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Frege, Wittgenstein e il
neopositivismo
Austin riconosce che «il linguaggio come tale non è preciso, e inoltre è, nel
nostro senso, non esplicito» avanzando l’ipotesi che le formulazioni
performative implicite precedano quelle esplicite. Nonostante ciò persevera
nella ricerca di di un dispositivo atto a rendere bene la “forza” dell’enunciato,
che renda conto non soltanto delle diverse funzioni del linguaggio ma anche
del rapporto tra linguaggio e azione.
AUSTIN E BENVENISTE
La ricerca di Austin lo aveva costretto a prendere in considerazione diversi
aspetti delle lingua storico-naturali nell’ambito della ricerca linguistica:
l’analisi delle forme verbali, le componenti paralinguistiche, la gestualità e
l’intonazione e il ruolo svolto dalla situazione enunciata. Benveniste aveva
commentato la versione francese delle tesi dei performativi e constativi di
Austin e di lui apprezza la propensione ad occuparsi del linguaggio «così
come esso viene parlato».
Benveniste aveva iniziato uno studio sulla distinzione degli enunciati, distinti
dall’uso presente o meno della prima persona singolare del presente attivo, e
aveva distinto tra enunciati che eseguono atti, esecutivi, ed enunciati che
informano. Si interessa al lavoro di Austin perché vuole rintracciare degli
elementi utili alla propria analisi della concreta situazione dell’enunciazione.
Per Benveniste l’enunciato esecutivo assume la dimensione dell’evento,
ancorato a un tempo e un luogo definiti, unico e non ripetibile.