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La Prova Teleologica dell’Esistenza di Dio

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24 dicembre
2018

Evidence for God from Design (The


Teleological Argument)

Un fondamento sicuro
Ci sono tanti modi in cui gli studiosi e i
teologi hanno difeso l’esistenza di Dio, ma
quando esaminiamo il mondo circostante,
forse la prova più convincente viene dalla
complessità dell’universo.
L’argomentazione che stiamo per studiare
è in grado di porre un fondamento sicuro
per la nostra fede. Dovrebbe ricordarci ancora una volta che la fede in Dio non si basa
sulle emozioni o su un impegno cieco, ma su solidi basi della ragione e dell’evidenza.
Quando amiamo Dio con tutta la nostra mente, l’onoriamo e l’adoriamo. La nostra fede
non è una speranza vuota. È una realtà certa e sicura da cui scaturisce la speranza.
Quando abbiamo considerato la prova cosmologica, abbiamo accennato ad alcune
difese deboli e ridicole dell’esistenza di Dio che a volte si offrono. Una di queste difese
derivava dall’evidenza naturale:

Ci sono tanti modi in cui gli studiosi e i teologi hanno difeso l’esistenza di Dio, ma quando
esaminiamo il mondo circostante, forse la prova più convincente viene dalla complessità
dell’universo. Click To Tweet
La prova dell’albero bello
1. Guarda quell’albero. È bello, no?
2. Quindi, Dio esiste.

Sulla superficie, questa sembra una prova davvero stupida. Ma quando l’esaminiamo più
attentamente, scopriamo un nocciolo di verità. Quando guardiamo l’universo con tutta la
sua gloria e bellezza, quando pensiamo all’ordine e alla struttura che esistono nelle
galassie, non possiamo fare altro che stupirci e meravigliarci. Le leggi della fisica,
l’incredibile complessità e l’enormità della distanza nell’universo dovrebbero lasciarci
impressionati e farci considerare la possibilità che un Dio grande e potente sia la
spiegazione migliore di tutto ciò. Poi, quando rivolgiamo lo sguardo verso noi stessi e
esaminiamo la complessità incredibile dell’essere umano, dobbiamo essere onesti e
riconoscere che c’è più di solo una piccola possibilità che un Dio veramente creativo e
potente è all’opera nell’universo.

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La prova teleologica
Dall’osservazione dell’universo e della vita biologica che esiste sulla terra deriva una
prova molto forte che si basa sull’evidente disegno di tutto ciò. Questa prova si chiama la
prova “teleologica.” La parola greca telos vuol dire “disegno” o “scopo.” L’argomentazione
fu sviluppata da William Paley (1743-1805), che notò come la complessità e la struttura
precisa di un orologio esige l’esistenza dell’orologiaio. Quindi, se si osserva questa realtà
anche nell’universo, cioè la complessità e il preciso funzionamento dei sistemi, dei
meccanismi e delle leggi dell’universo, risulta necessaria l’esistenza di un “orologiaio” del
cosmo. Se se possiamo trovare il disegno intelligente, significa che esiste il disegnatore
intelligente. Infatti, questo disegno, questa complessità e questo preciso funzionamento
si trovano ovunque nell’universo. Perciò la presenza di queste realtà richiede una
spiegazione sufficiente.

Una forma della prova teleologica è la seguente:

I manufatti umani sono i prodotti del disegno intelligente.


L’universo manifesta le stesse caratteristiche del disegno dei manufatti umani.
Quindi, l’universo è il prodotto del disegno intelligente.
Ma l’universo è molto più grande e complesso di qualsiasi manufatto umano.
Quindi, ci dev’essere un disegnatore intelligente altrettanto più grande e potente che ha creato
l’universo.
L’unico essere che è sufficientemente grande, potente e intelligente da poter creare tutto
l’universo è Dio.

È possibile abbreviare e semplificare quest’argomentazione in diversi modi. Un’altra


possibilità è questa:

L’universo manifesta le caratteristiche del disegno intelligente.


Quindi, c’è un disegnatore che l’ha creato.
Il disegnatore è Dio.

Se la prima premessa è vera, la conclusione ne consegue logicamente. Se l’universo


dimostra le qualità del disegno intelligente, ci dev’essere un disegnatore intelligente.
Detto semplicemente, quest’essere onnipotente non può essere altro che Dio. Quindi, se
si può stabilire la verità della prima premessa, si dimostra la verità della conclusione e si
può avere la certezza riguardo all’esistenza di Dio. Perciò, adesso la nostra responsabilità
è quella di chiedere se, infatti, l’universo e il mondo hanno i segni del disegno
intelligente. In genere, si propongono solo due ipotesi per spiegare il disegno
dell’universo. O tutto quello che si vede si è evoluto da solo, oppure esiste un
disegnatore, Dio, che l’ha creato. O tutto viene da processi semplici, casuali e incidentali
dell’evoluzione, o viene da processi complessi, specifici e intelligenti di un potente e
intelligente disegnatore del cosmo. Quale di queste opzioni è quella vera?

Semplice o complesso?
Cominciamo a esaminare l’evidenza per capire qual è la spiegazione migliore
dell’universo. È veramente l’universo casuale e incidentale dell’evoluzione, o quello
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complesso, specifico e intelligente di un disegnatore? Charles Darwin (1809-1882) cambiò
il mondo nel 1859 quando scrisse il suo famoso libro: Sull’origine delle specie per mezzo
della selezione naturale o la preservazione delle razze favorite nella lotta per la vita. Egli
propose che le variazioni accadono in modo casuale in una specie, e la capacità di
sopravvivere dipende dalla capacità della specie di adeguarsi all’ambiente. In effetti,
Darwin credeva che questo processo della selezione naturale (piccoli cambiamenti dovuti
alle necessità imposte dall’ambiente durante lunghi periodi di tempo) fosse in grado di
spiegare la lenta evoluzione di tutti gli essere biologici nel mondo, dalle cellule più
semplici fino agli organismi più complessi che oggi si vedono.

Quest’idea si basava su un certo presupposto. Darwin presupponeva che la cellula


semplice esistesse. Guardava attraverso il microscopio primitivo d’allora che osservava
questo piccolo organismo poteva evolversi da un raggruppamento di amminoacidi!

Il grande presupposto
Darwin partì da un grande presupposto, e tutto quello che propose dopo dipendeva
dall’idea che una tale entità così semplice e poco complicata potesse veramente esistere.
Darwin sosteneva l’idea che le cose più piccole fossero le cose più semplici. Dava per
scontato che questa semplicità mentre sviluppava le sue teorie della selezione naturale
che dopo sarebbero diventate le basi della visione evolutiva del mondo d’oggi. Darwin
credeva che fosse esistito un brodo primordiale in cui si trovavano tutti gli ingredienti
necessari alla vita. Questo brodo fu stimolato in modo da far avvenire dei piccoli
cambiamenti negli elementi basilari della materia e questi cambiamenti portarono a una
complessità sempre più elevata. Dopo molto tempo, il risultato di questo processo fu la
nascita di organismi composti di una singola cellula semplice che poi diventarono la vita
che si vede oggi.

Ma negli anni dopo Darwin, la nostra capacità di guardare la cellula da più vicino è
aumentata notevolmente. Ora sappiamo che non esiste la cellula semplice di Darwin. In
realtà, quando esaminiamo le cellule, scopriamo che esse sono altamente complesse, e il
loro “mondo” è molto piccolo. I microscopi moderni rivelano che un singolo ditale pieno
di liquido coltivato può contenere oltre quattro miliardi di batteri composti di una singola
cellula. Ciascuno di questi batteri è come una piccola macchina, stracolmo di
informazioni e di una complessità che Darwin non avrebbe potuto mai immaginare.
Adesso sappiamo che la cellula più semplice consiste di amminoacidi (gli elementi
basilari della vita) che poi vengono assemblati in proteine. Queste proteine poi
funzionano come la base di tutta la materia nella cellula. Tutto inizia con la formazione di
questi acidi e di queste proteine. Se si trattasse di un semplice processo di
trasformazione e costruzione, Darwin potrebbe avere ragione. Ma se non è così
semplice, la teoria di Darwin fallisce.

Gli amminoacidi e le protein


Darwin dev’essere in grado di spiegare come gli amminoacidi che galleggiavano nel
brodo primordiale potevano assemblarsi per formare le proteine necessarie per
costruire una cellula. Queste proteine consistono in un montaggio complesso di

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amminoacidi, messi insieme in modo molto specifico e in un ordine molto preciso, come
un puzzle. Ogni proteina si forma in maniera diversa. Mentre ci sono migliaia di proteine
che si trovano nella natura, tutte quante si compongono solo di venti amminoacidi. Ogni
proteina è un montaggio unico di alcuni o di tutti i amminoacidi, uniti in un modo preciso
per creare la forma specifica di quella proteina particolare. Adesso, sappiamo che gli
amminoacidi devono essere messi insieme non in modo casuale ma intelligentemente,
proprio come le lettere dell’alfabeto per formare una frase comprensibile. Ci sono
almeno 30.000 diversi tipi di proteine che sono costruiti dagli stessi venti amminoacidi,
proprio come si possono fare migliaia di parole diverse con solo le ventuno lettere
dell’alfabeto italiano. Se metto insieme delle lettere a caso usando la mia tastiera, ciò che
risulta è incomprensibile: asdnvsd oicjfvarjgkanf còlvaso difjao wrnòka vsdk àasò
dfkùaskdfl aknsd ifjo. Mentre invece, quando si leggono le parole e le frasi di
quest’articolo, è evidente che sono state scritte da qualcuno, cioè da uno scrittore
intelligente. Ovunque troviamo frasi scritte in maniera comprensibile, sappiamo che
sono state formate da una mente intelligente. Nello stesso modo, gli amminoacidi
corrispondono alle diverse lettere dell’alfabeto. Per formare proteine che funzionano e
che sono in grado di costruire le cellule, gli amminoacidi devono essere “scritti” in
“parole” e in “frasi” comprensibili. Altrimenti, le proteine non funzionerebbero! Ma se
quando leggiamo una frase comprensibile e intelligente, la nostra conclusione ovvia e
inevitabile è che qualcuno l’ha scritta, com’è possibile non arrivare alla conclusione che
un disegnatore intelligente ha “scritto” le informazioni contenute dalle proteine quando
esse dimostrano lo stesso livello di disegno intelligente? Infatti, la quantità d’informazioni
nel DNA di una sola cellula è uguale alle informazioni che si trovano in mille enciclopedie!
Pensaci! Penseresti mai che le frasi e le informazioni scritte in mille enciclopedie si siano
scritte da sole, o che siano il risultato di processi casuali? Sarebbe una follia. Sarebbe
possibile solo se si chiudessero gli occhi all’evidenza.

Antony Flew, il famoso filosofo ateo che poi si convertì al teismo, racconta nel suo libro
intitolato Dio Esiste come rispose a qualcuno che gli aveva chiesto se le scoperte
scientifiche più recenti riguardo all’origine della vita sostenesse l’ipotesi del disegnatore
intelligente:

“Sì, ora credo che lo faccia […] quasi totalmente a causa delle ricerche sul DNA. Credo che il
materiale del DNA abbia dimostrato, con la complessità quasi incredibile delle disposizioni di
cui si necessita per generare vita, che l’Intelligenza debba essere stata coinvolta nel far sì che
questi elementi straordinariamente diversi operassero insieme. È l’enorme complessità del
numero di elementi e l’enorme finezza dei modi in cui lavorano insieme. L’incontro di queste
due parti nel momento giusto, per caso, è semplicemente scrupoloso. È tutta una questione
sull’enorme complessità con cui furono raggiunti i risultati, ciò che mi sembrò opera
dell’Intelligenza.” (p. 89)

A questo punto, qualcuno potrebbe tirar fuori l’esempio delle scimmie, secondo il quale
esiste la possibilità che un gruppo di scimmie, messo davanti alle tastiere di alcuni
computer, e dato abbastanza tempo, possa scrivere un sonetto shakespeariano. Secondo
quest’esempio, se si permettesse un periodo abbastanza lungo, prima o poi queste
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scimmie scriverebbero un’opera di Shakespeare. Nello stesso modo, dato un periodo
abbastanza lungo, gli amminoacidi prima o poi erano destinati a formare delle proteine
“comprensibili,” capaci di funzionare e di costruire cellule vive. Di nuovo, facciamo
riferimento al libro di Antony Flew, in cui racconta come lo scienziato Gerry Schroedere
fece un esperimento del genere:

“Fu piazzato un computer all’interno di una gabbia con sei scimmie. Dopo un mese di
accanimento su di esso (utilizzato anche come bagno!), le scimmie produssero cinquanta
pagine battute – ma non una sola parola. Schroeder notò che vale anche se la parola più
breve composta da una lettera, considerandola parola solo se preceduta e seguita da uno
spazio. Ponendo che la tastiera è composta da trenta caratteri (le ventisei lettere più altri
simboli), allora la probabilità di ottenere una parola di una lettera è 30 per 30 per 30, che fa
27.000. Quindi, la possibilità di conseguire una parola di una lettera è una su 27.000. Applicò
quindi le probabilità all’analogia del sonetto. ‘Qual è la possibilità di realizzare un sonetto
shakespeariano?’, si chiese. Continuò:

Tutti i sonetti hanno la stessa lunghezza. Hanno, per definizione, quattordici versi. Scelsi
quello di cui conoscevo il verso iniziale, ‘Shall I compare thee to a summer’s day?’ e contai
il numero di lettere; in quel sonetto ce ne sono 488. Qual è la probabilità di battere in
continuazione e ottenere 488 lettere nell’esatta sequenza di ‘Shall I compare thee to a
summer’s day?’? La conclusione è 26 moltiplicato per se stesso 488 volte, ossia 26 alla
488esima potenza. O, in altre parole, in base 10, 10 alla 690esima. [Ora] il numero di
particelle nell’universo – non parlo di granelli di sabbia, ma di protoni, elettroni e
neutroni – è 10 all‘80esima. 10 all‘80esima è 1 con 80 zeri dopo di esso. 10 alla 690esima
è 1 seguito da 690 zeri. Non ci sono abbastanza particelle nell’universo per scrivere i
tentativi; si andrebbe fuori di un fattore pari a 10 elevato alla 600. Se si prende l’intero
universo e lo si converte in chip di computer – dimentichiamo le scimmie – ognuno dei
quali pesa un milionesimo di grammo ed è in grado di produrre 488 tentativi, per
esempio, un milione di volte al secondo, se si trasforma l’universo intero in questi
microchip e se questi [producessero] lettere a caso un milione di volte al secondo, il
numero di tentativi che si otterrebbe dall’inizio dei tempi sarebbe di 10 alla 90esima. Si
andrebbe ancora fuori di un fattore pari a 10 elevato alla 600esima. Non si realizzerà mai
un sonetto per caso. L’universo dovrebbe essere più grande di 10 alla 600esima volte.
Tuttavia, il mondo pensa proprio che le scimmie lo possano fare.” (p. 89-91)

Flew conclude il discorso dicendo: “Se il teorema non funziona per un solo sonetto,
allora, di certo, è semplicemente assurdo suggerire che la più elaborata impresa
dell’origine della vita possa essere stata realizzata per caso.”

A parte l’impossibilità che le proteine si formino a caso, c’è anche da considerare il


discorso del tempo necessario. Il fatto è che non c’è stato tempo sufficiente nella storia
dell’universo per produrre neanche una sola proteina. Alcuni scienziati hanno calcolato
che su un pianeta coperto dal brodo primordiale pieno di serie complete di tutti i venti
tipi di amminoacidi, il tempo necessario per formare una sola proteina funzionante
sarebbe più o meno uguale al numero approssimativo degli anni dell’universo, cioè

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quindici miliardi di anni, moltiplicato per 10 alla 60esima potenza. Effettivamente, questo
ci fa capire che non c’è stato abbastanza tempo in tutta la storia dell’universo per
permettere la formazione di una sola proteina a caso. Quindi, non è tanto semplice
quanto Darwin credesse. Egli basava le sue teorie sul presupposto che gli elementi più
piccoli avessero una quantità minore di componenti e di processi. Oggi siamo più in
grado di capire il mondo microscopico, e per questo siamo consapevoli dell’immensa
complessità di quest’universo in miniatura. Fin dall’inizio, le teorie di Darwin erano
sbagliate.

Il fatto è che non c’è stato tempo sufficiente nella storia dell’universo per produrre
neanche una sola proteina. Click To Tweet
Dio sapeva di questa complessità invisibile
Tantissimi anni fa, anche prima che Darwin svolgesse il suo lavoro scientifico, Dio rivelò
che esiste un intero universo al livello microscopico. Disse che era solo lui ad essere la
causa sia delle grandi cose visibili sia delle cose così piccole che sono invisibili all’occhio
umano:

Ebrei 11:3
“Per fede comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; così le cose che si
vedono non sono state tratte da cose apparenti.”

Casuale o specifico?
Per quanto riguarda la questione della semplicità o della complessità, l’evidenza ci porta
chiaramente ad affermare che l’universo è molto complesso. Ora vogliamo considerare
un altro elemento necessario per difendere l’evoluzione. Il caso può essere una
spiegazione adeguata della complessità che si osserva? O è questa complessità una
prova di un agente intelligente che l’ha ordinata e organizzata? Se il caso fallisce come
spiegazione della formazione di proteine semplici, non sarà certamente capace di
spiegare la formazione delle cellule! Consideriamo per esempio l’ameba, l’organismo
composto di una singola cellula. L’ameba è fatta da circa 2000 proteine. La probabilità
che un tale organismo si formi per caso è 1 su 10 alla 40.000esima potenza! Per aiutarci a
capire questa probabilità, possiamo considerare il seguente esempio: la probabilità di
afferrare un determinato atomo specifico tra tutti gli atomi che esistono nell’universo è
solo 1 su 10 alla 80esima potenza. Figuriamoci allora la probabilità che si formi una sola
ameba per caso: 1 su 10 alla 40.000esima! È effettivamente impossibile. Quando Sir Fred
Hoyle si rese conto di questo fatto, disse che queste probabilità sono “sufficienti per
seppellire Darwin e tutta la teoria dell’evoluzione. Non c’era nessun brodo primordiale,
né su questo pianeta né su un altro, e se l’origine della vita non era dovuta al caso,
dev’essere stata il prodotto d’intelligenza con intenzione.” (Nature, Vol. 294, 12 novembre
1981)

L’impossibile diventa ancora più impossibile quando si nota come gli scienziati hanno
scoperto che esiste una grande varietà di cellule, e che i diversi tipi svolgono dei ruoli
molto specifici. Esistono come membri di una comunità o come soci di
un’organizzazione, e ognuna delle esse compie un’azione specifica per il beneficio

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dell’organismo di cui fanno parte. Quando si osservano attentamente queste cellule, si
vede com’esse hanno la capacità di muoversi in modi specifici e di eseguire diverse
funzioni. Infatti, più si esaminano la natura delle cellule e i loro ruoli all’interno
dell’organismo, più si nota come assomigliano a delle macchine, costruite con precisione
e intenzione per fare diversi compiti essenziali!

Il batterio sbalorditivo
Per illustrare quest’osservazione, consideriamo il flagello batterico. I batteri hanno la
capacità di muoversi velocemente e di cambiare direzione. Visti sotto un microscopio,
sono molto attivi. Ma come lo fanno? Che cosa gli permette di muoversi in quel modo? In
effetti, i batteri sono dotati di una “coda,” ovvero un flagello che usano per circolare nel
loro ambiente. Il flagello ruota a una velocità fino a 1000 rotazioni al minuto, proprio
come l’elica di una nave o un aereo. Questi flagelli permettono ai batteri di cambiare
direzione, di accelerare e di rallentare.

Con i microscopi moderni, siamo in grado di


esaminare il flagello batterico da vicino. Abbiamo
scoperto che il flagello è, in realtà, un piccolo
motore, simile ai motori progettati e fabbricati da
umani! Sotto il microscopio, si può vedere un
montaggio specifico di componenti specializzati
che svolgono diverse funzioni necessarie perché
far muovere il batterio. Questi componenti sono
montati in un modo preciso e specifico, e le loro
funzioni sono tutte indispensabili per il
movimento del batterio. Il flagello,
infatti, si compone di quaranta parti
individuali. Se manca solo una di
queste parti, il flagello non funziona.
Per far funzionare il flagello, tutte le
parti devono essere presenti, devono
essere messe insieme in maniera
precisa e devono funzionare.
Altrimenti, il batterio non riesce a
muoversi!

Le regole della selezione naturale


Ma la domanda a questo punto è, ovviamente, che cosa spiega la creazione di questo
meccanismo del batterio? Se ricorriamo all’evoluzione e la selezione naturale come
spiegazione, incontriamo parecchie difficoltà. L’evoluzione spiega le origini degli
organismi biologici attraverso la selezione naturale che opera su piccoli cambiamenti che
accadono dopo tanto tempo. Quindi, secondo questo ragionamento, si sviluppa un
pezzo, poi dopo tanto tempo ne appare un altro, e così via fino alla creazione del flagello

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come lo vediamo oggi. Il problema è, però, che la selezione naturale eliminerebbe la
possibilità del flagello batterico, perché secondo Darwin, gli organismi tengono solo gli
elementi che sono utili. I pezzi inutili vengono scartati e non vengono tramandati alle
generazioni successive.

Siccome i quaranta elementi che compongono il flagello batterico sono inutili da soli, non
è possibile che si siano sviluppati gradualmente. Ricordiamoci, il flagello funziona solo se
tutti e quaranta gli elementi sono presenti, solo se tutti sono montati correttamente e
solo se tutti funzionano. Se questi elementi si fossero sviluppati uno, due, o anche tre
alla volta, sarebbero stati eliminati perché sarebbero stati inutili da soli. È anche
importante notare che ben trenta di questi elementi sono unici al flagello batterico e non
esistono da nessun’altra parte del batterio. Questo vuol dire che è impossibile che per un
certo periodo questi trenta elementi abbiano avuto una certa funzione e poi siano
diventati parte del flagello. Esistono solo nel flagello e non hanno nessun’altra funzione
all’interno del batterio.

Proprio come un motore automobilistico va costruito in modo specifico e preciso


secondo un piano prestabilito, il flagello batterico dev’essere “fabbricato” in un ordine
specifico secondo un piano prestabilito. Come in un motore, bisogna montare alcuni
pezzi prima di altri, esiste anche un ordine preciso per il montaggio del flagello. Se la
coda si sviluppa senza che gli altri quaranta elementi appaiano nello stesso momento, il
flagello non può funzionare e il batterio rimane fermo. Se la spiegazione della selezione
naturale fosse giusta, il batterio che s’osserva oggi non esisterebbe perché il flagello
sarebbe stato scartato come una parte inutile. Se Darwin aveva ragione, nessuna
“fabbricazione” degli elementi può avvenire dopo tanto tempo se ogni pezzo individuale
non reca benefici all’organismo. In questo esempio, vediamo che tutti e quaranta pezzi
devono apparire nello stesso momento ed essere montati correttamente per essere utili
al batterio!

La complessità irriducibile
Quest’argomentazione è stata proposta in maniera straordinaria da Michael Behe nel
suo libro La Scatola Nera di Darwin. In questo libro, Behe cita Darwin e spiega:

“Darwin era consapevole del fardello che pesava sulla sua teoria dell’evoluzione graduale per
selezione naturale: ‘Se si potesse dimostrare l’esistenza di un qualsiasi organo complesso che
non abbia potuto essere formato attraverso modificazioni numerose successive, lievi, la mia
teoria dovrebbe assolutamente cadere.’ Possiamo affermare con relativa certezza che la
maggior parte dello scetticismo scientifico sul darwinismo, nel secondo scorso, si è incentrato
su questo requisito…Che genere di sistema biologico non potrebbe essersi formato attraverso
‘modificazioni numerose, successive, lievi’? Tanto per cominciare, un sistema che sia
irriducibilmente complesso. Per irriducibilmente complesso intendo un singolo sistema,
composto da diverse e ben assortite parti interagenti, che contribuiscono alla funzione
basilare, laddove la rimozione di una qualunque delle parti causi l’effettiva cessazione del
funzionamento del sistema. Un sistema irriducibilmente complesso non può essere prodotto
direttamente…attraverso piccole, successive modificazioni di un sistema precedente, perché

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qualunque precursore di un sistema irriducibilmente complesso che manchi di una parte è,
per definizione, non funzionale. Un sistema biologico irriducibilmente complesso…sarebbe
una potente sfida all’evoluzione darwiniana. Dal momento che la selezione naturale può solo
selezionare sistemi che siano già operanti, infatti, se un sistema biologico non potesse essere
prodotto gradualmente, dovrebbe necessariamente nascere come unità integrata, tutto in una
sola volta.” (Behe, La Scatola Nera di Darwin, 2007 Alfa & Omega, p. 72-73)

Dopo aver spiegato il concetto della complessità irriducibile, Behe offre l’esempio della
trappola per topi:

“La funzione di una trappola per topi è di immobilizzare un topo, così che non possa compiere
atti sgradevoli…La trappola per topi che usa la mia famiglia consiste di diverse parti: (1) una
piattaforma di legno che funge da base; (2) un martelletto di metallo, che schiaccia
concretamente il topolino; (3) una molla con estremità allungate, che premono contro la
piattaforma e il martelletto, quando la trappola è carica; (4) un gancio sensibile, che scatta in
seguito ad una lieve pressione; e (5) una barra metallica collegata al gancio, che trattiene il
martelletto quando la trappola è carica…Supponiamo che una sera, mentre state leggendo,
udiate dei passetti nella dispensa, e prendiate dalla cassetta degli attrezzi una trappola per
topi. Sfortunatamente, per un difetto di fabbricazione, alla trappola manca uno degli elementi
elencati sopra. Quale parte potrebbe mancare, permettendovi di continuare ad usare la
trappola per catturare un topo?” (La Scatola Nera, p. 75-76)

La risposta alla domanda di Behe è ovvia: nessuna parte può mancare. Se ne manca solo
una delle cinque parti della trappola, la trappola non può funzionare. Non la si può usare
finché tutte le parte non sono presenti, non sono montate correttamente e non
funzionano. Il parallelo al flagello batterico dovrebbe essere già ovvio. Se il sistema
meccanico che permette al batterio di muoversi è costituito da quaranta parti che sono
tutte necessarie proprio come nel caso della trappola per topi, è impossibile spiegarne
l’esistenza con la selezione naturale. Così, Behe conclude:

“Quando i biochimici hanno cominciato ad esaminare strutture apparentemente semplici,


come…i flagelli, hanno scoperto una complessità sbalorditiva, con dozzine o persino centinaia
di parti con caratteristiche e compiti molto specifici…Con l’aumentare del numero delle parti
necessarie, la difficoltà di mettere insieme il sistema in maniera graduale schizza alle stelle, e
la probabilità di scenari indiretti precipita. Le cose sembrano andare sempre peggio, per
Darwin. Le nuove ricerche sul ruolo delle proteine ausiliarie non possono semplificare il
sistema irriducibilmente complesso; l’intransigenza del problema non può essere alleviata:
può solo peggiorare. La teoria darwiniana non ha fornito alcuna spiegazione valida…per il
flagello, e la stravolgente complessità dei sistemi natatori ci spinge a pensare che non sarà
mai in grado di farlo.” (La Scatola Nera, p. 110)

L’irriducibile complessità della proteina


Ora, consideriamo di nuovo la proteina per vedere com’è costruita dagli amminoacidi.
Questi amminoacidi devono mettersi insieme in un modo specifico. Una volta assemblati
giustamente, cominciano ad assumere la forma di proteine. Ma a questo punto ci viene
da chiedere: come sanno gli amminoacidi come mettersi insieme proprio nel modo
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corretto? C’è tra di loro forse un’attrazione naturale che agisce come un magnete? No,
non succede così. Quando gli scienziati scoprirono il DNA, trovarono un potente segreto
nella cellula. Scoprirono che gli amminoacidi si raggruppano secondo le informazioni e le
istruzioni contenute nel DNA che esiste insieme con gli acidi e le proteine. Il DNA dirige il
montaggio degli amminoacidi e ne fornisce il piano! Il DNA è costituito da un insieme
d’informazioni molto grande e complesso che è altamente ordinato. Nel DNA esistono
più informazioni di quanto si trovano nella biblioteca più grande del mondo. Se le
proteine presentano un grande problema all’evoluzione darwiniana, il DNA ne
rappresenta uno ancora più grande!

Il dilemma del DNA è questo. Le proteine non possono formarsi senza le informazioni e
le istruzioni contenute nel DNA. Ma il DNA, come abbiamo già notato, è altamente
complesso e ordinato. Da dove vengono questa complessità e quest’ordine? Qual è la
spiegazione dell’immensa quantità d’informazioni? Nella nostra esperienza, sappiamo
che tutte le volte che incontriamo informazioni, esse sono il prodotto d’intelligenza. Se
guardo lo schermo del computer e vedo una riga di lettere sono state scritte in modo
incomprensibile e un libro che è caduto sulla tastiera, suppongo che quando il libro è
caduto, abbia schiacciato i tasti e così abbia “scrtto” quelle lettere che vedo. In questo
caso, non ci vuole l’intelligenza. Ma se prendo il libro, l’apro e lo leggo, trovo una serie di
frasi scritte in maniera ordinata e comprensibile. Trovo informazioni! Non penserei mai
che quelle informazioni contenute nel libro siano il risultato del caso! Deduco subito, e
giustamente, che qualcuno con l’intelligenza ha scritto quelle frasi.

Nello stesso modo, vediamo che il DNA è pieno di informazioni specifiche che dirigono la
costruzione dell’organismo. Il DNA svolge un ruolo indispensabile nella fabbricazione
delle proteine. La complessità irriducibile della proteina non è solo un semplice
collocamento di certi amminoacidi. La complessità irriducibile della proteina include la
molecola più complessa nell’universo: il DNA. Se il DNA non fosse apparso nello stesso
momento degli amminoacidi, non ci sarebbe stato nessun modo per montarli
giustamente per formare le proteine. Proprio come nel flagello batterico, tutte le parti
devono essere presenti, devono essere collocate giustamente e devono funzionare per
formare l’organismo. Se manca una delle parti, tutto il meccanismo non funziona ed è
perciò inutile, destinato ad essere buttato via dalla selezione naturale. Così, vediamo
ancora una volta che l’evoluzione darwiniana che si basa sulla selezione naturale non è
capace di spiegare le origini della complessità irriducibile.

Dio ce l’ha già detto


Quello che la scienza c’insegna adesso è ciò che Dio ci ha già detto tanti anni fa. Nella
Bibbia, la complessità irriducibile è usata come modello della chiesa. Il discorso si basa
sull’interdipendenza dell’organismo umano. In effetti, si spiega la ragione per cui la
selezione naturale non sarebbe mai in grado di creare gli organismi che vediamo:

1 Corinzi 12:12, 14-18


“Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano
molte formano un solo corpo, così è anche di Cristo…Infatti il corpo non si compone di un

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membro solo, ma di molte membra. Se il piede dicesse: ‘Siccome io non sono mano, non sono
del corpo,’ non per questo non sarebbe del corpo. Se l’orecchio dicesse: ‘Siccome io non sono
occhio, non sono del corpo,’ non per questo non sarebbe del corpo. Se tutto il corpo fosse
occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ma ora Dio ha
collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto.”

Casuale o intelligente?
Adesso, esaminiamo l’ultimo pezzo del puzzle. È evidente che il nostro mondo non è un
semplice o casuale raggruppamento di parti evolute, ma è invece un ambiente molto
complesso e specificamente ordinato. A questo punto bisogna chiedere: quale opzione
ha più senso, l’idea che la complessità e l’ordine dell’universo sono prodotti casuali e
incidentali, o la tesi che tutto ciò è il risultato di una mente intelligente?

Nella nostra vita, siamo in grado di riconoscere oggetti che sono progettati e prodotti da
esseri umani. Anche senza sapere chi l’ha fatto, siamo capaci di distinguere tra gli
elementi naturali che sono il risultato di processi naturali e gli oggetti che sono stati
ideati e fatti da persone. Negli scavi di siti storici, gli archeologi sanno riconoscere oggetti
che sono i prodotti di una civiltà antica. Se trovano qualche artefatto come una statua di
una dea, un vaso o una tavoletta con scrittura in geroglifico, sanno subito di aver trovato
un manufatto umano e non un prodotto di processi naturali. Anche se la provenienza
dell’artefatto rimane sconosciuto, è innegabile che è stato fatto da qualcuno che aveva
intelligenza e intenzione.

Ma come facciamo a riconoscere un manufatto come prodotto del disegno intelligente?


Diverse persone hanno considerato questa domanda e hanno provato a dare una
risposta. Esiste infatti un semplice esame che si può applicare a qualsiasi cosa per
determinare se è il risultato di processi naturali o d’intelligenza.

1. È più probabile che improbabile che l’oggetto si sia formato per caso?
2. È la struttura dell’oggetto specifica? È possibile individuare un disegno nella struttura
dell’oggetto che assomiglia ad altri oggetti il cui disegno intelligente è evidente e certo?

Due esempi
Consideriamo un esempio di questo. Immaginiamoci di essere al mare e di camminare
sulla spiaggia. Ad un certo punto notiamo che la sabbia è sistemata in maniera
bellissima. Le onde del mare hanno creato una varietà di disegni e ondulazioni sulla
superficie della spiaggia. Possiamo ammirare la bellezza della sabbia, ma non pensiamo
che qualcuno l’abbia sistemata in quel modo. Ma adesso supponiamo che, sulla stessa
spiaggia, vediamo un grande cuore disegnato nella sabbia con le parole: “Maria, ti amo
tanto!” In questo caso, non crederemmo per niente che sia capitato secondo i
meccanismi naturali delle onde e della marea. L’unica spiegazione sensata di quel
disegno e di quelle parole sarebbe una persona intelligente che li ha disegnati sulla
spiaggia. Perché? Prima di tutto, sappiamo che non c’è praticamente nessuna probabilità
che la scrittura nella sabbia possa essere creata da forze naturali. In secondo luogo,
riconosciamo una somiglianza ad altri disegni che sono certamente prodotti umani.

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Sappiamo che quando vediamo delle parole e frasi, esse sono state scritte da qualcuno.
Quindi, concludiamo giustamente che il disegno e le parole sono i risultati di una mente
intelligente.

Guardiamo un altro esempio ancora. Questa volta, applica tu i criteri menzionati sopra
alle seguenti foto, oppure usa semplicemente il buonsenso. Nelle due foto, qual è
l’oggetto formato da processi naturali e qual è quello che è il prodotto d’intelligenza?

Se noi facessimo una scampagnata in


montagna e vedessimo una bellissima
scena naturale come quella nella prima
foto, potremmo ammirarne la bellezza, ma
sapremmo subito che formazioni di roccia
di questo tipo succedono naturalmente nel
mondo. Ma se ci capitasse di vedere
un’altra formazione di roccia come quella
nella seconda foto, nessuno di noi
penserebbe che si sia formata da sola.
Concluderemmo che sia stata fatta da
qualcuno, o da un gruppo di persone
intelligenti. Sappiamo che la probabilità
che le forze del vento e dell’acqua formino
i visi di quei quattro presidenti americani
famosi nella roccia sia praticamente zero.
La nostra intuizione giustamente ci
direbbe che quei visi possono essere solo i
prodotti di un disegno intelligente.

Il flagello batterico, ancora una volta


Consideriamo ancora un’altra volta il flagello batterico. Abbiamo già discusso la
questione della complessità irriducibile. È più che improbabile che la sua esistenza sia
dovuta al processo dell’evoluzione darwiniana. Ma esaminiamo di nuovo il meccanismo.
Troviamo un modello che vediamo in altre cose progettate? Il flagello, infatti, assomiglia
molto a motori costruiti da umani! Se per caso trovassimo per terra un motore
fuoribordo senza sapere chi l’ha fatto o da dov’è venuto, sapremmo comunque che è il
prodotto di un disegno intelligente. Il flagello non è diverso. Manifesta gli stessi segni del
disegno che si trovano in un motore fuoribordo. Quindi, la logica conclusione è che
anche il flagello batterico è il prodotto del disegno intelligente. Quando esaminiamo
l’intera cellula, con tutte le sue “macchine” ordinate e specifiche, e osserviamo il modo
preciso in cui queste macchine cellulari cooperano e svolgono i loro compiti diversi con
precisione, dobbiamo ammettere che è impossibile che tutti questi elementi si siano

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formati da soli, prodotti solo da cambiamenti casuali, non diretti da una mente
intelligente. Riconosciamo la somiglianza a manufatti umani che mostrano le qualità del
disegno e della specificità. Sappiamo che la cellula non può essere altro che il prodotto
del disegno intelligente.

La logica conclusione è che anche il flagello batterico è il prodotto del disegno


intelligente. Click To Tweet
Dio è il creatore intelligente
Dio ha già rivelato questo nella Bibbia. Ha già dichiarato di essere il Creatore di tutto
l’ordine e di tutto il disegno che vediamo nell’universo. Egli è il “Progettista Intelligente”
potente e maestoso che ha fatto tutto quello che esiste.

Genesis 1:1
“Nel principio, Dio creò i cieli e la terra.”

Isaia 45:18
“Infatti così parla il Signore che ha creato i cieli, il Dio che ha formato la terra, l’ha fatta, l’ha
stabilita, non l’ha creata perché rimanesse deserta, ma l’ha formata perché fosse abitata.”

L’ultimo sguardo
Alla fine, dobbiamo semplicemente guardare il nostro mondo e chiedere: È semplice o
complesso? È casuale o specifico? È disordinato o ordinato? È assurdo o intelligente? Può
essere dunque il risultato di forze naturali casuali? O è più razionale spiegare l’esistenza
del disegno e dell’ordine del mondo solo con un Progettista Intelligente, potente e
creativo? L’evidenza è chiara. Ma poi dobbiamo porci un’altra domanda: Quali sono le
implicazioni di un universo disegnato e creato da un Progettista Intelligente per noi oggi?
Se esiste davvero il Creatore di tutto ciò che vediamo, dobbiamo renderci conto di
essere anche noi le sue creature, amate da Dio e fatte per uno scopo. Dio ci conosce
personalmente, perché ci ha creati:

Salmo 139:13-16
“Sei tu che hai formato le mie reni, che mi hai intessuto nel seno di mia madre. Io ti celebrerò,
perché sono stato fatto in modo stupendo. Meravigliose sono le tue opere, e l’anima mia lo sa
molto bene. Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle
profondità della terra. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano
tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.”

Ma questo significa che dovremo anche rendere conto a questo Dio del modo in cui
abbiamo vissuto. Se Egli ci ha creati per uno scopo, e se decidiamo di rifiutare quello
scopo e vivere come vogliamo noi, ci ribelliamo a Colui a cui apparteniamo.

Romani 1:18
“L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la
verità con l’ingiustizia.”

Romani 2:2-5
“Ora noi sappiamo che il giudizio di Dio su quelli che fanno tali cose è conforme a verità. Pensi
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tu, o uomo, che giudichi quelli che fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampare al giudizio di
Dio? Oppure disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua costanza,
non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento? Tu, invece, con la tua
ostinazione e con l’impenitenza del tuo cuore, ti accumuli un tesoro d’ira per il giorno dell’ira e
della rivelazione del giusto giudizio di Dio.”

Matteo 12:36
“Io vi dico che di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel
giorno del giudizio.”

Chi di noi sarà in grado di essere trovato perfettamente giusto nel giorno del giudizio?
Gesù disse: “Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo
5:48). Se lo standard secondo il quale saremo giudicati è la perfezione di Dio, chi di noi
sarà dichiarato giusto davanti a Dio? La risposta della Bibbia è chiara: nessuno.

Romani 3:23
“Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio.”

Ecco perché abbiamo bisogno non solo di un Creatore ma anche di un Salvatore. Questo
Salvatore è Gesù Cristo che è venuto nel mondo per salvarci dai nostri peccati. Lo stesso
Progettista Intelligente che ha creato l’universo si è fatto uomo per subire le
conseguenze dei nostri peccati sulla croce. La buona notizia è che il Creatore è diventato
anche il Salvatore. Il Figlio di Dio è stato trattato sulla croce come un ribelle affinché noi, i
veri ribelli, potessimo diventare figli di Dio.

Giovanni 1:10-12
“Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l’ha conosciuto. È
venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha
dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome.”

J. Warner Wallace è un detective di polizia, Senior Fellow presso il Colson Center per
Christian Worldview, e docente di Apologetica presso la Biola University di Los Angeles. È
autore di Cold-Case Christianity, God’s Crime Scene, and Forensic Faith.

Altri articoli in italiano QUI. Traduzione originale QUI.

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