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Corso di Storia della Filosofia Antica

Cratilo
Platone (traduzione e introduzione di F. Aronadio, Laterza S.p.a., Roma – Bari, 1996)

Data di composizione: in base a rilevazioni stilometriche, composizione di poco anteriore a


Repubblica, all'incirca negli anni 386 - 384 a.C..

Personaggi del dialogo: Ermogene, Cratilo, Socrate

Argomento del dialogo: la correttezza dei nomi (͑ο ό ϖ ͑ο ο ά ω )

Cratilo Ermogene
correttezza = esatto riferimento del nome correttezza = corrispondenza alla
alla cosa nominata intenzione del parlante

Socrate rileva la discordanza di prospettive occultata sotto il termine comune di correttezza e va


elaborando un'ulteriore accezione di essa attraverso l'allargamento dell'orizzonte problematico.

Prima di affrontare lo sviluppo del dialogo risulta opportuno prendere in considerazione le modalità
di approccio al fenomeno linguistico caratteristiche dell'epoca precedente e contemporanea a
Platone:

- Primi presocratici: indistinzione fra realtà, verità e parola le concezioni relative al


linguaggio sono totalmente dipendenti dall'ontologia:

Nella mentalità greca arcaica sopravvivono forme di pensiero mitico per le quali la parola
appartiene immediatamente alla cosa: dire è evocare, non qualcosa di indifferente rispetto alla
sfera dei fatti.

Il linguaggio non è una forma di rapporto con la realtà ma una parte stessa della realtà: parlare
di meccanismi di funzionamento del linguaggio significa descrivere la struttura del reale e di
conseguenza muoversi attraverso una naturale, irriducibile polivalenza.
(cfr. Il concetto di όγο in Eraclito, fr.22B1 D.-K.)

L'articolazione interna del linguaggio si presuppone come già data perché corrispondente a quella del reale

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L'articolazione interna del linguaggio si presuppone come già data perché


corrispondente a quella del reale

- Parmenide: se si dice qualcosa è perché quel qualcosa è; ciò che non è non è esprimibile.
I caratteri del dicibile sono i caratteri dell'essere. Al linguaggio, così come al pensiero, è
attribuita da Parmenide una referenzialità assoluta.

Con approfondirsi nella cultura delle poleis della contrapposizione tra ciò che per natura
e ciò che è per convenzione si fa strada la visione del linguaggio come un prodotto
dell'attività umana del tutto separato dalla realtà naturale e che può quindi essere
analizzato indipendentemente dall’ontologia.

Mentre per i Presocratici il linguaggio risultava un dominio in cui a riflettersi ed


esprimersi era la realtà naturale, per Democrito ed i Sofisti in esso è l'uomo con la sua
capacità conoscitiva e comunicativa ad avere il primato.

- Democrito: convenzionalità ed arbitrarietà del linguaggio, che è frutto di un'attività


produttiva tutta umana. Esso deriva dalla capacità degli uomini di articolare suoni per
indicare le cose, strumento per rispondere al bisogno di comunicare uscendo da uno stato di
anarchico bisogno. La corrispondenza tra nome e cosa è posta dall'uomo e la costituzione
delle parole è del tutto estranea a quella delle realtà designate.

- Sofisti: condividono un approccio prevalentemente tecnico al fatto linguistico: il linguaggio


viene visto come uno strumento del quale vanno studiate approfonditamente le tecniche di
produzione ed impiego

la parola è qualcosa di cui ci si serve per produrre determinati effetti o raggiungere scopi, non
ha capacità rivelativa.

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Platone recupera e riutilizza alcuni motivi concettuali propri dei predecessori ma li


inserisce in un contesto teorico profondamente differente sottoponendoli ad un decisivo
riorientamento. Si tratta di una indagine sulla funzione specifica del linguaggio1: che
cosa le parole ci mettono in grado di fare?

Parola: strumento di mediazione tra il parlante e le realtà la cui sussistenza non dipende da
quest'ultimo ma che attraverso la parola è riverberata

Cratilo: come si instaura la relazione strumentale fra nome e oggetto nominato, qual è il suo
raggio d'azione? Ma anche: quale criterio di valutazione e disciplina degli impieghi del
linguaggio?

Ermogene: assoluta estrinsecità

Rapporto nome- cosa

Cratilo: assoluta intrinsecità

Pars destruens: Socrate mostra come si tratti di ingenui estremismi che condividono l'errore
di ritenere la forma sensibile (ovvero il suono del nome e la fisicità della cosa) come il vero piano di
corrispondenza.

La pars construens consisterà allora nell'indicare un più profondo piano di corrispondenza, quello
della loro forma ideale: la cosa nella sua stabile essenza e il suo conseguente poter essere oggetto di
riferimento.

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Va tenuto presente tuttavia che lo strumento-parola in Platone, rispetto ai Sofisti, ha una propria struttura e segue leggi
proprie, alle quali chi lo impiega deve adattarsi: non è quindi possibile un potenziamento infinito e l’accesso
indiscriminato a qualsiasi scopo.
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STRUTTURA ARGOMENTATIVA 2

Ermogene mette a parte Socrate delle due tesi che si stanno confrontando:

Cratilo la correttezza del nome è per ciascuna delle cose che sono già predisposte per natura
ed è già predisposta una certa correttezza dei nomi per i Greci e per i barbari, la
stessa per tutti è connaturata al nome, non può essere influenzata dal parlante:
ogni cosa ha un suo nome e ogni nome, se tale, è nome di una sola cosa – la
molteplicità dei linguaggi è solo confusione;

Ermogene La correttezza del nome viene unicamente dalla convenzione e dall'accordo.


Se qualcuno pone un nome ad un oggetto, il nome è corretto; se poi lo cambia il
nuovo nome è ugualmente corretto rispetto al vecchio. Il nome è predisposto per
ciascun oggetto per legge e uso di coloro che chiamano.

L'argomentazione di Ermogene mette in risalto tutta la superficialità della sua riflessione in due
aspetti:
- confusione terminologica: utilizza indistintamente termini che marcano il rapporto nome-cosa
ed il rapporto tra parlanti, confonde momento della posizione del nome e consolidamento;
- presenza di una forte tensione tra dimensione individuale, cui di fatto pensa, e collettiva, che
dovrebbe servire a fondare la sua tesi.

Socrate ha buon gioco nello spingere dialetticamente Ermogene ad esplicitare la versione più radicale
della propria posizione ed aderirvi: in fatto di nomi, le decisioni individuali e collettive si equivalgono
e quindi quel nome con cui ciascuno chiama ciascun oggetto è il nome di ciascun oggetto.

Confutazione di Ermogene:

Esistono un discorso vero, che dice le cose così come sono, ed uno falso, che le dice come non
sono. Il nome è la parte più piccola del discorso e in quanto tale può essere vero o falso.

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Si noti che il Cratilo è un dialogo diretto: esso è privo di una cornice ed è narratologicamente mimetico, "in presa diretta",
forse a sottolineare l'urgenza del problema trattato ed il suo enorme rilievo teoretico.
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Interpellato, Ermogene ribadisce che la sola correttezza del nome è per lui quella che ogni individuo
gli infonde ponendolo.

Socrate: le cose hanno una qualche stabilità di essenza che è loro propria, oppure ha ragione
Protagora quando sostiene che di tutte le cose misura è l’uomo3?

Vs. Protagora:
esistono uomini buoni e cattivi buoni = ragionevoli, cattivi = irragionevoli. Se Protagora avesse
ragione, le cose starebbero comepare a ciascuno e dunque non sussisterebbero ragionevolezza ed
irragionevolezza, che invece sussistono.
Vs. Eutidemo: tutte le cose sono per tutti allo stesso modo insieme e sempre
Ma se così fosse, non sussisterebbero virtù e vizio!

Le cose devono quindi avere una qualche stabilità di essenza, indipendente da noi e dall’immagine
che ne abbiamo.

Tra le cose che sono si annoverano anche le azioni anch’esse si compiono secondo la loro natura4
e non secondo opinione, cioè nel modo che era già stato predisposto
(ogni azione contempla una procedura, un oggetto specifico ed un mezzo)

Anche il dire è tra le azioni: lo si farà in modo corretto se si dirà nel modo in cui sono predisposti il
dire e l’esser detto e con il mezzo appropriato il nominare è parte del dire: in quanto azione, ha
una stabilità di essenza e perciò va compiuta secondo questa sua natura.
Il mezzo del nominare è il nome il nome è uno strumento atto ad insegnare qualcosa e a
distinguere l’essenza5

Esso è approntato da chi possiede la τέχν , cioè il legislatore6

3
Della dottrina dell’homo-mensura viene data una lettura estremizzata, rigorosamente individualistica e soggettivistica.
4
Socrate assume ironicamente la posizione naturalistica di Cratilo, che manterrà fino al confronto con quest'ultimo, nel
corso del quale si richiamerà all’uso, rifacendosi al convenzionalismo di Ermogeneμ questa danza drammaturgica
magistrale è finalizzata a mostrare l’insufficienza di entrambe le posizioni.
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Platone esce dall'impostazione tradizionale del problema, accomunata a quella sofistica dal vedere la relazione nome-
cosa come un rapporto biunivoco, chiedendosi quale sia la funzione che definisce il ruolo del nome: alla cosa nominata
lo lega un rapporto strumentale. Nella sua concezione il linguaggio è un fatto umano la cui funzione è rimandare a
qualcosa di in sè sussistente, attirare l'attenzione sulle cose stesse permettendo loro di mostrarsi. In quest'ottica,
correttezza e verità si scindono: la correttezza viene ad essere l'appropriatezza dello strumento al fine per cui è
predisposto, laddove la verità è una caratteristica propria delle cose che sono.
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È la personificazione dell’uso consolidato, serve ad evitare il regresso all’infinito e a sviluppare l’argomentazione.
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Il legislatore, guardando alla forma ideale, cerca di trasporla in lettere e sillabe nel modo migliore

A valutare e soprintendere il suo operato è colui che sa interrogare e rispondere, ovvero il dialettico

Essendo stato dimostrato come la posizione dei nomi sia un fatto tecnico vincolato a specifiche
competenze ed alla natura delle cose, Ermogene è confutato; Socrate afferma ironicamente che
Cratilo dice il vero sostenendo che le cose hanno nomi per natura e che artigiano del nome è solo
colui che guarda verso il nome che ha per natura ciascun oggetto ed ha la capacità di trasporre
l'idea di quello nelle lettere e nelle sillabe

Ermogene chiede allora che gli venga indicata la correttezza per natura del nome e Socrate propone
di indagare insieme valendosi:
 del sapere dei Sofisti – subito rigettato perchè troppo prezzolato (ironia contro la pratica
dell’insegnamento dietro compenso) e comunque già precedentemente rifiutatoν
 del sapere di Omero e degli altri poeti

Con l'ingresso in campo del sapere poetico e mitico tradizionale ha inizio la lunga sezione etimologica
da cui prenderà l'avvio, proprio attraverso una pratica cara alla tradizione culturale cui appartiene, la
confutazione della tesi dell'intrinsecità sostenuta da Cratilo.
Essa consiste in una lunga indagine a carattere ironico sulla correttezza dei nomi dal punto di vista
del significato anzichè del significante Socrate lascia aperta la porta alla possibilità di variazioni
sul piano di lettere e sillabe: a essere passata al vaglio è la tesi dell’esistenza di un rapporto intrinseco
tra significato del nome e cosa denominata7

Numi tutelari di questa impresa sono, oltre ai poeti Omero ed Esiodo, il sacerdote ed indovino
Eutifrone di Prospalta, a sottolineare la concezione magica ed oracolare della parola sottesa a questa
tesi, ed Eraclito con la sua ontologia di un reale frammentario ed in perenne movimento.

7
Si noti come nell'argomentazione contro Ermogene Socrate mirava a comprendere la relazione significativa fra nome e
cosa a partire dalla natura dello strumento-nome, mentre in questa sezione è a partire dalla natura della cosa che si
ricostruisce il significato del nome. Questo perché nella prospettiva di Cratilo, che qui Socrate finge di condividere, il
nesso fra linguaggio e ontologia è immediato.
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Sezione Etimologica

(fase interlocutoria)
Nomi degli eroi nomi degli dei, dei demoni e dei semidei nomi degli uomini e di ciò che riguarda
gli uomini;
(indagine etimologica)
nomi degli Dei secondo l'ordine delle invocazioni nelle preghiere8 nomi degli astri e dei fenomeni
naturali nomi relativi alle virtù nomi dell'essere e del nome

Attraverso un uso tanto godibile quanto spregiudicato di figure di suono e di senso, il significato dei
nomi è scomposto e ricondotto alla coppia oppositiva movimento- stasi, di evidente matrice eraclitea,
associando al primo elemento tutto ciò che ha valore positivo ed al secondo tutto ciò che ha valore
negativo9.
Socrate ricalca perfettamente il modo di procedere della cultura tradizionale, che si appella alle
auctoritates, adotta gli strumenti di poesia e divinazione per sostenere le proprie tesi e, come ultima
risorsa, abdica all'antichità ed alla provenienza straniera il senso di quei nomi di cui non si può
rintracciare l'origine nella sua cornice concettuale

Se si vuole comprendere la correttezza dei nomi occorre risalire a quei nomi che siano primi, non
ulteriormente scomponibili, dai quali dovrà per forza discendere anche la correttezza di quelli
composti: occorre mostrare cioè il rapporto naturale che si pretende sussista fra nome e cosa10.

I nomi, se essere tali, devono rendere evidenti le cose che sono ma se non fossimo dotati di
apparato fonatorio, si mostrerebbero le cose attraverso il corpo: attraverso atti ostensivi che imitino
la cosa che si vuole mostrare anche con l'apparato fonatorio si dà luogo ad un atto ostensivo che
è imitazione di qualche cosa: il nome è quindi una imitazione con la voce della cosa nominata

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A partire da ciò che è più noto poichè la sua natura non muta.
9
Si tratta di un'operazione ovviamente caricaturale che ricalca la pratica delle etimologie cara al sapere tradizionale.
10
Per Platone è proprio quest'ottica ad essere errata: per comprendere la natura della relazione significativa fra nome cosa
non bisogna cercare l'origine del nome ma interrogarsi sulla funzione del nome in quanto tale e sulle ragioni dell'efficacia
del suo impiego.
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Che tipo di imitazione?

Ogni cosa ha una sua essenza il nome è un’imitazione dell’essenza della cosa con lettere e sillabe
Colui che è capace di far questo è l’onomastico, depositario della conoscenza dei nomi e della realtà
(coerentemente con la visione qui esposta, ha carattere quasi sacerdotale)

Poichè è attraverso elementi fonetici che costui imita le essenze, essi vanno presi in esame e distinti
riconducendoli alle cose (es.: è ricondotto al movimento)

La correttezza dei nomi in questa versione ironica che Socrate fornisce consisterebbe nel fatto che il
legislatore lettera per lettera e sillaba per sillaba abbia costruito un segno ed un nome per le cose che
sono – tali nomi originari sarebbero poi stati alterati nell’uso per esigenze estetiche, ma dovrebbe
essere possibile in linea di massima risalirvi e riscontrare la loro appropriatezza

Confutazione di Cratilo

Finalmente interpellato, Cratilo si dice d’accordo con Socrate:


correttezza del nome è quella che indica la cosa quale è (nome = cosa : identità)

I nomi sono in vista dell'insegnamento: la loro costruzione è una tecnica posseduta da artigiani
specializzati, i legislatori : a proposito di essi, però, Cratilo non concorda con Socrate nel ritenere che
alcuni siano migliori ed altri peggiori. La costruzione del nome non ammette gradazioni tra riuscita
e fallimento, perché nell'ottica dell'eracliteo la cosa ed il nome sono in un rapporto biunivoco tale che
la cosa deve essere perfettamente rispecchiata nel nome

Secondo Cratilo tutti i nomi, se tali, sono stati attribuiti correttamente

Ma allora quando si parla o si dice il vero o non si dice affatto:


è assolutamente impossibile dire il falso come si potrebbe, dicendo, dire ciò che non è, se il
nome rispecchia ed evoca la cosa? Secondo Cratilo, se qualcuno dice le cose come non sono più
che parlare fa rumore11.
Il nome, però, è altro dalla cosa: è un atto imitativo della cosa, anche su questo Cratilo concorda

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Socrate si serve della esemplificazione della situazione linguistica concreta per mostrare come la tesi dell' eracliteo non
regga: come se contro Ermogene servisse più teoria e con Cratilo, invece, oltre alla teoria fosse fondamentale la prassi.
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Socrate, con l'accordo dell'interlocutore, accosta i nomi alle esecuzioni pittoriche in quanto atti
imitativi di qualche cosa in ambito pittorico si può assegnare all'uomo l'immagine dell'uomo ma
anche quella della donna: corretta è solo quella attribuzione che assegna a ciascuna cosa il
conveniente ed il simile Socrate sostiene che nel campo dei nomi l'attribuzione che è corretta si
dice anche vera e falsa quella che non è corretta.
Cratilo però nega che sulla base dei nomi sia possibile distribuire non correttamente, mentre in
ambito pittorico è possibile.

Socrate riporta allora la situazione alla concreta interazione linguistica, mostrando come sia in effetti
possibile che talvolta qualcuno ad un uomo attribuisca il nome "uomo" come atto imitativo e talaltra
invece il nome "donna" Cratilo deve riconoscere che può accadere

Ad essere in gioco è un meccanismo di attribuzione, che a prescindere dall'aspetto dell’imitante può


andare a segno oppure no. Una attribuzione errata è falsa, una corretta è vera; le espressioni composte
da nomi e verbi possono anch’esse essere vere o false dire il falso è possibile

Quindi anche tra gli onomastici ce ne saranno di migliori e di peggiori: migliori saranno quelli che
attraverso sillabe e lettere assegnino all'immagine, cioè al nome, tutte le cose convenienti e peggiori
quelli che ne tralascino qualcuna (l’onomastico ha uno standard cui riferirsi ed un margine di scelta)

Cratilo obietta provando a riproporre l'ideale del nome come immagine perfetta ed immodificabile
negando che le riproduzioni parziali possono dirsi riproduzioni Socrate risponde richiamando la
sua attenzione sul nome come fatto qualitativo: esso deriva da una scelta dei tratti pertinenti per la
riproduzione dell’essenza della cosa da nominare

Il nome è immagine della cosa nominata un’immagine non necessita di riprodurre tutti i
tratti della cosa di cui è immagine, perchè diverrebbe impossibile distinguere l’immagine dalla
cosa di cui è immagine (argomento dei due Cratili)

In quanto immagine, il nome non riproduce la cosa tale e quale è


Occorre cercare un’altra forma di correttezza che non obblighi il nome-immagine ad avere tutte le
caratteristiche della cosa di cui è immagine l’importante è che vi sia l’impronta di ciò di cui è
immagine: se essa è presente, la cosa sarà espressa (nome ≈ cosa : somiglianza)

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Per essere attribuito bene il nome deve essere simile alla cosa deve avere lettere convenienti ai
tratti essenziali della cosa devono sussistere già predisposti elementi simili alle cose a partire dai
quali si compongono i primi nomi che devono essere atti imitativi delle cose

Si presuppone un criterio di corrispondenza naturale fra gli elementi di cui è composto il nome e le
caratteristiche delle cose con quelli riprodotte: i suoni articolati devono corrispondere oggettivamente
ai tratti elementari della realtà affinché sia possibile riconoscere somiglianze tra nomi e cose: la scelta
degli elementi può essere frutto di un’operazione di aggiunta o sottrazione.

Alla fine della sezione etimologica si erano attribuiti alle lettere aspetti della realtà:
indicava movimento e durezza,
indicava mollezza
Socrate propone un esempio in cui due nomi indicano la stessa cosa:
(Eretria) ο ή = ο ή (Atene) = “durezza”

Come mai due elementi diversi, e , stanno altrettanto bene nello stesso nome? Indicano lo stesso
tratto della realtà?
E perchè , indice di mollezza, sta in un nome che è il suo contrario?

Cratilo propone che anzichè si dica obiezione di Socrate: come riusciamo a capirci?
L’eracliteo è costretto ad ammettere che ciò avviene grazie all’uso12

Socrate: in qualche modo sono la convenzione e l’uso a permettere l’atto ostensivo

Socrate interroga ancora Cratilo su cosa permettano di fare i nomi: questi risponde che insegnano e
ribadisce come chi conosce i nomi conosce anche le cose la conoscenza del nome per Cratilo
comporta la conoscenza della cosa poiché essa è simile al nome ed è una sola la tecnica che le unisce

Linguaggio = luogo della conoscenza sembra però comunque presupporre una conoscenza
extralinguistica: colui che pose i primi nomi li pose in accordo a come giudicava fossero le cose,
tuttavia potrebbe essersi sbagliato ed aver imposto un accordo forzoso al corpus dei nomi

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Risulta qui evidente come l’apparato teoretico, pur coerente, che soggiace alla visione di Cratilo è un apparato valido
solo per il linguaggio ideale, deficitario nella reale dimensione comunicativa.
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Nomi essenza del tutto in perenne movimento, stando a quanto sin qui dimostrato

Però, guardando con attenzione, si nota che delle etimologie trovate è facile scoprire le contrarie, così
che le cose riconducibili al moto si trovino sotto la stasi e viceversa

Se colui che pose i primi nomi li pose sapendo, non poteva che sapere da nomi se sapere il nome è
sapere la cosa: ma se quelli erano i primi nomi e non ce n’erano altri,il discorso non regge

Cratilo si appella ad una sapienza divina: i primi nomi furono posti dagli dei
Obiezione di Socrate: un dio non sarebbe caduto in contraddizione con sè stesso ponendo bene alcuni
nomi e male altri

Stante il fatto che dei nomi alcuni sono veri ed altri falsi, occorre un criterio al di fuori dei nomi
per discernere quali siano veri, rendendo manifesta la verità delle cose che sono

Ma allora è possibile imparare le cose che sono senza i nomi esse vanno imparate da sè stesse,
nella loro stabilità ed articolazione

Infatti, è possibile dire che sia qualcosa il bello stesso, quale stabilmente è se fosse in perenne
movimento sarebbe impossibile dire di esso in modo corretto, perchè sarebbe anche inconoscibile

Se tutte le cose cambiano e nulla permane, non si dà conoscenza stabilità delle cose che sono come
condizione di nominabilità e conoscibilità.

È importante notare come per Platone il linguaggio sia un fatto umano, un fenomeno regolato da
leggi proprie, ovvero uno strumento di conoscenza che permette di comunicare riguardo le cose stesse
ma la cui portata conoscitiva, proprio in quanto fenomeno umano, è fortemente limitata.
Ai nomi di cui il linguaggio si compone spetta la correttezza (ὀ ότ ), ovvero il possesso di
quell'insieme di requisiti materiali e formali che permettono di riferirsi alle cose stesse mostrandole,
suddividendo correttamente il reale nell'articolazione che già possiede, ma solo alle cose stesse spetta
la verità (ἀλή ε α) .

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