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Gorgia. (480-380). Nato a Leontini vicino a Siracusa, mandato più volte
in ambascerie in diverse città tra cui nel 427 ad Atene, per chiedere
aiuti contro Siracusa. Morì in Tessaglia dove soggiornava presso il ti-
ranno Giasone di Fere. Autore di orazioni: Discorso Olimpico, L’Epitaf-
fio, Del non-essere, manifesto del nichilismo antico, (discorsi fittizi:
Elena, Difesa di Palamede). Discepolo di Empedocle,
Del non-essere. L’opera stravolge il titolo dell’opera di Melisso. Le tesi
che sono state conservate in rielaborazioni di altri autori sono 3: a) l’es-
sere non è, b) se anche fosse non sarebbe conoscibile, c) se anche fosse
conoscibile non sarebbe comunicabile.
Ripresa dei Fisici. Agglomerando le soluzioni dei predecessori, Gorgia
ne deduce, dando validità a tutte le dimostrazioni che dell’essere non
si può dire che non è né uno né molti, né generato né ingenerato, ma se
non si può attribuire alcuna proprietà esso non è.
Il pensiero. L’esperienza ci attesta che a volte pensiamo cose inesi-
stenti (la Chimera) e quindi non vi è correlazione inscindibile tra pen-
siero e non-essere.
La parola. Inoltre, il linguaggio non esprime mai l’essere, non enuncia
verità, l’alterità tra parola ed essere induce a pensare che il linguaggio
ricopra una funzione di persuasione.
La retorica. L’Arte che permette di convincere l’interlocutore a cre-
dere e ad agire in e per determinate cose. Il λόγος ha un potere illimi-
tato sugli ascoltatori, perché circoscritto all’ambito di verità ma abili-
tato a utilizzare tutti i mezzi della parola e della persuasione. La parola
è come i farmaci o gli incantamenti magici.
1) Bisogna cogliere la condizione psicologica dell’ascoltatore e co-
gliere il momento (καιρός) per parlare.
2) Saper utilizzare diversi tipi di discorso adatti alle circostanze.
Cominciarono così a diffondersi i manuali di retorica e i primi tenta-
tivi di ricerche grammaticali.

1. La negazione della verità


Gorgia muove da una posizione di nichilismo. Nello scritto del non-
essere sostiene le sue tre tesi, con lo scopo di precludere la possibilità
di una verità oggettiva o di un suo possibile raggiungimento. Protagora
sosteneva una verità soggettiva/relativa; Gorgia sostiene che non vi sia
verità, tutto è falso.

2. Nulla esiste
I risultati dei Fisici sull’essere si auto-annullano e dimostrano l’impos-
sibilità di quell’essere che esse hanno ad oggetto.

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Le armi della logica. Che erano state utilizzate dagli eleati per parlare
dell’essere e delle sue proprietà e per confutare gli avversari, sono uti-
lizzate dai successori e da Gorgia per distruggere l’eleatismo.

3. Se anche l’essere fosse rimarrebbe inconoscibile


Contro Parmenide. Se l’eleate sosteneva che solo l’essere fosse pensa-
bile e che quindi il pensiero fosse sostanzialmente un pensare l’essere,
e che 1) il pensiero stesso si identificasse con l’essere in quanto capace
di coglierlo e ridarlo, e 2) il non-essere come il non-pensabile e l’ine-
sprimibile.
Gorgia dimostra che vi sono dei pensati, contenuti di pensiero, che non
hanno alcuna realtà.
Se è vero che vi sono cose pensate non esistenti è anche vero che l’es-
sere non è pensato, “se il pensato non esiste l’essere non è pensato”. Il
divorzio tra essere e pensiero è operato in modo radicale.

4. Se anche fosse pensabile, l’essere rimarrebbe inesprimibile


Il divorzio tra pensiero ed essere diventa anche divorzio tra parola pen-
siero ed essere. “difficilmente uno potrebbe avere percezioni identiche
a quelle di un altro” e quindi invano cercherebbe di descrivergliele e
riportagliele con la parola, in quanto di fronte all’esperienza un altro
soggetto ne ricaverebbe qualcos’altro.

5. Rifugio sul piano dell’empiria e della realtà della situazione


La terza via. Gorgia nega validità sia all’αλέθεια, come Verità assoluta,
sia alla δόξα, come mondo delle opinioni. Vi dev’essere così una terza
via.
Gorgia rinuncia al λόγος dell’essere incontrovertibile, ma non rinuncia
ad un λόγος limitato all’ambito delle umane esperienze, che illumini i
fatti, le situazioni della vita degli uomini e della città. Gorgia è uno dei
primi rappresentanti di un’etica della situazione: i doveri variano a se-
conda dei fattori del momento.
Problemi. Questo tipo di lavoro come mostra di esserne consapevole
Gorgia deve basarsi, mancando delle basi metafisiche e non essendoci
principi assoluti sulla accettazione di base della maggior parte delle
opinioni comuni.
Virtù. Gorgia non definiva le virtù ma si limitava ad elencarne, come
egregiamente farà Platone attraverso Menone nel dialogo: “…c’è una
virtù relativa a ciascuna azione e a ciascuna età, e per ciascuna opera
per ognuno di noi. E così ritengo pure per il vizio”.
Sapere umano. Gorgia distrutto il sapere dell’essere incontrovertibile,
avrebbe dovuto dimostrare la possibilità di un sapere umano, che non
sia la scienza dei Fisici né la δόξα. Cosa che non gli riuscirà.

6. La retorica e l’onnipotenza della parola


Il potere della parola. La parola inizia ad avere concettualmente una
sua autonomia, e un suo potere sconfinato in quanto non più limitato
dai vincoli dell’essere.

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La retorica. È l’arte che sa sfruttare sino in fondo questo aspetto della
parola, può essere chiamata l’arte del persuadere. Nell’Atene del V.
Sec. Le potenzialità di quest’arte erano ben chiare, essa poteva garan-
tire il successo. “il vero timone nelle mani dell’uomo di Stato”
Pericoli. La parola disancorata dai valori poteva diventare pericolosis-
sima. Gorgia ammette i valori morali, e mette la sua retorica al servizio
di essi, condanna chi la usa indebitamente.

7. La parola e l’inganno poetico


L’arte. così come la retorica non mira al vero ma a muovere i senti-
menti, ma a differenza della retorica l’arte persegue fini teoreticamente
e praticamente disinteressati. Gorgia arriva a percepire intuitivamente
la valenza estetica del sentimento e della parola che lo produce.
L’inganno poetico (απάτη) è un’illusione che chi ne è colpito dimostra
di essere più saggio dii chi non lo è.

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Prodico di Ceo. Poco più giovane di Protagora e Gorgia, insegnò ad
Atene, dove Socrate avrebbe assistito alle sue lezioni. Si dedicò allo stu-
dio dei sinonimi, per insegnare a distinguere l’uso dei termini. L’opera
viene ricordata con il nome di Horai (derivato forse dalle dee della fe-
condità). L’interesse per il linguaggio prese vita dai primi sofisti, e con-
tinuerà a sopravvivere da una parte in Socrate, Platone, Aristotele,
dall’altra negli eristi, tecnica che sfrutta le ambiguità de linguaggio per
controbattere a qualsiasi affermazione dell’avversario.

1. L’invenzione della sinonimica


L’arte di fare discorsi iniziata da Prodico voleva basarsi su qualcosa di
nuovo, cioè sulla sinonimica, sulla distinzione dei vari sinonimi e sulla
precisa determinazione della sfumatura di significato dei diversi sino-
nimi. La parola viene vista anche come un potenziale nuovo, la capa-
cità di attribuire diverse sfumature alle cose. Sicuramente influì sulla
metodologia socratica della ricerca del che cos’è delle cose.

2. Gli Dei come divinizzazione dell’utile


L’utile si pone come fondamento della teologia. Se il Principio dei fisici
si identificava con ciò che maggiormente valeva per Prodico il divino si
identifica con ciò che vale maggiormente per il soggetto, cioè il prorpio
utile.

Il contrasto tra νόμος e φύσις


la pluralità dei nomoi si farà sentire maggiormente nei giovani sofisti,
che riterranno le leggi come qualcosa di puramente convenzionale. Al
carattere artificiale delle leggi è contrapposto il piano universale della
natura. Le leggi della natura sono sempre valide per tutti.
Ippia. Nato a Elide (440) insiste sull’importanza di una cultura enciclo-
pedica. Si presenta come possessore di un sapere universale compren-
dente anche i saperi tecnici.
Mnemotecnica. Arte che consente di immagazzinare con accorgimenti
determinati, quantità straordinarie di informazioni. Ciò permette dii
raggiungere una completa autosufficienza nei confronti degli altri
uomini.

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Cosmopolitismo. Ne consegue una svalutazione delle convenzioni ar-
tificiose (cittadini e stranieri) che fa violenza tramite la legge alla pa-
rentela naturale. Il sapiente può vivere ovunque in quanto indipen-
dente dalla società in cui è inserito.
Antifonte. Seconda metà V sec. (450-400). La sua opera principale: La
Verità. Le norme dettate dalle leggi sono frutto di un accordo tra uo-
mini, se un individuo non è scoperto ad infrangerle nn ne deriva alcun
danno. Infrangendo le norme della natura si è automaticamente dan-
neggiati. Riconosceva una netta superiorità di valore al piano univer-
sale della natura.

1. La corrente naturalistica della sofistica


Corrente naturalistica della sofistica. L’affermazione che la sofistica
contrappone legge e natura per svalutare la prima nasce solo in questi
due pensatori.

2. Il metodo della πολυμαθία di Ippia


Per Ippia non vale l’antilogia, la retorica o la sinonimica, ma la
πολυμαθία (sapere enciclopedico), che permette di sapere tutto e di sa-
per fare tutto attraverso la mnemotecnica.

3. Opposizione tra legge e natura


La natura unisce gli uomini, la legge li divide. Nasce la distinzione tra
diritto naturale (legge di natura) e diritto positivo (legge posta dagli
uomini). Il primo valido ed eterno, il secondo solo contingente.
L’ideale cosmopolita ed egualitario che per la grecità era rivoluzionario.

4. Radicalizzazione del contrasto fra νόμος e φύσις


Antifonte. Porterà alle estreme conseguenze la filosofia di Ippia.
La natura è identificata con la verità, la legge con l’opinione. Quando
risulta possibile bisogna trasgredire le leggi dell’uomo per seguire le
leggi di natura.

5. Cosmopolitismo ed egualitarismo naturalistici


L’illuminismo sofistico ha dissolto i vecchi pregiudizi di casta dell’ari-
stocrazia e anche il più radicale pregiudizio della superiorità dei Greci
sugli altri popoli. Antifonte intende per natura quella natura sensibile
presente nell’uomo: in cui il bene è l’utile e il piacere, il male è il dan-
noso. L’uguaglianza degli uomini è vista come uguaglianza di strutture
e necessità sensibili.
I sofisti successivi. Ne dedurranno che è giusto il dominio dell’uomo
forte sull’uomo debole in quanto una distinzione operata dalla natura,
l’intento egualitaristico dei due sofisti verrà stravolto dai successivi so-
fisti.

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