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Allora, cos’è una verità di tipo linguistico? L. pensa che, siccome usiamo
caratteri per pensare, nelle relazioni tra questi caratteri, nell’ordine in cui
li uniamo, si possa rispecchiare un ordine di relazione reale, una certa
proporzione tra i caratteri e le cose, che rispecchia l’ordine reale. Ecco,
questo è fondamento della verità.
E cioè: se in un linguaggio produco enunciati con un ordine relazionale
vero, e riporto questo stesso ordine in un altro linguaggio, produrrò
un’altra verità formalmente identica.
Passo avanti: dal momento che le verità seguono dalle idee (rappresentate
formalmente dai caratteri), e questi ordini di verità fatti di idee sono
eterni [infatti sono “traducibili”, etc], ecco che idee e verità, nelle loro
“eternità” hanno una natura simile. Deve esistere un essere a sua volta
eterno che è “ricettacolo” delle idee e verità.
Però le idee, pur essendo “reali”, non hanno la consistenza ontologica
delle sostanze (stanno per esempio nel pensiero).
L. dice “Nature [a volte chiama così le IDEE] e verità sono modi”.
Questo richiama l’ontologia scolastica —> sono esistenze modali, cioè
dipendono dalla ontologia della sostanza (che per esistere, dipende dalla
sostanza divina!).
Per capire meglio, dividiamo i due tipi di idee che L. usa.
3. Le idee “in mente Dei”
L. non ha l’idea di tabula rasa: c’è una specie di innatismo. Dice che le
idee sono disposizioni della nostra mente. Possiamo pensarne una anche
se non l’abbiamo mai pensata. Distingue il pensiero attuale di un’idea
dall’idea in sé: l’idea sussiste indipendentemente dai nostri atti di
pensiero.
Contrasta la concezione ‘statica’ della conoscenza - tabula rasa passiva -,
dicendo che le idee ‘strutturano’ i contenuti della conoscenza.
Fa una metafora: la mente non è come un blocco di marmo (tabula rasa)
ma come un bocco di marmo con delle venature che ‘prefigurano’ la
possibilità che l’esperienza tiri fuori da quel blocco la forma di Ercole
piuttosto che una forma ‘non esistente’.
E così passa alla distinzione tra “idee e verità” e “concetti e pensieri”: le
venature nel marmo sono idee e verità, mentre concetti e pensieri sono le
statue portate alla luce secondo venature. Cioè: distingue idee in sé e idee
pensate attualmente.
5. rapporto idee divine-idee umane
2. Relazioni e aggregati
Una cosa “molto leibniziana” è l’insistenza sulla differenza tra ciò che i
sensi percepiscono (per esempio, si può percepire un corpo e pensare che
la materia sia una CONTINUO di tipo matematico) con ciò che “in effetti
è” - e cioè un CONTIGUO reale, un divisibile, benché non possiamo
vedere questa divisibilità infinita in atto.
E c’è anche il lato di atteggiamento “filo-scientifico” della cosa: Leibniz
dice ‘infatti quando guardiamo MEGLIO, cioè al microscopio, vediamo
questa continuità ipotetica rompersi in cristalli, in contiguità…’
C. Il concetto di forza
Gli aggregati del primo tipo ricevono unità mentale; gli altri hanno unità
indipendente.
2) forza passiva primitiva —> è la materia prima degli scolastici; è ciò che
fa si che un corpo resista alla penetrazione di un altro, e che si muova solo
se spinto da forza superiore a quella che oppone. In pratica: è l’ esigenza
primaria della forza attiva [entelechia] di avere associato un corpo, ovvero
una massa.
MENTE E CORPO
Alua, L pensa che la mente sia una Monade. E indovina un po? è
ovviamente la Monade dominante.
Sia il corpo che la mente quindi sono “fatti di monadi”.
Problema fondamentale della filosofia occidentale —> rapporti mente
corpo.
La risposta di L è un perfetto parallelismo tra fisico e pscichico: mente e
corpo sono stati regolati dalla armonia prestabilita da Dio, e a
determinati eventi nel corpo corrispondono necessariamente determinati
eventi nella mente.
Quindi evita la “doppia natura” Cartesiana, ma anche idealismo (scadere
del fisico nello psichico) o un materialismo (viceversa).
Ovviamente, deputa alla divinità: però evita anche l’ “interventismo
divino continuo”: i rapporti sono regolati in armonia, l’ “orologio”
meccanico procede di per sé.