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Storia della filosofia morale – Lijoi

J. Dewey, La ricerca della certezza (1929), La Nuova Italia, Firenze 1966


L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche (1953) (selezione di paragrafi), Einaudi, Torino 1995.
L. Wittgenstein, Sulla certezza (1951) (selezione di paragrafi), Einaudi, Torino 2000.

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Autori che rappresentano due differenti modi di affrontare il tema della modernità, ovvero in
un’epoca secolarizzata che ha perso il cielo (il cielo si è svuotato). Ha perso la concentricità di
soggetto e mondo, si producono degli atteggiamenti e concezioni della modernità stessa (in gioco è
l’interpretazione stessa della modernità, perché in fondo sostenere che la modernità significa la
perdita di qualcosa è già esprimere un giudizio, una prospettiva, una tesi sulla modernità). Concetto
di educazione è il modo in cui impariamo ad avere a che fare con la realtà. Passaggio dall’infanzia
all’età adulta, sfida che prevede che l’infanzia divenga significativa proprio per l’età adulta,
l’infanzia divenga una sfida proprio per l’età adulta. Non è un passaggio che avviene una volta per
tutte. L’educazione ha un carattere critico, attraversamento di una soglia, e allo stesso tempo
carattere permanente. All’interno dell’ed abbiamo collocato dentro o fuori il concetto di crisi.
Passaggio di dewey alle posizioni pragmatiste: il pragmatismo è una presa di posizione contro il
trascendentalismo e contro la distinzione fra teoria e prassi. la sua è una specie di educazione alla
ragion pratica=Educazione all’esperimento che ha successo, ma l’esperimento può on avere
successo e incontrare blocchi, e di fronte ad essi i nostri giudizi morali devono essere sottoposti a
una revisione creativa, una critica. La crisi richiama una critica affinché torniamo in grado di
muoverci. La situazione problematica consiste in un conflitto: esso è un’interruzione dell’azione
oppure cosa? Una delle critiche al pragmatismo è quella di non esser stato capace di tenere conto
del conflitto, di includere nella propria visione del mondo il conflitto. Non è del tutto sbagliata la
critica, serve riformularla: il conflitto c’è nel pragmatismo ma è considerato un blocco dell’azione,
non è un mood in cui l’azione avviene. Il conflitto non è una modalità di azione ma un blocco
dell’azione, per cui la revisione dei giudizi morali che ci restituisce al movimento significa
innanzitutto un superamento del conflitto. In wittgenstein la situazione è molto diversa. Il blocco
che ci impedisce di incontrare la realtà consiste in un ideale di purezza, cioè in un ideale di
mancanza di attrito. Per witt il blocco non è qualcosa da superare, ma è proprio l’illusione del
superamento del blocco che ci blocca, l’illusione di poter dissolvere il conflitto che ci immobilizza.
Il blocco non è la fine del movimento ma è la sua condizione, quindi l’educazione avviene come
crisi, cioè vedo la realtà e incontro la realtà, ne ho accesso, nel momento in cui vedo nell’attrito la
condizione del mio movimento. Lijoi vede due modelli differenti in questi due autori: mentre in
dewey il problema è l’ottenimento di u sé attivo, capace di riflettere creativamente, superando i
conflitti e in questo senso potenziandosi, come se si trattasse di un allenamento del sé – la
polarizzazione rilevante è quella attività passività. In witt la questione è quella di guadagnare un
accesso alla realtà, come se la realtà dovesse essere vista nonostante stia sempre sotto i nostri occhi
e per questo ci sfugge. Per witt è aperto chiuso, accesso non accesso.
Dewey scrive tantissimo, vive a lungo. Definisce la democrazia come una forma di vita.
Tutte le questioni che incontreremo, studiando dewy fino al 1929, torneranno nei concetti di dewey
come crepe, dubbi del suo pensiero. la rima cosa che balza agli occhi è che lui ha una formazione
essenzialmente europea idealistica, e questo avrà influenza anche sulla concezione del
pragmatismo. Nasce nel 1859 nel vermont, quando esce l’origine della specie di darwin, e dewey
come altri sarà occupato nella disputa sull’evoluzionismo. Esce un libro di mill, e la critica
dell’economia politica di marx. I genitori sono di fede evangelico protestante. La città era
industriale, avamposto del capitalismo che presentava tutti i problemi della democrazia industriale.
Frequenta l’università, corsi di scienze naturali e filosofia morale. Studia spencer. L’università
voleva irrobustire le convinzioni religiose e morali degli adolescenti protestanti. Gli accademici del
vermont erano stati influenzati anche dal kantismo e postkantismo tedesco. America di quei tempi
vene pesantemente attraversata dall’idealismo tedesco. Dewey scrive che grazie a u2westo è stato
introdotto alla disciplina filosofia nel modo migliore possibile. L’uso di kant in quel contesto era
antidarwiniano, antimaterialista. Da una parte si prendeva l’elemento spiritualista, non materialista
della filosofia kantiana e dall’altro si tendeva a disinnescare il razionalismo religioso di kant.
Letture positiviste e anche evoluzioniste di dewey. Dopo la laurea insegna al liceo poi si stanca e si
dedica alla carriera accademica, alla john hopkins, fondata da poco, nel 1867. Anche qui il contesto
era peculiare: molto aspro il contrasto tra filosofia e scienze naturali. Negli anni 70 dell’800:
conflitto fra i metodi, la separazione asprissima fra scienze naturali e dello spirito. Disputa ancora
oggi in piedi sfacciatamente vinta dalle scienze naturali. Dewey fu esortato a studiarle ma mantenne
la propria rotta. Trovò tre personaggi interessanti: stanley all, george morris, e charles sanders
peirce. Rapporto con morris: dewey ne fu attratto, era il meno scientifico dei tre (tutti assistenti
universitari). Morris era un neohegeliano, ed era appunto la testimonianza dell’influsso
dell’idealismo postkantiano sulla filosofia americana. William James aveva pubblicato un fascicolo
su Mind contro la popolarità crescente dell’hegelismo nel mondo inglese. Nel 1882 scriveva che il
defunto hegelismo nella terra natia ha trovato dei propagandisti in inghilterra e america. Dewey non
seguendo i moniti di james segue morris e segue una formazione hegeliana. Si addottora nel 1884
con Kant’s psychology, idealismo come una via rivoluzionaria che fallì nel vedere ch ei propri
principi puntavano oltre la separazione soggetto oggetto. Significa che dewey aderisce all’idea che
hegel abbia inverato la filosofia di kant. Kant aveva correttamente intrapreso la strada
dell’idealismo speculativo ma tropo poco radicale, l’unita tra soggetto e oggetto invece la predica la
sintesi di hegel, la conciliazione della lacerazione. Il pensiero dell’unità organica viene a dewey
dalla sua formazione idealistica, da morris. Il pensiero dell’armonia lo ritroveremo. Hegel ha visto
la potenzialità interrotta di kant, l’ha portata a compimento nella logica. Per dewey costituisce il
compiuto metodo della filosofia: qui è un hegeliano radicale. Dewey sarà sempre un critico dei
dualismo, e ad essi sostituirà l’idea dell’unità organica. c’è una forte tendenza del pragmatismo di
dewey a combattere i dualismi, aspirazione all’unità organica. non è un caso che in una serie di
scritti dewey va appunto in questa direzione.
Elegge hegel a rappresentante della risoluzione dei dualismi, la logica di hegel come metodo
compiuto della filosofia. nel 1888 scrive nuovi saggi… e individua in leibniz il più grande genio
intellettuale a partire da aristotele, grandezza sta nel fatto che continuità interdipendenza all’interno
del mondo risvegliano una nascita consapevole e lieta. Nel razionalismo leibniziano lui vede il
primo filosofo moderno ad essere influenzato dalla concezione della vita, idea di organismo e vita,
rispetto agli spogli dualismi di cartesio. filosofia dell’unità superiore al teismo di spinoza. Non il
principio di una spoglia unità. Unità in e attraverso la diversità. Unità organizza contrapposta a
unità formale, per dewey l’universale concreto l’unità non è astratta, non ciò che le parte hanno in
comune una volta che abbiamo astratto le differenze. L’unità che ha in mente dewey è organica,
prevede le diversità, parti diverse ma collegate in una crescita unitaria. Unità in e attraverso le
differenze e non prescinde dalle differenze come unità astratta.
Comincia a modificare l’eredità hegeliana in modo impercettibile ma sostanziale: da una parte è
affascinato dalla logica dell’unità organica, dall’idealismo, dall’altra, comincia a stridere l’interesse
nei confronti della nuova psicologia. L’incontrarsi dell’eredità hegeliana con la nuova psicologia a
metà anni 80 ceca di fondere metafisica idealista con le conclusioni sperimentali della nuova
psicologia, in particolare di wundt, portata in america da james. Lentamente comincia a riallinearsi
ai critici dell’idealismo. Stanley all e james costruivano una psicologia sperimentale, che significa
radicare la psico nella ricerca di laboratorio, il campo è quello della fisiologia umana. Psico porta un
elemento ‘empirico’, qualcosa di conreto, una dimensione dal basso della ricerca. Questa frizione
tra metafisica idealistica e psico sperimentale crea il novo orientamento di dewey. Inizialmente lui
cerca di far rientrare la nuova psicologia, dicendo che in realtà non è una smentita dell’idealismo
ma una sua conferma. Non sono in contrasto come appare, vanno nella stessa direzione. Testo del
1884 the new psychology e soul and body: sostiene che gli esperimenti della nuova psicologia sono
orientati a una idea di organismo, che la si trova nel concetto di volontà, e nell’idea che ci sia un
fine una teleologia, nello sviluppo dell’organismo vivente, della sua dimensione psichica. La nuova
psico non può rescindere dal concetto di organismo e con il principio teleologico son la conferma
della vicinanza tra metafisica idealistica e nuova psicologia. In questo senso la nuova psico non è
materialista, ma è teleologica e antimaterialista. Più che negare la trascendenza, cioè l’unità, un
principio teleologica, lo scorgeva in opera nell’immanenza. La nuova psico coglieva
sperimentalmente proprio quell’unità organica cui dewey teneva tanto.
Lentamente la psicologia agisce come un tarlo, perché dewey si rende conto che conviene scostarsi
un po’ dall’ortodossia idealista. Lo fa cominciando a dire che la psico deve costituire il metodo
della filosofia. Ovviamente continua a dire che la psico e il metodo costituiscono una conferma del
punto di vista idealistico e tuttavia questa soluzione rappresenta uno slittamento rispetto a quello
che abbiamo detto prima, quando vedeva nella logica hegeliana il metodo compiuto della filosofia.
Due testi 1886 the psychological standpoint e psychologic and philosophic method: scrive che solo
la psico può preservare il carattere della realtà come unità organica che vive attraverso le sue
distinzioni. Ora per dewey la logica e non la psicologia è scienza speciale, subordinata all’analisi
attenta dell’esperienza concreta. Psicologia è la scienza prima, la logica solo la sua scienza speciale
perché la prima cosa è l’analisi dell’esperienza concreta. Dewey comincia a valorizzare questo
concetto: solamente partendo dai fatti riusciamo a scorgere l’unità organica, ma non possiamo fare
il contrario, come l’idealismo vuole fare. Il ripensamento dell’idealismo viene a dewey dal fatto che
gli idealisti sembravano perdere la realtà. Non deve succedere che l’idealismo con l’enfasi sulla
ragione ci faccia perdere la realtà, per questo dobbiamo partire dal fatto per vedere come esso si
rivela come ragione.
Perché dewey adotta questo punto di vista assoluto dell’idealismo, la necessità di un’unità organica,
di una spiegazione totale? Osservazione di james a dewey: james ha sostenuto che l’idealismo
assoluto, la metafisica, più che alla logica, obbedisse a una esigenza etica, a un bisogno morale.
L’opzione idealistica non era il risultato di un ragionamento logico ma di un sentimento morale, e in
effetti ci troviamo da una parte james che si sentiva soffocare da questa idea di u universo concepito
come un’unità organica, soffocato dalla infallibile e impeccabile invadenza totale di questo universo
assoluto. dall’altra, dewey che si aggrappò all’idealismo perché gli sembrava al momento l’inica
persuasiva alternativa alle filosofie che lasciano l’universo completamente privo di scopo. Di fronte
alla morte di dio l’opzione idealistica diventa un’esigenza morale, l’unica per non perdere l’etica, il
senso, non lasciare universo alla mercè di un cieco e casuale qualcosa. Interessante che james
interpretava idealismo assoluto come un sostituto. Pertanto, dewey e il disperato bisogno di dio per
un universo era u desiderio per un mondo in cui l’uomo potesse trovarsi moralmente a casa. Salvare
l’etica è il motivo che porterà dewey alla sua grande polemica contro il naturalismo. Poi vedremo
come tutte queste polemiche contro materialismo e naturalismo subiranno un processo di
rinaturalizzazione.
Ethics and physical science del 1887: dewey attacca gli sforzi dei naturalisti evoluzionisti come
Spencer, positivista, che voleva costruire l’etica sulla base della scienza naturali, il che secondo
dewey era impossibile. Obiezione di dewey è che il naturalismo non è ing rado di fornire all’essere
umano un ideale etico. Ls principale tesi dei naturalisti era quella per cui l’etica non avesse bisogno
di una serie di metodi e concetti rispetto a quelli della scienza fisica. In gioco qui è la differenza tra
scienze spirituali e fisiche. La riduzione dell’etica alle leggi della scienza fisica, naturali è
impossibile per dewey. Questo perché l’ideale etico è un fine, e la natura nel mondo fisico non ha
nessun fine. Quindi: come poteva creare la natura senza fine creare un fine ovvero un ideale etico?
Questa obiezione si articola in 3 parti fondamentali:
1- Innanzitutto l’ideale etico dei naturalisti era una società cooperativa, ma sec dewey era
incompatibile con il processo della selezione naturale, che è la legge naturale
dell’evoluzione (struggle for life). La lotta per la sopravvivenza porta conflitto laddove
diversamente la società cooperativa è unità, armonia, assenza di conflitto. La cultura è una
correzione della natura. questi due mondi vanno in direzioni diverse. Mondo etico è u
mondo di uguaglianza, mentre quello fisico di potenza.
2- L’evoluzione si muove verso un traguardo che costituisce il fine etico. Dewey contesta
perché le categorie etiche non possono essere applicate all’universo, solo all’essere umano.
Se si parla di universo allora si parla della direzione verso cui di fatto tende, usato
eticamente il fine è quello che un essere umano rende proprio ed è in grado di realizzare. Gli
evoluzionisti rendono l’uomo un mero mezzo verso un obiettivo cosmico, l’anello
insignificante di un meccanismo. Non ha senso parlare dell’ideale etico dell’essere umano
come prodotto finale del processo di evoluzione.
3- Infine, non c’è avanzamento verso l’obiettivo. Ma questa è una cosa che gli stessi fisici
ammettono, che le cause finali non possono avere posto nelle spiegazioni fisiche. L’idea di
un fine richiede la concezione di un universo con uno scopo, ma questo è estraneo alle
categorie della scienza fisica.
L’ideale etico è incompatibile con il naturalismo. Critica al naturalismo è un tentativo di salvare
l’etica. Nel 1887, dewey scrive che la causa della teologia e della morale sono una cosa sola.

06/10
[Naturalizzazione dell’organicismo, completo distacco di dewey dalla metafisica idealistica in realtà
lascia tracce. L’hegelismo placava la sua fame di unificazione, sintesi, conciliazione fra opposti.
Forniva un sostegno razionale al sentimento oceanico, di familiarità con l’universo. Anche in questa
fase, la critica de dualismi è un’invariante del suo pensiero, prima del naturalismo questa si declina
come un sostegno al concetto di unità organica, e questo concetto viene preso da Hegel (universale
concreto, unità in e attraverso le differenze, contrapposta alla unità formale della logica che invece è
astratta, vuota). Questo concetto darà del filo da torcere a dewey, perché l’hegelismo rischiava di
perdere la concretezza della vita, interpretazione top down. D entra in contatto con la nuova
psicologia (due testi citati, guarda su Classroom), in cui vede una conferma dell’idealismo, perché
l’esperimento è letto come la dimostrazione di una teleologia. La psico sper si oppone al
riduzionismo materialistico e invece usando la categoria di volontà dimostra di apprezzare il
concetto di unità teleologica, organica. fondamentalmente la psico gli consente di cogliere
sperimentalmente proprio l’unità organica ma dal basso, a partire dalla realtà dell’esperimento. D
inizia a sostenere che la psico deve costituire il metodo, non più la logica come voleva l’hegelismo.
Psico =cavallo di troia della metafisica idealistica, lo mette nelle condizioni di naturalizzare
l’organicismo idealista.
D si sforza di criticare analiticamente il naturalismo evoluzionistico, spencer che voleva costruire
un’etica positiva sulla scienza naturale. L’obiezione di D è che i naturalisti hanno fallito nel dare
all’essere umano un ideale etico: l’etica non richiede metodi e concetti diversi da quelli che richiede
la scienza fisica, per loro, e l’etica sarebbe subordinata alla scienza naturale. Abbiamo visto i 3
punti fondamentali della critica. Ultima obiezione: la concezione del fine non ha posto nel
naturalismo. Non è possibile un’etica senza teologia].
Poi vedremo il periodo di Chicago, dove farà marcia indietro e inizia a sviluppare la sua linea più
propriamente pragmatista. Cosa è rimasto del periodo idealistico nel suo pragmatismo? C’è un
passaggio, dove in una lettera dice che è saltato nel cerchio ma si è portato dietro qualcosa. Concetti
attenzionati: idea dell’armonia, sentimento oceanico, organicismo naturalizzato. D era conosciuto
come filosofo ma anche come pedagogista. Il concetto di educazione ci serve molto, perché da
confrontare con l’Europa continentale, austriaca, modernista di Wittgenstein e Freud. D da una
parte ha educazione tradizionalista e dall’altra quella romantica, lui concepisce in modo opposto a
Freud e sulla base di questo giudicheremo qual è la posizione di Wittgenstein. Da una parte c’è idea
che edu sia coltivazione di natura, e dall’altra come conversione delle reazioni naturali. Concezioni
molto diverse. Lavoreremo sui tipi: il tipo è una prevalenza, ci dà una direzione. Da individuare
anche argomenti che non si allineano con il tipo, individuare le smagliature all’interno del tipo che
isoliamo e contrapponiamo.
[tessera sul Positivismo.
Problema del metodo. La scienza comincia a progredire e diventare importante e ingombrante. Uno
dei punti del pragmatismo che possiamo allineare alla critica dei dualismi è la critica delle
sostanzializzazioni. Cassirer aveva scritto Sostanza e funzione nel 1910 in cui veniva criticata la
sostanzializzazione di rapporti e funzioni. Tema che c’è in dewey perché l’approccio metafisico
aveva il difetto di reificare funzioni, relazioni, far diventare cose quelli che erano rapporti fra le
cose. E questa è una conquista del positivismo però; la sostituzione della funzione con la sostanza
gioca un ruolo importante nei primi decenni del 900. Anche nella politica, nel diritto.
Grande sviluppo della ricerca scientifica con grandissime conseguenze sul piano economico politico
e sociale, mentre la fisica e la matematica sistematizzano in modo matematico i fenomeni fisici.
Paradossalmente tutti gli ambiti di ricerca che fanno resistenza al processo di matematizzazione
della natura, perché troppo astratto, cioè le scienze della vita. Si produce una erta tensione tra la
filosofia e le prospettive esplicative a base scientifico sperimentale, cioè queste si contrappongono e
rivendicano il loro predominio sulla filosofia. In questo periodo il metodo filosofico comincia a
entrare in crisi. Il tutto avviene essenzialmente in Francia. Ad un certo punto si cominciano a cerca
le leggi naturali dei rapporti sociali, cioè si comincia a sollevare il problema del modo in cui i
processi in atto su piano politico economico e sociale possano essere spiegati dal punto di vista
delle cirene sperimentali, utilizzando i mezzi fisico matematici, i metodi delle scienze dure. Emerge
il problema di come possano essere scoperte le leggi dei processi sociali economici e politici.
Questo importante sia perché si tenta di fare della vita sociale l’oggetto di uno studio fisico
matematico, quindi condotto da parte delle scienze naturali, e sia perché si comincia a pensare che
la scoperta di queste leggi esatte possa portare al controllo della società, quindi a evitare tensioni
politiche spiacevoli. Periodo di nascita del socialismo. C’è questo mito, del fare della vita sociale
qualcosa che può essere studiato in modo esatto e ottenerne il controllo. Protagonista del
positivismo è Comte, il cui fine principale era quello di scoprire le leggi dell’agire umano per
costruire una filosofia della storia che indirizzasse l’agire, in una effettiva e controllata
riorganizzazione della società. Esiste una grande legge fondamentale, quella dei tre stadi teorici
dell’umanità, che si susseguono nel tempo: sistema teologico o fittizio, metafisico o astratto,
scientifico o positivo. Comte si trova nell’ultimo. Processo di demitologizzazione delle cause prime
e finali: non ci sono più sostanze causanti, l’ipostatizzazione è una personificazione di relazioni, che
viene presa per vera e non come un concetto ausiliario della scienza, è ciò che avviene attraverso
questi 3 stadi. Nel primo sistema lo spirito umano vuole raggiungere la natura intima delle cose,
affermata l’esistenza di agenti soprannaturali come cause prime e finali, Dio ad esempio. Quelle che
sono in realtà leggi ovvero relazioni fra fenomeni vengono spiegate come l’azione di una sostanza
personificata come dio che causa i fenomeni, le cause stanno dietro ai fenomeni. Nel secondo
stadio, non si parla più di dio ma di forze astratte che sono altrettante personificazioni. Nel terzo
periodo avviene la liberazione da queste personificazioni. leggi dei fenomeni: si passa alle relazioni
invarianti spesso caratterizzati quantitativamente di successione e similitudine tra i fatti. Pertanto la
filo positiva mette in chiaro che l’intelligenza umana non può giungere a spiegare le cause prime e
finali, rinuncia alla pretesa di rendere conto delle cause generatrici dei fenomeni, ci interessano
solamente le relazioni fra i fenomeni. Unico modo per evitare di essere metafisici o appartenere allo
stadio teologico. 3 compiti fondamentali: scoprire relazioni tra i fatti, sottolineare l’importanza delle
teorie scientifiche, e fare in mood che la scienza contribuisca alla riorganizzazione sociale, quindi
rifondazione di una fisica sociale. Era questo che dewey contestava. Slogan del positivismo era
spiegare per prevedere e indirizzare. La paura rivoluzionaria era quella del socialismo.
Naturalmente, questo positivismo non era propriamente empirismo, perché per i positivisti
l’empirismo era accumulazione di fatti meccanica, era una vana erudizione. La scienza positiva
supera il piano della semplice osservazione dei fatti. Positivismo sistema che mira alla limitazione
della contingenza, dell’imprevedibile, che mira alla certezza.
Tra 1893 e 1894 d si sposta a chicago, comincia il momento di naturalizzazione dell’organicismo,
egli comincia a far prevalere quelle tensioni emerse all’interno della sua concezione metafiisco
idealistica, l’idea che la psico dovesse costituire il metodo della filosofia e non la logica, comincia a
venire meno la preoccupazione che sbarazzandosi della teologia anche l’etica sarebbe venita meno.
Insomma qui D da una svolta alla propria concezione. D diventa il direttore del dipartimento di
filosofia a chicago.
Comincia a spingere sul punto di vista psicologico, che è il primo grimaldello con cui comncia a
scardinare il proprio idealismo. convinzione che l’esplorazione della natura degli oggetti è
attraverso un’analisi dell’esperienza. Il valore di una qualsiasi cosa si misura in base
all’arricchimento che questa cosa da all’esperienza.
Parallelismo fra concezioni filosofiche di d e singoli aspetti politici delle sue concezioni, soprattutto
nella concezione della democrazia. Testo del 1888 emerge l’idea che il benessere dell’individuo è il
benessere della comunità. Quanto più egli arricchisce se stesso, si autorealizza, tanto più la
comunità si arricchisce e si realizza. Per molti versi la modernità politica ha pensato che la
dimensione politica in quanto comunità debba essere caratterizzata da un contenimento
dell’elemento individuale, per avere rapporti cooperativi dobbiamo diminuire il grado del nostro
egoismo. D ricalca la strada di Mill: idea per cui tanto più l’individuo è libero tanto più la società
prospera e si arricchisce. Individuo e comunità crescono insieme in modo parallelo. I contrattualisti
non sarebbero d’accordo, elemento collettivo cancella elemento individuale. In D, questo aspetto
organico rimane: una delle parti del cerchio che si porta dietro. Fiducia che ciò che è buono per me
deve rivelarsi buono per tutti, e la prova di questo postulato era nella prova sperimentale. Cioè
quando questo viene messo in pratica. D comincia a pensare l’etica non come un corpo rigido di
regole erette con lo scopo di dirci che cosa dobbiamo fare, perché questo tipo di teoria ha due
difetti: in primo luogo è diretta a un individuo che viene pensato passivamente, cioè come se
ricevesse regole dall’esterno, e quindi il valore dell’esperienza e dell’autocorrezione viene
completamente disinnescato.
La contingenza è un elemento considerato positivamente; spontaneità ed eccellenza contro
meccanicità e passività, queste sono le contrapposizioni che D comincia a sovrascrivere alla sua
precedente metafisica idealista. La riflessione etica deve evitare uno sviluppo metafisico.
L’astrattezza consiste nell’essere imposto da un soggetto esterno a un esterno passivo, il proporre
una condotta meccanica.
Testo del 1892 in cui d utilizza il concetto dell’ideale di perfezione: si tratta di un discorso che
ritroveremo anche in witt. Abbiamo già detto che in witt c’è un’inclinazione naturale a pensare che
la purezza, la lastra di ghiaccio, senza attrito, rappresenti la condizione ideale per il nostro
movimento. E invece ci rendiamo conto che senza attrito non possiamo camminare, e rimaniamo
bloccati. Qui d. nel suo linguaggio ci dice qualcosa di simile: come un’ideale di perfezione ci
blocca, ci inibisce. Rispetto all’ideale siamo sempre frammenti, adottarlo come termine di paragone
ci paralizza perché siamo sempre manchevoli. La critica del pov metafisico sta proprio in questo:
per certi versi è come se witt usasse la metafisica in una forma di gnosticismo, di rifiuto di questo
mondo e delle sue imperfezioni in favore di un mondo puro e perfetto. Questo aspetto che D supera
e sostituisce, se ci sbarazziamo degli ideali di perfezione e delle conseguenze, la nostra
passivizzazione, meccanicizzazione, e valorizziamo l’esperienza concreta proprio nella sua
contingenza e quindi nella nostra creatività dell’affrontare la contingenza come un attrito che ci
consente il movimento, allora siamo sulla strada giusta.
[Stirner 1845: gli esiti dello sbarazzarsi delle illusioni è diverso. Son diversi i contesti. In d se noi ci
sbarazziamo di queste illusioni, in particolare dell’ideale di perfezione – che significa il ricevuto
dall’esterno, imposto da fuori, significa perfettamente determinato – un’etica è possibile nel senso
pragmatista del termine. In d tutto questo avviene come un passaggio personale tra la metafisica
idealistica al pragmatismo. Impostazione cambia completamente, mentre in nietzsche e freud i
fantasmi si ripropongono continuamente, una tentazione contro cui combattere di continuo. Anche
in witt c’è inclinazione naturale a ricorrere all’ideale della perfezione per evitare l’attrito, perché la
contingenza ci spaventa, e la nostra imperfezione ci spaventa. Diversamente, in d si tratta di chiarire
le impostazioni dell’etica ma una volta che ce ne siamo sbarazzati il punto di vista metafisico non
rappresenta più una tentazione. In witt la critica delle illusioni è un aspetto centrale]
07/10
Thomas cricker rappresentante della metafisica idealistica, influenzato da hegel, dice che la
soluzione dell’ideale di perfezione non va bene perché andrebbe a costruire un’etica che avrebbe
effetto di paralizzarci. Questa idea è vicina a stirner, nietzsche e freud? Le situazioni sono diverse.
Per witt l’etica è il lavoro della filosofia che deve fare per sottrarci alla confusione in cui il
linguaggio ci irretisce, filosofia come disincantamento. D cerca di costruire una teoria morale che ci
dica come effettivamente funziona la vita umana. La teoria morale ci aiuta a vivere moralmente ma
non ci fornisce un prontuario di regole, non è mai esterna alla vita morale. Questa è una
considerazione di metodo per d, il modo i cui dobbiamo costruire una teoria che descriva
correttamente come si svolge la vita morale. Per witt è un problema personale, che appartiene alla
nostra vita morale.
L’idea che d sviluppa nel 1888 ancora nel periodo dell’organicismo non ancora naturalizzato e
l’idea di società e individuo rimane. Alla fine l’idea che per d l’individuo è naturalmente socievole
e caratterizzato da una dimensione sociale, quest’idea greca gioca un ruolo importante. Per d
l’educazione non è una conversione, un contenimento delle reazioni naturali, ma è un raffinamento,
indirizzamento delle inclinazioni naturali. La sua idea di educazione e parallelismo individuo e
società lo rendono un autore un po’ antimoderno, perché in fondo alla filosofia deweyana c’è una
antropologia ottimistica, che sicuramente non c’è nel modernismo austriaco.
Nel 1827 d scrive un testo. L’ultimo capitolo si chiama The great community. Il concetto di
comunità ha una storia. Nel 1887 qualcuno scrive comunità e società in cui spiega che la comunità
richiama l’idea premoderna di collettività, basata su valori forti, rapporti personali, la società prima
dell’industrializzazione, dopo di essa società diventano aggregati impersonali, pluralismo quasi
disgregante di valori. Una concezione preindustriale e premoderna della società: comunità. Per d in
fondo la società deve ricalcare l’aspetto delle comunità e diventare una great community, non una
great society.
Torniamo a chicago: d comincia a naturalizzare il suo organicismo idealistico. Nel 1891 sviluppa
la tesi sul parallelismo individuo e società. Negli anni 90, d comincia a pensare alla possibilità di un
naturalismo che potesse sostenere la fiducia nel fatto che il mondo fosse favorevole agli scopi
umani, ritorno alla concentricità  antropologia ottimistica. Naturalmente d è un positivista per
molti aspetti perché apprezza la desostanzializzazione, il fatto che positivismo abbia smesso di
reificare relazioni, cioè la relazione fra due cose era intesa come una cosa che stava dietro le due
cose per l’epoca teologica e metafisica. Questo aspetto di demitologicizzazione riguarda il metodo
in D. Non accetta invece il pensare di poter costruire un’etica basata sulle leggi della natura fisica,
la commistione tra etica e natura, perché rifiuta questa possibilità. Il naturalismo che ora sta
abbracciando dovrà avere le caratteristiche positive del positivismo e non quelle negative.
Sicuramente D ritorna a James, che aveva denunciato la diffusione perniciosa dell’hegelismo, e che
comincia a dare una interpretazione funzionale della conoscenza. Questo significa che la
conoscenza non ha una funzione contemplativa, la mente scriveva james, è un soldato che serve per
raggiungere scopi. La coscienza non è indifferente ne passiva ma infusa dal sentimento e coinvolta
in azione che mira al fine. Il sé è costituito da attività e cerca di organizzarsi in forme definite per
portare avanti il proprio benessere. Primo aspetto è l’idea per cui la conoscenza non contempla, non
scopre le leggi dell’universo, non dissotterra leggi, ma inventa fini, persegue scopi, volti
all’incremento del proprio benessere. Quindi c’è questo concetto di esperienza, verità, conoscenza,
completamente ripensati. Esperienza non è costituita esclusivamente dalla conoscenza anzi ne è
solo una parte. L’esperienza consiste in un’attività, in un processo, e la verità non è più
corrispondenza proposizione-stato di cose, il fatto che l’idea sia vera quando corrisponde a qualcosa
di esistente, che già esiste, concezione che viene ripensata. Le tre tappe della naturalizzazione
dell’organicismo consistono in un ripensamento di questi tre concetti: conoscenza, esperienza,
verità. Quindi non troveremo più gli stessi termini del linguaggio hegeliano; cerca di sfilarsi senza
abbandonare gli impegni che lo avevano reso un idealista. Per criticare i dualismi non ha più
bisogno di pensare ad una coscienza assoluta, di ricorrere all’assoluto. E invece pensa mediante il
naturalismo il carattere organico dell’esperienza. Questa critica dei dualismi e in particolare
l’inservibilità dell’idealismo come strumento per criticare i dualismi, era un punto che era stato
sostenuto anche da Heidegger, ci sono aspetti di heidegger e pragmatismo che si sovrappongono.
Heid, fino agli anni 30: la vita era stata svuotata, inaridita, da categorie conoscitive. Per heid
riportare alla vita la nostra comprensione della vita, di restituire dinamicità ad una vita che era stata
compresa con categorie conoscitive, in particolare in base al concetto, al sapere, e la coscienza
assoluta dell’hegelismo non era altro che il sapere, diventare consapevoli. Heid un po’ come il
pragmatismo cercò di sgretolare questo primato della conoscenza, per ridare fluidità alla vita.
Scontro del 29 cassirer e heid!!! Altro esempio è quello che riguarda l’idea di fornire una
descrizione filosofica della vita che non ne obliterasse la ricchezza. E questo punto riguarda anche
quei dualismi che heid contesta (par. 43 di essere e tempo), il mondo esterno fa parte dell’esserci il
suo essere nel mondo, non c’è bisogno di dimostrare la realtà delle nostre categorie soggettive. Heid
si domanda: il prob non è quello di dimostrare come sussista il mondo esterno, ma come l’essere ha
la tentazione di relegare nel nulla il mondo esterno, c’è una qualche inclinazione a distrugger eil
mondo per poi dimostrarlo sussistente. Questo è un problema che witt si porrà, tema legato anche
alla purificazione. Quello che ora fa dewey è rispondere a quest’esigenza. L’organicismo ora
diventa il nome sotto cui lui cerca di rendere questo carattere continuo dell’esperienza, come heid
sentiva il bisogno di descrivere l’esperienza come un’unità organica, con i mezzi del naturalismo,
negli istinti, nelle abitudini. Nella descrizione dell’esperienza d fa prevalere l’elemento della
continuità. Valorizzazione che il pragmatismo fa dell’azione non ha nulla di risoluto, non è una
enfasi sull’agire invece che sul pensare, ma viene da tutto questo processo, dal fatto che la vita è
innanzitutto azione e in un secondo momento conoscenza, perché in un primo momento la
conoscenza è azione. Naturalmente il pensiero viene interpretato naturalisticamente, come prodotto
dell’evoluzione. Solo l’uomo è in grado di riflettere sui suoi impulsi. Naturalizzazione
dell’organicismo significa che a D interessa la posta in gioco dell’idealismo, che aveva intuito il
carattere organico dell’esperienza, però aveva inteso l’esperienza in base alle categorie conoscitive,
al sapere. Per restituire il carattere fluido all’esperienza d mette in primo piano l’azione, in secondo
la conoscenza, e interpreta la conoscenza come una forma di azione, e la chiama riflessione. La
riflessione è ciò che ha sollevato l’essere umano dalla sua adesività ai bisogni naturali.
Continua a pensare che non ci siano fini iscritti nella natura, ma la natura fa nascere il tipo di essere
che stabilisce fini per l’azione. Saggio di lijoi: l’idea di d è che gli esseri umani non abbiano a
disposizione una serie di fini precostituiti in anticipo, prima dell’azione. I fini sono qualcosa che
non può essere anticipato. Non esistono fini che precedono l’azione, si costruiscono mediante
l’azione. Carattere antiessenzialistico del pragmatismo. Non esistono fini oggettivi, esistono fini
cooperativamente soggettivi, che vengono inventati e valutati nelle loro conseguenze. Altro
concetto fondamentale del pragmatismo, la conseguenza: la valorizzazione delle cons significa
critica delle anticipazioni, non possiamo costruire un’immagine della realtà e proiettarla sulla realtà,
senza che la verità di questa immagine venga valutata in base alle conseguenze del fine che c siamo
propositi. È anche una critica alla metafisica, contro immagine astratta e precostituita dell’essere
umano e dei suoi fini. In fondo anche una critica dell’hegelismo. Nietzsche dice che bisogna
bloccare il germoglio metafisico dell’origine, l’idea che vi sia un’origine che srotola i significati fin
dall’inizio contenuti in essa. Non c’è un’essenza che si particolarizza, non c’è un’origine che si
srotola come nella filosofia della storia di hegel, ma ci sono fini formati creativamente e valutati in
base alle loro conseguenze.
Altro tema: l’educazione. Nel 1894 d comincia a dedicarsi al concetto di educazione. Modo di
mettere alla prova la sua filosofica, il carattere sperimentale del suo pragmatismo. 1896 inaugura
una scuola laboratorio e ipotesi testate erano quelle della psico funzionale e dell’etica democratica.
Concezione del bambino che c’è dietro? Non c’è differenza nelle dinamiche dell’esperienza fra
bambini e adulti, identità nel modo di far esperienza della realtà. Entrambi sono esseri attivi, che
imparano confrontando le situazioni problematiche nel corso delle attività che coinvolgono i loro
interessi. Dice questo perché in entrambi i casi altre scuole hanno sostenuto che bamb e ad
imparano in modo diverso, che l’adulto è un individuo attivo e il bambino passivo. D aggiunge che
per entrambi il pensiero è lo strumento per risolvere. La conoscenza è sempre l’accumulo di una
saggezza pratica risultato delle situazioni problematiche. Prima tesi che d critica è il fatto che un
buon bambino non è attivo ma docile, che si sottometta a qualsiasi contenuto presentato
dall’esterno. Idea del bambino come tabula rasa, che deve consentire l’iscrizione di contenuti
dall’esterno. Emerge che l’educazione per d non è la correzione di inclinazioni naturali ma il loro
indirizzamento. L’afferrare queste attività per dare loro un senso, e sicuramente il bamb non è
passivo. Porta con sé 4 impulsi basilari, a comunicare a costruire a chiedere e ad esprimere in
maniera più raffinata. Queste sono il capitale su cui investire. D si esprimeva contro due obiettivi: i
tradizionalisti, che sono coloro che mettevano al centro il programma di studio e consideravano il
bambino docile e duttile, l’insegnante doveva semplicemente mettere le conoscenze dentro.
Educazione romantica come caotica, anarchica. Diversamente, i tradizionalisti venivano accusati
dai romantici di sopprimere l’individualità dei bambini. Spontaneità romantica e ducilità
tradizionale: d propone una ipotesi che costituisca un’alternativa al dualismo. Il paradigma
freudiano-wittgensteiniano, l’ambiente modernista austriaco, vuole che l’età adulto è un
superamento dell’infanzia e he la nevrosi costituisca una regressione all’infanzia. Questa parte
tradizionalista assomiglia all’idea che freud aveva del passaggio dall’infanzia all’età adulta, con
differenze ovviamente. D non è ne tradizionalista ne romantico: prob dei romantici è che il bambino
va bene così com’è, infanzia per loro è spontaneità, genuinità, l’età adulta corrompe. In d il
paradigma è quello di una coltivazione della natura: non accettazione immediata della natura, elogio
dell’immediatezza, ma significa coltivazione, raffinamento, ma non contenimento o correzione
[Piccola digressione: oggi viene discusso all’università il modo in cui i docenti devono insegnare. I
docenti fanno dei corsi in cui viene loro detto che devono utilizzare la metodologia di dewey, non
learning by listening ma learning by doing. Bisogna coinvolgere, sviluppare le inclinazioni. E
questo porta ad una forte pressione per modificare il modo in cui si fa lezione. Ma d all’uni faceva
lezioni frontali].
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Tradizionalisti (vedono negli altri caos e anarchia) contro riformatori romantici. Dewey critica
questo dualismo. Tradizionalisti criticati perché ha reso odioso il confronto tra immaturità del
bambino e maturità dell’adulto (tipo Freud), critica i romantici perché consideravano gli impulsi
come immediatamente significativi, non c’era alcun bisogno di lavorare su questi impulsi. Da una
parte i trad reprimevano l’infanzia gli altri la lasciavano così. Per d la natura va coltivata, non farla
esprimere immediatamente né convertirla o sovvertirla.
Critica l’utilizzo di mezzi educativi individualistici, accusa la scuola di atrofizzare gli impulsi
sociali. Lo spirito sociale era sostituito da motivi e standard individualistici come la paura la rivalità
e i giudizi. Nel 1904 la sua scuola fallisce, si dimette dall’università e inizia a insegnare alla
Columbia. L’insegnamento alla columbia è il momento in cui chiama pragmatismo la sua critica
dell’idealismo. il primo uso del termine riferito a una dottrina filosofica viene fatto da James in un
discorso del 1898, ma james attribuisce il termine a Pearce nel 78, che aveva usato in un altro
saggio, termine poi riutilizzato da james nel 1907. Storia del pragmatismo si trova in The
development of american pragmatism del 1925 di dewey. 3 nozioni fondamentali che ci fanno
misurare la distanza tra prag e altre concezioni come l’idealismo. 3 concetti che son il concetto di
esperienza, di verità e di conoscenza
- Concetto di esperienza: criticata nel senso che non è una faccenda della conoscenza ma
riguarda il rapporto tra un essere vivente e il suo ambiente fisico e sociale, in cui l’essere
umano non è uno spettatore ma un agente paziente, che agisce, che soffre che gioisce.
Alcuni punti del prag toccano con la fenomenologia heideggeriana. Heid critica il concetto
hegeliano di esperienza perché la coscienza nello svelamento della coscienza come sapere di
se stessa diventa insufficiente perché il sapere cristallizza un’esperienza che non è
innanzitutto conoscenza, innanzitutto sapere. E su questo punto, esempio del gesso e della
lavagna, non pensiamo a qualità primarie e poi secondarie, ma incontriamo un utilizzabile,
qualcosa che andremo a utilizzare per scrivere. Il nostro incontro con l’oggetto non ha a che
fare immediatamente con l’analisi degli elementi fisico reali degli oggetti, ma ha a che fare
con la nostra vita quotidiana. Questo un po’ il senso della riscrittura del concetto di
esperienza che fa dewey. Critica innanzitutto della concezione spettatoriale del mondo,
contemplativa. Non si tratta di contemplare ma di agire, patire, soffrire ecc. Interessante
anche che si nutre della biologia evoluzionista che prima aveva criticato: d concepisce
essere umano come in una costante interazione con il proprio ambiente fisico e sociale. La
dimostrazione di questo concetto di esp era stato fornito dalla biologia evoluzionista che
aveva stabilito che l’esp era un processo di interazione uomo ambiente. Esperienza si tratta
in primo luogo di un processo di patimento, arresto, sofferenza e affetto. Quella concezione
darwiniana che d aveva criticato viene invece recuperata. Da sottolineare il concetto di
adattamento, adjustement: è centrale, più di un interprete ha messo a confronto d come
filosofo dell’adattamento e come filosofo del conflitto. questo concetto è interessante perché
per d l’adatt non è un concetto passivo, non si tratta di patire passivamente i cambiamenti
dell’ambiente fisico e sociale ma si tratta di subirli dando loro una direzione. Entrambe le
parti agiscono e subiscono; l’ambiente agisce sugli individui che subiscono e agiscono
cambiando l’ambiente. Questo è un processo che rotola continuamente. Già ora si capisce
che in qualche modo l’adattamento reciproco individuo ambiente è un processo circolare che
funziona. Colui che patisce non è un mero recettore, è un reagente, a reactor, che da una
parte trae esperimento dall’altra subisce in una maniera che può influenzare ancora cò che
può avvenire. Dimensione del futuro importante: fut del prag riguarda la dimensione del
progetto, operare che ipotizza trasformazioni mediante esp che hanno successo o vengono
ritentati. Enfasi sul concetto di futuro non è enfasi sull’anticipazione. La valorizzazione
delle conseguenze è anche una critica delle anticipazioni. Il vivere nel futuro non ha nulla a
che fare con l’anticipazione che invece il pragmatismo condanna quando significa
prescindere dalla valutazione delle conseguenze delle nostre azioni. Una delle caratteristiche
fondamentali del prag la critica dell’idea secondo qui esistono valori, fini disponibili a
priori, perfettamente delineati che aspettano solo di essere scoperti. Il prag valorizza
l’ambito dell’invenzione, su quello della scoperta. Elemento dell’invenzione e
dell’incertezza, della contingenza, sono caratteristiche essenziali del pragmatismo.
L’adattamento è un processo sempre in atto che richiede un occhio verso il futuro.
- Ruolo della conoscenza: non contemplativa ma critica, non costituisce l’interezza
dell’esperienza umana. La conoscenza è una funzione mediatrice capace di fare in modo che
i nostri giudizi guidino le nostre azioni ed è capace di trasformare situa problematiche in
esperienze non problematiche in corso. Ritroviamo il concetto di conoscenza come
riflessione già accennato, conoscenza come strumento critico che aiuta l’adattamento
umano. Quando l’adattamento non funziona più, cioè incontrando una situazione
problematica che non siamo in grado di risolvere con gli strumenti precedenti, allora la
riflessione ci consente di sollevarci dal comportamento precedente non cristallizzandolo, e
inducendoci a ricostruire, a rivedere i nostri giudizi e ottenere un adattamento più
funzionale. Quindi lo scopo dell’azione umana è l’adattamento che funziona, l’esperimento
che ha successo è quello che ci permette di superare le crisi di disadattamento, di
riallineamento, che riguardano pezzi di esp. Adatt che ha successo riposa in grande misura
su una indagine effettiva, reale. riflessione di fronte a un blocco  crisi delle pratiche.
[La vera crisi a cui risponde il pragmatismo è una crisi metafilosofica: d richiamerà come
necessario un cambiamento nella concezione della filosofia, in witt la filosofia diventa un modo
per affrontare una crisi personale e permanente che riguarda il concetto di esperienza e del sé in
quanto tale]
- Concetto di verità: critica della verità come corrispondenza proposizione-stato di cose. D
dice che Le idee non sono vere quando corrispondono alla realtà; la sua verità non consiste
nella sua descrizione della realtà (critica alla concezione spettatoriale della conoscenza e
quindi della verità). Verità del giudizio non consiste nella sua abilità di muoversi
nell’esperienza. Non consiste neanche nella coerenza con altre verità. E la sua capacità di
guidare gli individui verso una risoluzione che ha successo o soddisfacente delle situazioni
problematiche. La verità non è qualcosa che si scopre, che viene dissotterrata, ma p qualcosa
che si realizza attraverso un processo tramite cui la verità viene verificata, sperimentalmente
la capacità di una certa idea di farci muovere nell’esperienza in modo soddisfacente. D è un
antiessenzialista: non ci sono fini morali precostituiti che la nostra conoscenza< di consente
di dissotterrare e ci obbliga a seguire concezione normativa dei fini morali come doveri e
conoscenza che dissotterra vanno nella stessa direzione. La direzione di d. è quella
dell’invenzione di nuovi fini, non arbitraria, processi di adattamento che vengono verificati
cooperativamente (elemento anche democratico in d), processi di riallineamento,
miglioramento interazione individuo ambiente. Si parlerà anche di concezione transazionale
della verità: il senso di questi tre termini sta nella transazione tra le due dimensioni. Le idee
non funzionano perché sono vere. Questione di transazione cooperativa e democratica.
In Short catechism concerning truth D. dice: una riflessione è vera quando funziona, rimuove le
oscurità, mette gli individua in posizioni meno dogmatiche quando allinea il metodo scientifico con
il metodo filosofico. Freud lo definisce come un certo atteggiamento nei confronti della realtà.
Stessa cosa dice d. il metodo sperimentale della scienza quello a cui la filosofia si deve allineare,
compiendo quella modifica epistemologica di paradigma. Non va più bene il modello della filosofia
prima aristotelica, ma dobbiamo modificare quel modello e allinearlo con il modello sperimentale
della scienza. In questo senso il pragmatismo è una prospettiva rustica, casalinga, perché preferisce
le verità incerte che sono il prodotto dell’indagine umana alla grandiosità delle vertà metafisiche.
Rinuncia alle verità assolute che non siano le procedure della scienza che sono sempre revisionabili.
Altre due opere importanti: Ethics del 1908 prima edizione che scrive con taft collega di chicago e
human nature and contact del 1922 in cui c’è un confronto fra dewey e freud, freud non viene mai
nominato. Rifrin nel 1959 Freud the mind of the moralist dedica una arte ala critica implicita di
dewey.
Ethics: teoria etica si divide in logica del giudizio morale, studio psicologico della condotta umana
mediante la psicologia funzionale, e naturalizzazione dell’etica idealista dell’autorealizzazione, cioè
quell’etica del 1888 che verrà naturalizzata ma non verrà mai dismessa, rigettata. L’azione morale è
una forma di azione volontaria che si distingue dalla condotta non morale. In una situazione morale
il prob è la scelta fra valori concorrenti, determinare cosa è veramente di valore. Qui d si esprime
con una critica dualistica: la psico funzionale non spezzetta l’individuo, ma lo interpreta nei termini
di un funzionamento integrale elle sue parti, lo scopo di d è fornirci una rappresentazione integrata
della vita morale dell’individuo, sia utilitarismo che kantismo sono due estremizzazioni che vanno
criticate. Per l’utilitarismo l’oggetto delle condotte morali sono le conseguenze, per il kantismo
l’intenzione. D critica queste due unilateralità dicendo che l’integrità della morale è distrutta da due
parti non collegate che in realtà sono collegate, parte esterna della motivazione e interna della
conseguenza. Per d non è ne solo una conseguenza ne intenzione, ma un risultato previsto e
desiderato. Questa integrazione di interno ed esterno si riassume nella nozione di carattere. Il
carattere della gente è l’oggetto del giudizio morale, è la disposizione di una persona quale si
manifesta nelle tendenze che causano delle conseguenze da valutare considerare prevedere e
desiderare. Integrazione di intenzione e conseguenza fa dell’oggetto del giudizio morale fa il
risultato di un risultato previsto, il carattere. Qual è il criterio secondo cui giudicare l’oggetto della
morale, il carattere? Non è la felicità, perché per d la felicità non è una condizione calcolabile, come
voleva l’utilitarismo di bentham (non qualitativo di mill che è più complesso e più vicino a dewey).
Per felicità bisogna intendere l’armonia, il rafforzamento e l’espansione del carattere perché questi
sono i segni di una condotta e quindi di un carattere morale. Armonia rafforzamento espansione
significa che la vera felicità si trova nei fini armoniosi e che estende questi ultimi in un insieme
cooperativo. Il carattere di un individuo morale quando mediante la riflessione pone se stesso in una
relazione più sperimentale, meno dogmatica, meno scettica con la vita, e quindi estende le proprie
capacità alla comunità e alla cooperazione. Non possiamo separare l’idea di noi stessi e del nostro
bene dalla nostra idea degli altri e del loro bene. dato che il se trova il proprio bene nel bene degli
altri, un atto che danneggia me danneggia anche gli altri. Atto egoista non pone il bene del se contro
il bene degli altri, ma pone il se contro se stesso. Se non faccio il bene degli altri sono innanzitutto
un agente contro se stesso, appunto perché fare del bene a sé significa fare del bene agli altri
necessariamente. Pertanto la persona morale è quella in cui è formata l’abitudine di guardare alla
abitudini del sé dal punto di vista sociale. Questo il concetto di carattere morale. Termini chiave:
unificazione del sé, interezza, ricchezza, crescita. Questo ideale del sé come ricco armonico e in
crescita ha un corrispettivo ideale sociale nella democrazia morale, che è un macrocosmo del
criterio etico che guida l’azione morale individuale. La buona società come il buon sé è un tutto
diverso ma armonioso, crescente ma unificato. Il buon agente morale è necessariamente un buon
democratico. Nell’Etica del 1932 d conferma questa prospettiva integrata del sé, l’idea che il
carattere, il criterio sia un concetto di felicità che però è inteso come rafforzamento e espansione del
carattere, ala capacità di trovarsi in relazioni il più sperimentali e meno dogmatiche possibile con gli
altri. Guardare al proprio se dal pov sociale perché queste due dimensioni sociale e individuale non
sono in contrasto. Quindi un carattere è morale quando soddisfa questo tipo di comportamento.
Human nature and conduct del 1922: tornato dalla cina scrive questo testo che riguarda il problema
natura-cultura. Mentre per freud la pulsione (drive) è qualcosa che si oppone alla società ovvero alla
cultura. La natura è contro la cultura, essa è coercizione della natura. evidente che le pulsioni siano
riottose a essere addomesticate alla vita sociale in freud, sono egoistiche, in dewey questo non
avviene: la natura e la cultura sono allineate e la cultura è una coltivazione della natura. gli impulsi
sono plastici e flessibili, organizzabili dall’educazione in abitudini e teoricamente non c’è limite
all’educabilità.

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