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Teorema di Incompletezza di Gödel

Gino (Liceo "G.Veronese" di Chioggia) chiede: Ho sentito parlare di Gödel e del suo teorema con
il quale ha dimostrato che "è impossibile dimostrare dall'interno di un sistema di assiomi la non
contraddittorietà di questi ultimi ". Ciò mi sembra di fondamentale importanza perché assieme al
principio di Heisemberg fa crollare (dal punto di vista matematico) le pretese razionalistiche di una
capacità assoluta della ragione di conoscere e di cogliere mediante una certezza assoluta. Non
essendo un matematico, desidererei capire un po'di più riguardo a questo postulato.

-:-:-

La scienza opinabile? Sicuro come 2+2 = 4 ! Anni addietro, da studente del corso di laurea in
Scienze dell'Informazione, quando mi accingevo a studiare la computabilità degli algoritmi, rimasi
letteralmente folgorato dal Teorema di Incompletezza di Gödel: "Per ogni sistema formale di regole
ed assiomi è possibile arrivare a proposizioni indecidibili, usando gli assiomi dello stesso sistema
formale" perché, assieme al Principio di Indeterminazione di Heisenberg ("Non possiamo mai
conoscere contemporaneamente e con precisione la posizione e la quantità di moto di una particella
subatomica") postulava la inconoscibilità dell'universo, demoliva la fede nell'assolutismo
razionalistico su cui avevo basato praticamente tutta la mia scala di valori: un razionalismo
positivista incentrato sulla certezza che un'accurata osservazione potesse penetrare nel midollo del
cosmo fino a comprenderne l'essenza strutturale e, soprattutto, sulla certezza assoluta che nulla
fosse inconoscibile e tale da sfuggire alla comprensione dell'uomo.

Questo passo ha segnato, secondo la mia visione, il momento più importante della mia formazione
scientifica. Al di là dei riflessi filosofici, la semplice coscienza che la scienza è astrazione di un
modello su una realtà, mi ha reso protagonista consapevole dei risultati che mi accingevo a studiare,
cosciente della loro natura umana, imperfetta e modificabile.

Ringrazio quindi il lettore, con cui concordo pienamente, per avermi dato la possibilità di discutere
su questi due importanti risultati del nostro secolo. Avevo già affrontato parzialmente la questione
nella prima risposta che ho scritto per ViaLattea [6]. La domanda era "lo zero appartiene ai numeri
naturali?" e la risposta è stata, in soldoni, "dipende".

Per usare i termini del lettore, "le pretese razionalistiche di una capacità assoluta della ragione di
conoscere e di cogliere mediante una certezza assoluta ", sono caratteristiche di chi ha un
atteggiamento demodé e, comunque, poco scientifico.

Ogni volta che sento affermare "la matematica non è un'opinione" rabbrividisco. Rabbrividisco
perché si utilizzano argomenti assolutamente non scientifici per affermare ciò che a noi fa comodo,
sotto l'aureo cappello della "scienza". Frasi come "sicuro come 2+2=4" sono dannose e deleterie,
perché diffondono un immagine della scienza (quella vera) del tutto distorta.

Non solo la matematica è un'opinione: è il più grande ed articolato, ma molto ben fondato, sistema
di opinioni che l'uomo abbia mai prodotto e, come è tale, è discutibile, opinabile, modificabile e
adattabile. Altrettanto vale per le scienze in generale.
Lo straordinario risultato di Gödel dimostra addirittura che a dispetto di tutti gli sforzi possibili,
qualsiasi sistema formale può produrre teoremi indecidibili (ovvero né veri, né falsi): l'uomo non è
quindi in grado di produrre sistemi di rappresentazione, o modelli, "perfetti".

Aggiungendo a questo che l'unico strumento che l'uomo ha a disposizione per conoscere l'universo
è un sistema formale che lo modelli, poiché l'universo è inconoscibile con precisione (dal risultato
di Heisenberg), si direbbe proprio che siamo costretti a rinunciare alle nostre pretese di assolutismo
razionalistico. Ad onor del vero, bisogna dire che nessuno scienziato o persona dotata di un certo
background scientifico serio si sognerebbe mai di affermare che la scienza è in grado di
comprendere e descrivere con certezza assoluta i fenomeni.

Questo atteggiamento è più proprio del senso comune che assegna valenza assoluta alle proprie
percezioni. Per ignoranza, infatti, molte persone sono disposte a scommettere sulla veridicità di ciò
che hanno visto o udito, oppure sulla univocità di significato delle proprie affermazioni. Eppure
anche il linguaggio, al pari di qualsiasi altro sistema formale o informale di rappresentazione, gode
della stessa proprietà di incompletezza dimostrata da Gödel.

Si rifletta sul significato dell'affermazione "questa frase è falsa". Qual è il suo significato ? Se la
frase è vera allora è vero che è falsa e, quindi, non può essere vera; se, invece, la frase è falsa allora
è falso che la frase è falsa e quindi deve essere vera. La frase è semplicemente indecidibile, ovvero
è sia falsa che vera e sia non-falsa che non-vera.

In ogni caso, abbiamo appurato che il nostro linguaggio è imperfetto e non ha potenziale espressivo
sufficiente per descrivere situazioni come questa. Ma attenzione, perché tutti questi "casi limite"
giacciono in un confine è in grado di indicare proprio la "vera" natura dell'universo.

Esistono configurazioni del cosmo in cui le cose sono sia vere che non vere ? E se esistono, siamo
in grado di comprenderle e descriverle ?

Modelli, realtà e percezione

Gli scienziati sono perfettamente al corrente del fatto che stanno investigando delle proprietà di
modelli della realtà, piuttosto che la realtà stessa. Le famose "teorie scientifiche" servono proprio a
questo. Un modello diventa teoria quando è dimostrata la sua adattabilità "locale" ad un
sottoinsieme di fenomeni oggetto dello studio.

Un concetto chiave da introdurre immediatamente è l'isomorfismo: diciamo che due gruppi di


oggetti sono isomorfi se esiste una corrispondenza uno-a-uno tra gli oggetti che li compongono. Il
termine isomorfo proviene dal greco e significa "stessa forma" o "stessa struttura".

Così, una teoria che dimostri l'esistenza di un isomorfismo tra il modello prodotto e la realtà di
riferimento è considerata valida. La figura illustra le relazioni tra teoria, modello e realtà.
Fig.: Relazioni tra teorie scientifiche, modelli e realtà di riferimento

Lo scienziato analizza la realtà che vuole modellare e ingloba tutti i risultati ed i dati estratti dalle
proprie osservazioni all'interno della teoria che sta sviluppando. La teoria ha come scopo la
produzione di un modello matematico della realtà analizzata. Nel lavoro di formulazione della
teoria dimostra anche l'isomorfismo tra modello e realtà di riferimento.

Se il modello non è in grado di coprire alcuni aspetti della realtà, allora la teoria viene estesa, fino a
che è possibile coprire tutti i fenomeni che si vogliono investigare. Se l'isomorfismo non sussiste
più, allora la teoria non è valida.

Nella realtà un lavoro di ricerca assurge a teoria solo quando l'isomorfismo è ampiamente
dimostrato. Un esempio di modello è l'equazione della gravitazione universale di Isaac Newton,
nella sua Teoria della Gravità con cui è possibile prevedere il moto degli oggetti nel cosmo, la loro
posizione, velocità, ecc.

Trovare una soluzione ad un problema nel modello, in virtù dell'isomorfismo tra modello e realtà,
significa quindi risolvere il problema nel mondo reale. Ma attenzione: nella fase di ricerca della
soluzione l'oggetto della percezione umana non è la realtà, ma il modello. Ciò avviene anche perché
la realtà è inconoscibile ed in ogni modello si operano delle forzature o si ignorano relazioni di
minore interesse all'interno della realtà di riferimento. Un esempio di semplificazione è l'equazione
dei gas "ideali" in termodinamica: PV = nRT

La rappresentazione di un fenomeno reale è quindi un problema percettivo legato al modello che si


osserva. Per di più, la stessa osservazione è basata su un modello di rappresentazione costruito
automaticamente dal nostro cervello durante l'osservazione. Vale a dire che quando guardiamo il
mare non abbiamo l'esperienza del mare vera e propria, ma stiamo analizzando i dati che arrivano al
nostro cervello, codificati secondo un modello innato e diverso per tutte le persone.

Tutti noi, quindi, quando viviamo non sperimentiamo la vera essenza delle cose, ma il modello di
riferimento. La percezione è, quindi, costituita dalla rappresentazione interna frutto della codifica
dell'energia scambiata col mondo reale. In questo senso, la percezione non può avere valore
assoluto, perché ha come oggetto dei dati codificati, non il mondo stesso. La scienza è però in grado
di rispondere alla domanda "che cosa significano le rappresentazioni all'interno del modello, nel
mondo reale ?". In termini più formali, qual è la semantica (significato) della percezione ?
Una parte fondamentale del lavoro di Gödel è incentrata sulla dimostrazione di un isomorfismo tra
le possibili percezioni/rappresentazioni ed i numeri naturali. Il processo di assegnare un intero ad
una rappresentazione è detto gödelizzazione, che consiste essenzialmente nella possibilità di
assegnare un numero univoco ad ogni sequenza di percezioni. Essendo il numero univoco,
possiamo assegnare a questo numero il compito di definire il significato della percezione, ovvero la
sua semantica. Dimostrato ciò, abbiamo assegnato un significato unico ed inscindibile ad una
sequenza di percezioni. Se dico che il mio monitor ha numero di Gödel 36973498573249, ogni
volta che mi riferirò a questo numero, saprò di cosa sto parlando: del monitor, appunto.

L'affermazione di Gödel ha effetti di proporzioni impressionanti: tutto è codificabile con semantica


assegnata. Questo è il motivo per cui abbiamo la possibilità di trattare digitalmente immagini, suoni,
filmati e tutte le entità per cui sia definito un apposito modello.

Tuttavia questo fatto non deve ingannare, perché è pur vero che possiamo Gödelizzare praticamente
ogni entità (comprese le teorie, i modelli, i programmi ed i programmi che Gödelizzano entità), ma
resta sempre l'incompletezza del sistema formale (Gödel) che stabilisce il modello di acquisizione e
l'impossibilità di una percezione della realtà indipendente dall'osservatore (Heisenberg).

Ma si rifletta un attimo: la semantica della rappresentazione al computer della immagine di un


tramonto ha forse meno valore rappresentativo dell'immagine che si forma nella nostra mente ?
Come possiamo allora affidarci alla nostra percezione come descrizione univoca della realtà e
preferire questa ad altre ?

I due sistemi di rappresentazione, umano e digitale, hanno lo stesso valore perché sono isomorfi: si
tratta, in sostanza, di due strutture di modelli assolutamente equivalenti.

Anatomia dell'(in)conoscibile

Il principio di indeterminazione di Heisenberg complica decisamente le cose. Ogni volta che


tentiamo di indagare la realtà siamo costretti ad accettare queste limitazioni
· l'osservatore modifica il comportamento dell'osservato
· l'osservazione è necessariamente ristretta ad una porzione del fenomeno osservato
in definitiva, non esiste un osservatore ed un osservato, ma l'unione di entrambi e l'osservazione in
se fornisce dati su una coppia inscindibile di elementi: lo stato dell'osservatore e lo stato
dell'osservato.

L'unica possibilità che resta allo scienziato-osservatore è di formulare un modello "verosimile" della
realtà in esame. Inoltre, il sistema formale che descrive il modello della realtà oscilla tra questi due
estremi:
· coerenza: tutti i teoremi formulabili sul modello del sistema devono essere decidibili
· completezza: tutti gli enunciati formulabili sono teoremi (in altri termini: il modello deve
essere in grado di coprire tutte le esigenze di rappresentazione della realtà di riferimento) il risultato
di Gödel implica che un sistema coerente perde in completezza ed un sistema completo perde in
coerenza. Questa argomentazione è affrontata in dettaglio proprio nella risposta sull'appartenenza
dello zero ai numeri naturali [6].

In particolare, i sistemi formali non sono in grado di descrivere se stessi coerentemente. Un esempio
è la frase "questa frase è falsa", in cui la frase tenta di decidere la qualità di se stessa. In particolare,
ciò che devasta qualsiasi sistema formale è la negazione: affermare l'esistenza formale di un oggetto
non-oggetto. Esempi di questo fatto sono, appunto, l'indecidibilità di una frase in cui si attesti che
questa è una non-frase, o decidere se il numero zero (un numero che rappresenta una non-quantità)
appartiene agli insiemi dei numeri (che rappresentano quantità).

Le implicazioni filosofiche di queste indecidibilità sono più vaste ed illuminanti di quanto si possa
immaginare: si direbbe che questi "accidenti" indichino proprio la vera natura del cosmo: una
commistione di essenza e non-essenza in eterno mutamento. Quando un sistema tenta di descrivere
se stesso, significa che sta indagando sulla propria essenza con i propri stessi strumenti. Ed il
risultato è puntualmente, qualsiasi sistema esso sia, che il sistema arriva a descriversi con teoremi
sia veri che falsi, sia non-veri che non-falsi. O, in altri termini: sia in termini di essere che di non-
essere, mai disgiunti e contemporaneamente presenti.

Sorprendentemente, le filosofie orientali sono arrivate a questo risultato già da decine di secoli.
Nello Shodoka, testo sacro del Buddhismo Zen, si afferma: "Chi è non pensiero? Chi è non nato? Se
il non-nato esiste realmente, non può neppure nascere" [4] ; nella Bhagavadgita, testo sacro
induista: "Enuncerò ora quel conoscibile con la cui conoscenza s'ottiene ciò che è immortale: il
Brahman senza inizio, supremo: lo si dice né essere né non-essere" [3] XIII/12 ; nel Tao Te Ching,
libro sacro taoista (sull'essere ed il non-essere): "Ciò che essi hanno in comune, io lo chiamo il
Mistero, il Mistero Supremo, la porta di tutti i prodigi" [5]

All'inizio di questo secolo il lavoro della fisica quantistica ha svelato finalmente l'essenza oltre
l'essere ed il non-essere: l'energia. Si direbbe che l'energia sia l'essenza di tutte le cose, e che la
struttura di essere e di non-essere sia solamente una qualità soggettiva assegnata dall'osservatore.
L'energia è in eterno fluire e mutamento. La massa è energia, gli alberi, le case, la voce, gli odori, i
concetti e tutto l'universo è energia. Io dico che quell'oggetto è una casa perché i miei sensi la
vedono delimitata in un certo modo, dipendente dal modello di rappresentazione applicato dal mio
cervello. La casa, in "realtà", è una distribuzione di energia nel cosmo. E l'energia si manifesta in
elementi dalla natura duale, sia di particella che ondulatoria.

Il principio di Heisenberg stabilisce che è impossibile determinare univocamente e con precisione


posizione e quantità di moto delle particelle e, in definitiva, che è impossibile osservare con
"certezza assoluta" tutte le cose dell'universo. E' curioso osservare questa coincidenza lessicale:
all'inizio del secolo Albert Einstein ha prodotto il modello dell'universo in termini di equazioni di
campo, le cui soluzioni portano a diversi modelli di cosmogonia (i.e. di genesi dell'universo). E
guardate un po' come si esprime il Beato Signore, il cui corpo è l'universo stesso, nel tredicesimo
canto della Bhagavadgita, in cui espone la Disciplina del conoscibile e del conoscitore: "Questo
corpo (...) è chiamato 'il campo'. Colui che lo conosce, gli esperti della questione lo dichiarano
'conoscitore del campo' " [4] XIII/1 ; noi, oggi, il conoscitore del campo lo chiamiamo fisico
teorico.

Conclusioni

Sono veramente lieto della domanda posta dal lettore, che indica una riflessione estremamente
profonda ed importante. Inviterei caldamente il lettore ad approfondire questi temi. Una risposta
veramente articolata alla questione sollevata può essere reperita in [1], in cui il lavoro di Gödel è
ampiamente discusso. Le interrelazioni tra fisica teorica e filosofie orientali sono invece
ampiamente discusse in [2], ove si affrontano "a tutto tondo" i riflessi filosofici e scientifici del
lavoro di Heisenberg.
In ogni caso, chiarite le enormi difficoltà concettuali da affrontare per tentare di conoscere il nostro
universo, il lavoro fatto dalla scienza e dagli scienziati attraverso i secoli appare ancora più
grandioso. Prendere atto della inconosciblità dell'universo non significa sminuire la validità del
mondo scientifico: tutt'altro !

Il grande lavoro degli scienziati sta nel definire modelli le cui classi di isomorfismo con la realtà
sono così ampie ed efficaci che, addirittura, sono isomorfe a qualsiasi altro modello che descriva gli
stessi fenomeni.

Ciò significa che è possibile definire matematiche la cui aritmetica preveda che 2+2=5, ma queste
sono tutte isomorfe alla nostra matematica. In questo senso, il valore della nostra matematica, pur se
relativo, è immenso. Perché, pur essendo imperfetta, è altamente probabile che sia equivalente ad
altre matematiche sviluppate in parti remote del cosmo.

Nel film Contact, lo scienziato Carl Segan ipotizza che una forma di contatto aliena possa mettersi
in contatto proprio utilizzando sequenze di numeri primi: un'ipotesi non del tutto assurda. Gli
scienziati sono piuttosto confidenti nel fatto che qualsiasi altra matematica sviluppabile sia isomorfa
alla nostra. Paradossalmente, è proprio l'imprecisione che conferisce alla scienza il valore di
linguaggio universale.

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