Sei sulla pagina 1di 5

4.

Epistemologia
Epistemologia: cosa può essere conosciuto e come possiamo conoscerlo
 abbiamo molte credenze, quali di queste valgono come conoscenza?
 qual è la caratteristica della conoscenza genuina e come differisce dalla credenza?
 c’è una via “preferenziale” per acquisire la conoscenza e discernere le false credenze?
EPISTEMOLOGIA PRESOCRATICA
Parmenide non può considerarsi il fondatore dell’epistemologia, al massimo della distinzione tra conoscenza e
credenza; all’inizio della sua opera una dea gli promette che gli insegnerà a distinguere tra vera conoscenza e credenza,
opera divisa in due parti: la via della conoscenza (Essere) e la via dell’apparenza (sensi, cambiamento, colori), chi non
accetta la prima cade nell’errore metafisico
Netto contrasto tra la realtà e l’apparenza appare anche in Democrito: gli atomi e il vuoto sono le uniche due realtà e le
qualità percepite dai sensi sono mere apparenze = non veicolano verità rispetto alla realtà indipendente  per lui ci
sono due forme di conoscenza, una attraverso i sensi e l’altra attraverso l’intelletto (= legittima, ma in parte basata su
un’evidenza empirica, che viene dai sensi ingannevoli = obiezione di Galeno)  non si sarebbe dovuto definire un
atomista ma uno scettico a sua volta
cfr. Metrodoro di Chio: nessuno di noi conosce veramente
vs. Protagora: ognuno di noi dice la verità = tutte le credenze sono vere («l’uomo è la misura di tutte le cose») + ogni
verità è relativa  può essere definito uno scettico dal punto di vista di Democrito: la sostituzione degli universali e
oggettivi concetti di verità con forme relativa è una forma profonda di scetticismo
cfr. Diogene Laerzio (ci sono due diversi indirizzi/account di ogni materia) e Seneca (per ogni affermazione è possibile
concordare anche con il suo opposto)
Gorgia: la conoscenza della realtà è impossibile = gli oggetti del pensiero non sono reali, perché se posso pensare non
vuol dire esistano  il punto debole dell’argomento sta nel fatto che se qualche oggetto del pensiero è reale, allora lo
sono tutti = è necessaria una distinzione
SOCRATE, LA CONOSCENZA E L’IGNORANZA
Alcuni credono che Socrate possa essere considerato scettico alla stregua dei sofisti (mette in questione tutti i tipi di
conoscenza, tranne quella dei lavoratori/artigiani): se è da considerarsi tale, allora il suo scetticismo è di un tipo limitato
e contingente (la conoscenza è impossibile solo rispetto ad alcuni concetti)
È necessario concentrarsi prima su alcuni termini che corrispondono al greco “conoscenza”:
 epistemologia  episteme = “scienza”  se qualcuno nega la possibilità di episteme in una certa area, non è
necessariamente scettico rispetto a tutti i tipi di conoscenza: i politici e i poeti non possiedono conoscenza, gli
artigiani sì
ex. Socrate contesta chi si dichiara sapiente in un particolare campo, i suoi contro-esempi mostrano che la
definizione data copre più o meno di quanto dovrebbe
 conoscenza dell’essenza delle cose (vs. Wittgenstein: alcuni item possono non avere essenza, ex. linguaggio =
esistono “somiglianze di famiglia”)  necessaria per raggiungere una conoscenza maggiore
LA CONOSCENZA NEL TEETETO
«Cos’è la conoscenza/episteme?»  struttura dialogica classica socratica: Teeteto, un giovane matematico, offre una
definizione che Socrate respinge (era “incinto” di un fantoccio):
1.
inizialmente Teeteto propone una lista di materie, poi afferma che la conoscenza sia percezione (cfr. Protagora) vs.
casi in cui c’è conoscenza senza percezione (ricordo), in questi casi si può conoscere e non conoscere allo stesso
tempo, MA Socrate rigetta questa ipotesi affermando che è l’anima a riconoscere la somiglianza tra le cose
2.
la conoscenza è pensiero (doxa) come attività del pensiero stesso, ma la conoscenza sta solo nel pensiero vero  ci
sono casi in cui ci sono pensieri veri e la formazione di opinioni vere, senza che ci sia una conoscenza attuale (ex.
persuasione di una giuria) = la conoscenza non può essere un pensiero vero
3.
la conoscenza è pensiero più logos, proponendo tre forme in cui il logos può presentarsi
nb) logos è termine complesso da tradurre, corrisponde all’inglese “parola”/”frase”/”discorso”/”ragione”
I.
esprimere un logos del pensiero tramite le parole, ma questa articolazione non può essere quella che segna la
differenza tra pensiero vero e conoscenza
II.
modo di analisi: per comprendere cosa è x è necessario scomporre e analizzarne gli elementi, ma insufficiente
III.
dare una descrizione che sia unicamente vera, ma è necessario avere un pensiero vero alla base
Teeteto smette di cercare la definizione di logos
CONOSCENZA E IDEE
La differenza principale è che la Repubblica fa riferimento alle idee, il Teeteto no; in comune hanno l’affermazione per
cui ciò che è conosciuto deve essere vero
idee = sono veramente, compaiono nel libro V insieme alla descrizione del filosofo, che conosce la differenza tra l’idea
del bello e delle cose belle; lo stato della mente dei non-filosofi corrisponde alla doxa (nel Teeteto viene usato
come sinonimo di “pensiero”/”credenza”
 Teeteto  si cerca di dislocare la caratteristica essenziale della conoscenza come una caratteristica dello stato della
mente del conoscente
 Repubblica  la conoscenza tra pensiero e credenza sta nella differenza tra gli oggetti, tra cosa è conosciuto e cosa
è pensato, sono entrambi poteri
Nel libro VI distingue tra gnosis e doxa:
 doxa  sta nel regno del visibile, ma viene sia dall’immaginazione (eikasia = le cose sono ombre) che dalla
credenza (pistis = creature viventi, opere della natura o delle mani umane)
passa dall’ipotesi ad un principio non ipotetico = metodo dialettico: prende un’ipotesi e dimostra come questa porti
ad una contraddizione, passa quindi alle premesse che hanno reso derivabile la contraddizione fino a che non ne
trovano una che non sia questionabile
 gnosis (conoscenza)  noesis (conoscenza per eccellenza, tipica dei filosofi)
 dianoia (conoscenza tipica dei matematici), condivide con le idee le caratteristiche di
eternità e intangibilità, appartengono al regno dell’essere e non a quello del divenire + sono
molteplici (tipico del mondo sublunare)
partono da ipotesi che trattano come ovvie e non ne devono rendere conto
esempio del metodo dialettici nel libro I della Repubblica sul concetto di giustizia:
 Cefalo  giustizia è dire la verità e restituire ciò che si è preso in prestito vs. [S.] restituire un’arma ad un amico
matto
 Polemarco  non è mai giusto armare un uomo, a partire dal fatto che la giustizia è bontà umana
 Trasimaco  la giustizia è debolezza e stupidità vs. [S.] gli uomini giusti sono più felici di quelli ingiusti, ma è
l’anima che dirige la persona
Libro IV  divisione dell’anima in tre parti: la funzione direttiva appartiene alla ragione (non all’anima nella sua
totalità) = non c’è nulla di vero all’infuori delle idee
Libro VI  presentazione dei diversi gradi di conoscenza
1.
immaginazione: ci si immagina come gli dei siano immutabili, buoni e veri
2.
credenze a proposito della giustizia (ex. tribunali)
3.
dialettica: permette di comprendere cosa veramente sia la giustizia
(4.)
rispetto alla definizione vera e propria dell’idea di giustizia, Platone può esprimersi solo tramite metafore
 la mancanza di una definizione delle idee e in particolare di quella del bene, mostra la falla dell’epistemologia della
Repubblica, Platone qui non spiega come avere conoscenza di un’idea, solo altri dialoghi danno qualche indizio: la
conoscenza delle idee sta nella loro collezione = è proposito più metafisico che epistemologico
ARISTOTELE SULLA SCIENZA E L’ILLUSIONE
Aristotele accetta la distinzione platonica tra sensi e intelletto e si scaglia contro quei filosofi che non la riconoscono,
sviluppa il catalogo platonico dei diversi stati intellettuali e definisce i criteri per raggiungere il livello più altro: la
conoscenza scientifica  considera lo status epistemico dei sensi per difendere il pirincipio di contraddizione contro i
protagorei nella Metafisica 4 (Γ), il problema derica dal conflitto tra le impressioni dei sensi
ex. (1) i sensi dicono p
(2) i sensi dicono non-p ognuna può essere usata per contraddire l’altra
(3) ciò che dicono i sensi è vero
(4) non è né p né non-p
per Aristotele concorda solo con (1) e (2) senza alterare il contenuto di p: i sensi ci comunicano informazioni rispetto
realtà esterne, non rispetto a entità mentali come il dato sensoriale: se un senso dice p e un altro dice non-p, entrambe le
ipotesi hanno la stessa potenziale validità (senza considerare la maggioranza come assicuratrice di una correttezza di un
senso sull’altro come volevano i protagorei)
 Aristotele fornisce più criteri per classificare le esperienze sensoriali se è necessario scegliere tra esse: la più
importante è che i sensi hanno la priorità quando giudicano oggetti appropriati  definiti nel De anima (ex. colore-
vista, suono-udito, …): non significa però che ciò che appare ad un senso, stando all’interno della sua competenza, è
vero, ma possono essere corretti solo da un senso analogo
 tra due giudizi espressi da due sensi diversi è preferibile quello che è appropriato per quell’oggetto; tra due
giudizi espressi da due sensi uguali è preferibile quello che si trova nelle condizioni ottimali
In questo modo Aristotele evita il fenomenismo di Protagora e l’intellettualismo di Platone: la nostra conoscenza
dipende dai sensi sia per il concetto che si utilizza che per le premesse non-provate da cui partiamo:
1.
sensazione  memoria
2.
memoria  esperienza personale
3.
esperienza personale  concetto universale = base delle capacità pratiche e della conoscenza teorica
Rispetto all’esperienza: Primi analitici per ricercare il principio di ogni soggetto
La scienza inizia con l’esperienza, per cui anche Aristotele ha una classifica degli stati cognitivi e intellettuali: entrambi
guardano alle virtù morali e all’eccellenza intellettuale come due specie del genio particolare
 Platone  tratta la virtù come se fosse un tipo particolare di scienza
 Aristotele  trarra la scienza come un tipo particolare di virtù (cfr. Etica)
arete = sia “virtù” che “eccellenza”, in generale dipende da suo output caratteristico (ergon), nel caso della mente è la
produzione di giudizi veri o falsi, ma nello specifico è la verità
 gli aretai intellettuali sono le eccellenze che rendono la parte intellettuale dell’anima portatrice di verità, gli stati
della mente capaci di questo sono:
1. techne (capacità/skill)  si esercitano nella produzione (poiesis) di qualcosa, a
presciendere dal suo esercizio forme della conoscenza
2. episteme (scienza)  si occupa delle cose immutabili ed eterne pratica
3. phronesis (wisdom/saggezza)  riguarda l’attività umana (praxis) = eccellenza raziocinante
che accerta la verità rispetto a ciò che è buono e cattivo per gli essere umani
4. sophia (understanding/comprensione)  si occupa delle cose immutabili ed eterne: ha come oeggetto il divino
e l’onorevole
5. nous (insight/intuizione)  termine spesso usato per tutto l’apparato intellettuale umano, in questo caso si
intende come intuizione dei primi principi della scienza teoretica = la comprensione delle verità non provate e
necessarie è la base dell’episteme
la parte razionale dell’anima umana è divisa nel logistikon (facoltà deliberante) e epistemonikon (riguarda le verità
eterne)  ognuna di queste ha il proprio arete: logistikon-phronesis, epistemonikon-sophia
 le altre virtù intellettuali sono parte della phronesis o della sophia (nous + episteme)
cfr. Secondi analitici: nei primi sei capitoli si tratta di ciò che riguarda la scienza/episteme, per cui una conoscenza
scientifica si basa sulle dimostrazioni (= tipo particolare di sillogismo, le cui premesse si fanno risalire a principi che
sono veri, necessari, universali e immediatamente intuibili  assiomi e teoremi
nb) il problema con questo testo è che non sembra somigliare agli altri testi del corpus aristotelico
Il problema non si pone solo con Aristotele, ma l’intera storia dei tentativi scientifici non contengono istanze perfette
per le scienze: la tendenza aristotelica era influenzata dai matematici del suo tempo, Euclide presenta una geometria
assiomatica (sembra soddisfatto l’ideale scientifico dei Secondi analitici), ma dopo due secoli si scopre come i suoi
assiomi manchino di auto-evidenza; un simile destino è toccato al profetto di Frege di rendere assiomatica la logica e
l’aritmetica
EPISTEMOLOGIA EPICUREA
Nel periodo ellenista l’epistemologia occupa uno spazio più preminente che al tempo di Platone e Aristotele, è stato
Epicuro a battezzare la materia in questo modo: “canonica”, dal greco “kanon” per indicare una regola/asta misuratrice
o anche “criterion”, per Epicuro i criteri sono:
 sensazioni  fondano la conoscenza (= tesi forte a favore del fatto che questi siano sono “evidenti”
infallibili rispetto ai propri oggetti di conoscenza), sostenendo che i sensi non possono e ed è su questi
correggere una propria impressione = ci sono due impressioni ugualmente corrette, ma di che dobbiamo
due oggetti diversi (cfr. Sesto Empirico: spiegazione atomistica della vista) = è necessario basare le nostre
distingere tra le impressioni sensoriali e la credenza; queste provvedono solo ad una parte credenze rispetto
della struttura della nostra conoscenza a quello che non
 concetti (prolepsis)  un concetto x è un modello grazie a cui un oggetti è o non è come x, è evidentre =
non devono essere provati in quanto parte della prova, non è chiaro da dove abbiano origine congetture e
(non possono essere risultati dell’esperienza) teorie sono false
se i sensi vanno
 sentimento contro di esse
EPISTEMOLOGIA STOICA
I primi stoci condividono con gli epicurei un certo numero di assunzioni rispetto la natura della conoscenza: credono
che debba esserci una doppia base per le impressioni dei sensi e i concetti primitivi/acquisiti + la mente di un uomo che
nasce è come un foglio bianco su cui si sviluppa grazie all’uso della ragione, ma prima di tutto vengono i sensi 
memoria  esperienza; alcuni concetti sono insegnati mentre altri raggiungono naturalmente la mente umana, che sono
comuni a tutti gli uomini
Gli stoici sviluppano una classificazione più elaborata degli stati mentali rispetto agli Epicurei, che potesse resistere alle
sfide degli scettici: insieme ai due stati della conoscenza (episteme e doxa/credenza), contrastati sin dai tempi di
Platone, introducono il terzo stato della cognizione (katalepsis)
Si aggiunge poi qualcosa alla definizione di conoscenza: immodificabile attraverso argomenti + la definizione della
cognizione viene fatta in termini di apparenza cognitiva  può apparire sia dai sensi che dalla ragione
Apparizione = include non solo quello che appare ai sensi ma accetta “candidati” di altri generi, è tale solo quando
degna di assenso
≠ credenza: richiede capacità extra, chiamato assenso (è volontario, mentre l’apparenza no)
sta a metà tra la conoscenza (implica il cambiamento di idee nella mente, l’apparizione no) e la credenza (può essere
falsa, l’assenso no)
 l’apparizione cognitiva = sorge da ciò che è ed è impressa esattamente in accordo con ciò che è  come faccio a
capire se un’apparizione è cognitiva o meno?
 ci viene detto che devono essere altamente comprensibili (quelle del folle non valgono)
 forse hanno una speciale persuasività che le rende comprensibili nei dettagli  gli stoici definiscono quattro
classi:
1. persuasiva
2. non-persuasiva
3. persuasiva e non (ex. paradossi)
4. né persuasiva né non-persuasiva
ma la persuasività non è garante di verità
Insieme alle impressioni cognitive ci sono le impressioni ragionevoli: queste secondo King Ptolemy Philopator,
sonocompatibili con la falsità = in questo modo dire che un’apparenza è cognitiva o meno non può essere una questione
di ragione  gli stoici non danno informazioni ulteriori a riguardo
La debolezza della posizione stoica è sostenuta da Arcesilao (a capo della Nuova Accademia durante l’ultima parte del
III s.): sfida la definizione stoica di un’impressione cognitiva come “qualcosa stampata e impressa da qualcosa che è
esattamente ciò che è”, può quindi un’impressione falsa essere indiscernibile da una vera? per Zenone una tale
impressione non può essere vera = aggiunge alla definizione la parte per cui “e di un tipo tale che non può sorgere da
ciò che non è”  non è chiaro come gli stoici stabilirono in quali casi questi tratti distintivi inconfondibili si dovessero
trovare, o come rispondono all’accusa scettica per cui se c’è un’apparenza vera, una replica falsa può sempre essere
immaginata
SCETTICISMO ACCADEMICO
I leader dell’Accademia antica, Arcesilao e Carneade, si rifanno a Socrate estendendo il suo “scetticismo” non solo
all’ambito filosofico: sospendono il giudizio anche rispetto agli argomenti di tutti i giorni; entrambi non lasciarono
scritti (abbiamo informazioni grazie a Cicerone, mostrando le argomentazioni per cui sono ci potevano essere
impressioni infallibili)
Non ci sono impressioni vere, proveninenti dalle sensazioni, che non possono essere ricondotte con altre impressioni
non-cognitive: nessuna impressione, anche se vera, è cognitiva vs. tesi dell’identità degli indiscernibili (secondo
l’Accademia è tesi gratuita, ma non più di quella secondo cui le impressioni vere sono sempre responsabili di essere
confuse con reliche false)  la replica stoica sembra essere insufficiente/inutile, a seconda di come interpretiamo la
sfida scettica:
 se la possibilità dell’errore previene un’impressione dall’essere cognitiva, allora per conservare le impressioni
cognitive gli stoici non hanno bisogno di dichiarare che in ogni impressione vera sarà sostituita da una falsa, è
sufficiente dichiarare che ci saranno dei casi in cui è così
 se solo immaginare una replica ingannatoria è sufficiente per minare la cognitività di un’impressione, allora
l’identità degli indiscernibili non sarà restaurata
Ci sono vari livelli di scetticismo: chi nega la possibilità di una conoscenza genuina (è sufficiente dichiarare che le
credenze non hanno lo status di conoscenza, ex. Carneade) o uno scetticismo più radicale (contesta anche le
credenze/opinioni, ex. Arcesilao)
Critica a Zenone, che sosteneva che nessun uomo saggio manterrebbe solo convinzioni, ma se si basa solo su
impressioni cognitive il suo assenso conta come conoscenza vs. Arcesilao e Carneade sono concordi sul fatto che non ci
sono né impressioni cognitive né conoscenza  Arcesilao: un uomo saggio non darebbe assenso
 Carneade: un uomo saggio si potrebbe basare solo sulle credenze
cfr. Carneade: per analizzare il suo punto di vista è necessario introdurre la nozione dell’impulso (horme), per cui se
l’assenso è volontariamente sostenuto, l’apparenza è fuori dal nostro controllo, ma è inevitabilmente seguita
dall’impulso, che può essere assecondato senza un assenso mentale in cui la verità deve essere ricercata e la falsità
evitata formulata come risposta alla questione di come gli scettici potessero avere una vita normale
SCETTICISMO PIRRONIANO
Nei primi secoli a.C. era nata una nuova scuola fondamentalista che riteneva le affermazioni dell’Accademia
inaccettabili, il suo fondatore era Enesidemo, ma il pensatore più eminente fu Pirrone di Elia, un soldato dell’armata di
Alessandro il Magnifico: Enesidemo scrisse un libro sui discorsi pirroniani sull’Accademia, ma andò perduto; si
componeva di dieci titoli, detti “i dieci tropi di Enesidemo”, la nostra conoscenza a riguardo viene dagli scritti
Lineamenti del pirronismo di Sesto Empirico, uno scettico pirroniano del II s. d.C.  da questo gli scettici sembrano
accettare di avere visioni anche rispetto a temi filosofici = testo importante perché dà informazioni sui ragionamenti
originali degli scettici
L’epistemologia antica è tormentata da due fallacie, entrambe causate da una miscomprensione per cui ogni conoscenza
deve essere vera:
I. fallace classica, fin dai tempi di Aristotele (dell’epistemologia classica)  “Qualunque sia la conoscenza deve
essere vera” è interpretabile in due modi:
(1) necessariamente, se p è conosciuta, p è vera = vero
(2) se p è conosciuta, p è necessariamente vera = falso  dall’accettazione di questa deriva la teoria delle idee
e l’ideale impossibile della scienza aristotelica
nb) per Platone e Aristotele le due erano indiscernibili: sembrano pensare che solo ciò che è necessario può
essere conosciuto
il problema di queste teorie è il fatto che sembri che la conoscenza non cada mai nell’errore
II. fallace ellenistica (dell’epistemologia imperialista)  gli stoici e gli epicurei erano pronti a sostenere non solo
la conoscenza di verità eterne, ma anche di contingenze mondane = ciò è possibile solo se si hanno facoltà
capaci di operazioni infallibili  questa fallace è il riflesso di quella ellenistica
[F = facoltà]
(1) è impossibile, se F sa che p, che F si stia sbagliando
(2) se F sa che p, allora è impossibile per F sbagliarsi
entrambe le fallacie hanno lasciato strascichi nella storia della filosofia

Potrebbero piacerti anche