CAPITOLO 1
Ragionamento e spiegazione della scienza
IL PROBLEMA DELLA DEMARCAZIONE TRA SCIENZA E PSEUDO-SCIENZA
Uno dei problemi di base su cui ragionano i filosofi della scienza è quello di
capire se esiste un criterio per distinguere:
Ciò che è scientifico
Da ciò che non è scientifico
Si tratta del cosiddetto problema della demarcazione tra scienza e pseudo-
scienza
Questo problema è stato affrontato da Karl Popper (1902-1994).
POPPER
Popper ci parla del principio di falsificazione che poggia sulla deduzione.
Per Popper, una teoria è considerata scientifica se falsificabile, cioè smentibile.
Ammettere che una teoria sia falsificabile non significa che essa sia falsa, ma
che in futuro potrebbe rilevarsi falsa oppure potrebbe continuare a trovare
conferma nell’esperienza.
Popper spiega tutto questo nei due libri
- Logica della scoperta scientifica (1934)
- Congetture e confutazioni (1969)
Popper dice che quando un ricercatore sottopone a controllo una teoria, può
ottenere come esito:
O la sua conferma, che è sempre solo momentanea
O la sua smentita o confutazione, che sul piano logico è sempre definitiva
ESEMPIO DI TEORIA FALSIFICABILE EINSTAIN CON LA TEORIA DELLA
REALATIVITA’ RISTRETTA
Ci sono poi le ipotesi infalsificabili, anche chiamate ipotesi ad hoc.
Le ipotesi ad hoc sono ipotesi costruite espressamente per cercare di sottrarre
la teoria alla critica, quindi alle eventuali confutazioni riscontrabili alla luce
dell’esperienza.
In questi casi si tratta, secondo la visione popperiana, di teorie non scientifiche,
ma pseudo-scientifiche.
Critiche
INDUZIONE E DEDUZIONE
La teoria elaborata da Popper è strettamente legata a una critica all’induzione.
I logici distinguono tra:
Ragionamento o interferenza deduttiva: Questo parte
dall’osservazione dei singoli casi per poi arrivare ad una generalizzazione
e quindi alla formulazione della teoria. (Che va dal generale al
particolare)
Ragionamento o interferenza induttiva: Questo parte da una teoria
generale che permette di fare una previsione, la quale deve essere
verificata sui casi singoli attraverso l’esperimento. (Che va dal particolare
al generale)
Con il termine INTERFERENZA si intende un processo argomentativo che
muove da una serie di premesse per giungere a una conclusione.
L’interferenza deduttiva ha la seguente proprietà: se le proprietà sono vere,
allora la conclusione deve essere vera, e ciò indipendentemente se le
premesse siano realmente vere.
Per quando riguarda l’interferenza induttiva, le premesse non implicano
necessariamente la conclusione, ossia è logicamente possibile che le premesse
sono vere e le conclusioni false.
LE CRITICHE DI POPPER
Popper criticò:
Il neopositivismo, o il positivismo logico del circolo di Vienna. Critica
questo in quando sostenevano la centralità del principio di verificazione.
L’espressione di positivismo logico significa:
- Positivismo: si intende il rifiuto di qualsiasi metafisica e l’idea che le
scienze siano l’unica fonte legittima di conoscenza
- Logico: si intende il fatto che il contenuto di ogni conoscenza deve
essere codificato in un linguaggio ideale
Per i positivisti logici esistono due tipi di conoscenze scientifiche:
- le proposizioni logico-matematiche che sono coerenti in sé
- le proposizioni empiriche che sono fondate sull’esperienza e per
poter essere stabilite come vere, devono essere sottoposte al CRITERIO
DI VERIFICAZIONE, che consiste nell’asserire che un enunciato ha un
significato, ossia o è vero o è falso, solo se è verificabile in base ai fatti
empirici
Il metodo induttivo, in quanto un certo numero di fatti che possono
confermare una teoria, non la confermano in modo definitivo e
universale.
LE CRITICHE RIVOLTE A POPPER
Popper a sua volta venne criticato:
Venne criticato dal momento che sia nella scienza, che nella vita
quotidiana, si fa spesso ricorso al metodo induttivo
Un’altra critica è stata formulata dalla correte storicista. Questo filone
ammette che il criterio di falsificabilità sia troppo rigido, poiché nella
realtà non sempre gli scienziati entrano in contrasto con i dati empirici.
IPOTESI AUSILIARIE E IPOTESI AD HOC: PIERRE DUHEM (1861-1916)
Il fisico Pierre Duhem è particolarmente noto per la sua concezione OLISTICA
delle teorie e dei controlli scientifici.
Egli riteneva che non si potesse mettere in discussione una singola ipotesi e se
ciò avveniva era perché la teoria non era stata adeguatamente verificata.
Da questa osservazione sono nate le TESI DUHEM QUINE, secondo cui le
singole teorie scientifiche e l’intero linguaggio, vengono accettate o rifiutate
nella loro totalità. In questo modo, questa tesi escluderebbe la possibilità di
falsificazioni, perché ammetterebbe sempre la possibilità di formulare ipotesi
ausiliarie, che consentono di neutralizzare le istanze negative, trasformandole
in positive.
Nel suo libro La struttura delle rivoluzioni scientifiche Kuhn spiega come
durante i periodi di scienza normale l’insieme delle comunità scientifiche si
organizza attorno a un paradigma dominante, che sono maxi teorie, ossia
dei contenitori teorici che contengono tante teorie diverse. (es. di paradigmi
dominanti: l’eliocentrismo di Copernico, o la legge di gravità di Newton)
Quando un problema sussiste, esso viene chiamato ANOMALIA al fine di non
mettere in dubbio il consenso creatosi attorno ad un paradigma dominante.
Quando i conflitti tra una teoria e l’esperienza si accumulano, le anomalie si
moltiplicano, e minacciano il paradigma, dando luogo ad una CRISI
Si entra cosi nella fase della scienza straordinaria in cui in piccolo gruppo
di ricercatori, o uno solo, può cercare di far scomparire le anomalie adottando
un nuovo paradigma, che non fornisce soluzione, ma che pretende una
‘conversione’ da parte dei ricercatori, ossia un nuovo modo di interpretare il
mondo.
Il passaggio da un paradigma a un altro viene definito come RIVOLUZIONE
SCIENTIFICA
Kuhn ritiene che il processo scientifico sia discontinuo e che, nel momento in cui si
verificano le rivoluzioni scientifiche, non vi sia alcun argomento logico in grado di
giustificare razionalmente la scelta tra il vecchio paradigma e il nuovo. Kuhn sostiene
inoltre che il passaggio da un paradigma a un altro avviene in base ad argomenti
persuasivi e soggettivi. I paradigmi tra loro devono essere incommensurabili (cioè
incrociabili).
ALTRE CONCEZIONI: FEYERABEND E LAKATOS
Popper Paul Feyerabend (1924-1994): egli ha interpretato il concetto di
incommensurabilità come un’impossibilità di comparare due paradigmi sul
piano empirico.
Imre Lakatos (1922-1974): critica la posizione di Popper, formulando un
FALSIFICAZIONISMO SOFISTICATO, combinando le idee buone di Popper e
quelle di Kuhn.
- Di Popper accettò che il motore della ricerca consista nella prova delle
concezioni scientifiche.
- Di Kuhn accettò che gli scienziati si posizionino in un quadro di pensiero, un
‘programma di ricerca scientifico’ e che non cerchino di rifiutarlo in blocco, ma
che cerchino di confermare il nocciolo duro controllando solo le ipotesi
ausiliarie.
Un punto centrale del pensiero di Lakatos è il programma di ricerca
scientifico, ossia un insieme di ipotesi che in una certa epoca orienta il lavoro
comune degli scienziati. Un programma di ricerca ha per nocciolo duro un
piccolo numero di leggi fondamentali e di ipotesi generali inviolabili.
CAPITOLO 2
Quale metodo per le scienze sociali?
IL MODELLO DELLA SPIEGAZIONE CAUSALE
Il modello della spiegazione causale va a ricercare il principio di causalità per
spiegare fenomeni sociali. Anche in psicologia, gli studiosi si sono rivolti ai
metodi delle scienze fisico-naturali.
ESEMPIO: APPROCCIO AL COMPORTAMENTISMO, riconducibile a John
Watson e Burrhus Skinner.
Auguste Comte
Comte fu uno dei primi sostenitori dell’idea che fosse possibile analizzare
i fenomeni sociali attraverso il metodo delle scienze fisico-
naturali.
Lui definiva la FISICA SOCIALE la nuova scienza della società e
individuò due branche d ricerca:
- La statica sociale, che riguardava il problema dell’ordine e della stabilità
- La dinamica sociale, che riguardava il cambiamento e il progresso
Émile Durkheim
Anche gli studi di Durkheim sono fortemente improntati al positivismo e
al modello della spiegazione causale. (questo metodo è teso a
mettere in evidenza che i fattori esterni sono responsabili dei fenomeni
analizzati)
Durkheim dice che il suicidio è un fatto sociale, riconducibile a fatti
sociali.
SPIEGARE LA FUNZIONE
Un tipo di spiegazione differente rispetto a quella causale è quella
FUNZIONALE che risponde alla domanda ‘che cosa serve?’
In base al modello funzionale, si tende ad individuare la funzione svolta da un
determinato fenomeno all’interno di un sistema sociale.
Nell’ambito delle scienze sociali, questo tipo di spiegazioni è stato fatto dalle
correnti del:
Funzionalismo
Struttural-funzionalismo
I funzionalisti ritenevano che ogni struttura sociale (famiglia, scuola, riti,
strutture di parentela, miti, ecc.) corrispondesse una funzione nell’ambito di un
insieme coerente che è la società. Le nozioni fondamentali di questa corrente
sono:
Utilità Quale è la funzione?
Causalità Quali sono le cause?
Sistema Quale è il posto nell’ambito dell’insieme?
CAPITOLO 3
La spiegazione nelle scienze sociali tra individuo, cultura e
società
IL PROBLEMA DELL’AZIONE
Nell’ambito delle scienze sociali, bisogna far attenzione ad un altro tipo di
problema, cioè il problema di osservazione o dell’unità di analisi. Si deve
capire
se nella ricerca sociale si devono considerare i singoli individui e le loro
azioni e decisioni per spiegare come da queste traggono origine i
fenomeni collettivi e sociali. In questo caso si parla di INDIVIDUALISMO
METODOLOGICO tra cui troviamo Weber e Simmel
oppure bisogna considerare i fenomeni collettivi e sociali come totalità e
entità realmente esistenti e autonomi. In questo caso si parla di OLISMO
O COLLETTIVISMO METODOLOGICO tra cui troviamo Marx e Durkheim
Quando si mettono a confronto l’individualismo e il collettivismo si pongono 3
problemi:
Ontologico: ‘Che significato bisogna dare ai concetti collettivi?’ Per gli
individualisti, tali concetti non hanno alcun senso in sé. Per i collettivisti,
questi concetti esistono, hanno delle leggi proprie e determinano le
azioni individuali
Metodologico: ‘Quale unità di analisi bisogna scegliere?’ Per gli
individualisti, il punto di partenza per spiegare i fenomeni sociali è
l’individuo, mentre per i collettivisti si deve partire dai macro fenomeni
collettivi per spiegare i comportamenti individuali
Politico
Vilfredo Pareto
In questo ambito si colloca la teoria della scelta razionale che ha
origine nella teoria economica e nel pensiero del sociologo ed economista
italiano Vilfredo Pareto. Questa teoria fornisce una rappresentazione
astratta dell’uomo, del suo comportamento, della sua razionalità.
L’individuo viene studiato rispetto alle sue decisioni che si ipotizzano
avvenire sulla base di un calcolo che massimizza i ‘vantaggi’ o benefici’ e
minimizza gli ‘svantaggi’ o ‘costi’. La teoria viene utilizzata come
strumento di analisi
Sia delle scelte individuali comportamento di voto, prevenzione
nell’ambito della salute
Sia quelle sociali e collettive comportamenti di lavoro,
organizzazione, bande giovanili
Sia quelle sociali comportamenti di gruppo di lavoro o di bande
giovanili
Pareto distingue le azioni in due:
Le azioni logiche sono azioni economiche che calcolano i costi-
benefici
Le azioni illogiche sono tipiche delle società premoderne
STUDIARE L’INDIVIDUO DA VICINO
CAPITOLO 4
Il grande tema della razionalità dell’azione
CHI È L’ATTORE RAZIONALE SECONDO LA TEORIA DELLA SCELTA
RAZIONALE
Uno dei presupposti su cui poggia l’individualismo metodologico è la TEORIA
DELLA RAZIONALITÀ.
Originariamente si è affermato, nelle scienze sociali, il paradigma della
razionalità, che affondava le sue radici in ambito economico e nella tradizione
utilitaristica. Il paradigma della razionalità può essere ricondotto a un modello
definito come homo-economicus. Tale modello ammette che l’omo disponga
di tutte le informazioni delle possibilità alternative di un’azione che può
mettere in atto e le loro conseguenze e le capacità di selezionare i mezzi,
attraverso la massimizzazione dei benefici delle proprie azioni.
In base a questo paradigma, l’agire razionale coincide con quello di scelta
ottimale. In seguito, questa razionalità economica fu estesa dalla razionalità
economica a quella delle scienze sociali. Questo modello presenta dei limiti.
PARADOSSI E CRITICHE ALLA SCELTA RAZIONALE
Ci sono state delle critiche mosse contro la razionalità, secondo cui la
razionalità sarebbe semplicemente un mito, ecc.
Le prime critiche sono state mosse dall’economista Allais che, nel 1953, ha
messo in discussione la logica di fondo della teoria dell’utilità attesa mostrando
che l’azione degli individui non è mossa dal principio della massimizzazione
dell’utilità.
Friederich Von Hayek critica il modello dell’homo-economicus, perché
sosteneva che l’homo-economicus è dotato di un’informazione imperfetta e di
come invece dispone di una conoscenza fallibile.
Herbert Simon sosteneva che l’uomo possiede una razionalità limitata e non
olimpica, quindi, secondo l’autore, gli individui non cercano delle soluzioni
ottimali, ma delle soluzioni soddisfacenti in base alle proprie aspirazioni.
LO STUDIO DELLE INTERAZIONI STRATEGICHE
Un altro ambito di studio della teoria comportamentale o sperimentale è quella
che riguarda il coordinamento degli individui, ossia lo studio delle condizioni in
cui si coopera.
In quest’ambito si fa spesso riferimento alla teoria dei giochi che aiuta ad
ipotizzare una serie di situazioni caratterizzate da ‘interazione strategica’, ossia
situazioni in cui l’interazione con altri individui può esercitare un’influenza sulle
preferenze individuali.
Un GIOCO è costituito da un insieme di regole che permettono a dei
giocatori di compiere delle azioni (strategie) dalle quali scaturiscono dei
pagamenti (vincite finali) che rappresentano il benessere (utilità) che ognuno
trae dalla situazione in cui si trova, che può essere positivo, negativo o nullo. I
risultati si chiamano soluzioni. Ogni soluzione del gioco ci dice cosa ha fatto
ogni giocatore. Ogni gioco può sfociare in uno o più equilibri. Nella teoria dei
giochi è importante l’equilibrio, soprattutto l’equilibrio di Nasch cioè un
insieme di strategie, una per giocatore, in modo tale che ogni giocatore sceglie
le strategie ottimali, avendo note le strategie degli altri giocatori.
Esempio: Il dilemma del prigioniero
I dilemmi sociali sono tutte quelle situazioni in cui una scelta ottimale per un
individuo provoca conseguenze sub-ottimali per la collettività. Si passa da
decisioni individuali e razionali a decisioni collettive e irrazionali.
I dilemmi sociali sono legati al fenomeno del free-rider (passeggero
clandestino) indica un individuo che beneficia dei vantaggi che
scaturiscono dai comportamenti altrui non sopportando però i costi dell’azione,
ossia non partecipandovi, ma ‘defezionando’ dall’azione collettiva tendente alla
realizzazione di un interesse generale.
Esempio: Riciclaggio
VISIONI ALTERNATIVE DELLA RAZIONALITÀ
Molti autori hanno creato delle teorie alternative alla teoria della scelta
razionale, tra cui
Boudon e Simon: si concentra su un’ampia analisi delle ragioni
sottostanti alle ragioni individuali, non riconducibili solo a ragioni
economiche di costi e benefici e di interesse personale, ma di un
individuo che agisce in cognizioni di causa. Boudon dice che la razionalità
non è perfetta ma limitata da un deficit di informazioni a disposizione
degli individui. Si tratta quindi di una razionalità soggettiva che si
declina in diversi modi a seconda di quelle che sono le buone ragioni che
un individuo ha in un data situazione.
Si può distinguere:
- una razionalità utilitaristica, quando la motivazione dell’azione ha un
interesse
- una razionalità teleologica, quando la motivazione consiste nel trovare il
miglior prezzo per realizzare un obbiettivo prefissato
- una razionalità assiologica, quando la motivazione scaturisce da un
principio o valore a cui si crede
- una razionalità tradizionale, quando la motivazione risiede in una
tradizione
Elster: ritiene che la razionalità non sia perfetta e che essa deve fare i
conti con il fenomeno dell’acrasia o debolezza della volontà. Egli
insiste sul fatto che l’individuo è debole e che talvolta ciò può portarlo a
sviluppare un comportamento irrazionale. Secondo l’autore, il fatto che
gli uomini compiono scelte contrarie ai propri interessi, non li rende
irrazionali.
CAPITOLO 5
Le scienze sociali tra natura e cultura
IL DIBATTITO NATURA-CULTURA
Uno dei temi più dibattuti nell’ambito delle scienze sociali è quello relativo alla
contrapposizione tra ‘natura’ e ‘cultura’, ovvero al peso che hanno i fattori
biologico-genetici e quelli ambientali nello sviluppo e nelle modificazioni che si
verificano nel comportamento umano e nelle forme di convivenza sociale.
Si studia quali sono:
I comportamenti innati, cioè ereditati dalle precedenti generazioni
I comportamenti acquisiti tramite l’esperienza, cioè quelli legati a fattori
sociali, culturali e ambientali
Negli anni ’70, lo psicologo statunitense Harry Harlow (1905-1981), e sua
moglie, fecero delle osservazioni sulle scimmie che rimasero celebri in quanto
indicano il ruolo che ha il contatto fisico nei piccoli dei mammiferi nel mettere
le base della socialità e creare il legame di attaccamento.
ESPERIMENTO: utilizzarono due manichini, uno di fil di ferro munito di un
biberon e l’altro di peluche privo di biberon. Questi manichini sostituivano la
mamma, e i piccoli li trovavano nella gabbia sin dalla loro nascita. I ricercatori
misurarono il tempo che i cuccioli trascorrevano sulla madre ‘fredda’ che però
non faceva mancare loro il nutrimento e il tempo che invece trascorrevano
appoggiati alla madre di peluche che non li nutriva. Essi si accorsero così che i
piccoli restavano con le madri ‘fredde’ soltanto il tempo necessario per
prendere il latte, mentre il resto del tempo lo trascorrevano in gran parte
avvinghiati alla madre soffice.
In altre parole, i cuccioli si affezionavano alla mamma di pezza anche se il
nutrimento lo forniva quella di fil di ferro. Il contatto fisico con qualcosa di
morbido e caldo era per loro rassicurante e indispensabile.