa è ciò in cui l’essenza dell’uomo conserva la provenienza della sua
determinazione.”
Ciò che interessa ad Heidegger è evidenziare il contrario di ciò che dice Sartre: cioè il fatto
che l’uomo non é radice di sé stesso, ma appunto si dà, esiste, muove, a partire da una
dimensione più originaria e quindi il problema per Heidegger é sottolineare che l’essenza
dell’uomo possa ritrovare la provenienza della sua determinazione. É il contrario di ciò che
dice Sartre:l’uomo non è al centro, non é radice di sé stesso, ma evidenziare come l’uomo
esiste, si dà a partire da una dimensione originaria.
Riepilogo:
non abbiamo colto a fondo l’essenza dell’agire. L’essenza dell’agire non si può cogliere d’un
quando ragioniamo con etichette, anche l’umanismo è un etichetta e appunto l’umanismo va
superato perché non coglie fino in fondo l’essenza dell’uomo. Perché? Permane in una
dimensione metafisica. Che significa? C’è una visione dell’insieme dell’ente già data.
Bisogna cogliere l’essenza dell’uomo in maniera più radicale, cioè che l’esistenza è un venir
fuori da una dimensione più originaria che è lo stare nella radura dell’esistenza dell’uomo.
L’uomo esiste e il reclamare permette all'uomo di conservare la provenienza dell’essenza
stessa.
(Pag.77)
“La metafisica persiste nell’oblio dell’Essere. Ma proprio il pensiero che conduce a capire
l’essenza dell’agire ci ha portato ad un tempo a pensare più intensamente all’essenza
dell’uomo. In vista di questa definizione, si ha la possibilità di dare all’umanismo e alla sua
definizione un senso storico e antico.
Questo ridare senso non è da intendere come se la parola umanismo fosse in generale priva
di senso: humanus richiama la parola humanitas, l'essenza dell’uomo. L’ismo allude al fatto
che l’essenza dell’uomo dovrebbe essere presa come essenza: questo il senso che la
parola umanismo ha in quanto parola. Restituirle un senso significa soltanto rideterminare il
senso della parola, ma per questo è necessario innanzitutto che l’essenza dell’uomo sia
espedita in modo più iniziale”
Heidegger afferma che l’umanismo non ha più senso perché rimane in una dimensione
metafisica, ma poter provare a ridonare senso all’umanismo soltanto prendendolo sul serio.
Si deve prendere sul serio il problema che esso pone, ovvero sia il problema dea radicale
comprensione dell’essenza dell’uomo.
Umanismo richiama al l’humanitas, essenza dell’uomo e ismo richiama al fatto che deve
essere presa come essenziale: l’umanismo è quella riflessione sull’essenza dell’uomo intesa
in senso radicale.
Non c’è bisogno di ridare senso alla parola ma prendere sul serio la questione dell’essenza
dell’uomo riconducendola all’essenza dell’essere.
La questione dell’uomo in Sartre viene spezzata invece da una dimensione più originaria e
pone l’uomo al centro e affermando che esso è radice di sé stesso e si auto produce.
Questa concezione per Heidegger è metafisica perché comprende l’uomo a partire
dall’autoproduzione senza che venga messo in luce il suo radicamento in una dimensione
originaria.
LEZIONE 15
Rapporto tra etica ed esistenza dei due pensatori: la comprensione dell’esistenza e la loro
concezione etico-morale, quindi la concezione dell’esistenza e la domanda “che fare”?
Entrambi i pensatori sono compresi come esponenti dell’esistenzialismo che è quella
corrente di pensiero che pone al centro l’uomo compreso come esistenza e come Esser nel
mondo.
L’esistenzialismo è quella corrente di pensiero che cerca di comprendere l’uomo come
esistenza, come esser nel mondo e che quindi affermando che il mondo non è qualcosa di
precostituito, ma qualcosa che l’esistente stesso costruisce.
La posizione di Sartre e di Heidegger sul modo di intendere l’esistenza é differente.
Nonostante Sartre sia più giovane di Heidegger è abbia concepito la sua filosofia dopo
Heidegger e in dialogo con quest’ultimo, la questione dell’etica e della morale il pensiero di
Sartre è centrale, dunque quello di Heidegger si può concepire essenzialmente come una
risposta alle questioni poste da Sartre.
Heiddeger nel 1927 scrive Essere e Tempo in questa opera cerca di comprendere
l’esistenza, l’esserci del mondo come esistenza, come l’esser sempre mio; inserisce in
questa comprensione dell’esistenza la possibilità dell’esistenza stessa di perdersi o di
trovarsi e dunque inserisce un criterio valutativo che intende possibile decidere e discernere
una dimensione autentica da una inautentica.
Heiddeger comprenderà poi questa esistenza come esser nel mondo, si soffermerà su
questo concetto definendolo come unitario, unico che andrà a interpretare in tutte le sue
sfaccettature e dimensioni. Le dimensioni principali dell’essere nel mondo sono:
-la mondità del mondo
-l’in essere
-il chi dell’esserci
Analizzando queste varie sfaccettature Heidegger andrà a comprendere l'esserci come cura,
sorte, preoccupazione per sè stesso, come temporalità, come finitudine è così via.
Il punto centrale della comprensione di Heidegger dell’esistenza è l’accentuazione della
dimensione decisionale: cioè l’esserci può vivere in modo autentico o in modo inautentico
ma sarà l’esserci stesso a decidere e ad assumere su di sé la propria libertà.
Per Heidegger la libertà significa soprattutto ripetizione: l’esserci posto davanti alla
possibilità della sua finitudine e della sua morte anticipa su di sé questa possibilità di vivere
in una dimensione di autenticità.
Il percorso che heidegger compie in Essere e tempo h a come obiettivo principale quello di
metter a tema l’ontologia.
L’obiettivo di Heidegger é dunque quello di utilizzare al comprensione dell’esistenza,
dell’Esserci in quanto esistenza per andare a comprendere l’essere in generale.
Questo progetto originario non si compirà mai è ciò che noi abbiamo è una analitica
esistenziale, una descrizione delle caratteristiche fondamentali dell’esistenza.
Per questo motivo nella lettera sull’umanismo Heidegger rifiuterà l’etichetta di
esistenzialismo e dirà che in realtà il suo pensiero non ha nulla a che vedere con
l’esistenzialismo perché il suo problema è la comprensione dell’essere.
Già originariamente la questione è posta in termini diversi tra i due pensatori.
Autocomprensione dell’esistenza per comprendere l’essere: diversa posizione di Heiddeger
rispetto a Sartre.
Quando Sartre si dirige a Berlino per studiare la fenomenologia, e quando soprattutto
durante la prigionia si dedica alla lettura di Essere e Tempo, ciò che egli ha dinanzi a sè e
ciò con cui si confronta e che acquisisce nella sua riflessione filosofica è una filosofia
dell’Esistenza, un’analitica esistenziale, una comprensione dell’uomo come esistenza in
quanto quell’ente che ha da farsi, che si deve realizzare, che non è già predefinito in sé
stesso.
Come traduce Sartre il discorso di Heiddeger?
Egli ha un legame molto forte con Cartesio, quindi con la questione della coscienza. Quindi
quando Sartre scriverà L’ Essere e il Nulla- in questa variazione sul tema è compresa la
chiave per poter capire la diversa di Sartre nella comprensione dell’esistenza- affermerà che
il suo obiettivo è quello di fare una ontologia della coscienza intesa come essere nel
mondo.
Invece di esistenza come esser nel mondo, Sartre conserva il termine di coscienza per non
perdere quel piano di intersoggettività, di verità che è fondamentale secondo lui e che invece
Heidegger aveva perso.
Sartre dice che egli vorrebbe fare una ontologia della coscienza come esser nel mondo e
introduce quella contrapposizione tra un Essere in sè ed Esser per sé che emerge per la
prima volta nella Nausea, che rappresenta la filigrana tematica e concettuale di Essere e
Nulla perché Roquentin alla fine del suo percorso di disorientamento dovuto alla Nausea va
a cozzare contro la mera positività degli oggetti e capisce che la vera causa della sua
Nausea era stata dovuta al tentativo inconsapevole di ridurre la propria esistenza a cosa e il
percepire le cose come esistenti.
(Non c’è distinzione tra cose che sono positivamente in loro stesse la l’esistenza umana che
è caratterizzata dalla libertà)
Questa scissione fondamentale é il punto di partenza di L’essere e il nulla, ma anche di tutta
la filosofia esistenzialista Sartriana; quindi il proprium dell’esistenzialismo è la scissione
dell’Essere in sé (positività) e l’Esser per sé (coscienza che ha da essere, progettualità): da
ciò deriva la possibilità di nullificare e quindi di negare la mera positività delle cose, agendo.
Questo è il secondo elemento che rappresenta un vero discrimine tra la filosofia
esistenzialista di Heiddeger è quella di Sartre: la concezione della libertà.
Per Sartre la libertà non è ripetizione, assunzione su di sé del proprio limite (temporale) così
come era stato affermato da Heidegger, ma é nullificazione; l’essere è la capacità dell’uomo
di nullificare, di vivere la propria libertà.
Sartre definirá il rapporto tra l’essere in sé e l’esser per sé nei termini di una nullificazione
attiva da parte della coscienza.
Questo significa che Sartre penserà sempre l’esistenza come una mancanza, cioè come un
qualcosa che é proiettata in avanti ma che non si vede e si comprende a partire dal limite, al
contrario di questo, Heiddger concepirá l’esistenza come un intero, come finitudine che ha
un limite, considerando poi la dimensione autentica dell’esistenza nell’anticipazione di
questo limite.
Da qui deriva anche una diversa concezione della morte: per Heidegger è quella esperienza
della finitezza dell’uomo che può essere fatta anche in vita e che anzi deve essere fatta
perché è solo definendo la sua limitatezza l’uomo e l’esistenza può apprendere a vivere in
maniera autentica.
Sartre non ha quest’idea della finitudine: l’esistenza è mancanza e quindi la morte è soltanto
un atto assurdo che fa terminare improvvisamente la nostra vita.
Esistenza ed etica: il grado zero dell’esistenza del soggetto che perde completamente
orientamento e ritorna a sé stesso> La Nausea di Sartre
Soltanto dopo che il soggetto ha compiuto tutto questo percorso e ha trovato un perno nel
quale fondare la propria comprensione dell’esistenza sarà possibile recuperare la
comprensione di libertà e riuscire a pensare attivamente anche un’etica.
Questo è il passaggio che Sartre fa nella conferenza L’esistenzialismo è un umanismo: è
l’esperienza della guerra che mette Sartre nelle condizioni di interrogarsi su quali sono le
conseguenze pratiche della sua concezione dell’esistenza.
Prima della guerra il pensiero di Sartre la Nausea stessa risente dell’influsso delle
avanguardie e del surrealismo e che quindi in qualche modo risente di quella dimensione
distruttiva e critica rispetto al mondo borghese senza riuscire dar ragione di una parte
costruens, d i un atteggiamento positivo.
Roquentin arriva fino alla comprensione dell’esistenza e delle cose stesse, della contingenza
ma ancora non riesce ad assumere su di me la giustificazione dell’esistenza: egli cerca la
giustificazione della sua esistenza in qualcosa di esterno, in qualcosa che ha ancora una
funzione catartica che potrà portare il
protagonista ad accettare la sua esistenza nel passato.
Solo dopo l’esperienza della guerra, Sartre inizia a sentire l’esigenza non solo di giustificare
la propria esistenza ma di partecipare attivamente alla costruzione e alla trasformazione del
reale.
In questo spirito si colloca la conferenza l’esistenzialismo è un umanismo.
Sartre riesce a torcere quei concetti già elaborati nella Nausea verso una vera e propria
filosofia attivista.
Egli affermerà che la sua filosofia é una filosofia dell’azione e umanismo perché pone l’uomo
al centro come legislatore di sé stesso.
Questo è il presupposto di un’etica, una morale; in realtà lavorerà per cercar di comprendere
quale possa il criterio guida dell’azione e quali caratteristiche deve avere quella che lui
aveva definito in L’essere e il nulla, Essere in situazione.
Sartre riuscirà a torcere la sua posizione della Nausea verso una filosofia dell’azione e della
responsabilità ma la vera riflessione sull’etica e sulla morale verrà rimandata ma mai
conclusa.
Questo rimarrà un punto in comune con la posizione di Heidegger; aldilà delle differenti
posizioni entrambi non riusciranno ad arrivare ad una conclusione.
Heidegger negherà la possibilità di scrivere un’etica come disciplina per il problema
dell’etichetta che non ci permette di arrivare ad una comprensione dell’essere in quanto tale;
Sartre riconoscerà il problema di un’etica e si sforzerà di scriverne una per tutta la vita
(L'essere e il nulla si conclude con la problema di scrivere una morale: “è evidente da una
ontologia non si può dedurre un’etica:l'ontologia per sé stessa non può fornire dei
prescrizioni morali; essa si occupa unicamente di ciò che è e non è possibile trarre degli
imperativi dai suoi indicativi”) ma anche lui non scriverà mai una morale. (Da qui anche
Bofré deduce la domanda posta a Heidegger)
“Ciò nonostante lascia intravedere quella che sarà un’etica che assumerà le proprie
responsabilità di fronte ad una realtà umana in situazione” (Sartre)
Essere e nulla: “Tutti questi problemi che ci rinviano alla riflessione pura e non complice non
possono trovare la loro risposta nel terreno morale: vi dedicheremo un’altra opera”.
Sartre da che dall’ontologia non si può dedurre un’etica ma in qualche modo si può vedere
questa direzione dell’etica realtà umana in situazione e di dedicare a questa un’altra opera.
Heidegger anche riconosce l’esigenza di regole che ci dicono come orientare il nostro agire
soprattutto in un disorientamento generale, ma se ci aggrappiamo ad un’etica come
disciplina manchiamo il problema.
Il fatto che Sartre prendesse sul serio il problema è dimostrato dal fatto che negli anni
successivi ha scritto una mole di appunti pubblicati inediti (Quaderni sulla morale) dall’altro e
poi la composizione dei suoi testi teatrali (Le mosche, a porte chiuse, le mani sporche):
ognuno di questi drammi in qualche modo si focalizzano su una problematica di carattere
etico e ci si può fare un’idea più concreta della posizione etica di morale di Sartre. (Etica e
politica)
I passaggi che abbiamo messo a fuoco nella posizione di Sartr riguardano
-la nausea e la ricerca di un grado zero della soggettività per riordinare il mondo e assumere
su di sé la propria esistenza: distinzione fondamentale tra cose ed esistenza. Giustificazione
finale: ricercata in qualcosa di estraneo, letteratura che non è in grado di traforante il
contesto esterno ma in grado di giustificare il passato
-esperienza della guerra: mette in evidenza che il cuore dell’esistenzialismo é l’azione
insistendo si una definizione che afferma che l’esistenza precede l’essenza e che l’uomo è
ciò che si fa. In senso generale cercherà di dedurre direzioni soffermandosi sul nesso tra
scelta, responsabilità e angoscia.
Alla fine della conferenza L’esistenzialismo è un umanismo perché l’uomo è l’unico
legislatore di sé stesso.
-Heidegger (friburgo professore e poi rettore) prende posizione rispetto alle questioni poste
da Sartre nella lettera sull’umanismo.
Tramite un intermediario egli riceve una lettera di Jean Bofré in cui chiede come ridare
senso all’umanismo e qual è il rapporto tra ontologia ed etica.
All’inizio della lettera Heidegger si soffermerà sul modo di intendere l’essenza dell’agire ed è
evidente la critica verso Sartre: ciò di cui parlano sono due cose diverse.
L’agire per Heidegger non è produrre ma portare a compimento che è qualcosa che già è, il
rapporto tra l’uomo e l’essere, il pensiero che è la forma più alta di agire.
Questo modo di intendere le cose viene perduto nel momento in cui il pensiero perde la sua
originarieta è diviso in discipline; il primo fu Aristotele che divise il pensiero in discipline. La
stessa cosa accade quando proviamo ad usare il termine umanismo che è un'etichetta che
ci fa perdere di vista il problema della centralità e dell’interrogazione su che cos’è l’uomo.
Heidegger ritiene che non è tanto necessario ridare senso all’umanismo quanto la sua
radice: riflessione sull’essere, esistenza come ex sistere, venir fuori da una apertura
originaria. Se invece per umanismo si intende quella riflessione che cerca di comprendere
l’uomo a partire da una definizione dell’ente nel suo insieme, allora il suo pensiero non può
essere inteso come un umanismo, perché in questo senso non è altro che una metafisica: o
si fonda in una metafisica o sfocia in una metafisica.
L’intenzione di heidegger è quella di comprendere in maniera radicale l’esistenza e non nel
senso di Sartre, e che quindi l’esistenza é radice a sè stessa, ma al contrario che l’esistenza
viene compresa a partire da un orizzonte originario a partire dal quale essa exsiste, si dà.
Quel pensiero che pensa questo potrebbe essere definito come un umanismo per
Heidegger.