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Lukács partirà dal rapporto tra Hegel e Marx e tenterà di fornire una interpretazione
di Marx che lui definisce l’unica vera interpretazione ortodossa da Marx, utilizzando
il termine ortodosso negativamente.
Lukács nasce a Budapest nel 1885 ma questa città è impregnata di cultura tedesca.
Inizialmente non è attratto dal marxismo ma piuttosto dal neocriticismo kantiano.
Quando scoppia la Prima guerra mondiale, essa rappresenta una fase di sviluppo
importante; in questi anni scrive molti scritti e inizia ad avvicinarsi agli scritti di
Marx. Si iscrive al partito comunista ungherese anche dopo la rivoluzione bolscevica;
Lukács vede la fine della cultura occidentale nella Prima guerra mondiale. Nel
governo di Bela Kun Lukács partecipa attivamente al nuovo potere, come
commissario politico. Va in carcere e quando esce a Vienna riprende la sua attività
intellettuale e collabora in una rivista “comunismus”; gli articoli pubblicati verranno
raccolti e pubblicati nel 1923 in Storia e coscienza di classe. Scrive diversi saggi su
Marx, Rosa Luxemburg, sulla coscienza di classe, sulla reificazione della coscienza
del proletariato.
Lukács propone una serie di tesi dal punto di vista dell’organizzazione politica
all’interno del partito comunista ungherese che gli costeranno ancora altre critiche da
parte dell’internazionale: dovette ritrattare alcune sue tesi. Lukács torna in Germania
ma con l’avvento del nazismo scappa e va a Mosca; comincia qui a lavorare sul libro
per revisionare Hegel.
Nella seconda metà del 900’ propone un’analisi della filosofia razionalista, nel
periodo più tardo rielabora la sua filosofia materialista in un’ontologia dell’essere
sociale: ridefinisce i problemi ontologici in una prospettiva sociale.
Engels vivrà 10 anni più di Marx, e continuerà il lavoro della risistemazione delle
opere di Marx; Engels proseguirà anche i suoi studi sulla dialettica. Scrive un libro
intitolato “Dialettica della natura”; alcuni elementi di questo libro sono presenti anche
in altre opere.
Il lavoro di Engels, svolto in collaborazione con Marx, nella divisione dei compiti, ad
Engels tocca la dialettica. Anche la natura è sottoposta alle leggi del movimento che
Hegel ha mostrato e che Marx riprende per descrivere la natura. È l’essere che
determina la coscienza, non la coscienza che determina l’essere.
In Marx non c’è una teoria della conoscenza basata su questa teoria del
rispecchiamento. Ù
Questi elementi del pensiero di Marx vengono ripresi dalla seconda Internazionale
del 1889.
Karl Kautsky fu amico e segretario personale di Engels e venne considerato il
detentore dell’ortodossia marxista.
La seconda int. È la internazionale della social democrazia, la terza sarà quella
comunista.
Nella seconda int. c’è molto dibattito sull’organizzazione politica, sul superamento
del capitalismo (si studia il modo di produzione del capitalismo).
Gli scritti filosofici più importanti di Marx ed Engels non erano ancora stati
pubblicati. La legge dell’evoluzione storica era intesa sulla scorta di altre filosofie
dell’evoluzionismo come il positivismo. La dialettica appare come un orpello inutile:
Kautsky definisce come il lato oscuro, infido, del marxismo, antiscientifico.
Gli anni della terza internazionale non cambiano le cose, c’è sempre uno scontro
tra ortodossi rivoluzionari e revisionisti riformisti. Kautsky, dopo lo scoppio della
rivoluzione bolscevica, assume una posizione più morbida, antirivoluzionaria,
riformista. Lenin definirà Kautsky “il rinnegato” perché assumerà posizioni più
riformiste. C’è poca filosofia e molta teoria dell’organizzazione politica ed
economica. Lenin nel 1909 pubblicherà un testo dove non va oltre la teoria della
conoscenza del rispecchiamento di Engels: va contro tutte le teorie idealiste, dicendo
che l’essere determina la coscienza, la coscienza conosce l’essere per come è. Lenin
produrrà una sorta di autocritica dove riconsidererà la dialettica come metodo di
relazione tra soggetto e oggetto: non basta una teoria del rispecchiamento.
Lukács scrive un saggio nel 1919 intitolato “Ricerca sul marxismo ortodosso”
La ricerca sul marxismo ortodosso non è un commento alla verità rivelata di Marx e
di Engels. Non vengono riproposti i passaggi come se fossero la verità rivelata. Ogni
marxista ortodosso serio deve accettare i nuovi risultati, essere ortodossi non significa
rifiutare di revisionare Hegel su alcuni punti dove potrebbe aver sbagliato; essere
ortodossi non significa un atto di fede. Il libro di Marx non è un libro sacro. Essere
ortodossi non significa rinunciare all’idea di revisionare Marx visti i nuovi risultati
della ricerca. Il marxismo della seconda internazionale al contrario è ortodosso e
vuole ricercare cosa veramente ha detto Marx.
Lukács dice che quando si rinuncia completamente alla dialettica dicendo che è un
laccio metafisico si fa la fine di Bernstein, cioè si diventa revisionisti. Solo il metodo
dialettico applicato alla realtà storico sociale mi mostra che esiste una relazione tra
soggetto e oggetto: attraverso la dialettica giungo a una teoria della rivoluzione di
trasformazione della realtà. Bernstein rinuncia alla rivoluzione perché rinuncia alla
dialettica. I revisionisti sono definiti “opportunisti”: hanno fondato una teoria dello
sviluppo fondato solo sulle riforme.
Non dobbiamo rinunciare però al piano speculativo del metodo dialettico; questo
metodo ha anche un portato che si attesta solo sul terreno speculativo. La dialettica è
il metodo di superare ogni ingenuo empirismo.
La dialettica oltrepassa le ingenue acquisizioni dell’empirismo.
Dietro i fatti bruti si nasconde un essenza più profonda sul piano concettuale. Contro
il positivismo la dialettica ci mostra che non esistono fatti bruti, ma questi sono
sempre interpretati secondo categorie astratte, cioè gli si interpreta seconda la teoria
della totalità: ciascun fatto non è isolato ma è inserito in una relazione con altri fatti.
Io posso comprendere un fatto particolare solo comprendendo la totalità completa
nella quale il fatto è inserito.
La realtà è la totalità, solo attraverso la totalità comprendo i singoli fatti. Qui c’è
molto Hegel. La dialettica è il metodo di conoscenza storico sociale che Marx ha
usato per comprendere i singoli fatti come momenti di una totalità concreta.
Si parte dall’astratto, dalla totalità, perché solo l’elemento della totalità ci consente di
comprendere i fatti nella loro articolazione.
20/04/2022
La domanda che Lukács si pone trova una domanda che trova risposta nelle prime
pagine del saggio di carattere metodologico.
Se siamo alla ricerca di un’ortodossia per il marxismo questa ortodossia deve
interessare solo il piano metodologico.
Lukács è un uomo di prassi che partecipa anche all’avventura sovietica in Ungheria,
guarda a Lenin, all’Unione sovietica, come esempio della rivoluzione proposta da
Marx. D’altra parte, Lukács si oppone all’ortodossia in quanto secondo lui ha dei
limiti metodologici. Il limite è l’uso errato e dannoso della dialettica: questa viene
estesa alla filosofia della natura e così facendo si demolisce la sua potenza. Solo
applicata al piano storico, sociale la dialettica esprime tutta la sua potenza. Lukács
critica Engels che pretende di superare anche la scienza borghese, intellettualistica,
che studia la natura. Il primo limite di questa applicazione è un tornare indietro ad
Hegel che applicava la dialettica come strumento per comprendere l’intera realtà,
Marx invece rovescia la dialettica e la applica allo studio della società e alla storia; il
secondo limite è limitare la dialettica solo sul piano della conoscenza, togliendone il
potere rivoluzionario. Le determinazioni fondamentali della dialettica sono
l’interazione tra soggetto e oggetto, l’unità di teoria e praxis, la modificazione storica
del sostrato delle categorie come base della loro modificazione nel pensiero. La
coscienza è il riflesso soggettivo di determinate condizioni oggettive.
Non ci si può liberare della dialettica considerandola come inutile orpello, inutile
complicazione propria di una metafisica idealista. Il concreto dal punto di vista di
Marx non è una realtà che possa essere raggiunta in modo immediato, ma è frutto di
una molteplicità di determinazioni: non esiste un concreto se prima non è mediato da
un astratto.
Occorre partire dall’astratto, dalle categorie. È inutile affidarsi a un ingenuo
empirismo o a un materialismo antidialettico. I neokantiani si liberano di Hegel e
dicono che la storia non può essere interpretato secondo metodi dialettici: occorre
procedere alla riorganizzazione politica del passaggio al comunismo che dovrà
raffigurarsi come un dover essere, una propensione pacifica di carattere morale.
Posso ritenere che il tutto sia qualitativamente diverso dalla somma delle sue parti,
sia una totalità organica e concreta che a sua volta determina le parti. La totalità
concreta funziona come il corpo.
Categoria di totalità:
Fino ad ora le categorie dialettiche sono utilizzate come strumento di comprensione
della realtà organica. La dialettica è un metodo della conoscenza ma non è solo
esclusivamente un metodo di conoscenza.
Lukács dice: noi possiamo applicare il metodo della totalità concreta laddove Marx ci
ha mostrato che il capitale è contraddizione in atto (per un verso è destinato dalla
sua natura a proseguire nella sua autovalutazione e dall’altro mette in atto una serie di
tendenze, come l’accumulazione del capitale costante, che porteranno al crollo della
legge del valore e alla fine del sistema).
Il riferimento al marxismo volgare è un riferimento al marxismo che allontana la
dialettica, il marxismo che propone il matrimonio tra Kant e Marx.
Un elemento che oltre alla totalità offre scientificità alla dialettica è il rapporto tra
realtà e apparenza. Qualcosa considerato nella sua immediatezza potrebbe rivelarsi
solo come apparenza e quindi ci porta verso la realtà concreta. L’apparenza feticistica
(per Marx è la merce che sembra avere un valore in sé, naturale) ha un valore
occultante: non cela solo il carattere storico, la storicità determinata propria della
merce, ovvero il lavoro umano astratto, ma il carattere occultante dell’apparenza
feticistica diventa possibile in quanto tutte le forme dell’oggettualità, le categorie
economiche, occultano il loro rapporto con l’uomo, appare solo come rapporto tra
cose. I rapporti tra gli essere umani sono rapporti mediati dalle merci e questi fanno
apparire che le merci abbiano un valore in sé. Il metodo dialettico deve lacerare il
velo che ci mostra il rapporto umano come astorico, immobile, e deve lacerare l’idea
che la verità delle categorie riposi nella cosalità. Che le categorie siano il frutto del
riconoscimento di qualità che appartengono alle cose.
L’unico metodo che mostra che le cose sono il prodotto di un soggetto che lavora è la
dialettica.
Il nervo hegeliano che resta ancora scoperto è il fatto che la dialettica è un metodo di
conoscenza della realtà: resta un elemento di separatezza. La specificità di Marx
rispetto a Hegel è il fatto che la dialettica ha un sostrato e che la dialettica introduce
al tema della prassi. Marx si confronta fino a raggiungere all’autocomprensione di sé
dove dice che si separa da diversi autori che viene maturata dal confronto con diversi
autori, partendo da Hegel, poi Feuerbach ecc. Marx si confronta con un movimento
regressivo dell’hegelismo.
Assume il metodo avanzato della dialettica per comprendere la realtà. Il limite del
materialismo è che la realtà è intesa non come oggetto del lavoro umano, ma è mero
oggetto (Objeckt). Nelle tesi su Feuerbach riprende Hegel. L’oggetto è frutto
dell’oggettivazione del concetto, ma come prassi non come oggettivazione
dell’astratto, del pensiero.
Recuperando Hegel si distingue dai seguaci di Hegel e ha trasformato tuti i problemi
della storia e dell’uomo associato in problemi storici. Marx ha intuita anche
l’inadeguatezza di Hegel. Hegel non intravede le forze reali che muovono la storia,
rimane quella di Hegel una concezione astratta. Lukács dice che Hegel non poteva
cogliere la dinamica storica come Marx perché al tempo di Hegel non esiste una
società capitalistica matura (le teorie filosofiche e politiche sono frutto di un
determinato contesto storico-produttivo). Per Lukács, nonostante i suoi sforzi, Hegel
rimane nella dualità tra pensiero ed essere, materia e forma, nell’impostazione
platonico-kantiana.
Marx scopre le vere dinamiche e forze della storia.
21/04/2022
Lukács vuole individuare l’essenza pratica della teoria, quello della teoria e della
prassi è un problema. Il metodo dialettico è radicalmente compreso nella sua verità
quando diventa concretamente reale. Il fine è potenzialmente indicato in modo chiaro
e che questo fine possa essere concretamente raggiunto non dipende dall’arbitrio
umano, dalla volontà dello spirito umano: il fine è contenuto già nelle condizioni
materiali. La coscienza di classe è la conoscenza esatta della totalità concreta.
Gli esseri umani tendenzialmente hanno una loro concezione del mondo: la coscienza
di classe non è la somma di queste concezioni, potrebbe essere anche raggiunta da un
solo individuo di una classe. C’è solo un criterio che definisce la coscienza di classe
ed è quello dell’adeguatezza di questa coscienza alla sua condizione oggettiva.
Non è un processo necessario che venga formata una coscienza adeguata; è un dover
essere perché questa coscienza non è data immediatisticamente; la realtà a volte ci
impedisce di vedere la realtà dei rapporti sociali.
22/04/2022
Se è vero che è iniziata la crisi economica finale del marxismo, allora il destino della
rivoluzione, dell’umanità, dipende dalla maturità ideologica del proletariato, dalla
sua coscienza di classe.
Se il proletariato rinuncia alla dialettica per la comprensione della realtà, la lotta, il
materialismo storico, priva di dialettica diventa “ideologia”.
La potenza della seconda natura finisce per dominare tutte le articolazioni della vita.
Autocritica di Lukács:
Verso la fine degli anni 60’ Lukács compie un’autocritica, si rimprovera alcune cose:
Lukács rivede criticamente le sue tesi dove sosteneva che la dialettica doveva essere
limitata alla sfera storica-sociale, la natura rimane importante.
Escludendo la natura dalla dialettica si esclude l’applicazione dell’ontologia marxista.
Escludendo la natura dall’indagine si esclude di comprendere il rapporto organico di
scambio tra uomo e natura. Lukács era partito da Lenin che propone una teoria della
conoscenza che sottolinea la necessità che la coscienza debba essere introdotta. La
coscienza di classe può essere indotta. La vera coscienza, quella di diritto, appare
come un vero e proprio miracolo, non sono chiari i passaggi tra la falsa coscienza e la
vera coscienza, non è chiaro come quest’ultima si produca.
Storia e coscienza di classe viene riconosciuta infine come un’opera più hegeliana
che marxiana. Il sorgere della coscienza in Hegel è storico e filosofico, in Storia e
coscienza di classe è storico e sociale: Hegel sembra essere rimesso in piedi. Il
soggetto-oggetto che sa se stesso va molto al di là di un postulato metafisico?
L’autoconoscenza del proletariato può arrivare alla produzione di un’autocoscienza
trasparente a se stessa? Lukács darà una risposta negativa: ha tentato di dare
un’interpretazione materialistica dell’idea hegeliana del soggetto-oggetto che sa se
stesso. Lukács riconoscerà di essere stato più hegeliano di Hegel, nel suo tentativo di
superare Hegel in senso materialistico. Lukács è stato molto ardito, più di Hegel.
Lukács fonda la sua autocritica sul concetto di reificazione. Parte da Marx, sul
capitolo della reificazione delle merci. Cosa diventa disumanizzante ed estraniante
nel testo sulla reificazione? Gli oggetti stessi, il rapporto stesso con l’oggettività,
perché tutto è estraniato (Manoscritti economico filosofici di Marx). Il rapporto con le
cose in sé non è estraniante, è necessario, come l’oggettivazione. Hegel pretende che
il rapporto con l’oggettività sia estraniante in quanto tale: lo Spirito deve togliersi
dalla sua estraniazione nell’oggetto. L’estraniazione in Marx non è nel rapporto con
la cosalità, il rapporto con il mondo è nella natura umana: è estraniante quando c’è il
furto del prodotto del lavoro.
Anche in Storia e coscienza di classe, come in Hegel, l’estraniazione viene messa
sullo stesso piano dell’oggettivazione. Nell’oggettività invece noi realizziamo noi
stessi. L’oggettivazione non è da condannare in quanto tale, mentre l’estraniazione è
un certo tipo di oggettivazione che si realizza in condizioni particolari (questa
distinzione era già in Marx). Lukács assume un punto di vista hegeliano e non
marxiano.