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Martin Heidegger

scuola fenomenologica e scuola dell’esistenzialismo: Husserl e Heidegger


costituiscono i due più grandi filosofi del ‘900. Fra i due c’è un rapporto stretto infatti
Heidegger iniziò avvicinandosi alla fenomenologia. Ci furono poi delle divergenze che
portarono i due filosofi a separarsi, non da ultimo il fatto che uno è ebreo e l’altro è
cattolico. Heidegger aderì al nazismo e ne fu uno degli esponenti intellettuali di spicco,
mentre Husserl, essendo ebreo, fu costretto a lasciare la cattedra di filosofia e fu messo un
po’ ai margini. Hanna Arendt conobbe Heidegger, ebbe con lui una relazione sentimentale
nonostante lui fosse sposato; poi lei, essendo ebrea, fu costretta ad emigrare dalla
Germania. Viviamo in un clima difficile, quello della Germania nazista, della censura del
sapere, della cultura e della conoscenza. Molti intellettuali erano ebrei, la cultura ebraica
ha dato un grande contributo alla filosofia.

opere: egli scrisse tantissimo, l’opera principale è “Essere tempo”, pubblicata per la prima
volta nel 1927 (poi fu più volte rimaneggiata). Poi ci sono tante opere di ricerche intorno a
vari ambiti del sapere che in quel momento sono al centro dell’attenzione dei filosofi: la
conoscenza, il dibattito con la scuola neo-criticista (dibattito col filosofo Rickert), tema
della storiografia come scienza, dello psicologismo… Sono talvolta anche opere molto
brevi.

temi: tempo, storia, esserci, analitica dell’esistenza


Heidegger fu un pensatore molto originale anche per il linguaggio che adopera nelle sue
opere. Fa parte della corrente dell’esistenzialismo. Egli non accettò mai l’etichetta di
filosofo esistenzialista, in alcuni sui scritti entra in polemica con la scuola esistenzialista.
Non è proprio una scuola, è un clima culturale che si manifesta in vari campi della cultura;
vasto mondo di intellettuali che mettono al centro l’uomo inteso come uomo che esiste in
un dato contesto storico, che lo condiziona (uomo concreto). L’esistenzialismo non si può
definire una scuola, ma un insieme eterogeneo di intellettuali che si esprimono ciascuno a
modo proprio riguardo questi argomenti. Heidegger rifiuta di essere chiamato con questo
nome generale che lo accomuna a pensatori diversi.
 La filosofia di Heidegger non è una metafisica tradizionale (che studia l’essenza
dell’essere come costitutivo della realtà), ma è una metafisica che vuole creare una
nuova ontologia, al posto della parola essere mette l’esserci, dove quel -ci significa
proprio la situazione storica, ovvero esistenziale, che condizione profondamente
l’essere dell’uomo. Ontologia nuova che mette al centro la storia, dunque la
temporalità che costituisce la vera essenza dell’uomo. Questa nuova ontologia si
chiama analitica dell’esistenza. La finitezza dell’esserci traccia il limite, dunque
l’impossibilità di poter comprendere completamente questa essenza del mondo, che
non dipende dall’uomo in quanto l’essere ha una sua autonomia e l’uomo ne è solo il
custode.
- Anche Kant aveva parlato del tempo, come aspetto di sintesi tra due aspetti
dell’uomo (sensibile e intellettuale); Heidegger ritorna sul tema in un’opera
dedicata proprio a Kant (Kant e il problema della metafisica, 1929). Dice che Kant è
il primo filosofo che ha trovato nella categoria del tempo ciò che mette insieme due
aspetti contrapposti dell’uomo, tuttavia questo problema non è stato
sufficientemente approfondito. Essere tempo non esaurisce questo problema, ma ne
getta le fondamenta per le future generazioni, per la futura ricerca filosofica.

contrapposizione essere-ente: l’essere è il significato delle cose, il loro esistere, mentre


l’ente è l’oggetto. L’essere non ha una finalità pratica, ma ha un suo significato in quanto
tale. La filosofia non pone un interrogativo sull’ente, ma sull’essere. Anche i primi filosofi
greci si pongono domande sull’essere. A un certo punto la cultura occidentale ha smarrito
questa domanda di fondo, trasformandola nella domanda sull’ente, sulla mera oggettività.
Si perde di vista l’origine del pensiero filosofico, il vero spirito da cui parte la filosofia.
Ad esempio in Nietzsche (filosofo molto studiato da Heidegger) con la contrapposizione fra
dionisiaco e apollineo.
La domanda sull’ente ha prevalso sulla domanda sull’essere (tema che aveva già accennato
Husserl nella “Crisi delle scienze europee”)  Andare a riscoprire le origini dello sviluppo
culturale occidentale, andando a riprendere la domanda sull’essere, è ciò che si propone di
fare l’analitica dell’esistenza (in Essere tempo). Le ultime opere di Heidegger sono dedicate
al fenomeno artistico, arte come essenza dell’essere. È come se la filosofia avesse
rinunciato al suo compito razionalistico di fondare l’essere e abbia lasciato all’arte il
compito di fare questa indagine. Questo estetismo si allontana dall’orizzonte della filosofia
fenomenologica di Husserl (egli infatti non rinuncia alla filosofia razionale). Il domandare
sull’arte inizia con i greci, dunque i greci vanno recuperati.
 La domanda sull’essere rimane sempre evasa, incompleta, rimane sempre e
comunque un domandare. Aveva ragione Socrate nel dire che la filosofia è il
domandare più che il rispondere. Anche in Platone, che è socratico, non ci sono mai
risposte definitive sul problema dell’essere. C’è una finitezza costitutiva dell’uomo,
in quanto l’essere non dipende dall’uomo; il nostro domandare trova degli ostacoli,
dei limiti. La domanda sull’essere è la filosofia, finché c’è l’uomo c’è la filosofia.
Ad un certo punto si è smarrito il senso originario della domanda, che è diventata:
“Come avvengono le cose? Come si spiegano le cose?”.
Alla domanda socratica esistenziale “Perché?” Si sostituisce la domanda “Come?”. Si
tratta di una deriva culturale giunta fino ai giorni nostri; la ricerca del vero vuol dire
la ricerca dell’esatto, della coerenza logica, non dell’essenza (la scienza ricerca una
verità non verità). L’uomo è gettato nel mondo, è in una situazione storica
indipendentemente dalla sua volontà. Dobbiamo essere umili, la nostra posizione
nel mondo è quella di essere custodi dell’essere. Noi non creiamo nulla, ci troviamo
gettati in una condizione storica, naturale, indipendente da sé. Nel come io pongo la
domanda c’è già la risposta; le risposte essenziali sono sempre l’ultimo passo alle
domande poste, passo che comunque non può essere compiti senza i primi passi.
Inizia già a porsi la contrapposizione fra domandare autentico (il perché o il cos’è) e
domandare inautentico (il come). Questa divisione non è una divisione fra un
meglio e un peggio, è semplicemente un diverso modo di porsi le domande sul
mondo.

tema del nesso tra essere e tempo: comprendere l’essere non significa comprenderlo
con gli occhi della scienza (non è un dato oggettivo), ma con la filosofia e con una domanda
filosofica, tenendo conto che questa domanda non dà mai adito ad una risposta completa,
ma solo a tentativi di risposta  l’essere umano è un essere finito e la sua capacità di
comprendere l’essere del mondo è l’imitato. Il metodo per comprendere l’essere del mondo
è quello fenomenologico  egli riprende Husserl ma successivamente lo criticherà, in
particolare criticherà la sua opera “Le Idee”.
 pastore dell’essere: Heidegger per uomo intende il pastore, ovvero colui che
custodisce l’essere ma non lo crea.

vita: Heidegger nasce in Germania nel 1889 in una famiglia cattolica, non ebraica come
quella di Husserl (c’è una differenza culturale tra i due). Si iscrisse alla facoltà di teologia
alla università di Friburgo, ma successivamente, si iscrisse alla facoltà di filosofia
matematica  il cambio di strada, come per Husserl, avviene con la lettura delle opere di
Brentano sul problema dell’essere (egli prese tuttavia una via diversa in quanto per
Heidegger la ricerca filosofica non mira a spiegare l’ente come fatto ma il suo significato).
Nel 1919 , anno molto significativo, egli inizia la sua attività come assistente di Husserl a
Friburgo e prende la distanze dal cattolicesimo  Heidegger entra negli ambienti
accademici in cui farà carriera. Altro anno importante è il 1923, anno in cui, grazie
all’interessamento di Natorp, Heidegger si trasferisce a Marburgo, dove insegna e ricerca.
Qui egli conoscerà la filosofa Hanna Arendt, con la quale intesse una relazione amorosa,
dalla quale però si distanzierà sia per le origini (essendo ebrea lei è costretta ad emigrare),
sia per le differenze politiche. Egli inizia la stesura dell’opera “Essere tempo”, che egli
pubblicò nel 1927 e nel 1928 torna a Friburgo come successore di Husserl (Husserl verrà
infatti allontano dagli ambienti accademici a causa del nazional-socialismo e il clima anti-
ebraico), dove rimarrà per il resto della sua vita (vivrà in una baita nella Foresta Nera, dove
opera i suoi studi). Tra i due filosofi è sempre stato comunque presente un grande rapporto
di rispetto (nonostante le differenze culturali e di pensiero). Nel 1929 Heidegger pubblica
l’opera “Il problema della metafisica” in cui compare chiaramente la differenza tra
l’ideologia del filosofo e quella del neo-kantismo.
Nel 1933 Heidegger diventa rettore dell’università e pronuncia un discorso intitolato
“Autoaffermazione dell’università tedesca”  questo discorso coincide con la sua adesione
al partito nazional-socialista, necessaria per ottenere quella carica (si tratta di un discorso
programmatico in cui egli fa quello che fa Gentile in Italia: nel discorso si trova il
programma di una riformazione della scuola tedesca, soprattutto per quanto riguarda gli
studi accademici, che dovevano preparare i futuri tedeschi delle classi dirigenti). La scelta
politica di Heidegger venne successivamente ritenuta da molti strana (ci si chiede come un
filosofo del suo calibro abbia potuto aderire ad un movimento del genere)  egli si legò al
partito per la concezione di stato e di cultura che esso aveva, Il suo rettorato durò un solo
anno: egli infatti rifiutò di continuare con la carica in quanto non condivide la scelta di
alcuni professori operata dal regime (non è presente un rapporto idilliaco tra Heidegger e
il regime, in quanto egli è un uomo autonomo che aveva idee proprie rispetto alla filosofia
del regime). Heidegger quindi da una parte si fa interprete e promotore della scuola
fascista, ma dall’altro aiuta anche alcuni professori e alunni a trovare riparo all’estero.
Nonostante questo però egli mantenne per tutta la vita la tessera del partito (per questo
motivo su di lui cadrà un pesante giudizio).
Quando nel 1945 le truppe francesi giungono a Friburgo e liberano la Germania dal
nazismo inizia per Heidegger un momento difficile: gli viene requisita la casa, rischia di
perdere la sua biblioteca e nel 1946 viene interdetto dall’insegnamento, nel quale verrà
reintegrato solo nel 1949). Questa vicenda lo porta ad un esaurimento nervoso, dal quale
però uscirà con una nuova spinta per la ricerca e la pubblicazione filosofia  egli nel 1947
pubblica la “Lettera sull’umanismo”, in cui egli prende le distanze dall’esistenzialismo e
rende nota la sua svolta rispetto al pensiero di “Essere tempo”. Questa svolta lo porta a
riaffermare il primato dell’arte sulla filosofia (svolta artistica rispetto all’Heidegger logico
ed ontologico). Le ultime pubblicazioni avvengono nel 1971 e nel 1975 viene pubblicata la
prima raccolta integrale dei suoi scritti, intitolata “I problemi fondamentali della
fenomenologia”. l’ultima opera è UN’ intervista intitolata “Oramai solo un Dio ci può
salvare”, che appare dopo la sua morte a Friburgo nel 1976.

primo Heidegger (ermeneutica della fatticità): in questo primo Heidegger, che


precede l’opera “Essere tempo” si delineano già i tre temi principali della sua ricerca e che
diventeranno poi una costante fondamentale:
 tema logico (con logica si intende interesse fenomenologico): si tratta della
fenomenologia husserliana da cui egli prende le mosse, che egli non abbandonerà
mai, ma che modificherà, criticando il suo maestro. Per Heidegger la fenomenologia
è l’unico metodo per poter sviluppare la ricerca filosofica e che mette in discussione
la dicotomia soggetto-oggetto  per Heidegger i metodi precedenti, ovvero il
metodo neo-criticista/neo-kantiano non vanno bene. Il metodo neo-kantiano era
quello per cui era presente un soggetto interno conoscente e un oggetto esterno
conosciuto  la filosofia come gnoseologia doveva chiarire questa relazione per
giungere al vero.
Per Husserl invece non è presente un soggetto dotato di proprie funzioni categoriali
e un mondo di cose che viene percepito  la relazione non è di contrapposizione ma
di sintesi. Egli aveva riportato alla coscienza, intesa come intenzionalità, il momento
cruciale di questa relazione, in cui non è presente dicotomia. Tutto si svolge nell’atto
intenzionale, ovvero l’atto di una coscienza che intenziona le cose dando loro un
senso. Con Heidegger si ha il passaggio da positivismo a fenomenologia (Heidegger
parte da Husserl e non torna indietro).
 grammatica speculativa (filosofia del linguaggio che egli studia attraverso i
filosofi medioevali): Husserl opera una riscoperta del cristianesimo primitivo ovvero
di un cristianesimo delle origini (questo forse ha a che vedere con le origini cristiane
della famiglia)  egli non ricerca il cristianesimo della Chiesa storica ma dei primi
cristiani in cui si esprime un certo concetto di verità ed essere, che Heidegger vede
come momento di svelamento dell’essere (come le lettere di San Paolo e i Vangeli
dove si trova il vero cristianesimo).
 tema del tempo (storia): Heidegger si appropria del pensiero originario di
Aristotele, non quello modificato dalla scuola medioevale, che diventa la descrizione
del movimento dell’essere della vita umana  nell’etica di Aristotele si parla
dell’essere storico della vita umana.

In ciascuno di questi temi si ritrovano due questioni che impegnano i corsi tenuti da
Heidegger negli anni venti a Friburgo. Le due domande di fondo che ritroviamo in questo
momento della ricerca heideggeriana sono: “Cos’è la filosofia?” e “Qual è il modo di essere
della vita?”.
Queste due domande sono tra loro molto legate e Heidegger si confronta con quelle scuole
che portano avanti l’idea della dicotomia tra soggetto e oggetto, da cui lui prende le
distanze (si mette in contrapposizione rispetto alla scuola neo-kantiana, storica e quella
della filosofia della vita, per la quale la vita è emozione, passione, soggettività, di contro
all’aspetto logico e teorico proprio del logos filosofico). Il problema di che cosa fondi la
filosofia non è un problema teorico e scientifico, ma legato alla domanda “cosa sia la vita”
 vita e filosofia sono in stretta relazione tra di loro e dunque la domanda riguardo la
ricerca filosofica non è quindi qualcosa di astratto e teorico; così come chiedere “cosa sia la
vita” non è una domanda emotiva. Queste due domande si co-appartengono come si co-
appartengono soggetto (vita) e oggetto (filosofia)
 concetto di vita fattuale: il termine fatticità non indica il fatto che la vita sia
mero fatto, ma che essa sia modo di essere originario delle cose  fatticità= modo
d’essere originario della vita in cui si ha la sintesi tra soggetto e oggetto. Quando noi
parliamo di fatti non parliamo solo di oggetti, ma anche di soggetti in quanto questi
due elementi si trovano in stretta relazione (solo la fenomenologia è riuscita a
comprendere ciò attraverso l’intenzionalità della coscienza). e come essa vive. La
filosofia non è mera teoria così come la vita non è mera emozione (soggettività)  la
contrapposizione tra filosofia e vita intese in questo modo non esiste in quanto la
filosofia nasce come domanda sulla vita. Essendo tanto legati questi due elementi
non possono essere disgiunti così come uno non può prevalere sull’altro (questo era
stato fatto dalle scuole di pensiero precedenti).
Come diceva Husserl questa domanda nasce con i Greci  quando questa domanda
originaria è stata smarrita, sostituendo il “perché” con il “come”, si è giunti alla
“Crisi delle scienze europee”, dove tutto viene piegato al fatto, alla ragione
scientifica e alla mera cosa, perdendo il soggetto (c’è una forte sintesi tra i due
filosofi).

logica (filosofia come scienza originaria): Heidegger assume una posizione originale
all’interno della sua Università intraprendendo una strada che era stata già aperta da
Husserl il quale aveva proposto un nuovo modello nella contrapposizione tra idealismo di
Kant (prevalenza del soggetto) e realismo di Tommaso d’Aquino (prevalenza dell’oggetto).
Heidegger legge con particolare interesse la sesta parte delle “Ricerche logiche” di Husserl
in cui compare la riflessione sull’intuizione categoriale  l’atto intuitivo è l’atto in cui si
coglie la sintesi originaria tra soggetto e oggetto. Heidegger tuttavia successivamente si
distacca dal maestro, il quale all’interno dell’opera “Le Idee”, mostra una deriva idealistica
che rimanda tutto all’io, facendo perdere la relazione tra soggetto e oggetto  la
fenomenologia di Husserl va a coincidere con una nuova forma di idealismo platonico e
questa deviazione non piace ad Heidegger in quanto l’oggetto e la percezione sensibile
vengono meno. In questo modo infatti verrebbe meno il fondamento della fenomenologia
per cui la coscienza non è una cosa che si oppone ad un’altra, ma apertura al mondo e
capacità di ricevere (le cose esistono anche di per sé).
 vita: secondo Heidegger la filosofia nasce dalla vita ed è per questo motivo che
bisogna partire qui  quando noi concettualizziamo e astraiamo la vita non
dobbiamo pensare che queste costruzioni concettuali siano altro rispetto alla vita; al
contrario sono qualcosa di intimamente vitale. La vita non è quindi l’oggetto della
scienza ma il suo campo d’origine e punto di partenza  la fenomenologia è dunque
scienza di questa vita in quanto vuole cogliere l‘origine della scienza (non è una
scienza teoretica).
Dall’esperienza di vita io posso giungere, attraverso la teorizzazione e la
scientificizzazione, al trattato e quindi alla scienza (ad esempio, osservando un prato
di fiori, io posso stendere un trattato di botanica o, osservando un’opera d’arte,
posso stendere un manuale di storia dell’arte)  questo dimostra la stretta relazione
tra vita e scienza, tra soggetto e oggetto e come non sia possibile basarsi su uno solo
di questi due elementi.
Bisogna guardare alla loro relazione originaria  la scienza è una modalità della
vita ma al tempo stesso è una devitalizzazione del mondo della vita in quanto rende
l’esperienza dato teoretico (la vita vive cose mentre la scienza ne tratta). La
fenomenologia vuole cogliere l’atto intuitivo da cui hanno origine le scienze ma che
è tutto soggettivo (non bisogna perdere la soggettività, cosa che invece la cultura
occidentale ha fatto a partire da Galileo).
L’atteggiamento fenomenologico dice che l’uomo è un essere mondano, un essere
che si trova dentro al mondo e il mondo rappresenta l’unità di soggetto e oggetto 
l’uomo diventa riflesso dell’esperienza, che non si può ricondurre solo alla
teorizzazione del fenomeno, ma va vista anche come esperienza esistenziale
completa L’uomo è sé stesso e il mondo contemporaneamente, nel modo in cui
questo mondo si da alla nostra coscienza  trovare delle categorie universali di
questa mondanità diversa dell’uomo, in quanto diverse sono le coscienze dell’uomo,
è il compito della fenomenologia. Esistono diversi modi con cui le cose si
“mondanizzano”: mondo ambiente, mondo proprio e mondo come vita.
L’io senza un mondo circostante non può esistere e con questo egli è in costante
relazione  per questo motivo non si possono dividere soggetto e oggetto (non è
esiste un io senza una circostanza, un mondo proprio). Soggetto e oggetto non sono
due poli che si incontrano ma un fenomeno unico originario (questo è quello che
studia la fenomenologia che si dimostra l’approccio più adatto per risolvere il
problema). Il mondo e l’ambiente non sono altro rispetto a noi, ma il nostro modo
di essere e di vivere  significatività: noi diamo sempre un significato, un senso
alle situazioni (questa azione è proprio dell’essere in quanto uomo). Questa non è
un’azione a posteriori che avviene dopo, ma viene nel momento stesso in cui io vivo
una situazione  la situazione non è un contenitore in cui l’uomo si trova a vivere,
ma una fitta trama di significati dati dall’uomo. Dare il significato non è un’aggiunta
linguistica ma un elemento pregnante dell’essere uomo in quanto esso vive una
situazione. Il vivere avviene nello stesso momento del significare quindi la vita
contiene di per sé un significato. Kant parlava di strutture della mente e della
sensibilità come qualcosa a priori all’esperienza e che mi serve invece per
comprenderla, la significazione invece non è qualcosa di a priori.
Il significato assume tre sensi:
- senso del contenuto (presente): la vita assume di volta in volta qualcosa di
specifico come significato di sé  ogni situazione ha un suo significato.
- senso di riferimento verso qualcosa (futuro): la situazione dell’uomo è
sempre in vista di un fine.
- senso del compimento (passato): si tratta dell’attuare semplicemente vivendo
ciò che voglio, desidero e ciò per cui io do significato a quella situazione.

religione: Heidegger si interessa alla filosofia medioevale e in particola alla filosofia di


Sant’Agostino (primo grande filosofo cristiano), la cui opera è contenuta nella
“Confessioni”, che egli legge e che tratta del tema del tempo, che interessa molto il filosofo
tedesco (egli scrisse “Essere tempo”). Egli affronta il tema della religione all’interno del
corso del semestre invernale “Introduzione alla fenomenologia della religione” e identifica
due figure importanti, quella dell’apostolo Paolo e quella di Sant’Agostino. Ad Heidegger
non interessa la questione teologica, che viene esclusa, ma quella del tempo.
 Sant’Agostino: egli vive durante lo sgretolamento dell’Impero Romano, che si sta
ormai evolvendo e trasformando, passando da una società pagana ad una società
pagana, mossa da nuove esperienze religiose e spirituali (si apre la strada di un
Occidente che si muove verso il cristianesimo). Egli fu un grande filosofo e, seppur
di origine pagana (abbracciò il manicheismo), si convertì al cristianesimo per
intercessione della madre Monica e del Vescovo di Milano Sant’Ambrogio e diventò
vescovo di una città della zona dell’Algeria dove lui è nato (zona dell’Africa ricca di
cultura), modificando completamente il suo stile di vita.
Egli proveniva da una famiglia benestante che lo aveva avviato agli studi umanistici
che gli avevano permesso di giungere a conoscenza di numerosi filosofi  egli è un
uomo tormentato dalle domande riguardo alla sua esistenza. La conversine al
cristianesimo è uno dei temi cruciali della sua opera filosofica, in particolare
all’interno dell’opera biografica “Confessioni” egli racconta la sua vita e in
particolare il modo in cui egli viene illuminato dalla fede e decide di farsi
battezzare. Dopo la conversione abbandona la sua vita precedente e si dedica allo
studio de testo sacro, alla preghiera e alla meditazione. Tornato dall’Italia in Africa
diventa vescovo nella città di Ippona, dove divulga la sua religione e fa ricerche sui
testi sacri (si mette in gioco sulle polemiche riguardo ai dogmi cristiani).
 interesse per Sant’Agostino: Heidegger vede nel cristianesimo delle origini il
tema del tempo e della storicità dell’uomo trattato per la prima volta in un modo
nuovo e con una prospettiva che va incontro ai suoi interessi e alla sue intuizioni 
con l’inizio del cristianesimo inizia una nuova concezione del tempo e della storia
rispetto al mondo classico (questo tema si trova anche un po’ in Nietzsche, dove si
ha il confronto tra il tempo lineare della cristianità e il tempo ciclico del mondo
classico).
I filosofi a cui bisogna ricollegarsi per il tema del tempo per Heidegger sono quindi
Nietzsche e Kant, per quanto riguarda l’età moderna, è Sant’Agostino per quanto
riguarda il Medioevo.

tempo in Sant’Agostino: nelle lettere di San Paolo e successivamente nelle opere di


Sant’Agostino per la prima volta emerge il carattere storico dell’uomo. Heidegger non si
concentra sui contenuti cristiani, ma si concentra solo su quelli che vanno a determinare
gli aspetti temporali della vita:
 lettere di San Paolo: il cristianesimo scopre il tempo lineare, in quanto per egli il
tempo inizia con l’atto della creazione e finirà invece con la fine del mondo e il
giudizio universale  il tempo storico avendo un inizio e una fine può essere
disegnato dal una retta. Questa concezione del tempo è una concezione cristiana che
non era presente nel mondo antico, dove il tempo era considerato ciclico, in quanto
esso si basava sull’osservazione di fenomeni naturali ciclici (sorgere e tramontare
del sole, scorrere delle stagioni)  il tempo non è una linea, ma un circolo che non
ha un inizio e una fine distinti.
La storia diventa quindi il trasformarsi delle cose, da un inizio verso una fine, in cui
non è presente un ritorno alle origini, ma che è una linearità sempre aperta e volta
al futuro  il concetto di storia e di tempo come finito e rettilineo nasce con il
cristianesimo (il cristianesimo propugna la realtà storica).
Un altro elemento importante introdotta dal cristianesimo è la visione del tempo
come svolgimento dell’essere, esso è qualcosa che non è esterno alle cose, ma
qualcosa che coincide con essere  il tempo e la storia non sono una sovrastruttura,
una congettura con cui io interpreto la vita, ma la vita in sé (vita fattuale). Il tempo
diventa il mezzo per spiegare l’essenza dell’uomo e dell’essere (da questa visione
nasce l’opera “Essere tempo”).
Il tempo non è quindi quello misurato e oggettivo, ma quello presentato all’interno
della “I Lettera di Paolo ai Tessalonicesi”  il tempo per il cristiano è quello
dell’attesa della seconda venuta di Cristo sulla Terra. La vita dei cristiani quindi
viene vissuta in attesa di qualcosa, aderendo ai valori della chiesa ed avendo fiducia
nel ritorno di Dio. La vita si svolge in questa dimensione di attesa e quando Cristo
ritornerà i cristiani verranno giudicati per come sono vissuti e come sono diventati
(“Lettera ai cristiani di Salonicco”)  il tempo è il divenire delle cose e della vita
cristiana, secondo i principi fondamentali del cristianesimo, che determinerà il
nostro giudizio.

 “Confessioni” di Sant’Agostino: Heidegger rilegge e commenta l’undicesimo libro in


cui ci si pone la domanda su che cosa sia il tempo. Agostino afferma che il tempo
non possa essere misurato cronologicamente, ma solo spiritualmente (il tempo non
è calcolato ma vissuto)  il tempo appartiene alla struttura originaria della vita
come esperienza della fatticità (il tempo appartiene al soggetto, è un tempo
soggettivo dell’anima). Heidegger ritiene che questa visione sia molto importate per
la sua idea di mancanza di divisione tra soggetto e oggetto, in quanto è la nostra
impressione e sensazione che dilata o contrae il tempo  con il cristianesimo si
sviluppa una nuova visione del tempo che diventa soggettivo e non oggettivo.
La storia e il tempo per Heidegger è qualcosa che non può essere oggettivato ed è d
questa idea che nasce la polemica nei confronti della scuola neo-kantiana  il
tempo è la storia non è qualcosa che rientra nelle nostre categorie, ma quest’ultime
si devono riconoscere nella fatticità. Il nostro pensare in termini storici non dipende
dal fatto che le nostre categorie sono temporali, ma dal fatto che la vita sia
temporale e che le categorie scaturiscano da questa.
- “Natura del tempo”, capitolo XIV, libro XI, Confessioni: Agostino tornando
all’ermeneutica della domanda platonica si domanda cosa sia il tempo e si rende
conto di come sia difficile rispondere in quanto non è qualcosa a cui è possibile dare
una risposta oggettiva. Per questo motivo Agostino decide di ricercare una risposta
soggettività.
- “Natura del tempo”, capitolo XX, libro XX, Confessioni: per rispondere alla
domanda sul tempo Agostino si rivolge alla sua anima e traduce passato, presente e
futuro come moti dell’anima e li indentifica in memoria, intuizione diretta e attesa.
Queste tre dimensioni non sono oggettive ma soggettive  in questo modo l’uomo
diventa il tempo.
- “Natura del tempo”, capitolo XIV, libro XXVI, Confessioni: dal momento che il
tempo è estensione dell’anima il tempo è quindi qualcosa di interno e soggettivo.
- “Natura del tempo”, capitolo XXVIII, libro XI, Confessioni In questo capitolo è
contenuto il concetto di vita, esistenza, unione di soggetto e oggetto  in Agostino è
presente una fenomenologia della vita nel concetto di tempo.

 interpretazione fenomenologica di Aristotele: Heidegger per la questione del


tempo e della storia nella filosofia antica è Aristotele, il quale, nella “Fisica”,
identifica il tempo come la misura del moto secondo il prima e il poi  la fisica
aristotelica studia il moto, il movimento, che viene misurato dal tempo secondo il
prima e il poi.
I presupposti della fenomenologia si possono trovare nel mondo antico nei testi di
Aristotele, come la “Metafisica”, “De Anima” e “Etica nicomachea”.
L’esserci dell’uomo (dasein) viene da Heidegger sempre accostato al prendersi cura
 noi ci troviamo nelle situazioni e agiamo/pensiamo nell’ottica di essere in
relazione con oggetti o con altri soggetti di cui ci prendiamo cura. Le situazioni della
vita sono un prendersi cura.
Nella situazione dell’esserci, il soggetto umano, che si trova in una determinata
situazione, perde se stesso e decade  in questo momento si ha una motilità, un
andare verso qualcosa perdendo il proprio io (il soggetto di dimentica di sé andando
verso le cose e si perde). A questa decadenza c’è un contro-movimento, ovvero un
tornare a noi e tra questo entrare ed uscire dalle situazioni si trova il carattere
storico dell’essere.
Il concetto dell’esserci secondo Heidegger si ritrova, tra i filosofi pre-cristiani, nella
filosofia di Aristotele e nel suo concetto del tempo come motilità. Questo concetto
non va interpretato come movimento degli oggetti ma come motilità del soggetto
che entra ed esce dalle situazioni.

Heidegger degli anni Venti: in questi anni egli stende le opere che prepareranno la
stesura di “Essere tempo”, la sua opera principale  si tratta di opere propedeutiche che
puntualizzano alcuni elementi fondamentali.
 ermeneutica della fatticità: il primo Heidegger scopre, attraverso alcuni
passaggi, l’ontologia della fatticità, che si trasforma poi in ermeneutica (sviluppo del
pensiero). Questi passaggi sono la fenomenologia (Husserl), la scoperta delle
filosofie cristiane/proto-cristiane (San Paolo e Sant’Agostino), la riflessione sulle
filosofie antiche (Aristotele), i quali, giungono ad approdare all’ontologia come
ermeneutica.
La filosofia del primo Heidegger non è una filosofia dell’oggetto ma del soggetto e, il
modo migliore per approfondire e spiegare la vita è la fenomenologia  Heidegger
intende la fenomenologia in modo diversi rispetto da Husserl.
Nell’opera del 1913, “Le Idee”, Husserl approda ad una filosofia della coscienza
pura ed è questo il tema su cui i due filosofi prendono le distanze  inizialmente la
filosofia husserliana gli era sembrato il modo migliore per approdare alla filosofia
della vita, in quanto il suo intento era cogliere l’origine delle esperienze della
coscienza che costituiscono i fondamenti della scienza (questi fondamenti stanno
nel concetto di coscienza come intenzionalità). Tuttavia l’approdo di Husserl
diventa idealistico, in quanto il rapporto tra soggetto e oggetto si perde e tutto viene
rimandato alla coscienza pura.
 epochè: nella relazione soggetto e oggetto, che è il tema della fenomenologia e
riguardo al quale essa si mette in opposizione con le filosofia precedente, Husserl
ritiene che si debbano prendere le distanze rispetto all’atteggiamento naturale del
sapere  l’uomo considera il mondo come una serie di cose al di fuori di noi.
L’uomo deve sospendere questo atteggiamento (metterlo tra parentesi)  con
l’epochè l’uomo non deve più considerare un dentro e un fuori (relazione soggetto
e oggetto). Se noi mettiamo da parte l’atteggiamento naturalistico giungiamo alla
scoperta del carattere fenomenale del trascendente e al carattere assoluto
dell’immanente  facendo questa operazione scopriamo che è presente un
fenomeno trascendente (oggetto esterno) e che l’io immanente (coscienza) ha un
carattere assoluto. In questo modo si scopre che le cose fuori di noi non esistono,
mentre ad esistere è solo la coscienza  in questo modo si scivola in un idealismo,
non di tipo hegeliano, ma di tipo berkeleiano (Berkeley è un filosofo del Settecento
che credeva in un idealismo soggettivo).
Dire che la cosa esiste in carne ed ossa è un atteggiamento di tipo naturalistico per
cui esiste una natura fatta di cose, ma una cosa può anche non esistere, mentre la
coscienza no  gli oggetti si trasformano così in vissuti che si danno alla coscienza
(tutto viene così rimandato al soggetto).
Dopo l’epochè la coscienza non è più qualcosa di empirico ma di puro  la
coscienza diventa condizione di possibilità della manifestazione di tutte le
trascendenze mondane (le cose non sono cose ma vissuti, ovvero qualcosa che
esiste nella misura in cui è presente un soggetto che lo riceve e che lo vive).
Per Husserl il soggetto che percepisce è intenzionalità  la coscienza non è
qualcosa di spirituale (res cogitans), ma un’intuizione. La coscienza è un muoversi
verso un oggetto, un aprirsi al mondo. In questo modo per Heidegger la filosofia
di Husserl non va più bene.
Secondo Heidegger l’idealismo a cui si approda è nuovamente una forma di
astrazione che si oppone a quella da cui Husserl stesso si era voluto distaccare,
ovvero l’astrazione dell’oggettività (per Heidegger questa deriva è un ritorno
all’idealismo e un allontanamento dalla novità che la fenomenologia aveva portato
con sé, in quanto l’oggetto viene annullato  eliminando uno dei due poli della
relazione lo spirito fenomenologico viene meno). Per Heidegger invece la coscienza
pura non esiste, in quanto questa è sempre in rapporto con il mondo. Heidegger
inizia dunque una riflessione nuova e originale, che approderà alla dimensione
prima fattuale e poi storica del soggetto, individuando nel tempo e nella storia
(facce della stessa medaglia) l’essenza dell’esserci, l’essenza dell’uomo.
A questo concetto di esserci come tempo e storia giunge attraverso lo sviluppo del
suo pensiero che passa attraverso la filosofia cristiana (non come teologia ma come
metafisica) e quella greca. Heidegger ritiene che il terreno originario della filosofia,
non sia solo la coscienza, ma che sia la relazione tra soggetto e oggetto, la quale non
è una relazione tra una cosa interna e una esterna, ma una relazione vitale, che
mette in campo la vita  la scienza nasce dall’atto originario della vita ed è quanto
atto originario che la filosofia deve recuperare e comprendere. La fenomenologia
dunque deve studiare l’esperienza che non è qualcosa di scientifico.

 questione religiosa (“Introduzione alla fenomenologia della religione”):


Heidegger si è ormai liberato dell’influenza del maestro e inizia a creare un proprio
pensiero originale  intorno agli anni venti, presso l’università di Marburgo, egli
scrive delle opere che sono più che altro delle ricerche.
Dal concetto di fatticità si passa al concetto di storicità  si ha la deviazione verso il
concetto di storicità e temporalità, a cui lui approda attraverso le opere cristiane.
Heidegger intuisce che la temporalità sia stata scoperta dal pensiero cristiano e in
particolare individuale il concetto di tempo e di storia nel pensiero di San Paolo e
Sant’Agostino  si tratta di un cristianesimo originario, antico (non quello della
chiesa cattolica), che Heidegger interroga non in modo religioso, ma con un
atteggiamento ateo.
La vita per Heidegger non ha il tempo, ma è il tempo (vita fattuale)  l’essere della
vita trova la sua essenza nella temporalità.
Il tempo del cristianesimo originario non è il tempo oggettivo dell’orologio ma è il
tempo della spiritualità  la temporaneità dei cristiani a cui Heidegger si riferisce è
una forma di tempo soggettiva. Questa concezione di tempo si comprende bene in
Sant’Agostino il quale ritiene che il tempo non sia qualcosa di misurabile in sé o
qualcosa che possa fungere da metro di misura, in quanto il tempo è un tempo
dell’animo (soggetto)  quello che noi misuriamo con il tempo sono le impressioni
di quello che le esperienze lasciano nel nostro spirito.

 rapporto con la filosofia aristotelica (“Interpretazione fenomenologica di


Aristotele”): il concetto di temporalità in senso soggettivo si ritrova, all’interno della
filosofia antica, nel pensiero di Aristotele (egli anticipa alcuni concetti che verranno
poi ripresi proprio da Sant’Agostino). Aristotele, all’interno della “Fisica”, si
interroga su che cosa sia il tempo  per risolvere la questione egli prende due punti
di riferimento, che sono il movimento e l’anima (prescindendo anche solo da uno
dei due elementi non posso parlare di tempo come concetto). Il tempo infatti
implica movimento e mutamento (senza cambiamento il tempo non esiste)  se
nulla muta dentro il nostro animo o se non vediamo nulla mutare noi abbiamo
l’impressione che il tempo non sia passato.
Il tempo può essere definito solo in termini di moto, ovvero di cambiamento (se
tutto fosse immobile e senza cambiamento il tempo non verrebbe percepito  il
tempo è affezione del movimento). Il tempo da Aristotele viene visto quindi come
“numero del movimento secondo il prima e il poi”.
Questa visione del tempo richiede necessariamente anche l’intervento dell’anima, in
quanto è questa che percepisce il movimento  l’anima è conditio sine qua non del
tempo. Il tempo arriva dunque ad essere soggettivo.
Successivamente nella “Relazione Natorp-Bericht” Heidegger giunge alla
concezione della storia come tempo (in questa relazione si trova non più il concetto
di tempo ma di storia) si giunge al concetto di prendersi cura (trascendenza della
coscienza): la coscienza è sempre volta al di fuori si sé, sempre volta a tendere verso
qualcosa. Il prendersi cura è un modo spontaneo della coscienza di essere, un modo
strutturale della coscienza (esistere significa prendersi cura). È a questo punto che
la vita si temporalizza, quando la coscienza decade tendendo a qualcosa  nel
prendersi cura si trova il concetto di storicità dell’esserci.
 ontologia come ermeneutica: per Heidegger la dottrina dell’essere (ontologia)
non è una disciplina (non è una scienza), ma è una descrizione del rapporto soggetto
e oggetto (la fenomenologia per Heidegger non è gnoseologia ma ontologia)  si
tratta della descrizione di un essere che non è solo oggetto e solo soggetto, ma una
unione dei due elementi insieme. L’ontologia dunque è ermeneutica della fatticità in
quanto l’esserci è quell’ente il quale essere non è mai semplicemente dato ma è
sempre in questione  l’uomo non è una cosa, non è un oggetto ma neppure un
soggetto, è un problema. Con il termine ermeneutica dunque si intende
interpretazione con un significato più pregnante di quella di traduzione, in quanto si
intende l’esserci dell’uomo come individuo che si approccia al mondo in modo
problematico  l’uomo è ermeneutico nella sua esistenza in quanto è un modo di
interpretare. Si ha un collegamento con la filosofia di Nietzsche, che nella sua fine
diventa filosofia dell’interpretazione (uomo che interpreta)  non esistono un io e
un mondo fuori di sé ma esiste l’interpretazione. La fenomenologia deve chiarire
l’essenza dell’uomo come soggetto interpretante  si può comprendere l’essenza
solo facendone esperienza (unione tra ontologia, ermeneutica e fatticità). La nostra
esistenza è ermeneutica in quanto noi siamo esseri comprendenti.
 ogni uomo presenta un carattere cairologico in quanto ognuno possiede un
proprio tempo  la vita mondana è storica e il tempo non è una cornice in cui
vanno inseriti i fatti storici. Noi non siamo nel tempo, noi siamo il tempo, dunque
il tempo è un modo della motilità, un modo dell’essere che si muove e si trasforma
(il passaggio da una cosa all’altra).

“Essere tempo”: l’unico essere vivente a porsi la domanda sul senso e il significato
dell’essere è l’uomo e ne dimostra dunque la sua complessità e il suo carattere/la sua
natura problematica 

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