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essa non dimostra nulla e i ragionamenti mediati o i sillogismi non appartengono al suo metodo, che
ha come obiettivo descrivere la coscienza e le sue strutture.
La fenomenologia, differentemente dalla psicanalisi, non ha interesse nello studio di un particolare
ricordo o “fatto della coscienza” come elemento appartenente ad un determinato soggetto empirico,
ma desidera individuare l’essenza del fatto in generale, distinguendola dalle altre attività della
coscienza. La fenomenologia si occupa di essenze, la psicanalisi e la psicologia sperimentale di fatti.
Verità
Nell’ambito della fenomenologia l’oggetto è il considerato riflesso interno e rielaborato di un elemento
esterno di cui facciamo esperienza attraverso la coscienza come oggetto indipendente dalla coscienza
stessa (il dato); non esiste un oggetto in sé e non esiste una “vera e unica realtà”, ma solo reali
riferimenti della coscienza ovvero vissuti in cui l’oggetto è dato; la coscienza pura ha a che fare con atti
e operazioni mentali che costituiscono il «correlativo oggettivo» dell’oggetto trascendente prodotto da
e nella coscienza stessa.
La differenza fra soggetto e oggetto è presente solo nella coscienza del soggetto pensante.
Il mondo si costituisce nella coscienza poiché la coscienza è nel mondo, ed esso è quindi un insieme di
rappresentazioni; Husserl quindi si interroga su quale sia il criterio che stabilisce la corrispondenza fra
rappresentazione e realtà, e lo individua nei passi del metodo fenomenologico: è necessario
comprendere esattamente i passi e le rielaborazioni della coscienza per poi eliminare gli schemi
mentali e le astrazioni usate per sistematizzare i dati, poiché la funzione organizzativa della mente è
data dal linguaggio.
La fenomenologia tenta di conoscere l’oggetto ripensandolo in modo indipendente da ogni altro
elemento e analizza le interazioni fra dato e coscienza; per la fenomenologia la verità è l’essenziale del
fenomeno, è ciò che è intuibile chiaramente e distintamente come evidenza logica incontrovertibile
(ripresa del criterio dell’evidenza cartesiana); la verità è il correlativo noematico dell'evidenza.
sperimentale e descrittiva, che ha come oggetto l’analisi scientifica dei vissuti e della coscienza. Fin
dalla Filosofia dell’aritmetica Husserl ricerca i fondamenti dell’attività della coscienza e li individua
nell’ambito psicologico, in particolare negli atti psichici e nelle diverse operazioni mentali.
Chiarendo il metodo proprio della fenomenologia successivamente si allontana dalla psicologia.
Logica e linguaggio
Secondo Husserl la validità della conoscenza si fonda sulla strutturazione della stessa, e le chiavi per
strutturare in modo rigoroso la conoscenza sono la logica e il linguaggio.
La logica è l’unico strumento a disposizione dell’uomo in grado di dare fondamenti certi alle scienze e
in grado di determinare le condizioni di possibilità della scienza in generale, filosofia compresa. Essa
consiste nell’individuazione, attraverso l’astrazione dalle operazioni mentali, delle strutture fondanti e
fondamentali dei vissuti. L’interesse di Husserl è verso i passaggi logici che permettono la
comprensione del mondo e delle cose del mondo.
Il passaggio successivo è la strutturazione del linguaggio, che esprime il risultato delle connessioni fra
gli atti mentali; il linguaggio dice ciò che pensiamo di cosa vediamo, ed è influenzato dal modo di
intendere l’oggetto.
Depsicologizzazione della fenomenologia
Allontanarsi dalla psicologia per Husserl significa distinguere in maniera netta le differenze di obiettivi
e metodo di essa e della fenomenologia. Il processo di “separazione” della fenomenologia dalla
psicologia prende il nome di «depsicologizzazione».
L’obiettivo della psicologia è indagare le operazioni del soggetto che producono gli oggetti, mentre
quello della fenomenologia è comprendere il funzionamento logico della mente umana e scoprire le
condizioni che permettono alla conoscenza di diventare conoscenza scientifica, ricercandone la
struttura logico-costitutiva originale.
Per compiere ciò è necessario astrarre dal linguaggio la verità di quanto si asserisce, per ricostruire i
passaggi logici che conducono al ragionamento; questo avviene tramite la distinzione delle operazioni
mentali che determinano le strutture ideali del pensiero e le strutture utilizzate per comunicare.
Intuizione e analisi dell’esistente
Nasce la fenomenologia come «psicologia descrittiva», basata sulla distinzione tra intuizione empirica,
rivolta all’oggetto individuale, e intuizione categoriale, che a partire dall’oggetto empirico coglie
l’universale o la forma in sé. L’intuizione è il rapporto diretto con l’oggetto, la percezione immediata.
Le forme, definite anche essenze o idee, sono per Husserl le strutture costanti dell’esperienza e
costituiscono l’oggetto del sapere scientifico.
L’intuizione categoriale prepara alla visione dell’essenza dell’oggetto, poiché cerca di coglierlo non più
come mera percezione dei sensi ma come costruzione concettuale della coscienza; riferire l’oggetto ad
un concetto e determinare il modo di intenderlo da parte della coscienza costituisce il primo passo
verso la “forma logica” dell’oggetto, ovvero il nuovo modo di intendere i prodotti della coscienza come
«correlativi oggettivi» delle entità del mondo attraverso il metodo fenomenologico.
Per permettere l’intuizione categoriale è necessario per la coscienza, secondo Husserl, decostruire
l’esistente, e ciò è possibile attraverso le categorie oggettuali pure e le categorie pure del significato:
o Categorie oggettuali pure: permettono di stabilire il rapporto del significato con il riferimento reale
e di costruire/decostruire i passaggi logici di un discorso.
o Categorie pure del significato: permettono l’individuazione delle strutture logiche del pensiero
umano, rimandano alla tradizione aristotelica che distingue le parti del discorso sulla base di un
insieme di proprietà logico-linguistiche; le categorie husserliane sono più complesse rispetto a
Leonardo Resciniti
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quelle aristoteliche poiché sono determinate dal modo di intendere l’oggetto da parte della
coscienza.
Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica
Opera pubblicata in tre volumi nel 1913, costituisce il “manuale” del fenomenologo e all’interno di esse
il metodo husserliano raggiunge la piena compiutezza e maturità filosofica.
Rapporto fenomeno-realtà
Nell’ambito della fenomenologia il rapporto fra fenomeno e realtà si rifà all’opposizione fra
trascendente e immanente: per Husserl la realtà è trascendente mentre ciò che appare nell’esperienza
vissuta è immanente alla coscienza.
Per la fenomenologia trascendente significa “al di là della coscienza” e non “al di là del mondo
sensibile” come per Kant; la realtà trascendente si trova al di fuori dell’esperienza vissuta. Tutti gli
oggetti del mondo quindi, se considerati in virtù del loro essere reali, sono trascendenti. La coscienza,
e quindi il soggetto, costituisce il fondamento trascendentale dell’oggetto: non lo produce ma lo
costituisce attraverso la propria attività elaborando l’esperienza sensibile.
Il «Principio di tutti i principi»
All’interno delle Idee Husserl formula la “regola madre” della fenomenologia, che guida l’analisi del
fenomenologo verso l’obiettivo originale di «tornare alle cose» e recuperare l’esperienza autentica;
questo è il «Principio dei principi» della fenomenologia: non possiamo errare se consideriamo ogni
intuizione come fonte legittima di conoscenza e la analizziamo per come essa si dà al soggetto e
soltanto nei limiti in cui essa si dà.
Il “presupposto”, in particolare quello naturalistico che tutte le cose siano effettivamente come le
vediamo e che la coscienza sia analizzabile attraverso il metodo scientifico “classico”, per Husserl è un
errore, poiché non si può presupporre la conoscenza di qualcosa oltre i limiti in cui essa si dà: non si
può generalizzare una legge osservata su un fenomeno poiché esso ci è dato nel limite di sé stesso
come ente singolo.
Riduzione fenomenologica
In opposizione alla non-problematizzazione dell’atteggiamento naturalistico Husserl propone la
«riduzione» o epoké. Essa permette al fenomenologo di sospendere il proprio giudizio, cessando di
considerare la realtà delle proprie esperienze; così facendo l’analisi non si concentra sulla realtà degli
oggetti di cui si è fatto esperienza ma sul modo in cui gli oggetti si danno alla coscienza e nella
coscienza. A
differenza del dubbio cartesiano la riduzione è un “mutamento dello sguardo”, che porta la realtà ad
essere analizzata non più in virtù del suo essere reale bensì in virtù del modo in cui essa si dà alla
coscienza del soggetto.
Attraverso la riduzione il fenomenologo giunge all’analisi della realtà considerata come apparenza,
prescindendo dal legame fra soggettività e realtà obiettiva.
Il processo della riduzione operato dalla coscienza si costituisce di due momenti fondamentali: la
riduzione fenomenologica e la riduzione eidetica.
o Riduzione fenomenologica (Riduzione trascendentale): permette alla coscienza di analizzare la
realtà dal punto di vista dell’immanenza dei fenomeni e non più da quello della trascendenza della
realtà. È il momento di sospensione del giudizio in senso stretto poiché si abbandona la prospettiva
convenzionale propria dell’atteggiamento naturalistico. Si resta però nella sfera della particolarità
(oggetto particolare per come appare al soggetto particolare)
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o Riduzione eidetica (Intuizione eidetica): permette alla coscienza di passare dai fenomeni analizzati
nella loro particolarità alle strutture generali della coscienza. Rende possibile l’individuazione delle
strutture ideali secondo le quali i fenomeni si danno alla coscienza, le «leggi universali della
coscienza», e permette di cogliere la vera essenza delle cose, la «forma logica specifica» degli
oggetti.
In seguito alla riduzione eidetica la coscienza empirica sviluppa la propria soggettività trascendentale
diventando «io puro» o «coscienza trascendentale», in grado di cogliere, conoscere e analizzare le
manifestazioni degli enti del mondo come puri fenomeni.
Intenzionalità
È la proprietà fondamentale dei vissuti della coscienza; è definita riprendendo Brentano come «la
proprietà dei vissuti di essere coscienza di qualcosa». La coscienza è definibile come un insieme
unitario di vissuti, i quali si riferiscono sempre a qualcosa (non necessariamente reale).
Ciò a cui i vissuti si riferiscono è chiamato «oggetto intenzionale», e la proprietà della coscienza di
interpretare e riferire il vissuto psichico si chiama «intenzionalità». L’intenzionalità non esiste senza
oggetto, poiché è ciò a cui essa si riferisce, ma l’oggetto intenzionale è anch’esso nella coscienza, e non
nella realtà trascendente.
La teoria dell’intenzionalità stabilisce che i vissuti psichici della coscienza sono essenzialmente una
relazione fra oggettività e soggettività: il soggetto compie l’azione («noesi», elemento soggettivo
dell’esperienza, attività), ne rielabora il contenuto e la percezione, e riferisce il risultato all’oggetto
percepito, che viene quindi intenzionato in un determinato modo; l’oggetto («noema», elemento
oggettivo dell'esperienza, prodotto) invece è ciò che viene percepito e ciò che poi la coscienza
costituisce nel soggetto.
La coscienza per Husserl ha un ruolo assai importante nella teoria dell’intenzionalità, poiché è essa che
si rapporta come soggetto percipiente e come costitutrice dell’oggetto, compie delle azioni di
rielaborazione a partire dalle categorie:
o Sintesi passiva: stabilisce relazioni fra gli oggetti sulla base delle analogie fra essi.
o Sintesi attiva: stabilisce relazioni fra gli oggetti attraverso operazioni logiche che permettono la
costituzione di oggetti nuovi.
o Leggi di complicazione: insieme-processo delle operazioni logiche che permettono di sistematizzare
tutte le rappresentazioni e le modalità conoscitive di un oggetto.
Esistono alcuni vissuti che non sono intenzionali, come le esperienze sensoriali elementari, che sono
detti «esperienze antepredicative».
Significato e senso
La funzione organizzatrice e sistematizzatrice della coscienza e degli atti mentali di essa è svolta dal
linguaggio. Rispetto all’impostazione kantiana della mente strutturata secondo le 12 categorie pure a
priori dell’intelletto, per Husserl la mente ha struttura libera, e la coscienza è un flusso continuo che si
rapporta al mondo producendo gli oggetti; le categorie si costituiscono nel linguaggio.
Il problema del linguaggio è dato dalla teoria dell’intenzionalità, poiché essendo il mondo una
rappresentazione/rielaborazione operata dalla coscienza degli oggetti reali e considerando l’influenza
che un diverso modo di intenzionare ha sulla modalità di descrizione dell’oggetto è necessario
individuare il tratto comune e stabile all’interno delle diverse rappresentazioni in modo da poter
comunicare in modo chiaro e rigoroso evitando fraintendimenti di qualunque tipo.
Proprio l’elemento che rimane stabile nelle diverse rappresentazioni è il significato delle proposizioni e
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permette di distinguerne il contenuto vero o falso; il senso invece è ciò che la coscienza dà ai dati
sensoriali e dipende dal modo di intenzionare l’elemento sensibile da parte del soggetto.
Temporalità della coscienza
Esistendo vissuti non intenzionali, deve esistere una struttura della coscienza ancora più universale
dell’intenzionalità. Questa struttura è la temporalità della coscienza, poiché non esistono vissuti che
non siano nel tempo.
Tramite il processo della riduzione fenomenologica si giunge alla distinzione fra il tempo
trascendentale, il tempo della realtà di Newton e Einstein, e il tempo immanente dell’esperienza.
Queste due dimensioni sono in relazione, in quanto il tempo della scienza si fonda sul tempo della
coscienza, ma ciò che vale e viene scoperto in una “dimensione” non vale anche nell’altra. Per la
fenomenologia quindi il tempo dell’interiorità non contraddice in alcun modo le teorie e le leggi
sperimentali valide nel tempo della realtà.
Per Husserl il tempo obiettivo è derivato dal tempo fenomenologico, poiché esso non è un dato
intuitivo evidente e si costituisce nella coscienza a partire dall’esperienza soggettiva del tempo
immanente.
Poiché il tempo costituisce la struttura fenomenologica universale si può dire che esso sia la forma
generale della coscienza, e che essa sia un flusso temporale continuo.
Meditazioni cartesiane
Opera che si costituisce a seguito di un ciclo di lezioni tenute da Husserl su Cartesio, pubblicata nel
1933.
Il tema centrale dell’opera è la questione del soggettivismo fenomenologico e le possibilità per evitare
di cadere in questa prospettiva.
Intersoggettività e solipsismo
Il rischio è che il soggettivismo delle rappresentazioni e della riduzione fenomenologica si converta in
solipsismo, ovvero una posizione filosofica secondo cui l'individuo pensante può affermare con
certezza solo la propria esistenza, poiché tutto quello che percepisce sembra far parte di un mondo
fenomenico a lui esterno, ma che in realtà è tale da acquistare consistenza ideale solo nel proprio
pensiero, cioè l'intero universo è la rappresentazione della propria individuale coscienza.
La domanda che Husserl si pone quindi è: come può il soggetto entrare in rapporto con altri soggetti?
Come passare da soggettività pura a intersoggettività?
In questa fase della riflessione husserliana la riduzione all’io puro viene considerata il primo passo
verso la «fenomenologia dell’intersoggettività trascendentale».
Il raggiungimento dell’intersoggettività passa per l’empatia (einführung), l’esperienza attraverso cui
entriamo in rapporto con un altro soggetto; l’esperienza dell’altro è sempre indiretta e attraverso
l’empatia la coscienza si rende presente l’esistenza di un’alterità che viva l’esperienza, rendendosi
conto che il mondo in cui sta è anche il mondo di altre coscienze e altri soggetti.
La teoria dell’empatia esposta nelle Meditazioni cartesiane è legata alla possibilità dell’esistenza di un
mondo oggettivo, costituito da una intersoggettività trascendentale.
L’esistenza di una realtà esterna implica sempre la possibilità di una verifica intersoggettiva.
fenomenologia è una scienza profondamente diversa dalle altre, che stanno vivendo un periodo di
crisi.
Le scienze moderne stanno, per Husserl, perdendo la loro funzione di miglioramento dell’umanità, e
molte delle teorie su cui si basano partono dal “presupposto” (criticato dalla fenomenologia) o
vengono considerate vere a prescindere, portando poi in alcuni casi a non verificare gli enunciati;
questo succede appunto perché le scienze moderne operano per presupposti e non attraverso i dati
puri, non riuscendo quindi più ad indicare il fine della vita, che torna compito della filosofia e dei
filosofi, considerati «funzionari dell’umanità».
Un altro segnale di crisi delle scienze europee moderne è l’eccessiva tecnicizzazione del pensiero
scientifico, che porta la scienza a ridursi ad una pratica conoscitiva sempre meno in grado di rispondere
alle domande della ragione; la tecnicizzazione è inevitabile conseguenza dell’esigenza di rigore delle
metodologie scientifiche, che implicano una forte specializzazione.
Inoltre le teorie scientifiche presuppongono precisi modi di intenzionare la realtà per essere comprese,
e non riconoscono la possibilità che le menti umane possano operare in modi diversi le une dalle altre.
Secondo Husserl tutto questo è dannoso e porta ad una confusione fra tecnica e scienza.
La fenomenologia in tutto questo si presenta come una nuova scienza che conserva il carattere
teoretico originale, e si pone come realizzazione di un percorso storico-filosofico passato per Galilei,
Cartesio e Kant: la realizzazione della ragione universale. Ciò che permette alla fenomenologia di
superare il progetto e il modello proposti da Kant è la necessità di operare per dati puri, depurati da
schemi mentali come lo schematismo trascendentale, e che però al tempo stesso riconoscano che gli
uomini percepiscono e interagiscono con il mondo in modi diversi (aspetti esistenziali della vita), e
l’uso di un linguaggio universale.
In quest’opera Husserl coglie le incertezze dell’epoca in cui vive, si pone in polemica con il Positivismo
e il Neopositivismo riconoscendo una crisi nei fondamenti della scienza e della cultura del suo tempo.