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La Monadologia di Leibniz.

Lezioni tenute dal Prof. Kurt Appel presso l’Università degli studi di Perugia.

I lezione del 21 febbraio 2022.

1. Perché tornare alla Monadologia?

La Monadologia di Leibniz è un libro moderno, oltre che per il contenuto, anche per la sua
struttura: il testo infatti è molto breve. Ci sono due libri della storia della filosofia che sono famosi
anche a ragione della loro brevità: il Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein e la
Monadologia di Leibniz.

In questo testo Leibniz è riuscito a sintetizzare il contenuto della storia della filosofia, dalle origini
sino alla sua contemporaneità, cercando di collegare la tradizione aristotelica, dunque antica, e la
tradizione cartesiana. Leibniz nella sua vita ha sempre cercato di collegare tutto: voleva essere un
conciliatore, non solo per quanto riguarda la tradizione filosofica, ma anche in relazione ad un
possibile accordo tra la tradizione europea e quella orientale, così come intendeva ritrovare un’unità
tra le religioni cristiane.

Per quanto riguarda il tentativo di conciliazione in ambito filosofico, è bene sottolineare come a
partire da Cartesio si era generata quella scissione tra res cogitans e res extensa: come creare una
mediazione tra le due sfere? Questa scissione aveva generato diverse aporie in Cartesio.
- Una di queste aporie è relativa alla posizione che l’essere vivente assume all’interno del
dualismo cartesiano. Cos’è il gatto, ad esempio, in Cartesio? È giusto considerarlo al pari di
una macchina?
- Un’ulteriore aporia ereditata dalla suddivisione del reale in res cogitans e res extensa è
quella espressa dal pensiero dell’Occasionalismo di Arnold Geulincx: vi è una certa
tradizione legata a Cartesio (che è stata ingiustamente collegata a Leibniz) che afferma che
non vi è alcuna corrispondenza tra la volontà umana e l’effetto che questa volontà produce
sui corpi: secondo questa visione se io voglio alzare la mano la mia volontà di compiere
l’azione non è direttamente collegata all’effetto, alla mano che si alza, ma rappresenta
l’occasione affinché Dio intervenga con la sua volontà nel farmi compiere l’azione.

Dunque scegliere di ritornare alla Monadologia è importante per poter affrontare queste tematiche
fondamentali della storia della filosofia, ma il testo presenta ulteriori spunti che hanno un impatto
molto importante rispetto alla nostra contemporaneità. Un primo aspetto riguarda l’influenza che
Leibniz ha avuto verso i filosofi successivi. Ad esempio Bruno Liebrucks nota come in Martin
Heidegger e nel suo concetto di essere-nel-mondo riemerga la monade di Leibniz. Si pensi anche a
Gilles Deleuze e l’influenza leibniziana testimoniata dal testo La piega. Leibniz e il barocco.

Vi sono anche diverse tematiche sviluppate nella Monadologia che tornano nella nostra
contemporaneità: il rapporto tra natura e spirito, tra soggetto e oggetto, tra coscienza ed essere, ma
anche la questione della libertà.

2. Le lettere e la Teodicea di Leibniz. La libertà.

Per quanto riguarda il lascito leibniziano bisogna osservare come egli sia vissuto in un tempo dove
le figure accademiche non erano obbligate scrivere per motivi legati alla propria carriera. Leibniz ha
scritto tanto, non saggi ma lettere. La situazione nel nostro tempo presente è invece molto
differente, tanto che per gli storici il lavoro di ricostruzione delle fonti diviene sempre più
difficoltoso a causa dell’elevatissima quantità di informazioni e documenti che vengono prodotti.
Come si è detto, Leibniz non era una persona di conflitto ma di conciliazione. Questo aspetto
traspare anche dall’epistolario del filosofo: quando egli scriveva cercava di mettersi allo stesso
livello delle persone a cui si rivolgeva, cercando di conciliare il pensiero dell’altro, seppur non del
tutto corretto, al proprio. Questo aspetto ha fatto sì che oggi non si distingua a volte nell’epistolario
quale sia l’autentico pensiero del filosofo e quando invece inizi il tentativo di conciliazione, di
mediazione, di didattica.

Uno dei testi cruciali di Leibniz è la Teodicea. La parola stessa è divenuta molto famosa (essa è
composta dalle parole greche Dike=giustizia e Theos= Dio). La domanda di fondo del testo è
relativa alla possibilità di pensare ad un Dio buono e giusto che si confronta col male del mondo.
Questo libro è stato scritto contro Pierre Bayle, il quale svaluta la razionalità dell’uomo che non può
raggiungere Dio e non può spiegare il mondo. Il ruolo della ragione in Bayle è volto alla sola
spiegazione della scienza, ma le cose che hanno un impatto esistenziale non possono essere da essa
spiegate.
Leibniz si è opposto a questa visione poiché la libertà, secondo la visione proposta da Bayle, non
sarebbe più razionale ma diverrebbe senza responsabilità, senza argomento.

Per evidenziare l’importanza dell’argomento basti pensare al grande filosofo Hegel, il quale ha
definito la modernità non come progresso della libertà, ma come coscienza di essa. Oggi il grande
racconto è tendenzialmente letto secondo una visione di tipo fisicalista e non ammette in genere la
questione della libertà.
Hegel sottolinea come la ricerca della libertà rappresenti l’essenza dell’epoca moderna. La
modernità è l’epoca della coscienza della libertà mentre la post-modernità è l’epoca in cui questa
attenzione verso la libertà viene meno.

Leibniz è forse stato il primo filosofo che con più o meno successo ha posto la dovuta attenzione al
tema della libertà. Nelle riflessioni di Baruch Spinoza, filosofo che precede a Leibniz, non si ha
invece la stessa visione sul tema della libertà. In Spinoza tutto è integrato nell’assoluto dove
necessità e libertà coincidono. La filosofia spinoziana, al pari di quella leibniziana, cerca di
ritrovare una conciliazione di res cogitans e res extensa, quelle due sfere che nel filosofare
cartesiano non ritrovavano alcuna definitiva riconciliazione.
Un’ulteriore considerazione della questione è data dal pensiero di Pierre Gassendi secondo cui si
può ridurre la res cogitans e a res extensa.
Nel pensiero di Cartesio e in quello di Gassendi non vi è una riflessione sviluppata sulla questione
del male.

La Teodicea è un libro che ha un impatto sulla questione della concretezza della libertà. Vi è il tema
del migliore dei mondi possibili che è ancora oggi attuale.
Tra 800’ e 900’ si diffonde il sospetto in pensatori come Friedrich Nietzsche, Fëdor Dostoevskij,
Georg Büchner che il nostro non sia il migliore dei mondi possibili.
Dunque si comprende come queste riflessioni di Leibniz siano ora ancora attuali, poiché ritornano
costantemente.

La domanda sulla teodicea è la domanda sulla possibilità della libertà: il mondo migliore possibile è
quello che è legato alla ragion sufficiente. Questo aspetto ci conduce al discorso da fare su Dio.
Nella modernità e post-modernità cade la figura di Dio come ragion sufficiente (Robert Musil parla
di una ragione non-sufficiente).
Dimostrare che la necessità di Dio vada d’accordo con la libertà dell’uomo, questa è la sfida di
Leibniz.
3. La Monadologia.

Il testo che fornisce una sintesi filosofica della Teodicea è la Monadologia, unitariamente a I
principi razionali della natura e della grazia. Leibniz scrive la Monadologia su richiesta dei suoi
amici. Scrive in francese ma non pubblica la sua opera, che verrà pubblicata successivamente in
tedesco e poi in latino (e solo successivamente verrà pubblicata la versione francese).
Leibniz è nato nel 1646 ed è morto 1716. La Monadologia è stata scritta due anni prima della sua
morte: non rappresenta pertanto un’introduzione alla filosofia leibniziana ma una sua sintesi.

Commento del punto 1:


«1. La monade qui in questione è una sostanza semplice che entra nelle cose composte; semplice,
cioè senza parti»1.
La parola monade ha la radice monas: unità. E questa unità è semplice, ovvero senza parti. Secondo
la visione dell’atomismo l’unità minima era l’atomo mentre per la concezione dell’aristotelismo
l’unità di significato, che collega i fenomeni, è il logos. Il nostro mondo è costituito da atomi o da
logoi (unità di significato)?
La monas è una entità che non consiste di particelle.
Differenza tra Aristotele e Leibniz (nel suo recupero cartesiano): per Leibniz c’è un solo logos, e
questo è il soggetto come unità e insieme. Dunque dobbiamo pensare il mondo in relazione al
soggetto. Il nostro mondo non è oggettuale ma soggettuale.

II lezione su Leibniz del 22 febbraio 2022.

1. Riassunto delle posizioni filosofiche successive a Cartesio.

- Collegamento della volontà di Dio con le azioni del mondo (scuola cartesiana che sfocia
nell’Occasionalismo).
- La scuola spinoziana cancella ogni realtà del finito (libertà come necessità della sostanza).
- Gassendi (materialismo).
- Empirismo di Thomas Hobbes (criticato da Leibniz nella Teodicea).

2. Centralità e attualità di Leibniz.

1) Leibniz è importante perché pone un collegamento tra la filosofia classica e quella moderna.
Alcune considerazioni importanti della filosofia contemporanea su Leibniz sono racchiuse nelle
riflessioni di Gilles Deleuze, Martin Heidegger e in quelle di Ernst Cassirer.

2) Leibniz dischiude un pensiero della libertà che deve essere pensata:

- Nella relazione tra l’essere umano e la natura: siamo determinati o non siamo determinati
dalla fisica?
- Nella problematica della conciliazione tra la libertà divina e la libertà dell’uomo.

3) Questione del pensiero ecologico di Leibniz: egli vede il mondo come grande organismo.
Quando permane la differenza tra res cogitans e res extensa tutto ciò che è esteso non ha valenza,
1
G.W. Leibniz, Monadologia, tr. it. a cura di S. Cariati, Bompiani, Milano 2017, p. 61.
tutto diviene macchina. Oggi manca una riflessione che porti ad una concezione di indipendenza del
valore della natura. A causa di ciò noi proiettiamo noi stessi nella natura, anteponendoci ad essa.
Sotto questo filtro soggettivo dell’uomo viene meno ogni possibilità di riconoscere la validità degli
altri esseri viventi.

4) Un’ulteriore questione riguarda la teodicea: la libertà ed il male in Dio.

3. Questioni della Monadologia.

1) Questione della libertà e della necessità nella generazione e origine del male.
2) Questione dell’indivisibilità, dell’unità, dell’infinitoh, del continuo.

La seconda questione è quella che viene indicata come quella filosofica. Per Leibniz è fondamentale
l’unità dell’io. Questione della responsabilità delle proprie azioni: non posso uccidere il mio vicino
oggi e dire domani che è stato l’io di ieri a compiere l’atto. Se perdessimo a causa di un incidente la
memoria la nostra coscienza sarebbe costretta ad integrare questo fatto in un’identità e in una
continuità. C’è in definitiva una continuità nella coscienza: l’io è unità e l’unità è l’io. Questa unità
è detta da Leibniz Monade, dalla parola monas.

4. La monade.

Il primo punto della Monadologia, precedentemente citato, porta una critica fortissima all’atomismo
il quale vede il mondo come composto da particelle (oggi non è la fisica ma un certo fisicalismo che
la intende così). Leibniz si riferisce all’aristotelismo, ma anche alla Bibbia. Per queste correnti il
mondo non è composto da atomi ma da logoi che non consistono di parti ma sono unità, insiemi.
Per Leibniz il tutto è la somma delle parti più il tutto, si chiarirà meglio successivamente cosa si
intende con ciò. È necessario che vi siano sostanze semplici perché ci siano sostanze composte,
intese come aggregato di semplici. Bisogna porre attenzione a questa riflessione per evitare di
incorrere in un errore: il composto è sempre un aggregato ma non nel senso di fare una somma di
semplici. Bisogna considerare la questione dell’appartenenza al semplice. Queste monadi semplici
sono indivisibili. Con Leibniz inizia una trasformazione dell’aristotelismo in riferimento alla
filosofia di Cartesio. Cartesio rende celebre la figura del soggetto come portatore del mondo: il
mondo non è oggettuale ma soggettuale (non soggettivo, nel senso di relativo, che indicherebbe
l’opinione personale. Col soggettuale si intende che il fondamento del mondo ha sempre una
dimensione cartesianamente soggettiva, come categoria filosofica, che ha valenza universale). Noi
quotidianamente pensiamo il mondo come oggetto. Ma questo pensiero ha dei limiti: questo modo
di vedere il mondo non ne riconosce l’autonomia ma lo sottopone sotto il dominio del soggetto.
Identificare qualcosa come oggetto e dare di esso delle definizioni significa porre dei limiti.

Commento del punto 2:


«Ed è necessario che ci siano sostanze semplici, poiché esistono appunto delle cose composte: il
Composto, infatti, è un ammasso o aggregatum di Semplici»2.
Monadi come sostanze semplici (l’io ad esempio è una sostanza semplice) si distinguono da quelle
composte: queste devono essere intese come modo di percepire una pluralità. Nella pluralità è
possibile percepire la differenza, ogni cosa si differenzia, e nella differenza si nasconde la cosa
semplice.
Leibniz ha avuto una grande conoscenza della filosofia antica che lo ha portato ad un atteggiamento
di apertura verso la natura. Nella stessa concezione della creazione la creatura non si identifica
2
Ibidem.
pienamente solo con l’essere umano: il mondo creato per Leibniz riceve un’importanza particolare
(si pensi al collegamento tra Cartesio e Aristotele, ma anche alla tradizione di Agostino e a quella
biblica).
La monade coincide con l’io che è continuità: il buono per Leibniz è dato dalla complessità, dalla
molteplicità della cosa.

Commento dei punti 4 e 5:


«Perciò non bisogna temere che una sostanza semplice si dissolva: è anzi del tutto impensabile che
possa perire per via naturale. / Per la stessa ragione è pure impensabile che una sostanza abbia un
inizio per via naturale: essa, infatti, non potrebbe formarsi mediante composizione.» 3.
Leibniz ci dice che la monade non può sparire, non si dissolve e non può avere inizio. Un filosofo
del XX secolo, Edmund Husserl, era d’accordo con Leibniz su questa visione. Husserl ha inventato
un termine tedesco Zeitigung (temporalizzazione), diverso da Zeitigen (temporalizzare). La
riflessione husserliana vuole verificare dove finisce la possibilità di matematizzare il mondo. Egli
infatti era matematico di spicco e poi è divenuto filosofo con la sua fenomenologia.
Per Leibniz la monade non è sotto il tempo ma si temporalizza. Leibniz ha rifiutato la concezione
spazio-temporale di Newton. Per Leibniz non esistono uno spazio ed un tempo che siano
indipendenti dalla monade. In questa concezione, Leibniz è molto anti-cartesiano. In Cartesio dove
la res extensa ha la propria indipendenza dalla res cogitans, cosa che non viene ammessa da
Leibniz. Per Leibniz il nostro mondo è un mondo di prospettive e ogni monade ha la sua
prospettiva.

4. La relazione.

Nel punto 7 Leibniz afferma: «Le monadi non hanno finestre, attraverso le quali qualcosa possa
entrare o uscire»4. Si ha spesso interpretato questo passo di Leibniz in tal senso: che ognuno è una
monade indipendente, quindi non importa, in tale contesto, dell’alterità. In realtà per Leibniz la
monade è pura relazione, dunque questa interpretazione è sbagliata, quella secondo cui nulla
dall’esterno può entrare nella monade perché tutto ciò che rispetto ad essa è esterna non esiste.
In Aristotele la categoria principale è la sostanza prima e quella seconda, in Leibniz è la relazione.
Il fatto che non ci siano finestre significa che se vi fosse qualche finestra ci sarebbe una monade
concepita fuori dalla relazione e sarebbe xenos, straniero puro.
Secondo la fisica newtoniana la monade sarebbe una serie di informazioni temporali e spaziali e
dunque sarebbe un ente determinato secondo lo spazio ed il tempo. Secondo Leibniz tutte le monadi
sono collegate tra loro e senza la relazione nessuna monade potrebbe essere.
Abbiamo qui un possibile collegamento con l’imperativo categorico kantiano («Agisci in modo da
considerare l’umanità, nella tua persona e nella persona di ogni altro, sempre come fine e mai come
mezzo»): ogni monade è un fine e non un mezzo. Ci sono diversi gradi di intensità della relazione,
ma sussiste comunque una continuità tra i differenti gradi di relazione.
Distacco tra soggetto e oggetto: non ci si può mai totalmente identificare con un oggetto. In verità
ogni soggetto si temporalizza e si spazializza. Questa gerarchizzazione dei rapporti non sono tali
secondo una colpa ma secondo una prospettiva. La prospettiva della monade si esprime in una
dimensione spazio-temporale.
Leibniz è il primo filosofo trascendentale: l’io non è metafisico ma è la condizione della possibilità
dell’essere (dunque trascendentale).

Commento punto 17:

3
Ibidem.
4
Ibidem.
«D’altra parte si deve riconoscere che la percezione, e quel che ne dipende, è inesplicabile mediante
ragioni meccaniche, cioè mediante le figure e i movimenti»5.
Il contenuto della percezione non può essere ridotto a mere cause e a ragioni meccaniche, dunque
non può essere spiegato mediante atomi e movimenti degli automi.
Le interpretazioni in Leibniz sono sempre mediate da un mondo inter-soggettuale (è questo aspetto
è possibile ritrovarlo in Hegel). Appare sempre la necessità di un io che è già un insieme. L’insieme
è la somma delle particelle più l’insieme stesso. Solo l’insieme sarebbe uno spettro perché ogni
identità non sarebbe integrata in un mondo dove sussiste una causa sufficiente. Questo che noi
definiamo come causa sensibile è un elemento limitato. Le cause sono relazioni della monade ma
sono dipendenti dalla essa. L’insieme è dipendente dalle parti e le parti sono dipendenti
dall’insieme. C’è sempre rapporto tra il soggetto e l’oggettualità. La pluralità presuppone le unità e
le unità presuppongono le pluralità.
Dove inizia la monade? Il punto di partenza è il mondo biologico? Il modo in cui si distinguono le
monadi è la capacità di relazionarsi.
L’uomo non è mai inserito nella particolarità ma nell’insieme. Ogni animale, per Leibniz,
costituisce un universo ma non riesce a rapportarsi al mondo come fa l’uomo. Ogni essere vivente si
differenzia dall’altro in quanto intero che si rapporta con l’altro: siamo differenze che si rapportano
con altre differenze.
Per Leibniz non esiste qualcosa che è totalmente privo di vita: l’essenza dell’essere è la vita.
L’oggetto puro è l’oggetto tecnico ma non ha esistenza. Alla luce di queste riflessioni torna la
domanda: dove inizia la monade? Dove c’è la differenza.
Ogni tipo di spiegazione meccanicistica rende oggetto la monade. Dove viene distrutta la natura e
questa viene sostituita dal puramente meccanico non si sta compiendo nulla di buono.
Le parole chiave sono differenza e unitarietà. Ogni universo ha il suo tempo e questi tempi sono
intrecciati. Il tempo cronologico è una continuità di un’infinità di tempi. Il nostro tempo
cronologico è il continuo, un’unità, ma in questa continuità c’è una pluralità del tempo.
Ogni approccio fisico è una semplificazione di questi rapporti. Ogni individuo è pluralità ma anche
unità.

III lezione del 25 febbraio 2022.

1. Introduzione.

La prima cosa da sottolineare, come svolta decisiva in Leibniz, è la priorità della monade, dell’unità
della sostanza, rispetto allo spazio-tempo. Non esiste uno spazio-tempo senza soggetto. Noi
pensiamo in modo newtoniano, che non corrisponde alla fisica moderna. Lo spazio-tempo è
collegato intrinsecamente col soggetto. Si deve pensare radicalmente la posizione del soggetto. Nel
mondo newtoniano ogni cosa inizia e finisce. In Leibniz ogni monade diviene costitutiva per
l’universo: ha un valore assoluto, non relativo.
Ogni monade è uno specchio delle altre monadi. La domanda è se la monade costituisce un’unità
per le altre cose. La monade è soggetto autoriflessivo ma anche essere vivente e questo permette di
rivalutare la posizione degli animali rispetto alla prospettiva cartesiana. Questa prospettiva è
influenzata anche dalla Bibbia (Riferimento alla Lettera ai Colossesi di San Paolo). Ogni creatura è
specchio di Gesù e non è pertanto da considerare quale mero elemento meccanico. Ogni monade è
in questo senso specchio di Dio.

2. Il principio di ragion sufficiente.


5
Ivi, p. 65.
Commento ai punti 32 e 33:
«I nostri ragionamenti si fondano su due grandi principi: / Il principio di contraddizione, in virtù
del quale giudichiamo falso ciò che implica contraddizione, e vero ciò che è opposto o
contraddittorio al falso. / Il principio di ragion sufficiente, in virtù del quale consideriamo che
qualsiasi fatto non potrebbe essere vero o esistente […] se non ci fosse una ragion sufficiente del
perché il fatto o l’enunciato è così e non altrimenti»6.
Vi sono dunque due principi: quello di contraddizione e quello di ragion sufficiente. Quest’ultimo è
tale che qualsiasi fatto non potrebbe essere vero e nessun enunciato potrebbe essere verosimile se
questa ragion sufficiente non fosse così e non altrimenti. Così e non altrimenti significa che ci sono
una infinità di mondi possibili. Il principio di ragion sufficiente è il principio del continuo. Ci sono
due labirinti in Leibniz, la libertà ed il continuo. Tutto è intrecciato, dunque tutto è un continuo, per
questo possiamo avere un tempo cronologico. C’è una continuità tra i tempi della monade: dietro il
tempo lineare sta un’infinità dei tempi della monade che costituiscono una continuità (una teoria
vicina a quella quantistica).

Commento al punto 36:


«Ma la ragion sufficiente si deve trovare anche nelle verità contingenti o fattuali»7.
Da uno sguardo finito esiste la contingenza, da uno sguardo infinito non esiste la contingenza ma la
provvidenza. La contingenza pertanto è assoluta. Ci si avvicina alla concezione su Dio. Ogni
monade è uno specchio finito: noi non possiamo cogliere subito le altre monadi nella nostra
coscienza, poiché siamo relazionati per mezzo della dimensione spazio-temporale. Il vincolo tra le
monadi e Dio è ben diverso: la cosa che è pura contingenza nel finito per quanto riguarda l’infinito
non è contingente.

3. Libertà e relazione.

Commento al punto 37:


«È pertanto necessario che la ragion sufficiente o ultima sia al di fuori della catena o serie di tali
dettagli delle contingenze, per quanto infinita possa essere questa serie»8.
Leibniz cerca di dare un argomento della libertà, intesa come Dio, contro il concetto di necessità
spinoziano: Vuole correggere Spinoza.
Nel pensiero di Leibniz ogni monade è specchio di un’altra monade e sembrerebbe che questo
rispecchiare all’infinito non possa raggiungere mai il principio di ragion sufficiente. Serve la ragion
sufficiente altrimenti la monade non sarebbe chiusa e si cadrebbe nel problema della cattiva infinità
in cui non si raggiungerebbe mai una causa prima. Nella finitudine non può avvenire la chiusura: la
ragion sufficiente si trova al di là della sequenza finita perché dentro di essa c’è un eterno
progredire che non ha ma infine. Il mondo immanente, il mondo finito, è chiuso nell’infinito: è
chiuso nell’apertura all’infinito. Questo aspetto porta alla critica che Leibniz fa a Spinoza in cui
tutto è determinato nella infinità di Dio. Già nella metafisica classica tutto è determinato in Dio,
Spinoza non fa altro che portare alle estreme conseguenze questa considerazione. Per Leibniz ogni
monade deve essere chiusa nell’infinito, ma questo infinito non costituisce la totalità delle monadi.
La totalità delle monadi è qualcosa di più, non è solo infinità, ma infinità + 1. Per Spinoza Dio è la
totalità di tutto, per Leibniz invece bisognerebbe considerare la totalità + Dio, in modo che Dio da
solo non costituisce la totalità. Forse questo pensiero che sembra molto astratto acquisisce maggiore
chiarezza se paragonata alla figura dell’ospite. Egli non è dentro né fuori da casa nostra, ma casa
nostra è tale perché può ospitare.
6
Ivi, p. 73.
7
Ivi, p. 75.
8
Ibidem.
Se tutto è legato alla ragion sufficiente cosa ne consegue per la libertà dell’uomo? La ragion
sufficiente non costituisce la totalità dell’immanenza. La libertà in Leibniz è costituita da questo +,
da questa ulteriorità dell’immanenza. Se tutto fosse solo immanenza non si arriverebbe ad un fine
per Leibniz. La monade non sarebbe unità ma processo infinito, una cattiva infinita che non finisce
mai. La completezza della monade si trova nell’apertura che essa ha verso la trascendenza.
Non è una sintesi ma una radicalizzazione della dialettica. La monade non è mai identica con se
stessa. Lo è solo in questo momento di non identità. Proprio qui si trova la libertà, dove la necessità
trova un momento di apertura. La vera necessità è sempre più che la necessità.
La domanda della libertà del soggetto implica il domandarsi sulla relazione tra finito e infinito. La
libertà è la necessità della libertà. Siamo liberi quando comprendiamo la necessità della libertà.
Siamo determinati o no? Leibniz pensa il nostro mondo come un grande organo.
La bontà del mondo ha due lati in Leibniz. Un lato che ha due forme: perché è buono il nostro
mondo? Il nostro mondo è così perché è ragionato.
Questo nostro mondo ha sempre un momento di apertura. Quando ci rappresentiamo qualcosa,
questa rappresentazione chiede sempre un’immagine che abbia una cornice. Questo momento di
apertura è qualcosa di non rappresentabile. Questo essere non del tutto identico con se stesso
costituisce un elemento che non è rappresentabile del tutto. Leibniz non giustifica totalmente la
realtà ma c’è sempre qualcosa che la trascende. Questa considerazione viene dalla Bibbia in cui vi è
l’elemento di ulteriorità trascendente che non può essere rappresentata: il nome di Dio. Questo
momento non rappresentabile costituisce il momento di libertà.
La ragione sufficiente di Leibniz è l’infinità e questa ha un momento aperto: A=A+1 dove questo
uno non è rappresentabile. Questo è il momento divino per Leibniz, è il vero infinito.
Vi è un concetto antitotalitario in Leibniz: egli afferma che confondere l’essere con le proprie
rappresentazioni rappresenterebbe un momento totalitario.

4. Corpo meccanico e corpo organico.

Commento al punto 55:


«E questa è appunto la causa dell’Esistenza del migliore [dei mondi possibili], che la Saggezza di
Dio gli fa conoscere, la sua Bontà gli fa scegliere e la sua Potenza gli fa produrre]»9.
Per Leibniz la bontà delle cose dipende dalla loro pluralità. La pluralità è quella che stabilisce la
gerarchia, le prospettive. Non dunque la singolarità, ma la relazione è la categoria leibniziana.
Il vero ordo ha sempre un momento creativo.

Commento ai punti 64 e 65:


«Pertanto, il corpo organico di ogni essere vivente è una specie di macchina divina, o di automa
naturale, che supera di gran lunga qualsiasi automa artificiale. […] E l’Autore della Natura ha
potuto mettere in pratica tale artificio divino e infinitamente meraviglioso, perché ogni porzione
della materia non solo è divisibile all’infinito, come hanno riconosciuto gli antichi, ma è anche
suddivisa attualmente all’infinito – ogni sua parte in altre parti, ciascuna delle quali ha un qualche
movimento proprio: altrimenti sarebbe impossibile per ogni porzione della materia esprimere
l’intero universo»10.
Qual è la differenza tra tecnica e vita? Tra corpo meccanico e corpo organico? Nella tecnica c’è un
algoritmo lineare che costituisce la struttura della macchina: in essa le parti si ripetono.
Nell’organismo c’è sempre l’ordine ma c’è qualcosa che si sottrae alla determinazione, alla
rappresentazione.
Per Leibniz niente è identico all’altro, il fondamento è la differenza (la cosa che si ripete in Leibniz
è la differenza).
9
Ivi, p. 83.
10
Ivi, p. 89.
La nostra metafisica è quella di Parmenide in cui cerca un fondamento immobile, che sia causa di se
stesso. Per Leibniz non è questo elemento immobile che costituisce il fondamento ma il momento di
apertura. Nella tecnica abbiamo bisogno di un’identità totale. Questo mondo funzionale inizia con
Cartesio mentre per Leibniz non è la funzionalità il cardine che permette di spiegare il mondo, ma la
differenza. Non bisogna confondere la fisica con la metafisica. Non possiamo dire che il nostro
mondo è un insieme di particelle.

Punto 69:
«Sicché non c’è nulla di incolto, di sterile, di morto nell’universo. E c’è caos e confusione solo in
apparenza»11.
Dio solo è assolutamente senza corpo. Vuol dire che il corpo costituisce un elemento che
presuppone già la necessità di intendere l’alterità come oggetto, cioè come cosa rappresentata. Il
corpo è oggettuale.

IV lezione del 28 febbraio 2022.

1. Introduzione.

Oggi si vive in un mondo in cui le notizie non fanno più notizia, in cui esse sono scontate: si
conosce già l’esito della notizia prima ancora di poterla vedere.
Un problema contemporaneo è quello del nichilismo in cui si pone poca fede per il futuro.
A questo tema sono legate le considerazioni sulla morte, intesa come il nulla. In Europa dilaga una
sorta di nichilismo melanconico.
Una visione distante è quella fornita da Leibniz: il suo ottimismo si diversifica dall’attuale
condizione di nichilismo e dalla riduzione della pluralità operata nella nostra contemporaneità.

2. Ancora sulla differenza tra automa ed essere vivente.

Commento al punto 67:


«Ogni porzione di materia può essere concepita come un giardino pieno di piante, o come uno
stagno pieno di pesci. Ma ciascun ramo delle piante, ciascun membro dell’animale, ciascuna goccia
dei loro umori, è a sua volta un tale giardino o un tale stagno»12.
Simile ai punti 64 e 65 (sopra commentati): sulla differenza tra natura ed arte, tra arte divina ed arte
umana. In ogni catena abbiamo un piccolo disturbo. Sono proprio le deviazioni dall’ordinario che
forniscono il senso dell’esistenza. Riferimento a George Orwell e al ruolo del linguaggio in 1984: lo
stesso linguaggio è così controllato che non lascia spazio alle irregolarità. In Leibniz si pensa tutta
la regolarità come concezione di unità in cui c’è un piccolo tocco di disturbo: in un organismo sono
necessari gli imprevisti.
Leibniz non pone gli atomi come elementi costitutivi dell’organismo. Esistono i legami e hanno
come primato la differenza. Questa visione dischiude un nuovo modo di guardare il mondo: questo
organismo non deve essere pensato in modo verticale, ma ogni organismo consiste nelle sue
relazioni con altri organismi.

Commento al punto 76:

11
Ivi, p. 91.
12
Ivi, p. 89.
«Io ho dunque pensato che se l’animale non ha mai un inizio naturale, non può avere neppure una
fine naturale; e che non solo non ci sarà mai generazione, ma nemmeno distruzione assoluta, né
morte intesa nel senso rigoroso del termine»13.
Il nostro mondo è stato ridotto tutto a causa efficiente, ma nel mondo non può vigere la causa
efficiente altrimenti tutto avrebbe già una risposta. Da questo punto di vista il problema della
contemporaneità diviene quello di voler rendere misurabile il non misurabile. Questo desiderio è
collegato alla volontà di dominio: rendere misurabile, calcolabile fornisce la capacità del dominio.
Questo approccio nichilista porta al desiderio di rendersi totalmente invulnerabili. Voler calcolare
tutto significa volontà di dominio, voler comprendere e dominare il futuro si dà come volontà di
invulnerabilità.
Che non ci sia inizio naturale in Leibniz significa che questo inizio non sia stato posto sotto la causa
efficiente.
La morte sfugge a questa dimensione calcolante poiché nella morte c’è qualcosa si sottrae alla
comprensione dell’essere umano. La Bibbia parla di questo tentativo di controllo della morte per
mezzo della genealogia. C’è qualcosa all’inizio e alla fine che si sottrae al principio di causa
efficiente. Questi aspetti saranno importanti per Martin Heidegger nel suo testo Essere e tempo.
Se si provasse a ridurre tutto alla causa efficiente tutto ciò che resterebbe sarebbe macchina. Proprio
questo differenzia l’automa dall’essere vivente.

3. L’armonia prestabilita e la Città di Dio.

Commento al punto 78:


«L’anima e il corpo seguono infatti ciascuno le proprie leggi, ma entrambi si accordano in virtù
dell’Armonia prestabilita fra tutte le sostanze, le quali sono rappresentazioni di un unico e
medesimo universo»14.
L’armonia prestabilita è collocata tra un pensiero finito ed uno infinito. Bisogna trovare un punto in
comune tra la causa fisica e quella metafisica. Perché alzo la mano? Ci sono sicuramente delle
cause fisiche dietro questa azione, ma c’è anche la volontà. Non è un dualismo tra corpo e anima.
In Leibniz c’è sempre un doppio che è posto in armonia, non si può rinunciare ad una di queste due
dimensioni.

Commento al punto 83:


«le anime in generale sono pecchi viventi o immagini dell’universo delle creature; / gli spiriti,
invece, sono anche immagini della Divinità stessa, cioè dell’Autore della Natura: essi hanno la
capacità di conoscere il Sistema dell’universo e di imitare qualche aspetto con imprese
architettoniche, poiché ogni spirito è come una piccola divinità nel suo ambito»15.
In Leibniz ogni monade ha già un lato infinito. Un automa è pura finitezza, mentre ogni vera
monade ha questo lato dell’infinito. Leibniz aggiunge la figura degli spiriti secondo cui ogni
monade appare come una piccola divinità: lo spirito, rispetto all’automa, può ricercare una ragione
sufficiente.

Commento al punto 84:


«Proprio per questo gli spiriti sono capaci di entrare in una specie di società con Dio. / Nei loro
riguardi, dunque, Dio agisce non semplicemente come un inventore sulla sua macchina (e Dio opera
così sulle creature non razionali), ma anche come un principe verso i suoi sudditi e come un padre i
suoi figli»16.

13
Ivi, p. 93.
14
Ibidem.
15
Ivi, pp. 95-97.
16
Ivi, p. 97.
Gli spiriti per Leibniz siamo noi (sono autocoscienza) e gli spiriti sono capaci di entrare in società
con Dio. La libertà è la chiave per poter entrare in questa società. Egli non agisce sulle creature
come farebbe il creatore con la macchina. Dimensione teologica: Dio nella creazione riveste la
figura del padre nel rapporto che ha verso i suoi figli. La creazione avviene nella parola e la parola
ha sempre una dimensione di libertà: la parola in sé implica una dimensione di libertà in quanto
presuppone una risposta. Il rapporto tra padre e figlio non è del tutto simmetrico ma è un rapporto di
dialogo.

Commento al punto 85:


«Di qui è facile concludere che l’insieme di tutti gli spiriti deve costituire la Città di Dio, cioè lo
Stato più perfetto possibile retto dal Monarca più perfetto»17.
Tutti gli spiriti, e non tutte le monadi, sono in grado di entrare nella società con Dio. L’insieme
degli spiriti costituisce la città di Dio (Riferimento a Sant’Agostino). Ma la città di Dio non è
semplicemente la città dell’uomo: è insieme di libertà. Leibniz non pensa ad uno stato che l’uomo
può creare in modo terreno, ma vi è una svolta verso l’utopia.
Leibniz anticipa Hegel per la questione della libertà intesa come cardine dell’esistenza umana.
In Leibniz sono gli spiriti che costituiscono con i loro rapporti la libertà.
Riferimento a Emmanuel Lévinas in Totalità e infinito: la totalità pone sempre un filtro di dominio
mentre è l’alterità che dischiude l’infinito.

Paragrafo 86:
«Questa Città di Dio, questa Monarchia davvero universale, è un mondo morale nel mondo
naturale, ed è la più elevata e divina tra le opere di Dio. / È in questo mondo morale che consiste
veramente la gloria di Dio, la quale infatti non potrebbe esserci se la grandezza e la bontà divine
non fossero conosciute e ammirate dagli spiriti. / Inoltre, è il rapporto a questa Città divina che Dio
manifesta la sua Bontà, mentre la sua Saggezza e la sua Potenza si mostrano dappertutto» 18.
Vicinanza tra Leibniz e Kant: differenza tra il mondo dell’apparenza e il mondo morale (che non
può essere inserito nello spazio-tempo). Per Leibniz il mondo morale è un mondo futuro che non è
mai del tutto integrabile nel nostro presente.
Theodor Adorno e Max Horkheimer hanno scritto su questo: ogni visione che si realizza ha un volto
violento.
La gloria di Dio in Leibniz è la libertà dell’uomo. Dunque la libertà dell’uomo e la consapevolezza
di questa libertà costituiscono la gloria di Dio.
La saggezza sta nella possibilità di essere liberi nel mondo. La bontà per Leibniz è come per Kant e
consiste nella libertà.

Commento al punto 87:


«Ora, più sopra abbiamo individuato una perfetta Armonia tra i due regni della Natura, l’uno delle
cause efficiente e l’altro delle cause finali. / A questo punto dobbiamo mettere in rilievo ancora
un’altra Armonia, quella fra il regno fisico della Natura e il regno morale della Grazia. In altri
termini, si tratta dell’Armonia fra Dio considerato come Architetto della Macchina dell’universo e
Dio considerato come Monarca della Città divina degli spiriti»19.
La prima armonia era quella dei due regni della natura, mentre la seconda è quella che mette in
relazione il regno di Dio con quello fisico. Nel pensiero metafisico Dio è la causa prima, il principio
supremo della riflessione e questa riflessione finisce nella libertà.
Quando si dice che Dio prevede tutto si parla di una previsione della libertà.
L’essere umano assume un ruolo centrale: quello di mediare tra natura e libertà. In Leibniz non vi è
ancora una vera e propria teoria del riconoscimento (tema che avrà la sua grande importanza nella
17
Ibidem.
18
Ibidem.
19
Ibidem.
filosofia di Hegel), ma è possibile ritrovare già qualche traccia di questa teoria nella filosofia
leibniziana. Alla luce di quanto detto è possibile considerare il pensiero di Leibniz come tappa
importante delle riflessioni sulla libertà.

4. Kant e Leibniz.

Kant è leibniziano ma rileva un problema nella filosofia di Leibniz: per poter sviluppare la propria
filosofia, Leibniz si è dovuto mettere al posto di Dio nel senso che serve uno sguardo divino per la
filosofia di Leibniz ma per Kant questo sguardo però non lo abbiamo. Nella filosofia kantiana
l’essere umano è entità limitata, inserita nella dimensione spazio-temporale. Si passa dall’assoluto
di Leibniz alla nostra regola della ragione. Il principio regolativo della nostra ragione esiste o no?
Non possiamo dirlo. Kant sostituisce l’essere, che per lui non è comprensibile, con il giudizio e
dunque l’infinito viene ridotto, nella filosofia critica, ad una concezione della nostra ragione.
Vi sono tre giudizi: categorico, ipotetico e disgiuntivo. La differenza tra Kant e Leibniz si apre
sull’impossibilità, secondo Kant, di trascendere il mondo fenomenico e di tendere verso una
necessità della ragione. Così Kant spezza l’armonia leibniziana tra natura e Dio.
Nella sfera della moralità, quella del dovere, vi è un principio che regolatore: questo è l’imperativo
categorico. Nella Critica della ragion pratica Kant postula il noumeno ma senza dedurlo.
Siamo kantiani in quanto abbiamo sostituito l’essere (quello leibniziano del mondo di relazione)
con il giudizio. La totalità così non è più Dio ma il mondo tecnico, quello basato totalmente sul
giudizio. Questo è un pensiero kantiano molto ridotto.
Il principio di Leibniz è sempre quello dell’infinito, che in Kant diviene giudizio morale o scettico
(solo nella terza critica si trascende questa forma di finitudine). Il mondo non è più accessibile.
L’unico residuo è la moralità ma il mondo della parvenza è quello che prevale, il mondo tecnico.

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