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Osservare E Valutare IL Comportamento DEL Bambino

Tecniche di osservazione del comportamento infantile (Università degli Studi di Catania)

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OSSERVARE E VALUTARE IL COMPORTAMENTO DEL BAMBINO

CAP 1 – L’OSSERVAZIONE NELLA TEORIA


Osservazione è un metodo elettivo per la conoscenza e la valutazione del bambino. Il termine
osservazione significa rilevare, accettare, riconoscere un fatto, fornire un'informazione su un
fenomeno, cogliere qualcosa che si sta verificando nel mondo reale. Può essere effettuata sul
campo o in laboratorio tramite i nostri sensi o con altri strumenti, si può osservare in diverse
condizioni ma osserviamo sempre per un obiettivo cioè fornire dati utili alla conoscenza.
Nell'osservazione le ipotesi, i costrutti e i modelli costituiscono gli elementi per la formazione di
una teoria, cioè la realtà per cui una teoria si ritiene valida. Riguardo la questione se l'osservazione
costituisca il fondamento della conoscenza ci sono due aspetti che vanno tenuti presenti: da una
parte le teorie sono costituite da concetti e quindi i fatti concreti dell'osservazione devono essere
trasformati in entità astratte con inevitabile perdita o comunque modifica delle informazioni
raccolte, dall'altra l'osservazione è effettuata con mezzi umani e quindi la realtà anche in questo
caso viene trasformata. Pertanto, ciascuno dei due versanti, teorico ed empirico, del processo
conoscitivo presenta problemi a chi ritiene che basti osservare la realtà per scoprirla e che basti
fondare una teoria sulle osservazioni per ritenerla vera. Ma è anche vero che non si può teorizzare
un fenomeno reale con l'obiettivo di conoscerlo senza averlo prima osservato.

L’OSSERVAZIONE DISTINTA DALLA TEORIA


In ambito epistemologico la distinzione tra un versante empirico e uno teorico nel processo di
conoscenza è stata rappresentata nella metafora del cosiddetto “arco della conoscenza”, che si
basa su due pilastri: uno che porta il pensiero verso l'alto, conducendo le informazioni ricevute dei
sensi verso i concetti elaborati dell'intelletto e l'altro che lo porta verso il basso facendo scendere
le idee dal cielo dell'astrazione fino alla terra dei fatti. La via migliore per conseguire la conoscenza
vera per gli antichi è chiamata episteme che va distinta dalle opinioni correnti chiamate con il
termine doxa. Ci si interroga se seguire la via del ragionamento induttivo che va dall'osservare alla
teoria, ovvero da vari casi osservati a una regola generale o il ragionamento deduttivo che va dalla
teoria alla realtà cioè da regole generali trovate per via logica ai casi particolari. Bacone
(empirista)sosteneva che soltanto una raccolta sistematica di informazioni capace di registrare
l'intera variabilità di un fenomeno garantiscono di arrivare alla conoscenza vera (r. induttivo).
Cartesio (razionalista) riteneva invece che soltanto con la perfezione delle idee, l'uso della pura
ragione e la logica si arrivasse alla conoscenza vera (r. deduttivo). Ma in entrambi i casi rimanevano
degli aspetti non risolti: nel primo caso viene richiesto voi la formulazione di ipotesi e quindi
l'intervento della ragione e nel secondo caso la ragione richiedeva informazioni empiriche e quindi
l'intervento dell'osservazione. Le successive riflessioni non sono riuscite a uscire da queste
difficoltà e si riconobbe che nessuna delle due posizioni era in grado di rendere conto da sola del
processo conoscitivo. In ambito empirista Hume notò che non potendo osservare tutti i casi
possibili di un fatto e non potendolo fare per i casi futuri dovremmo avere argomenti dimostrativi
che provano che quei casi di cui non abbiamo avuto nessuna esperienza somigliano a quelli di cui
l'abbiamo avuta; e questi argomenti non ci sono. dunque il passaggio automatico dai fatti alle leggi
e dai particolari all'universale è impossibile. In ambito razionalista si riconosce che un
ragionamento puro su un qualche fenomeno della realtà che non faccia riferimento alla realtà è
anche impossibile.
Non potendo contare su uno solo dei pilastri e non riuscendo a integrarli si accetta il principio della
cosiddetta “forchetta di Hume” che sostiene che gli oggetti della conoscenza si dividono in due
specie:

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-le relazioni di idee: prodotti della geometria, della matematica e dell'algebra che sono frutto della
ragione e quindi conoscenze pure. Costituisce i propri oggetti a priori tramite pensieri basati su fatti
privi di realtà materiale (es per dimostrare la verità dei teoremi non c'è bisogno dell'esperienza).
-il materiale di fatto: prodotti delle scienze naturali che sono frutto dell'osservazione su fatti
indipendenti dalla realtà e quindi conoscenze empiriche. Costituisce i propri oggetti a posteriori
mettendo in relazione tra loro i dati rilevanti in quella realtà (es un fenomeno naturale viene
dimostrato vero tramite l'esperienza sensibile).
Si ritiene che nel mondo delle cose (per gli empiristi) il metodo corretto fosse la registrazione
analitica, letterale e diretta dei fatti (stare ai fatti e non alle idee) mentre nel mondo delle idee
fosse la concatenazione logica, rigorosa e necessaria dei concetti.
L’empirismo logico cercò di combinare l'empirismo inglese con l'opera razionalista di matematici e
logici tedeschi con lo scopo di salvare ragione ed esperienza, teoria e osservazione nella
costruzione della scienza. Esso affermava che una teoria empirica, cioè che intende spiegare un
fenomeno della vita reale, può dirsi scientifica se ragiona su dati osservativi e se li usa per
verificare le sue affermazioni. In questo caso la teoria deve essere verificata dall'osservazione e
quindi il suo linguaggio deve essere completamente traducibile nel linguaggio dell'osservazione.

CONTRO IL DOGMA DELL’IMMACOLATA OSSERVAZIONE


Come detto sopra il criterio di demarcazione tra scienza e non scienza implica che i termini
osservativi siano tali cioè raffigurano i fatti, descrivano le cose così come stanno e solo usando
questo tipo di termini l'osservazione può servire la teoria come terreno di verifica. A sua volta la
teoria deve tradurre i termini osservativi in termini teorici attraverso precise regole di
corrispondenza. Ci sono stati seri dubbi sul fatto di credere al “dogma dell'immacolata
osservazione”. Questi sono nati da Kant, secondo il quale i nostri processi di comprensione entrano
in gioco quando cerchiamo informazioni e quindi bisogna rassegnarsi al fatto che quando rileviamo
qualcosa sul mondo non possiamo sfuggire alle leggi dal pensiero che sta rilevando. Secondo Kant
la produzione della conoscenza è caratterizzata dall'intreccio tra oggettivo e soggettivo, quindi è
impossibile separare nettamente i fatti dalla teoria, la conoscenza a posteriori da quella a priori
come nella forchetta di Hume. Non è possibile osservare i fatti senza l'intervento del pensiero,
guardare il mondo esterno (le cose) senza attivare quello interno (il processi cognitivi, percettivi ed
emotivi), si dice pertanto che l'osservazione è carica di teoria. A partire da ciò occorre fare in modo
che le nostre osservazioni per quando frutto del nostro presenzierò siano il più possibile obiettive e
che rispondano al nostro obiettivo conoscitivo. Hanson dice che “a vedere sono le persone e non i
loro occhi” (l’osservatore è influenzato dalla sua conoscenza). Popper afferma che “non esiste
alcunché che si possa considerare come esperienza osservativa pura cioè assolutamente libera da
aspettative e da teoria”. Un’osservazione è una percezione pianificata e programmata, è sempre
preceduta da un particolare interesse, una questione o un problema, dunque qualcosa di teorico.
Popper ritiene le osservazioni indispensabili per l'accettazione di una teoria e le considera lo
zoccolo duro della scienza. Egli ricorda che il numero di asserzioni di base che potremmo fare
osservando un fenomeno è infinito e quelle che faremo sono un numero limitato deciso
dall'osservatore. La critica popperiana all'osservazione Immacolata venne accentuata dalla
dipendenza non solo dell'osservazione dalla teoria ma dalla teoria dalle visioni del mondo
accettate per buone dalla comunità scientifica e quindi dalle condizioni storico culturali e sociali in
cui tale comunità opera. Si arriva a dire che la scienza è nient'altro che un discorso tra tanti che
l'uomo fa per rappresentare il mondo. La questione diventa se la scienza, pur vivendo all'interno di
un contesto sociale esattamente così come ci vivono tutte le forme di rappresentazione, non possa
in virtù dei suoi speciali metodi di osservazione, dei suoi procedimenti di valutazione, della sua
utilizzazione della matematica e della logica, conseguire una conoscenza oggettiva. La riflessione si
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sposta quindi sui criteri e sulle tecniche per una buona osservazione. Mentre osserviamo
teorizziamo sempre e quindi le osservazioni sono sempre secondarie alle idee che ci spingono a
osservare. L'osservazione ha il compito di descrivere la realtà in modo fedele e di produrre
asserzioni basate sull'evidenza dei fatti ma ciò non è semplice. Es di popper: quando diciamo che
questo cigno è bianco andiamo oltre il dato di realtà infatti chiamando cigno una certa cosa le
attribuiamo proprietà che vanno al di là della pura e semplice osservazione in base a cui potremmo
solo dire che la cosa vista è grande e bianca.

BREVE STORIA DEL TERMINE “OSSERVAZIONE”


Dal punto di vista metodologico il termine osservazione può essere compreso solo se si fa
riferimento al termine sperimentazione che per lungo tempo ha rappresentato l'antagonista
dell'osservazione. Oggi la sperimentazione può avvalersi dell'osservazione e l'osservazione può
essere condotta anche a scopi sperimentali. Edward Tichener distingueva:
• la psicologia sperimentale (praticata da Wilhelm Wundt): per Wundt la sperimentazione era la
via maestra per ragionare sui fatti psichici in modo obiettivo e scientifico. La psicologia
sperimentale di Wundt guardava ai fatti psichici come fenomeni elementari, che potevano essere
rilevati in modo obiettivo tramite un metodo. Si partiva da: rivelazioni sistematiche (resoconti
introspettivi del soggetto sottoposto all’esperimento), che descrivevano gli effetti prodotti su di
loro dalle caratteristiche fisiche degli stimoli presentati. Poi trasformare queste rivelazioni in
misure al fine di quantificare l’effetto degli stimoli. Successivamente applicare alle misure un’analisi
statistica e infine formulare una legge generale che rendesse conto delle prestazioni mentali degli
esseri umani. La mente era studiata come un prodotto di laboratorio, manipolato in condizioni
controllate e descritto in termini matematico-statistici.
• dalla psicologia empirica (praticata da Franz Brentano): per lui invece la via maestra era
l’osservazione, accompagnata dalla riflessione filosofica. La psicologia per Brentano doveva
studiare i fenomeni psichici senza fattori esterni che avrebbero impedito la spontaneità, ma doveva
rispecchiare la loro originaria concretezza (individuale e personale). Era importante per la
psicologia i processi e le funzioni, non era importante il cosa ma il come. Il ricercatore non doveva
manipolare le cose allo scopo di indurre risposte attese nel soggetto ma doveva assumere un
atteggiamento di ascolto, contemplativo, doveva impegnarsi a prendere atto di ciò che accadeva
sotto i suoi occhi accettandolo e comprendendolo.
Il metodo sperimentale rappresentava: l’affermazione del controllo, del laboratorio, dei contenuti,
della spiegazione. Il metodo osservativo: rappresenta il luogo della spontaneità, della naturalità,
dei processi, della qualità, della descrizione. (questi due metodi finirono per raffigurare due modi
alternativi di ricerca.)

IL PERIODO INIZIALE: L’OSSERVAZIONE COME PARADIGMA DI RICERCA


Carl Murchinson pubblica nel 1931 il manuale sulla psicologia infantile: Handbook of Child
Psicology. In questo libro i contributi di Buhler e Freud danno voce al ruolo fondamentale
dell’osservazione nella raccolta dei dati del comportamento del bambino, focalizzando l’attenzione
sull’importanza dei diari compilati giornalmente dalle madri per riportare ciò che il proprio
bambino diceva e faceva. Anderson e Murchison sottolineano al contrario l'importanza della
sperimentazione, l'uso del laboratorio, la quantificazione dei risultati e l'uso di test psicometrici.
Fino agli anni 50 il metodo dell’osservazione non fu sostenuto molto, in quel periodo l’infanzia era
motivo di ricerca per gli psicologi generalisti che studiarono nei bambini gli stessi fenomeni in
particolare l’apprendimento su cui si erano concertati e formati studiando gli animali. Il metodo era
di effettuare degli esperimenti di condizionamento classico e operante, dove si concludeva che
valevano le stesse leggi sia per i bambini che per il resto della popolazione. Cresce la
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consapevolezza della complessità del bambino e di conseguenza, si parla ancora di due discipline
nella psicologia dello sviluppo, due metodi di fare ricerca contrapposti. Wright è un sostenitore
dell’osservazione come metodo di ricerca. Egli fa riferimento a due metodi:
• la descrizione diarisitca: presenta un quadro completo del comportamento, nella sua interezza e
nelle circostanze in cui avviene, lo svantaggio riguarda la soggettività della rivelazione e della
natura qualitativa delle analisi.
• la Registrazione di Specimen: consiste in descrizioni molto dettagliate di tutto ciò che accade in
un dato segmento di vita del soggetto, tale da rappresentare un “saggio” (specimen). I vantaggi del
metodo sono: 1) cogliere la ricchezza e la varietà del comportamento, attraverso l’uso di un
linguaggio quotidiano, adatto alla realtà osservata 2) guardare il contesto in cui il comportamento
avviene e includere i fattori situazionali che possono spiegarlo 3) descrivere il comportamento per
tutta la sua durata quindi si avrà una descrizione continua 4) assicurare dati neutrali e esaustivi.
Lo svantaggio di questo metodo è la soggettività. Wright propone l'addestramento degli
osservatori attraverso istruzioni precise nel redigere lo specimen: l'uso di note/commenti durante
o dopo l'osservazione per precisare ancora meglio ciò che viene scritto.
Il Campionamento temporale è un metodo che divide il tempo di osservazione in intervalli di
tempo uguali, dove vengono registrati i comportamenti senza descriverli ma riportandoli in base a
dei codici. Il comportamento viene spezzato in tanti segmenti temporali che permette di sommare
gli intervalli in cui cadono gli stessi codici e quindi arrivare a una quantificazione dell’osservazione
(per studiare la sua frequenza). Un altro vantaggio è di essere veloce, economico ed efficiente in
quanto non descrive ma applica codici. L’utilizzo di codici può essere anche uno svantaggio perché
impedisce di riportare la complessità del comportamento e il calcolo della frequenza può essere
inutile: mancando la descrizione del comportamento, sappiamo che si verifica ma non sappiamo
come, dove e perché. Quindi è importante la rilevanza di un comportamento, la sua processualità e
le circostanze in cui il comportamento si manifesta.
Il Campionamento per eventi è un metodo in cui viene rilevato l’evento comportamentale da
studiare selezionato prima dall’osservatore. L’osservatore sceglie il luogo dove sa che esso si
verifica e il tempo che in cui si verifica, descrivendolo in tutta la sua interezza (come si fa nello
specimen). La differenza con lo specimen è che l’evento da osservare è selezionato in partenza, il
che limite il focus dell’osservatore a ciò che si è deciso in anteprima di osservare: è un vantaggio
perché riduce il carico di info da rilevare.
Il contributo di Wrings sostiene l’unicità della ricerca osservativa, rispetto a quella sperimentale per
la sua capacità di rendere conto di ciò che accade nella vita reale e perché fornisce una base
descrittiva ampia e completa del comportamento.

IL PERIODO DI MEZZO: L’OSSERVAZIONE COME TECNICA DI RILEVAZIONE


McCall dice che le domande che si deve porre la psicologia evolutiva sono due: ‘Se il fattore X può
produrre il comportamento Y in determinate circostanze’ oppure se ‘il fattore x produce il
comportamento y nelle circostanze naturali tipiche ’. Per la prima domanda si può rispondere con il
metodo sperimentale, alla seconda bisogna incrementare la ricerca sul campo e connettersi con la
vita reale. L’alternativa alla ricerca sperimentale diventa non la ricerca osservativa ma la ricerca
naturalistica in cui si descrive ciò che avviene, lasciando i soggetti liberi di comportarsi come
solitamente fanno [mentre nella ricerca sperimentale si controlla il comportamento dei soggetti
attraverso la manipolazione delle variabili influenti]. La ricerca osservativa non è sinonimo di
ricerca naturalistica. La sua caratteristica è usare le abilità percettive e i giudizi umani per
identificare le risposte che si verificano nel procedere del flusso comportamentale e queste
capacità si possono applicare sia in laboratorio che sul campo.

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Anche Sackett predilige una psicologia interessata a ciò che i bambini fanno nella vita reale
piuttosto a ciò che fanno in laboratorio, riconosce come McCall che l’osservazione è una tecnica
molto adatta a questo scopo. Thomas, Becker e Freese sottolineano come l’esperimento si possa
fare sia nell’ambito naturale che in laboratorio, per cui dopo la caduta della contrapposizione tra
ricerca sperimentale e ricerca osservativa, cada anche quella tra ricerca sperimentale e
naturalistica: LA DISTINZIONE è TRA GLI OBIETTIVI DI UNA RICERCA E LE SUE PROCEDURE. La
ricerca sperimentale intende spiegare un fenomeno, trovare le cause del suo verificarsi e per
questo sceglie di fare ipotesi, manipolare le variabili e creare l’esperimento. Tutto ciò favorisce la
pratica del laboratorio. Ma il contesto di uno studio può essere più naturale di quello di un
laboratorio, senza rinunciare al controllo dell’ambiente, la selezione del campo o la manipolazione
delle variabili. Non esistono due metodologie, ma un continuo di metodologie. La svolta nella
riflessione metodologica è che considera l’osservazione come una tecnica per rilevare i dati e non
una strategia di ricerca.

IL PERIODO FINALE: L’OSSERVAZIONE COME STRUENTO DI MISURA


Molti autori preferiscono le ricerche condotte in ambiente naturale, il cui scopo è rispondere alla
domanda se X causa Y e non se X manipolata può causare Y, come nelle ricerche sperimentali. Della
relazione causa-effetto bisognerebbe trovare la correlazione tra variabili capaci di influenzare la
produzione di un fenomeno psicologico. Il filo rosso è confrontare l’osservazione rispetto alla sua
capacità di misurare il comportamento. Secondo Messick , che distingue gli strumenti di rilevazione
tra questionari, test e osservazioni, il PROBLEMA comune a tutti consiste nel grado di distorsione
che lo strumento produce nel rilevare i dati. Nel caso dell'osservazione il grado di distorsione è alto
perché l'informazione è filtrata da un trasduttore umano, che se opera in un contesto naturale
rileva il comportamento spontaneo e quindi fornisce dati diversi rispetto a quelli forniti da un
comportamento indotto attraverso una manipolazione. L'osservazione è una tecnica che si può
usare in ogni circostanza, ciò che conta è lo scopo dell’osservazione, che essendo una tecnica per
rilevare il comportamento, affinché sia misurabile, deve fornire rilevazioni affidabili e per farlo deve
garantire che il comportamento in questione possa essere osservato tutte le volte in cui si verifica e
rilevato nello stesso modo, chiunque sia la persona che osserva. Lo strumento osservativo che si
attiene a queste rilevazioni non è il diario o specimen ma è una lista di codici che definiscono in
anticipo gli aspetti del comportamento da rilevare. Questo strumento chiamato schema di codifica
obbliga l’osservatore a selezionare ciò che osserva, è di utilizzo veloce e non cambia rispetto alle
diverse occasioni in cui quel comportamento viene osservato e rispetto a coloro che osservano.
Può essere usato sia in laboratorio quindi in condizioni controllate, oppure sul campo, in condizioni
libere. Se si sceglie la prima alternativa si hanno rilevazioni più pulite ma più artificiali mentre si
sceglie la seconda si rispetta di più il modo in cui il comportamento si svolge nella vita reale ma la
sua rilevazione è più difficile da trattare in modo matematico. Si tratta di scegliere quale alternativa
offre maggiori vantaggi e minori svantaggi in base all'obiettivo della propria ricerca.
L’OSSERVAZIONE non è una strategia di ricerca bensì UNA TECNICA PER LA RICERCA. L’osservazione
non si contrappone al metodo sperimentale, ma si associa ad esso per trovare dati utili alla
conoscenza scientifica [l'errore più comune è quello di associare il contesto del laboratorio con un
disegno sperimentale e il contesto naturale con una strategia non sperimentale]. Pierce pone
l’accento su 4 modi di conoscere:
1. Modo della tenacia per cui si crede che una cosa è vera perché si sa che è vera e quindi la si
mantiene tale, anche in presenza di prove contrarie
2. Modo dell’autorità per cui un’idea è accettata perché qualche entità l’ha dichiarata vera
3. Modo della filosofia per cui la coerenza tra le affermazioni relative a un'idea e non l'accordo tra
l'affermazione e i fatti decide se l'idea è vera
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4. modo della scienza per cui i dubbi umani vengono soddisfatti da qualcosa che non è umano e su
cui il nostro pensiero non ha effetti (qualcosa che sta nella realtà esterna). A questo quarto modo
appartengono sia l'esperimento sia l'osservazione quando trattano la realtà come luogo del
controllo delle nostre idee.

L’OSSERVAZIONE COME TECNICA DI RILEVAZIONE


L’osservazione come tecnica di rilevazione dati basata sul giudizio di un osservatore umano può
essere utilizzata in qualunque disegno di ricerca purché sia utile all'obiettivo della ricerca stessa.
Una volta scelta l’osservazione è relativo come l’osservatore si pone rispetto ai soggetti osservati e
quali tipo di strumenti utilizza. L’osservazione può essere utilizzata per scopi sperimentali oppure
descrittivi come ci confermano due ricerche:
- la Ricerca di Bloom, Russel e Wassenberg voleva verificare l'ipotesi che le risposte verbali
prodotte dall'adulto in modo contingente alle vocalizzazioni infantili incentivano le
produzioni infantili di tipo sillabico, considerate più avanzate di quelle vocali e più simili ai
suoni del linguaggio. Per questa ricerca 40 bambini di 4 mesi vennero casualmente divisi in
due gruppi di 20 bambini ciascuno. Un gruppo ricevette una stimolazione verbale come
“Ciao” seguita dal nome del bambino quando egli pronunciava una vocalizzazione mentre
l'altro gruppo ricevette la stessa stimolazione verbale indipendentemente dalla
localizzazione del bambino. Due osservatori classificarono tutte le vocalizzazioni secondo
uno schema di codifica che prevedeva due categorie: suoni di tipo vocalico e suoni di tipo
sillabico. È risultato che il gruppo con risposte contingenti produceva una produzione
maggiore di vocalizzazione sillabiche rispetto al gruppo senza risposte contingenti.
- la Ricerca di HuiChin e Fogel voleva verificare l'ipotesi che la quantità e la qualità delle
vocalizzazioni non di pianto dei bambini nei primi 6 mesi di vita fossero associate al tipo di
interazioni che si stabilivano tra il bambino e la madre. Si chiese a 13 madri di interagire per
5 minuti con il proprio bambino, come facevano di solito, all'interno di un laboratorio con
videoregistrazione. Due osservatori visionarono i filmati codificando l'interazione secondo
per secondo in base al tipo di regolazione interpersonale prevista dallo schema di codifica e
codificando la vocalità del bambino in suoni vocalici e suoni sillabici. È risultato che le
vocalizzazione sillabiche si verificano preferibilmente durante gli episodi di interazione
simmetrica caratterizzati dallo scambio paritetico (di parità) tra i due membri della diade.
In entrambe le ricerche si parte dall'idea che le vocalizzazioni infantili dipendono non solo dal
bambino ma anche dell'adulto che se ne prende cura. Nel primo caso si tende ad influenzare la
vocalità del bambino tramite la somministrazione di risposte verbali contingenti alla sua
produzione e nel secondo si lascia il bambino libero di vocalizzare in modo spontaneo aspettandosi
di trovare una correlazione tra l'interazione con la madre e la qualità delle vocalizzazioni.
Come si può notare da questi due esempi le variazioni dei disegni di ricerca che utilizzano
l’osservazione sono molteplici e ci sono 2 parametri che si devono tenere in considerazione: Il
luogo dove si svolge l‘azione e La manipolazione delle condizioni di osservazione.
Come nella prima ricerca (caso A) l’osservatore entra nell’ambiente usuale di vita dei soggetti, il
campo per osservare il loro comportamento come normalmente si verifica. In questo caso il campo
è una classe di scuola e l’osservatore è interessato a rilevare i tipi di attività svolte. In questa
osservazione il ricercatore aveva a disposizione una scheda in cui trascrivere in modo letterale cosa
faceva il bambino minuto per minuto, per 10 min, tenendo in considerazione il clima sociale e gli
scambi linguistici tra bambino e insegante. Scopo: tenere la situazione sotto controllo
presentandola identica per tutti i bambini. Nella seconda ricerca (caso B) l’osservatore rileva il
comportamento vocalico spontaneo dei bambini, come nella prima ricerca, ma sceglie di rilevarlo
in una situazione osservativa artificiale laboratorio e tramite una videoregistrazione. Scopo:
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conservare il materiale osservativo in modo da poterlo visionare e ricavarne una lettura più
corretta.
Nel caso C, Marcos ha osservato bambini di 18mesi in un asilo nido per rilevare la relazione tra
intento comunicativo e vocalizzazioni infantili. Ha messo a disposizione per i bambini solo 3 tipi di
oggetti che avrebbero favorito tre tipi di relazioni diverse: 1. Oggetti attraenti non direttamente
raggiungibili dai bambini che creavano quindi una situazione di richiesta 2. Oggetti da condividere
con l’adulto che creavano una situazione di scambio comunicativo 3. Oggetti di tipo genericamente
ludico che creano situazione di gioco. L'osservazione è stata effettuata nell'ambiente di vita
quotidiano dei bambini. Nel caso D si ha il massimo grado di controllo sul comportamento dei
soggetti in quanto si osserva una situazione strutturata in laboratorio. In questo caso il
comportamento del bambino viene osservato con la procedura ‘Strange Situation’ che valuta
l’equilibrio tra la ricerca di vicinanza del bambino alla
madre e la sua capacità di esplorare l’ambiente in modo
autonomo. La procedura prevede di inserire il bambino in
una stanza di laboratorio e coinvolgerlo in 8 episodi di 3
min. ciascuno che presenta una serie di separazioni e di
riunioni con la madre. Il comportamento viene osservato
dietro un vetro unidirezionale e videoregistrato per essere
analizzato successivamente. Si va a valutare nel bambino
l'ansia da separazione, la capacità di esplorazione, la paura
dell'estraneo, l'accettazione del ricongiungimento con la
madre e lo stile di attaccamento.

LA FONTE DEI DATI


La tecnica osservativa si distingue da altre tecniche di rilevazione dei dati, si differenzia rispetto alla
fonte dei dati. I dati che raccolgo possono provenire dai soggetti stessi, da uno strumento
standardizzato oppure dall'osservazione. Es Posso chiedere alle madri come si sentono
nell’interazione con il loro bambino, come leggono i loro segnali; posso valutare le madri mentre
interagiscono con il bambino attribuendo loro un punteggio su una scala che misura la sensibilità
materna; posso osservare il loro comportamento e rilevare come parlano\agiscono sulla base di
categorie pre stabilite. Dunque esistono tre modi fondamentali per ottenere dati utili allo studio
del comportamento: 1. rivolgere domande ai soggetti 2. sottoporli a un giudizio 3. osservarli.

I RESOCONTI DEI SOGGETTI (SELF-REPORTS)


I soggetti stessi costituiscono la fonte dei dati, quando lo strumento che li rileva è il questionario o
l’intervista. Questi strumenti di autoOsservazione (self-reports) hanno lo scopo di catturare il
personale punto di vista dei soggetti, il loro modo di attribuire significato a eventi o come valutano
un problema. L’intervista richiede una forma aperta di presentazione, quasi un colloquio, che
consente al soggetto si esprimersi con complessità, profondità e libertà, in modo da consentire al
terapeuta una valutazione o una diagnosi. Qui il soggetto si trova al cento della relazione
intervistatore\intervistato. Stiamo parlando di un ascolto totale, in cui tutto ciò che proviene dal
soggetto è importante, dalle parole ai gesti, ai silenzi. L'intervista è una tecnica che rileva dati
“guidati da soggetto”. Nella psicologia dello sviluppo, l’intervista può essere utilizzata per ricavare
dati dal soggetto quando ha raggiunto un’età sufficiente per reggere il ruolo dell’intervistato:
questo è possibile a partire dall’età di 4 anni (in quanto si avvicina all’età scolare). La forma
dell’intervista può variare a seconda della:
• strutturazione: domande con stimoli strutturati (c’è un bambino piccolo che sta giocando e sua
mamma gli chiede di smettere perché è ora di andare a letto.) a cui seguono domande aperte (che
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cosa dice il bambino) oppure chiuse, prestabilite (il bambino dice che va bene o si arrabbia?);
domande con stimoli poco strutturati (c’è un bambino che sta giocando e arriva sua mamma)
seguite da domande aperte (raccontami una storia su cosa dice la mamma e cosa risponde il
bambino) o chiuse (il bambino chiede alla mamma di giocare o gioca come se lei non ci fosse?)
• esplicitezza: domande dirette per avere info oggettive; indirette per gli aspetti più privati e
difficili; domande proiettive indirizzate ancora più in profondità attraverso per es un libro di figure.
• direttività: l’intervistatore può esercitare un diverso grado di controllo sui movimenti
dell'intervista, fissando una scaletta con domande o rendere la conversazione più fluida.
Come ogni strumento anche questo presenta distorsioni che riguardano l’attendibilità dei dati, che
dipendono dall’intervistatore (può assumere atteggiamenti di un adulto che valuta),
dall’intervistato (l’età dei soggetti può influenzare la risposta -> possono inventare cose) o dallo
strumento stesso (es quando le domande sono formulate in un linguaggio poco chiaro o con
termini adulto-centrici). Dunque bisogna stare attenti a queste distorsioni e infatti si dice che
l’intervista, più che una tecnica, sia “un’arte”.

I TEST PSICOMETRICI
La fonte dei dati in questo caso è rappresentata da uno strumento: viene somministrato a individui
o gruppi in condizioni predefinite che consente di assegnare all’individuo un punteggio da cui
trarre inferenze di ciò che lo strumento è supposto a misurare. I test psicometrici offrono dati
obiettivi, guidati da uno strumento. Questi test sono nati per uno scopo diagnostico. Nel caso
dell’infanzia il primo test (scala Binet-Simon) misurava l’intelligenza attribuendo punteggi alle
risposte (giuste o sbagliate), e in questo modo forniva l’età mentale di ciascun bambino da
confrontare con l’età cronologica. Grazie a questi test, si pose l’accento sull’obiettività del dato
rilevato, bisognava fidarsi che il dato rilevato corrispondesse al livello di caratteristica psicologica
sottostante. Ciò è reso possibile perché il test è uno strumento affidabile e valido in quanto rileva
la quantità precisa della caratteristica prese in esame dal test. Una misura può essere ritenuta
esatta quando ripetendo più volte la misurazione di una data grandezza il valore numerico si
mantiene stabile. L’obiettivo è avere per ogni individuo una serie di punteggi che misurano la
stessa caratteristica in modo da confrontarli fra di loro. Un metodo per farlo è quello di ripetere lo
stesso test per due volte nelle medesime condizioni (test-reset) oppure somministrare test diversi
che misurino la stessa caratteristica (test paralleli). Maggiore è la correlazione delle misure fra loro
e più è grande è l’affidabilità della misurazione. Oltre all’indice di stabilità, il test può cercare altre
misure di affidabilità come l’indice di equivalenza esterna (basato sulla correlazione tra forme
alternate di test simili -> test paralleli) oppure confrontando l’indice di consistenza interna
(confrontando sub parti dello stesso test).
I dati che lo strumento fornisce non devono essere soltanto affidabili ma anche validi. La questione
della validità ha a che fare con il significato delle variabili misurate e non con la precisione della
loro misurazione. Il suo problema nasce dal fatto che le variabili misurate da un test mentale sono
concetti (intelligenza, abilità, attitudine) che non hanno un corrispettivo diretto nella realtà ma
vengono individuati sulla base di deduzioni del ricercatore.
Si dice che un test ha validità di contenuto se contiene item pertinenti, rilevanti e rappresentativi
di quell'universo. La validità predittiva è la capacità del test di predire un risultato successivo da
uno stato attuale (es si voi possono correlare i punteggi ottenuti a un test di soluzione di problemi
con quelli ottenuti a un test d'intelligenza se si crede che il primo test abbia una validità
concorrente con il secondo). Questi due tipi di validità insieme corrispondono alla validità di
criterio cioè consentono di utilizzare un test quando ci interessa conoscere un risultato futuro, non
misurabile al momento. Se si vuole essere sicuri che il test misuri proprio quelle componenti che si
ritiene costituiscono la capacità misurate occorre chiedere la validità di costrutto. In questo caso
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l'esaminatore cercherà un test basato su una teoria cioè costituito da item che riflettono i concetti
della teoria di riferimento.

L’OSSERVAZIONE
Il terzo modo di rilevare i dati è l’osservazione: rileva i dati basandosi sul giudizio di un osservatore
umano, la fonte è l’osservatore. Da questa fonte derivano i dati che il ricercatore andrà ad
analizzare, le inferenze che gli farà, le sue interpretazioni spiegazioni dipenderanno anche dalle
abilità umane di percepire, vedere, sentire e pensare, dunque dipenderanno dalla capacità
dell'osservatore di tradurre la realtà osservata in un dato.

LA POSIZIONE DELL’OSSERVATORE
L’osservatore è il filtro della rilevazione, rileva in modo visibile i dati per i soggetti osservati. La
presenza dell’osservatore viene vista come un difetto della tecnica osservativa al quale si può
rimediare con qualche accorgimento pratico. La relazione osservatore-osservato: riguarda la
posizione dell’osservatore, il ruolo nell’incontro con i soggetti, il suo modo di stare dentro la
relazione. L’osservazione può essere: partecipante, distaccata e critica.

L’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE -> implica il coinvolgimento intenzionale dell’osservatore nella


situazione osservativa, egli sceglie di essere un elemento interno al campo. Il grado di
coinvolgimento può variare: l’osservatore può limitarsi a regolare il proprio comportamento o
interagire con i soggetti o calarsi del tutto nel loro mondo. I principali ambiti di utilizzo di questo
approccio sono l’etnografia e la psicoanalisi.
L’OSSERVAZIONE ETNOGRAFICA ritiene che la possibilità di capire qualcosa della cultura dei
soggetti osservati è affidata alla capacità di accedere ai significati di quella cultura. I modi in cui le
persone si relazionano, negoziando ruoli, scambiando intenzioni, mostrando atteggiamenti e
praticando valori sono difficilmente accessibili agli estranei, per cui i significati espressi possono
essere rilevati soltanto dall’interno, solo se si entra nelle situazioni che li producono:
• I dati sono sempre il risultato dell’interazione tra ricercatore e fenomeno, per cui non è possibile
eliminare l’attività interpretativa di chi osserva.
• I dati psicologici si riferiscono a una realtà complessa e quindi impossibile da interpretare in
modo univoco. L’osservazione etnografica del bambino si riferisce all’osservazione del bambino
all’interno delle pratiche culturali del suo ambiente, lasciando che il soggetto si comporti
liberamente come fa di solito. L’osservazione partecipante è basata sul principio di guardare la
realtà con occhi degli altri. Una ricerca molto interessante in questo ambito è quella di William
Corsaro che studia la cultura dei pari con lo scopo di capire che cosa le interazioni quotidiane e di
gioco significano per i bambini stessi. L’obiettivo richiede di evitare interpretazioni dalla prospettiva
degli adulti e cercare nel mondo del bambino per cui Corsaro sceglie di essere un osservatore
partecipe.
1.Prima fase detta etnografica: serve per guadagnarsi “l’acceso al campo” e raccogliere info
sull’ambiente, parlando con le persone significative del posto (dal direttore della scuola alla
segreteria, alle educatrici)
2. Seconda fase detta osservazione nascosta: effettuata dietro gli specchi unidirezionali a
disposizione di alcuni ambienti della scuola. Serve per rendersi conto di come si svolge la vita dei
bambini in quell’ambiente, della routine, degli scambi sociali, delle attività. Le note prese
quotidianamente servono a identificare un’unità di campionamento, un fatto che si presenta in
modo ripetuto costituisce la finestra dell’osservazione. L’osservatore in questa fase si rende più
visibile ai soggetti circolando nei pressi della scuola e collaborando con le educatrici.

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3. Terza fase l’osservazione partecipante vera e propria: comincia dopo 2 mesi di ingresso nella
scuola, quando l’osservatore riesce a farsi accettare come se fosse un loro compagno di giochi,
viene inserito nel loro mondo e nelle loro attività. Corsaro riesce nella sua impresa adottando una
strategia denominata ‘REATTIVA’ (contrario di quella attiva) -> l’osservatore non inizia lui stesso i
contatti, ma aspetta che i bambini con i loro tempi e modi reagiscono alla sua presenza.
4. L’ultima fase videoregistrazione: serve per segnalare gli episodi più significativi all’interno
dell’unità osservata, che vengono videoregistrati e rivisti insieme alle educatrici.
Due aspetti importanti per comprendere la metodica in questione sono:
1. La stesura delle note dell’osservatore in diversi livelli di analisi (Corsaro): note di campo:
registrazione dettagliata, letterale e meno interpretativa possibile. Note personali:
registrano i sentimenti e le reazioni dell’osservatore alle caratteristiche specifiche degli
eventi osservati, incluse le sue riposte ai sentimenti e comportamenti dei bambini. Note
metodologiche: precisano gli aspetti dell’osservazione da modificare. Note teoretiche:
colgono i comportamenti dei bambini interessanti per l’interpretazione. L’articolazione
strutturata in questi livelli permette di mantenere i dati distinti dai commenti e di valutarli
nella correttezza metodologica più sincera.
2. L’utilizzo delle registrazioni quotidiane per la riflessione del progetto ricerca. Ogni
osservazione non è un elemento statico e definitivo, ma è un insieme di un processo di
costruzione, di confronto continuo dove l'osservatore può cambiare focus e il fenomeno
può rilevarsi diverso da come si supponeva all'inizio.

L’INFANT OBSERVATION è la tecnica di Esther Bick, che prevede l’osservazione diretta e partecipe
del bambino durante i primi due anni di vita nella sua relazione con la madre e con altri membri
della famiglia all’interno della propria casa. Bick iniziò a collaborare con Melanie Klein, i suoi studi
rivolsero particolare attenzione alla relazione madre-bambino, al funzionamento mentale del
neonato e alla comunicazione preverbale. Questa tecnica offre l’opportunità di osservare in modo
sistematico lo sviluppo del bambino nel suo ambiente naturale e nel rapporto coi membri della
famiglia (prime relazioni). L'osservazione aiuta l'analista a vedere il bambino piccolo che è in ogni
paziente, a interpretare i dati raccolti nell'analisi per sostenere il paziente nelle difficoltà. Secondo
la scuola di M.K il bambino piccolo sperimenta il proprio oggetto, la madre, come fisicamente
presente e assente quando si comporta in modo contrario ai suoi desideri. La madre sperimenta il
bambino come un oggetto che è una parte non differenziata di sé e una parte estranea (perché
prima era dentro di se e poi fuori). Tutte e tre le componenti dell’infant observation -> bambino,
madre, osservatore condividono la stessa vicenda, quella della vita psichica (nel caso della mamma
e del bambino è uguale, nel caso dell’osservatore è una replica). Da ciò la natura necessariamente
partecipativa dell'osservatore che rileva il vissuto emozionale della diade madre-bambino e rivive
contemporaneamente il proprio vissuto mobilitando processi di identificazione e proiezione.
Occorre equilibrare il coinvolgimento emotivo con la giusta distanza (ci deve essere il giusto
distacco), l’osservatore deve essere neutrale e partecipe al tempo stesso. La procedura dell’Infant
Observation è rigida: l’osservatore deve fissare incontri con la famiglia (anche prima della nascita),
dove spiegheranno il motivo della collaborazione richiesta, che è quello di acquisire esperienza
diretta con il bambino per la propria formazione professionale di terapeuta. Decide con i genitori
l’ora più adatta per l’osservazione, dopo la nascita si reca a casa del bambino per osservarlo ogni
settimana dai primi giorni di vita fino a 2 anni (sarà li solo per osservare e non per dare consigli).
Durante l’osservazione non prende appunti, perché ciò gli impedirebbe di essere recettivo nei
confronti delle richieste emotive della madre. La scrittura di ciò che ha percepito, visto, sentito e
pensato viene effettuata dopo aver concluso l’osservazione. Essenziale sono: sguardi, azioni,
linguaggio, espressioni mimiche vocali ed emotive; tutti comportamenti che formano la semiologia
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della relazione madre-bambino e vanno registrati anche per definire la relazione che si sta
sviluppando nella diade.

L’OSSERVAZIONE DISTACCATA
Se l’osservazione partecipante è tipica della ricerca etnografica quella distaccata è tipica della
ricerca etologica (branca della zoologia interessata al comportamento animale, nata dalla spinta
della teoria darwiniana). La ricerca etologica è interessata all’identificazione comportamentale
delle diverse specie, frutto della loro storia evoluzionistica, il cosiddetto etogramma, che
permetterà all’etologo di risponde alle domande: 1. cosa ha spinto l’animale a fare quella cosa
adesso, 2. che tipo di storia ha avuto quell’animale per fare quella certa cosa, 3. che beneficio ha
tratto e trae dal farla, 4. perché quell’animale risolve il problema della sopravvivenza in quel modo.
Le risposte definiranno la specificità comportamentale dell'animale e la sua differenza con animali
affini e aiuteranno il ricercatore a ricostruire le forme di parentela tra le specie. Per identificare
l’etogramma umano bisogna osservare il soggetto nelle sue condizioni naturali di vita nel modo più
completo e obiettivo possibile. L’osservazione inizia il suo lavoro guardando la situazione nel suo
insieme [percezione gestaltica], senza avere alcuna ipotesi su ciò che potrebbe trovare, poi
identificato il comportamento da osservare, l‘osservazione diventerà microspica: rintracciando tutti
i caratteri descrivendoli in modo letterale. In questo passaggio troviamo la ragione
dell’osservazione etologica: l’obiettivo è ricostruire la peculiarità comportamentale di ogni specie e
l’affinità con le altre(servono a trovare le relazioni di parentela tra le specie), occorre trovare le
minuzie (i particolari) di un comportamento che risultasse simile tra due specie (per identificare la
loro divaricazione). Seguendo questo obiettivo l’etologia ha permesso di cogliere comportamenti
infantili che hanno somiglianze o differenze con quelli dei cuccioli non umani (per es studi
sull’attaccamento hanno rilevato analoghi comportamenti osservati nella specie umana anche
nelle scimmie). L’esigenza di trovare l’inventario dei comportamenti della specie, anche di quella
umana, decide le caratteristiche dell’osservazione che deve essere:
• DISTACCATA: l’osservatore deve mettersi a distanza dei soggetti osservati, indifferente, silenzioso,
discreto, staccare il proprio pensiero dalle proprie emozioni.
• SPREGIUDICATA: libera da idee preconcette. Il compito dell’etologo è costruire la storia naturale
del comportamento e deve essere aperta a cogliere la variabilità comportamentale nell’infinità di
modi in cui si presenta. L’etologo sceglie le unità comportamentali da osservare, ma la selezione
non è fatta in base a ipotesi prefissate.
• COMPLETA: il resoconto esaustivo è lo strumento essenziale per osservare, garantisce l’obiettività
dei dati perché consente a chiunque di verificare ciò che è stato registrato e ciò che è stato
omesso.
• LETTERALE E DETTAGLIATA: in modo da facilitare l’identificazione del comportamento. Evitare
termini generali e riassuntivi perché rischiano di avere un significato non univoco con il risultato
che ricercatori diversi attribuiscono differenti significati e inoltre impediscono di rilevare la
specificità del comportamento risultando inutili per consentire l’etogramma tipico della specie.

L’OSSERVAZIONE CRITICA
È la forma di osservazione che utilizza Piaget per lo studio dello sviluppo cognitivo dei primi 3 anni
di vita basato sull'osservazione dettagliata e quotidiana dei comportamenti dei suoi tre figli.
L’osservazione piagetiana ricorda le autobiografie e i diari redatti dai genitori ma ricorda anche
l'osservazione etologica per il grado di dettaglio con cui vengono osservate le differenze
comportamentali da un'occasione all'altra. Piaget non è interessato al comportamento, ma a ciò
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che sta dietro. La sua osservazione è guidata da ipotesi sullo sviluppo dell’intelligenza e della
cognizione dei bambini. La posizione di Piaget è come quella di uno sperimentatore: osserva e
interviene direttamente proponendo situazioni che servano a produrre un comportamento utile
per verificare l'esistenza di quella entità interna. L’osservazione piagetiana è effettuata in casa e da
un osservatore che manipola un aspetto della situazione per provocare un comportamento
criteriale nel soggetto osservato: osservazione in ambiente naturale in situazione controllata-
>definita quasi sperimentale. Piaget osserva il comportamento del bambino e ascoltava le sue
parole formulando l’ipotesi. Sulla base di essa costruiva prove da sottoporre al bambino. Il metodo
è chiamato critico perché Piaget non si limita solo ad osservare il comportamento, ma interpretava
in base a una ipotesi e interveniva successivamente nell’attività del bambino offrendogli una
situazione ad hoc per indurre il comportamento che sarebbe servito a testare l’ipotesi. L'approccio
metodologico è individuare un punto naturale, un comportamento spontaneo da cui partire e
forzarlo nella direzione attesa. La teoria svolge un ruolo prioritario nell'osservazione piagetiana
rispetto al dato osservato, infatti l’interesse di Piaget non è il comportamento in sé, ma la sua
capacità di riflettere la struttura mentale sottostante, così da utilizzare la propria teoria per
spiegarlo. Il metodo critico è utilizzato con bambini di età scolare nella somministrazione delle
“prove piagetiane”.

ASPETTI ETICI NELL’USO DELL’OSSERVAZIONE


Prima di iniziare a raccogliere i dati è essenziale riflettere su potenziali problemi e dilemmi di
ordine etico. È necessario che la propria attività sia guidata da alcuni principi etici fondamentali (di
cui non bisogna abusare): Quando osserviamo dei bambini, per svolgere la nostra osservazione,
dobbiamo avere il consenso informato, se possibile dai bambini stessi o altrimenti dagli adulti di
riferimento. È importante assicurarsi di aver considerato tutte le persone coinvolte nello studio (es
fratelli/sorelle) per essere sicuri di aver identificato tutti i possibili rischi. In questa fase è utile
collaborare con osservatori più esperti per avere un punto di vista più obiettivo. Per coinvolgere
con successo i bambini e poterli osservare in luoghi a loro più familiari è importante stabilire n
buon rapporto coi genitori, è fondamentale guadagnarsi la loro fiducia. La responsabilità etica
continua per tutta la durata dell’osservazione e oltre infatti le informazioni confidenziali devono
rimanere tali, e se si promette di distruggere i dati dopo averli analizzati si deve fare.

CONSENSO INFORMATICO E RISERVATEZZA


Ottenere il consenso informatico dei soggetti che osserviamo è un principio etico da rispettare,
quindi occorre chiedere ai soggetti la loro autorizzazione a partecipare al progetto osservativo, a
consentire il trattamento dei dati che li riguardano ai sensi del D. lgs 196/03, precisando che tali
dati verranno utilizzati solo a scopo didattico o di ricerca. Il soggetto deve sapere: 1. Che può
scegliere di partecipare o meno all’indagine 2. Che ha il diritto di ritirarsi dall’indagine in qualsiasi
momento 3. Qual è il suo ruolo nell’indagine. Dunque occorre fornire ai soggetti le informazioni
necessarie per illustrare gli scopi e le modalità di realizzazione dell'indagine. Nel caso di
un’osservazione dissimulata, cioè osservare senza informare il soggetto perché altrimenti
quest'ultimo potrebbe modificare il suo comportamento, è possibile chiedere il consenso a
qualcun altro (genitore, insegnante). Un altro principio che occorre rigidamente seguire è quello di
garantire ai soggetti osservati l’anonimato, possibilità di non essere riconosciuti. [Regole del codice
etico della ricerca e dell'insegnamento in psicologia approvato dall'associazione italiana di
psicologia (AIP)]

CAP 2 – L’OSSERVAZIONE NELLA PRATICA


LA QUALITA’ DELL’OSSERVAZIONE
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L'osservazione a scopo conoscitivo di ferisce dall'osservazione quotidiano perché non coincide con
guardare o vedere. Nell’osservare, infatti, ci si prefigge sempre uno scopo; si osserva per conoscere
un fenomeno attraverso una programmazione, una registrazione puntuale e una modalità di
verifica dei dati raccolti. Questa osservazione detta sistematica deve essere selettiva, pianificata,
documentabile, controllabile. Vengono chiamati in causa tre aspetti quali l'abilità di osservare, la
validità e l'affidabilità dell'osservatore.

L’ABILITA’ DI OSSERVARE
L’osservatore rappresenta la fonte dei dati e dispone di mezzi quali abilità percettive e cognitive
tipiche dell’essere umano. Tra tutte le fonti si dice che l’osservatore è quella più povera. Questa
povertà rende l'osservatore prezioso quando si tratta del comportamento umano. La realtà
psicosociale richiede di essere decifrata, interpretata più che essere semplicemente rilevata e per
questo serve uno strumento capace di vedere, sentire, riflettere e valutare in modo flessibile al
contrario di uno strumento asettico, preciso e rigoroso. La realtà non è ovvia; ciò che rileviamo non
è una fotografia di com’è il mondo esterno, bensì una mediazione tra la realtà stessa e chi la
osserva (possediamo molteplici filtri che entrano in gioco ogni qualvolta percepiamo). La capacità
interpretativa dell’osservazione è un’arma a doppio taglio: da un lato è utile quando si parla di
comportamento umano, ma dall’altro rende le fonti delicate per il fatto di essere soggetta alla
fallibilità umana. Secondo Yarrow e Waxler il buon osservatore è colui che ha il buonsenso o la
sensibilità per giudicare la bontà dell'adattamento tra i dati che deve rilevare agli scopi a cui questi
dati devono servire. Bisogna possedere buone capacità di discriminazione e un'altra soglia alla
stimolazione sensoriale, alla sfera comunicativa (capacità pragmatiche e semantiche), alla sfera
della personalità. L’abilità di osservare migliora con l’avanzare dell’età e con l’aumentare del livello
intellettuale, le donne risultano migliori osservatrici rispetto agli uomini soprattutto quando si
tratta di rilevare la comunicazione non verbale (ma non vale sempre).
[buoni osservatori non si nasce ma si diventa]
Fondamentale si rivela essere la fase di addestramento, ossia quel periodo che serve a prendere
confidenza con la forma di osservazione che dovrà essere applicata. Si predispongono sedute di
prova in cui si rilevano i seguenti indici:
-accuratezza: capacità di rilevare adeguatamente il fenomeno osservato
-stabilità: se chi osserva rileva i medesimi dati in medesime situazioni in tempi successivi. La fase di
addestramento può essere utile anche per correggere eventuali carenze dello strumento di
osservazione. Se esso consiste in una lista di categorie come nel caso dello schema di codifica
alcune potrebbero essere vaghe o ambigue oppure troppo ampie o troppo ristrette rispetto ai
comportamenti da osservare. In questo caso è possibile commettere due tipi di errori: Errore di
“commissione”= attribuire medesime categorie a comportamenti diversi o categorie diverse ad
uno stesso comportamento e Errore di “omissione”= un osservatore applica una determinata
categoria a certi comportamenti e l’altro osservatore no perché non la riconosce in alcun
comportamento.

VALIDITA’ E AFFIDABILITA’ DELL’OSSERVAZIONE


I dati che raccogliamo non sono già pronti, ma sono il frutto di rilevazione e dunque derivano
sempre da una fonte. Pertanto avere dati obiettivi non significa avere dati veri ma dati di cui
potersi fidare.
In passato non ci si è fidati dei dati provenienti dalle osservazioni (non forniva dati rigorosi) e si è
preferito per lungo tempo la sperimentazione. Con l’affinarsi delle tecniche osservative e degli
strumenti da poter adottare l’osservazione si è fatta strada tra le metodologie di ricerca. In
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particolare si parla di validità cioè la capacità di uno strumento di rilevare ciò che si propone di
rilevare e affidabilità che è la capacità di farlo in modo preciso. In psicometria l'obiettività viene
valutata in base a indici che corrispondono a valori numerici calcolati sulla base delle misure
ottenute dalla somministrazione di un test, mentre in ambito osservativo bisogna ricorrere a forme
di valutazione meno formalizzate.

VALIDITA’
-validità di superficie: tipica della ricerca qualitativa, scaturisce dalla verosimiglianza della
rilevazione. Fissa scaturisce dalla sua capacità di cogliere in modo vivido le caratteristiche di un
fenomeno in modo da conferire ai dati quel senso di “autenticità”. L’obbiettivo di Questo tipo di
validità è avere una rilevazione valutabile. (es Note di campo dell'osservazione entografica)
-validità di contenuto: valuta la capacità di rilevare tutti gli aspetti interessanti di un fenomeno In
modo da esaurire la variabilità con cui esso si presenta nelle diverse circostanze. (es scale di
valutazione, schema di codifica -> Contenenti categorie o item)
-validità di costrutto: agisce quando osserviamo qualcosa su cui si posseggono teorie ben definite,
un costrutto. Lo strumento viene messo a punto in modo da rilevare dati che possono essere
interpretati all'interno di quel costrutto. (es Le misure ottenute con l’Attachment Q-sort sono
confrontate con quelle della strange situation in quando misurano lo stesso costrutto).
voi
AFFIDABILITA’
Consiste nella precisione con cui è stata effettuata la rilevazione dei dati. In ambito psicometrico
viene misurata attraverso diversi indici matematici: es l’indice di stabilità viene misurato con il test
retest -> il punteggio della prima somministrazione deve rimanere pressoché simile alla successiva.
In ambito osservativo è possibile stabilire l’indice di stabilità (replicare le condizioni di
osservazione) solamente nei casi in cui essa si svolge in ambienti controllati e, nello specifico in
laboratorio. Standardizzare le condizioni spesso non è possibile in quando l’osservazione si
qualifica per la sua capacità di rilevare dati in contesti naturali (spontanei). Il criterio più
comunemente utilizzato per valutare l’affidabilità è quello di confrontare non tanto due repliche
della rilevazione ma due osservatori che effettuano la stessa rilevazione. Nel caso in cui si usa lo
schema di codifica il criterio dell’accordo fra due osservatori produce un indice percentuale
chiamato percentuale di accordo. La percentuale di accordo P(A) viene calcolata:
P(A) = N(A) [numero di accordi] : N(A)+N(D) [n. disaccordi] x 100
La percentuale di accordo non tiene conto però della parte dovuta al caso. Una statistica utilizzata
per correggere l'accordo rispetto al caso è il K di Cohen, utilizzato quando lo schema di codifica ha
poche categorie o frequenze differenti dato che in queste condizioni il peso della casualità è
maggiore. La sua formula è:
K = P(o) [percentuale di accordo osservata] - P(c) [percentuale di accordo dovuta al caso] : 1-
P(c)
Nonostante ciò è possibile che i due osservatori sbaglino quando rilevano lo stesso evento quindi
bisogna essere sicuri dell'affidabilità del singolo osservatore ma bisogna anche verificare se lo
strumento ha problemi (fase di addestramento). Il calcolo del K di Cohen si effettua a partire della
cosiddetta matrice di confusione, una tabella a doppia entrata dove vengono incrociate le
rilevazioni di entrambi gli osservatori relativamente al medesimo codice. Se dalla matrice risulta
che alcune caselle registrano il massimo di disaccordo tra i due osservatori, è possibile che siano le
categorie corrispondenti a quelle caselle a dover essere controllate e non l'osservatore.

DISTORSIONI E CORRETTIVI

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Ogni rilevazione contiene sempre una parte, talvolta minima, di errore. Nel caso dell’osservazione,
si possono verificare distorsioni a carico soggetti osservati , dell’osservatore e dello strumento
osservativo. Nel primo caso, è noto che le persone modificano il proprio comportamento se sanno
di essere osservate. Si chiama effetto di “reattività”. [i soggetti più piccoli non vengono influenzati
dall’osservatore e hanno un comportamento naturale] In mancanza di attrezzature che
mascherano la presenza dell’osservatore (es specchi unidirezionali), un correttivo è quello di
predisporre una fase di familiarizzazione precedente all’osservazione, in cui l’osservatore entra
nella situazione senza rilevare niente in modo da far abituare il soggetto all'osservatore e fargli
abbassare la reattività durante la rilevazione vera e propria. Nel secondo caso, invece, si parla di
effetto Rosenthal secondo cui l’osservatore si crea delle aspettative rispetto a ciò che andrà ad
osservare creando distorsioni nella capacità di giudizio che portano l’osservatore a individuare
comportamenti o atteggiamenti che in realtà non si verificano. Per proteggerci da questo rischio è
importante affrontare questo passaggio nella fase di addestramento. Per ridurre questa tendenza è
utile uno strumento di rivelazione rigoroso come lo schema di codifica che obbliga l'osservatore a
concentrarsi solo su comportamenti che sono definiti dalle categorie a disposizione limitando la
sua libertà interpretativa. L’osservatore può anche perdersi man mano che la rilevazione procede,
per stanchezza o per troppa fiducia nelle proprie abilità o per altre contingenze, può anche
applicare bene lo strumento nel primo periodo e in modo alterato successivamente. Un correttivo
utile è quello di effettuare controlli di affidabilità a mano a mano che l'osservazione procede
(possibilmente senza annunciarle). Nel terzo caso è importante stendere il resoconto di quanto
osservato il prima possibile, per evitare dimenticanze ed essere il più fedeli possibile al fenomeno
osservato. Nel caso dello schema di codifica la fonte di distorsione sta nelle categorie mal definite
che risultano di difficile applicazione o si sovrappongono ad altre. Questo rischio può essere
controllato in fase di costruzione dello schema operazionalizzando le categorie e adattando lo
schema alle caratteristiche della realtà da osservare. Se parliamo di scale di osservazione il rischio
più comune è l’effetto alone ovvero considerare il soggetto in base ad una nostra impressione
generale, o l’effetto tendenza centrale se riportiamo solo punteggi medi, o ancora l’effetto logico
se valuto in base a collegamenti concettuali. In tutti i casi i correttivi si applicano nella fase di
costruzione dello strumento osservativo.

RILEVARE E VALUTARE TRAMITE L’OSSERVAZIONE


L’osservazione viene impiegata anche nella formazione psicologica, nell'educazione e nell'attività
clinica. In ambito educativo è cruciale per la formazione professionale “imparare ad osservare” ma
anche distinguere la fase dell'osservazione da quella dell'interpretazione. È utile documentare le
osservazioni effettuate in modo da convalidarle con i colleghi nel collettivo in discussione e
concordare con un secondo osservatore il tempo, il luogo e il modo di effettuare la rilevazione.
Come sosteneva Maria Montessori, l’esercizio di osservazione è un’attività fondamentale della
docenza. In ambito clinico si può partire dall’osservazione libera dei comportamenti esibiti da un
bambino problematico e in un secondo tempo scegliere alcuni comportamenti criteriali per una
possibile diagnosi andando a vedere quando spesso e con quanta intensità si verificano. I due scopi
fondamentali dell’osservazione sono: Rilevare e Valutare. Nel primo caso si osserva per cogliere il
comportamento così come si presenta ai nostri occhi cercando di essere fedele il più possibile a ciò
che si osserva, mentre nel secondo si formula un giudizio rispetto ad una scala di riferimento (es
frequenza e intensità).

RESOCONTI NARRATIVI E SCHEMI DI CODIFICA


Sono strumenti che hanno lo scopo di rilevare il comportamento e si differenziano rispetto alla
forma dello strumento e al tipo di informazioni rilevate
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IL RESOCONTO NARRATIVO
Il resoconto narrativo consiste nel registrare un comportamento per come si verifica. L’enfasi è
posta sulla chiarezza e sulla fedeltà della registrazione. Lo scopo è di riprodurre l’effettivo svolgersi
del fenomeno. I termini utilizzati possono descrivere aspetti fattuali del comportamento
registrando soltanto le sue manifestazioni evidenti o aspetti inferiti , stati d'animo e significati
culturali. Dato che lo scopo è quello di fornire una registrazione più possibile aderente al fenomeno
osservato il consiglio è di usare termini non troppo inferenziali e valutativi oppure di differenziare i
commenti della descrizione (Corsaro). La forma standard della registrazione narrativa è un
resoconto del comportamento e del contesto secondo un ordine temporale, in dettaglio e a basso
livello di inferenza e contestualizzazione.
L’origine storica di questa forma di registrazioni si rifà a diari e biografie infantili, risalenti sino a
Darwin che fece delle descrizioni diaristiche di tipo scientifico del comportamento del figlio (Doddy
->fino al 21esimo mese). Il suo diario registra comportamenti infantili in ambito motorio,
sensoriale, emozionale, cognitivo e morale allo scopo di tracciare una storia naturale del neonato
in chiave evoluzionistica. Successivamente questo strumento venne abbandonato perché le
descrizioni si trasformavano in osservazioni estemporanee e al contempo andarono affermandosi
metodi più rigorosi. Il diario ricomparve agli inizi degli anni ’60 e ci fu un maggior apprezzamento
del metodo osservativo; il resoconto non era più di tipo biografico come il diario ma consisteva in
uno “specimen” (prendere un segmento lungo e più completo possibile del continuo
comportamentale del bambino X nell’habitat Y), forma più strutturata che organizza il materiale
osservativo e può quantificarlo. Questo strumento ha soprattutto un valore qualitativo. Si ha una
migliore comprensione del fenomeno, accompagna le rilevazioni quantitative effettuate con lo
schema di codifica perché consente di dare senso ai numeri che si ottengono con quello strumento
(un conto è rilevare quante volte un bambino ha diretto lo sguardo verso la madre attraverso lo
schema di codifica e un conto è descrivere la qualità di quello sguardo, attraverso il resoconto).
I resoconti sono considerati indispensabili nella fase preliminare di studio (quando il fenomeno da
osservare è nuovo) e risulta essere insostituibile quando si cercano informazioni molto specifiche
in particolari circostanze. Esso infatti fornisce dati ad hoc su cui riflettere.
Gli svantaggi di questo strumento sono: l’impossibilità di replicare i dati a causa della loro
soggettività; la non economia dati che richiedono molto tempo e pazienza per cui è meglio
abbandonarli quando è possibile sostituirli con strumenti più mirati. Inoltre usando le parole
questo strumento sposta il fenomeno dal piano della realtà a quello della sua rappresentazione
linguistica con ovvie trasformazioni.

LO SCHEMA DI CODIFICA
Lo schermo di codifica a differenza del resoconto narrativo rileva solo ciò che l’osservatore decide
di rilevare. Questo strumento è costituito da una lista predeterminata di codici che corrispondono
alle unità comportamentali che si desidera rilevare e l’osservatore è tenuto a rilevare solamente
quelle unità a cui la lista si riferisce. Questa tecnica di registrazione dei dati è selettiva, economica,
pratica e maneggevole perché restringe il campo di osservazione a pochi aspetti, quelli ritenuti
importanti per lo scopo dell'osservazione e pertanto riduce i dati. Inoltre essa favorisce i controlli
di affidabilità (in quanto l'osservatore si attiene a una lista chiusa di codici e ciò limita la tendenza a
farsi guidare dal fluire degli eventi), consente di quantificare i risultati e di analizzarli attraverso
operazioni matematiche, è possibile calcolare la frequenza con cui una categoria si verifica e
confrontarla con altre categorie dello schema. Se poi il campione consente di fare inferenze
probabilistiche sulla popolazione possiamo testare la significatività dei dati attraverso tecniche
statistiche. Lo schema di codifica consente di misurare non solo la frequenza ma anche la durata di
un certo fenomeno/evento.
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Storicamente lo strumento deriva dall’etologia; gli etologi infatti utilizzano una scheda, detta
checklist che riporta un elenco di comportamenti da rilevare, descritti in modo preciso, ognuno dei
quali va segnato sulla scheda ogni volta che compare. La checklist rileva comportamenti piuttosto
facili da cogliere, viene utilizzata dal vivo ed è economica. Si può avere difficoltà a rilevare tutti i
comportamenti presenti in elenco mentre il fenomeno scorre sotto i nostri occhi, con il rischio di
perdere informazioni o rilevare in modo confuso. Per questo si consiglia di effettuare un
campionamento a intervalli temporali parziali, dividendo il tempo di osservazione in segmenti fissi.
La scelta dei limiti dell'intervallo è cruciale dato che permette al comportamento di verificarsi. Lo
schema di codifica è un’evoluzione della check-list essendo teoricamente più elaborato. Lo schema
di codifica contiene codici che rappresentano categorie piuttosto che comportamenti e quindi fa
riferimento a unità più ampie di rilevazione (es nello schema di codifica il codice sarà “gioco
costruttivo” mentre in una checklist il codice sarà “mettere un cubo dentro l'altro”). Lo schema di
codifica si costruisce partendo dal presupposto che sono due le possibili strade da percorrere:
- Quella induttiva-empirica: in cui ci si affida al metodo etologico, cioè l'esperienza di una
lunga, paziente e accurata osservazione preliminare. In questo case le categorie derivano
dalle osservazioni.
- quella deduttivo-razionale: l'osservatore ritiene di conoscere già abbastanza bene il
fenomeno che lo interessa quindi parte da una definizione teoria, specifica i componenti
della definizione, seleziona i comportamenti che li identificano e procede infine alla
rilevazione.
Le categorie si distinguono in base a due dimensioni:
- Ampiezza: che coglie il grado di astrazione delle categorie, cioè la loro distanza dalle
manifestazioni osservabili (dai comportamenti). Si distinguono in: livello molecolare ->
comportamenti elementari (es espressioni facciali, vocalizzazioni), livello molare ->
comportamenti globali (es istruzione, incoraggiamento, correzioni). L’ampiezza riguarda
anche l’aspetto temporale in quanto ci sono comportamenti brevi (eventi momentanei) e
che durano a lungo (eventi durevoli). A volte la durata è più rilevante della frequenza
perché ci sono eventi che si verificano raramente ma si estendono a lungo nel tempo.
- Organizzazione: si può segmentare il flusso comportamentale in unità diverse e successive,
oppure in unità che si verificano simultaneamente. Nel primo caso avremmo categorie
mutuamente esclusive (lo schema prevede una sola categoria da assegnare a una data
unità in un dato intervallo di tempo) o esaustive (lo schema fornisce tutte le possibili
categorie per rilevare il fenomeno). Nel secondo tipo di schema, che codifica
comportamenti simultanei, le categorie non si escludono fra loro ma sono categorie co-
concorrenti.
Nel primo caso l’osservatore prevede in anticipo tutti i modi con cui la variabilità
comportamentale può manifestarsi mentre nel secondo caso può accettare comportamenti
nuovi da aggiungere alla lista.
Alcune regole da rispettare che riguardano tutti gli schemi sono:
-omogeneità delle categorie: le categorie molari non possono stare nello stesso schema in cui si
trovano quelle molecolari. Per es la categoria “gioco di gruppo” non può stare nello stesso schema
in cui è presente la categoria “parla con il compagno” in quanto è compresa nella precedente e
l'osservatore non saprebbe a quale delle due assegnare il comportamento di “parlare con un altro
bambino mentre si gioca insieme”
-distinguibilità: devono potersi distinguere l’una dall’altre in modo da facilitare la decisione
l’osservatore su quale categoria applicare
-operazionalità: le categorie devono essere operazionali in modo da aiutare l'osservatore a rilevare
i comportamenti inclusi e quindi bisogna passare dal piano dell’astrazione a quello concreto, in
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modo da trasformare il costrutto in comportamenti osservabili (bisogna descrivere i


comportamenti che appartengono a quella categoria distinguendoli da altri).
In conclusione occorre precisare sempre l'ambito di applicazione delle categorie e definire ciascuna
categoria in modo da eliminare ogni ambiguità.
Una volta che si disponga di uno schema convincente occorre applicarlo e anche qui vanno seguite
alcune regole:
-strategia del campionamento: decidere se optare per la registrazione per eventi ossia codificare il
comportamento in sé nel modo previsto dallo schema tutte le volte che esso si presenta (in questo
caso è possibile registrare la frequenza, la sequenza della durata), oppure per la registrazione per
intervalli, l’osservatore dividerà il tempo della sua osservazione in unità temporali (anche in questo
caso si potrà ricavare frequenza, sequenza e durata ma saranno meno precise perché non
corrispondono alla durata reale dell'evento rilevato ma a quella dell'intervallo in cui si verifica).

QUESTIONARI (“OTHER-REPORTS”) E SCALE DI VALUTAZIONE


I resoconti narrativi e gli schemi di codifica sono strumenti utili per rilevare ma non sono in grado
di valutare. Negli strumenti capaci di valutare il requisito fondamentale è la standardizzazione, cioè
la capacità di fornire misure che possono essere confrontate con valori standard di riferimento.
I questionari di eteroosservazione (other-report) e le scale sono somministrati quando si intende
valutare i soggetti osservati, assegnando un punteggio al comportamento osservato. Assomigliano
ai test in quanto il punteggio assegnato deriva dal giudizio di chi li compila. In caso di bambini
vengono compilati da educatori o dagli stessi genitori, dunque funzionano come strumenti di
osservazione indiretta (osservazione effettuata da adulti non esperti che hanno maggiori
opportunità di osservarlo). Entrambi gli strumenti sono composti da una lista di item a risposta
chiusa, si prestano ad essere utilizzati con facilità nella pratica quotidiana anche da adulti non
esperti (spendibilità). Questi strumenti hanno un percorso di costruzione che serve a produrre uno
strumento valido e affidabile, sono il risultato di una riflessione teorica approfondita. L'obiettivo
non è tanto rilevare il comportamento ma stabilire se questo rientra nella norma per l'età
cronologica o mentale di un bambino oppure individuare se ci sono rischi e quindi meritevole di
attenzione e di intervento.
COSTRUZIONE DEGLI STRUMENTI
La scelta degli item è un'operazione decisiva per lo strumento. Gli item devono essere criteriali,
vale a dire che devono riflettere le caratteristiche dell’aspetto che va valutato. Es. Scale ordinari
dello sviluppo psicologico di Uzgiris e Hunt -> 6 Scale che valutano le capacità mentali del bambino
nei primi 2 anni di vita (permanenza dell'oggetto, relazione mezzi-fini, imitazione vocale e gestuale,
causalità, relazioni spaziali e la relazione con gli oggetti). Queste scale si ispirano alla teoria di
Piaget sullo sviluppo dell'intelligenza sensomotoria per cui il bambino nei primi 2 anni conosce il
mondo tramite le categorie che corrispondono alle nozioni di oggetto, spazio, tempo e casualità e
che si sviluppano in modo sequenziale. E se ricordiamo Piaget era interessato non al
comportamento manifesto ma a ciò che sta dietro al comportamento.
VALIDITA’ E AFFIDABILITA’
Questi strumenti di valutazione devono soddisfare i due parametri della fiducia nell'indagine
metodologica, cioè la validità e l'affidabilità. Una caratteristica fondamentale è che gli item siano in
grado di rilevare quegli aspetti che devono essere valutati (validità di contenuto). [a questo scopo
Laicardi e colleghi hanno verificato la comprensibilità degli item attraverso la scala di valutazione
comportamentale SVC, utilizzata per rilevare la capacità relazionale del bambino piccolo con la
madre. Questa richiedeva alle madre di valutare il comportamento del bambino in 4 dimensioni
(orientamento del capo e degli occhi, orientamento e atteggiamento del corpo, espressione
facciale, vocalizzazioni spontanee e di tipo dialogico) e in 5 contesti (pasto, gioco faccia faccia,
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gioco con oggetti, cambio del pannolino e al risveglio) attribuendo punteggi da 1 a 5 in base alla
frequenza di ogni comportamento. Le risposte delle madri hanno fornito criteri per scegliere gli
item migliori (da 160 item ne sono rimasti 126)]
Un'altra caratteristica è quella di verificare se la scala sia in grado di distinguere i bambini sugli
aspetti misurati ( validità discriminante)[a questo scopo è stato somministrato un questionario a
madre di bambini pretermine e di bambini a termine per rilevarne le differenze. Lo studio ha
confermato l’ipotesi che i bambini pretermine sono meno adeguati nell'interazione rispetto agli
altri.] Gli studi di validazione hanno lo scopo di migliorare la maneggevolezza e la rapidità dello
strumento, passando dalla forma originaria a una ridotta in modo da diffondere il suo utilizzo.
Una tecnica utilizzata è confrontare i risultati ottenuti con le due forme per trovare quando
correlino fra loro (validità concorrente) [Capirci e Caselli hanno realizzato una forma breve del
questionario primo vocabolario del bambino PVB al fine di riconoscere ritardi/disturbi della
comunicazione del linguaggio nei primi 3 anni di vita e facilitarne l'utilizzo in asilo nido. il
questionario rileva la comprensione e la produzione linguistica di 670 parole, mentre nella forma
ridotta 100. Per validare lo strumento le autrici hanno confrontato i risultati ottenuti dalla forma
breve con quelli della forma originaria trovando un’alta correlazione]
Altra caratteristica di questi strumenti è che tendono a osservare l’evoluzione del fenomeno in
periodi successivi e non soltanto la situazione attuale (validità predittiva). [attraverso il
questionario sullo sviluppo comunicativo e linguistico del secondo anno di vita Camaioni ha
rilevato una correlazione positiva tra la produzione di gesti referenziali a 12 mesi e l'ampiezza del
vocabolario a 20 mesi]
Importante è anche la verifica dell’affidabilità, verificare se il giudizio di adulti non esperti
corrisponde a quello di adulti esperti, se sono attendibili per compilare il questionario. [in genere i
genitori si dimostrano valutatori affidabili del comportamento infantile: le misure che non
correlano tra genitore e osservatore si riferivano non ai comportamenti comunicativi/linguistici ma
alla qualità dell'interazione genitore-bambino, nel caso in cui non correlano i comportamenti
comunicativi è perché questi comportamenti vengono notati con maggiore frequenza dal genitore
rispetto all'osservatore (anche gli educatori sono osservatori attendibili]
CRITERI PER L’USO DEGLI STRUMENTI
La facilità d’uso di questi strumenti consente di rilevare dati che hanno un valore etologico alto. In
passato si riteneva che la mancanza di un addestramento professionale portasse i genitori a
sovrastimare certi comportamenti, vedendo il bambino più grande di quello che era o al contrario
sottostimarli, non riconoscendo un'abilità quando si presentava in forma immatura. Per cui è
importante che gli strumenti in questione vengano somministrati secondo una procedura che
favorisce la loro affidabilità. Uno dei criteri utilizzati è quello di interrogare i genitori/educatori sui
comportamenti attuali del bambino che vengono esibiti al momento della compilazione per non
cadere in distorsione di memoria. Un altro criterio è chiedere informazioni su comportamenti
emergenti del bambino che compaiono al momento di compilare lo strumento (non troppo rari né
troppo frequenti). L'affidabilità delle risposte può essere controllata adottando item a risposta
chiusa, per scegliere comportamenti presentati dallo strumento piuttosto che ricordarli. Prima di
utilizzare lo strumento, gli esperti devono spiegarlo ai genitori/educatori e consigliano di osservare
i comportamenti del bambino per qualche giorno prima di procedere alla compilazione.
FINALITA’ DEGLI STRUMENTI
I questionari e le scale hanno un ambito di applicazione privilegiato che è quello della prevenzione
e della diagnosi. In ambito preventivo lo strumento serve a vagliare (screening) la situazione
relativamente all'aspetto da tenere sotto controllo in modo da individuare le difficoltà in tempo e a
intervenire in modo mirato. Una volta che i casi a rischio sono stati identificati è indispensabile
disporre di strumenti che permettano di effettuare una diagnosi del tipo e della gravità del ritardo
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o disturbo. Mentre nello screening è utile disporre di strumenti a rapida somministrazione gli
strumenti diagnostici devono essere più raffinati e differenziati. Un'altra importante finalità di
questionari e scale quella educativa, nei confronti sia degli educatori che dei genitori. Nel primo
caso l'utilizzo di strumenti come questi migliora la sensibilità degli operatori riguardo le differenze
individuali che rischiano di essere trascurate nella pratica quotidiana dove l’educatrice è
responsabile di un gruppo di bambini solitamente ampio. Nel secondo caso migliora la sensibilità
dei genitori nei confronti di aree diverse da quelle più tradizionali di allevamento e cura (area
comunicativa, cognitiva) per cui rischia di essere sottovalutato e poco stimolato. [la scala di
Brazelton e Nugent nota come Neonatal Behavioral Assessment scale è stata modificata per essere
applicata a madre di bambini difficili, pretermine e sottopeso. Lo scopo era testare l'affidabilità
delle madri in quanto la precocità della valutazione e la collaborazione materna influenzano in
modo determinante il decorso dello sviluppo e vedere se l'utilizzo dello strumento sarebbe stato
efficace al fine di modificare il comportamento materno. Si è notato che le madri che avevano
avuto un periodo di addestramento avevano interazioni qualitativamente migliori rispetto alle
madri del gruppo di controllo.

LA TECNICA DEL “Q-SORT” (introdotta da Stephenson)


L’osservatore dispone di un insieme di item, denominato Q-set, che contengono tutti i
comportamenti ritenuti importanti per valutare aspetto, dimensione, costrutto psicologico a cui gli
item si riferiscono. il suo compito è decidere il grado di somiglianza di ciascun item con il
comportamento del soggetto che sta valutando. Gli item per comodità sono stampati su cartoncini.
La fase più delicata è la costruzione del “Q-set” ovvero dell’insieme di descrizioni o item che
esauriscono l’universo comportamentale da valutare. È possibile ricavare i vocaboli degli item dalla
definizione delle variabili rappresentative dell'aspetto da valutare o meglio ancora dal costrutto
che si intende studiare.
La seconda fase consiste nell’ordinamento dei cartoncini; bisogna distinguere gli item in base a un
giudizio di somiglianza con il comportamento osservato dividendoli in nuovi gruppetti. Si tratta di
un ordinamento forzato che serve per garantire la comparabilità delle descrizioni. L’osservatore
classifica i cartoncini su cui sono riportati gli item in una serie di gruppetti di ordine crescente nel
continuum di somiglianza, da quelli che contengono gli item che secondo l'osservatore descrivono
meno il soggetto a quelli che contengono gli item che lo descrivono meglio. L'ordinamento viene
fatto a tappe, iniziando da un ordinamento più grossolano dove gli item vengono distribuiti in tre
gruppi (item simili, item né simili ne diversi, item diversi) fino ad essere distribuiti in sottogruppi. La
distribuzione finale consigliata è di tipo uniforme, con 9 gruppi che contengono un identico
numero di item. Un’applicazione interessante di questo strumento è la valutazione del legame di
attaccamento, ovvero l’ “Attachment Q-sort” messo a punto da Waters (edizione italiana di
Cassibba e D’odorico). Gli item vengono ricavati della teoria dell’attaccamento individuando i
comportamenti ritenuti criteriali per misurare tale legame, poi sono state condotte osservazioni sul
campo (a casa di bambini) per raffinare la lista degli item, in seguito sono stati costruiti item
positivi e item negativi; infine si coinvolgono i genitori che dopo aver preso confidenza con la lista
l’hanno utilizzata per descrivere il proprio bambino e grazie alle loro indicazioni la lista è stata
ridefinita. Gli autori, grazie al contributo di esperti in teoria dell’attaccamento, hanno ottenuto il
“profilo criterio” del bambino così delineato: “sicuro”, “dipendente”, “socievole”. Dopo la
procedura di ordinamento l'osservatore dovrà assegnare a ogni singolo item il relativo punteggio,
che corrisponderà al numero del gruppo in cui è stato collocato (item collegati nel gruppo n. 9
avranno un punteggio 9). Ogni bambino riceverà 90 punteggi per ciascuno dei 90 item che
formeranno il suo profilo di punteggi denominato Q-descrizione. L’osservatore per condurre
l'osservazione con questo strumento prima di tutto dovrà padroneggiare il contenuto degli item in
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modo da riconosce con facilità i comportamenti esibiti dal vivo, inoltre la fase di addestramento
servirà ad affinare le sue capacità osservative in base alle regole dello strumento. Nel caso
dell'osservazione a casa è consigliato fare prima 2/3 visite a casa del bambino di 2/3 ore e
possibilmente in orari diversi in modo da avere una panoramica sufficiente del suo
comportamento, e bisogna assicurarsi che durante l'osservazione siano presenti solo il bambino e
sua madre. In queste visite è opportuno mantenere un atteggiamento informale con la madre e
con il bambino in modo da non alterare la normalità della vita quotidiana. Un clima favorevole
consentirà all'osservatore di diventare in certi momenti più attivo per provocare alcuni
comportamenti specifici. Come ogni altro strumento anche il “Q-sort” deve soddisfare la validità e
l’affidabilità. La validità di contenuto è garantita dalla procedura di selezione degli item. Per quanto
riguarda la validità di costrutto, sia la validità concorrente (ottenuta tramite il confronto tra i
punteggi dell'attachment Q-sort e le classificazioni dalla strange situation) sia quella divergente sia
la validità predittiva sono risultate soddisfacenti. Anche l’affidabilità è alta.
L’Attachment Q-sort può essere utilizzato sia dalle madri che dalle educatrici ma l'affidabilità delle
rilevazioni materne non è soddisfacente se confrontata con quelle di osservatori esperti. Le
difficoltà delle madri sono dovute alla procedura di orientamento forzato ma anche alle
rappresentazioni che le madri hanno del proprio bambino, alla desiderabilità sociale di alcuni item
e infine alla sensibilità materna nei confronti dei segnali del bambino. Quindi si raccomanda di
addestrare le madri alla comprensione all'utilizzo dello strumento. Anche le educatrici sono ottime
candidate all'utilizzo dello strumento in quanto possono costituire figure di attaccamento
paragonabili alla madre e quindi risulta interessante valutare il legame di attaccamento con
l'educatrice.
[Il testo di Cassibba e D'odorico presenta lievi differente rispetto alla versione utilizzata per la
valutazione dell'attaccamento madre-bambino, ha chiesto la costruzione di un criterio di sicurezza
“al nido”, è stata sottoposta ad apposite verifiche di validità e affidabilità. ]
Recentemente la tecnica del “Q-sort”, in ambito educativo, è stata applicata per valutare lo
sviluppo sociale nella scuola dell’infanzia.

COME PROGGETTARE UNO STUDIO OSSERVATIVO


Per garantire i criteri di selettività, pianificazione, registrazione e documentazione può essere utile
preparare un progetto che preveda tutti gli aspetti rilevanti dell’osservazione, a partire
dall'obiettivo per cui il fenomeno viene rilevato, fino alla procedura di rilevazione e al trattamento
delle informazioni raccolte. (tale progetto può essere modificato a seconda delle situazioni)
DEFINIRE L’OBIETTIVO
Non esiste progetto senza un obiettivo da perseguire; esso infatti identifica il fenomeno da
osservare. È utile inoltre specificare per quale motivo si è interessati a raccogliere certi tipi di
informazioni. Le informazioni serviranno allo psicologo per selezionare il campione da coinvolgere
(quali bambini coinvolgere)
SPECIFICARE GLI ASPETTI DEL FENOMENO E LE VARIABILI DA OSSERVARE
È importante che a partire dall'obiettivo si specificano gli aspetti del fenomeno scelto a cui si è
interessati e che saranno oggetto di osservazione (es aspetti dei conflitti tra i bambini: atto
aggressivo, motivo che ha generato il conflitto, se e come i bambini riescono a risolvere il conflitto).
Se riusciamo a essere molto precisi nello specificare gli aspetti del fenomeno selezionato possiamo
definire le variabili da considerare e i comportamenti da osservare. Questa operazione facilita la
preparazione dello strumento di misura
SCEGLIERE LA PROCEDURA O LA TECNICA DI RILEVAZIONE
Il progetto di osservazione deve presentare coerenza logica tra ciò che si intende osservare, come
lo si osserva e cosa si ricava dall’osservazione. La scelta di come rilevare il fenomeno è delicata e
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dipende dal fenomeno stesso e dal motivo per cui si osserva. I diversi strumenti hanno vantaggi e
svantaggi che li differenziano. Occorre calibrare le caratteristiche dello strumento rispetto a diversi
parametri quali: il grado di conoscenza del fenomeno, il livello di precisione a cui lo si vuole rilevare
e se si desiderano dati qualitativi o quantitativi. Inoltre è importante sapere se si è interessati a
osservare pochi bambini o a un campione ampio, se l'osservazione va fatta in situazioni specifiche
o in una varietà di situazioni, se serve per fare una valutazione o no, sei la valutazione deve essere
soltanto interna al gruppo osservato o in riferimento a dati normativi. Una volta Identificato il tipo
di tecnica di rilevazione, l’osservatore può utilizzare strumenti già esistenti o costruirne uno nuovo
per i propri scopi. Per costruire delle scale di valutazione ci vuole più tempo e competenze
psicometriche specifiche mentre risulta più semplice la costruzione di uno schema di codifica.
Quando lo strumento è disponibile l'osservatore deve verificare se esso è adeguato agli obiettivi
della propria osservazione e alle variabili che intendo osservare. Si può modificare lo strumento nel
caso di uno schema di codifica mentre è sconsigliato con una scala di valutazione.
SCEGLIERE CHI OSSERVARE
Scegliere chi osservare dovrebbe essere specificato nell’obbiettivo e rappresenta una scelta
necessaria. È Importante stabilire dove vengono reclutati i soggetti osservati. La scelta si basa su
ragioni di opportunità e comodità nel rispetto dell'obiettivo. Un altro aspetto da considerare
riguarda quelli che vengono chiamati i criteri di esclusione del campione (es escludere bambini con
patologie che sono già inseriti in programmi di intervento riabilitativo).
PROCEDURA E CONTESTO DI OSSERVAZIONE
Bisogna quindi stabilire come, dove e quando osservare. Questi aspetti dipendono dal tipo di
tecnica di rilevazione scelta. Nel caso dell’osservazione indiretta attraverso una scala di
valutazione si sceglierà di far somministrare lo strumento a chi conosce bene il o i soggetti presi in
considerazione (genitori, insegnanti) e inoltre bisogna decidere come contattare i soggetti, il
momento migliore per spiegare loro che cosa devono fare e le istruzioni per la compilazione.
Se parliamo invece di schema di codifica o della check-list dobbiamo tenere presente numerosi
aspetti come il contesto di osservazione, cioè la situazione in cui si svolgeranno le sedute di
osservazione che dovrebbe essere quello in cui è più probabile rilevare il fenomeno scelto (es i
conflitti tra bambini durante la ricreazione). Da ricordare che per alcuni fenomeni non è facile
trovare la situazione più adatta poiché si manifestano solo in particolari condizioni. In questo caso
è necessario creare le condizioni favorevoli imponendo un certo grado di controllo sul contesto.
Dunque l'osservatore potrà svolgere un'osservazione controllata strutturando la situazione in cui la
realizza, il luogo, il materiale, le attività, il numero dei bambini presenti, le caratteristiche dei
bambini che si osservano. Un aspetto importante nella definizione del contesto consiste nel
garantire omogeneità tra le diverse sedute di osservazione affinché i bambini siano osservati tutti
nelle stesse condizioni con le stesse opportunità di manifestare i propri comportamenti.
Si possono anche prevedere strategie per evitare la reattività dei soggetti, che è una delle fonti di
distorsione dell'osservatore (strategie come per es passare alcune ore con i soggetti prima
dell'osservazione in modo che essi possano familiarizzare).
REGISTRAZIONE DEI DATI OSSERVATIVI
Uno dei criteri dell'osservazione sistematica è che sia registrata e documentata, le informazioni
rilevate devono essere annotate puntualmente e meticolosamente. Il questionario e la check-list
prevedono uno spazio in corrispondenza di ciascun item per segnare la risposta mentre nel caso di
uno schema di codifica è necessario preparare una scheda o un protocollo di osservazione su cui
registrare i comportamenti osservati. Questo protocollo deve essere costruito in modo funzionale
sia se viene utilizzato durante il verificarsi dei comportamenti con carta e matita sia se viene fatto
durante la visione di una videoregistrazione. Nel protocollo sono riportati informazioni come: il
giorno, l'ora, il luogo, chi osserva e chi viene osservato con nome, età e genere. Esso sarà
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organizzato in modo diverso se la rilevazione avviene applicando una strategia per eventi (in una
colonna saranno inseriti le categorie comportamentali e in quella accanto la data e a che ora si
verificano. È possibile raccogliere anche informazioni sulla durata delle categorie comportamentali
e sulla loro frequenza nel tempo) o per intervalli temporali (in una colonna saranno inseriti gli
intervalli di tempo e nell'altra le categorie comportamentali sotto forma di sigla). Anche nel caso
delle descrizioni narrative è possibile preparare un protocollo di registrazione, qualora il progetto
prevede di rilevare comportamenti specifici.
In alternativa può essere utilizzato il classico quaderno o blocco degli appunti. La pianificazione,
come si è visto è una fase impegnativa perché richiede di immaginare come l’osservazione si
svolgerà, di prevedere cosa potrebbe accadere. Stendere il progetto serve ad aumentare il grado di
consapevolezza rispetto alle scelte che l’osservatore compie e che queste ultime hanno ricadute
importanti sulla qualità delle informazioni raccolte. Il progetto di osservazione, infine, permette al
gruppo di persone coinvolte nella sua realizzazione di discutere e condividere le scelte fatte circa la
sua pianificazione.

CAP 3 – LO SVILUPPO COGNITIVO


OSSERVARE E VALUTARE LE CAPACITA’ COGNITIVE
I test di intelligenza non sono gli unici strumenti per valutare lo sviluppo cognitivo del bambino nei
primi anni di vita anche se sono più utilizzati e sono stati i primi strumenti sviluppati a questo
scopo. La maggior parte dei test di intelligenza valuta le capacità cognitive in base alle risposte
corrette e sbagliate fornite a delle prove, mentre altri tipi di strumenti permettono di valutare lo
sviluppo cognitivo usando l'osservazione del comportamento infantile. Studieremo in particolare le
scale ordinali dello sviluppo psicologico di Uzgiris e Hunt e uno schema di codifica dell'attività di
bambini in contesti educativi.
L’interesse per la misurazione delle capacità cognitive è nata nel 1900, con la diffusione della
scolarizzazione, dall’esigenza di identificare i bambini che necessitavano e potevano beneficiare di
interventi educativi speciali all’interno della scuola elementare. Con il Test ideato da Binet si inizia
ad utilizzare in psicologia una tecnica di misurazione per distinguere tra capacità intellettive
normali e ritardo mentale. Questa tecnica di misurazione basata su norme di rendimento in
relazione all’età prevedeva la valutazione dell’età mentale come distinta dall’età cronologica. L’età
mentale (età di sviluppo) è l’età a cui corrisponde la prestazione del bambino, confrontata con
quella di un ampio gruppo di bambini. Caratteristica essenziale del test di Binet, come la maggior
parte dei test d’intelligenza che rientrano nell’approccio psicometrico, è di ritenere l’intelligenza
una capacità unitaria, stabile nel corso dello sviluppo, facilmente misurabile attraverso un indice
globale utile per predire il comportamento dell’individuo nel futuro. Queste idee sono state
criticate e hanno portato allo sviluppo di tecniche diverse per valutare le capacità cognitive del
bambino.
• l’approccio ordinale di Uzgiris e Hunt parte dal presupposto che l’intelligenza consista in un
insieme di capacità che cambiano nel corso dello sviluppo verso livelli progressivamente più
evoluti. È ancorato alla teoria dello sviluppo dell’intelligenza sensomotoria del bambino di Piaget
(vedi tab. 3.1. pag.119), sia per la concezione di intelligenza e del suo sviluppo che per
l’interpretazione del comportamento del bambino.
È possibile, con diversi strumenti, osservare anche le caratteristiche dell’attività del bambino di
manipolare gli oggetti, come manifestazione delle sue crescenti capacità di costruire categorie
degli oggetti e organizzare attività. La valutazione della capacità di simbolizzare (nel secondo anno
di vita) può essere effettuata osservando le caratteristiche del gioco simbolico del bambino.

SCALE ORDINALI DELLO SVILUPPO SENSOMOTORIO


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CARATTERISTICHE E PRESUPPOSTI TEORICI


Le Scale ordinali dello sviluppo psicologico sono state ideate per indagare gli effetti di diverse
condizioni ambientali sullo sviluppo del bambino tra la nascita e i 2 anni di vita. Utilizzate sia a
scopi di ricerca (es per studiare il rapporto tra sviluppo cognitivo e comunicativo-linguistico) sia a
scopi clinici (es per verificare l’effetto di interventi terapeutici precoci o per valutare il livello di
sviluppo dei bambini che presentano patologie). Le scale sono state ideate a partire da quello che
Uzgiris e Hunt hanno definito un “nuovo approccio alla valutazione dello sviluppo psicologico nel
corso dell’infanzia” che si contrappone all’approccio psicometrico tradizionale.
Le principali differenze con l'approccio tradizionale sono:
• Le scale Uzgiris-Hunt valutano lo sviluppo del bambino a partire dal quadro di Piaget
relativamente al periodo sensomotorio;
• Le scale Uzgiris-Hunt partono dall’idea che la competenza si basi sull’organizzazione gerarchica di
una serie di capacità formata da diversi rami e relativamente indipendenti;
• Gli item di comportamento osservabile provocati in situazioni specificabili sono stati inclusi nelle
‘Scale Uzgiris-Hunt’ per il loro valore di indici delle sottostanti organizzazioni delle capacità e dei
livelli cognitivi via via raggiunti dal bambino.
Le scale sono composte da 6 scale o sottoscale:
I. Scala dell’inseguimento visivo e della permanenza dell’oggetto (item 4: trovare un oggetto
completamente nascosto)
II. Scala delle relazioni mezzi-fini (item 6: uso del supporto -> es prendere un giocattolo tirandolo
verso di sé attraverso un pezzo di stufa)
III. Scala dell’imitazione vocale e dell’imitazione gestuale (item 4: imitazione di parole note)
IV. Scala della causalità operazionale (item 5: voi comportamento di fronte a uno spettacolo creato
da un agente che agisce sull'oggetto)
V. Scala delle relazioni spaziali tra gli oggetti (item 3: afferrare un oggetto presentato visivamente)
VI. Scala degli schemi sensomotori (item parte A: agire su oggetti semplici)
Ciascuna di esse si riferisce a una dimensione dello sviluppo o a un campo di conoscenza ed è
composta da un certo numero di situazioni-stimolo (o item) che permettono di osservare le
capacità del bambino in quella particolare dimensione o campo di conoscenza. Indagano la
costruzione delle categorie del reale (oggetto, spazio e causalità) e la nascita dell’intelligenza
sensomotoria (la relazione mezzi-fini, gli schemi di azione e l’imitazione). La costruzione delle scale
è basata sull’idea che i comportamenti manifestati dal bambino seguono un ordine invariante,
determinato dai progressivi livelli di organizzazione dei processi cognitivi centrali. Per ciascuna
scala è stata individuata una sequenza ordinale di tappe di sviluppo significa che lo sviluppo in
quella particolare dimensione segue una sequenza di tappe e che una tappa non può essere
acquisita se non vengono acquisite le tappe precedenti.
Concetto di tappa: indica un particolare livello nell’acquisizione di una certa capacità o conoscenza.
La tappa si colloca in posizione intermedia tra comportamento osservabile e lo stadio. Serve per
individuare e definire quindi operazionalizzare la tappa. La tappa non va confusa con il
comportamento del bambino ma non corrisponde neanche allo stadio di sviluppo. Nella
concezione piagetiana, lo stadio prevede una particolare forma di organizzazione psicologica che
riguarda tutti gli aspetti del pensiero e va a formare una struttura di insieme. Al contrario, la
sequenza di tappe individua i diversi livelli all’interno di quel particolare aspetto dello sviluppo (ad
es. le tappe nello sviluppo della permanenza dell’oggetto). Ogni scala prevede un numero diverso
di tappe che vanno da un minimo di 7 (scala della causalità operazionale) ad un massimo di 14
(scala della permanenza dell’oggetto). Questo significa che non è possibile ipotizzare a priori una
corrispondenza o relazione.

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SOMMINISTRAZIONE E REGISTRAZIONE DEI COMPORTAMENTI


Le Scale Uzgiris-Hunt sono state pubblicate in italiano all’interno di due volumi (Uzgiris e Hunt e
Vinter, Cipriani e Bruni) ma non dispongono di un set con il materiale, il manuale, le schede di
registrazione e le norme. Chi le utilizza deve quindi organizzare e preparare tutto il materiale che
occorre a partire dalle indicazioni presenti nei due volumi. Le scale sono presentate singolarmente
con indicazione per ogni item della posizione in cui collocare il bambino (es. sdraiato, supino,
seduto a un tavolo, ecc.), del materiale da utilizzare, delle istruzioni per la somministrazione. Per
ogni item sono descritte anche le possibili azioni del bambino e un asterisco indica l’azione
criteriale per il raggiungimento della tappa. Durante la somministrazione, gli item possono essere
ripetuti il numero di volte necessario per valutare la capacità del bambino. Vinter, Cipriani e Bruni
suggeriscono due criteri per la RIPETIZIONE DEGLI ITEM: 1. Non ripetere item facili ossia quelli per i
quali il bambino produce un comportamento che corrisponde a quello atteso 2. Quando gli item
sono prossimi al livello previsto per il bambino è possibile effettuare due presentazioni successive
dello stesso item; nel caso in cui la risposta del bambino si modifichi tra la prima e la seconda
presentazione, l’item viene ripetuto una terza e quarta volta allo scopo di identificare una risposta
più stabile (Esempi di item delle “Scale Uzgiris-Hunt pag.122-123)
ISTRUZIONI GENERALI E MATERIALE D’USO DELLE SCALE UZGIRIS-HUNT
1. Con bambini molto piccoli la somministrazione è effettuabile e valida solo quando il
bambino coopera pienamente. Meglio scegliere un momento in cui il bambino non abbia
né fame, né sete, né sia bagnato e in cui sarebbe impegnato in attività di gioco.
° Al di sotto di un anno cooperano per circa 30 / 40 minuti.
° Al di sopra di un anno per circa un’ora
2. Bambino può essere disturbato dal fatto che l’esaminatore è uno sconosciuto.
L’esaminatore deve familiarizzare rispettandone i tempi. I bambini superano la loro
preoccupazione in pochi minuti. Lasciare il bambino vicino alla madre e non creare
situazione insolita guardando il bambino in silenzio. Se l’esaminatore conversa con la madre
deve tenere distanza prestandogli poca attenzione in modo tale che si abitui alla sua
presenza. Cominciare con situazione che non richiede interazione con l’esaminatore. Una
volta che il bambino è coinvolto nel gioco la riluttanza a interagire con l’esaminatore di
solito svanisce.
3. Per aumentare la probabilità di cooperazione massima presentare situazioni-stimolo in una
stanza della casa del bambino o una stanza adibita all’osservazione in cui il bambino possa
muoversi liberamente ma che non contenga troppe distrazioni (es. troppi giocattoli o altri
bambini).
4. Meglio alternare le situazioni di varie scale al fine di mantenere svegli l’interesse e
l’attenzione del bambino. Al bambino deve essere lasciata la possibilità di intraprendere
attività di gioco sue proprie tra una situazione-stimolo e l’altra. Bambino non coopera
bisogna interporre un’attività differente mentre le rimanenti proposte in un momento
successivo.
5. Per ciascuna situazione sono suggeriti determinati giocattoli. Scarso interesse giocattolo
può e deve essere sostituito con un altro. Meglio offrire al bambino un giocattolo o un
oggetto nuovo prima di cercare di portare via quello utilizzato precedentemente.
MATERIALI
• Giocattoli: palla piccola, bambole di diversa grandezza, scarpetta e biberon per la bambola,
animali di plastica, peluche, automobilina, giocattolo meccanico a carica, sonagli, girandola,
giocattolo musicale “sempre in piedi”, pupazzo che si attiva con una cordicella, collana, cubi, anelli
da infilare su un’asta, spirale elastica che scende le scale

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• Materiale vario: tazza, contenitore alto instabile, campanellino, scacchiera, scatola piccola, foglio
di alluminio, ovatta, piano inclinato, cuscino, schermi di stoffa, sta di legno, corda.

Dalla ripetizione dell’item si ricavano informazioni sulla stabilità della capacità acquisita dal
bambino: quando il bambino produce lo stesso comportamento criteriale nelle diverse ripetizioni
si può ritenere che la corrispondente tappa sia stata acquisita in modo stabile ed egli la padroneggi
bene. Quando il bambino produce comportamenti come quello criteriale allora la corrispondente
tappa è in fase di acquisizione e non la padroneggia ancora bene.
La somministrazione delle scale richide un’ora. A volte si può dividere la seduta in 2 per non
stancare troppo il bambino e mantenere alta la sua collaborazione. Per registrare i comportamenti
si utilizza una scheda di registrazione dell’osservazione. Il valutatore predispone la scatola con il
materiale e la scheda di registrazione. La somministrazione scale avviene nell’ordine che preferisce
assecondando interessi e motivazione bambino. Si possono somministrare tutti gli item previsti
oppure per non stancare il bambino selezionare quegli item che permettono di valutare il livello di
sviluppo del bambino in funzione dell’età e/o del livello di sviluppo presunto.
Un determinato livello di sviluppo si individua attraverso l'osservazione del bambini in modo da
verificare l'acquisizione di una particolare tappa o la sua mancanza. Per i bambini senza ritardo di
sviluppo Vinter, Cipriani e Bruni consigliano di somministrare le scale a partire dall’item
corrispondente alla tappa che nel campione normativo è presente nel 100% dei bambini della
stessa età del bambino preso in esame. Con un bambino affetto da un ritardo di sviluppo o da una
patologia si consiglia di somministrazione il maggior numero di item senza sospendere la
somministrazione di una scala dopo il primo errore o la prima mancata risposta ma procedere con
item successivi. In quanto possono essere meno disponibili alla collaborazione o possono avere
difficoltà in alcune situazioni. In questo caso bisogna adeguare materiale o situazioni ad esempio
utilizzando caramelle o biscotti al posto degli oggetti previsti nelle scale. Le Scale sono uno
strumento duttile: gli item non devono essere considerati come le uniche situazioni che stimolano i
comportamenti criteriali di una data tappa. Per alcuni bambini gli item inclusi non sono efficaci a
evocare azioni criteriali. In questo caso si può utilizzare materiale diverso o realizzare situazioni-
stimolo alternative. Il compito del valutatore è presentare item delle scale e indicare sulla scheda
di registrazione quale item ha somministrato, quante volte, quali sono stati i comportamenti del
bambino. La registrazione implica un processo di osservazione e interpretazione del significato del
comportamento del bambino: in alcuni casi difficile soprattutto quando presenta azioni diverse da
quelle previste o è affetto da patologia che interferisce o limita i suoi comportamenti.
La somministrazione delle scale prevede un buon addestramento: avere presenti item e relative
istruzioni di somministrazione e conoscere la teoria di riferimento e significato delle tappe di
ciascuna scale.
CODIFICA E RIFERIMENTO AI VALORI NORMATIVI
Dopo la somministrazione delle scale e l’annotazione dei comportamenti bisogna attribuire le
tappe di sviluppo. È possibile confrontare il livello dello sviluppo del bambino esaminato, ovvero le
tappe delle scale, con i dati normativi disponibili per la popolazione italiana nel volume di Vinter,
Cipriani e Bruni. Per ciascuna scala viene fornita la distribuzione in centili delle tappe dello sviluppo
in funzione delle età. Si possono scegliere due metodi per fare questo confronto:
■ Verificare a che età compare nel 50° centile del campione normativo la tappa esibita dal
bambino osservato e confrontare tale età normativa con età cronologica. Questo metodo
individua l’età di sviluppo del bambino osservato rispetto ai dati normativi. In caso di bambini con
ritardo è possibile misurare con esso il grado del ritardo in termini di età di sviluppo
■ Prendere come riferimento l’età cronologica e identificare a quale centile corrisponde la tappa
da lui raggiunta. Questo metodo individua la collocazione del bambino nella distribuzione in centili
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del campione normativo. È utilizzato con bambini senza deviazioni o con deviazioni non troppo
rilevanti.
È a rischio sotto il 10° centile. A partire dalla valutazione effettuata con le scale e quindi dai
comportamenti riportati nella scheda di registrazione, è possibile individuare lo stadio di sviluppo
per ciascuna scala. Vinter, Cipriani e Bruni ritengono che sul piano clinico sia utile disporre di
indicatori che permettano di costruire, a partire da comportamenti specifici ed elementari,
un’immagine globale del bambino. Questo non è possibile utilizzando le tappe perché sono
punteggi che variano da scala a scala. Essi propongono 3 sistemi di codifica degli stadi che
differiscono in funzione della natura del principio di base che regola le relazioni tra tappa e stadio
ma non sono molto rilevanti. Si dispone di 3 tipi di informazioni utili nella valutazione del bambino:
1. Descrizione qualitativa del comportamento del b. in ciascuna dimensione dello sviluppo
sensomotorio indagata nelle scale. Fornisce una descrizione dettagliata dei comportamenti che il b.
mette in atto nelle diverse situazioni. Info utilizzata per conoscere il bambino rispetto alle sue
capacità attuali e alle probabili acquisizioni future per confrontare i comportamenti tipici del b. a
età diverse e per pianificare piano di intervento riabilitativo nei casi di ritardo dello sviluppo
2. Valutazione del livello di sviluppo del bambino in ciascuna scala espressa in tappe. Fornisce
punteggio del livello di sviluppo del b. nelle 6 scale che può essere confrontato con i dati normativi
3. Valutazione del livello di sviluppo del bambino in ciascuna scala espressa in stadi. Fornisce una
descrizione globale e sintetica del livello di sviluppo del b. facilmente inquadrabile facendo
riferimento alla teoria di Piaget.

STUDI DI VALIDAZIONE, STANDARDIZZAZIONE E APPLICAZIONE


Le scale attraverso studi [Uzgiris e Hunt] hanno permesso di:
✓ Verificare l’accordo tra osservatori indipendenti (tra 91 e 96%)
✓ Verificare la stabilità tra rilevazioni effettuate a distanza di 48 ore (70 – 84%)
✓ Verificare la natura ordinale delle tappe incluse in ciascuna scala e valutare di conseguenze la
validità dello strumento
Campione trasversale di 48 bambini (24 femmine e 24 maschi). i risultati hanno dimostrato che le
tappe di sviluppo per ciascuna scala compaiono in sequenza ordinale, cioè la comparsa delle tappe
è graduale con l’età e segue la sequenza prevista. In uno studio longitudinale 12 bambini (6
femmine e 6 maschi) valutati da circa 1 mese fino ai 24. Con cadenza settimanale fino a 8
settimane di età, cadenza bisettimanale tra gli 8 e i 12 mesi e cadenza mensile tra i 12 e i 24 mesi. I
risultati dimostrano ordinalità delle tappe sebbene inversione nella sequenza di comparsa delle
tappe. Uzgiris e Hunt ritengono che i punteggi alle singole scale dei bambini esaminati consentano
una descrizione concreta dello sviluppo psicologico nelle diverse dimensioni dell’intelligenza
sensomotoria, e il valore di tali punteggi non dipende dalla posizione del bambino rispetto a un
campione normativo. Vinter, Cipriani e Bruni hanno curato la standardizzazione e la validazione
delle scale su un campione italiano: 240 bambini tra 1 e 24 mesi di età di Pisa e dintorni. Per
ciascun livello di età sono stati valutati gruppi di 10 bambini omogenei per distribuzione di genere
e per età. Osservazioni svolte a casa, all’asilo nido e in ospedale per i bambini più piccoli. (Risultati
p.131) a causa del limitato numero di soggetti (10) per ogni livello di età c’è la necessità di valutare
con cautela il b. rispetto al suo gruppo di età in quanto vi potrebbero essere effetti di
campionamento. Pertanto per valutare nel modo migliore un particolare bambino è opportuno
considerare i risultati dei gruppi di età appena precedente o successivo al suo e utilizzare i dati
relativi alla statistica descrittiva oltre alla distribuzione di frequenza in centili. Nello sviluppo del
bambino, per qualsiasi aspetto considerato, i cambiamenti che si verificano nei primi mesi sono
maggiori e più rapidi di quelli che si verificano successivamente. Le tappe devono essere
considerate come misura su scala ordinale e non possono essere trattate come una misura
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quantitativa. Secondo Vinter, Cipriani e Bruni nei periodi in cui l’incremento e la variabilità
interindividuale sono maggiori si verifica il passaggio a un nuovo livello di organizzazione del
comportamento del bambino. Indicazioni su applicabilità scale: ♦ Nel loro insieme le scale
permettono la valutazione dello sviluppo del bambino tra 1 e 18 mesi di età; oltre questa età si
verifica “l’effetto tetto”: esse non riescono a misurare in modo adeguato le differenze tra gli
individui; ♦ la Valutazione del bambino nei primi 2 mesi di vita risulta povera perché si riferisce a
comportamenti evidenti e macroscopici. Per valutare capacità neonati sono necessarie tecniche di
osservazione sofisticate e adeguate al loro limitato repertorio comportamentale; ♦la Scala delle
relazioni spaziali fornisce la valutazione per un arco di tempo più limitato e risulta più sensibile nel
primo anno di vita; la Scala della permanenza dell’oggetto permette una valutazione per un arco di
età più ampio, la scala dell'imitazione gestuale non permette la valutazione del bambino prima di
dei 3-4 mesi;
UZIGIRS E HUNT per descrivere la natura e le caratteristiche dell'intelligenza senso motoria hanno
analizzato le correlazioni tra le diverse scale per verificare la concezione di Piaget secondo la quale
i diversi aspetti dello sviluppo cognitivo si evolvono in modo omogeneo in quanto determinati da
processi sottostanti generali e comuni. L’analisi di questi indici di correlazione evidenzia basse
correlazioni, non significative, tra le sei scale, escludendo l’effetto attribuibile all’età cronologica.
Questi dati non confermano la concezione di Piaget e sembrano indicare che le correlazioni
riscontrabili tra le scale siano basate su ‘omologie localizzate’ cioè su processi sottostanti specifici
che riguardano una particolare dimensione piuttosto che su processi sottostanti generali che
determinano lo sviluppo sensomotorio nelle varie dimensioni. VINTER, CIPRIANI E BRUNI sul
campione italiano circa la relazione tra le scale evidenziano come i legami tra le diverse dimensioni
dell’intelligenza sensomotoria siano generalmente deboli. Tuttavia, in alcune fasce d’età e per
alcune scale sono state trovate correlazioni consistenti che appaiono coerenti con la concezione
piagetiana. In particolare: • Nel primo anno di vita la costruzione della permanenza dell’oggetto
risulta “trainante” cioè anticipa la costruzione del concetto di spazio e delle relazioni mezzi-fini. •
Nel secondo anno di vita l’imitazione svolge ruolo importante nella comparsa della capacità
simbolica. BATES E COLLEGHI hanno utilizzato le Scale Uzgiris e Hunt per una ricerca il cui scopo era
di indagare la relazione tra sviluppo comunicativo gestuale e verbale e lo sviluppo sensomotorio.
Tale studio ha coinvolto 25 bambini dall’età di 9 a quella di 12 mesi e mezzo sottoposti a 4 sedute a
un mese di intervallo l’una dall’altra. Nel corso delle sedute sono state somministrate le Scale e
rilevati i comportamenti comunicativi gestuali e verbali dei bambini. I risultati evidenziano che
alcune dimensioni dell’intelligenza sensomotoria correlano con lo sviluppo gestuale e verbale. Lo
sviluppo comunicativo-linguistico dei bambini è in stretta relazione con lo sviluppo dell’imitazione,
delle relazioni mezzi-fini e del gioco simbolico mentre è indipendente dallo sviluppo della
permanenza dell’oggetto e delle relazioni spaziali. Solo alcuni aspetti dello sviluppo sensomotorio
sono specificamente coinvolti nello sviluppo comunicativo-linguistico.

SCHEMA DI CODIFICA DELL’ATTIVITA’ DEL BAMBINO NEL CONTESTO EDUCATIVO


La qualificazione e valorizzazione del profilo professionale dell’educatore/insegnante avviene
fornendogli competenze specifiche relative all’osservazione. La padronanza delle tecniche di
osservazione dota l’educatore/insegnante di procedimenti tipici dell’indagine scientifica,
favorendo la possibilità di inserire l’attività educativa in un progetto di ricerca affidabile.
L’addestramento all’osservazione rientra in un approccio alla formazione e all’atteggiamento che
considera l’educatore/ insegnante un soggetto attivo e produttivo di informazioni anziché un
contenitore da riempire con nozioni trasmesse dagli esperti. Il passaggio dal ruolo di attore a
quello di osservatore consente all’educatore/insegnante di stabilire un distacco tra sé e l’attività
educativa necessario per riflettere sul proprio operato e che non è possibile sperimentare se
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direttamente coinvolti nell’attività. L’esperienza di osservare ha una ricaduta sull’agire educativo,


nel senso di rendere l’educatore/insegnante consapevole dell’importanza di assumere un
atteggiamento di partecipazione attiva e non invasiva, di osservazione che è complementare al
consueto atteggiamento di guida e direzione. Lo schema di codifica presentato è destinato
all’osservazione sistematica del bambino nel contesto educativo e quindi risulta utile per favorire
questo approccio. Esso rileva le attività del bambino in tali contesti, a partire dalle quali è possibile
ricavare tre aspetti del suo comportamento: clima sociale, linguaggio e livello cognitivo.

CARATTERISTICHE DELLO SCHEMA DI CODIFICA


Lo “Schema di codifica delle attività del bambino nel contesto educativo” [Camaioni, Bascetta e
Aureli] viene applicato a osservazioni di tipo “carta e matita” o videoregistrate con la tecnica del
target child (p.135). Le osservazioni devono durare 20 minuti. Bisogna stabilire con attenzione il
momento della giornata in cui fare l’osservazione. Importante effettuare rilevazioni per tutti i
bambini nello stesso momento della giornata. Attività, motivazione e stanchezza influiscono sul
comportamento del bambino e possono alterare le rilevazioni. Camaioni, Bascetta e Aureli
propongono una scheda di registrazione dei comportamenti del bambino da compilare e
successiva codifica. Intestazione: nome, età del bambino, data, ora e tutti i comportamenti messi in
atto dal bambino in unità temporali di 1 minuto. La prima parte della scheda è dedicata alla
registrazione dei comportamenti del bambino in ciascuna unità temporale: occorre descrivere nel
modo più fedele ciò che si osserva e riportarlo in 2 colonne: una per l’attività (descrivere l'attività)
e l’altra per il linguaggio(riportare le frasi prodotte dal bambino). La seconda parte è dedicata alla
codifica e viene compilata successivamente. È composta da 3 colonne, una per ciascuna
dimensione valutata dallo strumento tipo di attività (si inserisce il numero dell’attività), linguaggio
(numero di turni e direzione dello scambio es bambino osservato BO-> bambino B/piccolo gruppo
PG) e clima sociale o voi comportamento sociale(attività solitaria, diadica, piccolo gruppo, grande
gruppo). Successivamente l’attività viene esaminata per valutare il livello cognitivo a cui viene
svolta (viene valutato attraverso tre misure: alto A, medio M, basso B. Quando è alto devono
essere presenti 3 criteri: 1. pianificazione intenzionale di un progetto nell'ambito di una specifica
attività 2. utilizzazione di strumenti adatti al raggiungimento dell'obiettivo 3. realizzazione del
progetto attraverso passi successivi fino al suo completamento. Quando è medio devono essere
presenti almeno uno o entrambi i criteri 1 e 2. Quando è basso sono assenti tutti e tre i criteri).
Scheda deve essere compilata nel modo più completo possibile senza commettere l’errore di
scegliere cosa registrare. Per questo prima di iniziare è importante effettuare l’addestramento degli
osservatori coinvolgendo diversi osservatori nella trascrizione di una stessa seduta di osservazione
videoregistrata, così da poter confrontare le trascrizioni e discutere delle differenze riscontrate,
fino a quando si raggiunge un “buon livello di accordo”.

POSSIBILI USI DELLO SCHEMA DI CODIFICA


Lo schema di codifica può essere utilizzato da coloro che operano nel campo dell’educazione
prescolare (educatori, insegnanti, pedagogisti, psicologi) per analizzare le attività dei bambini nei
contesti educativi con diversi scopi. Ad esempio può servire a valutare il livello cognitivo dei
bambini singoli o del gruppo-classe oppure l’introduzione di un particolare curricolo o progetto
educativo. Nel primo caso lo strumento permette di valutare le capacità cognitive messe in atto
dal bambino, durante lo svolgimento di un’attività, prendendo in considerazione sia le
caratteristiche individuali sia quelle dell’ambiente in cui egli agisce. Questa valutazione si rifà al
modo in cui il bambino usa le sue capacità in una situazione specifica. Partendo dalla scheda di
registrazione dei singoli bambini è possibile calcolare la quantità di tempo (espresso in minuti)
spesa da ciascun bambino della classe in attività di livello alto, medio e basso. Un altro modo di
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considerare il rapporto tra livello cognitivo e attività può focalizzarsi sui singoli bambini. È possibile
analizzare come i bambini utilizzano le proprie capacità in attività specifiche, ottenendo un indice
dello stile cognitivo di ogni bambino. Ci può essere un bambino che uso lo stesso livello cognitivo
in tutte le attività che svolge mentre un altro svolge attività a livello basso o a livello alto. Lo
schema di codifica permette di valutare l’evoluzione del livello cognitivo del bambino nel tempo.
Risulta chiaro come i dati raccolti attraverso l’osservazione nel contesto educativo di Camaioni,
Bascetta e Aureli possono essere utilizzati per analizzare sia un gruppo di bambini sia un singolo
bambino attraverso la creazione di un profilo individuale. È possibile, in entrambi i casi, effettuare
diversi confronti: Si può misurare il livello cognitivo raggiunto dai bambini in attività diverse, in
momenti temporali diversi e in progetti educativi diversi. Lo schema di codifica presentato può
risultare utile in tutti quei casi in cui si vuole disporre di informazioni obiettive sull’attività svolta dai
bambini nei contesti educativi e sul loro impegno intellettivo in tali attività. Può essere utilizzato in
ricerche sul campo per valutare gli effetti di differenti esperienze educative sullo sviluppo del
bambino.

UN ESEMPIO APPLICATIVO -> applicazione delle scale di sviluppo di Uzgiris e Hunt


Marco, 21 mesi, non parla e manifesta problemi comportamentali. La valutazione del bambino è
avvenuta attraverso le scale Uzgiris e Hunt in due sedute, all'interno di una stanza in assenza dei
genitori. La somministrazione è stata difficile in quanto Marco aveva difficoltà a mantenere
l'attenzione e aveva uno scarso interesse per gli oggetti presentati (sostituiti con dei biscotti). Non
sono state somministrate la scala dell'imitazione vocale e gestuale. Votazione è stata ripetuta
all'età di 35 mesi. Per dare significato al punteggio della tappa è necessario associare la tappa al
comportamento criteriale prodotto dal bambino oppure trasformare il punteggio in età di sviluppo.
Dai risultati si evince che l'età di sviluppo è in media di circa 10 mesi mentre l'età cronologica di 21
mesi. Pertanto il grado di ritardo nello sviluppo è di circa 11 mesi che corrisponda a un ritardo
moderato. Ulteriori informazioni possono essere ricavate descrivendo i comportamenti più evoluti
esibiti da Marco nelle singole scale. Per es il raggiungimento della tappa 6 nella scala della
permanenza dell'oggetto corrisponde all'azione critica dell'item 5 “trovare l'oggetto
completamente nascosto in due posti diversi”. Tale comportamento presuppone che Marco abbia
acquisito la capacità di scoprire un oggetto completamente nascosto anche in presenza di elementi
parzialmente fuorvianti in quando i processi di costruzione dell'oggetto si sono cominciate a
differenziare. Informazioni di questo tipo possono essere utili per impostare un intervento
riabilitativo perché forniscono indicazioni precise sulle tappe che Marco deve acquisire a partire
dalle sue capacità attuali. Così come la descrizione che si ricava dalla scheda di rilevazione dei
comportamenti Di Marco nelle situazioni in cui ha esibito comportamenti diversi dalle azioni
criteriali, quelli che potrebbero corrispondere agli item falliti, fornisce informazioni sulle capacità
potenziali cioè quelle capacità che Marco sta acquisendo e che non sono presenti ancora in modo
stabile. A 35 mesi ci sono stati dei progressi (a eccezione della scala di casualità). Nel complesso
Marco ha un'età di sviluppo di quasi 13 mesi e un'intelligenza sensomotore corrispondente al V
stadio piagetiano. Pertanto il suo sviluppo cognitivo procede molto lentamente, il ritardo di
sviluppo è aumentato. A quasi 3 anni Marco ha uno sviluppo cognitivo tipico di un bambino di 1
anno.

CAP 4 – LO SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO


OSSERVARE E VALUTARE LO SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO
Imparare a parlare è la prima e più importante tappa dello sviluppo psicologico del bambino così
come l’imparare a camminare lo è per lo sviluppo fisico e motorio. Un ritardo del linguaggio viene
subito individuato dalla famiglia o dagli educatori e ciò costituisce uno tra i motivi più frequenti di
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consultazione clinica in età prescolare in quanto può essere una manifestazione di problemi di
diversa natura. Gli studiosi hanno evidenziato come la capacità linguistica sia inserita all’ interno
della capacità comunicativa che compare prima del linguaggio, e hanno individuato una serie di
fasi e tappe per descriverne lo sviluppo del bambino nei primi tre anni di vita:
1 FASE (0-9 mesi): fase della comunicazione preintenzionale: vocalizzazioni non di pianto,
lallazione canonica, attenzione condivisa o triadica. Il bambino si trova immerso in un ambiente
ricco e sperimenta le prime interazioni comunicative: egli produce vocalizzi e comportamenti che
sono interpretati dagli altri in modo comunicativo sebbene non sia ancora in grado di utilizzarli
intenzionalmente.
2 FASE (9-12 mesi): fase della comunicazione intenzionale: prima comprensione del linguaggio,
gesti comunicativi deittici, gesti comunicativi referenziali. Il bambino coglie il valore di segnale dei
proprio comportamenti e li utilizza per i propri obiettivi: egli comprende il linguaggio usato dagli
altri, produce i gesti deittici ( vengono utilizzati sia per chiedere l’intervento o l’aiuto dell’ adulto,
sia per chiedere attenzione e condividere con l’interlocutore l’interesse per un evento esterno, un
esempio è il gesto di indicare con il dito), i gesti referenziali (il loro significato non varia con il
variare del contesto, ad esempio il gesto di fare “ciao”, e infine le protoparole (ad esemipo il “bau
bau”).
3 FASE (12-20 mesi): fase del primo linguaggio: produzione delle prime parole, sviluppo lessicale
(prime 50 parole), esplosione del vocabolario. Il bambino produce parole riconosciute tali anche
dai suoi interlocutori e diviene consapevole che le cose si possono nominare e che tutte hanno un
nome, ciò permette un “esplosione del vocabolario”.
4 FASE (20-36 mesi): fase dello sviluppo morfologico- sintattico: prime combinazioni di parole,
prime frasi, prime capacità morfosintattiche. Il bambino inizia a combinare due o più parole
formando le prime frasi e gradualmente impara a usare correttamente la grammatica e la sintassi.
L’acquisizione del linguaggio si completa al quarto anno di vita, e successivamente il bambino
sviluppa la capacità di usare il linguaggio in modo adeguato alle situazioni e alle persone con cui
interagisce. Dal punto di vista comunicativo, il contesto scolastico è diverso da quello familiare, a
cui il bambino è abituato. Possiamo capire tali differenze considerando un aspetto di base della
competenza comunicativa: la presa di turno. Nelle conversazioni informali, come quelle che si
svolgono in famiglia, gli interlocutori hanno turni complementari che alternano in modo
spontaneo, senza il ricorso a regole esplicite che stabiliscono a chi tocca parlare e come si prende il
turno. Al contrario nel contesto scolastico, la selezione del parlante e l’alternanza di turni è
regolata e generalmente controllata dall’insegnante: bambini imparano che per poter parlare in
una discussione di gruppo devono alzare la mano. Generalmente i bambini imparano a parlare
rapidamente e senza uno specifico insegnamento da parte degli adulti. Tuttavia il 10% della
popolazione infantile tra i 3/5 anni di età, presenta una difficoltà nell’acquisizione del linguaggio,
che non è riconducibile ad alcuna patologia specifica (ad esempio ritardo mentale). Un intervento
riabilitativo precoce migliora la capacità dei bambini che presentano difficoltà nello sviluppo del
linguaggio e per questo è importante una precoce identificazione. In passato i ricercatori
utilizzavano come metodo d’indagine l’osservazione diretta e protratta nel tempo del
comportamento spontaneo del bambino in contesti naturali; spesso il bambino osservato era il
figlio del ricercatore. Tale metodo non può tuttavia essere applicato allo studio di ampi campioni di
bambini e quindi non consente di generalizzare i risultati e di analizzare le differenze individuali.
Recentemente, le tecniche di osservazione sono state perfezionate attraverso l’uso del
videoregistratore, la strutturazione del contesto di osservazione, la creazione di schemi di codifica
e la messa a punto di strumenti indiretti di osservazione, quali questionari e interviste da
somministrare a genitori ed educatori di bambini piccoli. Per i bambini più piccoli (primo e secondo
anno di vita) è possibile organizzare sedute di osservazione diretta del comportamento
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comunicativo del bambino insieme ai genitori in un contesto di giochi e routine; l’osservazione può
essere videoregistrata e poi analizzata per procedere a una valutazione qualitativa delle capacità
del bambino attraverso schemi di codifica o scale di valutazione. Un’ altra metodologia consiste
nell’intervistare i genitori o somministrare loro un questionario standardizzato, che permette una
valutazione sia quantitativa che qualitativa del livello di sviluppo del bambino. A partire dai 3 anni
possono essere usate prove standardizzate, in quanto in questa età è possibile ottenere la
collaborazione del bambino e sollecitare le sue risposte a richieste esplicite (queste prove non
richiedono un processo osservativo da parte del valutatore, ma una semplice registrazione delle
risposte del bambino).

QUESTIONARIO SULLO SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO NEL SECONDO ANNO DI VITA


(QSCL)
OBIETTIVI E CARATTERISTICHE DEL QUESTIONARIO
Il questionario dello sviluppo comunicativo e linguistico nel secondo anno di vita (QSCL) è stato
ideato da Camaioni e colleghi, allo scopo di rilevare e valutare lo sviluppo comunicativo e
linguistico del bambino attraverso le informazioni fornite dagli adulti che lo accudiscono. Si tratta di
uno strumento di valutazione standardizzato che valuta la produzione da parte del bambino di
comportamenti comunicativi (motorio, gestuale e verbale) e di comportamenti verbali (parole e
frasi) nel periodo che va dalla comparsa della comunicazione intenzionale alla fase delle parole
singole e delle prime combinazioni di parole. Il questionario va dunque utilizzato nel periodo che
va tra i 12 e i 20 mesi di età. Per garantire l’attendibilità delle informazioni raccolte dai genitori e
dagli educatori è necessario rispettare due condizioni:
- lo strumento deve riguardare comportamenti attualmente esibiti dal bambino, che chi compila ha
modo di osservare.
- le domande si devono riferire a comportamenti nuovi o emergenti che il bambino ha acquisito da
poco tempo e che si verificano nè cosi raramente da essere notati con difficoltà nè così spesso da
rendere faticosa la loro quantificazione.
Questo tipo di strumento prevede domande chiuse o a risposta strutturata: il compilatore farà
ricorso alla memoria di riconoscimento, cioè riconoscerà tra quelli elencati i comportamenti
presenti nel proprio bambino, senza rievocare eventi passati e ricordare in modo incompleto o
distorto. Il QSCL è stato costruito sulla base dei risultati di studi precedentemente svolti che hanno
messo in evidenza due importanti aspetti dello sviluppo comunicativo e linguistico del bambino:
1. la produzione del bambino è influenzata dal contesto fisico e sociale
2. i contesti in cui più facilmente il bambino e l’adulto comunicano sono quelli di routine (il pasto, il
bagnetto) e quelli di giochi.
Nel costruire il QSCL le autrici si sono ispirate all’approccio interattivo-cognitivista che riconosce
legami tra sviluppo linguistico e sviluppo cognitivo, inserisce lo sviluppo linguistico all’interno della
più generale competenza comunicativa, e prende in considerazione le influenze del contesto sullo
sviluppo linguistico. Il QSCL può essere utilizzato in due ambiti specifici:
• l’ambito diagnostico e clinico, per valutare il livello di sviluppo comunicativo-linguistico dei
bambini segnalati ai servizi specialistici per problemi di sviluppo del linguaggio o cognitivo; per lo
screening dei bambini di popolazioni a rischio, per lo screening di ampie popolazioni a scopi
preventivi.

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• l’ambito della ricerca, quando è necessario disporre di una misura dello sviluppo comunicativo-
linguistico dei soggetti, per metterla in relazione con gli altri aspetti dello sviluppo oppure per
controllare il livello di sviluppo del campione

STRUTTURA E SOMMINISTRAZIONE DEL QUESTIONARIO


Vi è un manuale che descrive il QSCL. Il questionario comprende domande a risposta strutturata
relative ai comportamenti comunicativi e non comunicativi prodotti dal bambino all’interno di sei
specifici contesti di vita quotidiana. Si chiede di compilare il questionario dopo aver osservato il
bambino per alcuni giorni. Il comportamento prevede tre età di rilevazione: 12,16 e 20 mesi. Per la
rilevazione a 12 e 16 mesi si utilizza la Forma I, mentre a 20 mesi si utilizza la Forma II. Per ogni
forma ci sono un tot di item. I sei contesti compresi nelle due Forme sono definiti dai seguenti
interrogativi:
1. Cosa fa il bambino quando ha fame?
2. Cosa fa il bambino quando vuole uscire di casa?
3. Come si comporta il bambino quando vuole un giocattolo?
4. In assenza della persona preferita, cosa fa il bambino per richiamarla?
5. Quando guardate/leggete insieme un libro, cosa fa il bambino?
6. Quando giocate insieme a cucù-settete, cosa fa il bambino?
Per ogni contesto vengono specificati i comportamenti di tipo motorio, vocale e linguistico che il
bambino può esibire. Per ciascun comportamento si deve indicare se il bambino lo produce e con
quale frequenza, utilizzando una scala a tre livelli: mai, qualche volta (2-3 volte), spesso (più di 3
volte). Ciascuna Forma del questionario include due liste:
• la lista delle parole: comprende i termini che più frequentemente i bambini producono quando
iniziano a parlare (es mamma, papà). In essa si chiede di indicare se il bambino usa per lo stesso
significato una parola diversa da quella citata (ad esempio “acca” per dire acqua)
• la lista di gesti: si riferisce ai gesti referenziali o simbolici (es fare ciao con la mano).
Per ogni parola e gesto si deve indicare con quale frequenza il bambino li produce (mai, qualche
volta, spesso) e in quale situazione. Le due forme di QSCL differiscono in quanto la Forma I prevede
anche una lista relativa alle abilità motorie del bambino, da compilarsi con le stesse modalità delle
altre due liste, che permette di misurare il generale sviluppo del bambino. Al contrario,
rivolgendosi a bambini più grandi, la Forma II include un maggior numero di comportamenti che il
bambino può esibire nei contesti, tra i quali la produzione di semplici frasi. Si suggerisce di
consegnare il questionario ai genitori o all'educatore 10 giorni prima per osservare meglio il
bambino e viene ritirato una settimana dopo il compimento del mese della rilevazione. In alcuni
casi si può aiutare i genitori a compilarlo (es genitori con scarsa scolarizzazione o basso livello socio
culturale).

CODIFICA E RIFERIMENTO AI VALORI NORMATIVI


Una volta compilato, il QSCL va codificato analizzando le risposte date e attribuendo punteggio a
ciascun comportamento. Sono disponibili schede per la tabulazione dei dati che facilitano questa
fase del lavoro. I diversi comportamenti vengono distinti in nove categorie che costituiscono le
variabili o misure del questionaro. A partire dalle due liste di gesti e parole si ricavano due ulteriori
variabili: numero gesti e numero parole. Infine dalla lista delle abilità motorie della Forma I si
ricava la variabile abilità motorie. Accanto ad ogni item vi è la sigla della categoria. Per ogni item si
attribuisce un punteggio in base alle frequenza del comportamento prodotto dal bambino: (0 punti
-> “mai”, 1 punto -> “qualche volta”, 2 punti -> “spesso”) Nella scheda per la tabulazione vanno
inseriti i punteggi di ciascuna categoria per i sei contesti. I punteggi ricavati dalla codifica
costituiscono i punteggi grezzi delle misure che si ricavano dal QSCL. Questi punteggi possono
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essere utilizzati per descrivere lo sviluppo comunicativo-linguistico di un particolare bambino a una


certa età, oppure per determinare il livello di sviluppo medio di un gruppo di bambini. Nel caso in
cui si sia interessati a confrontare le misure relative a un particolare bambino con i valori normativi
è necessario trasformare i punteggi grezzi in punteggi standardizzati T. Soltanto alcune misure
ricavate dal questionario sono criteriali, cioè consentono una valutazione fedele e accurata dello
sviluppo comunicativo e linguistico e predicono il successivo sviluppo linguistico del bambino. Nel
manuale del QSCL sono incluse tre tabelle, una per ciascuna età di rilevazione, che consentono di
trasformare i punteggi grezzi in punteggi standardizzati T. I punti T si distribuiscono su una scala
che va da 0 a 100, con media 50. Se il punto T di una determinata misura cade tra il 60 e il 40, il
livello di sviluppo del bambino può ritenersi nella norma. Se il punto T è inferiore a 40 risulta al di
sotto della norma rispetto alla popolazione di riferimento. Un bambino che presenta più di una
variabile criteriale con punteggio inferiore a 40 viene considerato a rischio.

STUDI DI VALIDAZIONE, STANDARDIZZAZIONE E APPLICAZIONE DEL QSCL


Un primo studio di validazione è stato condotto su un campione di 23 bambini valutati
longitudinalmente a 12, 16 e 20 mesi di età (Camaioni). I risultati hanno permesso di verificare la
validità di costrutto, la validità predittiva e l’attendibilità del QSCL.
• Per validità di costrutto si intende la capacità dello strumento di valutare in modo adeguato ciò
che intende misurare (cioè lo sviluppo comunicativo-linguistico nel secondo anno di vita).
• Per validità predittiva si intende la capacità di alcune misure ricavate dallo strumento di predire
lo sviluppo ad età successive.
• Per attendibilità si intende la capacità dello strumento di misurare in modo stabile il
comportamento: il QSCL ha dimostrato che le rilevazioni effettuate dai genitori sono risultate
congruenti con quelle fornite, sugli stessi bambini, da un osservatore indipendente ed esperto. Un
ulteriore studio è stato condotto per standardizzare le misure ricavate da QSCL e ottenere i valori
normativi di riferimento. Tale studio ha coinvolto un campione di 50 bambini, stratificato
geograficamente e socioculturalmente. Quest’ ultimi sono stati valutati a 12, 16 e 20 mesi d’età. I
risultati di questo studio sono riportati nel manuale. Il QSCL è stato utilizzato in ambito diagnostico
e clinico e in diversi studi empirici, inoltre è stato anche utilizzato in progetti promossi dai comuni e
dalle regioni per lo screening preventivo della popolazione infantile frequentante gli asili nido. Per
quanto riguarda l’ambito della ricerca, il QSCL è stato utilizzato in molti studi:
• in alcuni casi è servito a controllare il livello di sviluppo comunicativo-linguistico dei bambini
inclusi nel campione o a selezionare bambini con un particolare livello di sviluppo.
• in altri casi è servito a misurare il livello di sviluppo comunicativo-linguistico dei bambini presi in
esame e a metterlo in relazione con altre capacità. In una serie di studi il QSCL è stato compilato
dai genitori di bambini di 12, 16 e 20 mesi di età, i quali venivano osservati anche mentre
interagivano con la madre durante il gioco e il pasto. L’obiettivo era di valutare come le madri
parlano ai figli che imparano a parlare, e se gli stili comunicativi da loro adottati influiscono sullo
sviluppo linguistico dei bambini. Si è visto che le madri utilizzano diversi stili comunicativi in
relazione ai progressi linguistici dei bambini (es alcune madri usano modalità comunicative
adattate all'oggetto dell'attenzione e dell'attività del bambino o orientate a correggere e
controllare il figlio), inoltre l’uso di diversi stili non dipende tanto dalle caratteristiche individuali e
dalla personalità delle madri, quanto piuttosto da fattori contestuali. Le caratteristiche del bambino
influenzano lo stile comunicativo da lei adottato. Un ulteriore studio ha mostrato come lo stile
utilizzato dalle madri con il primogenito sia diverso da quello adottato con il secondogenito. Infine,
il modo in cui le madri parlano con i propri figli influisce sul successivo sviluppo linguistico. Il QSCl è
stato utilizzato in uno studio sui bambini con ritardo mentale e con sindrome dello spettro autistico
allo scopo di descrivere i loro profili comunicativo-linguistici. La ricerca ha coinvolto 27 bambini con
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ritardo mentale e 27 con autismo con un equivalente sviluppo cognitivo caratterizzato da un


ritardo medio-grave. Il QSCL è stato compilato per ciasun bambino da un operatore
opportunamente addestrato del servizio in cui era in cura. I risultati evidenziano come i bambini
con autismo e con ritardo mentale appaiono simili per l’uso delle modalità comunicative primitive
(il pianto, i vocalizzi...) Entrambi gruppi inoltre manifestano una spiccata tendenza al
comportamento solitario e al raggiungimento autonomo dei propri scopi, per cui non sono in
grado di comunicare i propri bisogni all'adulto al quale rimane il compito di capire il bambino. I
profili comunicativi dei bambini con sindrome autistica e con ritardo mentale si differenziano a 14
e 20 mesi di età: i bambini con sindrome dello spettro autistico presentano capacità più ridotte
nell’uso dell’indicazione e dei gesti comunicativi rispetto ai bambini con ritardo mentale. Questi
risultati sono coerenti con altri studi che dimostrano come i bambini con sindrome autistica siano
caratterizzati da uno sviluppo comunicativo-linguistico gravemente compromesso rispetto al livello
cognitivo raggiunto.

SCHEMA DI CODIFICA DELLE CONVERSAZIONI IN CLASSE


PRESUPPOSTI TEORICI E OBIETTIVI DELLO STRUMENTO
Selleri e Santarcangelo hanno costruito uno schema di codifica degli interventi linguistici di
insegnanti e bambini nella scuola dell’infanzia e primaria, rifacendosi all’ approccio etnografico e
ad alcuni studi sulla comunicazione in classe. In particolare, le autrici utilizzano il concetto di
routine, derivato dalla teoria dell’interazione sociale, che applicato al contesto scolastico identifica
situazioni e attività che si ripetono nello stesso modo e con le stesse regole. Le routine sono
principi organizzatori delle attività educativo-didattiche e permettono a tutti i partecipanti di
conoscere il proprio ruolo, il comportamento da mettere in atto, l’attività da svolgere e la possibile
reazione dell’interlocutore. Le routine conversazionali rendono prevedibile e controllato uno
scambio linguistico tra insegnanti e alunni. Lo schema di codifica proposto da Selleri e
Santarcangelo è stato costruito a partire dall’esame di conversazioni videoregistrate, svolte in
numeroso classi di scuola dell’infanzia e primaria e in diverse situazioni. Attraverso tale analisi, le
autrici hanno individuato una serie di categorie che identificano diverse tipologie d’intervento di
insegnanti e bambini nel corso delle attività educativo-didattiche.

STUDIO DI UN CASO DI SINDROME DELLO SPETTRO AUTISTICO ATTRAVERSO IL QSCL


Il QSCL può essere utilizzato in ambito clinico per valutare le capacità comunicativo linguistiche di
bambini con problemi di sviluppo. È utile per diagnosticare le capacità deficitarie e quelle
preservate e permette di pianificare il trattamento di intervento. Bernabei, Camaioni e Paolesse
hanno analizzato il profilo di sviluppo di un bambino con sindrome dello spettro autistico nei primi
tre anni di vita. È stata fatta una valutazione dell'interazione sociale, della comunicazione e del
linguaggio, degli schemi di azione e del gioco funzionale/simbolico attraverso una griglia di
osservazione del bambino nel contesto naturale da applicare a filmati amatoriali(dalla nascita fino
a 38 mesi); una valutazione dello sviluppo generale (a 24,34,38 mesi); e una valutazione dello
sviluppo comunicativo e linguistico attraverso il QSCL (a 24,34,38 mesi). L'analisi dei filmati
amatoriali hanno evidenziato come lo sviluppo del bambino fosse stato progressivo fino a 12 mesi
mentre nel periodo tra i 12 e i 18 mesi sono state perse diverse capacità precedentemente
acquisite (il bambino tendeva ad isolarsi). La valutazione cognitiva del bambino attraverso le scale
Uzgiris-Hubt ha mostrato un lieve peggioramento delle capacità sensomotoria tra i 24 e i 38 mesi
(l'età di sviluppo era tra i 13,5, 12,2, 10,2 voi mesi rispettivamente a 24, 34 e 38 mesi di età
cronologica, il livello di sviluppo sensomotorio corrispondeva al V stadio). Riguardo alla valutazione
con il QSCL era stata osservata una sostanziale stabilità delle capacità comunicativo linguistiche che
risultavano alle età rilevante interiori al livello di sviluppo cognitivo. Nei mesi successivi il bambino
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non ha evidenziato nessun progresso nelle capacità comunicative e linguistiche risultando sempre
a un livello inferiore rispetto ai bambini di 12 mesi con sviluppo tipico. Soltanto il comportamento
di ricorso all'adulto e le capacità motorie hanno registrato un incremento. Il profilo di sviluppo di
questo caso presenta le caratteristiche tipiche dei bambini con sindrome dello spettro autistico

CARATTERISTICHE E UTILIZZO DELLO STRUMENTO


Lo schema di codifica delle conversazioni in classe di analizzare l'intervento linguistico di
insegnante bambino del quale vengono rilevati la tipologia, la sequenza a chi lo produce. Gli
interventi linguistici dei partecipanti vengono distinti in due tipologie:
1. routine: sono scambi di turni conversazionali (almeno due turni) composti da un’iniziativa
dell’insegnante che implica espressamente una risposta specifica dell’alunno o degli alunni
di tipo verbale o non verbale. Le routine possono essere:
-routine educative: utilizzate per raggiungere gli scopi dell'apprendimento. lo schema di
codifica prevede 4 routine educative: domanda ambigua -> l'insegnante propone
un'attività/discussione senza dare specifiche indicazioni su come procedere; suggerimento
allusivo -> può fornire un giudizio su come procedere nell'attività; scomposizione in
sottoparti -> può fornire parti dell'attività per facilitare un compito; domanda con risposta
implicita -> attività che può richiamare una conoscenza già acquisita con una domanda che
contempla in essa la risposta.
-routine organizzative: diretta ribadire le norme generali che regolano il comportamento
dei bambini in classe. sono individuate quattro categorie: assegnazione del turno ->
l’insegnante ricorda ai bambini che il turno va rispettato; contributo atteso -> assegna al
bambino il turno in modo diretto attirando l'attenzione degli altri su di lui; partecipazione
-> assegnare il turno in modo indiretto; contributo ignorato -> l'insegnante può ignorare
l'intervento di un bambino.
2. interventi semplici: riguardano turni conversazionali che non prevedono necessariamente
una riposta da parte dell’interlocutore. Si distinguono in:
-interventi dell’insegnante che riguardano la conduzione dell’attività: istruzioni sul
compito che forniscono una guida esplicita; funzionale che favoriscono il proseguimento
dell’attività e sono a loro volta distinti in riformulazioni, richiesta di chiarimento, riflessione
ad alta voce; domanda che formulano una domanda chiusa; valutazione positiva e
negativa che valutano positivamente o negativamente l’intervento di un bambino;
controllo della condotta che controllano la condotta.
-interventi degli alunni che possono essere: turno non sollecitato -> spontaneo; richiesta
d’aiuto -> derivata da un’esigenza legata all’attività; risposta -> in risposta alle sollecitazioni
dell’insegnante o di un compagno; mancata risposta -> mancata risposta a una domanda.

La raccolta dei dati può essere realizzata analizzando attività e conversazioni del gruppo-classe dal
vivo, con carta e matita o videoregistrata. L’osservatore che le esegue deve essere stato
precedentemente addestrato all’osservazione e al significato delle singole categorie di codifica
(l'osservatore deve essere messo in disparte ad essere presentato agli alunni come un'insegnante
per evitare distorsione legate alla reattività dei soggetti). Per la rilevazione dei dati; Selleri e
Santarcangelo propongono un protocollo che comprende due parti:
- Nella prima parte vengono riportate informazioni generali sull’osservazione (data, orario,
insegnante, alunni) e sull’attività osservata (ambito disciplinare, campo di esperienza, argomento).
Possono essere segnalate nelle Note informazioni ritenute importanti per la successiva analisi e
interpretazione dei dati.

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- Nella seconda parte viene suggerito di disegnare una piantina della classe, riportando la
posizione dell’insegnante e degli alunni con il loro nome per facilitare la loro identificazione
durante l’osservazione. Durante l’attività, l’osservatore codifica ogni turno in successione segnando
sulla piantina il codice corrispondente vicino all’interlocutore che lo produce e un numero
progressivo per indicare la sequenza dei turni.

ANALISI DEI DATI E AMBITI DI APPLICAZIONE


Il materiale raccolto può essere analizzato in diversi modi. Nel caso dell’analisi del gruppo, in
primo luogo si può esaminare la partecipazione alla conversazione da parte dei singoli (bambini e
insegnanti) considerando le prese di turno di ciascuno. Un’altra possibile analisi può riguardare i
tipi di intervento e la loro sequenza per indagare le modalità comunicative prevalenti e il rapporto
tra le diverse tipologie di intervento. L’analisi della partecipazione alla conversazione e della
tipologia di turni e sequenze può servire, oltre che per descrivere l’andamento della conversazione
del gruppo, per compiere confronti specifici tra bambini (di età, etnie diverse), tra attività diverse o
tra docenti diversi nelle stessa attività Infine, l’analisi dei singoli bambini, in particolare quelli con
difficoltà può servire per capire le modalità adottate da ciascuno per partecipare alle attività e per
comunicare con i compagni e l’insegnante. In conclusione, l’analisi della conversazione e
dell’andamento delle attività in classe è un metodo utile in diversi ambiti: psicologico: per
comprendere le dinamiche educative della classe e conoscere il clima; educativo: per riflettere
sulle scelte didattiche, sulla conduzione del lavoro, sul ruolo dell'insegnante, sul contributo del
gruppo del singolo; e della formazione degli insegnanti: affinché possano comprendere meglio le
caratteristiche e il ruolo degli interventi conversazionali di insegnanti e alunni nei processi di
insegnamento-apprendimento e flettere su di essi al fine di favorire l'adozione consapevole.

UN ESEMPIO APPLICATIVO
Il caso riguarda una bambina primogenita, Laura. I ricercatori hanno somministrato il QSCL-Forma I
ai genitori quando la bambina aveva 15 mesi di vita. Come previsto dallo strumento è stato
richiesto ai genitori di compilare il questionario dopo avere osservato la figlia nelle diverse
situazioni previste. Per quanto riguarda la lista dei gesti comunicativi, i genitori hanno indicato un
numero abbastanza ampio di gesti comunicativi (10 gesti diversi). Per tre gesti indicati dai genitori
non sono riportate le situazioni in cui vengono usati, e pertanto, come specificato nel manuale del
QSCL, non sono stati codificati. In conclusione, dalla codifica dei gesti risulta che Laura ne produce
sei. Della lista delle parole sappiamo che Laura produce cinque parole usate tutte a scopo
comunicativo. Pe quanto riguarda le capacità motorie, dal questionario risulta che Laura produce
spesso quattro degli otto comportamenti previsti. Se si vuole valutare il livello di sviluppo di Laura
rispetto a quello normalmente raggiunto alla stessa età dalla maggior parte dei bambini, è
necessario confrontare i punteggi ottenuti da Laura con i valori normativi. Si è notato che quattro
misure criteriali per lo sviluppo comunicativo si collocano al di sotto della norma. Laura però è
stata confrontata con il livello di sviluppo normalmente raggiunto dai bambini di un mese più
grande di lei. Si è ritenuto di conseguenza monitorare lo sviluppo di Laura e si è chiesto ai genitori
di compilare il QSCL Forma II al compimento dei 20 mesi di età. A 20 mesi Laura ha presentato
ancora un profilo di sviluppo a rischio, caratterizzato da un ritardo nell’acquisizione del linguaggio.
Per verificare ulteriormente il livello di sviluppo comunicativo-linguistico, il QSCL Forma II è stato
somministrato ai genitori quando Laura aveva 24 mesi. Nel complesso possiamo concludere che
Laura a 24 mesi presenta un livello di sviluppo comunicativo e linguistico paragonabile a quello di
un bambino di 20 mesi. Laura presenta un lieve ritardo di circa quattro mesi nel suo sviluppo
comunicativo-linguistico. Laura potrebbe essere uno di quei bambini definiti “lenti nel parlare” che
in molti casi recuperano spontaneamente le difficoltà entro il terzo anno di vita.
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CAP 5 – LO SVILUPPO SOCIALE


Le interazioni sociali influenzano il processo di sviluppo fin dalla nascita e sono un indicatore di
adattamento dell’individuo al suo gruppo sociale.
OSSERVARE E VALUTARE LO SVILUPPO SOCIALE
Il bambino partecipa fin dalla nascita a una varietà di scambi sociali: Nei primi mesi di vita le
interazioni sono dirette, cosiddette “faccia a faccia” (scambio di sorrisi e vocalizzi). Intorno ai 6
mesi i due partner arrivano a condividere l’attenzione per qualche aspetto del mondo esterno, e le
interazioni diventano più complesse; si parla di “attenzione condivisa”. Nascono così i primi giochi
sociali. Ogni episodio interattivo implica il coinvolgimento affettivo di entrambi i partecipanti e la
capacità di accordarsi sulle risposte comportamentali ed emotive atte ad assicurare la riuscita dello
scambio, cosicché il loro ripetersi nella vita quotidiana sviluppa la conoscenza reciproca e il piacere
di stare insieme. Su questa base, si costruisce una storia di esperienze condivise tra il bambino e
chi si prende cura di lui che permette la formazione delle prime relazioni interpersonali. È
all’interno di questa nicchia relazionale che il bambino impara a conoscere il mondo e a parlare su
di esso. Il primo strumento presentato è il SISTEMA DI CODIFICA RELAZIONALE che analizza la
coregolazione interpersonale. Lo scopo è di identificare il grado in cui le persone che interagiscono
tra loro condividono un focus comune. Con il procedere dello sviluppo, il bambino ha la possibilità
di stabilire relazioni con persone diverse, in particolare con i pari. All’interno dei gruppi di pari, il
bambino impara a relazionarsi con gli altri e a regolare l’espressione delle emozioni, scopre il ruolo
sociale, la propria identità e valuta se stesso, incorpora norme comportamentali e morali, sviluppa
il ragionamento e il pensiero critico. Il secondo strumento è la SCALA DI VALUTAZIONE DEL
COMPORTAMENTO E DELLA COMPETENZA SOCIALE, elaborata da Dumas e LaFreniere. È una scala
standardizzata ricolta a educatori e insegnanti il cui è obiettivo è valutare la competenza sociale e
le difficoltà comportamentali di bambini in età prescolare. Esso risulta utile in vari ambiti, in
particolare può essere utilizzato dalle insegnanti per organizzare le loro attività educative e dai
clinici per lo screening di situazioni a rischio.

SISTEMA DI CODIFICA RELAZIONALE


OBIETTIVI E CARATTERISTICHE DELLO STRUMENTO
Il sistema di codifica relazionale, messo a punto da Alan Fogel, coglie la qualità della
comunicazione interpersonale. Nasce dall’idea che la comunicazione sia un evento dinamico che
coinvolge la capacità di regolare il proprio comportamento in funzione del comportamento
dell’altro. In questo modello la comunicazione dipende non dai suoi partecipanti ma dal muto e
continuo adattamento delle loro azioni. L’oggetto di analisi è il tipo di negoziazione raggiunto dai
partner durante l’interazione. Lo strumento può applicarsi a tutte le forme di comunicazione
interpersonale, verbale e non verbale, tra qualunque individuo di qualsiasi età. Nel campo
dell’interazione madre-bambino può servire a cogliere il processo di adattamento interpersonale in
età molto precoce.
Concetti simili a quello di coregolazione utilizzato da fogel sono il concetto di “sincronia
interazionale” cioè accordo simultaneo tra i comportamenti di madre e bambino, “contingenza
interattiva” riferendosi alla risposta di ciascun partner ha i segnali immediatamente precedenti a
all'altro, “mutua regolazione” per cogliere la reciprocità dei comportamenti interattivi,
“sintonizzazione” in riferimento all' esatta corrispondenza degli Stati affettivi nella diade. Questi
sono concetti che spostano l'attenzione dai processi relazionali verso sequenze di azioni che
somigliano al turno tra singoli individui. Lo strumento di Forgel coglie il processo comunicativo
nella sua totalità, si basa su una teoria della comunicazione come processo continuo e di muto
esattamente, va a rilevare la natura creativa della comunicazione. Il processo di negoziazione
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interpersonale fa sì che l'informazione venga continuamente elaborata dai suoi partecipanti


anziché essere semplicemente trasmessa. Un'altra caratteristica dello strumento è la sua
dipendenza dalla storia della diade, gli osservatori devono conoscere quella particolare diade per
valutare il grado di innovazione di ogni evento comunicativo. Questo approccio ha radice nei
metodi qualitativi dell’osservazione etnografica e deriva dalla necessità di comprendere un evento
nella sua unicità.

STRUTTURA DELLO STRUMENTO


Il sistema di codifica relazione analizza la coregolazione tra i partner di un'interazione sociale.
Consiste in un processo sociale in cui l’individuo che interagisce con un altro modifica le proprio
azioni rispetto al procedere delle azioni del partner. Lo schema distingue l’interazione in categorie
lungo un continuo di coregolazione interpersonale:
• Simmetrica: le azioni di ogni partner influenzano le azioni dell’altro in maniera continua.
(massimo livello di coinvolgimento interpersonale) -> partecipazione congiunta -> massimo livello
di coregolazione
• Asimmetrica: l’innovazione comunicativa è prodotta da uno solo dei partner, il tema della
comunicazione viene condiviso da entrambi ma solo uno di essi è responsabile della sua
elaborazione mentre l'altro si limita a guardare l'attività.
• Unilaterale: solo uno dei due è attento all’altro o agisce in considerazione dell’altro.
• Rottura: un partner interrompe l’altro in maniera inappropriata, mettendo in atto comportamenti
di dominanza senza negoziazione.
• Disimpegno: ogni individuo è impegnato in attività diverse per cui non esiste un fuoco di
attenzione comune. (pista categoria non c’è coregolazione, voi mentre nelle altre è presente ma è
di diverso grado).
L’unità di analisi è l’episodio di coregolazione, identificato dall’azione di un partner seguita
dall’opportunità per l’altro individuo di partecipare. Non è il comportamento individuale che guida
la codifica ma quello reciproco. Fogel consiglia di codificare soltanto unità che durano non meno di
due secondi.

SCALA DI VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO E DELLA COMPETENZA SOCIALE


PRESUPPOSTI TEORICI E OBIETTIVI DELLO STRUMENTO
La scala di valutazione del comportamento e della competenza sociale (SCBE) è stata tradotta in
italiana in due versioni: una da 80 item e una da 30 item. L’obiettivo di entrambe le scale è di
valutare la competenza sociale, l’espressione affettiva e le difficoltà di adattamento sociale di
bambini in età prescolare, attraverso le osservazioni delle educatrici di asilo nido e delle insegnanti
di scuola dell’infanzia. Come ha sottolineato Schaffer, sono diverse le componenti che si
intersecano nello sviluppo sociale:
• Componente relazionale, relativa alla capacità di interagire con gli altri;
• Componente affettiva, riguarda la capacità di esprimere sentimenti e regolare le emozioni negli
scambi sociali;
• Componente cognitiva, che comprende le conoscenze sulle relazioni tra le persone e sul mondo.
Un bambino definito socialmente competente è colui che utilizza in modo efficace le capacità
relative alle tre componenti in diversi contesti relazionali (famiglia, scuola, gruppo di pari). Le
definizioni di competenza sociale invece, variano in funzione al contesto culturale in cui sono
elaborate. Alcuni studiosi fanno riferimento a comportamenti e capacità negli ambiti relazionale,
emotivo e cognitivo; altri considerano gli aspetti intra e interpersonali come indicatori della
competenza sociale (autostima, accettazione, autosufficienza). Un altro aspetto da considerare in
funzione allo sviluppo sociale è l’adattamento e il disaddamento sociale, cioè gli esiti funzionali o
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disfunzionali dello sviluppo sociale. Quando si vuole rivelare e valutare un fenomeno è necessario
fornire una definizione operativa del costrutto di riferimento; mandata la mancanza di una
definizione univoca di competenza sociale chi costruisce lo strumento deve esplicitare chiaramente
gli aspetti considerati e chi lo sceglie deve conoscere e condividere la definizione di costrutto
sottostante ad esso. L’SCBE parte dall’idea che nell’età prescolare l’espressione degli affetti e la
regolazione delle emozioni svolgano un ruolo importante nelle relazioni sociali del bambino e che
influenzino il suo adattamento sociale. La scala da 30 item (SCBE-30) risulta più maneggevole
rispetto alla versione a 80 item. Nel costruire tale scala, gli autori si sono posti l’obiettivo di
ottenere: • Una descrizione standardizzata dei comportamenti affettivi e sociali di bambini
prescolari che risulti valida, affidabile e utile.
• Uno strumento di screening che discrimini specifici problemi emotivo-comportamentali.
• Una valutazione della competenza e dell’adattamento sociale del bambino.
• Misure caratterizzate da validità, stabilità e affidabilità.
• Misure sensibili al cambiamento nel tempo per valutare gli effetti dell’andamento evolutivo.
La scala è stata costruita per uno scopo educativo, per orientare gli interventi degli insegnanti e
degli educatori.

CARATTERISTICHE E STRUTTURA DELLO STRUMENTO


L’SCBE-30 è costituita da tre scale, composte ognuno da 10 item che si rifanno a comportamenti
che i bambini possono esibire nel contesto scolastico verso compagni e adulti:
• Scala COMPETENZA SOCIALE: comprende comportamenti di collaborazione e negoziazione con
gli altri, empatici e prosociali, di tolleranza e piacere.
• Scala RABBIA E AGGRESSIVITA’: include sia comportamenti che segnalano l’espressione di
emozioni negative (rabbia, frustrazione, delusione) che possono disturbare o infastidire gli altri, sia
comportamenti aggressivi, conflittuali e di opposizione. Questi comportamenti sono chiamati
anche comportamenti esternalizzanti (problemi di impulsività, instabilità emotiva).
• Scala ANSIA E ISOLAMENTO: raggruppa comportamenti che esprimono anch’essi emozioni
negative come ansia, preoccupazione, timidezza e ritiro sociale. Chiamati anche comportamenti
internalizzando -> stati d'animo ed emozioni negative di tipo ansioso e depressivo
Per ciascun item le risposte sono su una scala Lickert a 6 passi, per cui l’osservatore deve esprimere
un giudizio sulla frequenza del comportamento del bambino (raramente 0punti, qualche volta 1
punto, abbastanza spesso 2punti, molto spesso 3punti). Il punteggio massimo per ogni sottoscala è
di 60: tanto più il punteggio è alto, tanto maggiore è presente quell’insieme di comportamenti.
Pertanto per la prima scala, punteggi elevati indicano un funzionamento positivo; per la seconda e
terza scala invece, alti punteggi segnalano difficoltà comportamentali. L’SCBE-30 è rivolto a
educatrici e insegnanti per valutare i bambini tra i 2 anni e mezzo e i 6 anni e mezzo. Per garantire
l’affidabilità bisogna: compilare la scala facendo riferimento ai comportamenti osservati al
momento della compilazione, osservare con più attenzione un bambino prima di compilare la
scala, avendo ben in mente gli item, non farsi influenzare dall’età, dal genere o la presenza di
problemi di diversa natura e far compilare la scala relativa ad un bambino da due insegnanti.

AMBITI DI UTILIZZO: educativo (per analizzare in modo oggettivo l'adattamento sociale dei
bambini e l’eventuale presenza di problemi comportamentali e di conseguenza programmare
interventi educativi mirati e verificare gli effetti degli interventi educativi); clinico (per lo screening
di bambini a rischio di adattamento e si sconsiglia l'uso a fini diagnostici) e di ricerca (per indagare
lo sviluppo delle competenze sociali o lo sviluppo socio emotivo).

STUDI DI VALUTAZIONE E CONFRONTO TRANSCULTURALE


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Al fine di determinare la validazione dell’SCBE-30 è stato effettuato uno studio su 2.646 bambini
tra i 3 e i 6 anni provenienti da tre diversi stati degli Stati Uniti e dal Canada. Le analisi hanno
dimostrato: • Validità di costrutto, confermando la struttura fattoriale della scala; • Alta
consistenza interna delle tre scale con valori per le tre scale tra 0,80 e 0,92; • Indipendenza tra le
scale Rabbia e Aggressività e Ansia e Isolamento; • Buona validità di costrutto tra SCBE-30 e SCBE-
80; • Buon accordo tra osservatori; • Stabilità nel tempo tra le valutazioni effettuate dagli
insegnanti a distanza di sei mesi. È stato condotto anche uno studio di confronto internazionale su
un campione complessivo di 4.633 bambini che ha coinvolto otto gruppi nazionali diversi.
L’ampiezza e la diversità del campione permettono di trarre importanti informazioni sullo sviluppo
sociale ed emotivo in età prescolare e sul ruolo giocato da fattori universali e culturali. In
particolare sono state rilevate differenze legate al genere e all’età. Se per la competenza sociale si
evidenza una tendenza universale nello sviluppo (aumenta con l’aumentare dell’età), per le
difficoltà comportamentali al contrario, sono state dimostrate specificità culturali. Questo può
essere spiegato considerando che, sebbene i comportamenti conflittuali e di ritiro sociale siano
particolarmente salienti per le insegnanti in tutte le culture, il valore adattivo di tali comportamenti
accettato dalle diverse culture è diverso. In tutte le nazioni sono stati verificati effetti del genere
sulla competenza sociale e sui comportamenti conflittuali e aggressivi: le bambine sono
universalmente più competenti e meno aggressive dei bambini. Al contrario, sono state riscontrate
differenze tra maschi e femmine per la scala ansia e isolamento. Questo risultato può essere visto
come evidenza di una predisposizione genetica dei bambini di genere maschile a mettere in atto
più comportamenti aggressivi; oppure come evidenza dell’influenza sociale. Gli autori privilegiano
l’interpretazione che considera la presenza di un’interazione tra fattori biologici e ambientali. I
maschi posti in ambienti progettati da insegnanti donne (che sono più attente alle esigenze delle
bambine rispetto ai bambini) aumenta la probabilità di manifestare comportamenti problematici.
La costruzione di uno strumento standardizzato è un processo lungo che richiede molti studi di
validazione, e che permette di raggiungere importanti risultati nell’avanzamento delle conoscenze
su un fenomeno.

UN ESEMPIO DI RICERCA
Il sistema di codifica relazionale di Fogel è stato utilizzato per indagare l’attività condivisa tra madre
e bambino nel secondo anno di vita. Per attività condivisa si intende l’interazione che procede
tramite il comune riferimento di madre e bambino a un oggetto della realtà esterna. Seguendo la
proposta di Fogel di vedere l’interazione come evento dinamico, l’analisi ha riguardato il modo in
cui l’attività condivisa funziona. Sono state osservate 10 diadi madre-bambino mentre interagivano
per 5 minuti, avendo a disposizione un set di giocattoli (tazzine, piattini e altri oggetti da cucina). Le
sessioni osservative si sono svolte nell’abitazione dei bambini, una volta a settimana, iniziando
quando il bambino aveva circa un anno di età e terminando al compimento del secondo anno.
Tutte le sessioni sono state videoregistrate e codificate mediante lo schema di Fogel. Lo schema è
stato ampliato rispetto alla versione originale. La categoria generale della coregolazione
simmestrica è stata suddivisa nelle seguenti sottounità: • Simmetrica-affetto (madre bambino sono
coinvolti nello scambio di espressioni a contenuto emotivo che servono a comunicare il piacere di
stare insieme e di condividere l'esperienza) • Simmetrica-azione (la madre manipola gli oggetti in
accordo con l'attività di manipolazione del bambino) • Simmetrica-linguaggio (madre bambino
commentano mentre manipolano insieme agli oggetti). Le osservazioni sono state codificate
tramite registrazione continua per eventi. Ogni evento della durata di almeno 2 secondi è stato
assegnato alla categoria corrispondente allo stato di coregolazione osservato. Nella prima diade,
quando il bambino era molto piccolo, prevalgono gli episodi di coregolazione unilaterale. Nella
seconda diade, in cui il bambino ha un’età più avanzata del primo, gli episodi unilaterali continuano
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a essere presenti ma aumentano quelli simmetrici rispetto all’azione e rispetto all’affetto. Nella
terza diade la coregolazione unilaterale è limitata a un solo episodio mentre prevalgono gli episodi
simmetrici non solo delle azioni ma anche del linguaggio. Le osservazioni riportano le traiettorie
evolutive della coregolazione del gruppo delle 10 diadi. Si può quindi concludere che la capacità
della madre e bambino di coregolarsi nel secondo anno di vita attraversa tre fasi: • Prima fase:
caratterizzata da interazioni unilaterali in cui è soltanto la madre che tiene conto dell’attività del
bambino. La coregolazione unilaterale decresce mentre aumenta gradualmente quella simmetrica.
• Seconda fase caratterizzata dalla compresenza paritaria dei due tipi di coregolazione. • Terza fase
prevale la coregolazione simmetrica in cui anche il bambino è in grado di tenere conto del
comportamento comunicativo della madre. La capacità di mutuo adattamento che caratterizza la
coregolazione simmetrica attraversa anch’essa alcuni passaggi evolutivi: All’inizio si realizzano due
modalità comunicative: • La prima costituita da espressioni di contenuto emotivo (sorriso,
vocalizzi, risate) che servono a condividere il piacere di stare insieme. • La seconda costituita da
azioni comuni sugli oggetti, promuovere la capacità di condividere aspetti della realtà esterna. •
Successivamente, con i progressi linguistici, la coregolazione si realizza con conversazioni facendo
condividere non solo l’attività ma anche i significati.

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