Sei sulla pagina 1di 16

LA TEORIA DEL SIGNIFICATO

NELLE RICERCHE LOGICHE DI HUSSERL


Francesco P. Mineo

Abstract

This paper focuses on Husserl’s theory of meaning, comparing it with Frege’s theory.
The central task of this work is to study Husserl’s research in his Logical Investiga-
tions. This paper highlights how, according to Husserl, interlocution between speak-
ers can be the basis of a new theory of meaning that begins with the meaning inten-
tion and is accomplished with filling of meaning. The paper describes how phenom-
enology is closely linked to the idea of a “pure logic”, with no metaphysical, scientific-
naturalistic or psychological assumptions. This idea is aimed at a theory of knowledge
of pure forms and objects in their truth. Objectivity is given in the solus ipse aspect,
but it is also due to the determination in the intentional communicative act between
speakers. All of this is possible in virtue of the concept of “expression”, to which Hus-
serl refers in his Logical Investigations.

1. Il concetto husserliano di Bedeutung1 come punto d’avvio per una nuova


teoria della conoscenza

Qual è il posto della teoria del significato2 nella teoria della conoscenza hus-
serliana? È importante sottolineare che, contrariamente all’ipotesi di J. Be-
noist [2003], che fa derivare tutta l’idea della fenomenologia dall’“intenzione
di significare” (Bedeutungsintention), lo stesso Husserl nelle Ricerche Logi-
che presenta la fenomenologia come già “fondante la logica pura” [Cfr. Hus-
serl 1968a: 15-16], ossia la scienza delle forme pure della conoscenza. Rimane
comunque l’importanza data da Husserl nelle Ricerche Logiche alla teoria del
significato come primo passo per la costruzione della fenomenologia. In tal
senso, non ci potrebbe essere fenomenologia se non costruita su una “logica
filosofica”, la quale è dedicata al chiarimento dei rapporti di significazione tra

1 Riguardo a Frege, nelle pagine a seguire, tradurremo indifferentemente Bedeutung con “si-
gnificato” e/o “riferimento” e non con “denotazione”.
2 Una teoria del significato sia nel caso di Frege che di Husserl è una teoria che formula e ca-

ratterizza le condizioni semantiche dei linguaggi e i vincoli che esse devono rispettare per pro-
durre espressioni dotate di senso. Dummett, in saggi come What is a Theory of Meaning
[1975] e The Logical Basis of Metaphysics [1996], spiegando cosa sia una “teoria del signifi-
cato”, distingue dalla teoria del significato generale le “teorie-del-significato”, le quali studiano
le peculiarità semantiche delle singole lingue storico-naturali come il francese, il tedesco etc.
Una teoria del significato darebbe dunque la possibilità di spiegare tutto il sistema linguaggio.

111
i soggetti parlanti e l’oggetto intenzionato. Alla base della teoria del signifi-
cato c’è nelle Ricerche l’intenzione di significare e “il significato inteso”3. A
chi potrebbe ravvisare una circolarità di costruzione tra logica e fenomenolo-
gia si può rispondere che di questa stessa circolarità Husserl fa un caposaldo
della sua filosofia della conoscenza. In quanto aspetti di uno stesso edificio
teorico, logica e fenomenologia possono considerarsi reciprocamente com-
plementari e cooriginarie. Fin dai primi anni del XX secolo questo tema spe-
cifico della filosofia husserliana ha suscitato ricerche e approfondimenti che
ancora oggi sono all’ordine del giorno4.
Nel 1891 Husserl pubblica il primo volume della Filosofia dell’aritme-
tica, successivamente scrive a Frege mandando una copia del suo lavoro e
chiedendone un giudizio e una recensione; a ciò segue uno scambio breve e
proficuo. A causa delle osservazioni di Frege Husserl affronta un momento di
crisi e di evoluzione del proprio pensiero tanto da lasciare incompiuta la sua
Filosofia dell’aritmetica. Da lì si dedicherà alla composizione delle Ricerche
Logiche. Scrive nell’introduzione: “Queste sono per me un punto di partenza
nella strada di una chiarificazione critico-conoscitiva dei più pungenti pro-
blemi riguardo alla fondazione di una scienza rigorosa e pura” [Husserl
1968a: 6]. Con le Ricerche Logiche, pubblicate nel 1901, Husserl non intende
offrire un sistema di logica, ma preparare il terreno a una “logica filosofica”,
“chiarificata a partire dalle fonti originarie della fenomenologia” [Ivi: 7-8].
L’autore fin dalle prime pagine afferma che la fenomenologia si caratterizza
per un’assenza totale di presupposti metafisici, scientifico–naturalistici e psi-
cologici. Le Ricerche Logiche insomma sono un trattato sui generis: il filosofo
indaga i “fenomeni” nel loro essere vero, cioè gli oggetti e gli stati di cose che
appaiono sotto la prospettiva del “bisogna tornare alle cose stesse”. Il testo
delle Ricerche, introdotto dal saggio indipendente Prolegomeni a una logica
pura (1900), prese forma a partire dal 1896 in occasione di un corso che Hus-
serl tenne all’università di Halle. In queste lezioni Husserl si propose di fon-
dare una nuova teoria della conoscenza a partire dal concetto di significato
(Bedeutung). È la svolta che lo porta a ridefinire l’atto di significare come atto
intenzionale, nel tentativo di ricomporre la frattura tra il soggetto e l’oggetto
intenzionato. L’opera propone uno sviluppo in sei parti interrelate e mutua-
mente comunicanti su una nuova teoria della conoscenza.

3 Intenzione di significare, o anche tradotto “intenzione di significato”, e “significato inteso”:


nel lavoro di Husserl capita spesso di trovarsi di fronte a distinzioni ideali che poi rappresen-
tano un’unità fenomenologica fondamentale dell’esperienza vissuta. Il significato inteso è la
controparte della Bedeutungsintention, e ne rappresenta il compimento [cfr. 1968a e b: I-VI].
4 Basti pensare a Quadrellaro [2016]. L’autore mette in luce alcuni punti di confronto e risvolti

problematici delle teorie di Frege e Husserl. Tuttavia, per quanto riguarda Husserl, l’autore
sembra fermarsi a estrarre dalle Ricerche una teoria del significato senza contestualizzare il
suo ruolo all’interno della filosofia fenomenologica husserliana.

112
2. Alcuni capisaldi della teoria della conoscenza nelle Ricerche Logiche

Una delle critiche fondamentali che Frege muove a Husserl nella sua recen-
sione alla Filosofia dell’aritmetica è che il versante soggettivo del significare
possa assumere l’aspetto del versante oggettivo senza passare da un con-
fronto tra la rappresentazione e il pensiero oggettivo. Passaggio che Frege ri-
tiene necessario. Frege attribuisce allo Husserl della Filosofia dell’aritmetica,
criticandolo, uno psicologismo “della coscienza”:

Gli oggetti sono rappresentazioni. Così J.S.Mill, con piena approvazione dell’autore, fa-
rebbe rientrare oggetti in uno stato di coscienza, come sue parti costitutive. Ma la luna,
per esempio, non dovrebbe essere un po’ indigesta per uno stato di coscienza? […] Scom-
pare con ciò la distinzione fra concetto e rappresentazione, fra rappresentare e pensare.
Tutto si svolge nel soggettivo. Ma proprio per il fatto che viene cancellato il confine fra
soggettivo e oggettivo, anche il soggettivo, viceversa, assume l’aspetto dell’oggettivo […].
Ora, dal momento che nella parola “rappresentazione” si riuniscono soggettivo e ogget-
tivo, si cancella il loro confine, sicché a volte una rappresentazione nel vero senso della
parola viene trattata come qualcosa di oggettivo, a volte invece si tratta qualcosa di og-
gettivo come una rappresentazione [...] Ma, in fondo, non è un diletto innocente chiamare
la luna, per esempio, una rappresentazione? Certo! Fintanto però che non si presuma di
poterla arbitrariamente trasformare o generare con mezzi psicologici [1965d: 418-437].

A poco a poco lo stesso Husserl, sulla scorta di queste critiche di Frege, si


accorgerà dell’insostenibilità di tale posizione, per questo tralascerà parzial-
mente lo psicologismo per indirizzare la sua ricerca su quello che sembra es-
sere adesso il più grande dei problemi: la frattura tra il soggettivo e l’ogget-
tivo. Lo scopo della filosofia husserliana da questo momento in poi sarà il
superamento di questa frattura. Il filosofo di Prossnitz abbandonerà l’ideali-
smo solipsistico e psicologista, delineato nella Filosofia dell’aritmetica, per
elaborare un idealismo trascendentale mediato da una “psicologia puramente
descrittiva”. Lo scambio con Frege ha influenzato profondamente la conce-
zione husserliana del significato. Come è noto Frege articola il problema del
significato in termini di Sinn (senso), di Bedeutung (significato/riferimento)
e Vorstellung (rappresentazione soggettiva). In particolare per Frege il rife-
rimento (Bedeutung) è l’oggetto o l’oggettività indicata nel valore di verità
della proposizione. Il senso è il modo in cui viene dato il riferimento alla cosa.
L’articolazione, che riguarda il senso oggettivo (Sinn) e l’oggetto in Frege è
tale da trascurare il vissuto psichico (in termini husserliani) e il mondo quo-
tidiano, in cui entrano in relazione i parlanti, per fare spazio a un “terzo re-
gno” di concetti e di pensieri uguali per tutti. Scrive Frege a Husserl in una
lettera del 1906:

Non può essere il compito della logica investigare il linguaggio e determinare cosa è con-
tenuto in un’espressione linguistica […] Le lingue non sono fatte in modo da potere cor-
rispondere alla riga della logica. Gli elementi della logica nel linguaggio sembrano sempre
nascosti sotto a delle immagini che non sono mai accurate. […] Il più grande compito del

113
logico oggi è liberarsi dal linguaggio e semplificarlo, analizzarlo per bene. La logica do-
vrebbe essere il giudice di tutti i linguaggi. Mi pare che i logici ancora stiano troppo im-
pigliati nei concetti della psicologia. Questo è il motivo per cui loro sono prevenuti nello
studiare la mia notazione concettuale. Pensano che la mia notazione non rappresenti cor-
rettamente i processi mentali; e sono nel giusto perché questo non è affatto il mio scopo.
A quanto pare si ritiene ancora che il compito della logica sia studiare in certo modo i
processi mentali. La logica è divenuta senza alcun senso una parte della psicologia [Frege
1980: 66-70].

Ora, quel che è importante mettere in evidenza del pensiero fregeano è que-
sto: l’oggetto e ciò che è oggettivo sono sempre indipendenti dai parlanti e dal
loro linguaggio quotidiano. Dire che la logica dovrebbe essere il giudice di
tutti i linguaggi è come dire che la logica sta oltre il mondo e oltre la parola.
Universale e indipendente dal soggetto permane oggettiva nel suo terzo re-
gno. In Über Sinn und Bedeutung Frege sottolinea il fatto che il linguaggio
naturale è enormemente più ricco della logica. La logica fregeana, scarna e
perfetta, trascura il lato dei rivolgimenti e delle singolarità proprie delle ci-
viltà e delle organizzazioni sociali.
È opportuno concentrarci a questo punto sul problema del platonismo, e
in modo specifico sulla differenza tra il platonismo di Frege e quello di Hus-
serl. La filosofia husserliana infatti è spesso considerata uno sviluppo coe-
rente e riuscito del platonismo. Frege, dal canto suo, adotta in tutto e per
tutto, nella sua epistemologia, una direzione platonista, interpretando i pen-
sieri e i significati come oggetti di un terzo regno platonico in tutto simili alle
“idee”. Husserl, invece, adotta l’idea platonica come termine ultimo e risul-
tato del percorso conoscitivo. La comprensione pura dei fenomeni è il loro
essere ridotti all’essenza. A Husserl interessa la struttura invariante dell’es-
senza sia riguardo all’io sia riguardo agli stati di cose o oggetti. È un metodo
di perfezionamento dell’adaequatio, che non mira a un allontanamento dallo
spazio della realtà empirica, come accade in Frege. Ma allora dove stanno i
significati? In cosa si distinguono, riguardo a questa domanda, la prospettiva
di Frege e quella di Husserl? Queste due prospettive si intrecciano con quella
esternalista e internalista.

a) Ipotesi fregeana

b) Ipotesi internalista

c) Ipotesi husserliana

d) Ipotesi esternalista

114
a) I significati non stanno nella mente ma nel terzo regno platonico. In
questo senso una teoria del significato non può non cominciare che da
un’analisi vero-funzionale degli enunciati5.
b) I significati non sono altro che contenuti mentali (tesi sostenuta, ad
esempio, da Locke).
c) La rappresentazione mentale può essere comunicata solo attraverso
un linguaggio che sia comprensibile anche all’ascoltatore o interprete. I signi-
ficati sono quindi intersoggettivi laddove anche siano delle soggettive rappre-
sentazioni mentali del mondo esterno.
d) I significati sono collocati nella realtà empirica (cfr. Russell [1905],
Kripke [1971], Putnam [1975]) e vengono appresi grazie anche al “principio
di cooperazione” (per es. Grice) e a quello di “carità” (per es. Davidson e
Quine)6.
Tra le sei Ricerche la prima, intitolata Espressione e significato (Au-
sdruck und Bedeutung), è quella che riguarda direttamente il nostro quesito
su dove stia il significato. Il quesito risulta intrecciato a quello sulla funzione
comunicativa del linguaggio. La domanda pare essere formulabile in questo
modo: le cose stanno come dice Frege (esiste, cioè, c’è un “terzo regno” og-
gettivo da scoprire e da seguire normativamente), oppure stanno come dice
Husserl (e cioè determinate funzioni come il pensiero e i significati stanno
fermi grazie alla comunicazione)? In effetti ci sembra che la comunicazione e
l’analisi linguistica svolgano in entrambi i casi un ruolo importante. Focaliz-
ziamo l’attenzione sulla prima ricerca di Husserl, su cosa siano le espressioni
(Ausdruck) e in che rapporto stiano con i segni (Zeichen) e coi significati (Be-
deutung). Secondo Husserl gli uomini, prima ancora di comunicare con gli
altri, parlano tra sé e sé. Seguendo l’indagine di Husserl, quando dalla vita
psichica isolata (che pure ha i suoi segni) si passa alle espressioni di signifi-
cato nella funzione comunicativa? Husserl non distingue – almeno rispetto
all’uso più riconosciuto di “segno” (Zeichen) –, tra il termine segno e il ter-
mine significato (Bedeutung); essi sono diversi aspetti di una stessa realtà:

5 Nei Fondamenti dell’aritmetica Frege, oltre a dire che bisogna distinguere sempre oggetto e
concetto e il soggettivo dall’oggettivo, dice anche che non si deve considerare il significato delle
parole in isolamento ma solo nel contesto di un enunciato. Frege critica la tesi secondo cui i
significati delle parole sono immagini mentali. La tesi, sostenuta in età moderna da Locke,
viene solitamente definita “teoria ideazionista del significato”. Frege argomenta che solo a par-
tire dagli enunciati completi si può porre la domanda sul significato di una parola. Il significato
di una parola consiste nel contributo di valore che essa dà al significato dell’enunciato in cui
compare.
6 Il principio di “cooperazione” griceano afferma che bisogna conformare il proprio contributo

conversazionale a quanto è richiesto dall’intento comune della conversazione, nel momento in


cui avviene. Apparenti violazioni del principio possono essere sempre interpretate in modo da
salvare al massimo la razionalità del parlante, secondo il principio di “carità” ideato da Quine
e sviluppato da Davidson. Occorre interpretare i proferimenti del proprio interlocutore pre-
supponendo la razionalità o la sensatezza. Il principio di Grice e quello di Quine si presentano
come due principi complementari. Il primo dice come dovrebbe comportarsi un parlante, il
secondo come l’ascoltatore dovrebbe interpretare il parlante.

115
l’espressione (Ausdruck). Husserl si domanda: quando un pensiero passa
dalla sua origine intra-personale (nel senso di un’entità che nasce nello spazio
e nel tempo della “coscienza”) a essere un oggetto ideale? È evidente che que-
sta domanda, posta a partire dal concetto husserliano di “pensiero interiore”,
e rivolta alla teoria di Frege, rischia di produrre una incongruenza e, in un
certo senso, non può nemmeno essere posta. In Frege infatti l’anti-psicologi-
smo è talmente marcato che i pensieri (Gedanke) si costituiscono già come
realtà oggettive esterne alla mente, solo in seconda istanza possono essere
afferrate o meno dal soggetto e figurate nelle rappresentazioni (Vorstellung).
C’è da notare da un punto di vista husserliano che in un terzo regno bisogne-
rebbe ammettere un contenuto da veicolare attraverso una soggettività (una
rappresentazione singolare) e, solo dopo essere stato condiviso da più sog-
getti, potrebbe definirsi oggettivo. Ma questa idea di oggettività dovuta all’in-
tersoggettività non è il modo di considerare la questione proprio di Frege.
Invece è proprio questo l’atteggiamento che Husserl ha nei confronti del rap-
porto dinamico tra oggettività e intersoggettività. In altri termini, come av-
viene il passaggio dal soggettivo all’oggettivo? L’analisi linguistica condotta
in Über Sinn und Bedeutung è importante per comprendere la relazione sta-
tica fra le proposizioni, i giudizi e la verità o falsità ad essi connessa e questo
ha a che fare con la soggettività e l’oggettività dei contenuti mentali. L’ogget-
tività, invece, secondo Husserl, in un certo senso deve prima passare dalla
comunicazione. Essa, a partire dalle Ricerche husserliane, può essere definita
anche prendendo le mosse dalla scoperta di una verità matematica, ma que-
sta deve essere legata all’accordarsi reciproco di diverse rappresentazioni,
mediante l’uso del linguaggio, in vista di un’unità di significato7. In Husserl
non si dà un “terzo regno” fregeano se non passando attraverso la costituzione
sociale del linguaggio e lo scambio enunciativo. Frege invece esclude la di-
mensione sociale del linguaggio a vantaggio della dimensione logica. Pos-
siamo già delineare la distanza tra Frege e Husserl. Il primo intende l’idealità
del pensiero come a sé stante, assoluta ed extratemporale, il secondo invece
fa dell’idealità un processo di costruzione che va dall’idea soggettiva o intra-
psichica– la quale può arrivare a scoprire una verità matematica – all’ogget-
tività ideale che si mantiene tale nello scambio continuo tra i soggetti, nel
tempo e nello spazio, omnitemporalitater8. Husserl ha in mente un’omni-
temporalità intesa come il processo ideale della costruzione del significato in
comune e del suo passaggio da un’origine soggettiva a una comprensibilità
oggettiva e pubblica. Scrive Husserl nell’Origine della geometria (1936), ne-
gli anni più maturi del suo pensiero:

7 Cfr. Husserl [1968a: 306-309].


8 Avverbio che indica il fatto che l’atto del significare attraversa tutti i tempi dello scambio
linguistico.

116
Ora, il nostro problema concerne appunto quelle oggettualità ideali che sono tematizzate
dalla geometria: come avviene il passaggio dall’idealità geometrica dalla sua origine ori-
ginariamente intra-personale, per cui essa è una formazione che rientra nello spazio co-
scienziale dell’anima del primo inventore, alla sua obiettività ideale? Già qui possiamo
rispondere: per mezzo della lingua attraverso la quale essa s’incarna, per così dire, nel
suo corpo proprio linguistico (Sprachleib). Ma come può l’incarnazione linguistica tra-
sformare una formazione meramente intra-soggettiva in una formazione obiettiva, che
sia effettivamente comprensibile a chiunque, e che valga per sempre, già nell’espressione
linguistica, in quanto proposizione e in quanto discorso geometrico, nel suo senso geo-
metrico ideale? […] Nell’orizzonte del mondo ha sempre un particolare rilievo l’orizzonte
costituito da tutti gli altri uomini, che siano o meno presenti. Compresenti alla coscienza
sono gli uomini che rientrano nel nostro orizzonte esterno, gli ‘altri’; essi sono sempre
presenti alla ‘mia’ coscienza in quanto sono i miei altri; con essi io posso entrare in una
connessione entropatica attuale o potenziale, immediata o mediata; tra me e gli altri può
nascere una reciproca comprensione e poi, sulla base di questa comprensione, un com-
mercio reciproco. Come me, ogni uomo ha l’orizzonte degli altri uomini, e proprio per
questo può venire compreso da me e da chiunque altro; in quanto egli annovera se stesso
tra gli altri, egli ha, in generale, un’umanità, e sa, vivendo, di rientrare in essa. […] Tutte
le cose hanno un nome, tutte le cose sono, in un senso vasto, denominabili, sono cioè
esprimibili linguisticamente. Il mondo obiettivo è sempre un mondo per tutti, è il mondo
che ‘chiunque’ ha come orizzonte. Il suo essere obiettivo presuppone gli uomini, in
quanto uomini che hanno una lingua generale. La lingua da canto suo è una funzione,
una facoltà esercitata che è in un riferimento correlativo al mondo, all’universo degli og-
getti, il quale è esprimibile linguisticamente nel suo essere e nel suo essere così. Così gli
uomini in quanto uomini, gli altri, il mondo - il mondo di cui gli uomini parlano, di cui
parliamo e possiamo parlare noi- e, d’altra parte, la lingua, sono in un intreccio che è
sempre nella certezza della sua inscindibile unità relazionale [Husserl 1961a: 384-386].

Husserl, quindi, superata la tentazione aprioristica, fa della realtà – e della


sua oggettività – il frutto di un processo storico-temporale in cui la cono-
scenza da parte del soggetto si intreccia con una tensione linguistica tra i sog-
getti e l’oggetto. Dunque qui troviamo un “sistema” che tenta di sintetizzare
alcune soluzioni ai grandi interrogativi di quell’epoca riguardanti il problema
della verità, il realismo e l’intersoggettività9. Anche se il concetto maturo di
intersoggettività nell’opinione che Husserl svilupperà nella V Meditazione
[1989] non consiste esclusivamente nell’interlocuzione enunciativo-espres-

9 Nella filosofia contemporanea il tema dell’intersoggettività è presente in modo esplicito nella


fenomenologia di Husserl, sia nelle Idee che nelle Meditazioni. Quello dell’intersoggettività è
un concetto maturo della fenomenologia. È nello scambio delle rappresentazioni tramite il lin-
guaggio che l’intersoggettività fa il suo debutto nella fenomenologia. Nella sua evoluzione il
concetto risponde alla preoccupazione di Husserl, che era quella di evitare una caduta dell’Ego
trascendentale nel solipsismo. La soluzione sarebbe consistita essenzialmente nell’ipotizzare
un rapporto di Einfühlung (Empatia) tra i diversi Ego, grazie al quale l’esperienza vissuta del
singolo sarebbe potuta diventare una esperienza comune e aprire la strada verso la conoscenza
delle essenze, delle oggettività. Nelle Meditazioni il fenomenologo fa l’analisi della possibilità
di spiegare l’essere vero dei fenomeni a partire dai modi conoscitivi dell’io nella relazione tra
l’Ego e l’alter ego. L’alterità, l’estraneità entra a far parte dello spazio dell’Ego in quanto esso
ha un corpo espressivo. L’intersoggettività matura è quindi importante a partire dal corpo,
dalla sua espressione, ma a nostro avviso, in prima battuta, anche dallo scambio enunciativo.

117
siva, ma anche di un linguaggio emotivo-corporeo, tuttavia lo studio husser-
liano sull’interlocuzione può rappresentarne una solida base concettuale.
Husserl risponde nelle Ricerche a tali interrogativi con quella che lui chiama
un’“autentica adaequatio rei et intellectus” [1968b, VI cap. 5 par. 37]. Evi-
dentemente questo è l’apice gnoseologico delle Ricerche: una verità che ri-
sulta dal confronto e dall’avvicinarsi reciproco in un punto medio fra il sog-
getto e l’oggetto (anche nel caso delle verità matematiche tradizionalmente
intese come aprioristiche). Husserl è quindi un corrispondentista? Per cer-
care la risposta a questo quesito faccio riferimento a due lavori di G. Licata.
In Teoria platonica del linguaggio [2007] Licata tende a riconoscere il cor-
rispondentismo come quella posizione originaria nel rapporto tra linguaggio
e verità che da Platone in poi non può più essere eliminata. L’adaequatio tra
il modo di parlare, il dire, il definire e l’oggettualità è una corrispondenza, ma
in che senso? Si ritiene che il corrispondentismo sostenga la posizione della
veritas come adaequatio intellectus ad rem. Questa è la posizione di Aristo-
tele che Licata riprende nella sua introduzione del 2011 al volume Philosophi-
cal essays on Language, Ontology and Science. Alcuni medievali, seguendo
Tommaso D’Aquino, avrebbero poi interpretato la teoria corrispondentista
come una adaequatio rei et intellectus, secondo la quale il senso dell’adae-
quatio sarebbe doppiamente orientato dalla realtà al soggetto e dal soggetto
alla realtà. Questo tipo di corrispondenza doppiamente orientata fa buon
gioco alla posizione di Husserl, secondo il quale lo statuto ontologico della res
si sostanzia nella coesistenza reciproca dell’io e dell’oggetto che si realizza nel
fenomeno. La posizione aristotelica (che Licata ribadisce) in cui la corrispon-
denza non è doppiamente orientata non è però necessariamente negata dal
doppio orientamento di Tommaso D’Aquino. Licata [2015] ha sostenuto, in-
fatti, che l’adeguarsi reciproco della mente all’oggetto e dell’oggetto alle cate-
gorie trascendentali del soggetto è innegabile ma esso è pur sempre una fun-
zione secondaria, una sottofunzione per così dire, dell’aristotelico adeguarsi
della mente alla realtà, unica posizione esente da insostenibili idealismi. È
questo un possibile modo di interpretare, con esiti non contraddittori, il cor-
rispondentismo fenomenologico di Husserl. In Husserl la conoscenza della
verità è un punto d’incontro tra l’uomo e gli stati di cose, poichè dalla co-
scienza soggettiva ideale la realtà appresa diventa oggettivamente conosciuta
e comprensibile mediante il linguaggio di un io che da io-puro si fa io-empi-
rico, tra altri io-empirici reali, arrivando così al fenomeno. L’interlocuzione
risulta essere quindi una buona base dell’intersoggettività. Il passaggio da un
io-puro a una relazione tra tutti gli io-empirici nel mondo può superare il tra-
scendentale – quel regolativo usato da Husserl – in vista della conoscenza
oggettiva delle idee, ovvero degli oggetti del mondo stesso nella loro essen-
zialità e nella loro verità. Scrive Husserl:

Vi è una coordinazione reciproca tra il parlare e l'ascoltare, tra informare su certi vissuti
psichici nel parlare e l'assumere questa informazione nell'ascolto. La comprensione

118
dell'informazione non è una conoscenza concettuale di essa, un giudicare dello stesso ge-
nere dell'enunciare; essa consiste piuttosto soltanto nel fatto che l'ascoltatore coglie in-
tuitivamente (appercepisce) o, come potremmo dire senz'altro, percepisce colui che parla
come una persona che esprime qualcosa. […] Alla funzione significante si collega appunto
quella informativa: in tal caso il pensiero non sarà espresso soltanto come significato, ma
sarà anche comunicato per mezzo dell'informazione; cosa che naturalmente è possibile
solo nel parlare e nell'ascoltare reale […] [Husserl 1968a: 228-229].

E ancora:

Sembra restino da esaminare ancora due aspetti: l'espressione stessa e ciò che essa
esprime come proprio significato. L'espressione è più che un mero complesso fonetico.
Essa intende qualcosa, riferendosi nello stesso tempo a un'oggettualità. Questa oggettua-
lità può apparire, in virtù delle intuizioni di accompagnamento, attualmente presente o
almeno presentificata. Quando ciò si verifica, il riferimento all'oggettualità è realizzato.
Oppure ciò non accade; l'espressione funge significativamente e resta sempre qualcosa
di più che un vuoto complesso fonetico. Ora, il riferimento dell'espressione all'oggetto
non è realizzato, in quanto esso è incluso nella mera intenzione significante. Non appena
la vuota intenzione significante si riempie, il riferimento all'oggetto si realizza, la deno-
minazione diventa una relazione attualmente presente alla coscienza tra nome ed oggetto
denominato. Nel caso di un discorso comunicativo, possono far parte dell'informazione
sia gli atti che conferiscono il senso sia quelli che lo riempiono. I primi formano il nucleo
essenziale dell'informazione. L'interesse dell'intenzione comunicativa dovrà essere anzi-
tutto diretto a rendere noti all'ascoltatore proprio questi atti; e solo per il fatto che li at-
tribuisce a colui che parla, l'ascoltatore è in grado di comprenderlo [Ivi: 231-232].

3. Senso, significato ed espressione tra Frege e Husserl

Facciamo un po’ di chiarezza su alcuni termini chiave del lessico fregeano e


husserliano dei testi che abbiamo preso in considerazione. Essi sono: senso
(Sinn), segno (Zeichen), significato (Bedeutung), espressione (Ausdruck).
L’accoppiamento fra segno ed espressione riguarda più Husserl. Citiamo un
passo dalle sue Ricerche Logiche:

Ovviamente continueremo a comprendere con il termine di significato tout court quel


significato che è essenziale all’espressione come tale. Inoltre, per noi significato (Bedeu-
tung) è sinonimo di senso (Sinn). È molto comodo avere termini paralleli specialmente
in ricerche come le nostre dove si indaga, appunto, il senso del termine significato. Ma, a
parte ciò, si deve tenere conto soprattutto di un’altra cosa, cioè dell’abitudine, profonda-
mente radicata, di usare queste due parole come sinonimi. Data questa circostanza, non
pare privo di difficoltà il tentativo di differenziare i loro significati (come ha proposto G.
Frege), usando l’uno per il significato nella nostra accezione e l’altro per gli oggetti
espressi. Ad entrambi i termini sono inerenti le stesse equivocazioni che in precedenza
abbiamo distinto parlando dell’ “essere-espresso”. In un modo che pregiudica seriamente
la chiarezza logica, si intende come senso o significato dell’espressione corrispondente -
e non di rado all’interno di uno stesso sviluppo di pensiero - ora gli atti resi noti, ora il
senso ideale, ora l’oggettualità espressa. Poiché manca una rigida specificazione dei ter-
mini, i concetti stessi si fondono incertamente l’uno con l’altro [Ivi: 242-245].

119
Senso e significato per Husserl sono sinonimi e il concetto che esprimono, in
generale, è lo stesso. In un certo senso anche segno e significato in Husserl
sono intercambiabili, ma soltanto quando usiamo l’accezione pregnante di
segno. Ci sono segni e segni; alcuni, come abbiamo detto, possono essere in-
tesi come l’altra faccia del significato. Il fenomenologo dice che Frege usa il
termine “senso” per indicare ciò che lui chiama Bedeutung. Il logico d’altro
canto usa Bedeutung come riferimento per gli oggetti espressi. Cos’è Bedeu-
tung in Husserl? È quella realtà che è parte dell’espressione ed è anche –
come la Bedeutung fregeana – diretta verso l’oggetto o intesa come l’oggetto
stesso. Il significato (Bedeutung) in Husserl è costituito da:

1. L’“intenzione di significare” (Bedeutungsintention).

2. L’intuizione riempiente (dal Sinngebende Akte al Sinnerfüllende


Akte, che costituiscono il legame con l’oggetto).

3. Il riempimento di senso o significato (Bedeutungserfüllung, che porta


a compimento il riferimento quando l’oggetto è realmente presente,
quando esso è “alla mano”).

Riguardo a questi tre punti la distinzione tra intenzione di significare,


intuizione riempiente e riempimento di significato (oggetto) si comprende
all'interno di una seconda distinzione, più generale e tipicamente husser-
liana: quella tra atti “donatori di senso” (1) e atti che “riempiono il senso”
(2,3), che consistono nell’intuizione che riempie di senso la coscienza inten-
zionante. Facciamo un esempio per illustrare questa distinzione (Fig.1): un
soggetto alle sette del mattino può pensare che la sera ci sarà un bellissimo
tramonto e può “interrogarsi” se quel tramonto avverrà. Siamo qui in pre-
senza di un atto donatore di senso e di una intenzione di significare, ossia di
una intenzione che elabora un significato (quello del tramonto concepito se-
condo certe proprietà), ma che è una intenzione ancora vuota, perché quello
stato di cose è soltanto anticipato senza che ancora possa darsi una intuizione
empirica evidente della sua presenza. L’atto donatore di senso può, dunque,
avvenire anche in assenza di un atto di riempimento di senso. Quando lo
stesso soggetto quella sera potrà osservare il tramonto, allora la sua inten-
zione di significare verrà riempita nell'intuizione indiretta oppure verrà riem-
pita se l’oggetto reale nella percezione diretta corrisponderà alla rappresen-
tazione mentale che era stata intenzionata. Si può dare il caso che l’intuizione
non venga riempita se non ci sarà corrispondenza fra la forma e le modalità
del tramonto intenzionato e la forma e le modalità del tramonto realizzato.
Nell’esempio dato, l'esperienza percettiva diretta di un tramonto con le me-
desime caratteristiche è un atto che riempie di senso la mia coscienza inten-
zionale precedente perché ho la diretta esperienza conoscitiva del significato
che avevo intenzionato.

120
Fig. 1 – Prospettiva di Husserl alla luce delle sue Ricerche Logiche

Questi momenti del significare sono solo distinzioni concettuali, esse costi-
tuiscono un’unità nella realtà dell’atto conoscitivo-espressivo. I primi (1,2)
presentano una similarità con il senso fregeano, però sono prettamente sog-
gettivi, nel senso di una soggettività ideale che comprenda già l’oggettivo. Il
riempimento (Erfüllung) di significato (3), invece, è ciò che dicevamo costi-
tuire quella storicità nel processo di significazione quando si parla di un og-
getto o lo si riconosce come realmente presente. C’è un riconoscimento e
un’evidenza per gradi dell’oggetto che si va completando mentre si interlo-
quisce, il riconoscimento è saturo nel significato quando esso è davanti ai no-
stri occhi. Il significato, la Bedeutung husserliana, è insieme tutto questo ed
esprime quest’unità tramite l’espressione; ciò lo rende più simile al Sinn di
Frege. L’espressione (Ausdruck), entrando nel gioco dello scambio lingui-
stico, risulta comprensibile a chiunque, proprio come il senso fregeano. Pos-
siamo quindi affermare che il senso e il significato fregeani sono rappresen-
tati dal complesso significato-espressione husserliano. Il significato in Hus-
serl è ciò che tiene insieme la base semantico-concettuale della fenomenolo-
gia, almeno nelle Ricerche. Ciò che in Über Sinn und Bedeutung era l’imma-
gine sul cannocchiale, il senso (Sinn) (non l’immagine retinica, che sarebbe
la rappresentazione soggettiva), comune a più soggetti e comprensibile a
tutti, in Husserl diventa il significato (Bedeutung). Quest’ultimo richiama la
funzione della prassi linguistica e denota il tener fermo da parte del soggetto
la realtà oggettiva e l’oggetto stesso. Questa realtà oggettiva primariamente
compie il suo riferimento tramite l’intenzione di significare e risulta anche
dalla capacità del solus ipse, la singolarità idealizzata nella coscienza.

121
4. Lo Sprachleib e il processo di determinazione del significato

In definitiva è tramite il riferimento a un “soggetto votato al mondo”10 che


Husserl supera l’annosa distinzione idealistica cartesiana. Ai fini della com-
prensione del significato linguistico il Leib (corpo vivente, soggetto “situato”
nel mondo e nella storia) è più centrale rispetto al Körper (corpo vissuto, og-
getto). Per meglio evidenziare tale centralità ricordiamo l’uso del termine
Sprach-leib che Husserl aveva fatto nel passo citato dell’Origine della geo-
metria (cfr. infra par. 2). In quel caso il fenomenologo impiega quest’espres-
sione per richiamare il fatto che il linguaggio di cui egli parla è un linguaggio
vivente che, sulla scorta “del parlare e ascoltare reali”, è situato nel mondo e
nella storia. Viene ripreso quel processo di scambio nell’interlocuzione e, in-
sieme, di definizione in comune del significato che oltrepassa la sfera del sog-
getto per farsi oggettivo. L’oggettività in Husserl è un’oggettività omnitempo-
rale che sta nel mondo, nella sua storia e nello spazio del confronto tra le di-
verse rappresentazioni – l’interlocuzione tra soggetti – in vista dell’unità di
significato. In tal senso il “significato” (Bedeutung), una volta costruito, può
essere visto anche come trascendente lo spazio della relazione, appunto per-
chè ne è il risultato oggettivo. Tale risultato però non rimane mai fermo: esso
rientra sempre nel circolo della significazione per una continua ridetermina-
zione. Insomma, non solo un soggetto parlante votato al mondo ma anche un
soggetto che, a partire dall’esperienza e insieme agli altri soggetti, vive in un
mondo condiviso a cui dà significato in comune.
A partire da ciò che abbiamo mostrato, quantomeno nelle Ricerche Lo-
giche, risulta fuori luogo sostenere che, a parere di Husserl, i “significati”
stiano nella mente11, ovvero nella coscienza. Ciò che è interessante è appu-
rare, in Husserl, se la costruzione del significato avvenga internamente al sog-
getto o se il soggetto la apprenda per altra via. Nel Begriffschrift Frege si
esprime a favore di “un linguaggio in formule del pensiero puro a imitazione
di quello aritmetico”. L’espressione importante di Frege è “pensiero puro”.
Come è noto Frege vuole sviluppare una logica del pensiero puro sul modello
della characteristica universalis leibniziana. Il logico teorizza una cono-
scenza universale e indipendente dal soggetto consistente nel calcolare i ri-
sultati come valori di verità a partire dalle proposizioni semplici. In Husserl
l’espressione importante è invece “fenomenologia pura”. Il filosofo di

10Cfr. Merleau-Ponty [1965: 5].


11L’uso di “mente” è quantomeno azzardato quando si parla delle opere husserliane, tanto più
che ad esso Husserl, a tratti alterni, preferisce il terreno soggettivo della coscienza o l’io nella
sua interezza. In Husserl il soggetto si mostra sempre nella sua unità psico-fisica al di là delle
stesse distinzioni che il filosofo conduce. In Frege invece è già rischioso parlare di soggetto che
pratichi il linguaggio. Nel logico la categoria soggetto-oggetto è lasciata in favore dell’analisi di
un metalinguaggio in funzione-argomento (Cfr. Begriffschrift).

122
Prossnitz non parte dall’intenzione di sviluppare una conoscenza indipen-
dente o universale: la sua analisi si concentra sulla possibilità di spiegare la
verità dei fenomeni a partire dai modi conoscitivi dell’io, anche fosse un io
ideale e singolarizzato. La filosofia husserliana della conoscenza in seguito ha
bisogno di una intersoggettività in vista di una conoscenza piena che possa
darsi universalmente. Questa necessità viene soddisfatta grazie alla relazione
tra soggetti, sia nel senso dell’intersoggettività trascendentale [1989, Medita-
zione V] sia nel senso di una prima intersoggettività vista a partire dall’inter-
locuzione [1968a e b, I-VI]. Il processo di significazione si definisce struttu-
ralmente nel tempo e nel rapporto tra parlanti. L’aspirazione fregeana all’uni-
versalità logica è superata da una universalità radicalmente diversa. La posi-
zione di Husserl riesce a mostare che il “significato” attraversa la storia tra-
mite la comunità dei parlanti [cfr. infra par. 2]. I significati in Husserl stanno
in parte nel soggetto conoscente, cioè nella coscienza che applica l’epochè, e
in parte si danno nell’oggettualità dei fenomeni. Queste due parti trovano un
loro centro unificatore sia nel soggetto che conosce intenzionalmente tramite
l’intenzione di significare, ma anche – visto che il significato è un’unità dei
momenti intenzionale, d’intuizione e riempiente – nel riempimento che av-
viene grazie alla parola che attraversa il tempo. Il riempimento definitivo del
significato (Bedeutungs-Erfüllung) e l’apprensione dell’oggettualità nel suo
essere vera, insomma il saturarsi del riferimento, può avvenire anche sogget-
tivamente ma la sua oggettività storica avverrà nell’interlocuzione e quando
l’oggetto del discorso sarà presente.

Bibliografia

Benoist, J., [2003], Entre acte et sens: recherches sur la théorie phénoménologique
de la signification, Vrin, Paris, 2001; trad. it. di C. Capelletto in Fenomenologia e
teoria del significato, in “Leitmotiv”, 3, pp. 133-142.

Dummett, M., 1975, What is a Theory of Meaning?, in S. Guttenplan (ed.), Mind and
Language, Oxford, Oxford University Press, pp. 97-138.

Dummett, M., [1996], The Logical Basis of Metaphysics, Harvard university Press,
Cambridge 1991; trad.it. di E. Picardi in La base logica della metafisica, Il Mulino,
Bologna.

Frege, G., [1965a], Begriffsschrift, eine der arithmetischen nachgebildete Formel-


sprache des reinen Denkens, Halle a. S. 1879; trad. it. (parziale) di C. Mangione e L.
Geymonat in Ideografia, in C. Mangione (a cura di), Logica e aritmetica, Borin-
ghieri, Torino, pp. 103-196.

123
Frege, G., [1965b], Die Grundlagen der Arithmetik: eine logisch-mathematische Un-
tersuchung über den Begriff der Zahl, Breslau 1884; trad. it. (parziale) di C. Man-
gione in I fondamenti dell’aritmetica, in C. Mangione (a cura di), Logica e aritme-
tica, Boringhieri, Torino, pp. 211-327.

Frege, G., [1965c], Über Sinn und Bedeutung, in “Zeitschrift für Philosophie und phi-
losophische Kritik”, C: 25-50, 1892; trad. it. di C. Mangione in Senso e significato, in
C. Mangione (a cura di), Logica e aritmetica, Boringhieri, Torino, pp. 374-404.

Frege, G, [1965d], Rezension von E. Husserl: Philosophie der Aritmetik, in


“Zeitschrift für Philosophie und philosophische Kritik”, 103, 1894, pp. 313-332; trad.
it. (parziale) di C. Mangione in Recensione alla filosofia dell’aritmetica di Husserl,
in C. Mangione (a cura di), Logica e aritmetica, Boringhieri, Torino pp. 418-442.

Frege, G., 1980, Philosophical and Mathematical Correspondence of Gottlob Frege,


trad. eng. di Kaal H., ed. University of chicago press (McGuinness B.), Chicago.

Husserl, E., [2001], Philosophie der Arithmetik. Psychologische und logische Unter-
suchungen, C.E.M. Pfeffer (Robert Stricker), Halle-Saale, 1891; trad. it. di G. Leghissa
in Filosofia dell’aritmetica, ricerche psicologiche e logiche, Bompiani, Milano.

Husserl, E., [1968a], Logische Untersuchungen (LU). Erster Teil: Prolegomena zur
reinen Logik, Max Niemeyer, Halle a. d. S. 1900; trad. it. di G. Piana in Ricerche
Logiche vol.I, Il Saggiatore, Milano.

Husserl, E., [1968b], Logische Untersuchungen (LU). Zweiter Teil: Untersuchungen


zur Phänomenologie und Theorie der Erkenntnis, 1901; trad. it. di G. Piana in Ricer-
che Logiche vol.II, Il Saggiatore, Milano.

Husserl, E., [1989], Mèditations cartèsiennes, 1931; trad. it. di F. Costa in Medita-
zioni Cartesiane, Bompiani, Milano.

Husserl, E., [1961a], Vom ursprung der Geometrie (1936), pubblicato da E. Fink nel
1939, poi collocato tra le appendici della Krisis; trad. it in L’origine della geometria,
Appendice III al par. 9a in La crisi delle scienze europee, a cura di E. Filippini, Il
Saggiatore, Milano.

Husserl, E., [1961b], Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzen-
dentale Phänomenologie: Eine Einleitung in die phänomenologische Philosophie
(1936); trad. it. di E. Filippini in La Crisi delle scienze Europee, Il Saggiatore, Milano.

Kenny, A., [2003], Frege: An Introduction to the Founder of Modern Analytic Phi-
losophy, Penguin Philosophy, London, 1995; trad. it. in Frege, Einaudi, Milano.

Kripke, S., 1971, Identity and Necessity, in M. Munitz (ed.), Identity and Individua-
tion, New York University Press, New York, pp., 135-164.

Licata, G., 2007, Teoria platonica del linguaggio, il Nuovo Melangolo, Genova.

124
Licata, G., 2010, Employing Fuzzy Logic in the Diagnosis of a Clinical Case, in
“Health”, 2(3/2010), pp. 211-224.

Licata, G., Sesta L., (eds.), 2011, Philosophical Essays on Language, Ontology and
Science, Franco Angeli, Milano.

Licata, G., 2015, Popper vs Quine: oggettività, oggettivismo e discorso dominante


nelle scienze, unpublished seminar, Palermo.

Melandri, E., 1990, Le Ricerche Logiche di Husserl, Il Mulino, Bologna.

Merleau-Ponty, M., [1965], Phénoménologie de la perception, Éditions Gallimard,


collection “Bibliothèque des Idées” Paris 1945; trad. it. in Fenomenologia della per-
cezione, ed. it. a c. di A. Bonomi, Il Saggiatore, Milano.

Pugliese, A., 2004, La dimensione dell’intersoggettività, Mimesis, Milano.

Putnam, H., 1975, The Meaning of “Meaning”, in “Minnesota Studies in the Philoso-
phy of Science”, 7, pp. 131-193.

Quadrellaro, D.E., 2016, Frege e Husserl, un confronto tra due teorie del significato,
in “Rivista italiana di filosofia analitica Junior”, 7/1.

Russell, B., 1905, On Denoting, in “Mind”, 14/56, pp. 479-493.

125
126

Potrebbero piacerti anche