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Alunno: Santiago Torres

Sull’inconoscibilità di Dio per il Circolo di Vienna


Prof. Giambattista Formica – 4 Novembre 2021

Verifica

Dopo aver brevemente contestualizzato il discorso di Carnap in Il superamento della


metafisica mediante l’analisi logica del linguaggio (1932) all’interno della critica
complessiva rivolta dal Circolo di Vienna alla metafisica tradizionale, spiegare perché le
obiezioni che nel suo articolo il filosofo rivolge alla sensatezza degli enunciati metafisici non
possono applicarsi al discorso sulla conoscibilità di Dio presente negli scritti di san Tommaso
(massimo 1500 parole, facendo riferimento ai testi).

Lavoro dell’alunno (Totale: 1540 parole)

Il testo in questione (Il superamento della metafisica mediante l’analisi logica del
linguaggio), scritto da Carnap, risale al 1932, ossia appartiene alla fase pubblica del Circolo di
Vienna. In questa fase si succedono i diversi congressi svolti dal medesimo (1929 e 1930),
una volta che era stato già stabilito in torno a Schlick, ed era già conosciuto all’estero proprio
come Circolo di Vienna. Il testo è posteriore anche al Manifesto (1929) e al libro “La
concezione scientifica del mondo”, scritto tra Hahn, Neurath e Carnap nel 1929.
In quest’ultimo, soprattutto, si danno le premesse che fungono da basi alle obiezioni fatte
da Carnap alla metafisica tradizionale nel testo che ci interessa, a partire dalla sua
“concezione scientifica del mondo”. Si possono ridurre a tre:
- Si cerca la realizzazione di un progetto filosofico: l’unificazione della scienza,
collegare e coordinare le acquisizioni dei singoli ricercatori nei diversi ambiti
scientifici. Perciò si dà singolare importanza al lavoro collettivo, l’intersoggettività,
alla formazione di un sistema di formule neutrali e un sistema globale dei concetti 1. È
un progetto filosofico dato che ogni singolo ricercatore non intende questo compito
nella su investigazione scientifica propria.
- Tutti i problemi, attraverso l’analisi logica, diventeranno questione empiriche
(soggette al giudizio della scienza sperimentale, riguardanti l’esperienza immediata o
riconducibili a essa) oppure “pseudo-problemi” (inquanto escono dall’ambito delle

1
Cfr. HAHN H. – NEURATH O. – CARNAP R., La concezione scientifica del mondo (1929), Laterza, Roma – Bari 1979, p. 74.
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scienze sperimentale e quindi sono impossibili da verificare, oppure esprimono solo


atteggiamenti emotivi e sono privi di significati). Questo è propriamente il compito
della filosofia2. Così, non ci saranno problemi insolubili.
- La concezione scientifica è empirista e positivista (accetta solo asserzioni sui dati
immediati oppure inferimenti da asserzioni sul dato immediato), ed è contraddistinta
dall’applicazione del metodo dell’analisi logica3.

Allora, riguardo al testo che ci interessa, l’Autore sostiene che tutte le proposizioni della
metafisica sono “pseudo-proposizioni”4; cioè, sono prive di senso anche se sembrano averlo.
E questo si deve a che hanno parole senza significato, oppure a che la sintassi delle parole
aventi significato è erronea5. La sua critica si sviluppa sulla base di questi due asserti: “Se non
è stabilito nessun criterio di applicazione per la […] parola, allora le proposizioni in cui essa
compare non vogliono dire nulla e sono mere pseudo-proposizioni”6, e anche: “[…] vogliamo
ammettere il caso che sia fissato il criterio di applicazione per una nuova parola […] la
proposizione (continente la parola) sarà da ritenersi vera se, e solo se, la cosa in questione
(ha il significato e si applica correttamente) […] e considereremo illecito ogni altro
significato, anche se coloro che usano tale parole ci comunicassero di «voler dire» con essa,
nondimeno, qualcosa di diverso”7. In altre parole, è erroneo dare nuovi significati alle parole
già stabilite nelle diverse lingue, e anche farcene uso in proposizione in cui non si possa fare
una corretta verificazione secondo il senso stabilito.
Da questo nasce la sua critica, e la sviluppa attraverso tre esempi, cioè: la
contestazione dell’uso ontologico del termine «principio», la critica dell’uso metafisico del
termine «Dio», e il rifiuto dell’uso predicativo del segno esistenziale (essere) se riferito a un
segno individuale (io sono). In seguito, cercheremo di dare una esposizione di quello che dice
l’Autore e la nostra corrispondente risposta alle sue obiezioni.

- Contestazione dell’uso ontologico del termine «principio»8

2
Cfr. HAHN H. – NEURATH O. – CARNAP R., La concezione scientifica del mondo (1929), Laterza, Roma – Bari 1979, pp.
75-76.
3
Cfr. HAHN H. – NEURATH O. – CARNAP R., La concezione scientifica del mondo (1929), Laterza, Roma – Bari 1979, p. 80.
4
CARNAP R., «Il superamento della metafisica mediante l’analisi logica del linguaggio» (1932), in A. PASQUINELLI (a cura
di), Il Neoempirismo, UTET, Torino 1969, p. 505.
5
Questi, infatti, sono i componenti di ogni linguaggio secondo l’Autore: parole e sintassi.
6
CARNAP R., «Il superamento della metafisica mediante l’analisi logica del linguaggio» (1932), in A. PASQUINELLI (a cura
di), Il Neoempirismo, UTET, Torino 1969, p. 509.
7
Ibidem. Le parentesi sono nostre.
8
Idem, pp. 510-512.
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Si deve chiedere ai metafisici in quali condizioni la proposizione «x è il principio di y»


sarebbe vera e in quali falsa, ossia il criterio di applicazione o la definizione della parola
“principio”9. Secondo la concezione fisica, questo vorrebbe significare “a cose o a eventi
della specie x seguono sempre o di frequente cose o eventi della specie y (rapporto causale
nel senso di una successione conforme a legge)”10. Il metafisico, invece, dice di non voler
intendere un rapporto empiricamente constatabile, ma non stabilisce criterio per altro
significato, non da un significato verificabile; dunque, toglie il significato originario della
parola, ma non da un altro, rendendola così vuota.
In San Tommaso, questa obiezione perde senso, perché in lui il significato della parola
“principio” è ben chiaro; “hoc nomen principium nihil aliud significat quam id a quo aliquid
procedit”11. Addirittura la si distingue delle altre simili “causa” ed “elemento”: “principium
communius est quam causa, sicut causa communius quam elementum, primus enim terminus,
vel etiam prima pars rei dicitur principium, sed non causa.”12 Anche fa ulteriori precisazioni
come che implica precedenza ma non sempre priorità 13. E dà anche degli esempi in cui si
compie questo significato, in cui si verifica questo senso: “sicut cum dicimus punctum esse
principium lineae, vel etiam cum dicimus primam partem lineae esse principium lineae”14
Gli si potrebbe dire che ha cambiato il senso empirico della parola che, secondo Carnap, è
il senso originario; ma questo cambiamento non sarebbe erroneo (concesso che il senso
empirico sia affatto quello originario) secondo le sue stesse parole, perché non è privo di
senso né privo di criterio di verificazione.

- Critica dell’uso metafisico del termine «Dio»15


Su questa parola l’Autore distingue tre significati diversi: mitologico, metafisico e
teologico. Nel primo senso, la parola ha un chiaro significato: “degli esseri fisici che
imperano, per esempio, sull’Olimpo, nel cielo o negli inferi, e che sono corredati in misura
più o meno perfetta di potenza, sapienza bontà e felicità”16, oppure significa un essere
spirituale che tuttavia si mostra nelle cose visibili ed è, perciò, accertabile empiricamente. Nel
secondo senso, il metafisico, “Dio” designa “qualcosa di extra-empirico”17; si toglie il suo
9
Idem, pp. 510-511.
10
Idem, p. 511. Le parentesi sono del testo.
11
S. Th. Iª q. 33 a. 1 co.
12
Ibidem, ad 1.
13
Cfr. Ibidem, ad 3.
14
Cfr. Ibidem, co.
15
CARNAP R., «Il superamento della metafisica mediante l’analisi logica del linguaggio» (1932), in A. PASQUINELLI (a cura
di), Il Neoempirismo, UTET, Torino 1969, pp. 512-513.
16
Idem, p. 512.
17
Ibidem.
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significato originario ma non gli si dà alcun significato nuovo, e resta, dunque, privo di
significato. Quando sembra di avere un significato preciso, invece solo rimanda ad altre
parole prive di senso oppure a delle connessioni di parole logicamente illecite 18. Il terzo
senso, il teologico, semplicemente non ha significato proprio ma oscilla fra gli altri due.
In San Tommaso, si arriva alla conoscenza di Dio per argomenti deduttivi e, quindi, tutti i
sensi avuti dal nome “Dio” sono proprietà delle quali si ha avuto una conoscenza o esperienza
precedente (per esempio: si arriva a “causa prima” a partire dalle cause “non prime” che
esistono nel mondo), ma le si considera in questo caso in forma analogica ed eminente.
Quando parliamo di Dio, non si fa altro che parlare della esistenza di queste proprietà, e non
di un individuo19.
Dal resto, c’è un criterio di verificazione: quello che si utilizza nelle deduzioni;
semplicemente bisogna che l’inferenza sia corretta, e che le premesse siano vere20.

- Rifiuto dell’uso predicativo del segno esistenziale (essere) se riferito a un segno


individuale (io sono)21
Il secondo modo, secondo l’Autore, in cui una proposizione è una pseudo-proposizione
riguarda la sintassi. Questo errore può darsi perché non si trova l’ordine che esige la sintassi,
oppure perché, bensì la successione di parole è formata secondo la sintassi e sembra essere
corretta, non ha senso o non si può fare la attribuzione del predicato in questione al soggetto
in questione22. In altre parole, si rispetta la sintassi grammaticale ma non quella logica23.
È in questo secondo senso che l’Autore fa la sua critica: è corretto o almeno accettabile,
nel linguaggio comune, utilizzare il verbo “essere” come predicato, come predicazione che
significa l’esistenza; ma in realtà, ci dice, il segno esistenziale non si può predicare di un
segno individuale, bensì solamente di un predicato 24; la forma corretta è, quindi: «esiste
qualcosa di questa o quella sorta»25 (ƎxP(x)).
Neanche questa obiezione trova luogo contro San Tommaso. Innanzitutto, lui distingue
chiaramente i diversi sensi in cui si utilizza la parola “essere” 26. Ma, anche, quando lui parla

18
Cfr. Ibidem.
19
Cfr. FORMICA GIAMBATTISTA, Sull’inconoscibilità di Dio per il Circolo di Vienna, lezione avuta il 4 Novembre 2021.
20
Cfr. Idem.
21
CARNAP R., «Il superamento della metafisica mediante l’analisi logica del linguaggio» (1932), in A. PASQUINELLI (a cura
di), Il Neoempirismo, UTET, Torino 1969, p. 522 e ss.
22
Cfr. Idem, p. 514.
23
Cfr. Idem, p. 516.
24
Cfr. Ibidem.
25
Cfr. Idem, p. 523.
26
I Sent., d.33, q.1, a.1, ad1.
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dell’esistenza, per esempio, di Dio, non fa altro che parlare dell’esistenza di una proprietà 27, di
un predicato, che si trova nelle cose, ma in Dio in modo eminente (come si è detto).

27
Cfr. FORMICA GIAMBATTISTA, Sull’inconoscibilità di Dio per il Circolo di Vienna, lezione avuta il 4 Novembre 2021.

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