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Lezioni tenute dal Prof. Kurt Appel presso l’Università degli studi di Perugia.
La Monadologia di Leibniz è un libro moderno, oltre che per il contenuto, anche per la sua
struttura: il testo infatti è molto breve. Ci sono due libri della storia della filosofia che sono famosi
anche a ragione della loro brevità: il Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein e la
Monadologia di Leibniz.
In questo testo Leibniz è riuscito a sintetizzare il contenuto della storia della filosofia, dalle origini
sino alla sua contemporaneità, cercando di collegare la tradizione aristotelica, dunque antica, e la
tradizione cartesiana. Leibniz nella sua vita ha sempre cercato di collegare tutto: voleva essere un
conciliatore, non solo per quanto riguarda la tradizione filosofica, ma anche in relazione ad un
possibile accordo tra la tradizione europea e quella orientale, così come intendeva ritrovare un’unità
tra le religioni cristiane.
Per quanto riguarda il tentativo di conciliazione in ambito filosofico, è bene sottolineare come a
partire da Cartesio si era generata quella scissione tra res cogitans e res extensa: come creare una
mediazione tra le due sfere? Questa scissione aveva generato diverse aporie in Cartesio.
- Una di queste aporie è relativa alla posizione che l’essere vivente assume all’interno del
dualismo cartesiano. Cos’è il gatto, ad esempio, in Cartesio? È giusto considerarlo al pari di
una macchina?
- Un’ulteriore aporia ereditata dalla suddivisione del reale in res cogitans e res extensa è
quella espressa dal pensiero dell’Occasionalismo di Arnold Geulincx: vi è una certa
tradizione legata a Cartesio (che è stata ingiustamente collegata a Leibniz) che afferma che
non vi è alcuna corrispondenza tra la volontà umana e l’effetto che questa volontà produce
sui corpi: secondo questa visione se io voglio alzare la mano la mia volontà di compiere
l’azione non è direttamente collegata all’effetto, alla mano che si alza, ma rappresenta
l’occasione affinché Dio intervenga con la sua volontà nel farmi compiere l’azione.
Dunque scegliere di ritornare alla Monadologia è importante per poter affrontare queste tematiche
fondamentali della storia della filosofia, ma il testo presenta ulteriori spunti che hanno un impatto
molto importante rispetto alla nostra contemporaneità. Un primo aspetto riguarda l’influenza che
Leibniz ha avuto verso i filosofi successivi. Ad esempio Bruno Liebrucks nota come in Martin
Heidegger e nel suo concetto di essere-nel-mondo riemerga la monade di Leibniz. Si pensi anche a
Gilles Deleuze e l’influenza leibniziana testimoniata dal testo La piega. Leibniz e il barocco.
Vi sono anche diverse tematiche sviluppate nella Monadologia che tornano nella nostra
contemporaneità: il rapporto tra natura e spirito, tra soggetto e oggetto, tra coscienza ed essere, ma
anche la questione della libertà.
Per quanto riguarda il lascito leibniziano bisogna osservare come egli sia vissuto in un tempo dove
le figure accademiche non erano obbligate scrivere per motivi legati alla propria carriera. Leibniz ha
scritto tanto, non saggi ma lettere. La situazione nel nostro tempo presente è invece molto
differente, tanto che per gli storici il lavoro di ricostruzione delle fonti diviene sempre più
difficoltoso a causa dell’elevatissima quantità di informazioni e documenti che vengono prodotti.
Come si è detto, Leibniz non era una persona di conflitto ma di conciliazione. Questo aspetto
traspare anche dall’epistolario del filosofo: quando egli scriveva cercava di mettersi allo stesso
livello delle persone a cui si rivolgeva, cercando di conciliare il pensiero dell’altro, seppur non del
tutto corretto, al proprio. Questo aspetto ha fatto sì che oggi non si distingua a volte nell’epistolario
quale sia l’autentico pensiero del filosofo e quando invece inizi il tentativo di conciliazione, di
mediazione, di didattica.
Uno dei testi cruciali di Leibniz è la Teodicea. La parola stessa è divenuta molto famosa (essa è
composta dalle parole greche Dike=giustizia e Theos= Dio). La domanda di fondo del testo è
relativa alla possibilità di pensare ad un Dio buono e giusto che si confronta col male del mondo.
Questo libro è stato scritto contro Pierre Bayle, il quale svaluta la razionalità dell’uomo che non può
raggiungere Dio e non può spiegare il mondo. Il ruolo della ragione in Bayle è volto alla sola
spiegazione della scienza, ma le cose che hanno un impatto esistenziale non possono essere da essa
spiegate.
Leibniz si è opposto a questa visione poiché la libertà, secondo la visione proposta da Bayle, non
sarebbe più razionale ma diverrebbe senza responsabilità, senza argomento.
Per evidenziare l’importanza dell’argomento basti pensare al grande filosofo Hegel, il quale ha
definito la modernità non come progresso della libertà, ma come coscienza di essa. Oggi il grande
racconto è tendenzialmente letto secondo una visione di tipo fisicalista e non ammette in genere la
questione della libertà.
Hegel sottolinea come la ricerca della libertà rappresenti l’essenza dell’epoca moderna. La
modernità è l’epoca della coscienza della libertà mentre la post-modernità è l’epoca in cui questa
attenzione verso la libertà viene meno.
Leibniz è forse stato il primo filosofo che con più o meno successo ha posto la dovuta attenzione al
tema della libertà. Nelle riflessioni di Baruch Spinoza, filosofo che precede a Leibniz, non si ha
invece la stessa visione sul tema della libertà. In Spinoza tutto è integrato nell’assoluto dove
necessità e libertà coincidono. La filosofia spinoziana, al pari di quella leibniziana, cerca di
ritrovare una conciliazione di res cogitans e res extensa, quelle due sfere che nel filosofare
cartesiano non ritrovavano alcuna definitiva riconciliazione.
Un’ulteriore considerazione della questione è data dal pensiero di Pierre Gassendi secondo cui si
può ridurre la res cogitans e a res extensa.
Nel pensiero di Cartesio e in quello di Gassendi non vi è una riflessione sviluppata sulla questione
del male.
La Teodicea è un libro che ha un impatto sulla questione della concretezza della libertà. Vi è il tema
del migliore dei mondi possibili che è ancora oggi attuale.
Tra 800’ e 900’ si diffonde il sospetto in pensatori come Friedrich Nietzsche, Fëdor Dostoevskij,
Georg Büchner che il nostro non sia il migliore dei mondi possibili.
Dunque si comprende come queste riflessioni di Leibniz siano ora ancora attuali, poiché ritornano
costantemente.
La domanda sulla teodicea è la domanda sulla possibilità della libertà: il mondo migliore possibile è
quello che è legato alla ragion sufficiente. Questo aspetto ci conduce al discorso da fare su Dio.
Nella modernità e post-modernità cade la figura di Dio come ragion sufficiente (Robert Musil parla
di una ragione non-sufficiente).
Dimostrare che la necessità di Dio vada d’accordo con la libertà dell’uomo, questa è la sfida di
Leibniz.
3. La Monadologia.
Il testo che fornisce una sintesi filosofica della Teodicea è la Monadologia, unitariamente a I
principi razionali della natura e della grazia. Leibniz scrive la Monadologia su richiesta dei suoi
amici. Scrive in francese ma non pubblica la sua opera, che verrà pubblicata successivamente in
tedesco e poi in latino (e solo successivamente verrà pubblicata la versione francese).
Leibniz è nato nel 1646 ed è morto 1716. La Monadologia è stata scritta due anni prima della sua
morte: non rappresenta pertanto un’introduzione alla filosofia leibniziana ma una sua sintesi.
- Collegamento della volontà di Dio con le azioni del mondo (scuola cartesiana che sfocia
nell’Occasionalismo).
- La scuola spinoziana cancella ogni realtà del finito (libertà come necessità della sostanza).
- Gassendi (materialismo).
- Empirismo di Thomas Hobbes (criticato da Leibniz nella Teodicea).
1) Leibniz è importante perché pone un collegamento tra la filosofia classica e quella moderna.
Alcune considerazioni importanti della filosofia contemporanea su Leibniz sono racchiuse nelle
riflessioni di Gilles Deleuze, Martin Heidegger e in quelle di Ernst Cassirer.
- Nella relazione tra l’essere umano e la natura: siamo determinati o non siamo determinati
dalla fisica?
- Nella problematica della conciliazione tra la libertà divina e la libertà dell’uomo.
3) Questione del pensiero ecologico di Leibniz: egli vede il mondo come grande organismo.
Quando permane la differenza tra res cogitans e res extensa tutto ciò che è esteso non ha valenza,
1
G.W. Leibniz, Monadologia, tr. it. a cura di S. Cariati, Bompiani, Milano 2017, p. 61.
tutto diviene macchina. Oggi manca una riflessione che porti ad una concezione di indipendenza del
valore della natura. A causa di ciò noi proiettiamo noi stessi nella natura, anteponendoci ad essa.
Sotto questo filtro soggettivo dell’uomo viene meno ogni possibilità di riconoscere la validità degli
altri esseri viventi.
1) Questione della libertà e della necessità nella generazione e origine del male.
2) Questione dell’indivisibilità, dell’unità, dell’infinitoh, del continuo.
La seconda questione è quella che viene indicata come quella filosofica. Per Leibniz è fondamentale
l’unità dell’io. Questione della responsabilità delle proprie azioni: non posso uccidere il mio vicino
oggi e dire domani che è stato l’io di ieri a compiere l’atto. Se perdessimo a causa di un incidente la
memoria la nostra coscienza sarebbe costretta ad integrare questo fatto in un’identità e in una
continuità. C’è in definitiva una continuità nella coscienza: l’io è unità e l’unità è l’io. Questa unità
è detta da Leibniz Monade, dalla parola monas.
4. La monade.
Il primo punto della Monadologia, precedentemente citato, porta una critica fortissima all’atomismo
il quale vede il mondo come composto da particelle (oggi non è la fisica ma un certo fisicalismo che
la intende così). Leibniz si riferisce all’aristotelismo, ma anche alla Bibbia. Per queste correnti il
mondo non è composto da atomi ma da logoi che non consistono di parti ma sono unità, insiemi.
Per Leibniz il tutto è la somma delle parti più il tutto, si chiarirà meglio successivamente cosa si
intende con ciò. È necessario che vi siano sostanze semplici perché ci siano sostanze composte,
intese come aggregato di semplici. Bisogna porre attenzione a questa riflessione per evitare di
incorrere in un errore: il composto è sempre un aggregato ma non nel senso di fare una somma di
semplici. Bisogna considerare la questione dell’appartenenza al semplice. Queste monadi semplici
sono indivisibili. Con Leibniz inizia una trasformazione dell’aristotelismo in riferimento alla
filosofia di Cartesio. Cartesio rende celebre la figura del soggetto come portatore del mondo: il
mondo non è oggettuale ma soggettuale (non soggettivo, nel senso di relativo, che indicherebbe
l’opinione personale. Col soggettuale si intende che il fondamento del mondo ha sempre una
dimensione cartesianamente soggettiva, come categoria filosofica, che ha valenza universale). Noi
quotidianamente pensiamo il mondo come oggetto. Ma questo pensiero ha dei limiti: questo modo
di vedere il mondo non ne riconosce l’autonomia ma lo sottopone sotto il dominio del soggetto.
Identificare qualcosa come oggetto e dare di esso delle definizioni significa porre dei limiti.
4. La relazione.
Nel punto 7 Leibniz afferma: «Le monadi non hanno finestre, attraverso le quali qualcosa possa
entrare o uscire»4. Si ha spesso interpretato questo passo di Leibniz in tal senso: che ognuno è una
monade indipendente, quindi non importa, in tale contesto, dell’alterità. In realtà per Leibniz la
monade è pura relazione, dunque questa interpretazione è sbagliata, quella secondo cui nulla
dall’esterno può entrare nella monade perché tutto ciò che rispetto ad essa è esterna non esiste.
In Aristotele la categoria principale è la sostanza prima e quella seconda, in Leibniz è la relazione.
Il fatto che non ci siano finestre significa che se vi fosse qualche finestra ci sarebbe una monade
concepita fuori dalla relazione e sarebbe xenos, straniero puro.
Secondo la fisica newtoniana la monade sarebbe una serie di informazioni temporali e spaziali e
dunque sarebbe un ente determinato secondo lo spazio ed il tempo. Secondo Leibniz tutte le monadi
sono collegate tra loro e senza la relazione nessuna monade potrebbe essere.
Abbiamo qui un possibile collegamento con l’imperativo categorico kantiano («Agisci in modo da
considerare l’umanità, nella tua persona e nella persona di ogni altro, sempre come fine e mai come
mezzo»): ogni monade è un fine e non un mezzo. Ci sono diversi gradi di intensità della relazione,
ma sussiste comunque una continuità tra i differenti gradi di relazione.
Distacco tra soggetto e oggetto: non ci si può mai totalmente identificare con un oggetto. In verità
ogni soggetto si temporalizza e si spazializza. Questa gerarchizzazione dei rapporti non sono tali
secondo una colpa ma secondo una prospettiva. La prospettiva della monade si esprime in una
dimensione spazio-temporale.
Leibniz è il primo filosofo trascendentale: l’io non è metafisico ma è la condizione della possibilità
dell’essere (dunque trascendentale).
3
Ibidem.
4
Ibidem.
«D’altra parte si deve riconoscere che la percezione, e quel che ne dipende, è inesplicabile mediante
ragioni meccaniche, cioè mediante le figure e i movimenti»5.
Il contenuto della percezione non può essere ridotto a mere cause e a ragioni meccaniche, dunque
non può essere spiegato mediante atomi e movimenti degli automi.
Le interpretazioni in Leibniz sono sempre mediate da un mondo inter-soggettuale (è questo aspetto
è possibile ritrovarlo in Hegel). Appare sempre la necessità di un io che è già un insieme. L’insieme
è la somma delle particelle più l’insieme stesso. Solo l’insieme sarebbe uno spettro perché ogni
identità non sarebbe integrata in un mondo dove sussiste una causa sufficiente. Questo che noi
definiamo come causa sensibile è un elemento limitato. Le cause sono relazioni della monade ma
sono dipendenti dalla essa. L’insieme è dipendente dalle parti e le parti sono dipendenti
dall’insieme. C’è sempre rapporto tra il soggetto e l’oggettualità. La pluralità presuppone le unità e
le unità presuppongono le pluralità.
Dove inizia la monade? Il punto di partenza è il mondo biologico? Il modo in cui si distinguono le
monadi è la capacità di relazionarsi.
L’uomo non è mai inserito nella particolarità ma nell’insieme. Ogni animale, per Leibniz,
costituisce un universo ma non riesce a rapportarsi al mondo come fa l’uomo. Ogni essere vivente si
differenzia dall’altro in quanto intero che si rapporta con l’altro: siamo differenze che si rapportano
con altre differenze.
Per Leibniz non esiste qualcosa che è totalmente privo di vita: l’essenza dell’essere è la vita.
L’oggetto puro è l’oggetto tecnico ma non ha esistenza. Alla luce di queste riflessioni torna la
domanda: dove inizia la monade? Dove c’è la differenza.
Ogni tipo di spiegazione meccanicistica rende oggetto la monade. Dove viene distrutta la natura e
questa viene sostituita dal puramente meccanico non si sta compiendo nulla di buono.
Le parole chiave sono differenza e unitarietà. Ogni universo ha il suo tempo e questi tempi sono
intrecciati. Il tempo cronologico è una continuità di un’infinità di tempi. Il nostro tempo
cronologico è il continuo, un’unità, ma in questa continuità c’è una pluralità del tempo.
Ogni approccio fisico è una semplificazione di questi rapporti. Ogni individuo è pluralità ma anche
unità.
1. Introduzione.
La prima cosa da sottolineare, come svolta decisiva in Leibniz, è la priorità della monade, dell’unità
della sostanza, rispetto allo spazio-tempo. Non esiste uno spazio-tempo senza soggetto. Noi
pensiamo in modo newtoniano, che non corrisponde alla fisica moderna. Lo spazio-tempo è
collegato intrinsecamente col soggetto. Si deve pensare radicalmente la posizione del soggetto. Nel
mondo newtoniano ogni cosa inizia e finisce. In Leibniz ogni monade diviene costitutiva per
l’universo: ha un valore assoluto, non relativo.
Ogni monade è uno specchio delle altre monadi. La domanda è se la monade costituisce un’unità
per le altre cose. La monade è soggetto autoriflessivo ma anche essere vivente e questo permette di
rivalutare la posizione degli animali rispetto alla prospettiva cartesiana. Questa prospettiva è
influenzata anche dalla Bibbia (Riferimento alla Lettera ai Colossesi di San Paolo). Ogni creatura è
specchio di Gesù e non è pertanto da considerare quale mero elemento meccanico. Ogni monade è
in questo senso specchio di Dio.
3. Libertà e relazione.
Punto 69:
«Sicché non c’è nulla di incolto, di sterile, di morto nell’universo. E c’è caos e confusione solo in
apparenza»11.
Dio solo è assolutamente senza corpo. Vuol dire che il corpo costituisce un elemento che
presuppone già la necessità di intendere l’alterità come oggetto, cioè come cosa rappresentata. Il
corpo è oggettuale.
1. Introduzione.
Oggi si vive in un mondo in cui le notizie non fanno più notizia, in cui esse sono scontate: si
conosce già l’esito della notizia prima ancora di poterla vedere.
Un problema contemporaneo è quello del nichilismo in cui si pone poca fede per il futuro.
A questo tema sono legate le considerazioni sulla morte, intesa come il nulla. In Europa dilaga una
sorta di nichilismo melanconico.
Una visione distante è quella fornita da Leibniz: il suo ottimismo si diversifica dall’attuale
condizione di nichilismo e dalla riduzione della pluralità operata nella nostra contemporaneità.
11
Ivi, p. 91.
12
Ivi, p. 89.
«Io ho dunque pensato che se l’animale non ha mai un inizio naturale, non può avere neppure una
fine naturale; e che non solo non ci sarà mai generazione, ma nemmeno distruzione assoluta, né
morte intesa nel senso rigoroso del termine»13.
Il nostro mondo è stato ridotto tutto a causa efficiente, ma nel mondo non può vigere la causa
efficiente altrimenti tutto avrebbe già una risposta. Da questo punto di vista il problema della
contemporaneità diviene quello di voler rendere misurabile il non misurabile. Questo desiderio è
collegato alla volontà di dominio: rendere misurabile, calcolabile fornisce la capacità del dominio.
Questo approccio nichilista porta al desiderio di rendersi totalmente invulnerabili. Voler calcolare
tutto significa volontà di dominio, voler comprendere e dominare il futuro si dà come volontà di
invulnerabilità.
Che non ci sia inizio naturale in Leibniz significa che questo inizio non sia stato posto sotto la causa
efficiente.
La morte sfugge a questa dimensione calcolante poiché nella morte c’è qualcosa si sottrae alla
comprensione dell’essere umano. La Bibbia parla di questo tentativo di controllo della morte per
mezzo della genealogia. C’è qualcosa all’inizio e alla fine che si sottrae al principio di causa
efficiente. Questi aspetti saranno importanti per Martin Heidegger nel suo testo Essere e tempo.
Se si provasse a ridurre tutto alla causa efficiente tutto ciò che resterebbe sarebbe macchina. Proprio
questo differenzia l’automa dall’essere vivente.
13
Ivi, p. 93.
14
Ibidem.
15
Ivi, pp. 95-97.
16
Ivi, p. 97.
Gli spiriti per Leibniz siamo noi (sono autocoscienza) e gli spiriti sono capaci di entrare in società
con Dio. La libertà è la chiave per poter entrare in questa società. Egli non agisce sulle creature
come farebbe il creatore con la macchina. Dimensione teologica: Dio nella creazione riveste la
figura del padre nel rapporto che ha verso i suoi figli. La creazione avviene nella parola e la parola
ha sempre una dimensione di libertà: la parola in sé implica una dimensione di libertà in quanto
presuppone una risposta. Il rapporto tra padre e figlio non è del tutto simmetrico ma è un rapporto di
dialogo.
Paragrafo 86:
«Questa Città di Dio, questa Monarchia davvero universale, è un mondo morale nel mondo
naturale, ed è la più elevata e divina tra le opere di Dio. / È in questo mondo morale che consiste
veramente la gloria di Dio, la quale infatti non potrebbe esserci se la grandezza e la bontà divine
non fossero conosciute e ammirate dagli spiriti. / Inoltre, è il rapporto a questa Città divina che Dio
manifesta la sua Bontà, mentre la sua Saggezza e la sua Potenza si mostrano dappertutto» 18.
Vicinanza tra Leibniz e Kant: differenza tra il mondo dell’apparenza e il mondo morale (che non
può essere inserito nello spazio-tempo). Per Leibniz il mondo morale è un mondo futuro che non è
mai del tutto integrabile nel nostro presente.
Theodor Adorno e Max Horkheimer hanno scritto su questo: ogni visione che si realizza ha un volto
violento.
La gloria di Dio in Leibniz è la libertà dell’uomo. Dunque la libertà dell’uomo e la consapevolezza
di questa libertà costituiscono la gloria di Dio.
La saggezza sta nella possibilità di essere liberi nel mondo. La bontà per Leibniz è come per Kant e
consiste nella libertà.
4. Kant e Leibniz.
Kant è leibniziano ma rileva un problema nella filosofia di Leibniz: per poter sviluppare la propria
filosofia, Leibniz si è dovuto mettere al posto di Dio nel senso che serve uno sguardo divino per la
filosofia di Leibniz ma per Kant questo sguardo però non lo abbiamo. Nella filosofia kantiana
l’essere umano è entità limitata, inserita nella dimensione spazio-temporale. Si passa dall’assoluto
di Leibniz alla nostra regola della ragione. Il principio regolativo della nostra ragione esiste o no?
Non possiamo dirlo. Kant sostituisce l’essere, che per lui non è comprensibile, con il giudizio e
dunque l’infinito viene ridotto, nella filosofia critica, ad una concezione della nostra ragione.
Vi sono tre giudizi: categorico, ipotetico e disgiuntivo. La differenza tra Kant e Leibniz si apre
sull’impossibilità, secondo Kant, di trascendere il mondo fenomenico e di tendere verso una
necessità della ragione. Così Kant spezza l’armonia leibniziana tra natura e Dio.
Nella sfera della moralità, quella del dovere, vi è un principio che regolatore: questo è l’imperativo
categorico. Nella Critica della ragion pratica Kant postula il noumeno ma senza dedurlo.
Siamo kantiani in quanto abbiamo sostituito l’essere (quello leibniziano del mondo di relazione)
con il giudizio. La totalità così non è più Dio ma il mondo tecnico, quello basato totalmente sul
giudizio. Questo è un pensiero kantiano molto ridotto.
Il principio di Leibniz è sempre quello dell’infinito, che in Kant diviene giudizio morale o scettico
(solo nella terza critica si trascende questa forma di finitudine). Il mondo non è più accessibile.
L’unico residuo è la moralità ma il mondo della parvenza è quello che prevale, il mondo tecnico.