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Individuo, natura e società


Albertina Oliviero
Introduzione:
Capitolo 1: si occupa del problema del ragionamento scientifico e del suo
finanziamento dal punto di vista più generale del dibattito classico in filosofia
della scienza
Capitolo 2: è centrato sul problema dell’oggettività delle scienze sociali e del
metodo più adatto a garantirla alla luce del confronto con il metodo adottato
dalle scienze fisico-naturali
Capitolo 3: è dedicato a passare in rassegna i principali approcci alla ricerca
sociale che hanno guardato al rapporto tra individuo e società nella
spiegazione sociale, prediligendo un’analisi centrata sull’individuo e il suo
comportamento
Capitolo 4: analizza il grande dibattito relativo alla razionalità dell’azione che
costituisce uno degli ambiti di ricerca principali della filosofia
Capitolo 5: è dedicato al rapporto fra componenti sociali e component naturali
nella spiegazione del comportamento individuale e sociale con un’attenzione
particolare nei confronti dei recenti sviluppi nell’ambito delle neuroscienze
La filosofia delle scienze sociali è la branca più generale della filosofia della
scienza. È anche chiamata epistemologia delle scienze sociali, dove per
epistemologia  si intende lo studio delle modalità con cui si acquisisce la
conoscenza nell’ambito dei diversi settori disciplinari.
La filosofia delle scienze sociali è nata a partire al secolo XVII, quando le
scienze sono diventate discipline autonome rispetto alla filosofia. Di fatto però,
la filosofia delle scienze sociali è nata nel XVIII secolo, cioè quando sono nate le
scienze sociali.
La filosofia delle scienze sociali ha i seguenti obbiettivi:
 Analizzare i problemi e i metodi di indagine utilizzati nelle diverse scienze
sociali
 Studiare le condizioni di scientificità delle diverse scienze sociali e delle
conoscenze da esse scaturite
 Analizzare i rapporti tra i comportamenti individuali e i fenomeni sociali

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CAPITOLO 1
Ragionamento e spiegazione della scienza
IL PROBLEMA DELLA DEMARCAZIONE TRA SCIENZA E PSEUDO-SCIENZA
Uno dei problemi di base su cui ragionano i filosofi della scienza è quello di
capire se esiste un criterio per distinguere:
 Ciò che è scientifico
 Da ciò che non è scientifico
Si tratta del cosiddetto problema della demarcazione tra scienza e pseudo-
scienza
Questo problema è stato affrontato da Karl Popper (1902-1994).
POPPER
Popper ci parla del principio di falsificazione che poggia sulla deduzione.
Per Popper, una teoria è considerata scientifica se falsificabile, cioè smentibile.
Ammettere che una teoria sia falsificabile non significa che essa sia falsa, ma
che in futuro potrebbe rilevarsi falsa oppure potrebbe continuare a trovare
conferma nell’esperienza.
Popper spiega tutto questo nei due libri
- Logica della scoperta scientifica (1934)
- Congetture e confutazioni (1969)
Popper dice che quando un ricercatore sottopone a controllo una teoria, può
ottenere come esito:
 O la sua conferma, che è sempre solo momentanea
 O la sua smentita o confutazione, che sul piano logico è sempre definitiva
ESEMPIO DI TEORIA FALSIFICABILE EINSTAIN CON LA TEORIA DELLA
REALATIVITA’ RISTRETTA
Ci sono poi le ipotesi infalsificabili, anche chiamate ipotesi ad hoc.
Le ipotesi ad hoc sono ipotesi costruite espressamente per cercare di sottrarre
la teoria alla critica, quindi alle eventuali confutazioni riscontrabili alla luce
dell’esperienza.
In questi casi si tratta, secondo la visione popperiana, di teorie non scientifiche,
ma pseudo-scientifiche.

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Tra gli esempi preferiti da Popper di teorie pseudo-scientifiche ci sono:


 La teoria psicoanalitica elaborata da Sigmund Freud
 La teoria della storia avanzata elaborata da Karl Marx

Prendiamo in considerazione la teoria psicoanalitica di Freud facendo un


esempio.
Immaginiamo un uomo che spinge un bambino in acqua con l’intendo di farlo
annegare, e un uomo che mette a rischio la sua vita per salvare il bambino che
sta annegando.
Secondo Popper, chi abbraccia la teoria di Freud riesce a spiegare entrambi i
comportamenti:
 Nel primo caso, si potrebbe dire che l’uomo ha agito così perché represso
 Nel secondo caso, l’uomo con il suo gesto ha raggiunto la sublimazione

FALLIBILISMO E METODO CRITICO


Secondo il criterio di falsificazione elaborato da Popper, in ogni ambito della
conoscenza non esistono verità definitive. Ogni proposizione, teoria, ipotesi è in
principio fallibile. Ciò implica che la scienza non progredisca in base
all’accumulazione di verità, ma per tentativi ed eliminazione degli errori. Per
questo serve IL METODO CRITICO
Popper rifiutava l’idea che le teorie scientifiche scaturissero direttamente
dall’osservazione. A suo giudizio, l’osservazione pura non è possibile in quanto
la mente umana
 non deve essere considerata come una tabula rasa, priva di preconcetti
 ma deve essere considerata come una tabula plena, cioè piena di
pregiudizi e aspettative che ci guidino nel tentativo di affrontare e
risolvere i problemi
Il primo passo della ricerca scientifica è il PROBLEMA, al quale lo scienziato
deve cercare di trovare una soluzione, cioè la TEORIA, attraverso il controllo
empirico delle conseguenze CRITICA, che può sfociare o nella conferma o
nella smentita.
OSSERVAZIONE diviene un momento fondamentale nella fase di controllo
della teoria.
Quindi, i tre passaggi fondamentali del metodo popperiano sono:
 Problemi
 Teorie

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 Critiche
INDUZIONE E DEDUZIONE
La teoria elaborata da Popper è strettamente legata a una critica all’induzione.
I logici distinguono tra:
 Ragionamento o interferenza deduttiva: Questo parte
dall’osservazione dei singoli casi per poi arrivare ad una generalizzazione
e quindi alla formulazione della teoria. (Che va dal generale al
particolare)
 Ragionamento o interferenza induttiva: Questo parte da una teoria
generale che permette di fare una previsione, la quale deve essere
verificata sui casi singoli attraverso l’esperimento. (Che va dal particolare
al generale)
Con il termine INTERFERENZA si intende un processo argomentativo che
muove da una serie di premesse per giungere a una conclusione.
L’interferenza deduttiva ha la seguente proprietà: se le proprietà sono vere,
allora la conclusione deve essere vera, e ciò indipendentemente se le
premesse siano realmente vere.
Per quando riguarda l’interferenza induttiva, le premesse non implicano
necessariamente la conclusione, ossia è logicamente possibile che le premesse
sono vere e le conclusioni false.
LE CRITICHE DI POPPER
Popper criticò:
 Il neopositivismo, o il positivismo logico del circolo di Vienna. Critica
questo in quando sostenevano la centralità del principio di verificazione.
L’espressione di positivismo logico significa:
- Positivismo: si intende il rifiuto di qualsiasi metafisica e l’idea che le
scienze siano l’unica fonte legittima di conoscenza
- Logico: si intende il fatto che il contenuto di ogni conoscenza deve
essere codificato in un linguaggio ideale
Per i positivisti logici esistono due tipi di conoscenze scientifiche:
- le proposizioni logico-matematiche  che sono coerenti in sé
- le proposizioni empiriche  che sono fondate sull’esperienza e per
poter essere stabilite come vere, devono essere sottoposte al CRITERIO
DI VERIFICAZIONE, che consiste nell’asserire che un enunciato ha un
significato, ossia o è vero o è falso, solo se è verificabile in base ai fatti
empirici
 Il metodo induttivo, in quanto un certo numero di fatti che possono
confermare una teoria, non la confermano in modo definitivo e
universale.
LE CRITICHE RIVOLTE A POPPER
Popper a sua volta venne criticato:

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 Venne criticato dal momento che sia nella scienza, che nella vita
quotidiana, si fa spesso ricorso al metodo induttivo
 Un’altra critica è stata formulata dalla correte storicista. Questo filone
ammette che il criterio di falsificabilità sia troppo rigido, poiché nella
realtà non sempre gli scienziati entrano in contrasto con i dati empirici.
IPOTESI AUSILIARIE E IPOTESI AD HOC: PIERRE DUHEM (1861-1916)
Il fisico Pierre Duhem è particolarmente noto per la sua concezione OLISTICA
delle teorie e dei controlli scientifici.
Egli riteneva che non si potesse mettere in discussione una singola ipotesi e se
ciò avveniva era perché la teoria non era stata adeguatamente verificata.
Da questa osservazione sono nate le TESI DUHEM QUINE, secondo cui le
singole teorie scientifiche e l’intero linguaggio, vengono accettate o rifiutate
nella loro totalità. In questo modo, questa tesi escluderebbe la possibilità di
falsificazioni, perché ammetterebbe sempre la possibilità di formulare ipotesi
ausiliarie, che consentono di neutralizzare le istanze negative, trasformandole
in positive.

IL RAGIONAMENTO ABDUTTIVO: CHALRLES PIERCE (1839-1914)


Il filosofo statunitense Charles Pierce ha studiato un’altra forma di
ragionamento, cioè quello
ABDUTTIVO che va dalla conclusione al caso particolare, per giungere alla
regola generale. Questo è un ragionamento non deduttivo che per non si riduce
all’induzione.
Esistono altre forme di ragionamento:
 Per analogia, che consiste nell’associare un ambito ben noto a un altro
sconosciuto. Questo tipo di ragionamento è ampliamente utilizzato.
 Un altro ragionamento è basato sulle euristiche, che ha come
obbiettivo quello di raggiungere un fine senza un metodo ben preciso.
Vengono utilizzati per diversi aspetti della vita quotidiana e si basano
sulle esperienze pratiche e soggettive. Le euristiche sono delle
scorciatoie mentali che consentono di risolvere problemi in modo
intuitivo, salvando ragionamenti che procedono passo dopo passo.

INTERPRETARE IL PROCESSO SCIENTIFICO: THOMAS KUHN (1922-1996)


Secondo l’epistemologo Thomas Kuhn, la teoria elaborata da Popper è errata in
quanto le teorie scientifiche non sono invalidate nel momento in cui vengono
rifiutare, ma nel momento in cui vengono sostituite con nuove teorie.
Il progresso scientifico, quindi, non avrebbe un andamento continuo, ma
procederebbe attraverso una successione di periodi calmi e di rotture.

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Nel suo libro La struttura delle rivoluzioni scientifiche Kuhn spiega come
durante i periodi di scienza normale l’insieme delle comunità scientifiche si
organizza attorno a un  paradigma dominante, che sono maxi teorie, ossia
dei contenitori teorici che contengono tante teorie diverse. (es. di paradigmi
dominanti: l’eliocentrismo di Copernico, o la legge di gravità di Newton)
Quando un problema sussiste, esso viene chiamato ANOMALIA al fine di non
mettere in dubbio il consenso creatosi attorno ad un paradigma dominante.
Quando i conflitti tra una teoria e l’esperienza si accumulano, le anomalie si
moltiplicano, e minacciano il paradigma, dando luogo ad una  CRISI
Si entra cosi nella fase della  scienza straordinaria in cui in piccolo gruppo
di ricercatori, o uno solo, può cercare di far scomparire le anomalie adottando
un nuovo paradigma, che non fornisce soluzione, ma che pretende una
‘conversione’ da parte dei ricercatori, ossia un nuovo modo di interpretare il
mondo.
Il passaggio da un paradigma a un altro viene definito come  RIVOLUZIONE
SCIENTIFICA
Kuhn ritiene che il processo scientifico sia discontinuo e che, nel momento in cui si
verificano le rivoluzioni scientifiche, non vi sia alcun argomento logico in grado di
giustificare razionalmente la scelta tra il vecchio paradigma e il nuovo. Kuhn sostiene
inoltre che il passaggio da un paradigma a un altro avviene in base ad argomenti
persuasivi e soggettivi. I paradigmi tra loro devono essere incommensurabili (cioè
incrociabili).
ALTRE CONCEZIONI: FEYERABEND E LAKATOS
 Popper Paul Feyerabend (1924-1994): egli ha interpretato il concetto di
incommensurabilità come un’impossibilità di comparare due paradigmi sul
piano empirico.
 Imre Lakatos (1922-1974): critica la posizione di Popper, formulando un
FALSIFICAZIONISMO SOFISTICATO, combinando le idee buone di Popper e
quelle di Kuhn.
- Di Popper accettò che il motore della ricerca consista nella prova delle
concezioni scientifiche.
- Di Kuhn accettò che gli scienziati si posizionino in un quadro di pensiero, un
‘programma di ricerca scientifico’ e che non cerchino di rifiutarlo in blocco, ma
che cerchino di confermare il nocciolo duro controllando solo le ipotesi
ausiliarie.
Un punto centrale del pensiero di Lakatos è il programma di ricerca
scientifico, ossia un insieme di ipotesi che in una certa epoca orienta il lavoro
comune degli scienziati. Un programma di ricerca ha per nocciolo duro un
piccolo numero di leggi fondamentali e di ipotesi generali inviolabili.

LA SPIEGAZIONE NELLA SCIENZA


L’obbiettivo della scienza è quello di cercare di spiegare fenomeni e il mondo che ci
circonda.

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Dare una spiegazione scientifica di un fenomeno significa individuare le cause del


fenomeno da spiegare attraverso ad un modello chiamato  MODELLO
NOMOLOGICO-DEDUTTIVO
È un modello elaborato da Hempel, Oppenheim e Popper.
Questo è un modello di spiegazione causale che da molti viene ritenuto applicabile sia
alle scienze fisico-naturali che a quelle sociali.
Il modello è composto:
 Dalle premesse, cioè l’explanans. È ciò che spiega e risponde alla domanda
‘perché’ (perché è così). È un apparato ipotetico che formato dalle 1. Condizioni
specifiche (causa) e 2. Dalle leggi generali che stabiliscono il nesso di causalità
tra le condizioni specifiche e il fenomeno da spiegare.
 Da una conclusione, cioè l’explanandum. È ciò che deve essere spiegato e
risponde alla domanda ‘cosa’ (cosa si vuole spiegare). È spiegato
scientificamente quando può essere ridotto dall’explanans, ossia ricondotto alle
sue cause mediante leggi che rendono possibile selezionare quei fatti o
condizioni causalmente adeguati a spiegare il fenomeno.

IL DETERMINISMO DELLE ‘LEGGI’ NELLE SCIENZE NORMALI: LAPLACE (1749-


1827)
Laplace afferma l’esistenza di un osservatore onnisciente che disponga di tutte le
informazioni sul mondo fisiconaturale e che ne conosca tutte le leggi. In questo modo
si rende conto che l’universo è determinato in senso causale e poiché nulla è certo,
può conoscere il passato e prevedere il futuro dei fenomeni fisiconaturali.
Si tratta di un’intelligenza sovraumana, chiamata come DEMONE DI LAPLACE che
si fa assertore del determinismo causale. Questo determinismo è stato a lungo a
fondamento della fisica.
Questa visione deterministica della società e della storia è stata messa in dubbio dalla
metà del secolo scorso, quando Popper ha criticato questa tendenza a ricercare delle
leggi nello sviluppo storico.
La storia umana non è prevedibile in quanto la società non è sottoposta ad un rigido
determinismo. I fenomeni storico-sociali sono l’esito dei comportamenti degli individui
che dispongono di una conoscenza fallibile.

Quindi le teorie storicistiche sono nemiche di quelle che lui ha definito:


 Società aperte  è un modello sociale mutevole, fondato sull’individualismo e il
pluralismo dei valori, che riconosce la libertà individuale ai singoli e l’economia
si basa sugli scambi commerciali. Sul piano epistemologico, la società aperta ha
come presupposto la fallibilità della conoscenza.
 Società chiuse sono quelle società tribali di stampo collettivista, organica,
gerarchica, immutabile, dove non esiste la libertà individuale, in quanto la
posizione occupata da ogni individuo è rigidamente stabilita. Il sistema
economico è autarchico, o pianificato. Sul piano epistemologico, la società
chiusa è chiusa ad ogni forma di dissenso o critica, in quanto è retta da un
tiranno o da un dittatore.

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CAPITOLO 2
Quale metodo per le scienze sociali?
IL MODELLO DELLA SPIEGAZIONE CAUSALE
Il modello della spiegazione causale va a ricercare il principio di causalità per
spiegare fenomeni sociali. Anche in psicologia, gli studiosi si sono rivolti ai
metodi delle scienze fisico-naturali.
ESEMPIO: APPROCCIO AL COMPORTAMENTISMO, riconducibile a John
Watson e Burrhus Skinner.

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Questi autori si limitarono a studiare il ‘comportamentismo’ manifesto,


partendo dal presupposto che solo questo poteva essere analizzato attraverso
 l’osservazione in laboratorio.
Lo studio del comportamento può essere ridotto al meccanismo di tipo causale
stimolo-risposta cioè il comportamento umano deve essere interpretato
come effetto (risposta) di una causa esterna (stimolo).
IN PSICOLOGIA:
 Ivan Pavlov (1849-1936)
All’inizio del XX secolo, il fisiologo russo Ivan Pavlov ottenne il Nobel per:
 Le sue ricerche sul riflesso della salivazione
 Aver messo in luce l’esistenza di un meccanismo di apprendimento
divenuto noto come condizionamento classico
Egli si era accorto che al sol rumore della ciotola posata sul pavimento
prima della distribuzione del cibo (stimolo-risposta), i cani producevano
saliva (risposta o effetto), anche se il cibo era fuori dalla portata del loro
sguardo o olfatto.
Attraverso una serie di esperimenti, l’autore riuscì a trasformare un riflesso
naturale o incondizionato in un riflesso condizionato: RIFLESSO NATURALE
O INCONDIZIONATO  RIFLESSO CONDIZIONATO

 Edward Lee Thorndike (1874-1949)


Diverso dal condizionamento classico di Pavlov, è il tipo di apprendimento
che si basa sul meccanismo delle prove ed errori.
Questo tipo di meccanismo consiste nell’adattare un’azione in base al tipo di
problema fronteggiato.
Thorndike studiò questo tipo di meccanismo attraverso le scatole del
problema.
ESEMPIO: un gatto affamato doveva imparare a spostare un chiavistello o a
tirare una cordicella per aprire la porticina di una gabbia, al cui interno c’era
del cibo, cioè la ricompensa.
La ricompensa  è il metodo che generalmente adottano i padroni dei cani
per farsi dare la zampa o far riportare una pallina.
In questo tipo di condizionamento, il comportamento è  STRUMENTALE
perché implica delle conseguenze. (cioè l’animale non riceverà la
ricompensa se non metterà in atto il comportamento corretto)
Il comportamento corretto sarà l’esito di tentativi ed errori. (errori che
saranno sempre meno numerosi, fino a scomparire)
 John Watson (1878-1958)

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Lo psicologo americano Watson studiò il meccanismo dell’apprendimento


per condizionamento classico nell’uomo, in quanto riteneva che anche
le emozioni fossero il risultato di processi di condizionamento.
Condusse un esperimento su un bambino, Albert di soli 11 mesi.
In un primo momento al bambino veniva mostrato un topo. (stimolo
incondizionato)
Successivamente, ogni volta che il bambino vedeva il topo, lo
sperimentatore associava un forte rumore (stimolo condizionato) che era in
grado di spaventarlo.
In breve tempo, la vista del topo fu in grado di determinare la stessa
risposta di paura (risposta condizionata) suscitata dall’intenso rumore.

 Burrhus Skinner (1904-1990)


Il condizionamento strumentale è stato definito da Skinner come
condizionamento operante.
Questo tipo di apprendimento è chiamato anche come modellamento
attivo in quanto il soggetto è attivamente impegnato nella ricerca della
soluzione. Il soggetto, infatti, compirà una serie di tentativi fino a quando,
eliminando gradualmente gli errori, non troverà la risposta corretta, ossia
quella che viene rinforzata dallo sperimentatore.
FATTORE DI RINFORZO è un evento che aumenta la probabilità che un
dato comportamento si riproduca.
IN SOCIOLOGIA  Anche in sociologia ci sono approcci orientati alle logiche e
metodi fisico-naturali. All’interno del Circolo di Vienna, gli esponenti del
positivismo logico sostenevano che le conoscenze valide potessero scaturire
solo dal metodo della scienza. I positivisti avevano molta fiducia nella scienza,
a tal punto da considerarla come la forma più alta di conoscenza.

 Auguste Comte
Comte fu uno dei primi sostenitori dell’idea che fosse possibile analizzare
i fenomeni sociali attraverso il  metodo delle scienze fisico-
naturali.
Lui definiva la FISICA SOCIALE la nuova scienza della società e
individuò due branche d ricerca:
- La statica sociale, che riguardava il problema dell’ordine e della stabilità
- La dinamica sociale, che riguardava il cambiamento e il progresso
 Émile Durkheim
Anche gli studi di Durkheim sono fortemente improntati al positivismo e
al modello della spiegazione causale. (questo metodo è teso a
mettere in evidenza che i fattori esterni sono responsabili dei fenomeni
analizzati)
Durkheim dice che il suicidio è un fatto sociale, riconducibile a fatti
sociali.

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Secondo Durkheim, c’è un nesso di causa ed effetto tra


- il grado di integrazione dell’individuo nella comunità
- la variazione nei tassi di suicidio di quelle stesse comunità
Egli riscontrò che un livello di integrazione sociale troppo debole è causa
di alienazione, di solitudine, e di conseguenza si un aumento dei tassi di
suicidio.
Inoltre, Durkheim notò come tra i protestanti il tasso di suicidio fosse più
alto e tra i cattolici più basso.
I protestanti credono in una religione caratterizzata dal libero arbitrio
che comporta un grado minore di integrazione alla struttura religiosa
rispetto ai cattolici.
Durkheim individua un nesso causale tra la variazione nei tassi di suicidio
e lo scarso livello di ‘regolazione sociale’, ossia la forza delle norme e
delle regole nell’ambito di una società.

SPIEGARE LA FUNZIONE
Un tipo di spiegazione differente rispetto a quella causale è quella 
FUNZIONALE che risponde alla domanda ‘che cosa serve?’
In base al modello funzionale, si tende ad individuare la funzione svolta da un
determinato fenomeno all’interno di un sistema sociale.
Nell’ambito delle scienze sociali, questo tipo di spiegazioni è stato fatto dalle
correnti del:
 Funzionalismo
 Struttural-funzionalismo
I funzionalisti ritenevano che ogni struttura sociale (famiglia, scuola, riti,
strutture di parentela, miti, ecc.) corrispondesse una funzione nell’ambito di un
insieme coerente che è la società. Le nozioni fondamentali di questa corrente
sono:
 Utilità  Quale è la funzione?
 Causalità  Quali sono le cause?
 Sistema  Quale è il posto nell’ambito dell’insieme?

Bronislaw Malinowski (1884-1942)


Il termine funzionalismo si è imposto in Gran Bretagna tra gli anni
Trenta e Cinquanta del secolo scorso, a seguito dei lavori
dell’antropologo polacco Malinowski.
Malinowski elaborò una teoria funzionalista della cultura.
Egli riteneva che se alcuni elementi culturali, come i riti, le regole, i
costumi, perdurarono all’interno di una società ciò è dovuto al fatto che
essi
 O rispondono a una precisa funzione sociale
 Oppure servono per fronteggiare una importante funzione
all’interno del contesto sociale

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Robert Merton (1910-2003)


Merton si colloca nella corrente funzionalista, ma riteneva che le società
perfettamente integrate fossero molto rare in quanto, a suo giudizio,
tutte le società complesse comporterebbero anche degli elementi
disfunzionali.

Merton propose alcuni concetti:


 Equivalente o sostituito funzionale, secondo cui un solo elemento
può avere più funzioni
 Disfunzionale, ossia di ciò che disturba l’adattamento o
l’aggiustamento al sistema come le guerre, la droga, i
comportamenti controproducenti.
 Funzione latente o non intenzionale, cioè la funzione non voluta
dagli attori, che si distingue dalla funzione manifesta o
intenzionale.

Alfred Radcliffe-Brown (1881-1955) struttural-funzionalismo


Radcliffe-Brown è uno dei padri dell’antropologia sociale inglese. Egli
riteneva che la società funzionasse come un sistema coerente e che il
ruolo dell’antropologo fosse quello di spiegarne le leggi basilari.
Radcliffe-Brown fu il primo sostenitore dello struttural-
funzionalismo. Le teorie struttural-funzionaliste si propongono di
spiegare l’esistenza delle parti della società stessa nel suo insieme.
Egli cercò di dimostrare che parentela e miti sono organizzati in strutture
o insiemi di elementi legati tra loro da relazioni equilibrate.
Definì la struttura come la ‘disposizione ordinata delle parti o degli
elementi che compongono un tutto.

Talcott Parsons (1902-1979) struttural-funzionalismo


Parsons fu uno dei massimi esponenti dello struttural-funzionalismo.
Secondo Parsons, ogni fenomeno sociale può essere spiegato in base al
tipo di bisogno a cui risponde. Il suo contributo è anche chiamato
approccio sistematico.
Definisce la società come un sistema composto da 4 sottosistemi:
 Il sottosistema economico, che mira all’adattamento (produzione di
beni)
 Sottosistema culturale, che ha il compito di salvaguardare e di
diffondere norme e valori (ideologie, cultura, religione)
 Sottosistema politico, che è incaricato di definire le finalità

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 Sottosistema sociale, che si occupa dell’integrazione (famiglia,


scuola)

Niklas Luhmann (1927-1998)


Luhmann ha contribuito a rilanciare il funzionalismo facendosi sostenitore
di un approccio che descrive la società come un insieme di sottosistemi
autonomi ed interdipendenti allo stesso tempo. Secondo Luhmann, i
sistemi sociali sono ‘autopoietici’, ossia chiusi in sé stessi e
autoproducentesi.

Roman Jakonson (1896-1982)


Per quando riguarda l’ambito della linguistica, il funzionalismo è
rappresentato dal russo Jakobson. Egli muove dal presupposto che la
trasmissione dell’informazione sarebbe solo una delle diverse funzioni del
linguaggio:
 Quella referenziale, che consiste del far pervenire l’informazione
 Quella emotiva, che veicola l’emozione in relazione al mittente
 Quella fàtica, che mira a migliorare, stabilire o mantenere un
canale di passaggio dall’informazione
 Quella poetica, che ricerca l’estetica ed è connessa al messaggio
 Quella conativa, che agisce sul destinatario della comunicazione
 Quella metalinguistica, che consiste nel chiarire il proprio
discorso

William James (1842-1910)


Per quanto riguarda il funzionalismo in psicologia, c’è William James.
Secondo James, si analizza l’ambiente circostante non così com’è, ma in
base ai bisogni di sopravvivenza dell’individuo.
ALLE ORIGINI DEL DIBATTITO SUL METODO
Sul finire dell’800, in Germania, si alimentarono una serie di controversie
epistemologiche, filosofiche e metodologiche, note come 
METHODENSTREIT, cioè ‘dibattito sul metodo’.
All’epoca, questo dibattito, vedeva contrapporsi i sostenitori di:
 Monismo metodologico, ossia quanti ritenevano che il metodo delle
scienze fisico-naturali, riconducibile alla spiegazione causale, fosse valido
per tutte le discipline

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 Dualismo metodologico, ossia coloro che rivendicavano un metodo


specifico per le discipline sociali e la loro autonomia dalle scienze fisico-
naturali

Wilhelm Dilthey (1833-1911)


Nell’ambito di questo dibattito sul metodo, è centrale la posizione del
filosofo tedesco Dilthey, il quale sosteneva che
 come entità psicofisiche e biologiche gli esseri umani sono
parte della natura e oggetto di studio delle scienze fisico-naturali
 mentre come entità mentali e spirituali sono parte della storia e
quindi oggetto di studio delle scienze sociali
Tra le due scienze, oltre che ad esserci una differenza gnoseologica, c’è
anche una differenza metodologica.
Lui non parlerà più di comprensione causale, ma di comprensione intesa
come procedimento empatico, intuitivo, attraverso cui il ricercatore rivive
l’azione sociale. (nelle scienze dello spirito)

COME IL METODO COMPRENDENTE RIVOLUZIONE LA SOCIOLOGIA


Una posizione differente destinata a rivoluzionare il dibattito metodologico
nelle scienze sociali è stata quella del sociologo tedesco Max Weber (1864-
1920).
Weber cercò di operare una sintesi tra il metodo della spiegazione causale e un
procedimento di tipo interpretativo che egli definì COMPRENDENTE.
Secondo Weber, l’obbiettivo della sociologia è quello di comprendere la società
che va considerata come l’esito di azioni individuali. Inoltre, spiegare la società
vuol dire comprendere le azioni degli individui a partire dai loro valori,
motivazioni, calcoli razionali.
Il processo di imputazione causale avviene attraverso la costruzione di un
processo possibile, diverso dal corso reale degli eventi, basato sull’esclusione
ipotetica di una serie di elementi base alla valutazione del loro eventuale peso
causale nel processo in questione.
La costruzione del percorso possibile, si riferisce a modelli astratti, che
vengono definiti da Weber come tipi ideali. Il tipo ideale è un modello astratto
che pur differenziandosi dal fenomeno reale, trae da esso i propri elementi
costitutivi e paragona il modello al caso concreto.
Weber applica il suo metodo comprendente per comprendere l’origine del
capitalismo moderno in Occidente.
ERMENEUTICA: GADAMER
Nelle scienze sociali, l’approccio interpretativo-comprendente è talvolta
associato all’ermeneutica. L’esponente principale di questo filone è Hand-

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Georg Gadamer (1900-2002). L’ermeneutica designa l’arte di interpretare dei


testi religiosi, politici, etici. Gadamer, rifiuta di ridurre l’ermeneutica a una
tecnica o un metodo, e sostiene che la comprensione che essa implica sia un
‘evento’ al quale l’uomo partecipa. L’individuo interpreta un testo, o partecipa
a un evento, affrontandolo con la sua pre-comprensione, ossia con una mente
che è piena di pregiudizi, di attese e idee. Ogni epoca produce una diversa
interpretazione di un testo.

CAPITOLO 3
La spiegazione nelle scienze sociali tra individuo, cultura e
società
IL PROBLEMA DELL’AZIONE
Nell’ambito delle scienze sociali, bisogna far attenzione ad un altro tipo di
problema, cioè il problema di osservazione o dell’unità di analisi. Si deve
capire
 se nella ricerca sociale si devono considerare i singoli individui e le loro
azioni e decisioni per spiegare come da queste traggono origine i
fenomeni collettivi e sociali. In questo caso si parla di INDIVIDUALISMO
METODOLOGICO tra cui troviamo Weber e Simmel
 oppure bisogna considerare i fenomeni collettivi e sociali come totalità e
entità realmente esistenti e autonomi. In questo caso si parla di OLISMO
O COLLETTIVISMO METODOLOGICO tra cui troviamo Marx e Durkheim
Quando si mettono a confronto l’individualismo e il collettivismo si pongono 3
problemi:
 Ontologico: ‘Che significato bisogna dare ai concetti collettivi?’ Per gli
individualisti, tali concetti non hanno alcun senso in sé. Per i collettivisti,
questi concetti esistono, hanno delle leggi proprie e determinano le
azioni individuali
 Metodologico: ‘Quale unità di analisi bisogna scegliere?’ Per gli
individualisti, il punto di partenza per spiegare i fenomeni sociali è
l’individuo, mentre per i collettivisti si deve partire dai macro fenomeni
collettivi per spiegare i comportamenti individuali
 Politico

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LA SPIEGAZIONE SOCIALE A PARTIRE DALL’AZIONE


In Economia e società, Weber distingue 4 tipi di azioni tipiche:
 Azione razionale rispetto allo scopo, cioè l’azione economica, ossia
quella diretta al perseguimento di un fine minimizzando i costi e
massimizzando i benefici
 Azione razionale rispetto al valore, cioè un’azione mossa
dall’adesione a valori a cui si crede fortemente, ovvero principalmente
con i valori o principi etici e religiosi
 Azione affettiva, guidata dalle passioni (rabbia, gelosia, amore ecc.)
 Azione tradizionale, che è un comportamento guidato dai costumi,
dalle tradizioni, dalle norme sociali
Per i teorici dell’individualismo metodologico, il comportamento individuale è
considerato l’esito di preferenze, credenze, religioni del soggetto.
I fenomeni sociali vengono spiegati, dagli individualisti metodologici, come
l’esito dell’aggregazione di una moltitudine di azioni individuali. Quando questo
esisto non è voluto si parla di
 CONSEGUENZE ININTENZIONALI
Un altro presupposto importante su cui poggia l’individualismo metodologico è
quello della razionalità dell’azione.

Vilfredo Pareto
In questo ambito si colloca la teoria della scelta razionale che ha
origine nella teoria economica e nel pensiero del sociologo ed economista
italiano Vilfredo Pareto. Questa teoria fornisce una rappresentazione
astratta dell’uomo, del suo comportamento, della sua razionalità.
L’individuo viene studiato rispetto alle sue decisioni che si ipotizzano
avvenire sulla base di un calcolo che massimizza i ‘vantaggi’ o benefici’ e
minimizza gli ‘svantaggi’ o ‘costi’. La teoria viene utilizzata come
strumento di analisi
 Sia delle scelte individuali comportamento di voto, prevenzione
nell’ambito della salute
 Sia quelle sociali e collettive  comportamenti di lavoro,
organizzazione, bande giovanili
 Sia quelle sociali  comportamenti di gruppo di lavoro o di bande
giovanili
Pareto distingue le azioni in due:
 Le azioni logiche sono azioni economiche che calcolano i costi-
benefici
 Le azioni illogiche sono tipiche delle società premoderne
STUDIARE L’INDIVIDUO DA VICINO

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Successivamente nasce l’etnometodologia.


Alla base della corrente etnometodologica c’è stato l’approccio
fenomenologico, orientato a studiare le modalità con le quali gli individui
attribuiscono significati ai propri e agli altrui comportamenti.
L’etnometodologo studia i micro-comportamenti della vita quotidiana, ossia le
conoscenze sociali legate all’azione che gli individui utilizzano nella vita
quotidiana senza rendersene conto.
Questi comportamenti assumono due caratteristiche:
 Descrivibili: ovvero visibili, razionali e riferibili
 Riflessivi: nel senso che gli individui sono sempre in grado di esplicitare
ciò che stanno facendo e perché lo stanno facendo
Lo studio delle relazioni interpersonali a livello micro-sociale è centrale per la
corrente dell’interazionismo simbolico. Gli esponenti di questo approccio
sono influenzati dal pensiero di George Mead, il quale riteneva che l’individuo
metta in atto comportamenti e costruisca la propria identità in relazione a ciò
che gli altri pensano di lui e di ciò che egli pensa che gli altri pensino di lui.
GLI STUDI DI GENERE
A partire dagli anni 70 del secolo scorso nasce una corrente di ricerca orientata
a studiare i rapporti tra uomini e donne che è nota come  GENDER STUDIES
In questa corrente di ricerca convergono apporti
 Del costruttivismo, cioè il genere è una costruzione sociale
 Del determinismo, storicamente la dominazione maschile perdura così
come le inuguaglianze e le discriminazioni di genere

Secondo la sociologa femminista Ann Oakley, bisogna distinguere il genere dal


sesso.
 Sesso: si riferisce a differenze biologiche
 Genere: è un prodotto culturale che è legato alle classificazioni, ai ruoli,
ai rapporti sociali tra uomini e donne
Gli studi di genere rientrano nell’alveo della più vasta corrente dei cultural
studies in cui convergono diversi approcci nell’ambito della sociologia,
dell’analisi letteraria, della semiotica, dell’antropologia, della storia, consacrati
allo studio delle diverse forme delle ‘culture popolari’.
Molte sono le nuove correnti di ricerca sul genere:
 I men studies, che guardano alla costruzione della mascolinità e della
virilità
 I gay and lesbian studies
 I queer studies

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LA SPIEGAZIONE SOCIALE A PARTIRE DAL SOCIALE


Ne Le regole del metodo sociologo, Durkheim scriveva che il compito della
sociologia è spiegare casualmente la realtà sociale, o meglio, i ‘fatti sociali’ (o
fatti collettivi).
I fatti sociali non possono essere ridotti a fatti psicologici e biologici in quanto
sono esterni agli individui e si impongono ad essi.
I fatti sociali vanno studiati come delle cose. In tal senso, la sociologia di
Durkheim è OLISTICA in quanto muove dal sociale e spiega i comportamenti
individuali solo con riferimento alle strutture e al contesto in cui gli individui
sono situati.
L’azione individuale è considerata determinata da forze sociali esterne
all’individuo e in alcune espressioni teoriche più radicali l’individuo viene visto
come passivo e privo di razionalità.
Contemporaneamente e Durkheim, i precursori della psicologia sociale e degli
studi sui meccanismi di influenza sociale sono:
 Gustave Le Bon (1847-1931): ha affrontato lo studio delle élite e del
loro ruolo nel condurre la ‘folla’ sostenendo che manifestare voglia dire
essere trascinati da un movimento di folla in cui l’individuo perde la
propria autonomia che viene sostituita da una sorta di slancio collettivo.
Nella sua opera Psicologia delle folle (1895), Le Bon descrive la folla
come irrazionale, impulsiva, incoerente, priva di logica, caratterizzata da
una mentalità inferiore che Le Bon ritiene propria dei bambini, dei
selvaggi e delle donne. La folla è un gregge che ha bisogno di essere
dominato e che minaccia il progresso della civiltà.
 Gabriel Tarde (1843-1904): ha elaborato la teoria dell’imitazione
secondo cui la diffusione delle idee, delle tecniche e delle mode avviene
in base a un fenomeno di imitazione che agisce quasi come una corrente
magnetica che spinge le masse a copiare l’élite. Tarde immaginava un
uomo sonnambulo e ipotizzava che il ‘sonnambulismo sociale’ annullasse
l’autonomia dell’azione individuale.
In base alla dottrina del materialismo storico, Karl Marx (1818-1883)
sosteneva che il comportamento, le pratiche e le rappresentazioni degli
individui fossero socialmente determinati, ovvero riconducibili ai rapporti e alle
classi sociali di appartenenza.
Secondo Marx, la produzione di beni materiali costituisce l’attività principale
degli esseri umani: nel momento in cui la società può produrre più del minimo
necessario alla sopravvivenza emergono le classi.
Una classe, quella subordinata e sfruttata (i proletari, i contadini, gli operai)
svolge il lavoro produttivo, mentre un’altra classe, dominante e minoritaria (gli
sfruttatori detentori di mezzi di produzione, proprietari di terra e di capitale),
gestisce il surplus prodotto.

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La classe dominante si è sempre appropriata, sotto forma di capitale, del


PLUSVALORE  ossia la quantità di ricchezza prodotta dai lavoratori ed
eccedente rispetto alla retribuzione loro corrisposta.
La divisione del lavoro e il suo sfruttamento rappresenta per Marx la base di
tutti i conflitti di classe della storia dell’uomo, che nel capitalismo si traducono
in lotta di classe tra borghesia e proletariato.
Inoltre, per Marx, l’economia influenzerebbe anche
 Gli altri settori della società (governo, educazione, cultura, ecc.)
 Le infrastrutture, determinando così l’evoluzione di altre sovrastrutture
sociali (giuridica, politica, ideologica, artistica)
La classe economicamente dominante controllerebbe tutti i settori della
società.
In riferimento all’approccio metodologico di Marx, è nato il pensiero degli
esponenti della scuola di Francoforte. Questi, con l’avvento del nazismo,
sono costretti a lasciare la Germania e per stabilirsi negli Stati Uniti e proprio le
tragiche vicende storiche di quel periodo influenzeranno molte delle opere.
Facciamo riferimento a Dialettica dell’illuminismo in cui gli autori, Max
Horkheimer (1895-1973) e Theodor Adorno (1903-1969), criticano la razionalità
tecnico-scientifica che strumentalizza la natura e l’uomo a favore degli
interessi della classe dominante.
Essi pongono in relazione le industrie americane del divertimento con
l’antisemitismo nazista sostenendo che, sebbene la ‘cultura di massa’ e il
razzismo siano fenomeno diversi, essi si appoggiano tuttavia entrambi su
un’ideologia che scaturisce della perversione della ragione.
IL RUOLO DELLA CULTURA
Il culturalismo è un filone delle scienze sociali che studia come la cultura
agisca negli individui, orientandone i comportamenti.
La cultura e l’educazione, che caratterizzano una società o un gruppo umano,
contribuiscono alla formazione di un particolare tipo di personalità e quindi di
società.
I rappresentanti principali di questa corrente sono:
 Ralph Linton (1893-1953): nella sua opera Il substrato culturale della
personalità (1945) Linton cercò di elaborare una teoria dei rapporti tra
cultura e personalità. Egli attribuì alla cultura un contenuto psicologico e
la considerò come un’eredità sociale che viene trasmessa dagli
adulti al bambino e che ha la funzione di adattare l’individuo
della società. Linton accordò un’importanza fondamentale ai modelli
(patterns) culturali, che, a suo giudizio, sono le modalità tipiche di
pensare e di agire propri di una cultura.
 Abram Kardiner (1891-1981): considerò le abitudini e le forme di
disciplina (varabili della società, e acquisite nel corso dell’infanzia e

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dell’adolescenza) come gli elementi decisivi nella formazione mentale


degli individui. Kardiner riconosceva che l’ereditarietà, ossia le
disposizioni innate, e la storia individuale conducano ad una serie di
personalità che vanno dalla normalità sino alla devianza dovuta al
mancato adattamento alla norma, ma allo stesso tempo, con Linton,
sottolineavano l’importanza della
personalità di base
riconosciuta come norma sociale dall’insieme dei membri del gruppo. La
personalità di base è l’insieme degli elementi costitutivi dalla personalità
che i membri di una data cultura possiedono in comune. Secondo
Kardiner, la personalità di base è una struttura di tratti tra loro correlati
alla cui costituzione concorrono le pratiche di socializzazione e di
sussistenza che modellano le esperienze adolescenziali, sulla base di
meccanismi della soddisfazione, della punizione e inibizione.
 Ruth Benedict (1887-1948): i lavori di Benedict sono centrati sulle
differenze di personalità a seconda delle culture. La Benedict può essere
considerata una delle figure portanti del culturismo.
 Margaret Mead (1901-1978): studiò il rapporto tra personalità e fattori
culturali e il ruolo dell’educazione nel modellamento della personalità nel
corso dell’infanzia. La Mead sostenne che la personalità sarebbe
determinata culturalmente e non biologicamente, e fece coincidere
l’analisi del processo di socializzazione con quella dell’influenza della
cultura sugli individui e della modalità di apprendimento.
IL POSTMODERNO E GLI ALTRI ORIZZONTI DELLA SPIEGAZIONE
SOCIALE
Il postmodernismo rappresenta un punto di rottura contemporanea, con i
principi portanti della modernità, oltre che in quella di un declino delle
ideologie e delle strutture tradizionali e dell’affermarsi, a seguito dell’influenza
del consumismo di massa di stampo occidentale, di un nuovo individuo, libero
dai vincoli sociali tradizionali, senza punti di rifermento.
Molti sono gli autori che possono essere ricondotti a questa corrente di
pensiero:
 Jacques Derrida (1930-2004): ha centrato il suo pensiero attorno alla
nozione di decostruzione di tutti i grandi sistemi interpretativi della
tradizione di pensiero occidentale da sostituire con nuove letture e nuove
interpretazioni.
 Jean-Francois Lyotard (1923-1998): a lui di deve il termine
postmoderno, e lo identifica come il decadere dei grandi sistemi
interpretativi nella scienza, nella politica, ecc.
 Jean Baudrillard (1929-2007): guarda al ruolo del consumismo di
massa e dei media nella vita contemporanea. Egli ha delineato
l’immagine di una società dominata da una realtà virtuale, da tecnologie
della comunicazione sempre più persuasive e ambigue, nell’ambito della
quale la condizione umana può essere paragonata a una iperrealtà,
ossia l’incapacità di distinguere la realtà dalle sue rappresentazioni.

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 Zygmunt Bauman (1925-2017): ha posto l’accento sul venir meno dei


vincoli sociali teorizzando il passaggio a una nuova fase della modernità,
quella ‘liquida’.
- La prima modernità avrebbe sviluppato certezze e forme sociali che
aspiravano a una maggiore solidità rispetto a quella fornita dalle società
tradizionali
- La modernità liquida si tradurrebbe in un modello di società, quella
contemporanea, in cui tutti i fondamenti, le certezze e le forme superiori
di autorità sarebbero mutati.
Società liquida, in cui tutto è fluido, mutevole, instabile, incerto.

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CAPITOLO 4
Il grande tema della razionalità dell’azione
CHI È L’ATTORE RAZIONALE SECONDO LA TEORIA DELLA SCELTA
RAZIONALE
Uno dei presupposti su cui poggia l’individualismo metodologico è la TEORIA
DELLA RAZIONALITÀ.
Originariamente si è affermato, nelle scienze sociali, il paradigma della
razionalità, che affondava le sue radici in ambito economico e nella tradizione
utilitaristica. Il paradigma della razionalità può essere ricondotto a un modello
definito come homo-economicus. Tale modello ammette che l’omo disponga
di tutte le informazioni delle possibilità alternative di un’azione che può
mettere in atto e le loro conseguenze e le capacità di selezionare i mezzi,
attraverso la massimizzazione dei benefici delle proprie azioni.
In base a questo paradigma, l’agire razionale coincide con quello di scelta
ottimale. In seguito, questa razionalità economica fu estesa dalla razionalità
economica a quella delle scienze sociali. Questo modello presenta dei limiti.
PARADOSSI E CRITICHE ALLA SCELTA RAZIONALE
Ci sono state delle critiche mosse contro la razionalità, secondo cui la
razionalità sarebbe semplicemente un mito, ecc.
Le prime critiche sono state mosse dall’economista Allais che, nel 1953, ha
messo in discussione la logica di fondo della teoria dell’utilità attesa mostrando
che l’azione degli individui non è mossa dal principio della massimizzazione
dell’utilità.
Friederich Von Hayek critica il modello dell’homo-economicus, perché
sosteneva che l’homo-economicus è dotato di un’informazione imperfetta e di
come invece dispone di una conoscenza fallibile.
Herbert Simon sosteneva che l’uomo possiede una razionalità limitata e non
olimpica, quindi, secondo l’autore, gli individui non cercano delle soluzioni
ottimali, ma delle soluzioni soddisfacenti in base alle proprie aspirazioni.
LO STUDIO DELLE INTERAZIONI STRATEGICHE
Un altro ambito di studio della teoria comportamentale o sperimentale è quella
che riguarda il coordinamento degli individui, ossia lo studio delle condizioni in
cui si coopera.
In quest’ambito si fa spesso riferimento alla teoria dei giochi che aiuta ad
ipotizzare una serie di situazioni caratterizzate da ‘interazione strategica’, ossia

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situazioni in cui l’interazione con altri individui può esercitare un’influenza sulle
preferenze individuali.
Un GIOCO  è costituito da un insieme di regole che permettono a dei
giocatori di compiere delle azioni (strategie) dalle quali scaturiscono dei
pagamenti (vincite finali) che rappresentano il benessere (utilità) che ognuno
trae dalla situazione in cui si trova, che può essere positivo, negativo o nullo. I
risultati si chiamano soluzioni. Ogni soluzione del gioco ci dice cosa ha fatto
ogni giocatore. Ogni gioco può sfociare in uno o più equilibri. Nella teoria dei
giochi è importante l’equilibrio, soprattutto l’equilibrio di Nasch  cioè un
insieme di strategie, una per giocatore, in modo tale che ogni giocatore sceglie
le strategie ottimali, avendo note le strategie degli altri giocatori.
Esempio: Il dilemma del prigioniero
I dilemmi sociali sono tutte quelle situazioni in cui una scelta ottimale per un
individuo provoca conseguenze sub-ottimali per la collettività. Si passa da
decisioni individuali e razionali a decisioni collettive e irrazionali.
I dilemmi sociali sono legati al fenomeno del free-rider (passeggero
clandestino)  indica un individuo che beneficia dei vantaggi che
scaturiscono dai comportamenti altrui non sopportando però i costi dell’azione,
ossia non partecipandovi, ma ‘defezionando’ dall’azione collettiva tendente alla
realizzazione di un interesse generale.
Esempio: Riciclaggio
VISIONI ALTERNATIVE DELLA RAZIONALITÀ
Molti autori hanno creato delle teorie alternative alla teoria della scelta
razionale, tra cui
 Boudon e Simon: si concentra su un’ampia analisi delle ragioni
sottostanti alle ragioni individuali, non riconducibili solo a ragioni
economiche di costi e benefici e di interesse personale, ma di un
individuo che agisce in cognizioni di causa. Boudon dice che la razionalità
non è perfetta ma limitata da un deficit di informazioni a disposizione
degli individui. Si tratta quindi di una razionalità soggettiva che si
declina in diversi modi a seconda di quelle che sono le buone ragioni che
un individuo ha in un data situazione.
Si può distinguere:
- una razionalità utilitaristica, quando la motivazione dell’azione ha un
interesse
- una razionalità teleologica, quando la motivazione consiste nel trovare il
miglior prezzo per realizzare un obbiettivo prefissato
- una razionalità assiologica, quando la motivazione scaturisce da un
principio o valore a cui si crede
- una razionalità tradizionale, quando la motivazione risiede in una
tradizione
 Elster: ritiene che la razionalità non sia perfetta e che essa deve fare i
conti con il fenomeno dell’acrasia o debolezza della volontà. Egli

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insiste sul fatto che l’individuo è debole e che talvolta ciò può portarlo a
sviluppare un comportamento irrazionale. Secondo l’autore, il fatto che
gli uomini compiono scelte contrarie ai propri interessi, non li rende
irrazionali.

CAPITOLO 5
Le scienze sociali tra natura e cultura
IL DIBATTITO NATURA-CULTURA
Uno dei temi più dibattuti nell’ambito delle scienze sociali è quello relativo alla
contrapposizione tra ‘natura’ e ‘cultura’, ovvero al peso che hanno i fattori
biologico-genetici e quelli ambientali nello sviluppo e nelle modificazioni che si
verificano nel comportamento umano e nelle forme di convivenza sociale.
Si studia quali sono:
 I comportamenti innati, cioè ereditati dalle precedenti generazioni
 I comportamenti acquisiti tramite l’esperienza, cioè quelli legati a fattori
sociali, culturali e ambientali
Negli anni ’70, lo psicologo statunitense Harry Harlow (1905-1981), e sua
moglie, fecero delle osservazioni sulle scimmie che rimasero celebri in quanto
indicano il ruolo che ha il contatto fisico nei piccoli dei mammiferi nel mettere
le base della socialità e creare il legame di attaccamento.
ESPERIMENTO: utilizzarono due manichini, uno di fil di ferro munito di un
biberon e l’altro di peluche privo di biberon. Questi manichini sostituivano la
mamma, e i piccoli li trovavano nella gabbia sin dalla loro nascita. I ricercatori
misurarono il tempo che i cuccioli trascorrevano sulla madre ‘fredda’ che però
non faceva mancare loro il nutrimento e il tempo che invece trascorrevano
appoggiati alla madre di peluche che non li nutriva. Essi si accorsero così che i
piccoli restavano con le madri ‘fredde’ soltanto il tempo necessario per
prendere il latte, mentre il resto del tempo lo trascorrevano in gran parte
avvinghiati alla madre soffice.
In altre parole, i cuccioli si affezionavano alla mamma di pezza anche se il
nutrimento lo forniva quella di fil di ferro. Il contatto fisico con qualcosa di
morbido e caldo era per loro rassicurante e indispensabile.

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Modificando le condizioni dell’esperimento, gli Harlow evidenziarono anche altri


aspetti. Allevarono alcuni cuccioli in gabbie in cui vi era solo la madre di fil di
ferro e altri in gabbie in cui vi era solo la madre di peluche. In seguito, si
accorsero che le scimmiette del secondo gruppo, quando si trovavano di fronte
a un oggetto nuovo, si avvicinavano e cercavano di esplorarlo, mentre quelle
del primo gruppo erano troppo spaventate per avvicinarsi agli oggetti
sconosciuti ed esplorarli.
Questi risultati confermarono il ruolo rassicurante del contatto fisico, che
permette di vincere il timore provocato dalle situazioni nuove.
Consideriamo ora i celebri studi dell’etologo austriaco Konrad Lorenz (1903-
1989) sull’imprinting.
Studiando i piccoli delle anatre (o oche), egli scoprì che questi seguono la
madre subito dopo la nascita in quanto si ‘imprintano’ al primo oggetto in
movimento che vedono dopo la schiusa delle uova. Si tratta di un
comportamento utile alla loro sopravvivenza in quanto, seguendo la madre,
non si perdono nell’ambiente e non vengono predati. Lorenz però riuscì a
deviare questo innatismo orientandolo su un altro oggetto.
ESPERIMENTO: nel suo esperimento, il primo oggetto con cui i piccoli entrano
in contatto al momento della nascita, non fu la loro madre biologica, come
avviene in condizioni normali, ma Lorenz stesso. Si verificò un fenomeno
insolito: quando gli anatroccoli (o le ochette) vennero messi per la prima volta
vicino ad un gruppo di anatre, non seguirono gli spostamenti dei propri simili,
ma quelli di Lorenz, come se questi fosse la loro madre. Una volta posti di
fronte alla loro madre biologica, essi la ignorarono per ritornare da Lorenz.
DAL RUOLO DELL’EVOLUZIONE…
Un fondamentale contributo alla comprensione delle caratteristiche biologiche
degli esseri viventi è stato dato da Charles Darwin, il quale, nella teoria
dell’evoluzione della specie, affermò che è l’ambiente a definire quali sono gli
individui più adatti a sopravvivere e riprodursi, in modo che generazioni dopo
generazioni, vengono selezionate.
Per selezione naturale si intende il caso in cui gli individui meno adatti a
sopravvivere in un dato ambiente, si estinguono, mentre sopravvivono e si
riproducono quelli che possiedono le caratteristiche più adatte

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