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L’uomo retorico

Relazione tra essere-uomo ed essere-retorico


La pratica retorica svolge un ruolo essenziale per l’uomo nella comprensione della complessità del
mondo. È nel mondo complesso che emerge la necessità di un modello di razionalità che sappia
affrontare la sfida dell’imprevisto, senza per questo diventare irrazionalità.
L’essere umano, di fronte alla complessità, è costantemente soggetto alla possibilità del fallimento:
prendere una decisione in un mondo complesso implica la necessità di scegliere, senza una guida
sicura ed infallibile, tra molteplici possibilità. Ma al tempo stesso, è proprio nel rischio costante del
fallimento che quest’uomo sperimenta la sua specificità, la straordinarietà delle sue risorse.
È esattamente in questa direzione che va intesa la razionalità dell’uomo retorico, colui il quale sa
come agire e come reagire di fronte ad un mondo la cui complessità sarà sempre al di là della sua
portata.
Quando ci riferiamo alla retorica, parliamo di techne (arte), ovvero un termine che nell’antica
Grecia serviva a qualificare quelle discipline che erano sia considerate arte, sia caratterizzate dalla
possibilità del fallimento. Infatti parliamo sostanzialmente di un’attività cognitiva in cui non ci si
può limitare ad eseguire regole, procedure prestabilite, per raggiungere ciò cui si mira, ma in cui è
necessario effettuare ipotesi, immaginare ed escogitare un percorso.

Quando nasce la retorica?


La retorica ha due visioni per quanto riguarda la sua nascita: una mitica, l’altra logica.
L’origine mitica risale al mito di Ulisse (uomo dalle mille astuzie = polymetis) e del dio Ermes,
sempre dio dalle mille astuzie e colui che possedeva l’arte della persuasione. Il mito racconta che
Ermes donò la retorica agli uomini per permettere loro di vivere assieme per far sì che costruissero
la loro società attraverso l’intelligenza e l’ingegno. E questo ingegno che i greci chiamano metis è
essenzialmente retorica. L’intelligenza è infatti la migliore risposta di fronte alla complessità del
reale.
La visione logica è in sostanza quella di Platone, il quale vede la retorica come qualcosa non di
mitico ma appunto più logico (come la filosofia o la metafisica).

Emmanuelle Danblon per il concetto di retorica si rifà spesso ad Aristotele, in particolare al


concetto di phronesis (saggezza) e l’idea di una retorica pratica:
- Chi possiede la phronesis è colui che sa gestire la complessità del mondo e sa prendere le
decisioni corrette al momento giusto. E’ colui che sa adattare la regola generale ai casi
particolari; infatti è pratica.
- Non c’è una differenza tra sapere teorico e fare pratico, ma c’è piuttosto un saper-fare che
esalta la ragione pratica. L’uomo retorico, perciò, è “un artigiano del logos”.
ES: Aristotele fa l’esempio del dottore e del retore dal punto di vista della razionalità in atto nella
pratica delle loro discipline, ovvero: anche il medico, come il retore, nel tentativo di diagnosticare e
curare una malattia, si trova di fronte alla complessità che lo sovrasta, che gli rende difficile
prendere una decisione. Ed è qui che scatta l’idea di un uomo retorico che usa la sua razionalità in
modo pratico perché il medico è bravo nella teoria, ma serve anche l’azione pratica che lo rende tale
e valido. Tutti siamo bravi con la teoria ma è nella pratica che ci si rende davvero conto di quanto
valiamo. L’intelligenza con cui reagiamo di fronte all’imprevisto è la nostra migliore risposta di
fronte alla complessità del reale. Uomo retorico che, però, si trova sempre e comunque di fronte alla
possibilità del fallimento ma in effetti l’uomo è proprio questo: non è pura irrazionalità ma non è
nemmeno una pura macchina infallibile.
La straordinarietà dell’uomo sta proprio in questo: la complessità del mondo rischia di sovrastarlo,
le regole che ci sono non gli bastano e allora egli è capace di usare la sua intelligenza e la sua
razionalità per trovare una strada per superare gli ostacoli che il mondo complesso gli mette davanti.

La retorica, prima di Aristotele, era considerata come qualcosa di naturale, qualcosa che l’uomo
acquisiva naturalmente stando al contatto con il mondo complesso e con la società, sviluppando
naturalmente e autonomamente tutte le capacità per poter sovrastare la complessità del mondo
(visione antropologica). Questa visione va pian piano a scemarsi con l’avvento delle nuove società
aperte (ovvero quelle società nella quale l’uomo vive e pensa da solo senza aiuto di divinità o regole
già stabilite) poiché l’aspetto decisionale diventa il centro per far funzionare queste nuove società;
società in cui il cittadino diventa sia oratore che ascoltatore e l’arte oratoria diventa accessibile a
tutti, anche ai meno colti. Ed è logico che c’era chi sapeva persuadere di più e chi di meno, per
questo l’arte oratoria divenne qualcosa di acquisibile, qualcosa che doveva essere insegnato. Infatti i
sofisti davano addirittura lezioni di retorica, in modo tale che le persone acquisivano le capacità
giuste per diventare buoni oratori.

Questa aristotelica “democratizzazione” della parola, ovvero la parola che diventa accessibile a
tutti, viene fortemente criticata da Platone. Egli si batte contro l’idea aristotelica di retorica pratica
per stabilire una retorica teorica. Per lui i sofisti sono degli impostori poiché vogliono utilizzare la
retorica per costruire la società ma senza essere esperti negli argomenti dei dibattiti (pretende di
occuparsi di tutte le questioni ma non è competente in alcuna materia); perciò la retorica sarebbe la
definizione stessa di impostura, di qualcosa che manipola.
Per lui, invece, la retorica è qualcosa di puramente razionale, più concettuale. Funge da frontaliere:
si occupa dell’interazione tra i sensi, del dialogo tra gli uomini, ecc.

Opposizioni a proposito della ragione:


1) Biologica: la ragione umana parte dal corpo ma viene depurata attraverso la mente. Senza
questa depurazione, le sensazioni non ci indicherebbero nulla di razionale sul mondo che ci
circonda.
2) Psicologica
3) Quella che si interroga su cosa è fondata l’intelligenza: sul rigore o sulla flessibilità?
Entrambe queste parole ritrovano fondamento nelle nozioni greche di metis (intelligenza) e
phronesis (saggezza) quindi evocano un uomo retorico in grado di far sposare rigore e
flessibilità.
4) Riguarda la natura del linguaggio umano: orale o scritto?
5) Disciplina pratica o teorica?
La retorica è una facoltà che rende operative le molteplici sfaccettature della ragione umana. È una
condizione necessaria della ragione umana.
Chi la considera pratica logicamente la allontana dall’irrazionale idea di ragione. Infatti, abbiamo
due correnti di pensiero differenti:
1) Visione riduttiva: retorica come logica, qualcosa di matematico, dimostrativa.
2) Visione irrazionale: retorica come illusione che può rivelarsi efficace all’occorrenza.

Giambattista Vico e Nietzsche:


Si oppongono anche loro all’idea di retorica pratica e sono più vicini agli ideali platonici di retorica
come disciplina teorica.
Per Vico, l’uomo possiede l’immaginazione (facoltà che condividiamo con i primi uomini quando
ancora non conosciamo il mondo) e la ragione (acquisita più tardi, stando nel mondo). E
l’intelligenza dell’uomo retorico sta proprio nel mettere insieme queste due caratteristiche,
altrimenti l’immaginazione ci condurrebbe solo a dei vani pregiudizi o a delle risposte false.
Ma come si mettono insieme immaginazione e ragione? Con l’ingegno. Esso permette l’uomo di
adattarsi all’ignoto, di assimilarlo e di trovare le risposte giuste e di agire in modo giusto nei
confronti della complessità che lo sovrasta, dunque di far apparire una verità nuova. Questa verità è
una verità retorica, che si esprime sempre in due momenti: il primo è quello della creazione di un
senso adattato al mondo umano; il secondo è quello della critica che permette di confrontare questo
senso alla prova della realtà.
Nietzsche sostanzialmente si avvicina moltissimo a Vico, infatti vede la retorica come forma
primaria del linguaggio, qualcosa che nasce già insito nell’uomo. Ritiene che la sua
istituzionalizzazione a disciplina pratica non è altro che una teorizzazione di questa capacità
naturale dell’uomo. La retorica è alla base di ogni espressione linguistica.

Oggi i discorsi sulla retorica sono in crisi, si è avuto un cosiddetto “rhetorical turn”, ma
sostanzialmente il concetto di retorica racchiude quelle capacità che l’uomo (ad esempio la metis)
utilizza per sovrastare quelle forze ostili che lo sovrastano e lo ostacolano. La metis simboleggia
proprio quella potenza ingegnosa dell’uomo di fronte alla forza della natura.
E’ proprio la retorica che dà le abilità necessarie all’uomo per affrontare il mondo così com’è, in
tutta la sua complessità. La retorica dà all’uomo la possibilità di figurarsi un mondo a sua misura e
questa figurazione può essere mentale, linguistica, fisica tecnica ecc. L’uomo retorico figura il
mondo con i suoi strumenti: il corpo, le mani, il linguaggio, le parole ecc. Né irrazionalità né
riduzione, questa figurazione addestra gli uomini a far propria e gestire la libertà.

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