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Thomas Nagel - Mente e cosmo

Perché la concezione neodarwiniana è quasi certamente falsa

Introduzione all’edizione italiana (Michele di Francesco) 2

1. Introduzione 5

2. L’antiriduzionismo e l’ordine della natura 7

3. La coscienza 15

4. La cognizione 29

5. I valori 39

Conclusione 52

Introduzione all’edizione italiana (Michele di Francesco)


Thomas Nagel è uno dei pensatori che hanno più contribuito alla riflessione sui rapporti tra coscienza e
ordine naturale, rapporti che, nella sua prospettiva, sono incentrati su una tensione essenziale: l’aspirazione
della scienza post-galileiana a una descrizione oggettiva e impersonale del mondo.

Per Nagel, tale tensione appare irrisolvibile: la visione materialistica e oggettiva del mondo proposta dalla
scienza moderna non offre margini per una spiegazione dell’esistenza dei fenomeni coscienti. La coscienza
non è spiegabile da fisica e biologica nella loro forma attuale, e se la mente biologica è il prodotto
dell’evoluzione, “allora la biologia non può essere una scienza puramente fisica”.

Si apre così la necessità di rileggere l’intera storia dell’evoluzione dell’universo assumendo la centralità dei
fenomeni mentali e coscienti. La comparsa dei fenomeni mentali richiede una spiegazione ulteriore che ci
conduce oltre la visione materialistica e neodarwiniana che oggi domina la nostra concezione del mondo.

È ammissibile pensare che nella storia della natura sono a lavoro anche principi di tipo diverso, teleologici 1
piuttosto che meccanicistici.

La coscienza e l’ordine del mondo


Già nel 1974, nel celebre saggio “What is it like to be a bat?” Nagel difendeva l’idea che ciò che si prova a
esser noi stessi, il nostro individuale e irriducibile modo di essere dotati di un punto di vista soggettivo non
può essere escluso dall’arredo del mondo e sfugge alle capacità esplicative della scienza della mente.

“Come avvenga che qualcosa di così notevole come uno stato di coscienza sia il risultato della stimolazione
del tessuto nervoso è tanto inspiegabile quanto la comparsa del genio quando Aladino strofina la lampada”,
Huxley, 1866

Ai tempi in cui Huxley scriveva, l'inspiegabile del nesso cervello-coscienza poteva essere attribuita
all’immaturità della scienza della mente, ma ai tempi di Nagel questi sottolinea cosa essa può e non può fare
per principio.

La spiegazione scientifica procede dal soggettivo all'oggettivo, ma nel caso di eventi coscienti, l’oggettività
non ha alcun senso poiché è soltanto l'esperienza soggettiva a rappresentare la natura di tali fenomeni.

1 Concezione secondo la quale gli eventi, anche quelli non legati all’azione volontaria e consapevole degli uomini,
avvengono in funzione di un fine o scopo
Es. Qual è l'esperienza fenomenologica soggettivamente vissuta da un pipistrello dotato di un
sistema sensoriale (sonar biologico) che non trova riscontro nella nostra specie? Come potremmo
saperlo attraverso l’indagine scientifica che dà accesso solo a fatti “in terza persona”?

“Un organismo ha stati mentali coscienti se e soltanto se fa un certo effetto essere quell’organismo” e
proprio questo carattere soggettivo dell’esperienza che è stato perso durante le spiegazioni fisicaliste e
funzionaliste.

“La nascita delle scienze fisiche moderne è stata resa possibile dalla messa a punto di un metodo che
permetteva di esaminare il mondo fisico non in funzione del modo in cui esso appare ai nostri sensi, bensì in
quanto regno oggettivo che esiste indipendentemente dalle nostre menti [...] Il prezzo da pagare è stata
l'esclusione dell’apparenza soggettiva della realtà”

Alle argomentazioni di Nagel si aggiunge quella in cui si nota come le teorie riduzionistiche della mente
cosciente si basano solitamente su analisi funzionali e relazionali 2, ma quando si tratta dei caratteri intrinseci
della coscienza, questa strategia incorre in limiti difficilmente sormontabili

Se vogliamo spiegare il rapporto fra la dolorosità del dolore e le sue basi neurologiche, non ci interessa
stabilire che certi stati neurali svolgono certe funzioni tipiche del dolore (es. innescare la fuga da stimoli
ambientali nocivi), ma piuttosto si vuole sapere perché mai certi stati del cervello diano vita proprio a
questa esperienza intrinseca che viviamo come dolorosa

Cosmo e coscienza
Diversa è la questione delle conclusioni che possiamo trarre dalla sfida che la mente cosciente porta alla
visione materialistica e neodarwiniana del cosmo. Una parte delle critiche riguardano le affermazioni
empiriche e il riferimento ai meriti delle obiezioni poste dai sostenitori del disegno intelligente.

Nagel è ateo in questo frangente: se è vero che ci sono ragioni per dubitare della possibilità che la scienza
possa spiegare in termini meccanicistici l’emergere della coscienza, allora vale la pena valutare le obiezioni
di chi si oppone a tali teorie non tanto perché dimostrano l’esistenza di un Disegno (questo negato), ma
perché aiutano a comprendere meglio i limiti del materialismo neodarwiniano.

Il passaggio di Nagel dal fallimento del riduzionismo all’opportunità di porsi alla ricerca di leggi
teleologiche per la spiegazione dell’origine della vita e della coscienza appare azzardato:

- Vita e coscienza non sono la stessa cosa

- Se è vero che molto deve essere ancora spiegato circa i meccanismi causali dell’interazione fra
organismo e ambiente, allora l’approccio meccanicistico e riduzionistico della biologia non è un
programma di ricerca regressivo, ma in pieno sviluppo

Anche abbandonando questa parte discutibile del teso, numerose sono le repliche filosofiche contro Nagel

- Alcune teorie riduzionistiche della coscienza vogliono smontare l’idea secondo cui, quando parliamo
dei nostri stati coscienti, stiamo parlando di entità ineffabili 3 e intrinseche. Se queste teorie sono
controverse, lo sono meno di quelle che introducono cause finali nella nostra visione del cosmo

Inoltre, anche se il riduzionismo non risolvesse il problema della coscienza, sicuramente il


fisicalismo è quello che più si avvicina alla realtà

2 Si definisce un fenomeno nei termini del ruolo causale funzionale che svolge e si ricercano le basi materiali di chè che
realizza tale ruolo
3 Che non si possonodefinire a parole
- Esistono diverse versioni del naturalismo, perciò, Nagel è limitato nel confutare quello più radicale e
di impronta fortemente riduzionistica.

- L'emergentismo4 accetta l’irriducibilità della coscienza, ma non conduce alla postulazione di leggi
teleologiche a fianco di quelle meccaniche; le critiche di Nagel a questa teoria sembrano legate ai
requisiti estremamente alti per la comprensibilità del cosmo

Da questo punto di vista, la spiegazione del cosmo deve essere fatta razionalmente, ma la mente
sarebbe doppiamente connessa all'ordine naturale: se la natura ha dato origine a creature coscienti
dotate di mente, allora essa è tale da essere comprensibile da quelle creature.

Se non si presupponesse questa intelligibilità del cosmo, la natura misteriosa del mondo parrebbe
legata a un limite cognitivo dell’umano

Qual è l’apporto di Nagel al dibattito filosofico? Nagel offre una chiara sintesi degli argomenti
antiriduzionisti in filosofia della mente, partendo dal problema della coscienza per poi ampliare l’orizzonte
alla critica al naturalismo

1. Introduzione
Lo scopo di questo libro è di sostenere che il problema mente-corpo non concerne soltanto la relazione tra
mente, cervello e comportamento, ma pervade la comprensione dell’intero cosmo.

L’obiettivo polemico di Nagel è la formulazione di una Weltanschauung naturalistica5 che postula una
relazione gerarchica tra gli oggetti delle scienze e una spiegazione teoricamente compiuta, attraverso la loro
unificazione, di tutto ciò che esiste nell’universo.

Il punto di partenza è il fallimento del riduzionismo psicofisico, una posizione – nella filosofia della mente
– ampiamente motivata dalla speranza di mostrare come le scienze fisiche possano fornire una teoria del
tutto. Tuttavia, quanti più dettagli apprendiamo sulle basi chimiche della vita e sulla complessità del codice
genetico, tanto più incredibile diventa tale spiegazione.

Questo naturalismo riduzionista vacilla sulla spiegazione dell’origine della vita: a prima vista appare
implausibile che la vita sia il risultato del susseguirsi di eventi fisici causali in combinazione con il
meccanismo della selezione naturale. Infatti, possono emergere due domande:

- Qual è la probabilità che forme di vita autoprodotte possano aver avuto spontaneamente origine per
effetto delle leggi della fisica e della chimica?

- Quanto è verosimile che dalle prime forme di vita sulla Terra, attraverso sequenze di mutazioni
genetiche e selezione naturale, si siano prodotti gli organismi che di fatto esistono?

Se la ricerca contemporanea lascia aperta la possibilità di dubbi su una spiegazione completamente


meccanicistica dell'origine e dell’evoluzione della vita, ciò, insieme al fallimento del riduzionismo
psicofisico, suggerisce che la storia della natura deve essere spiegata attraverso principi teleologici piuttosto
che meccanicistici.

Il progetto di Nagel ruota intorno a tre vincoli:

- Antiriduzionismo

4 Idea per cui quando la realtà raggiunge un adeguato livello di complessità, emergono proprietà nuove e imprevedibili
dal punto di vista del livello sottostante
5 Immagine del mondo ottenibile per estrapolazioni dalla biologia, dalla chimica e della fisica
- Certe cose degne di nota devono essere spiegate come non causali

- Scoprire un solo ordine naturale che unifichi tutto sulla base di un insieme di elementi e principi
comuni

[Questa idea non è compatibile con il teismo poiché l’intervento divino è per definizione al
di fuori dell’ordine naturale]

I grandi progressi nel campo delle scienze fisiche e biologiche sono stati resi possibili dall’esclusione della
mente dal mondo fisico e ciò ha permesso una comprensione quantitativa del mondo espressa per mezzo di
leggi fisiche formulate matematicamente. A un certo punto, tuttavia, sarà necessario ripartire da una
comprensione più completa che includa anche la mente e sia integrata con quella delle scienze fisiche finora
sviluppate per un universo privo di mente.

Per quanto riguarda l’origine della vita, il problema è ancora più serio perché la selezione naturale non è
un'opzione disponibile, inoltre è difficile che la comparsa del codice genetico possa rivelarsi probabile date
le sole leggi fisiche.

Nel riflettere su tali questioni, Nagel è stato stimolato da una prospettiva religiosa per cui un alternativa di
spiegazione faceva riferimento alle azioni di un architetto che delineava un disegno intelligente.

Qualsiasi sia l’opinione della possibilità di un architetto, la dottrina delle mutazioni casuali e della selezione
naturale non può essere considerata inoppugnabile6: si tratta di un’assunzione che guida il progetto
scientifico, piuttosto che di un’ipotesi scientifica adeguatamente confermata

Nonostante i grandi risultati ottenuti dal materialismo riduzionista, questa visione del mondo è abbastanza
matura da poter essere rimpiazzata.

2. L’antiriduzionismo e l’ordine della natura


I Sezione
Il conflitto tra naturalismo scientifico e diverse forme di antiriduzionismo è un chiodo fisso della
filosofia contemporanea. Da un lato, c’è la speranza che ogni cosa possa essere spiegata per mezzo delle
scienze fisiche, estese anche a includere la biologia. Dall’altro, si dubita che aspetti del nostro mondo quali la
coscienza, l’intenzionalità, il significato, i valori, il pensiero possano trovare posto in un universo costituito
soltanto da fatti fisici.

Nagel utilizza i termini “materialismo” e “naturalismo materialistico” per riferirsi a un versante di questo
conflitto, e “antiriduzionismo”7 per riferirsi all'altro. Molti naturalisti materialisti non si descriverebbero
come riduzionisti, tuttavia l’introduzione della mente e dei suoi fenomeni collegati sembrano ridurre la
portata della realtà.

La conclusione che l’antiriduzionismo propone è che vi sono alcune cose di cui le scienze fisiche non posso
dare una spiegazione completa. Potrebbero quindi essere necessarie altre forme di comprensione, o forse
c’è molto di più nella realtà di quanto possa essere descritto dalla fisica.

Se il riduzionismo fallisce su alcuni punti ciò rivela un limite nella portata delle scienze fisiche che deve
perciò essere integrato da qualcos’altro. Se si dubita della riducibilità del mentale al fisico e, allo stesso

6 Che non è suscettibile di obiezioni


7 Coloro che dubitano dell’adeguatezza di una visione puramente scientifica del mondo, e la ricerca di un posto al suo
interno per la mente e i fenomeni a essa collegati.
modo, di valori e il significato, allora emerge che il materialismo riduzionista possa non essere applicato
persino alla biologia; di conseguenza il materialismo non spiegherebbe il mondo fisico.

Noi e le altre creature con vite mentali dipendiamo evidentemente dalla nostra costituzione fisica: per questo
motivo, ciò che spiega l’esistenza di organismi come noi deve anche spiegare l’esistenza della mente. Se,
però, il mentale non è esso stesso puramente fisico, non può essere completamente spiegato dalla fisica.

Se la biologia evoluzionistica è una teoria fisica, allora non può rendere conto della comparsa della
coscienza e di altri fenomeni non riducibili fisicamente. Perciò, se la mente è un prodotto dell’evoluzione
biologica, allora la biologia non può essere una scienza puramente fisica.

Si apre così la possibilità di una concezione dell'ordine naturale molto diversa dal materialismo, che assegna
un ruolo centrale alla mente, piuttosto che considerarla come un effetto secondario delle leggi della fisica.

Uno degli elementi che guidano i diversi programmi riduzionistici sulla mente, sui valori e sul significato, è
la mancanza di un'alternativa sufficientemente ampia. Può sembrare che l'introduzione di qualia,
intenzioni, valori, credenze e desideri possa risolvere il quesito; tuttavia, non risponde al desiderio di ottenere
una comprensione generale del modo in cui le cose stanno insieme tra loro

Una vera alternativa al programma riduzionistico richiederebbe una spiegazione del mondo in cui la mente e
tutto ciò che essa comporta siano connaturati con l’universo.

Il materialismo richiede il riduzionismo, perciò, il fallimento del riduzionismo richiede che si cerchi
un’alternativa al materialismo. Se però nessuna riduzione plausibile è a disposizione e se negare la realtà del
mentale continua a essere inaccettabile, allora il naturalismo materialistico è falso.

Forse l’ordine naturale non è esclusivamente fisico; o forse, nella peggiore delle ipotesi, non esiste un ordine
naturale generale che tenga tutto insieme, ma solo forme di comprensione disconnesse.

II Sezione
La convinzione che guida Nagel è che la mente non sia solo il prodotto di un’aggiunta successiva, un evento
accidentale o un accessorio, ma che sia un aspetto fondamentale della natura.

La scienza è guidata dall'assunzione che il mondo sia intelligibile, ovvero che il mondo in cui ci troviamo
possa non solo essere descritto, ma anche compreso. Questa assunzione sottostà a ogni ricerca di conoscenza
e ha permesso scoperte straordinarie.

Da cosa è spiegato questo ordine? Una risposta potrebbe essere che non è spiegato da nulla, oppure un
determinato livello di ordine può essere spiegato nei termini di un livello ancor più profondo, tuttavia,
secondo questo modo di vedere le cose, si raggiungerà un punto oltre il quale non ci sarà più nulla da dire
sulla comprensione del mondo, se non ‘’le cose stanno semplicemente così’’.

Quando preferiamo una spiegazione dei dati rispetto a un’altra perché più semplice e fa meno assunzioni
arbitrarie, la nostra è una preferenza estetica: pensiamo che la spiegazione che fornisce maggior
comprensione sia probabilmente vera.

Questa assunzione è una forma del principio di ragion sufficiente: tutto ciò che riguarda il mondo può
essere compreso e anche se all’inizio molte cose sembrano arbitrarie, ciò dipende dal fatto che c’è qualcosa
di ulteriore che non sappiamo.

L’idea che l’intelligibilità razionale sia alla radice dell’ordine naturale fa di Nagel, in senso ampio, un
idealista oggettivista. L’intelligibilità del mondo non è accidentale e permette alla mente di essere
doppiamente connessa all'ordine naturale: se la natura è tale da generare creature coscienti dotate di una
mente, ed è tale da essere comprensibile per quelle creature, allora quelle creature dovrebbero essere
comprensibili a sé stesse.

III Sezione
In quale modo, o in quali modi, il mondo è intelligibile? La scienza naturale è uno dei modi più
importanti per rivelare l’intelligibilità; tuttavia, è importante sia per la scienza stessa sia per la filosofia
chiedersi quanto di quello che c’è possa essere reso intelligibile da leggi universali formulabili
matematicamente.

Prima di tutto dobbiamo però considerare la prospettiva secondo cui tali limiti non esistono, secondo cui le
leggi fisiche hanno davvero le risorse per spiegare tutto, inclusa la doppia relazione tra la mente e l’ordine
naturale. La strategia è tentare di estendere l’immagine materialistica del mondo fino a farle includere tale
spiegazione.

Secondo questo tipo di naturalismo, l’esistenza di menti è essa stessa un fatto spiegabile scientificamente
come effetto biologico secondario dell’ordine fisico.

Riassumendo, secondo questa prospettiva, non c’è alcun bisogno di una forma di comprensione estesa: al
contrario, la storia della conoscenza umana ci dà ragione di credere che c’è un modo in cui l’ordine naturale
è intelligibile attraverso le leggi fisiche.

La descrizione più sistematica possibile di un universo materiale esteso nello spazio e nel tempo è perciò la
strada da percorrere perché tutto trovi la sua spiegazione più fondamentale. La fisica e la chimica hanno
percepito questo scopo con successo; tuttavia, è la teoria dell’evoluzione ad aver avanzato verso una
maggiore concezione materialistica della realtà: la comparsa della vite è il prodotto di processi chimici
guidati dalle leggi della fisica.

Anche se resta oscuro come si possa esattamente rendere conto della coscienza in termini fisici, la
prospettiva naturalistica ortodossa è che la biologia sia, in linea di principio, completamente spiegata dalla
fisica e dalla chimica e che la psicologia evoluzionistica fornisce un’idea approssimativa del modo in cui
tutto ciò è distintivo della vita umana.

Nonostante ciò, tutti riconoscono che ci son molte cose che non sappiamo, perciò, l’implausibilità del
programma riduzionistico ci dà ragione di pensare che ci siano delle alternative che rendano la mente, i
valori e i significati tanto fondamentali quanto lo sono la materia e lo spazio-tempo.

Per spiegare il comportamento del mondo inanimato si è inferita l’esistenza di elementi fondamentali e di
leggi fisiche e chimiche. Tuttavia, c’è bisogno di qualcosa di più per spiegare come possano esistere creature
coscienti e pensanti i cui corpi e cervelli sono comporti di quegli stessi elementi.

IV Sezione
Provando a pensare a qualcosa di diametralmente opposto al materialismo. Nagel propone il teismo, ovvero
la posizione secondo cui la mente, e non le leggi fisiche, fornisce il livello fondamentale di spiegazione di
tutto, incluse le stesse leggi universali e fondamentali. È il modo più diretto di ribaltare il materialismo,
poiché il teismo rende le leggi fisiche come conseguenze della mente e non viceversa

Il teismo interpreta l’intelligibilità in termini di intenzione o fatalità, rifiutando di accettare che la


spiegazione ultima sia puramente descrittiva. Al confine esterno del mondo, il teismo colloca qualche tipo di
mente o intenzione che è responsabile sia del carattere fisico sia del carattere mentale dell’universo.
Ciò non significa che una visione teistica del mondo debba essere deterministica: la natura esistenziale di
Dio potrebbe averlo condotto a creare leggi probabilistiche ed esseri dotati di libero arbitrio, le cui azioni
sono spiegate come libere scelte. Tuttavia, il processo rimane incompiuto, così come accade nella
spiegazione materialistica puramente descrittiva.

L’interesse del teismo è di spiegare in maniera alternativa ciò che non sembra essere spiegabile con le
scienze fisiche; inoltre, Il teismo attribuisce i fenomeni mentali al funzionamento di una sorgente mentale
generale, di cui essi sono visioni in miniatura.

Entrambe le spiegazioni, quella materialistica e quella teistica, giungono ad un punto d’arresto: entrambe
sostengono che, alla fine, vi è una sola forma di comprensione.

V Sezione
La comprensione di noi stessi è il punto in cui il contrasto tra queste forme di intelligibilità si manifesta in
modo più vivido. Sia il teismo sia il naturalismo evoluzionistico sono tentativi di comprendere noi stessi
dall’esterno, usano risorse molto diverse

- Teismo → Offre una comprensione indiretta e vicaria assegnandola a una mente trascendente di
cui non possiamo pienamente condividere gli scopi né la conoscenza del mondo. Questa forma di
autocomprensione è dovuta alla naturale autocomprensione psicologica delle nostre stesse
intenzioni.

- Naturalismo evoluzionistico → Estende a ogni cosa, compresi noi stessi, una forma di
comprensione scientifica.

La comune brama di questi due approcci è di includere noi stessi in una comprensione che trae origine dal
nostro punto di vista: non possiamo procedere nella vita solo dal punto di vista che naturalmente
occupiamo nel mondo, ma dobbiamo invece inquadrare noi stessi in una visione del mondo più ampia.

Per quanto riguarda la conoscenza umana, sia il teismo sia il naturalismo cercano di spiegare come
possiamo affidarci alle nostre facoltà per comprendere il mondo

- Teismo → Alla base vi è la prova cartesiana che Dio non ci ingannerebbe mai

- Naturalismo → Le facoltà percettive e cognitive evolute per selezione naturale sono generalmente
affidabili nel condurci a credenze vere

Nessuna di queste proposte consente di difendere la possibilità che le nostre credenze sul mondo siano
sistematicamente false. Una difesa del genere sarebbe inevitabilmente circolare, perché la fiducia che
possiamo avere nella verità di una spiegazione teistica o evoluzionistica delle nostre capacità cognitive
dovrebbe dipendere dall’esercizio di quelle stesse capacità. Per il teismo questo è il famoso circolo
cartesiano, ma ve n'è uno anche naturalistico.

Anche se questi due progetti di autocomprensione non confutano lo scetticismo, si potrebbe mostrare il modo
in cui ragionevolmente mantengono la nostra naturale fiducia nell’esercizio dell’intelletto, a dispetto della
nostra natura e conformazione. La speranza è quella di scoprire un modo di comprendere noi stessi che non
si confuti da solo e che non richieda di negare l’ovvio

VI Sezione
Il teismo non offre una spiegazione sufficientemente significativa delle nostre capacità e il naturalismo non
ne offre una sufficientemente rassicurante.
Il vantaggio di una spiegazione teistica è quello di riconoscere come reali un maggior numero di cose e di
provare a spiegarle tutte. Tuttavia, anche se il teismo viene completato delle dottrine di una particolare
religione, offre una spiegazione molto parziale del nostro posto nel mondo. Esso si riduce all’ipotesi che la
spiegazione di alto livello sia intenzionale o finale.

Non si tratta di un'idea vuota: un agente intenzionale deve essere concepito come dotato di scopi così che
quest'ultimi non divengono arbitrari; una spiegazione teistica deve inevitabilmente includere qualche idea di
valore.

Lo svantaggio del teismo è che non offre una spiegazione in forma di resoconto generale dell’ordine
naturale. Il teismo spinge la ricerca dell’intelligibilità al di fuori del mondo: se Dio esiste, non è parte
dell’ordine naturale, ma è un agente libero non governato dalle leggi naturali; può agire creando l’ordine
naturale, ma non ne può far parte.

Un’autocomprensione teistica lascerebbe intatta la nostra naturale fiducia nelle nostre facoltà cognitive;
tuttavia, il tipo di intelligibilità che mancherebbe ancora è l’intelligibilità dell’ordine naturale stesso, cioè
intelligibilità dall’interno. Questa forma di intelligibilità sarebbe compatibile con certe forme di teismo:

- Dio crea un ordine naturale autosufficiente che poi lascia indisturbato → Questo equivale a negare la
creazione di un ordine naturale globale

- L’ordine naturale può essere spiegato sistemicamente, ma non tramite una spiegazione scientifica
oppure la considerazione di esso come prodotto divino

Le teorie materialistiche cercano di rendere l'ordine naturale internamente intelligibile, spiegando il nostro
posto in esso senza riferimento ad alcunché di esterno; tuttavia, le spiegazioni che vengono proposte non
sono sufficientemente rassicuranti.

Il naturalismo evoluzionistico fornisce una spiegazione delle nostre capacità che indebolisce la loro
affidabilità e, indebolisce sé stesso. Quando si costruisce un’autocomprensione naturalistica esterna, è
inevitabile affidarsi a una parte delle nostre capacità di “dare un senso” alle cose, così da creare un sistema
che dia senso al resto.

Ci affidiamo alla teoria evoluzionistica per analizzare e valutare ogni cosa, dalla nostra cognizione logica al
nostro senso morale. Questo riflette l’idea che le scienze empiriche siano l’unica forma di comprensione
sicura e privilegiata di cui possiamo fidarci.

Strutturalmente si tratta ancora l'ideale cartesiano in cui il ruolo principale è svolto dalla teoria
evoluzionistica, invece che dalla dimostrazione a priori della benevolenza divina.

Nagel si appoggia a due autori:

- Alvin Plantinga → A differenza della benevolenza divina, l'applicazione della teoria


evoluzionistica alla comprensione delle nostre capacità cognitive dovrebbe indebolire, senza per
forza distruggere, la nostra fiducia in esse. I meccanismi di formazione delle credenze non
garantiscono la nostra fiducia nella costruzione di spiegazioni teoriche del mondo come intero.

Secondo Nagel, l’ipotesi evoluzionistica dovrebbe implicare che non possediamo quel tipo di ragioni
per affidarci a esse come facciamo nella scienza. In particolare, non spiega perché siamo legittimati
ad affidarci a esse per correggere altre disposizioni cognitive che ci portano fuori strada, sebbene
siano ugualmente naturali e ugualmente suscettibili.
- Sharon Street → L’autocomprensione evoluzionistica dovrebbe quasi certamente richiederci di
abbandonare il realismo morale: la convinzione naturale che i nostri giudizi morali siano veri o
falsi, indipendentemente dalle nostre credenze.

A causa del loro carattere speculativo, le spiegazioni evoluzionistiche delle facoltà mentali umane sembrano
basi troppo deboli per la messa in dubbio delle forme più fondamentali del pensiero. In definitiva, tutto ciò
che crediamo, comprese le teorie cosmologiche, deve essere basato sul senso comune e su ciò che è
chiaramente innegabile.

VII Sezione
Anche se né il naturalismo evoluzionistico né il teismo forniscono il tipo di autocomprensione generale che
cerchiamo, ciò non dovrebbe minacciare la nostra fiducia più diretta nell’operato della nostra ragione,
sebbene la sua comparsa nel mondo resti un mistero.

Ciò, tuttavia, significa rifiutare una terza risposta al problema: rinunciare completamente al progetto di una
autocomprensione esterna e limitarci invece al compito sufficientemente arduo di comprendere il nostro
punto di vista sul mondo dall’interno.

La fisica è una dimensione di questo punto di vista umana, ma essa può esistere accanto ad altre dimensioni
senza assumerle. Questo metodo pluralistico è ciò che Peter Frederick Strawson chiama “metafisica
descrittiva”.

Tuttavia, mentre una comprensione interna è certamente di valore ed è una precondizione necessaria per un
progetto più trascendente, Nagel osserva che sarebbe difficile fermarsi e non cercare una concezione esterna
di noi stessi.

Per limitarci in questo modo dovremmo credere che la ricerca di una sola realtà sia un’illusione, perché ci
sono molti tipi di verità e di pensiero che non possono essere combinati sistematicamente in una concezione
unica.

Anche se concludiamo che la spiegazione materialistica di noi stessi sia incompleta, resta il fatto che siamo
tutti prodotti dal Big Bang; ciò è parte della vera comprensione esterna di noi stessi.

La nostra stessa esistenza ci mostra che in qualche modo il mondo genera esseri coscienti in grado di
riconoscere ragioni per agire e per credere, distinguere certe verità necessarie, … Non sappiamo come questo
accada, ma è difficile non credere che ci sia una spiegazione di tipo sistematico, una spiegazione estesa
dell’ordine del mondo.

Se riteniamo innegabile che i nostri ragionamenti morali e logici più chiari siano oggettivamente validi,
siamo al primo gradino di questa scala: la fiducia che sentiamo all’interno del nostro stesso punto di vista
esige di essere integrata da una visione più generale del nostro essere contenuti nel mondo. Nel frattempo,
continuiamo a usare la percezione e la ragione per costruire le nostre teorie scientifiche dell’ordine naturale,
anche se non abbiamo una spiegazione convincente del perché queste facoltà esistano.

Dal momento che un’adeguata forma di autocomprensione costituirebbe un’alternativa al materialismo, essa
dovrebbe includere elementi mentalistici e razionali di qualche tipo. L’idea di Nagel è che essi possono far
parte del mondo naturale e non implicano necessariamente una mente individuale trascendente.

Il fatto incontrovertibile di cui si deve rendere conto in ogni concezione compiuta dell’universo è che la
comparsa degli organismi viventi ha infine dato origine alla coscienza, alla percezione, al desiderio,
all’azione e alla formazione di credere e intenzioni sulla base di ragioni. Se tutto questo ha una
spiegazione naturale, allora la loro possibilità era insita nell’universo molto prima che ci fosse vita.

Per quanto riusciamo a progredire nella comprensione delle basi chimiche della vita e della sua evoluzione, il
fenomeno richiede conoscenze molto più ampie per divenire intelligibile. L’impossibilità di abbandonare
la ricerca di una visione trascendente del nostro posto nell’universo conduce alla speranza di una
comprensione estesa che eviti il riduzionismo psicofisico.

Il carattere essenziale di tale comprensione sarebbe spiegare la comparsa della vita, della coscienza della
ragione e della conoscenza come conseguenza inevitabile dell’ordine che governa il mondo naturale
dall’interno. Tale ordine dovrebbe includere le leggi fisiche, ma una forma di spiegazione estesa vede
necessaria l’introduzione di elementi teleologici.

3. La coscienza
I Sezione
La coscienza è l’ostacolo più evidente a un naturalismo globale che si affidi solo alle risorse della fisica.

Il problema mente-corpo emerse dalla rivoluzione scientifica del XVII come risultato diretto del concetto di
realtà fisica oggettiva. Galileo e Cartesio tracciarono la divisione concettuale decisiva, sostenendo che la
fisica doveva fornire una descrizione quantitativa matematicamente precisa di una realtà esterna estesa nello
spazio e nel tempo.

D'altra parte, le apparenze soggettive furono assegnate alla mente e le qualità secondarie - come colore,
suono e odore - dovettero essere analizzate in modo relazionale, ovvero nei termini del potere delle cose
fisiche di produrre tali apparenze nelle menti degli osservatori.

Era essenziale lasciare fuori o sottrarre dal mondo fisico le apparenze soggettive; tuttavia, l’esclusione del
mentale dall’ambito scientifico moderno era destinata a essere messa alla prova. Noi esseri umani siamo
parte del mondo e il desiderio di una visione del mondo unificata e insopprimibile.

E‘ diventato chiaro che il nostro corpo e il nostro SNC sono parti del mondo fisico, che la biologia
molecolare aumenta la conoscenza della nostra composizione fisica; tuttavia, si è anche osservato che la
nostra vita mentale è fortemente connessa agli eventi fisici cerebrali e alle interazioni ecologiche.

Questi sviluppi in neurofisiologia e biologia molecolare hanno incoraggiato la speranza di includerla la


mente in un'unica concezione fisica del mondo. Nella visione dualistica cartesiana si pensava che la mente e
la materia fossero irriducibilmente distinte, tuttavia, tramite l'idealismo si è arrivato a sostenere che la mente
è la realtà ultima e il mondo fisico sia in qualche modo riducibile a essa.

Nel XX secolo, l’idealismo viene rimpiazzato con la filosofia analitica e di conseguenza si è tentati di unire
mente e corpo a partire dal fisico, non più dal mentale. Il materialismo è la visione per cui solo il mondo
fisico e irriducibilmente reale e che bisogna trovare un posto in esso per la mente, ammesso che esista…

Una strategia per introdurre il mentale nel mondo è il comportamentismo8 concettuale, proposto come
un’analisi della vera natura dei comportamenti mentali. I fenomeni mentali vengono identificati come
comportamento, disposizioni comportamentali o forme di organizzazione comportamentali; tuttavia, in una
versione ispirata a Wittgenstein, i fenomeni mentali non erano identificati con nulla, né fisico né non fisico. I
concetti mentali erano spiegabili nei termini delle loro condizioni comportamentali di applicazione: criteri
comportamentali invece di condizione di verità comportamentali
8 Comportamentismo i: fenomeni mentali vengono identificati con il comportamento e indagati, sulla base
dell’osservazione di stimoli ed effetti osservabili.
Tutte queste strategie sono verificazionistiche: assumono che tutto ciò che è necessario dire circa il
contenuto di un asserto mentale sia ciò che può verificarlo o confermalo. Esse riducono le attribuzioni
mentali alle condizioni esternamente osservabili sulla quale attribuiamo stati mentali agli altri.

È certamente vero che fenomeni mentali hanno manifestazioni comportamentali, ma tutte queste teorie
sembrano insufficienti come analisi del mentale perché trascurano la prospettiva in prima persona dal
punto di vista interno di un soggetto cosciente

ES: Il sapore dello zucchero, il modo in cui appare il rosso o come la rabbia fa sentire, sembrano
qualcosa di più delle risposte comportamentali e delle capacità di discriminazione che queste
esperienze spiegano. Il comportamentismo trascura proprio lo stato mentale interno.

Negli anni 50, Ullin T. Place e J.J.C. Smart propongono la teoria dell’identità psicofisica, un'alternativa
non analitica al materialismo. Questa teoria sostiene che gli eventi mentali sono eventi fisici nel cervello: Ψ
= Φ9. Dal momento che questa non è una verità concettuale, essa non può essere conosciuta a priori.

Che cosa in Φ lo rende anche Ψ? Deve essere qualche proprietà concettualmente distinta dalle proprietà
fisiche che definiscono Φ. Chiaramente, i materialisti non vorranno fornire una risposta dualistica per cui Φ è
Ψ perché possiede una proprietà non fisica, ma piuttosto sostengono che quello che rende un processo
cerebrale un processo mentale è una relazione con il comportamento fisico: certi stimoli causano uno stato
interno che causa un comportamento.

I materialisti devono spiegare come “dolore” e “stato cerebrale” si riferiscono alla stessa cosa anche se il
significato non è lo stesso e lo devono spiegare senza fare appello a qualcosa di non fisico. Le apparenze
soggettive rimangono comunque trascurate e le teorie dell’identità psicofisica utilizzano come strategie
esplicative il comportamentismo causale o il funzionalismo.

Un altro problema notato da Saul Kripke è che i teorici dell’identità presero come modello per Ψ = Φ altre
identità teoriche come Acqua = H2O; tuttavia, queste identità sono necessarie mentre la relazione Ψ/Φ
sembra essere contingente. Nonostante le proprietà fisiche dell’acqua siano completamente spiegate da H 2O
e dalle sue proprietà, l'acqua non è altro che H2O e viceversa, questo non vale per il primo tipo di identità. Le
esperienze mentali sembrano essere qualcosa di più: qualcosa di prodotto dallo stato cerebrale più che
costituite da esso.

I diversi vicoli ciechi nell’avanzata del materialismo suggeriscono che è più difficile del previsto liberarsi del
dualismo Ψ/Φ, tanto da condurre alcuni filosofi al materialismo eliminativista: gli eventi mentali non
esistono.

Se, tuttavia, si vuole perseguire una visione del mondo unificata, Nagel suggerisce di abbandonare il
materialismo: i soggetti coscienti e le loro vite mentali sono componenti ineliminabili delle realtà e non
possono essere descritti dalle scienze fisiche

L’apparenza di contingenza10 nella relazione tra mente e cervello è in effetti una connessione necessaria, ma
non concettuale. Per superare il problema mente-corpo, dovremmo aspettare un progresso teorico che
richieda una profonda rivoluzione concettuale, tanto radicale quanto la teoria della relatività: non può
tradursi in un “teoria del tutto”, ma deve essere uno stadio nel percorso verso una comprensione più generale

9 Dove Ψ è un evento mentale come il dolore o una sensazione gustativa e Φ corrisponde a un evento fisico nel SNC
10 Caratteristica attribuita all'ente la cui esistenza è ritenuta non necessaria, ma nello stesso tempo non impossibile: la
sua realtà non può essere dimostrata una volta per tutte, ma neppure negata definitivamente.
II Sezione
Il fallimento del riduzionismo in filosofia della mente ha implicazioni che si estendono al di là del problema
mente-corpo.

Il riduzionismo psicofisico è una componente essenziale di un ampio programma naturalistico che non può
sopravvivere senza di esso. Questo programma e sia metafisico, sia scientifico e sostiene che sia tutto nel
mondo fisico, sia che tutto ciò che accade nel mondo possiede la sua spiegazione più fondamentale nelle
leggi fisiche.

Il suo scopo è mostrare che se il riduzionismo psicofisico fosse escluso, ciò contagerebbe la nostra intera
comprensione naturalistica del mondo, non solo la comprensione della coscienza. Questa argomentazione
rende insostenibile la forma di naturalismo materialistico che va oggi per la maggiore semplicemente perché
siamo parte del mondo anche noi.

I riduzionisti ritengono che la via di una concezione materialistica del mondo sia stata spianata da alcune
forme di analisi funzionali e dal ruolo causale del mentale, inclusi tutti i contenuti della coscienza. Una
spiegazione biologica evoluzionistica della natura e dell'origine di queste capacità può fornire il
collegamento finale con la fisica più fondamentale; tuttavia, è chiara l’idea che la coscienza deve essere
inclusa al mondo fisico.

Anche se la coscienza è qualcosa che non può essere analizzato nei termini delle proprietà puramente fisiche,
la sua comparsa deve tuttavia essere spiegata come parte del più ampio progetto di dare senso al mondo.
Inoltre, qualsiasi spiegazione deve rendere conto del fatto che la comparsa della coscienza dipende
strettamente dallo sviluppo evolutivo di quelle forme di vita fisica che hanno coscienza

Che tipo di spiegazione dello sviluppo di questi organismi saprebbe rendere conto della comparsa di
soggetti coscienti? Nagel suggerisce che una spiegazione puramente fisica è insufficiente, perciò, è
necessario aggiungere un pizzico di qualia alla vita organica e la comparsa di punti di vista soggettivi
individuali.

Se la coscienza soggettiva non è tuttavia riducibile a qualcosa di fisico, allora non sarà parte di questa storia;
sarò lasciata completamente inspiegata dall’evoluzione fisica, anche se l’evoluzione fisica di tali organismi
fosse di fatto una condizione causalmente necessaria e sufficiente per la coscienza.

La tesi che Nagel vuole difendere è la seguente: dal momento che il carattere cosciente di tali organismi è
uno dei loro aspetti più importanti, la spiegazione della comparsa di queste creature deve includere una
spiegazione della comparsa della coscienza.

In altre parole, il materialismo è incompleto, persino come teoria del mondo fisico, poiché il mondo fisico
include organismi coscienti tra i suoi abitanti più sorprendenti; questo problema dipende solo dall’assunzione
per cui la mente è un fenomeno biologico. Se essa va spiegata sotto ogni aspetto in termini naturalistici, è
necessario cambiare qualcosa di fondamentale nella nostra concezione dell’ordine naturale.

Che tipo di concezione unificata del mondo naturale permetterebbe alla spiegazione dello sviluppo
degli organismi viventi di rendere conto anche dello sviluppo degli organismi viventi e di rendere conto
anche dello sviluppo della coscienza?

La comparsa della coscienza animale è un fatto empirico ben supportato, tuttavia non fornisce una
spiegazione valida: a differenza della comparsa degli adattamenti fisici caratteristici della vita, una
spiegazione per selezione naturale basata su l'idoneità fisica alla sopravvivenza non è sufficiente. La
selezione per l'idoneità fisica riproduttiva potrebbe essere il risultato della comparsa di organismi che sono in
effetti coscienti e che hanno la varietà osservabile di specifici tipi diversi di coscienza virgola, ma non c'è
alcuna spiegazione fisica del perché le cose stiano così.

Lo scopo è arrivare ad un unico processo che includa la storia fisica della comparsa e lo sviluppo degli
organismi fisici e la storia mentale della comparsa e sviluppo degli esseri coscienti.

III Sezione
Nagel attribuisce grande peso all’idea di spiegazione e allo scopo dell'intelligibilità. Alcune cose che
sembrano richiedere una spiegazione (es. morte in sequenza ravvicinata di più parenti stretti), potrebbero
essere solo coincidenze.

Le caratteristiche sistematiche del mondo naturale non sono né coincidenze né fatti bruti che non
richiedono spiegazione. Quando diventiamo consapevoli della regolarità, degli schemi e
dell’organizzazione funzionale, arriviamo alla conclusione che ci sia qualcosa che non conosciamo che li
renderebbe intellegibili. Nagel dà per scontato che conoscere la causa immediata di un certo effetto non lo
rende intellegibile: la causazione della coscienza da parte dell’attività cerebrale ne è un esempio.

Una spiegazione deve mostrare perché fosse probabile che un evento di quel tipo accadesse

ES: Possiamo conoscere le cause della morte di diversi membri di una famiglia in sequenza
ravvicinata; tuttavia, ciò non spiega perché diversi membri di quella famiglia siano morti così
rapidamente, a meno che non si parli di una faida famigliare o una malattia genetica

ES: Perché quanto digito “3+5” sulla calcolatrice compare “8” sullo schermo? La spiegazione
fisica di questo processo non porterebbe alla soluzione per cui bisogna appellarsi all’algoritmo che
governa la calcolatrice e all'intenzione del progettista

Un’espansione naturalistica della teoria evoluzionistica non farà riferimento alle intenzioni di un
progettista per rendere conto della coscienza, tuttavia, dovrà offrire una spiegazione del perché la comparsa
di organismi coscienti sia stata possibile.

La teoria della selezione naturale, se deve dipendere solo dal funzionamento delle leggi fisiche, deve anche
postulare una spiegazione puramente fisica del perché non sia improbabile che mutazioni accidentali nel
materiale genetico abbiano generato la gamma di variazione di fenotipi vitale necessaria alla selezione
naturale per produrre la storia evolutiva.

Ogni spiegazione storica deve comprendere una forte dose di casualità poiché non è sufficiente dire
“qualcosa doveva succedere, quindi perché non questo?” Nagel trova difficile capire la fiducia
dell'establishment scientifico nel fatto che l'intero scenario condurrebbe a una spiegazione puramente
chimica, se non come manifestazione di una dedizione assiomatica 11 al materialismo riduzionistico.

Tuttavia, spiegare la coscienza come conseguenza dell’ordine naturale aggiunge una difficoltà tutta nuova. In
tutto questo, Nagel accantona il dualismo delle sostanze poiché implicherebbe che la biologia non ha alcuna
responsabilità per l'esistenza delle menti. L’interesse di Nagel è un’ipotesi alternativa secondo cui
l’evoluzione biologica è responsabile dell’esistenza dei fenomeni mentali coscienti.

Quanto dovrebbe essere aggiunto alla storia fisica per produrre una spiegazione genuina della coscienza
come intelligibile invece di spiegare solamente la comparsa di organismi coscienti? Dire che diversi
organismi animali hanno diverse forme di vita cosciente non è sufficiente perché presenterebbe quest’ultima
come un effetto collaterale misterioso della storia dell'evoluzione

11 Un assioma è una proposizione o un principio che è assunto come vero perché ritenuto evidente o perché fornisce il
punto di partenza di un quadro teorico di riferimento.
Grazie ad un suggerimento di Elliott Sober, Nagel afferma la coscienza potrebbe essere come la rossezza
del sangue: un effetto collaterale delle caratteristiche funzionali biologiche che non ha alcuna funzione in sé
né alcuna spiegazione diretta in termini di selezione naturale.

Per una spiegazione soddisfacente della coscienza è necessario che una teoria renda intelligibile sia:

1) Perché specifici organismi abbiano la vita cosciente che possiedono

2) Perché organismi coscienti siano sorti nel corso della storia.

Supponendo che esista una teoria psicofisica generale che ci permetta di capire perché un organismo fisico
abbia o non abbia una vita cosciente, questa teoria non storica raggiungerebbe lo scopo 1), ma non lo scopo
2): la comparsa della coscienza rimarrebbe ancora un evento accidentale.

Il culmine della spiegazione di Nagel della coscienza è la spiegazione congiunta: quella in cui A spiega B e
B comporta C come conseguenza; alcune volte tale congiunzione non costituisce di per sé una spiegazione di
C

ES:

A) Causa indipendente di ciascuna morte


B) Somma dei morti
C) Morte dei quattro membri della famiglia

In questo caso, C sarebbe conseguenza di B, ma non è di per sé spiegata da A. Possiamo spiegare


perché quattro persone siano morte senza spiegare perché quattro membri della stessa famiglia
siano morti

ES:

A) Spiegazione fisica di “3+5”


B) Comparsa di 8
C) Il dispositivo produce la risposta corretta

Senza aggiungere altro, non si spiegherebbe perché la calcolatrice abbia dato quella risposta,
infatti si vede necessaria l’introduzione dell'algoritmo aritmetico

La morale sarebbe che una spiegazione congiunta può spiegare C solo se c’è una relazione interna tra il
modo in cui A spiega B e il modo in cui B spiega C. Nel caso della famiglia questa condizione sarebbe
soddisfatta con una malattia ereditaria, mentre nel caso della calcolatrice la condizione è soddisfatta perché
la sua struttura fisica e funzione permettono di realizzare l'algoritmo.

Tornando alla coscienza, se A fosse la storia evolutiva, B la comparsa di certi organismi e C la coscienza,
questo significa che una teoria psicofisica deve applicarsi non solo in modo non storico, ma anche al
processo evolutivo stesso. Tale processo dovrebbe essere non solo la storia fisica degli organismi, ma la
storia mentale degli esseri coscienti.

Se la spiegazione della vita cosciente non riducibile, dovesse preservare la struttura di base della teoria
evoluzionistica, ciò implicherebbe probabilmente che:

- Almeno negli stadi successivi, la coscienza di per sé svolga un ruolo causale essenziale nella
sopravvivenza e nella riproduzione degli organismi,
- Le caratteristiche della coscienza che svolgono questo ruolo siano in qualche modo trasmesse
geneticamente

- La variazione genetica tra l'individuo che fornisce i candidati per la selezione naturale sia una
variazione contemporaneamente mentale e fisica

- Sembra inevitabile che questi meccanismi siano preceduti da altri in stadi precedenti dell'evoluzione
che creano le condizioni per la loro possibilità.

Ciò vorrebbe dire abbandonare l'assunzione standard che l'evoluzione sia guidata da cause esclusivamente
fisica, in quanto suggerisce che la spiegazione dovrebbe essere qualcosa di più di una spiegazione fisica fino
alla fine.

Questo è un doppio mistero: innanzitutto, sulla relazione tra il fisico e il mentale e, in secondo luogo, sulla
trasformazione della spiegazione evoluzionistica dello sviluppo di organismi fisici in una spiegazione
psicofisica del modo cui si è sviluppata la coscienza.

Se le scienze fisiche ci lasciano all’oscuro per quanto riguarda la coscienza, ciò mostra che esse non sono
possono fornire la forma fondamentale dell’intelligibilità di questo mondo.

IV Sezione
Che tipo di spiegazione ha senso immaginare? Finora Nagel ha considerato la possibilità di modificare la
spiegazione evoluzionistica standard, ma vuole introdurre una gamma di opzioni più ampia

Per descrivere possibilità astratte, è necessario che la spiegazione abbia due elementi:

- Resoconto costitutivo non storico di come certi sistemi fisici complessi siano anche mentali; il
resoconto costitutivo potrebbe essere

- Riduttivo → Spiegherebbe il carattere mentale degli organismi complessi nei termini delle
proprietà dei loro costituenti elementari. Se si accettasse l'assunzione che il mentale non
possa essere ridotto al fisico, ciò significherebbe che i costituenti elementari di cui siamo
composti non sono solamenti fisici

- Emergentista → Spiega il carattere mentale in modo sistematico e tramite principi di alto


livello (differenza dal resoconto riduttivo) che collegano gli stati e i processi mentali al
funzionamento fisico complesso.

Nonostante l’accuratezza empirica, questa teoria di alto livello non risulta soddisfacente
come risposta alla domanda costitutiva: se l’emergenza costituisce tutta la verità, essa
implica che gli stati mentali sono presenti nell’organismo come un intero senza alcuna
fondazione negli elementi che costituiscono l’organismo, fatta eccezione per il carattere
fisico di quegli elementi che permettono il collegamento tra fisico e mentale

Anche se le dipendenze psicofisiche di ordine superiore sono abbastanza sistematiche,


sembra ancora un evento magico che elementi puramente fisici producono uno stato che non
è costituito da parti fisiche

Poiché l’emergenza della coscienza resta fondamentalmente inesplicabile, l’Ideale


dell’intelligibilità richiede una risposta riduttiva alla domanda costitutiva: se ci fosse
qualcosa di più fondamentale riguardo all'ordine naturale, si aprirebbe la strada ad un
monismo generale.
Monismo → I costituenti dell’universo hanno proprietà che spiegano non solo il carattere
fisico, ma anche mentale. Certi stati fisici del SNC sono necessariamente stati della
coscienza, essendo la loro descrizione fisica una loro descrizione parziale: in questo caso, la
coscienza è quei processi cerebrali che sono essi stessi più che fisici.

Dal momento che gli organismi coscienti sono composti degli stessi elementi di cui è
costituito l’universo, ne segue che questo monismo sarebbe universale. Qualsiasi cosa ha
una natura sia fisica che non fisica e perciò questo resoconto riduttivo può essere descritto
come una forma di panpsichismo: tutti gli elementi del mondo fisico sono anche mentali.

- Resoconto storico di come tali sistemi siano comparsi nell’universo fin dalle sue origini

V Sezione
Dopo aver descritto la differenza tra i due tipi di risposta, emergentista e riduttiva, alla domanda costitutiva,
Nagel si dedica alla domanda storica, partendo comunque dall’assunzione che il riduzionismo psicofisico è
falso.

La risposta naturalistica prevalente è la versione materialistica della teoria evoluzionistica, ma quali sono le
alternative a questa prospettiva?

Il resoconto storico della comparsa dell'universo degli organismi coscienti può assumere tre forme: causale,
teleologica o intenzionale.

- Resoconto storico causale → L'origine della vita e la sua evoluzione fino al livello degli organismi
coscienti, trovano la loro spiegazione ultima nelle proprietà dei costituenti elementari
dell'universo, che sono anche costituenti degli organismi coscienti insieme a qualche altra proprietà
che potrebbe emergere come risultato della loro combinazione.

- Resoconto storico teleologico → In aggiunta alle leggi che governano il comportamento degli
elementi in tutte le circostanze, vi sono anche i principi di autorganizzazione o di sviluppo della
complessità nel tempo che non sono spiegati quelle leggi elementari.

- Resoconto storico intenzionale → Nonostante l'ordine naturale fornisca le condizioni costitutive


per la possibilità degli organismi coscienti così come fornisce le condizioni di possibilità degli aerei
a reazione, la realizzazione di queste possibilità è dovuta all'intervento di un essere, ovvero Dio, il
quale ha messo insieme degli elementi costitutivi del mondo nel modo giusto, assemblando il
materiale genetico che avrebbe infine avuto come risultato dell'evoluzione della vita cosciente.

Poiché il resoconto costitutivo riduttivo o emergentista può essere combinato con ciascuno di questi tre tipi
di resoconto storico, ci sono sei opzioni

- Resoconto storico causale emergentista → Sarebbe ristretto alle spiegazioni puramente fisiche
dell'origine dell'evoluzione della vita fino al punto in cui gli organismi raggiungono il tipo di
complessità che è associata alla coscienza. Da quel momento, la storia sarebbe sia fisica sia mentale.

Questa prospettiva presenterebbe la coscienza come un misterioso effetto secondario


dell’evoluzione biologica e vedrebbe la necessità di mostrare come sono comparsi gli organismi
coscienti.

Per risolvere ciò, la teoria psicofisica che governa l’emergere della coscienza dovrebbe rivelare che
essa è inseparabile dal tipo di organizzazione fisica di cui la storia evolutiva pretende di spiegare lo
sviluppo con selezione naturale. Una simile rivelazione implicherebbe che gli organismi coscienti si
sono sviluppati tramite selezione naturale

Ha lo svantaggio di postulare il fatto bruto dell’emergenza - non spiegabile nei termini più
fondamentali e perciò essenzialmente misterioso - e di dare per assunto che una teoria fisica riduttiva
potrebbe conferire una probabilità sufficiente alla comparsa del giusto tipo di organismi fisici che
innescano tale emergenza

- Resoconto storico causale riduttivo → Più vicino ad un monismo riduttivista che ad un


riduzionismo materialistico, questo resoconto è favorito dalla credenza che la tendenza allo sviluppo
di organismi debba essere stata presente fin dall’inizio, così come la tendenza alla formazione di
atomi e molecole.

In questa prospettiva, le proprietà protopsichiche di tutta la materia sono postulate solo perché
necessarie per spiegare la comparsa della coscienza ad alti livelli di complessità organica; inoltre,
queste proprietà sono indescrivibili e imprevedibili, a differenza delle proprietà fisiche degli elettroni
e dei protoni, che permettono loro di essere identificati individualmente

Il panpsichismo è un insieme di principi fondamentali da cui possiamo veder conseguire risultati più
complessi; tuttavia, offre una forma di spiegazione senza alcun contenuto: questo monismo cerca di
riconoscere il mentale come una parte fisicamente irriducibile della realtà.

Gli organismi sono agglomerati fisici la cui esistenza sembra richiedere una spiegazione riduttiva e
sembrano altresì responsabili dell’esistenza della coscienza

La cornice spaziotemporale del mondo fisico rendere la relazione fisica parte-intero


immediatamente afferrabile in modo geometrico, ma non abbiamo comparativamente
un’idea chiara della relazione parte-intero per ciò che riguarda la realtà mentale, un’idea di
come gli stati mentali possano essere composti a partire dalle proprietà dei microelementi.

Tuttavia, trovare le parti protomentali in una controparte monistica delle parti fisiche
dell’organismo, dovrà includere una teoria di come esse si combinino in interi coscienti

Se la teoria deve essere non solo costitutivamente, ma anche storicamente riduttiva, allora il carattere
protomentale degli elementi dovrà giocare un ruolo nella spiegazione dell’origine e dell’evoluzione
della vita. E‘ già parte naturale della concezione monistica il fatto che le caratteristiche
protomentali dei costituenti fondamentali non sono solo passive, ma sono necessariamente
anche attive; così, il protomentale avrebbe implicazioni comportamentali

Inoltre, se il monismo universale fosse corretto, non si potrebbe avere l’aspetto mentale senza
avere quello fisico e viceversa. Questo, tuttavia, non offre un’alternativa monistica alla storia
materialistica dell'origine e dell’evoluzione della vita: una volta che gli organismi coscienti
compaiono sulla scena, possiamo vedere come funzionerebbero

ES: Un monismo riduttivo implicherebbe che certe strutture hanno necessariamente


esperienze visive, in un senso che implicherebbe che non ci sono strutture possibili capaci
dello stesso controllo senza la fenomenologia. Se tali strutture fossero comparse nel menù
evoluzionistico, il protomentale avrebbe giocato un ruolo esplicativo e non solo
epifenomenico nell’evoluzione biologica, tuttavia questo però non spiegherebbe perché tali
strutture si siano formate
Come può un monismo non materialistico aiutare a spiegare la sua comparsa nella realtà? Questa
domanda è analoga e altrettanto difficile anche in una teoria evoluzionistica riduttiva puramente
materialistica.

Nella spiegazione materialistica standard, la chimica svolge un doppio ruolo: rendere conto sia
dell'operazione attività sia della storia evolutiva degli organismi fisici. Questo è già altamente
speculativo, ma un ipotetico monismo che si espande per comprendere la mente è molto più
speculativo poiché sostiene che c’è qualcosa di più della sostanza fondamentale studiata dalla fisica
e dalla chimica

La forma materialistica del naturalismo assume che la storia dell’universo a partire dal Big Bang,
compresa l’origine e l’evoluzione della vita, possa essere spiegata dalle proprietà degli elementi
fisici, ma il monismo lascia ancora più un velo oscuro.

L'idea di una risposta riduttiva sia alla domanda costitutiva sia alla domanda storia rimane molto oscura. Essa
cerca una spiegazione più profonda e più cosmicamente unificata della coscienza rispetto a una teoria
emergentista, ma al costo di una maggiore oscurità

VI Sezione
Entrambe le risposte alla domanda costitutiva possono essere combinate con una risposta intenzionale alla
domanda storica.

Supponendo che la verità costitutiva sia riduttiva, allora le spiegazioni teistiche sarebbe possibili: Dio
avrebbe creato esseri coscienti sia assemblandoli a partire da elementi con proprietà protopsichiche, sia
mediante l’evoluzione prima chimica, poi biologica (in quest’ultimo caso la finalità sarebbe solo la cornice
esterna di un sistema riduttivo di causazione efficiente).

Se tuttavia, stiamo cercando di immaginare una teoria per cui lo sviluppo storico della vita cosciente è
spiegato non per intervento, ma come parte dell’ordine naturale, sembrerebbero esserci solo due alternative:

- Lo sviluppo dipende interamente da causazioni efficienti e dai meccanismi dell’evoluzione biologica

- Ci sono leggi teleologiche naturali che governano l’aumento dell’organizzazione nel tempo

Questa teoria è esclusa a priori dalla scienza contemporanea poiché è una regressione al concetto aristotelico
di natura.

Dal momento che siamo a conoscenza solo di un esempio di comparsa ed evoluzione della vita, ci mancano
le basi per ricondurla sotto leggi teleologiche universali, a meno che non si riescano a trovare principi
teleologici che operino in modo coerente a livelli molto più bassi.

L’idea di una spiegazione teleologica è spesso associata all’idea che i risultati hanno valore; questo però
pone la domanda se una spiegazione che fa appello ai valori possa essere compresa al di là degli scopi di
qualche essere che li persegua.

La telologia naturale implicherebbe che l’universo è governato razionalmente sia tramite le leggi quantitative
della fisica sia da principi che implicano che le cose succedono perché sono su un percorso che conduce a
certi esiti (es. Organismi coscienti).

Sia alla domanda costitutiva sia alla domanda storica si dovrebbe perciò rispondere facendo riferimento a un
insieme condiviso di principi.
VII Sezione
Finora Nagel ha enfatizzato l’irriducibilità dell’esperienza cosciente al fisico. La coscienza umana non è
solo passiva, ma è permeata sia nell'azione sia nella cognizione, di intenzionalità, la capacità della mente di
rappresentare il mondo e i propri scopi.

L’intenzionalità, il pensiero e l'azione resistono al riduzionismo psicofisico e possono esistere solo nelle vite
di esseri che sono anche capaci di coscienza. Il ruolo della coscienza nella sopravvivenza degli organismi è
inseparabile dall’intenzionalità, dalla percezione, dalla credenza, dal desidero, dall’azione e dalla
ragione

Dovremmo cercare una forma di comprensione che ci permette di vedere noi stessi e altri organismi coscienti
come espressioni particolari del carattere al tempo stesso fisico e mentale dell'universo.

4. La cognizione
I Sezione
La coscienza rappresenta un problema per il riduzionismo evoluzionistico a causa del suo carattere
irriducibilmente soggettivo. Il problema che ora Nagel vuole considerare riguarda le funzioni mentali come il
pensiero, il ragionamento e la capacità valutativa: funzioni che ci permettono di trascendere la
soggettività e scoprire cosa esiste oggettivamente.

Il pensiero è corretto o scorretto in virtù di qualcosa indipendente dalla comunità di soggetti pensanti a cui
l’individuo appartiene e dalle credenze dello stesso soggetto pensante. Riteniamo di avere la capacità di
formare credenze vere sul mondo che ci circonda, tuttavia, nonostante queste non siano infallibili, sono
affidabili per la produzione di conoscenza.

La prospettiva naturale interna della vita umana assume che a molte domande abbiamo una risposta corretta
e che ci siano norme di pensiero che tendono a condurci verso quelle risposte corrette (vedi matematica,
scienza ed etica).

La domanda centrale è come comprendere la mente come prodotto della natura. La domanda non sorge
rispetto a quelle funzioni che condividiamo con gli animali (percezione ed emozione), ma a funzioni di più
alto livello. Queste prime funzioni sembrano suscettibili di una spiegazione evoluzionistica.

La percezione il desiderio devono soddisfare certi criteri di accuratezza per consentire la sopravvivenza
delle creature: devono permettere di rispondere in modo simile a cose simili, in modo diverso a cose diverse,
di evitare ciò che è dannoso e di perseguire ciò che è benefico. La vita di queste creature però sono vissute in
un mondo di apparenze in cui l’idea di una realtà oggettiva non ha senso.

L’esistenza di verità oggettive fattuali va oltre la percezione, l’emozione e il desiderio, perciò, richiedono
una spiegazione: noi abbiamo acquisito il linguaggio e lo sfruttiamo per comunicare tra noi, tuttavia non
sappiamo perché abbiamo questa capacità.

Supponendo che esista una teoria evoluzionistica compatibile con l’antiriduzionismo in modo da rendere
possibile la spiegazione della comparsa della coscienza, Nagel si domanda se le nostre capacità cognitive
possono essere collocate all’interno di una teoria evoluzionistica che non sia più materialistica, ma che
mantenga la struttura darwiniana.

Il problema presenta due aspetti:


1. Qual era la probabilità che la selezione naturale generasse creature capaci di scoprire razionalmente
la verità su una realtà che si estende oltre le apparenze iniziali?

2. Come comprendere naturalisticamente la facoltà della ragione?

II Sezione
Il primo problema sorge solo se si presuppone il realismo sull'oggetto del nostro pensiero; se non
esistessero un mondo fisico reale, una verità matematica e una verità etica o ragion pratica Indipendenti dei
nostri giudizi, allora non ci sarebbe alcun problema nello spiegare come siamo in grado di conoscerli.

Da un punto di vista antirealista le verità scientifiche e morali dipendono dalle nostre sistematiche risposte
cognitive, non sono qualcosa di indipendente cui le nostre risposte possano essere conformi o meno. Un anti
realismo di questo tipo è un'opzione più seria per il caso morale rispetto al caso scientifico.

Si può sensatamente sostenere che il realismo morale è implausibile in quanto la teoria evoluzionistica è
attualmente la migliore spiegazione delle nostre facoltà. Sarebbe arduo abbandonare il realismo
scientifico perché si dovrebbe allora diventare antirealisti anche sulla teoria evoluzionistica.

Se manteniamo l'assunzione del realismo, la migliore speranza di una risposta naturalistica al primo
problema sarebbe sostenere che la teoria evoluzionistica, in particolare la psicologia evoluzionistica, è
capace di fornire una spiegazione credibile del successo delle nostre capacità cognitive. Per la conoscenza
fattuale, l’obiettivo sarebbe spiegare come le capacità mentali innate che sono state selezionate, sono anche
capaci di generare teorie vere su un ordine naturale governato da leggi.

La spiegazione evoluzionistica dovrebbe essere indiretta, dal momento che la conoscenza scientifica non
ha avuto alcun ruolo nella selezione delle capacità che l'hanno generata.

Un passo ulteriore molto importante sarebbe la capacità di correggere le apparenze individuali, facendo
riferimento non solo ad altre apparenze in conflitto dello stesso oggetto, ma anche al modo in cui le cose
appaiono ad altri soggetti di percezione. Ciò richiede il riconoscimento di menti altrui, un’abilità con un
evidente potenziale adattivo.

La portata di queste capacità può essere ampiamente estesa e deliberatamente esercitata con l'aiuto del
linguaggio, il quale consente di creare, accumulare, trasmettere conoscenza. Le teorie scientifiche complesse
che implicano previsioni empiriche sono perciò estensioni della capacità altamente adattiva di imparare
dall'esperienza, la nostra e quella degli altri.

Questa storia dipende fortemente dalla supposizione di un'origine biologica delle capacità di
rappresentazione non percettiva tramite il linguaggio, che ha come esito l’abilità di cogliere strutture
astratte logicamente complesse. Non è facile dire come si potrebbe decidere se questa possa essere una
manifestazione di abilità che avevano valore per la sopravvivenza in epoca preistorica.

Cominciando da una comprensione dei desideri e delle avversioni innate come impressioni immediate di
valore - di ciò che è bene o un male - la scoperta di una sfera normativa più ampia e guidata da principi
(sfera della ragion pratica) in cui questi valori immediatamente apparenti sono situati, può procedere tramite
la capacità di generalizzare e la disposizione a evitare l’incoerenza

La generalizzazione condurrà al riconoscimento di valori in possibili esperienze future. Questi valori non
sono proprietà aggiuntive di bene o di male, ma solo verità come la seguente: se qualcosa che faccio
potrebbe causare la sofferenza di un'altra creatura, ciò conta come ragione per non farlo.
Se esistessero norme generali di condotta oggettive, questo tipo di pensiero ci permetterebbe di scoprirle
anche se esse non fossero più innate delle leggi della fisica. Come per la scienza, il processo della scoperta
sarebbe impossibile senza il linguaggio. la comunicazione interpersonale e la memoria culturale.

Tutto questo è abbastanza inverosimile, ma non più di quanto lo siano parecchie congetture evoluzionistiche
che richiedono mutazioni non solo delle strutture fisiche, ma anche della fenomenologia, del desiderio,
dell'avversione e della consapevolezza delle altre menti.

Ammesso che si possa assumere una soluzione globale al problema mente-corpo, il resto della storia
suggerisce che la conoscenza delle verità scientifiche oggettive e delle verità morali potrebbero essere il
risultato dell’esercizio di capacità che non sono nocive alla sopravvivenza.

III Sezione
Supponendo che una spiegazione evoluzionistica di questo tipo sia vera, sorge un ulteriore problema
quando pensiamo in questo modo anche le nostre capacità elementari di ragionamento. Il problema emerge
se confrontiamo l'atteggiamento nei confronti dei nostri sistemi percettivi e appetitivi, da un lato. e
quello nei confronti del nostro ragionamento, dall'altro. Ciò conduce alla difficoltà di comprendere la
ragione in modo naturalistico.

Se supponiamo che esista un modo di includere la coscienza della storia evolutiva, allora possiamo capire
che il nostro sistema visivo è stato modellato dalla selezione naturale. Se la specificità della visione umana è
stata utile per i nostri antenati, allora ancora oggi possiamo ad affidarci ai nostri sensi, anche se riconosciamo
che in alcuni casi possono essere fuorvianti, selettivi o distorti.

Qualcosa di simile è possibile nei confronti dei nostri giudizi intuitivi di probabilità o di valore (es.
desiderio di vendetta). Potremmo giungere a comprendere che quelle intuizioni come risposte preriflessive
grezze, ma utili, sono modellate dalla selezione naturale; tuttavia, possiamo riconoscere che necessitano di
una correzione o inibizione.

Ogni qualvolta assumiamo tale ragionevole atteggiamento distaccato nei confronti delle nostre disposizioni
innate, siamo implicitamente coinvolti in una forma di pensiero nei confronti della quale non assumiamo
quello stesso atteggiamento distaccato.

Affidarsi alla propria vista e affidarsi alla propria ragione sono simili in un aspetto: nell'uno e nell'altro caso,
questo affidarsi è immediato; quando vedo un albero, non inferisco la sua esistenza dalla mia esperienza.

C'è tuttavia una differenza cruciale:

- Nel caso percettivo, posso riconoscere che potrei sbagliarmi, ma, sulla base della riflessione
darwiniana, sono giustificato a credere all’evidenza dei miei sensi nella maggior parte dei casi.

- Nel caso del ragionamento, se esso è sufficientemente elementare, l'unica cosa che si può pensare
che io abbia colto è la verità delle cose direttamente. Non posso trattenermi da una inferenza logica e
riconfermarla attraverso la riflessione poiché ciò indebolirebbe radicalmente l'affermazione logica.

Qualunque spiegazione evoluzionistica del posto che la ragione occupa presuppone la validità della ragione e
non può confermarla senza circolarità

Alla fine, il tentativo di comprendere sé stessi in termini evoluzionistici naturalistici deve fondarsi su
qualcosa senza il quale la comprensione evoluzionistica non sarebbe possibile.
Non è sufficiente essere in grado di pensare che, se ci sono verità logiche, la selezione naturale potrebbe
avermi opportunamente dotato delle capacità di riconoscerle. Non posso fondare la fiducia nella mia
ragione su questo pensiero, perché esso si affida già alla ragione implicitamente.

Possiamo supporre che le capacità che ci permettono di andare oltre le nostre disposizioni innate sono state
preservate nelle generazioni successive; tuttavia, se ho ragione a pensare che non possiamo considerare
queste capacità come disposizioni istintive, allora è necessaria una spiegazione ulteriore

Così come la coscienza non può essere spiegata come mera estensione o complicazione dell'evoluzione
fisica, allo stesso modo la ragione non può essere spiegata come mera estensione complicazione della
coscienza. La razionalità richiede qualcosa in più di ciò che è necessario per spiegare la coscienza.

La ragione può portarci oltre le apparenze, perché ha una validità del tutto generale, ma se l’abbiamo,
riconosciamo che essa non può essere né confermata né minata da una teoria delle sue origini evolutive.

Già Cartesio aveva intuito che non possiamo distanziarci dalla ragione: se essa è comparsa nel menù
evoluzionistico, allora potrebbe aver dimostrato il suo valore adattivo.

IV Sezione
Qual è la facoltà che ci permette di fuggire dal mondo dell'apparenza per entrare nel mondo della realtà
oggettiva? Che cosa abbiamo da aggiungere, oltre alla coscienza, alla storia biologica, per dare un senso a
tale facoltà?

Mentre il tratto distintivo della ragione è che ci mette in contatto con la verità in modo diretto, la
percezione lo fa in modo indiretto.

ES: Se, mentre sto viaggiando a sud, noto che il sorge alla mia destra, colgo direttamente la
contraddizione con le mie credenze

Anche se alcuni dei nostri antenati furono preda di semplici istinti logici, noi siamo andati oltre:
rifiutiamo una contraddizione solo perché vediamo che è impossibile e accettiamo un'implicazione
logica solo perché vediamo che è necessariamente vera.

ES: Quando vedo un albero, non colgo immediatamente la sua presenza, ma piuttosto sono
consapevole che esso causa un effetto mentale in me in virtù della natura del mio sistema visivo.

Nella percezione ordinaria, siamo come meccanismi governati da un algoritmo che preserva la verità,
mentre quando ragioniamo siamo un meccanismo capace di vedere che l'algoritmo che segue preserva la
verità. Questo ci permette di possedere concetti che mostrano la compatibilità o l’incompatibilità di credenze
specifiche con le ipotesi generali.

Se speriamo di includere la mente umana nell'ordine naturale, dobbiamo spiegare non solo la coscienza per
come essa entra nella percezione, nell'emozione e nel desiderio, ma anche il controllo cosciente delle
credenze. Questo è ciò che significa permettersi di essere guidati dalla verità oggettiva piuttosto che solo
dalle proprie impressioni; come si suole dire, opero nello spazio delle ragioni.

ES: Se decido, quando il sole sorge alla mia destra, che devo essere alla guida verso nord invece
che verso sud è perché riconosco che la mia credenza di guidare verso sud è inconsistente con
quella osservazione e con ciò che so della direzione di rotazione della Terra
ES: Se verso del denaro in un fondo pensione perché la rendita che ne trarrò avrà più valore per
me, in futuro, di ciò che potrei acquistare con quel denaro ora, agisco così perché vedo che questo
ragionamento rende l'operazione una cosa buona da fare

La comparsa della ragione, come per la coscienza, presenta problemi sia per una spiegazione costitutiva sia
per una spiegazione storica:

- Spiegazione storica → E‘ avvenuta molto dopo l’emergenza delle creature coscienti, eppure sembra
essere essenzialmente uno sviluppo della coscienza

- Spiegazione costitutiva → E‘ inseparabile dalla vita fisica degli organismi che le possiedono, dal
momento che agisce sul materiale fornito dalla percezione.

Qualunque sia il modo di comprendere la ragione, trasformerebbe anche la nostra comprensione degli
organismi fisici del loro sviluppo; in origine si trattava di un processo evolutivo biologico, ma nella nostra
specie è diventato anche un processo culturale collettivo.

V Sezione
Quello che una teoria del tutto deve spiegare è:

- Emergenza da un universo senza vita di organismi che si riproducono e la loro evoluzione fino a
complessità funzionali sempre maggiori

- La coscienza degli organismi e lo sviluppo di essa come strumento trascendentale che può cogliere la
realtà e i valori oggettivi

Se esiste una cosa come la ragione, certi assunti sono possibili:

- Ci sono vari generi di verità oggettive e indipendenti dalla mente:

- Verità fattuali sul mondo naturale che includono le leggi scientifiche


- Verità eterne necessarie alla logica e alla matematica
- Verità valutative
- Verità morali

- A partire dal modo in cui le cose ci appaiono inizialmente, possiamo usare la ragione
collettivamente per ottenere credenze giustificate su alcune di quelle verità oggettive, anche se
quelle credenze saranno sbagliate

- La combinazione di quelle credenze potrebbe influenzare direttamente ciò che facciamo

- Questi processi di scoperte e motivazione, sebbene siano mentali, sono inseparabili dei processi
fisici dell'organismo.

Se crediamo in un ordine naturale, allora deve esserci qualcosa nel mondo che ha fatto sorgere gli esseri
razionali e offra una spiegazione della loro comparsa; inoltre, per spiegare la loro realtà è necessario che il
mondo debba avere una proprietà latente nella natura delle cose (questo per non mostrare che la loro
comparsa sia casuale)

Abbiamo così bisogno sia di una spiegazione costitutiva - di ciò che potrebbe consistere la razionalità - sia di
una spiegazione storica - di come essa sia comparsa; inoltre, queste due spiegazioni dovranno essere coerenti
con la comprensione degli organismi fisici.
La comprensione degli organismi biologici si deve espandere oltre il materialismo per consentire la
spiegazione della coscienza: questo completerebbe la ricerca di intelligibilità dell’ordine naturale. Tuttavia,
alla luce del carattere peculiare della ragione, è difficile immaginare una spiegazione naturalistica che sia
costitutiva e storica.

Nel capitolo precedente, Nagel ha spiegato la coscienza attraverso un monismo universale/panpsichismo:


essa si basa sul modello del riduzionismo fisico, ma la base metafisica sancisce una separazione ontologica
tra mentale e fisico

In risposta alla domanda costitutiva:

L'idea che un soggetto complesso di coscienza potrebbe essere costruito da elementi protomentali
minimi, in qualche modo uniti simultaneamente in un organismo e in un io, ha abbastanza potenziale
da meritare considerazione.

Tuttavia, un resoconto riduttivo della ragione e persino più difficile da immaginare di un resoconto
riduttivo della coscienza. La razionalità sembra necessariamente una caratteristica del funzionamento
dell'intero soggetto cosciente e non la si può concepire come composta di innumerevoli atomi di
razionalità in miniatura.

La metafora della mente come composta da innumerevoli omuncoli non può servire lo scopo
perché tralascia la comprensione del contenuto e la fondazione del pensiero, elementi essenziali per
la ragione; potrebbe render conto degli esiti comportamentali, ma non la comprensione degli stessi.

Per questi motivi, una risposta olistica o emergentista alla domanda costitutiva sembra tanto più
probabile di una risposta riduttiva quanto più ci si muove alla ragione. Ciò significherebbe che la
ragione è una facoltà irriducibile di quel tipo di mente cosciente e non può essere analizzata nei
termini dell’attività di parti protomentali della mente

La questione storica, invece, permane:

Anche se iniziasse a succedere qualcosa di interamente nuovo, quando il cervello cosciente


raggiunge una certa dimensione a un certo livello di complessità, una spiegazione dell'esistenza di
quella complessità sarebbe adeguata solo se spiegasse anche l'esistenza della ragione in quanto tale.

Supponiamo di essere dotati della ragione perché i nostri cervelli hanno raggiunto un grado di
complessità tale per cui la ragione può emergere. Se questa deve contare come spiegazione una che
non rende la comparsa della ragione un evento completamento casuale, deve rendere conto non solo
della complessità fisica stessa, ma anche della comparsa del tipo giusto di complessità

Una spiegazione della ragione dovrebbe spiegare quanto sia verosimile la comparsa delle sue
condizioni biologiche in quanto condizioni della ragione.

VI Sezione
La spiegazione teleologica dell’ordine naturale potrebbe avere seri problemi ma non più serie di quelle delle
alternative. L’evoluzione della mente è parte di un solo lungo processo di discendenza evolutiva.

Se siamo scettici su una spiegazione intenzionale (teistica) dell'esistenza della ragione, è naturale supporre
che certe tendenze in questa direzione siano state all'opera per tutto il percorso. Se la fisica, o persino un
monismo non materialistico, non può rendere conto degli stadi più recenti della nostra storia evolutiva, non
dovremmo assumere che essa possa rendere conto degli stadi precedenti.
In un articolo importante, Roger White afferma che la ricerca di una spiegazione dell'origine della vita nei
termini dei principi privi di finalità della fisica e della chimica è probabilmente motivata dalla percezione che
la vita non possa essere una faccenda puramente casuale, visto che sembra essere il prodotto di un progetto
intenzionale.

Poiché però l'ipotesi del disegno intelligente esclusa in quanto non scientifica, sembra naturale concludere
che l'unico modo rimasto perché la vita non sia casuale e che essa sia probabile dalle leggi della fisica.

Tuttavia, White sottolinea come questa inferenza è illegittima:

“Nel ragionamento scientifico, le spiegazioni non intenzionali sono da preferirsi a quelle intenzionali [...] In
generale, se BI12 aumenta la probabilità di S, allora S conferma BI, ma non necessariamente BN13. S
conferma BN solo se BN aumenta la probabilità di S.
Se la ragione per cui la vita sia dovuta in parte a un’azione intenzionale, questo non ci dà ragione di
aspettarci che ci sia una spiegazione non intenzionale della vita”

Al contrario, l'orientamento intenzionale è limitato da certe assunzioni sui moventi che danno origine alle
intenzioni.

Diversamente, Nagel è attratto da una quarta alternativa, la teleologia naturale, ovvero orientamento
teleologico come spiegazione dell'esistenza delle possibilità biologiche su cui la selezione naturale può
operare.

Per evitare l’errore che White rintraccia nell’ipotesi dell’orientamento non intenzionale, la teleologia
dovrebbe essere limitata a ciò che essa rende possibile, ma senza dipendere da intenzioni e motivi.

La teleologia implicherebbe che alcune leggi naturali siano temporalmente storiche nel loro operato. In un
sistema non teleologico, la spiegazione di ogni processo esteso nel tempo deve consentire la spiegazione
dell’evoluzione dagli stati precedenti; la teleologia invece ammette l’esistenza di principi irriducibili che
governano lo sviluppo esteso nel tempo.

La teleologia naturale non spiegherebbe solamente la comparsa degli organismi fisici, ma anche lo sviluppo
della coscienza e quello della ragione; una teleologia di questo genere però richiede due cose:

- Le leggi della fisica, non teleologiche e senza tempo, non devono essere completamente
deterministiche poiché, dato lo stato fisico dell’universo ad ogni istante, dovrebbero lasciare aperta
una gamma di stati successivi alternativi

- Tra quei futuri possibili ve ne saranno alcuni che sono più appropriati di altri come tappe verso la
formazione di sistemi più complessi. Le leggi teleologiche assegnerebbero una probabilità più
alta a tappe che hanno maggiore “velocità” nell’avviare percorsi che conducono a certi esiti; in
altre parole, sarebbero leggi di auto-organizzazione della materia.

Una teleologia naturalistica implicherebbe che principi di organizzazione e di sviluppo di questo tipo sono
parte irriducibile dell’ordine naturale e non risultano dall’influenza dell’intenzione o dello scopo di qualcuno

VII Sezione
La domanda storica sul perché tali organismi siano comparsi potrebbe avere due risposte non teleologiche.

- Ipotesi che la comparsa iniziale di un sistema in grado di riprodursi, governato da un codice che ha
dato inizio al processo evolutivo, abbia rappresentato un evento cosmico accidentale e che le
12 Ipotesi che il processo che conduce a S sia orientato in modo intenzionale
13 Ipotesi che il processo che conduce a S sia orientato in modo non intenzionale
seguenti mutazioni accidentali abbiamo fornito l’insieme di candidati successivi su cui la selezione
naturale ha operato per generare la storia della vita.

Questa ipotesi rende l’esito troppo accidentale perché la si possa considerare una genuina
spiegazione dell'esistenza di esseri pensanti.

- I teisti credono in una alternativa intenzionale: l’intervento divino ha creato la vita a partire dal
materiale fondamentale del mondo e ha guidato il processo dell’evoluzione per selezione
naturale, tramite la produzione e il mantenimento intenzionale di alcune delle mutazioni su cui la
selezione naturale opera lungo il percorso

Se Dio ha costruito il DNA, allora non c'è bisogno di spiegare come gli elementi siano capaci di
organizzarsi in questo modo apparentemente dotato di finalità. Questa prospettiva richiederebbe
solo che l’esistenza del DNA fosse una possibilità fisica (nello spazio chimico).

Inoltre, se estendiamo l’esempio alla coscienza e alla ragione, essa richiederebbe che soggetti
coscienti e razionali, fossero delle possibilità mentali. Nel quadro creazionista, l’ordine naturale
rende conto della possibilità fisica del DNA nello stesso modo in cui rende conto della possibilità
fisica di un aereo, un telefono o un computer

Nagel preferisce fortemente una spiegazione immanente e naturale, tuttavia anche un teista potrebbe
sostenere che la comparsa della vita cosciente sia avvenuta come parte di un ordine naturale creato da Dio,
ma che non richieda un ulteriore intervento divino

5. I valori
I Sezione
L'idea di teologia implica qualche tipo di valore nel risultato a cui le cose tendono, anche se viene separata
dall’intenzione.

I veri valori - bene e male, giusto e sbagliato - come la coscienza e la cognizione, sembrano incompatibili
col naturalismo evoluzionistico materialistico. Il problema del posto che i valori occupano del mondo
naturale è lo stesso problema che incontrano la cognizione e la coscienza, questo perché i valori hanno a che
fare con l'ambito pratico, con il controllo e la valutazione della condotta.

E‘ chiaro che l’esistenza dei valori dipende dalla coscienza e dalla cognizione, dal momento che molte delle
cose che hanno valore consistono nella nostra esperienza cosciente e dal nostro riconoscimento cognitivo.
Il ragionamento pratico e un processo cognitivo largamente cosciente.

Nagel ritiene che i valori presentino un problema ulteriore per il naturalismo scientifico: anche se coscienza e
cognizione fossero inclusi nel mondo, i valori avrebbero qualcosa di aggiuntivo e conseguenze pervasive.

Con realtà di valori si intende qualcosa di molto meno trasparente della realtà della coscienza e anche di
meno chiaro della realtà della cognizione. La difficoltà è descrivere una forma di realismo dei valori che non
gravi né su un bagaglio metafisico né che sia indistinguibile dalla concezione soggettivista dei valori. Il
realismo dei valori è altamente controverso perché le spiegazioni soggettiviste dei valori non sono tanto,
implausibili quanto le spiegazioni soggettiviste della scienza.

La posizione soggettivista che Nagel contrappone al realismo sostiene che le verità valutative e morali
dipendono dalle nostre disposizioni e risposte motivazionali, mentre la posizione realista sostiene che le
nostre risposte cercano di ripetere le verità valutative in modo corretto o scorretto.
I realisti possono essere d'accordo con i soggetti sul fatto che, per esempio, il valore di esperienze
fondamentali di piacere e dolore sono inseparabili dalle risposte naturali di attrazione e avversione che
abbiamo nei loro confronti. In questi casi, per un realista, l'apparenza e la realtà coincidono.

Alla domanda “Il dolore sarebbe un male anche se ci lasciasse indifferenti?”, la risposta sarebbe
“No”

E‘ solo quando si considerano la valutazione delle esperienze assenti 14 e i giudizi su molteplici esperienze
che il realismo e il soggettivismo forniscono resoconti divergenti:

- Posizione soggettivista → La risposta corretta dipende dai nostri atteggiamenti e dalle nostre
disposizioni

- Posizione realista → I nostri giudizi tentano di identificare la risposta corretta e portare i nostri
atteggiamenti in accordo con essa.

Le forme più plausibili di soggettivismo vedono i giudizi di valore, in particolare i giudizi morali, che si
fondano su aspetti del sistema motivazionale che sono più sofisticati e riflessivi degli appetiti elementari e
delle emozioni istintive.

I dettagli del sentimento morale possono subire modifiche sociali, ma il punto essenziale è che i giudizi dei
valori non sono altro che l'espressione di quel sentimento: possono essere corretti o scorretti solo in
riferimento a esso.

Una posizione realista nega che la verità dipenda dalle nostre disposizioni e sostiene che quando i nostri
giudizi di valore sono corretti, è perché le nostre disposizioni sono in accordo con l'effettiva struttura della
situazione in questione e con il peso che i valori hanno in essa.

ES: Il giudizio che non si dovrebbe imporre un grave danno ad altri per un piccolo beneficio
personale, si basa sul riconoscimento che la ragione contro l’infliggere un danno è più forte della
ragione a favore del perseguimento di un beneficio personale e che il fatto il danno sarebbe subito
da qualcun altro non è una ragione per trascurarlo

II Sezione
Che cosa fa sì che gli interessi degli altri ci forniscano ragioni per agire, se non che siamo inclini a essere
motivati sulla base della riflessione da qualche grado di benevolenza?

Questa domanda è l’espressione naturale dello scetticismo che il soggettivista mostra nei confronti del
realismo ed è anche il primo passo verso un’interpretazione sbagliata del realismo come teoria metafisica. La
domanda implica che qualcosa al di là dei valori e in aggiunta ai fatti empirici debba rendere i giudizi di
valore veri o falsi.

I soggettivisti trovano il fondamento per la verità dei giudizi di valore in fatti psicologici, sulle disposizioni
motivazionali umane: qualcosa di più fondamentale dei valori. Questo tipo di spiegazione dei valori è ciò che
i realisti negano

Nella propria concezione del realismo morale e valutativo, Nagel afferma che il realismo non è una teoria
metafisica del fondamento delle verità morali e valutative, ma una posizione metafisica che nega tutte le
verità fondamentali come naturali o matematiche. Il realismo dei valori non sostiene che i giudizi di valore
siano resi veri o falsi da qualcosa di naturale o soprannaturale.

14 Quelle che si collocano in futuro o che appartengono ad altri soggetti


Il dibattito tra realismo e soggettivismo non riguarda i costituenti dell'universo, ma è un dibattito sull'origine
della spiegazione normativa.

- I realisti credono che i giudizi morali e gli altri giudizi valutativi possano spesso essere spiegati da
verità, valutative più generale o più fondamentali, tuttavia, non credono che l'elemento valutativo in
un tale giudizio possa essere spiegato da alcunché.

Invece di spiegare la verità o falsità dei giudizi di valore nei termini della loro conformità alle nostre
disposizioni motivazionali come fa il soggettivista, il realista spiega il nostro senso morale come una
facoltà che mira a identificare quei fatti che nelle nostre circostanze di scelta contano come ragioni a
favore o contro certi corsi d'azione.

Il realismo sostiene che certe verità non debbano essere fondate su qualcos’altro, ma che siano
semplicemente vere di per sé , dopotutto, finché esiste la verità, devono esserci delle verità che non
devono essere fondate su nulla.

Ai filosofi con convinzione idealistiche sembra autoevidente che i fatti fisici non possono proprio
essere veri in sé, ma che devono essere spiegati nei termini dell'esperienza effettiva o possibile,
proprio come è autoevidente a coloro che hanno convinzioni materialistiche che i fatti mentali
devono essere spiegati in termini di organizzazione funzionale o di fisiologia.

- L'antirealismo è sempre una possibilità ipotetica: ci si può sempre chiedere se la verità, in un certo
ambito, consista in qualcosa di più della nostra tendenza a raggiungere certe conclusioni in questo
modo, magari convergendo con gli altri.

Una delle cose che un soggettivismo sofisticato ci permette di dire quando giudichiamo che
l'infanticidio è sbagliato e che sarebbe sbagliato anche se nessuno di noi lo ritenesse tale. Tuttavia,
Nagel trova che quelle spiegazioni, quasi-realiste ed espressive del fondamento dell'oggettività dei
giudizi morali, non siano più possibili della spiegazione soggettivista dei più semplici giudizi di
valore poiché negano che i giudizi di valore possano essere di per sé veri e ciò non è in accordo con
quello che Nagel ritiene la “migliore comprensione generale del nostro pensiero sui valori”

Se si suppone che le verità morali oggettive possano esistere solo se sono come altri tipi di fatti - fisici,
psicologici o logici - allora è chiaro che non ce ne sono affatto. Il fallimento di questa argomentazione non
prova che vi siano verità morali oggettive.

L’interpretazione realista può essere convincente solo se è una spiegazione migliore delle alternative
soggettiviste o socio-costruttiviste

III Sezione
Quali sono le implicazioni di diverse concezioni dei valori per l’ordine naturale?

L’insistenza di Nagel sul fatto che il realismo dei valori non è una postulazione di entità o proprietà
aggiuntive potrebbe suggerire che il realismo non abbia alcuna implicazione per l'ordine naturale, tuttavia
non è così.

Nagel è in linea con il pensiero di Sharon Street: essa sostiene che il realismo morale è incompatibile con
un resoconto darwiniano dell'influenza evolutiva del giudizio morale e valutativo sulle nostre facoltà.
Siccome il resoconto darwiniano è fortemente supportato dalla scienza contemporanea, quello che segue è
che il realismo morale è falso.
Nagel segue la stessa inferenza, ma in direzione opposta: dal momento che il realismo morale è vero, un
resoconto dei moventi che sottostanno a un giudizio morale deve essere falso, nonostante il consenso
scientifico a suo favore.

Dal momento che siamo evidentemente i prodotti dell'evoluzione e di un processo cosmico che ha condotto
allo sviluppo di essere intelligenti capaci di giudizi di valore, la concezione dell'ordine naturale che rende
possibile questo processo deve essere espansa. Una concezione adeguata del cosmo deve contenere le risorse
per rendere conto di come essere capaci di pensare riescono a distinguere ciò che è bene e male, giusto e
sbagliato e di scoprire verità morali e valutative che non dipendono dalle loro stesse credenze

L'argomentazione di Street si affida a una tesi scientifica empirica e afferma che la sua argomentazione può
essere applicata ciò che lei chiama “versioni non naturalistiche” di realismo dei valori: i fatti o le verità
valutative non sono riducibili ad alcun tipo di fatto naturale e non implicano che ci sia nel mondo alcuna
proprietà aggiuntiva misteriosa; al contrario sono fatti o verità irriducibilmente normativi.

Street fa notare che se le risposte e le facoltà che generano i nostri giudizi morali sono in gran parte il
risultato della selezione naturale, non c'è ragione di aspettarsi che se si mettano in condizione di rilevare una
verità morale o valutativa indipendente dalla mente. Questo è perché l’abilità di rilevare tali verità, a
differenza dell’abilità di rilevare verità indipendenti dalla mente sul mondo fisico, non darebbe alcun
contributo all’idoneità riproduttiva.

Street osserva che la naturale spiegazione darwiniana dei moventi delle disposizioni dei giudizi di valore e
che essi hanno contribuito all'unità produttiva, non solo favorendo la sopravvivenza individuale, ma anche
l'allevamento e la cura dei bambini.

La verità indipendente dalla mente dei giudizi conseguenti non può giocare alcun ruolo nella storia
darwiniana: se esistessero verità morali indipendenti dalla mente, quei giudizi sarebbero sistematicamente
falsi.

Non si può dire lo stesso dei nostri giudizi fattuali: se esistesse un mondo fisico indipendente dalla mente,
l’incapacità sistematica di rilevare le verità fondamentali sull’ambiente sarebbe disastrosa per la nostra
idoneità riproduttiva. Mentre il realismo sul mondo fisico è un aspetto fondamentale di qualsiasi spiegazione
darwiniana, il realismo dei valori è irrilevante

Se possiamo comprendere le nostre impressioni preriflessive sui valori - attrazione e avversione istintive,
inclinazione, inibizione - come apparenze dei veri valori, allora il processo cognitivo che consiste nello
scoprire una struttura sistematica e coerente di ragione generali e di principi pratici e morali può essere
considerato un modo per muovere dall'apparenza alla realtà nell'ambito normativo.

La grande disanalogia tra i due casi, da un punto di vista darwiniano, è tra le apparenze riflessive dei valori
e le apparenze preriflessive del mondo fisico: mentre una concezione realista di queste ultime (es.
percezione visiva) è essenziale alla storia darwiniana, il fatto che il dolore sia un male e l’abilità di
riconoscere il male sono elementi completamente superflui ad una spiegazione darwiniana della nostra
avversione al dolore. L’avversione al dolore potenzia l’idoneità riproduttiva solo in virtù del fatto che ci
conduce a evitare danni associata al dolore e non perché il dolore è davvero un male.

Una spiegazione darwiniana della percezione visiva implica che essa ci fornisce informazioni sul mondo
esterno, che l'ipotesi cartesiana del genio maligno è falsa. Una spiegazione darwiniana dell’origine dei nostri
desideri e delle nostre avversioni fondamentali invece non ha alcuna implicazione sul loro essere o meno
percezioni affidabili di valori indipendenti dai nostri giudizi.
IV Sezione
Nagel è d'accordo con Street sul fatto che, da un punto di vista darwiniano, l'ipotesi di un realismo dei valori
è superflua poiché è priva di fondamento. Anche un sistema basato sul mantenimento della coerenza tra
risposte di un soggetto non ha bisogno di un’idea di verità dei valori indipendente dalla mente.

Ciò nonostante, Nagel rimane convinto che il dolore sia davvero male e non solo qualcosa che odiamo e
che il piacere sia davvero un bene non solo qualcosa che apprezziamo. Ciò non significa che le nostre
reazioni viscerali siano più infallibili di quanto lo siano le nostre percezioni visive per riflessive: sono
semplicemente il punto di partenza per l'esplorazione di un ambito che potrebbe richiedere un approfondito
ragionamento pratico morale, per essere compreso.

Secondo il resoconto darwiniano, quest'idea dovrebbe essere considerata un'illusione di oggettività che è
essa stessa il prodotto della selezione naturale a causa del suo contributo all’idoneità riproduttiva. In effetti,
la disposizione ad attribuire un’illusoria oggettività, per esempio, alle norme del linguaggio e dei costumi
sembra tipica degli esseri umani e sembra piuttosto utile

La posizione realista deve sostenere che piacere e dolore, aventi desiderio e avversione nella loro essenza,
hanno anche un valore positivo o negativo di per sé e che ciò è evidente per noi tramite la riflessione. Esse
sono adattive, ma sono tra i fenomeni più evidenti per mezzo dei quali i valori reali entrano nell’universo.

Nell'interpretazione realista, il piacere e il dolore hanno una doppia natura: essi giocano un ruolo cruciale
nella sopravvivenza e nell'identità biologica. D’altro canto, per esseri come noi, dotati di ragion pratica,
essi sono anche oggetto di coscienza riflessiva, a partire dal giudizio che il piacere e il dolore siano in sé un
bene e un male e conducono a un riconoscimento più sistematico ed elaborato delle ragioni per giungere ai
principi morali.

Se si potesse fornire una spiegazione darwiniana anche delle facoltà che generano questi giudizi, allora
l'interpretazione realista sarebbe confutata, poiché non avremmo alcuna ragione per considerare i nostri
giudizi come scoperte di ciò che è vero indipendentemente da essi

Il fatto che il piacere sia oggettivamente un bene e il dolore sia oggettivamente un male sarebbe
completamente irrilevante per la comprensione di queste facoltà e di ciò che facciamo quando le esercitiamo.

Mentre Street conclude che il realismo non può essere corretto, Nagel afferma che manca qualcosa al
darwinismo e alla concezione biologica standard di noi stessi.

V Sezione
Come avviene per la coscienza e la cognizione, il problema dei valori nell’ordine naturale ha sia una
dimensione costitutiva sia una dimensione storica.

- Domanda costitutiva (natura) → Che tipo di esseri siamo se il realismo è vero e se di fatto
riconosciamo valori, ragioni, pratiche che non sono solo il prodotto delle nostre stesse reazioni?

- Domanda storica (origini) → Come devono essere fatti l’universo e il processo evolutivo per aver
generato tali esseri?

La conseguenza costitutiva più significativa del realismo sarebbe che gli esseri umani sono capaci non solo
di rilevare valori, ma anche di esserne motivati. Nel caso di valori esperienziali fondamentali, come il fatto
che il piacere sia un bene e che il dolore sia un male, vi è una motivazione incorporata nell'esperienza
stessa: il desiderio che continui è parte del piacere e il desiderio che cessi è parte il dolore.
Tuttavia, quando pensiamo ad un piacere e un dolore che non sono presenti, questa motivazione istintiva non
c’è. Possiamo però essere motivati dal riconoscimento che il dolore è un male e che ci sono ragioni per fare
evitarlo.

Questa capacità motivazionale non dovrebbe essere costruita nei termini di una componente metafisica
aggiuntiva del mondo, la quale esercita un'influenza causale su di noi. Le caratteristiche del mondo che
conferiscono valore e forniscono ragioni sono fatti ordinari sull’esperienza delle persone.

Una ragione per agire è un fatto ordinario, così come il fatto che l'Aspirina curerà il tuo mal di testa, e il suo
essere una ragione è solo che essa conta come considerazione in favore del fatto che tu prenda l'Aspirina o
che io te la dia.

La mia capacità di rispondere ai valori reali è, per esempio, la capacità di essere motivato a darti
dell’Aspirina perché so che curerebbe il tuo mal di testa e perché riconosco che il mal di testa è un male.

Che cosa significa “facciamo continuamente cose del genere”? Nagel ritiene che un controllo cosciente
dell'azione non possa essere analizzato come causazione fisica con un epifenomeno accompagnamento
cosciente e che includa qualche forma di libero arbitrio.

Rispondo consapevolmente al valore quando decido di darti l'Aspirina perché so che il mal di testa
migliorerebbe. Ovviamente voglio che il tuo mal di testa sparisca, ma anche questo è il risultato del mio
riconoscimento che i mal di testa sono un male.

La spiegazione della mia azione ha a che vedere con questi fatti sul mal di testa e sull’Aspirina nel loro ruolo
di ragioni. E‘ proprio perché vengono riconosciuti come ragioni da parte di un agente sensibile ai valori che
questi fatti influenzano il comportamento.

La concezione realistica dei valori vede che gli esseri umani sono motivati dal fatto che colgono valori e le
ragioni e che la spiegazione dell’azione viene fatta tramite motivazioni in modo tale non essere riducibile
psicofisicamente.

L'azione umana non è spiegata solo dalla fisiologia o dai desideri, ma anche dai giudizi. Scanlon afferma che
siamo soggetti dotati di atteggiamenti sensibili ai giudizi e quei giudizi hanno un oggetto oltre loro stessi.
Esistiamo in un mondo di valori e rispondiamo a essi con giudizi normativi che guidano le nostre
azioni. Questa capacità, così come le nostre capacità cognitive più generali, è uno sviluppo superiore della
nostra natura di creature coscienti.

Se ci chiediamo che scelta possa essere fatta tra le spiegazioni riduttive e quelle emergentiste, sembra molto
improbabile che l'esercizio della coscienza nei giudizi valutativi e nel ragionamento pratico, potrà condurre
ad un’analisi riduttiva, anche nel caso di un monismo riduttivo.

Come la cognizione, la risposta ai valori sembra avere senso solo come una funzione del soggetto unitario
di coscienza e non come una combinazione delle risposte delle due parti. Diversamente, le esperienze di
piacere e dolore potrebbero essere spiegate in modo riduttivo mediante il monismo psicofisico.

Il ragionamento pratico e la sua influenza sull’azione di un soggetto cosciente unitario implicano una
risposta emergentista alla domanda costitutiva.

L’aspetto metafisico più importante della prospettiva realista della ragion pratica è che la coscienza non è
epifenomenica e passiva, ma gioca un ruolo attivo nel mondo. Questo aggiunge alla mera irriducibilità
psicofisica della coscienza esperienziale un ulteriore aspetto per il quale la forma materialistica del
naturalismo non riesce a fornire un resoconto completo.
Comunque sia la ragion pratica - emergente o riducibile - il realismo dei valori richiede che la coscienza sia
attiva ed esclude l'epifenomenismo dell'azione umana.

Il soggettivismo interpreta i nostri giudizi di valore come nient'altro che un prodotto e un'elaborazione, resi
possibili dalle nostre capacità linguistiche e relazionali, delle nostre disposizioni motivazionali naturali.

Il realismo li interpreta come il risultato di un processo di scoperta che comincia da iniziali apparenze di
valore, paragonabili alle credenze percettive e che procede verso una migliore comprensione di come
dovremmo vivere.

Se il realismo fosse vero, la ragion pratica sarebbe in questo senso una delle nostre facoltà cognitive.

VI Sezione
Alla domanda storica dei valori, possiamo dire che il soggettivismo si presta, almeno in via ipotetica, a un
resoconto darwiniano di come possono essere comparse creature capaci di avere valori.

Secondo questa prospettiva, i valori sorgono dai nostri desideri e dalle nostre inclinazioni - fatti naturali della
psicologia animale umana - e i giudizi di valore di alto livello sono elaborazioni motivazionali a partire da
questa base dalla riflessione e dalla cultura.

Per una prospettiva realista, la domanda storica è molto più oscura. La capacità di controllare le azioni in
risposta a ragioni deve essere coerente con l’influenza della selezione naturale, altrimenti la comparsa nel
menù evolutivo dovrebbe essere spiegata da qualcos’altro.

Il realismo dei valori deve rendere conto del fatto che il processo evolutivo biologico e ha dato origine a
creature coscienti, ai valori reali che riempiono i loro vite e le loro esperienze e, infine, a essere autocoscienti
in grado di atteggiamenti sensibile ai giudizi che possono rispondere alla consapevolezza di tali valori es
essere razionalmente motivati da essa.

Qual è la storia effettiva dei valori nel mondo?

- Inizialmente, con la comparsa della vita, compaiono entità che hanno qualcosa che è un loro bene e
per le quali le cose possano andare bene o male.

- Successivamente, alcuni discendenti di questi esseri, capaci di riflessione autocoscienza, giungono a


riconoscere le cose che accadono loro come un bene o come un male e a riconoscere le ragioni per
perseguirle o evitarle

- Infine, sviluppano la capacità collettiva di pensare alle ragioni che potrebbero avere e che non
dipendono solo da ciò che è un bene o un male per loro stessi.

- Alla fine, nel corso della storia evolutiva, compaiono essere coscienti le cui vite esperienziali
possono andare bene o male nei modi che ci sono familiari.

In particolare, il terzo punto avviene perché gli esseri considerano le vite di altri esseri come le loro. Solo
gli esseri capaci di ragion pratica possono riconoscere i valori, ma, una volta che li hanno riconosciuti, li
trovano anche nella vita delle creature senza ragion pratica 15.

È troppo semplice sostenere che solo i valori nelle vite coscienti generano ragioni. Come dice Scanlon,
“sarebbe spietato e discutibile tagliare un vecchio grande albero per il divertimento di provare una motosega
nuova”.

15 Questo punto viene lasciato in sospeso da Nagel perché non si capisce quanto gli esseri umano abbiano ragione di
interessarsi a questi valori
Ci sono due cose che devono essere spiegate per rispondere alla domanda storica sui valori:

1) La comparsa dei valori nella miriade di forme che si assumono nella varietà delle vite, in grado di
avere un bene

2) La comparsa delle ragioni per agire di coloro che sono in grado di riconoscere e agire sulla base di
esse.

La prima sarebbe spiegata da qualunque cosa spiegasse l'esistenza della vita, mentre la seconda richiede
qualcosa di più di una spiegazione della comparsa della ragione in generale. La ragion pratica è uno
sviluppo del sistema motivazionale della volontà e non solo lo sviluppo di un sistema di formazione delle
credenze.

Se i valori sono legati alla vita, il loro contenuto dipenderà da specifiche forme di vita e le ragioni più
salienti che essi ci forniscono dipenderanno dalla nostra stessa forma di vita. Questo è il modo in cui un
resoconto realista può includere il fatto che ciò che riteniamo valore dipende in ampia misura dalle
specificità biologiche della nostra forma di vita.

Il bene e il male umani dipendono in prima istanza dai nostri appetiti naturali, dalle nostre emozioni, dalle
nostre capacità e dai nostri legami interpersonali.

“Se assomigliassimo di più alle api o ai leoni, ciò che a noi sembra un bene sarebbe molto diverso”, Street

I valori devono essere considerati pluralistici: l'ambito dei veri valori, sempre che esista una cosa del
genere, è tanto ricco e complesso quanto la varietà di forme di vita. Così come la maggior parte di queste vite
è debolmente accessibile alla nostra comprensione dall’interno, anche i valori che esse generano vanno di
gran lunga oltre il nostro pieno riconoscimento.

Il nostro accesso diretto ai valori viene, tuttavia, dalla vita umana. Il mondo umano è in potenza sia di
incredibili ricchezze (es. bellezza, amore, piacere) sia di orribili miserie. La nostra suscettibilità rispetto a
questi beni e questi mali gioca un ruolo cruciale per la nostra idoneità alla sopravvivenza e alla riproduzione.

Quando cerca una spiegazione storica, il realista deve supporre che gli aspetti fortemente motivanti della
vita e della coscienza compaiono già carichi di valore; i valori entrano nel mondo con la vita. La capacità
di riconoscere i valori e di essere influenzati da essi compare nelle forme di vita superiori. Perciò la
spiegazione storica della vita deve includere sia una spiegazione dei valori sia della coscienza.

Se richiamiamo alla mente tre potenziali tipi di spiegazione - storica causale teleologica e intenzionale - è
difficile vedere come sia una spiegazione causale sia un monismo psicofisico sarebbero in grado di rendere
possibile una spiegazione storica riduttiva dell'origine della vita, dello sviluppo della vita cosciente e della
comparsa della ragion pratica che rendesse puramente accidentale il fatto che ciò di cui ci curiamo a valore
oggettivo.

Una volta che riconosciamo che una spiegazione della comparsa e dello sviluppo della vita deve
contemporaneamente essere una spiegazione della comparsa e dello sviluppo dei valori, una spiegazione
teleologica viene a sembrare più adatta. Ciò spiegherebbe la comparsa della vita e in parte il fatto che la
vita è una condizione necessaria dell’Iniziazione dei valori e infine del loro riconoscimento.

Secondo l'ipotesi della teleologia naturale, il mondo naturale avrebbe un'inclinazione a dare origine a quel
tipo di esseri per i quali le cose possono essere un bene o un male. Queste forme di vita sono comparse
tramite il percorso storico dell’evoluzione, ma parte della spiegazione dell’esistenza sarebbe che esse portano
i valori nel mondo in una grande varietà di forme.
Dal momento che l'emergenza dei valori coincide con l'emergenza sia del bene sia del male, essa non è un
candidato per una spiegazione teleologica puramente benigna: una tendenza verso il bene.

Se non fossimo incline a riconoscere le ragioni oggettive per agire e se fossimo motivati esclusivamente
dai nostri desideri, non avremmo alcuna ragione di credere nell'esistenza dei valori in un senso realista.
non ci sarebbe nulla da spiegare al di là del sistema dei moventi soggettivi e della loro capacità di essere
guidata dalla percezione, dalla memoria e dalla ragione teorica.

Se invece riteniamo che le nostre impressioni dei valori oggetti siano sostanzialmente corrette, allora
dobbiamo considerare la comparsa e l’evoluzione della vita come qualcosa di più della storia dello
sviluppo di organismi che si autoriproducono, come è nella versione darwiniana.

Riconosciamo che l'evoluzione ha dato origine a molteplici organismi che hanno un bene. Secondo la
prospettiva realista, questo non può costituire solo un effetto secondario occidentale della selezione naturale.

In una prospettiva teleologica, l'esistenza dei valori non è un fatto accidentale, poiché è parte della
spiegazione del perché esista qualcosa come la vita. I valori non sono solo un effetto secondario accidentale
della vita; c'è vita perché la vita è una condizione necessaria dei valori.

Sebbene la selezione naturale determini i dettagli delle forme di vita, di coscienza e l’esistenza del materiale
genetico, queste devono essere spiegate in qualche altro modo. L'ipotesi teologica è che queste cose
potrebbero essere determinate da una predisposizione cosmica alla formazione della vita, della coscienza e
dei valori.

Nel clima intellettuale odierno, tale possibilità è difficilmente presa sul serio, ma vorrei ripetere
l'osservazione fatta in precedenza, ovvero che non sembrano essere disponibili spiegazioni praticabili
nemmeno a livello puramente ipotetico.

Sebbene gli scienziati continuino a cercare una spiegazione puramente chimica dell’origine della vita, ci
sono anche paladini del naturalismo scientifico, come Francis Crick, per i quali essa sembra quasi un
miracolo. Crick è guidato nella sua riflessione dalla probabilità dell'ipotesi della panspermia guidata:
un'ipotesi secondo cui la Terra sia stata seminata di vita unicellulare mandata da una civiltà avanzata altrove
nella nostra galassia, dove la vita si è evoluta prima. Crick riconosce, tuttavia, che non c’è alcuna base per
fidarsi di questa possibilità.

Una qualche forma di teleologia naturale costituirebbe un'alternativa al miracolo, nel senso di una
coincidenza estremamente improbabile o nel senso di un intervento divino nell’ordine naturale.

L’universo non è solo diventato cosciente e consapevole di sé stesso, ma è diventato anche capace di
scegliere il suo percorso nel futuro, sebbene la coscienza, la conoscenza e la scelta siano presenti sia
individualmente sia collettivamente.

Queste speculazioni teleologiche vengono offerte senza alcuna convinzione positiva. Ciò di cui Nagel è
convinto è la tesi negativa secondo cui per comprendere le nostre domande e i nostri giudizi sui valori e
sulle ragioni in modo realista, dobbiamo rifiutare l'idea che essi risultino formate dal nulla per mezzo
del caso e della selezione naturale o, che siano o il prodotto di una deriva genetica.

Il giudizio che i nostri sensi siano affidabili è perché la loro affidabilità contribuisce legittimamente
all’idoneità biologica, ma il giudizio che la nostra ragione sia affidabile è incoerente vista la non affidabilità
al contributo all’idoneità biologica.
Nel caso dei valori e della ragion pratica, Nagel ritiene che che sia coerente essere soggettivisti: considerare
illusorie tutte le impressioni di valori oggettivi o di ragioni e concepire i processi di deliberazione pratica e di
ragionamento morale come modi sofisticati di decidere che cosa si voglia realmente.

L’uso teorico della ragione, da solo, fornisce una cornice all’interno della quale è possibile pensare al proprio
sistema motivazionale come al prodotto di sole cause naturale e mai come una risposta a ciò che è davvero
bene o male.

Conclusione
La filosofia deve procedere in modo comparativo. Il meglio che possiamo fare è sviluppare concezione
alternative e antagonisti in ogni campo. Questa è una forma di progresso e due credibile rispetto alla prova o
alla confutazione decisive.

Sarebbe un progresso se l'establishment teorico secolare e la cultura illuminata contemporanea


potessero liberarsi dal materialismo e dal darwinismo; questo approccio è incapace di fornire un
resoconto adeguato, sia esso costitutivo o storico.

Nagel, tuttavia, riconosce che la sua teoria sulla comprensione dell’universo in quanto fondamentalmente
incline a generare la vita e la mente, richiederà di allontanarsi dalle forme familiari di spiegazione
naturalistica in un modo troppo radicale.

Nello specifico, nel tentare di comprendere la coscienza come un fenomeno biologico, è troppo facile
dimenticare quanto sia radicale la differenza tra il soggettivo e l'oggettivo e cadere nell'errore di pensare al
mentale basandosi sul nostro modo di concepire gli eventi e i processi fisici.

È perfettamente possibile che la verità sia del tutto fuori dalla nostra portata, in virtù delle nostre limitazioni
cognitive intrinseche, ma Nagel crede che abbia senso continuare a cercare una comprensione sistematica del
posto che occupiamo nel mondo.

Il materialismo riduttivo neodarwiniano è il trionfo della teoria ideologica del senso comune: l’evidenza
empirica può essere interpretata in modo tale da adattarsi alle diverse teorie, ma in questo caso il costo in
contorsioni concettuali e probabilistiche è proibitivo

Cap. 5 semplificato da riassunto docsity


I veri valori sembrano incompatibili con il naturalismo evoluzionistico. I valori spesso si situano nell’ambito
pratico, la loro esistenza e le nostre risposte ad essi dipendono dalla coscienza e dalla cognizione.

Il ragionamento pratico è un ragionamento cognitivo cosciente. Il realismo dei valori è molto controverso, è
distinto da forme di soggettivismo che permettono versioni antirealiste dell’oggettività morale. Il
soggettivismo dei valori sostiene che le verità valutative e morali dipendono dalle nostre disposizioni e
risposte motivazionali, mentre il realismo sostiene che le nostre risposte cercano di riflettere le verità
valutative.

I realisti possono essere d’accordo con i soggettivisti sul fatto che il valore di certe esperienze fondamentali
di piacere e dolore sia inseparabile dalle risposte naturali di attrazione e avversione nei loro confronti.

Una prospettiva di soggettivismo più plausibile ritiene che i giudizi di valore si fondano su aspetti del
sistema motivazionale più sofisticati delle emozioni istintive. La verità di un giudizio di valore è determinata
da un operare calmo e pienamente informato di queste disposizioni motivazionali.
I soggettivisti rintracciano il valore di verità dei giudizi di valore nelle disposizioni motivazionali. Il
realismo dei valori non sostiene che i giudizi di valore siano resi veri o falsi da qualcos’altro, naturale o
sovrannaturale.

La verità morale che giustifica una certa inferenza non è resa vera da un fatto di alcun tipo, è vera per se
stessa; i fatti mettono in gioco queste verità. Dal momento che il realismo morale è vero allora un resoconto
darwiniano dei moventi che sottostanno ad un giudizio morale è falso, nonostante il consenso scientifico a
suo favore; le due teorie sono incompatibili.

Una concezione adeguata del cosmo, dunque, dal momento che siamo evidentemente i prodotti
dell’evoluzione, deve rendere conto di come esso abbia potuto dare origine a organismi capaci di pensare a
ciò che è bene e male e scoprire verità valutative che non dipendono dalle loro stesse credenze. Non si può
prescindere dai giudizi di valore, dai ragionamenti morali, essi sono parte della vita umana e di quello che gli
uomini sono in grado di fare.

Perché il darwinismo non è compatibile con il realismo di valori (ci sono fatti e verità irriducibilmente
normativi e non sono riducibili ad alcun tipo di fatto naturale ): Street sostiene che se le facoltà che generano
i nostri giudizi morali sono in gran parte il risultato dell’evoluzione non c’è ragione di aspettarsi che ci
mettano in condizione di rilevare una verità morale indipendente dalla mente.

La spiegazione darwiniana dei moventi che costituiscono i punti di partenza per i nostri giudizi di valore ha
contribuito all’idoneità riproduttiva favorendo la sopravvivenza individuale e promuovendo la cura dei
bambini, rendendo possibile la cooperazione sociale ecc; ma è del tutto irrilevante se quelle facoltà ci
permettano di rilevare verità morali indipendenti dalla mente.

Ad esempio: l’avversione al dolore potenzia l’idoneità in virtù del fatto che permette di evitare
danni associati al dolore, non in virtù del fatto che il dolore è davvero un male.

La stessa cosa non si potrebbe dire per i giudizi fattuali: se esiste un mondo fisico indipendente dalla mente,
l’incapacità di rilevare le verità fondamentali su questo ambiente che ci circonda sarebbe disastrosa per la
nostra capacità riproduttiva.

Ad esempio, la visione contribuisce all’idoneità riproduttiva perché ci fa vedere cosa c’è al di fuori.

L’alternativa realista deve sostenere che le esperienze di piacere , dolore .. hanno anche valore
positivo/negativo di per sé e che ciò è evidente per noi tramite la riflessione , sebbene questo valore non
costituisca una parte necessaria della spiegazione evolutiva del perchè esse siano associate a certi eventi del
corpo.

Esse sono adattative, ma anche qualcosa di più. In questa prospettiva, piacere e dolore hanno doppio valore:

- Ruolo cruciale per la sopravvivenza, e possono essere spiegate per selezione naturale
- Sono oggetto di coscienza riflessiva, sono un male e un bene in sè, e conducono, insieme ad altri
valori ad un riconoscimento più sistematico delle ragioni per agire.

Se si potesse fornire una spiegazione darwiniana anche delle facoltà che generano questi giudizi, allora
l’interpretazione realista sarebbe confutata. Il problema dei valori ha una dimensione costitutiva ed una
storica:

- Dimensione costitutiva: gli essere umani rilevano i valori e sono motivati da essi. Nei valori
esperienziali fondamentali vi è una motivazione istintiva incorporata nell’esperienza stessa. Ma
quando pensiamo al piacere o al dolore che di fatto non sono presenti, non c’è una motivazione
istintiva.
Possiamo essere motivati dal riconoscimento che il dolore è un male e che ci sono ragioni per fare
ciò che potrebbe evitarlo; certi fatti influenzano il comportamento perchè vengono riconosciuti come
ragioni lodevoli o biasimevoli per agire.

L’azione umana non è motivata solo dalla fisiologia o dai desideri, ma anche dai giudizi; giudizi che
hanno l’oggetto oltre loro stessi. Il ragionamento pratico implica un soggetto cosciente unitario che
vede cosa dovrebbe fare, e non una combinazione delle risposte delle sue parti; questo suggerisce
una risposta emergentista alla domanda costitutiva.

- Dimensione storica: è più facile spiegare la storia dei valori con il soggettivismo evoluzionistico più
che con il realismo. Con la comparsa della vita compaiono alcune entità che hanno qualcosa che è
per loro un bene-male: vale per tutte le forme di vita, anche per i batteri. Successivamente, alcuni
discendenti di quegli esseri, diventano consapevoli delle cose che accadono loro e le riconoscono
come bene-male; infine sviluppano la capacità collettiva di pensare alle ragioni che potrebbero avere
e che non dipendono solo da ciò che è un bene o un male solo per loro stessi. Inoltre i valori sono
legati alla vita, se assomigliassimo a leoni, ciò che a noi sembra bene sarebbe molto diverso.

I valori devono essere pluralistici, se esiste un ambito dei valori deve essere tanto ricco quante sono
le forme di vita cosciente. Il realista quando cerca una spiegazione storica dei valori deve supporre
che gli aspetti motivanti della coscienza compaiano già carichi di valore; anche se compaiono come
funzione di adattamento. I valori entrano nel mondo con la vita, la capacità di riconoscerli compare
con forme di vita superiori.

Tra i tre potenziali tipi di spiegazione storica, è difficile immaginarsi una spiegazione causale dei
valori. Anche se si accettasse o ci potesse essere una risposta parzialmente riduttiva alla domanda
costitutiva sull’esistenza dei valori, non porterebbe da nessuna parte dal punto di vista storico.

Una forma di monismo fisico renderebbe accidentale la comparsa della coscienza, della ragione e
della ragion pratica che riconosce determinati valori. Sembra più adatta una spiegazione teleologica:
il mondo naturale avrebbe un’inclinazione a dare origine a quel tipo di esseri i quali esiste un bene e
un male.

Essi sono comparsi tramite il percorso storico dell’evoluzione, ma parte della spiegazione
dell’esistenza di quel processo e delle possibilità su cui la selezione naturale opera sarebbe che essi
portano i valori nel mondo in una grande quantità di forme.

L’emergenza dei valori coincide con l’emergenza del bene e del male: non è un candidato per una
spiegazione teleologica puramente benigna. In una prospettiva teleologica l’esistenza dei valori non
è un fatto accidentale poiché è parte della spiegazione del perché esista qualcosa come la vita, c’è
vita perché la vita è una condizione necessaria dei valori.

Come detto prima, questa prospettiva non esclude il darwinismo, e parte proprio da questo nel
considerare lo sviluppo storico. Ma postula l’esistenza di una predisposizione cosmica alla
formazione della vita , alla coscienza e ai valori.

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